P&c 1 2012

Page 1

Direttore editoriale: Marinella Robba, Direttore responsabile: Flaminia Stefanucci, redazione, sede legale, grafica e stampa presso “il Segno di Giorgio Galletta”, Via Viberti, 33 - 10141 Torino - Tel. 0113822118 - Aut. Trib. di Torino n° 37 del 1° luglio 2010

come qualcuno di voi ricorderà il primo numero di Pelo & Contropelo è uscito nell’estate 2010 subito dopo le prime due manifestazioni contro l’allevamento-lager Green Hill di Montichiari (Brescia). Allora poche persone in Italia e a Montichiari stesso erano consapevoli dell’esistenza di questo luogo di tortura legalizzata. Lì, infatti, vengono allevati in condizioni terribili i beagle destinati ai laboratori di tutta Europa per essere vivisezionati. Trascorsi quasi due anni, grazie all’intervento di mass media ed esponenti del mondo politico, Green Hill è diventato un caso nazionale. Oggi il pensiero di chi vede un beagle per strada va direttamente all’allevamento del bresciano. E questo è un bene, perché la lotta alla vivisezione non appartiene solo agli animalisti. La vivisezione è una piaga della società civile ed è giusto che tutti i cittadini con una coscienza manifestino apertamente il proprio dissenso. Finché le situazioni non vengono portate allo scoperto tutti vivono sereni ed in pace con le proprie coscienze. Ma quando le notizie vengono alla luce qualcosa accade sempre e può dare fastidio, soprattutto a tranquille amministrazioni di provincia che tutto vorrebbero fuorché i riflettori puntati addosso. E’ proprio quello che è accaduto alla cittadina di Montichiari, che da un paio di anni si è risvegliata dal sonno tranquillo ed ovattato in cui viveva per scoprire che poco distante, tra il verde delle sue colline, si celava un’attività commerciale che avrebbe attirato di lì a poco, periodicamente, migliaia di manifestanti da tutta Italia. Tutto questo a scapito di Montichiari, secondo il Sindaco Elena Zanola, che punta il dito contro Striscia la Notizia e Maria Vittoria Brambilla che, a suo dire, interessandosi alla vicenda, avrebbero esposto la cittadina bresciana a gravi pericoli di ordine pubblico. I responsabili dei disordini occorsi durante la manifestazione del 19 novembre scorso non sono né Striscia la Notizia né la Brambilla e mi pare alquanto pretestuoso tentare di far ricadere la colpa su persone diverse dai diretti responsabili degli atti di vandalismo. Solo coloro che li hanno perpetrati ne sono responsabili. Se da un lato c’è chi, come afferma il Sindaco di Montichiari, utilizzerebbe la protesta contro Green Hill per fini politici, c’è dall’altro lato chi, a mio parere, utilizza la disapprovazione sociale nei confronti dell’allevamento-lager come uno dei tanti motivi per attaccare il sistema nel suo complesso. E’ un controsenso promuovere la tutela dei diritti degli animali ed il loro rispetto imbrattando muri e commettendo altri atti vandalici. Al corteo del 19 novembre erano presenti famiglie con bambini, volontari dei canili, guardie zoofile e venatorie, con l’unico obiettivo comune di salvare i cani prigionieri di Green Hill. Il punto è questo: a prescindere da intenzioni occulte e secondi fini, che lasciano il tempo che trovano, quali sono le conseguenze delle azioni? Chi ha commesso gli atti di vandalismo ha gettato un’ombra sulla manifestazione offrendo un pretesto all’ amministrazione comunale per

criticare il diritto legittimo a manifestare. E questo non ha sicuramente giovato alla causa anti-vivisezionista. Non dimentichiamo che gli animali non possiedono tessere politiche e non è affar loro la lotta contro il sistema. Hanno esigenze più semplici: non soffrire e sopravvivere. Il Sindaco di Montichiari ritiene che l’amministrazione comunale non abbia competenza riguardo all’allevamento-lager, in quanto impresa privata, mentre sarebbe necessario agire modificando la normativa nazionale ed europea in tema di vivisezione. Indubbiamente questo è un fronte importantissimo che necessita di interventi radicali, tuttavia anche le piccole amministrazioni po-

PINEROLO (TORINO) – E’ allarme nel torinese per la preoccupante escalation di episodi di avvelenamenti. Presi di mira parchi pubblici e giardini privati e sono decine gli animali morti. E’ la denuncia di numerosi cittadini residenti nella zona di Pinerolo, che si sono visti morire atrocemente, davanti ai propri occhi, il proprio cane o gatto avvelenato da potenti pesticidi e topicidi. «Il 27 giugno dell’anno scorso sono stati uccisi una decina di cani tra cui il mio racconta Giorgio Bonnin, residente a Pinerolo - ho subito cercato disperatamente un veterinario ma non sono riuscito a salvarlo. Ho presentato denuncia in Procura perché sia io che altri sospettiamo di una persona che abita in zona, una specie di psicopatico. Ad una signora che abita vicino a casa mia sono stati avvelenati 3 cani. Nella denuncia ho cercato di dettagliare il più possibile e ho indicato i sospetti. Tra l’altro si tratta di una zona dove giocano i bambini, che possono toccare questi bocconi avvelenati e mettere le mani in bocca». Continua a pag. 3

trebbero dare il loro contributo sul versante dell’informazione. Visto che sono tanto di moda le cosiddette azioni positive di genere, finalizzate a promuovere la parità tra i sessi, perché allora non individuare anche azioni positive a favore della parità tra le specie? Dimenticavo: la norma nazionale non le prevede, a differenza di quelle di genere, quindi è possibile continuare a lavarsene le mani. Marinella Robba

Vivisettori non si nasce, si diventa. Complici la quasi totale mancanza di informazione, la necessità di “sbarcare il lunario” e un lento processo che rende gli studenti a poco a poco insensibili nei confronti della sofferenza degli animali. Tutto questo avviene tra le mura dei laboratori delle università italiane, all’insaputa dell’opinione pubblica. Se, infatti, è ormai noto l’utilizzo di test su animali per cosmetici e prodotti per l’igiene della casa, non tutti conoscono le amare sorprese che attendono una matricola di medicina, veterinaria o di altre facoltà scientifiche nel momento in cui inizia il suo percorso di studi. «Dopo poco tempo dall’iscrizione lo studente legge sui libri citazioni di esperimenti sugli animali, di solito sui roditori - spiega Stefano Cagno, dirigente medico presso l’Ospedale Civile di Vimercate (Monza e Brianza) - li studia e li impara. Poi si imbatte in esperimenti più traumatici. Preparando l’esame di fisiologia si studia il test dell’animale decerebrato, ossia

