il Resto del Fantino ANNO5 NUM2

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Il resto del fantino

il Resto del Fantino P e r i o di c o de l L i ce o S ci e nt ifi c o M . F a nt i - v ia P e r uz z i 7 , 4 1 0 1 2 C a r p i ( M O ) T e l. 0 5 9 6 9 1 1 7 7 - F a x . 0 5 9 - 6 4 1 1 0 9 - w ww . l i ce of a n ti . i t

ANNO 5 NUM ER O 2 ON TOP

I popoli chiedono libertà e democrazia. Finisce l’era degli autoritarismi

LE MILLE E UNA RIVOLTA Dall’Egitto alla Libia: la fiamma rivoluzionaria invade il Nord-Africa di Claudio De Simone Hanno spezzato le catene del totalitarismo e della repressione, hanno alzato la testa verso la libertà, non più sudditi ma già cittadini. I popoli di Egitto, Yemen, Siria, Algeria, L ibano, Tunisia e Libia hanno decis o di porre fine alla loro condizione di “schiavitù” e sono scesi in piazza, animati da un fervore democratico, per afferrare con le mani il loro destino. Per troppo tempo uomini disp otici, che si sentivano investiti di un presunto potere su tutto e tutti, hanno spadroneggiato su queste terre con l’unico scopo di favorire se stessi e una ristretta élite. La protesta non è solo per il “pane”: il popolo cerca la democrazia e vuole il riconos cimento dei diritti umani fondamentali, come ad esempio l’uguaglianza sociale, il rispetto della legalità, l’autodeterminazione, il diritto al voto. Cos ì l’Egitto ha posto fine all’epoca Mubarak, la Tunisia non vuole più saper nulla di Ben Ali, la Libia s i è stancata di Gheddafi. Queste rivoluzioni s ono, sì, vincenti, ma tutt’altro che compiute: la fine di questo processo è ancora lontana, bisogna lasciare tempo alle varie istanze p olitiche, che sono state represse per anni, di dialogare e competere tra loro, così da indicare con chiarezza ai nuovi governi, auspicabilmente di stampo democratico, la via migliore da seguire. Fondamentale sarà la stesura delle nuove carte costituzionali, dove si dovranno bilanciare perfettamente i meccanismi di regolazione tra le varie forze politiche, religiose e laiche, oltre che garantire ovviamente tutti i diritti che per troppi anni sono stati ignorati. Ma il potenziale positivo di queste rivolte già si vede: tutto è cambiato, la scena politica si sta v ivacizzando e i giovani, a cui viene consegnata la responsabilità del cambiamento, hanno preso coscienza del loro peso politico. Tante sono le speranze di una vita migliore. È un fenomeno incredibile, i popoli hanno preso cos cienza delle loro potenzia lità e, spontaneamente, hanno deciso di lottare per la loro libertà.

Questo fenomeno ci dimostra, almeno in parte, il fallimento dei tentativi di esportazione della democrazia con le armi: se da un lato, risultano fallaci le interminabili “guerre umanitarie” in Afghanistan e in Iraq, dall’altro, la primavera araba ,frutto di un atto di incondizionata volontà dei pop oli, ha già conquistato enormi traguardi in poco tempo. Certo, l’intervento della NATO in MEMORIA

Libia avrà le sue ripercussioni (a tutti s ono note le mire economiche in Africa da parte dei paesi occidentali), ma nulla può negare questo processo rivoluzionario di sviluppo, che porterà il Nord-Africa ad emanciparsi nel segno della democrazia.

La difficoltà di vederci chiaro in una realtà complessa

CONTORNI SFOCATI Immagini (e riflessioni) dal cam po di sterminio di Birkenau di Giulia Goldoni

Se si deve scrivere di un viaggio, ci si chiede sempre cos’è rimasto di questo, cosa davvero si è portato a casa. Forse perché è impossibile raccontare cosa si è vissuto durante. Possiamo confrontare il dopo con le aspettative del prima, ma i pensieri, i turbini del mentre restano là, ovunque si sia stati. I miei sono rimasti a Birkenau, tra le foglie sul prato coperte di brina e le radici delle betulle bianche; e così credo sia successo a molti altri. Il paradigma dell’orrore del Novecento, Auschwitz, ci ha colpito perché era bello. Non erano belle le baracche dove centinaia di uomini venivano ammassati, né il filo spinato, né i camini, né le camere a gas. PG.5