Continua a pag. 2


Continua da pag. 1 cosa accade quando si seziona il cervello, ad esempio di un gatto, a diversi livelli. Inizialmente tutti gli studenti non credono all’importanza della sperimentazione animale - afferma - ma cominciano a studiarla e a suon di spot a suo favore alla fine si laureano». E l’assegnazione della tesi non rappresenta certo un momento di tregua. Spiacevoli sorprese attendono il laureando con conseguenti “compromessi” che deve accettare, come spiega il dirigente medico dell’ospedale di Vimercate: «capita che lo studente si senta dire “questa è la sua tesi: deve somministrare un farmaco in fase sperimentale a 20 topi, poi effettuare il prelievo del sangue ed ucciderli”. La maggior parte dei laureandi lo fa. Se hanno accettato questo - prosegue - il rito di iniziazione è avvenuto, quindi se il laureato vuole continuare a fare ricerca si sentirà dire dal professore: “adesso che ha fatto questa tesi su 20 topi, può effettuare una ricerca su 100 topi, su ratti, conigli, gatti, cani”. Fatto! Lo studente si è lentamente desensibilizzato». Questo processo tuttavia ha le sue falle, che danno luogo a comportamenti totalmente incoerenti. «I vivisettori diventano un po’ schizofrenici afferma Cagno - ho conosciuto ricercatori che trattavano amorevolmente i loro animali domestici. A casa facevano le coccole al gatto e la mattina andavano in laboratorio a squartare altri gatti». Non solo. Anni fa una ricerca condotta in Canada su specializzandi in neurologia dimostrò che gli studenti che avevano lavorato in un laboratorio con animali erano meno empatici verso le persone rispetto ad altri studenti, che avevano frequentato per lo stesso periodo laboratori dove non si praticavano test su animali. «Questo dimostra - commenta Stefano Cagno - che la vivisezione rovina gli animali, nuoce alla salute degli esseri umani, perché è totalmente inattendibile e, aggiungo, rovina le coscienze di chi la pratica». Marinella Robba

Un allevamento di visoni in Danimarca

E’ crisi in Germania nel settore dell’allevamento di visoni. Le nuove regole restrittive imposte da una legge in vigore dallo scorso novembre avrebbero ridotto del 60-70 per cento il numero di animali destinati alla produzione di pellicce. La necessità di adeguare le gabbie ai nuovi standard e gli arricchimenti ambientali imposti dalla norma hanno di fatto dimezzato gli allevamenti, che da 20 sono passati a 10. E il numero è destinato a scendere se i tribunali tedeschi respingeranno i quattro ricorsi attualmente ancora pendenti, presentati dagli allevatori. Il Tribunale di Munster, infatti, si è da poco pronunciato confermando la costituzionalità della legge e l’obbligo per gli allevatori di adeguarsi. Un passo concreto verso la fine di questo business che, solo in Germania, provoca ogni anno la morte e lo scuoiamento di 380 mila visoni. M.R.

Una chance importante per chi è contrario ai test sugli animali, ma finora ancora troppo sconosciuta. L’obiezione di coscienza, solo grazie alla buona volontà di alcuni studenti e ricercatori, si sta lentamente facendo strada negli atenei italiani penetrando la fitta coltre di omertà che la avvolge. «Indipendentemente dalle idee e dalle scelte personali, la quasi totalità degli studenti e dei ricercatori che ho conosciuto durante la specializzazione non era informata della possibilità di scegliere l’obiezione - commenta Christian Fulcheri, fisico sanitario dell’Università di Firenze - sono stato io per primo ad informarli. Possibile?». Un compito che la legge n. 413 del 1993 assegna a tutte le strutture pubbliche e private legittimate a svolgere la sperimentazione su animali, che però spesso sono inadempienti, come spiega Valentina Reggioli, specializzanda in Fisica Sanitaria presso lo stesso ateneo: «le Università non danno spontaneamente pubblicità alla possibilità di scegliere l’obiezione. Negli ultimi 3 anni accademici nessuno studente delle facoltà di Medicina, Farmacia e Scienze M.F.N. ha presentato domanda. Il sospetto è che le segreterie non informino abbastanza. Basta entrare nelle segreterie didattiche per rendersene conto». Per questa ragione nel febbraio dello scorso anno è stata inviata al Rettore della Università di Firenze una lettera sottoscritta da una decina tra dipendenti, assegnisti di ricerca e specializzandi, in cui si denunciava l’assoluta mancanza di informazione in merito e si chiedeva di ottemperare agli obblighi di legge rendendo adeguata pubblicità. Il risultato è stato che sul sito dell’Ateneo sono comparsi i link che rimandano alla legge e i moduli di presentazione della domanda per lavoratori e studenti. Ma il problema di fondo resta la difficoltà di istaurare un dialogo aperto e costruttivo con gli interessati. «Le volte in cui abbiamo provato a confrontarci sull’argomento con studenti, professori e medici - continua Christian Fulcheri - se andava bene abbiamo trovato un muro di gomma; spesso però i toni quando non erano aggressivi erano canzonatori e questo fa riflettere sull’atteggiamento che le persone coinvolte hanno in merito». «D’altra parte - aggiunge Reggioli - non è facile fare discorsi nell’ambiente biomedico, dove la sperimentazione animale si dà per scontata». Ne dà conferma Stefano Cagno, dirigente medico presso l’Ospedale Civile di Vimercate (Monza e Brianza), che commenta con amarezza: «la validità della vivisezione viene presentata come un dogma indimostrabile. In questo modo lo studente si laurea convinto che sia utile e sebbene sia preparatissimo e abbia tutti gli strumenti per contestarla non è più in grado di farlo. Una facoltà scientifica, dovrebbe dare una preparazione basata su ciò che è dimostrato scientificamente e fornire gli strumenti per contestare gli argomenti che non sono

ancora dimostrati scientificamente». Ma alla vivisezione sono collegati interessi commerciali e di carriera. Per questa ragione non ha fine. Stefano Cagno spiega che un trucco per fare molte ricerche consiste nell'apportare piccoli cambiamenti rispetto alla ricerca iniziale, in modo tale da farne tante altre e scrivere altrettante pubblicazioni, che servono per la carriera universitaria. E Valentina Reggioli testimonia: «ho assistito di persona a una conversazione tra un professore e una laureanda. Il professore affermava candidamente che gli studi di fisiologia che stava facendo sulle rane erano già stati compiuti, ma voleva comunque ripeterli per pubblicare articoli». Per tutti questi motivi c’è chi dice no alla vivisezione. Ma viene discriminato? La legge dà diritto a partecipare a laboratori didattici alternativi, che non prevedono la sperimentazione animale. Ma la realtà è tutt’altro che rosea.«I laboratori alternativi spesso non esistono commenta Stefano Cagno - quindi, nel migliore dei casi, il docente ammette lo studente all’esame anche se non ha frequentato alcun laboratorio didattico. Tuttavia, può accadere che la discriminazione avvenga di fatto in sede d’esame, se allo studente vengono rivolte domande che presuppongono necessariamente la partecipazione al laboratorio didattico». Non solo. Come spiega Valentina Reggioli, in questo momento di recessione vengono banditi pochi assegni di ricerca ed è improbabile che qualcuno li rifiuti perché implicano sperimentazione su animali. «Se vogliamo, di fatto la discriminazione c’è, perché non si hanno alternative - commenta - io consiglio di scoprire subito le carte, perché in un secondo momento diventa tutto più difficile. Quando ho chiesto la tesi, ad esempio, ho detto subito che non avrei compiuto esperimenti su animali. È indispensabile assumere immediatamente informazioni sulle modalità di presentazione dell’istanza di obiezione e su tutti i diritti che si possono far valere, perché è difficile poi tirarsi indietro». Fulcheri aggiunge: «per gli studenti è anche importante informarsi bene prima di prendere parte ai tirocini, chiedendo esplicitamente ai responsabili se sono previsti laboratori con l'uso di animali. Se si opera in ambito biomedico o delle scienze della vita è molto facile rimanerne coinvolti. Ricordo che all’epoca in cui come specializzando di Fisica Sanitaria svolgevo il tirocinio di ottica applicata mi è capitato di assistere ad un esperimento in vivo su un ratto eviscerato, per studiare gli effetti di un anestetico. Chi comincia l’attività in un laboratorio non può saperlo, ma è sufficiente chiederlo subito». E’ elevato il numero di animali coinvolti in settori “insospettabili”, ci sono stabulari ovunque e sono innumerevoli gli esperimenti effettuati. Solo all'Università di Firenze ogni anno vengono ordinati animali per migliaia di euro e il problema coinvolge quasi tutto il mondo universitario italiano. Il più delle volte studenti e lavoratori non ricorrono all’obiezione perché non immaginano di trovarsi nella situazione di dover fare esperimenti su animali. «Per questo è importante informarsi bene - ribadisce Valentina Reggioli - senza vergognarsi, perché non c’è niente di male ad essere contrari alla vivisezione.Anzi». Marinella Robba

Per scaricare la “Guida Pratica all’Obiezione di Coscienza” della LAV e il modulo per la dichiarazione di obiezione di coscienza www.lav.it/index.php?id=996 “Progetto didattica pre e post laurea. Dossier sulla sostituzione dell’uso di animali nella didattica” a cura di I-CARE Europe onlus www.icare-italia.org www.agireora.org/download/dossier_didattica_2010.pdf Per leggere l’intervista a Claude Reiss “Come fare carriera scegliendo il topo giusto”. www.leal.it/documentazione/intervista-reiss/


Continua da pag. 1 L’amministrazione comunale pinerolese si è mostrata sensibile al problema ed è intervenuta tempestivamente, come afferma Piera Bessone, Consigliere Comunale: «ho presentato un’interrogazione in Consiglio segnalando la grave situazione di pericolosità che, oltre a colpire gli animali, costituisce anche un grave pericolo per i cittadini. I bocconi sono stati lanciati nei giardini privati e nel parco giochi. L’amministrazione comunale, a seguito della mia segnalazione, ha allertato l’ASL e ha effettuato i controlli». Numerosi casi anche nel comune di Piscina, alle porte di Pinerolo. E alcuni cittadini lamentano inerzia da parte dell’amministrazione comunale: «tra cani e gatti sono morti almeno 15 animali - spiega Carlo Frezzato, residente a Piscina - chi è capitato in quella zona per caso, come me, si è visto il cane morire dopo un’agonia violentissima, con totale irrigidimento e perdita di bava dalla bocca dopo aver leccato e masticato qualcosa sul ciglio della strada. Quando è successo al mio cane l’ho portato di corsa alla clinica veterinaria, ma non c’è stato più niente da fare. Ho presentato querela contro ignoti, che è stata archiviata. La Procura ha chiuso il caso. Le autorità locali dovevano fare di più - lamenta Frezzato - forse erano impreparate, perché non c’è ancora abbastanza cultura sui diritti degli animali. Le autorità non devono rimanere inerti, perché non si tratta di fenomeni da sottovalutare». Oltre ai singoli cittadini anche la LIDA (Lega Italiana dei Diritti dell'Animale), sezione di Pinerolo, si è attivata presentando una querela contro ignoti, ma anche questa è stata archiviata. Avvelenare un animale è reato, tuttavia è difficile individuare i colpevoli, come spiega Antonio Rinaudo, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino: «ho lavorato presso la Procura di Vercelli per più di un anno - ricorda - e in quel periodo sono

arrivate più di un centinaio di notizie di reato contro ignoti per avvelenamenti da bocconi. Questo è un delitto perfetto. A chi lo imputo? Quale metodo investigativo adotto? Sinceramente di fronte ad un fenomeno del genere, come pubblico ministero, non ho soluzioni. Il discorso cambia - continua Rinaudo - se si è in presenza di un problema di vicinato; il cane non esce mai dal giardino e l’unico modo per avvelenarlo è gettargli un boccone. In questo caso si possono effettuare accertamenti, perquisizioni. Si può cercare presso l’abitazione del sospettato i prodotti con i quali è stato confezionato il boccone avvelenato o verificare se li ha acquistati in tempi recenti. Tuttavia conclude - il più delle volte si tratta di un animale morto per strada e mi trovo nell’impossibilità di aprire un’investigazione». A supporto delle forze dell’ordine nel difficile compito di contrastare questo fenomeno ci sono sindaci, ASL, medici veterinari, istituti zooprofilattici e prefetture. I loro compiti sono stati chiariti nella nuova ordinanza del Ministero della Salute del 10 febbraio scorso sul divieto di utilizzo e detenzione di esche o bocconi avvelenati, che ha rinnovato e migliorato quella precedente del 2008. Secondo le associazioni animaliste le modifiche apportate, che saranno valide per 24 mesi, favoriranno la ricerca delle sostanze utilizzate per avvelenare, agevoleranno le indagini permettendo di individuare più velocemente i responsabili e, quindi, tutelare maggiormente animali, salute pubblica e ambiente. Obiettivi che saranno realizzati in concreto se le norme contenute nell’ordinanza verranno recepite in una legge, diventando in questo modo definitive. Marinella Robba

Per informazioni sulla nuova ordinanza e per scaricarla: www.lav.it/index.php?id=1230