LA SCUOLA

Intervista a

Marmiroli Dialogo con il prof. più “storico” del liceo, famoso per la sua bonarietà e per il cineforum, che adesso pare essere in odore di pensionameto… di Daniele Vanni

Corre voce di un suo possibile pensionamento a breve, è vero? La situazione è abbastanza complessa. Spiego: il ministro Brunetta ha deciso che nel triennio 2008-2011 chiunque abbia oltre 60 anni e 40 anni di servizio debba obbligatoriamente fare domanda di pensionamento, e io attualmente sono al mio 62esimo anno di età e al quarantesimo di lavoro. Può anche darsi, però, che nel 2012 il termine di pensionamento “forzato” ritornino i 65 anni di età, per cui non posso dare una risposta certa. Nel frattempo, ho compilato una domanda di part-time e un documento col nome indigesto di “congedo forzoso”. Spero che la domanda di part-time venga accettata e che mi permettano quantomeno di seguire fino alla fine le classi che ho appena preso. 40esimo anno? Quando ha incominciato? Nel ’71 alle Pio, scuola da cui ero passato anche io e a cui ero quindi molto affezionato. Avevo 22-23 anni. Poi, nel ’73, feci il mio debutto al Liceo. La mia prima lezione fu una lezione di supplenza nella classe in cui era alunna la professoressa Zanoli. Spiegai Giordano Bruno con tutta la foga e la passione della mia (allora) tenera età. La classe che dovetti seguire quell’anno invece era una quinta, e quindi mi trovavo a dover far lezione la mattina a ragazzi di 19 anni che magari incontravo la sera stessa al bar come amici. Non ho insegnato, però, solo al Liceo. Ho esercitato in diverse scuole della regione, soprattutto nella nostra provincia, e mantengo ancora i contatti con alcuni studenti di queste, come, ad esempio, un ragazzo di Sassuolo che è venuto all’ultimo incontro del cineforum. Quando insegnavo “in giro” per l’Emilia erano gli anni della ribellione giovanile del ’77, ed è stato difficile ma molto interessante ed educativo dover riuscire a conciliare i miei fervori giovanili con il mio ruolo di rappresentante dell’istituzione… Poi, poco dopo, sono tornato al Liceo, e ho collaborato con alcuni personaggi dal carisma eccezionale, come Otorino Savani e Giuseppina Cattania. Una delle cose buffe dei miei anni passati al Fanti è che ora mi trovo come colleghi (la maggior parte docenti di matematica o fisica) persone a cui ho insegnato in questo stesso Liceo. Ad esempio la professoressa Arioli, la Reggiani, la Ferrari, e, per il gossip, anche la cara collega prof.ssa Prandi, con la quale ho ancora uno stretto rapporto, anche pedagogico. Spesso si fa riferimento a lei come al prof più “vetusto” del Liceo (ha rappresentato l’indirizzo tradizionale alla

cerimonia del 70esimo), con immancabili frecciatine anche dal dirigente Spaggiari… questo per lei è più un onere o un onore? E qui ti sbagli, caro mio. Infatti non sono io il più anziano docente in questa scuola, ma bensì una signora che non nomino e di cui non dico l’età per cavalleria. Detengo però il record di anni di servizio passati in questa scuola, per cui mi accollo volentieri questo ruolo di “grande vecchio”. Certo è che questi anni al Liceo hanno per me un’importanza qualitativa ancor più che quantitativa: se il ruolo dell’anziano può talvolta costituire un onere, lo stesso non si può dire del tempo che ho passato qui. Non vorrei cominciare a tediarvi con gli amarcòrd, ma ne ho viste veramente tante qua dentro… A proposito: io ero il responsabile del PRIMO giornalino della nostra scuola: era stato creato per il 50esimo del Liceo, e si chiamava, appunto, 50fanti. Poi c’è il suo “storico” cineforum… Si, ma vorrei precisare che non è stata una mia iniziativa: inizialmente il cineforum era tenuto da un caro amico morto prematuramente, Alberto Ricchetti, uomo di grande cultura letteraria e cinematografica. Di lui ho scritto un necrologio che è presente anche in sala insegnanti, e per i suoi meriti la nostra biblioteca è intestata proprio a lui. E’ anche per onorarlo che continuo quello che lui ha cominciato con il cineforum. La storica coperti na del 50Fant i