Carcasse di piccoli volatili, uova, salsicciotti, pezzi di prosciutto, polpette di carne cruda ecc. Avvisare gli organi di polizia o il servizio veterinario dell’ASL competente per territorio. In caso di impossibilità di un intervento immediato da parte delle autorità, prima di raccogliere qualunque materiale sospetto, munirsi di protezioni (guanti ed eventualmente mascherina). I materiali devono essere consegnati in contenitori chiusi al servizio veterinario dell’ASL che, dopo una prima valutazione, si farà carico di inviare i campioni al laboratorio analisi, per le indagini tossicologiche. I sintomi variano a seconda della sostanza, della quantità di veleno assunta, del tempo trascorso dall'assunzione, del peso e della mole dell'animale. Possono comparire dopo solo mezz'ora come anche dopo 3 o più ore ed avere diversa gravità. Contattare il veterinario più vicino (o la guardia medica veterinaria) in modo da allertare preventivamente il medico dell’arrivo dell’animale. E’ estremamente importante fornire nel modo più preciso possibile informazioni sulla sostanza con la quale l’animale è presumibilmente venuto a contatto, sul luogo in cui si presume sia avvenuta l’assunzione, sul tempo trascorso dall'ingestione ed il periodo tra l’ingestione e la comparsa di eventuali sintomi. Il veterinario provvederà a segnalare il sospetto avvelenamento alle autorità competenti e ad inviare all'istituto zooprofilattico sperimentale competente per territorio eventuali campioni e in caso di decesso dell'animale anche la carcassa, al fine dell'identificazione della sostanza che ha provocato l’avvelenamento. In caso di estrema necessità, sempre dopo aver consultato il veterinario, può essere utile far vomitare l’animale somministrando acqua calda molto salata. Dal momento che ormai la maggior parte delle zone è a rischio conviene avere sempre con sé un contenitore con acqua e sale nelle corrette proporzioni. Per indicazioni precise al riguardo rivolgersi al proprio veterinario di fiducia. Cercare di mantenere calmo l'animale e non somministrare mai latte. E' consigliabile educare i cani a non raccogliere cibo da terra, ad esempio, preparando e disseminando lungo il tragitto pianificato per la passeggiata bocconi contenenti una buona manciata di peperoncino, che provocano un forte, ma innocuo, bruciore.

Quando si dice che il nome è tutto un programma: Sirio, l’astro noto anche come stella del Cane, dà il nome al progetto (che in realtà si chiama così in ricordo di un cane smarrito e poi ritrovato) ideato da un gruppo di attivisti animalisti per dare una casa ai quattro zampe abbandonati. L’iniziativa riguarda soprattutto i cani riscattati dai laboratori grazie alla collaborazione con l’Associazione Vita da Cani Onlus di Arese, ma i promotori non si sono mai tirati indietro nei casi di abbandono e di recupero di animali da macello quali capre e cavalli. Gli organizzatori, circa una quindicina, si occupano sia di finanziare economicamente il soggiorno degli animali presso le strutture, sia di tutelare la loro salute e il loro recupero psicologico in modo tale da garantire un’esistenza dignitosa agli animali vittime di abusi, grazie soprattutto all’esperienza di Patrizia della Casa del cane vagabondo Onlus di Lauriano. «La nostra iniziativa spiega Jlenia Volpedo, la fondatrice - nasce dall’esigenza di dare un rifugio a questi animali maltrattati, nell’impossibilità di farlo, per ragioni di spazio, presso le nostre abitazioni». Il Progetto Sirio al momento, per una migliore programmazione delle proprie attività, non vuole trasformarsi in un’associazione. «Non ci limitiamo a trovare una sistemazione adeguata per gli animali - aggiunge Jlenia - ma cerchiamo di aiutare i privati proprietari di animali, che si trovano in difficoltà economica, e da poco abbiamo preso in carico una colonia felina. Grazie all’instancabile Roberta, ma non lei sola - prosegue Jlenia - il nostro impegno è a 360 gradi. Infatti, organizziamo e promuoviamo conferenze pubbliche e incontri nelle scuole; l’educazione e la presenza sul territorio sono due facce della stessa medaglia». Inoltre, Il Progetto Sirio si è attivato nella protesta contro la sponsorizzazione della Città della Musica di Ivrea da parte della RBM, società di Colleretto Giacosa, che, come confermato dal suo sito internet, si occupa di ricerche biomediche e nanotecnologie compiendo esperimenti su roditori, cavie, conigli… Il Progetto ha contestato questa sponsorizzazione attraverso presidi silenziosi, volantinaggio e mail informative, per dire no a queste pratiche. Tra le altre attività, una volta al mese gli attivisti del progetto, che collaborano con numerose realtà animaliste e socio - culturali, organizzano una conferenza su temi riguardanti gli animali e una cena vegana per finanziare le nuove iniziative; nel mese di febbraio è stata promossa una “bagna caoda” vegana e a marzo è in programma, supportata dall’associazione Link Italia, una conferenza sul tema: “LINK - ABUSI SU UMANI: COMPLICI NEL CRIMINE”. Per maggiori informazioni consultare il sito: www.link-italia.net Giulia Guazzora


Da Torino a Siviglia, lungo un percorso di 2200 chilometri, utilizzando il mezzo di trasporto ecologico per eccellenza: la bicicletta. Dall’11 al 22 agosto, una carovana a due ruote attirerà l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema delle perreras. Si chiamano così i canili municipali spagnoli, dove ogni anno circa 30 mila cani trovano la morte in camere a gas, forni crematori o con paralizzanti ed iniezioni letali. I comuni spagnoli pagano fino a 80 euro a cane per garantirne l’eutanasia. Una fine atroce preceduta da sofferenze per malattie non curate, fame e sete che portano gli animali delle perreras a lottare tra loro per un goccio d’acqua o una crocchetta. L’iniziativa prevede sit-in pacifici per attirare l’attenzione dei mass media sia sulla situazione delle perreras che sulle corride. M.R. Per firmate l’appello dell’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) e chiedete alle autorità spagnole di porre fine alle atrocità che si consumano nelle perreras. www.oipa.org/italia/randagismo/appelli/perreras.html Per informazioni sull’iniziativa: www.bikeforpets.com o su Facebook (Bike for Pets)

TORINO - Si è parlato di reati contro gli animali, martedì 14 febbraio scorso, a Palazzo Capris, nell’ambito di un convegno organizzato dalla LAV, Lega Anti Vivisezione, dall’Agat, associazione giovani avvocati e dalla fondazione dell’avvocatura torinese Fulvio Croce. Numerosi gli esperti intervenuti, che hanno affrontato l’argomento da svariate angolazioni. Interessante, dettagliato e coinvolgente è stato l’intervento di Carla Campanaro, avvocato e responsabile dell’ufficio legale nazionale della LAV, che ha affrontato il tema delle lesioni e dell’abbandono. «Molto spesso - spiega - ci si trova di fronte a condotte omissive, ovvero ad omissioni di cure nei confronti degli animali di cui siamo responsabili, le quali a volte possono arrivare a cagionare la morte dell’animale stesso. In genere ciò avviene per motivi economici e, in questi casi, si rende necessario il sequestro preventivo dell’animale in fase di maltrattamento o di possibile uccisione». Ma come si configura il reato di uccisione? «Prima del 2010 - spiega sempre Campanaro - le due condizioni necessarie per questo delitto erano quelle di condotta crudele e non necessaria, mentre oggi basta che se ne verifichi anche solo una per dar luogo a tale reato». Inoltre anche il rapporto tra l’animale e la persona che se ne prende cura è cambiato: non è più un rapporto tra padrone e oggetto e non perché si è proprietari di un animale si può decidere di ucciderlo. Dopo il 2010 è stato anche riformato il delitto di maltrattamento. Ad esempio, ha spiegato Campanaro, prima per lesione si intendeva solo il ferimento, mentre ora rientrano in questo caso anche tutte le condotte omissive che danno luogo alla sofferenza, al serio patimento dell’animale. Tra queste, ha continuato l’esperta, rientrano l’uso di sostanze dopanti, la mancanza

clicca qui

L’officina di trasformazione è in Torino, via Rocciamelone 11/A per la cartina Tel. 0117492813 - www.daymonsnaturalerbe.it - info@daymonsnaturalerbe.it di cure adeguate, quali la somministrazione di cibo, di una giusta quantità di luce, spazio e aria, l’utilizzo degli animali in spettacoli che comportino sevizie e sofferenza, il coinvolgimento degli stessi in combattimenti. Interessante è il fatto che le sofferenze cagionate e le sevizie siano punibili anche nell’ambito di casi normati dalla legge, quali macellazione e vivisezione. «Se c’è il diritto alla caccia, alla macellazione o alla vivisezione - ha sottolineato Campanaro - non si configura certo il reato di uccisione, ma se, mentre si esercitano tali diritti, si infierisce sugli animali, senza che questo si renda necessario, allora si rientra nel reato di maltrattamento o abbandono». Di maltrattamento organizzato ha riferito Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio nazionale zoomafia della LAV, da lui fondato nel 1998. Che cosa si intende per zoomafia? «Si tratta - ha spiegato Troiano - del maltrattamento organizzato, dello sfruttamento criminale degli animali da parte della mafia, o, comunque, di associazioni a delinquere, per ragioni fondamentalmente economiche, ma anche di altro genere». E l’osservatorio ha il compito di studiare tali dinamiche. Ciro Troiano ha fornito una dettagliata spiegazione circa i motivi che stanno alla base del rapporto tra animali e mafia. Sicuramente la prima delle motivazioni che spingono le organizzazioni mafiose ad abusare degli animali è quella economica, che abbraccia le casistiche dell’abigeato (ogni anno circa cento mila capi di bestiame scompaiono), del controllo delle scommesse clandestine e della vendita degli animali, anche sulla rete. Abbiamo poi una motivazione simbolica, per cui, tramite il possesso di un animale che incarna doti di fierezza, forza, gloria, bellezza si cerca di definire il proprio status. Senza contare che spesso questi animali, quali pitoni, leoni, tigri e caimani incutono terrore e dunque generano rispetto. La motivazione pedagogica è quella che vede giovani ragazzi coinvolti in reati contro animali, come corse clandestine di cavalli, combattimenti fra cani e poi arruolati nelle file delle cosche. Un’altra funzione, peraltro assai nota, è quella intimidatoria, che vede l’uso di animali o di loro parti, al fine di incutere timore nella polizia o di ‘recapitare avvertimenti’. Infine abbiamo il controllo sociale e il dominio territoriale, di nuovo elementi tipici delle organizzazioni mafiose, alla base di molti reati contro gli animali. L’osservatorio ogni anno stila un dettagliato rapporto, con diffusione di immagini e video relativi a uccisioni e atti di violenza contro gli animali. Il dolore, la sofferenza e la paura sono stati i temi affrontati da Enrico Moriconi, medico veterinario, presidente dell’associazione culturale veterinaria di salute pubblica. «I termini sono estremamente vasti, quanto a significato - dice Moriconi - e per senso comune, il dolore e la sofferenza degli animali possono anche non essere accettati». Infatti non è universalmente riconosciuto che tutti gli animali siano in grado di recepire il dolore, spesso questo sentimento di sofferenza si comprende solo per alcuni di loro, primi fra tutti i cani e i gatti. «Tutti gli animali - spiega Moriconi - sono strutturati in modo da avere la capacità di recepire i sintomi negativi esterni e interpretarli come dolore». Tuttavia c’è ancora una forte corrente di studiosi comportamentisti pronti a sostenere che in alcuni

animali (ad esempio i pesci), anche se lo stimolo negativo periferico arriva fino al cervello, intervenga una risposta meccanica e non un reale recepimento di dolore. «La legislazione attuale - dice ancora Moriconi - stabilisce le garanzie di non sofferenza dell’animale sulla base di un equilibrio fra morale sociale e interessi economici, mirando a tutelare un livello di benessere che sia il più alto possibile, seppur conciliabile con gli interessi economici che stanno dietro a tutto ciò che avviene nel mondo degli animali». In altre parole, non c’è una legislazione basata sui diritti degli animali, che riguardi il loro benessere assoluto. Circhi e zoo ne sono un esempio: si accetta il dolore animale, perché rientra in un sistema economico che, per stare in piedi, ne prevede lo sfruttamento. Moriconi ha proposto infine una serie di indicatori che ci permettono di compiere una valutazione quantitativa della sofferenza animale: essi si possono suddividere in fisiologici (variazione del battito cardiaco), patologici (lo stress diminuisce le funzioni dell’apparato immunitario, esponendo maggiormente l’animale al rischio di contrarre malattie), produttivi (crescita ponderale eccessiva o repentina, tramite l’ingestione di sostanze che la favoriscono), etologici, ovvero di comportamento (apatia, immobilità, ma anche iperaggressività). Infine ha spiegato quanto, a volte, il compito del veterinario sia complesso nella rilevazione del dolore e della sofferenza animale: «La valutazione del danno - dice infatti - non è mai valutazione di un valore assoluto, ma è relativa alle disposizioni e alle normative in vigore. Inoltre il veterinario deve esprimere la valutazione sulla base di elementi oggettivi, senza tener conto di opinioni personali, coinvolgimenti e pregiudizi». Antonio Rinaudo, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, che da alcuni anni si occupa di reati contro gli animali, ha sottolineato una data storica, il 20 luglio 2004, quando l’introduzione dell’art. 544 ter e seguenti ha cambiato la percezione del reato contro gli animali. «Infatti - spiega - nella normativa precedente il reato era punito con la sola contravvenzione, mentre ora diventa delitto e, come tale, è soggetto a pene significative, con l’introduzione di aspetti procedurali devastanti per il reo, come la confisca obbligatoria, che comporta anche il sequestro degli strumenti connessi al maltrattamento». Il magistrato ha inoltre spiegato che, con questi provvedimenti i risultati sono stati davvero sorprendenti, in merito al traffico dei cuccioli: «siamo riusciti quasi a debellare il fenomeno per quanto concerne la città di Torino e ad effettuare il sequestro di numerosissimi animali». Rinaudo ha poi insistito sull’importanza di questo articolo di legge, definendo la sua introduzione “una svolta epocale”, in quanto “il legislatore si è reso conto che la normativa precedente era ormai inadeguata alla realtà dei tempi”. Restano ancora tanti ostacoli da superare, tra i quali, spiega il magistrato, la presenza di numerosi veterinari compiacenti, che spesso producono documentazioni false e si prestano a favoreggiamenti di reato, ignorando quasi sempre la gravità del gesto compiuto. Flaminia Stefanucci

CLICCA QUI PER APRIRE LA PAGINA


La domanda che ci dovremmo porre, con le parole di Jeremy Bentham, non è: «possono ragionare?» nè «possono parlare?», ma «possono soffrire?» La risposta scontata risulta a tutti comprensibile: «sì, possono soffrire». E soffrono molto gli animali destinati alla vivisezione. Rinchiusi per mesi in piccole gabbie, in totale assenza di stimoli. In Italia sono 3000 al giorno, in Europa 12 milioni ogni anno, ma la sterile lobby vivisettoria è come le tre scimmiette: non vede, non sente, non parla. Il ricatto è facile, gli interessi miliardari. Il movente è sempre lo stesso: lo sfruttamento del forte sul debole. Ma la forza non è il diritto. Gli animali sono soggetti di una vita (Tom Regan), hanno madri e padri, spesso anche fratelli e amici, hanno un’infanzia, una gioventù e una vecchiaia: attraversano le varie fasi della vita in modo molto simile a quello degli umani. Si sfruttano gli animali perché esseri deboli e diversi che non possono difendersi, con lo stesso principio che regolava e regola lo sfruttamento di minoranze umane deboli o diverse: razza, sesso, religione, appartenenza. La storia è piena di esempi fino ai nostri giorni. Ma si utilizzano anche le persone perché in definitiva tutte le norme nazionali ed internazionali tendono ad affermare che senza diretta sperimentazione sull'uomo i farmaci sarebbero somministrati senza adeguate conoscenze cliniche nonostante la precedente sperimentazione animale. La maggior parte delle cavie umane, infatti, non proviene né da classi ricche ed istruite né dalla “razza” dominante, né da quelle classi sociali con il potere di affermare e far rispettare i propri diritti. Le vittime della vivisezione umana sono reclutate aUn forza tra ledel fila dei bambini piccoli (specialmente orfani), dei vecchi, dei malati operatore centro di mente, dei poveri, degli analfabeti, delle “razze inferiori”, degli omosessuali, dei soldati, dei prigionieri di guerra, dei carcerati. Gli animali da sperimentazione vengono prelevati dalle loro gabbie, immobilizzati. Poi utilizzati. Infine: «sono già stati sufficientemente annegati, shockati, bruciati, affamati, feriti, deprivati socialmente, accecati, resi muti, tenuti svegli ad oltranza. I loro cervelli sono stati cotti, le loro membra divise, i loro organi interni schiacciati abbastanza. Sono stati loro indotti attacchi di cuore, ulcere peptiche, paralisi, attacchi epilettici. Gli sono state fatte forzosamente fumare abbastanza sigarette, bere alcolici, ingerire eroina e cocaina. Sono stati sufficientemente utilizzati in dimostrazioni scolastiche, in laboratori di college, in troppe sessioni di pratica chirurgica. Sono stati anche sufficientemente utilizzati come bersagli viventi in esperimenti militari, anche nucleari, chimici e biologici. Gli è stato fatto ingerire ogni genere di liquido per freni o additivo per auto. I loro occhi sono stati accecati con sverniciatori e struccanti, la loro nuda pelle è stata esposta a sufficienti sostanze caustiche, a tutti i solventi e agli agenti chimici industriali.» (Tom Regan “La mia lotta per i diritti animali”). Tutto questo da vivi e, in alta percentuale, senza anestesia. Urlano? Si dibattono? Certo. Ma nessuno li ascolta. Si può assimilare all'uomo un cane, un topo, una scimmia? Un gatto? Un gatto trattato con aspirina rischia di morire dissanguato. Nutrito con l’Amanita phalloides, fungo per noi fatalmente velenoso, conserva ottima salute. Gli esperimenti sugli animali ci danno informazioni sugli animali, non sulle persone. Il risultato di studi compiuti sugli animali non può mai garantire la sicurezza o l'efficacia delle medicine o di altri prodotti destinati agli esseri umani, a causa delle differenze biologiche, anatomiche e biochimiche fondamentali tra le specie. Dalla talidomide al TGN1412, esistono innumerevoli esempi di medicinali testati sugli animali che sono stati immessi sul mercato come sicuri per poi causare effetti collaterali gravi e addirittura il decesso degli umani. Mariangela Corrieri - responsabile LAV Firenze e Provincia lav.firenze@lav.it

LAV – sede di Firenze www.lav.it/sedi/firenze

www.lacincia.it

info@lacincia.it

torino@trekkingitalia.org - www.trekkingitalia.org

info.peloecontropelo@gmail.com Amici del

lav.firenze@alice.it www.lacasadilillieilvagabondo.it

GRUPPO DELLE CINQUE TERRE PER LA CASA COMUNE ECOLOGISTA www.gruppocinqueterre.it


Volo rapido, grossi stormi che viaggiano nella formazione cosiddetta “a nuvola”; i primi giorni di marzo vedono passare nei nostri cieli una nuova amica: l’anatra Marzaiola. A prima vista sembrerebbe di vedere una massa indistinta e casuale di volatili, e invece no. Si tratta di stormi formati da coppie. Ma procediamo con ordine. La Marzaiola (anas querquedula) è una piccola anatra di superficie. Infatti quando si nutre non si immerge e non nuota sotto il pelo dell’acqua, si limita ad immergere la testa. Così facendo riesce a procurarsi insetti granchi, molluschi, girini, rane, semi e piante acquatiche. La nostra amica è una grande viaggiatrice: il suo volo forte e resistente le permette di coprire lunghissime distanze. Le Marzaiole sono arrivate fin qui partendo dal Senegal, dalla Nigeria, dallo Zambia, attraversando il Sahara e il Mediterraneo, orientate dal sole, dalle stelle, dai venti e dalla mappa mentale delle tante informazioni che hanno immagazzinato nella loro memoria, di viaggio in viaggio. Hanno svernato nei laghi dell’Africa e lì si sono scelte, formando le coppie. Passano in marzo nei nostri cieli, ma raramente si fermano in Italia: la loro destinazione sono gli stagni e le paludi del Nord Europa, dove potranno finalmente costruire il loro nido. Coi primi freddi e con l’accorciarsi delle belle giornate, in settembre inizieranno il percorso inverso, e in Italia troveranno ad attenderle i cacciatori. Alle prime luci dell’alba o al tramonto, spostandosi dai piccoli specchi d’acqua alle paludi o agli estuari diventeranno bersaglio delle fucilate di cacciatori appostati dentro a botti immerse nell’acqua, oppure su barchini, girando tra i canneti alla loro ricerca nei luoghi dove riposano. La pressione venatoria nei loro confronti è stata esagerata, inoltre le zone umide che le possono accogliere sono sempre meno e ora questo piccolo capolavoro della natura sta progressivamente diminuendo le sue presenze nel nostro Paese. Giorgio Galletta

Informare, fare cultura, cercare il confronto con enti e istituzioni per favorire un buon rapporto uomo - animale nell’ambiente domestico e urbano, nel rispetto dei diritti di entrambi.

www.nocruelcosmetics.org

info.peloecontropelo@gmail.com

https://secure.humanesociety.org/site/Advocacy ?pagename=homepage&page=UserAction&id=4543

Via Edoardo Rubino, 45 10137 Torino animalincitta@gmail.com www.cascinaroccafranca.it (alla voce “gruppi”)

La più grande scelta in Italia di prodotti alternativi a carne e formaggio, gustosissimi e 100% vegetali. Prodotti in un’azienda 100% vegan, senza soia.

cell: 348 6415945 - 340 6976987 Visitate il nostro negozio on line oppure venite a trovarci nel nostro negozio di Arona (NO) clicca qui per la cartina

Vegusto.it, Viale Baracca nr.13, 20841 Arona (NO), shop@vegusto.it

www.vegusto.it

La simpatica faccetta che fa qui capolino appartiene a Filippo, che la nostra Giulia (Guazzora) ha voluto donare al Mondo; i migliori auguri a Giulia e Filippo da tutta la redazione di Pelo & Contropelo!


Un milione di bambini muore ogni anno per la cosiddetta malattia da biberon, ossia malnutrizione, diarrea e disidratazione: spesso l'acqua utilizzata per diluire il latte in polvere non è potabile, in molti luoghi è praticamente impossibile sterilizzare biberon e tettarelle. Inoltre, le confezioni hanno un costo altissimo (a volte raggiungono o superano metà dello stipendio familiare causando quindi denutrizione anche negli altri membri della famiglia) e le madri, nel tentativo di farle durare di più, diluiscono troppo la polvere così che il bebè finisce per non ricevere tutto il nutrimento di cui ha bisogno. Nei paesi a sviluppo avanzato si osserva che il bambino alimentato con latte artificiale e biberon ha un aumento del rischio, rispetto al bambino allattato al seno, di enterocolite necrotizzante (nei prematuri), otite media, asma, malattie acute delle basse vie respiratorie e infezioni gastrointestinali, allergie e, in età più avanzata, diabete, malattie cardiovascolari, sovrappeso e obesità. Poiché uno dei grossi ostacoli all’allattamento al seno è rappresentato dalle campagne commerciali che idealizzano il latte artificiale, nel 1981 l’Assemblea Mondiale della Sanità ha approvato il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno con la finalità di assicurare ai bambini una nutrizione sicura ed adeguata, proteggendo l’allattamento al seno da pratiche inappropriate di commercializzazione e distribuzione dei sostituti del latte materno. Si tratta di una convenzione internazionale costituita inizialmente da 11 articoli e continuamente aggiornata con “risoluzioni” ogniqualvolta si renda necessario chiarire dei punti, fronteggiare nuove strategie commerciali o aggiornare i dati relativi alla ricerca scientifica. E’ internazionale perché, anche se nato per tutelare l’allattamento nei paesi più poveri dove i rischi dell’allattamento artificiale sono più tragici, ha comunque un valore universale. Il Codice si applica a tutti i sostituti del latte materno, i cosiddetti “alimenti per lattanti” ( inclusi i cosiddetti latti speciali ), i latti di proseguimento e di crescita, alimenti e bevande complementari indicati per un’età inferiore ai sei mesi, biberon e tettarelle. Il Codice non vieta l’uso né la vendita di tali prodotti, ma pone delle restrizioni alla loro commercializzazione, in modo che nessun sostituto sia reclamizzato o promosso mediante sconti, offerte speciali, campioni gratuiti, forniture gratuite agli ospedali, etc. Nonostante i principali produttori e distributori dei prodotti coperti dal Codice abbiano espresso anche in maniera formale la loro adesione fin dai primi anni dopo il 1981, e nonostante molti paesi abbiano approvato leggi più o meno aderenti al Codice stesso, il marketing del latte artificiale, di altri alimenti e bevande per bambini, di biberon e tettarelle continua a minare l’allattamento al seno ed è uno dei fattori che contribuisce a determinare tassi di allattamento inferiori a quelli raccomandati. Questo marketing è spesso realizzato in aperta violazione del Codice Internazionale, se non delle leggi nazionali. Gli articoli e le risoluzioni del Codice sono frutto di trattative con le aziende produttrici di sostituti del latte materno che hanno partecipato alla sua stesura accettandolo come standard minimo universale. La versione integrale del Codice è disponibile on line al seguente link www.ministerosalute.it/alimenti/resources/documenti/nutrizione/commercializzazionesostitutilatte.pdf ( per segnalare una violazione: violazioni@ibfanitalia.org ). La Rete Internazionale di Azione per l’Alimentazione Infantile ( IBFAN, dall’inglese International Baby Food Action Network ), di cui IBFAN Italia fa parte, si occupa di sorvegliare le pratiche commerciali delle maggiori compagnie produttrici di sostituti del latte materno, oltre che di biberon e tettarelle. IBFAN pubblica, con periodicità variabile, rapporti contenenti esempi di violazioni del Codice Internazionale, allo scopo di fare pressione sulle compagnie stesse perché lo rispettino e sui governi perché adottino leggi sempre più rigorose a protezione dell’allattamento al seno. IBFAN Italia è composta da un gruppo di persone, per lo più genitori e operatori sanitari, che lavorano in modo volontario alle attività dell’associazione, siano esse di denuncia, informazione e formazione, pressione, documentazione. Ma soprattutto, la base del lavoro è costituita dalla raccolta delle violazioni del Codice nel nostro Paese. Tutte le segnalazioni, se confermate e catalogate come violazione del Codice, sono utilizzate per informare chi di dovere ( autorità sanitarie (1), garante per la pubblicità, garante per la comunicazione, associazioni di commercianti, editori, ditte… ), per far pressione sulle compagnie perché allineino le loro strategie di marketing ai dettami del Codice ( che, ricordo, hanno sottoscritto ) e per la stesura periodica de “Il Codice Violato” ( http://www.ibfanitalia.org/codiceviolato.html ). Concludendo, se siete genitori in attesa di un bimbo o avete amici che lo sono informatevi bene sui vantaggi dell’allattamento al seno e sui punti di sostegno gratuiti presenti sul territorio. Inoltre, ricordate che se avete la pazienza di fotografare e raccogliere le violazioni, ogni segnalazione è uno strumento per aiutare i bambini, le loro famiglie, gli animali ed il pianeta. Un passo avanti per il rispetto. Grazie!!! Dott.ssa Luisa Mondo - medico chirurgo, epidemiologa, specialista in igiene e medicina preventiva

Il latte è un alimento specie-specifico, ossia ogni specie ha il suo proprio latte e utilizzare il latte di altre specie è quindi una sorta di forzatura

(1) Il

Governo italiano ha emanato delle linee di indirizzo nazionali per la protezione, la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno (Gazzetta Ufficiale N. 32 del 7/2/2008) in cui si afferma che è necessario maggior rigore nell’applicazione del Codice: le segnalazioni potranno essere usate anche per spingere il Governo a prendere misure in questo senso e nel 2011 è uscito il decreto sanzionatorio per multare chi viola il Codice.


Uova? Facciamone a meno … un cucchiaio di farina di soia oppure di fecola di patate o di amido di mais e due cucchiai di acqua sostituiscono ogni uovo nei prodotti da forno.

FLAN DI SPINACI - ricetta di Chiara Manganelli • 500 gr. di spinaci • 200 gr. di tofu naturale • 100 gr. di amido di mais • sale • olio extravergine di oliva • una manciata di arachidi (circa 50-60 gr.) Mondare gli spinaci e farli bollire. Strizzarli e frullarli insieme al tofu, alle arachidi e all'amido di mais con un po' di olio extravergine di oliva. Il composto deve risultare soffice e cremoso. Regolare di sale. In una teglia dai bordi piuttosto alti stendere il composto fino quasi all'orlo. Far cuocere in forno a 180° per 30-35 minuti. Servire tiepido o freddo. In alternativa si può preparare con la zucca oppure si possono utilizzare costine, peperoni o altri tipi di verdura.

FRITTATA DI PORRO - ricetta di Angela Verduci • 100 gr. di farina di ceci • 1 porro • 200-210 ml. di acqua • sale • olio extravergine di oliva Affettare sottile il porro (si può utilizzare anche altri tipi di verdura) e ungere la padella con un po’ di olio extravergine di oliva. Quando l’olio è ben caldo aggiungere il porro. E’ importante che l’olio sia caldo perché in questo modo evapora il solfuro di allile, che si ritrova nell'aroma di alcune piante del genere Allium (aglio, cipolla, porro, erba cipollina e scalogno); provoca la lacrimazione e li rende indigesti. Aggiungere sale, abbassare la fiamma e coprire con un coperchio fino a cottura ultimata. Se è necessario durante la cottura aggiungere un po’ di acqua. In una terrina mescolare la farina di ceci e 200 ml. di acqua utilizzando una frusta per evitare che si formino i grumi. La consistenza non deve essere né troppo liquida né troppo densa. Aggiungere i porri e mescolare bene. Ungere con un po’ di olio extravergine di oliva la padella precedentemente utilizzata per cuocere i porri e lasciare sul fuoco. Quando l’olio è ben caldo versare tutto il composto e livellarlo. Lasciare cuocere per 3-4 minuti e girare la frittata facendola scivolare su un coperchio, versando un pochino di olio sopra la frittata stessa e rimettendola nella padella in modo che cuocia l’altro lato. Lasciare sul fuoco per altri 3-4 minuti. Decorare eventualmente con prezzemolo o listarelle di porro e servire ben calda. I pulcini maschi non sono destinati agli allevamenti delle galline ovaiole (in gabbia, a terra, all'aperto e biologici), vengono introdotti in dispositivi che li triturano vivi e servono alla produzione di mangimi Video: http://laverabestia.org/play.php?vid=1060 Documentario “Fabbriche di uova. Le galline negli allevamenti intensivi”. Un'investigazione all'interno delle diverse tipologie di allevamenti di galline ovaiole (in gabbia, a terra, all'aperto e biologici) per rendere pubblico quello che quotidianamente questi animali devono sopportare per soddisfare un consumo di uova che a molti può sembrare privo di sfruttamento. http://vimeo.com/37624687

www.vegeveg.it

risto_veg_veg@tiscali.it clicca qui per la cartina

Detenuto in una stalla fatiscente, maltrattato e denutrito, ora si trova a Lauriano Po (TO) presso la Casa del Cane Vagabondo. 011 9187490 - 339 6341390 casadelcanevagabondo@libero.it

due micini Felv di 8 mesi, per il resto sanissimi, simpatici e coccoloni, aspettano da mesi una casa. 349 6161038 manuela@wombats.it

Derivato labrador, 4 anni. Sterilizzato. Toby è dolce, affidabile, adatto anche ai bambini. Sa fare la guardia alla casa. 340 7887738 lally68@gmail.com 340 6414006 ilaria.tati@gmail.com 333 3436839 roby_e_roby@virgilio.it

Bellissimo molosso adulto. Adora i grattini e il contatto con l’uomo in generale. Si può adattare molto bene anche alla vita in appartamento. Va d’accordo con le femmine ma non con i gatti. 349 5045561 - 338 7031951

Adulto, molto, buono e dolce, può vivere anche in appartamento in quanto si tratta di un cane tranquillo. 349 5045561 338 7031951

Scampati al salmì di un contadino. La mamma è un po’ selvatica ma i piccoli no, sono pronti a ricevere coccole. info@lacincia.it 349 6161038 Incrocio golden retriver, di quasi due anni. E’ socievole e coccolone, ma un po' territoriale. Adora le femmine ma non va d'accordo con i maschi. Vaccinato e microchippato, non ha problemi con i bambini. Adottabile a Torino e zone limitrofe. 380 3130298 (dopo le 17) associazioneliberitutti@gmail.com

Ha 9 mesi. Sterilizzato. E’ veramente un micino dolcissimo, vivace come tutti i cuccioli, socievole e tanto affettuoso. E’ debolmente positivo alla Fiv (richiede qualche attenzione in più). E' adottabile a Torino e provincia 333 2303697 silvia.voltolini@gmail.com


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.