SC U O L A

Chi è la nuova vicepreside? In attesa di poter catturare l’imprendibile prof. Pulga, ecco la professoressa Giannini che, pochi lo sapevano, è una ex del liceo di Rossella Zamboni Ogni anno porta le proprie novità, e pos siamo dire che con il 2010/2011, siano arrivati due nuovi collaboratori per la presidenza: Andrea Pulga e Anna Giannini. Entrambi sono professori già da qualche anno in questo liceo, ma noi abbiamo voluto conoscerli meglio. Ecco a llora l’intervista che la professoressa Anna Giannini

richiamo, è tanto corto che non c’è mai s tato bisogno di abbreviarlo o sos tituirlo. Semplicemente: Anna. Come impegna il suo tempo libero al di fuori della scuola? Coltiva qualche hobby particolare? Il tempo libero è poco, più che grandi hobby impegnativi cerco qualche attività che mi rilass i. Ammetto di non essere una sportiva, ma prov o a rimediare spos tandomi in bicicletta ogni qual volta mi sia possibile! Ho sempre amato la lettura e la musica, anche quella piuttosto moderna. Come già detto, amo viaggiare, e quando se ne presenta l’opportunità la colgo! E, così, in generale, come è la situazione qui al liceo? Finora è un anno molto impegnativo. Ovviamente, oltre all’ordinaria amministra zione, spess o sorgono altri tipi di problemi. Ci vuole calma. Ogni mattina sembra un assalto: colleghi, famiglie, personale scolastico. Tutti con grandi domande, e certe volte mancano le risposte. È un anno impegnativo, ma è certamente soddisfacente! Colgo l’occasione, che non ho mai avuto, per congratularmi con gli studenti per l’egregio comportamento tenuto a ll’autogestione: concordo a pieno con quanto scritto dal Pres ide. Ed il rapporto di collaborazione com’è? Prof.ssa Anna Giannini È buono, è ottimo, s i dà ognuno il proprio contributo per fare ci ha gentilmente rilasciato. funzionare questa grande macchina, che è il nostro liceo. Bis oCome si introdurrebbe agli studenti, che rapporto ha con il gna che ognuno faccia la sua parte, e la parola chiave è Fanti? “collabora zione”. Innanzitutto mi compiaccio di essere stata una studentessa di questo liceo, al quale sono quindi affettivamente legata, perché gli anni di liceo sono stati arricchenti. La scuola aveva un’immagine diversa: solo 500 studenti, un unico indirizzo scientifico. Era una realtà diversa, anche fisicamente, perché la “Fai pure i corsi di educazione stradale, appellati al collocazione era un’altra. E poi, qualche anno dopo, la mia pri- senso ci vico, punta al rispetto delle regole, al senso di ma supplenza è stata proprio qui! responsabilita'…” Che studi ha effettuato? Dopo il liceo, mi sono iscritta a ll’università di Scienze b iologiche a Modena, mi s ono quindi laureata con una tesi sul cariotipo dei pauropod. Poi è inizia to il lavoro! 15 anni di ruolo alle scuole medie Focherini, prima di iniziare ad interessarmi ad aspetti più “burocratici” del sistema scolastico. Per una decina d’anni, infatti, ho affiancato all’insegnamento anche attività di collaborazione con la presidenza. Quindi, di nuovo al Fanti, dove sono da quattro anni. Ora insegno un po’ in tutti gli indirizzi, tranne il tradizionale. Che tipo di studente era? Mi piaceva venire a scuola. E confesso di essere stata una studentessa molto fortunata, per via della mia buona memoria. Studiavo un’oretta e mezza al giorno, ben concentrata, ovviamente dopo un attenta lezione mattutina! Già dall’università scelta si comprende il mio orientamento s cientifico, ma s ono in realtà una “linguista mancata”: all’orale di maturità portai inglese e storia. Tra l’altro supporto pienamente le esperienze degli scambi culturali, sono convinta che essi aprano la mente! Negli anni di liceo, di università, e in generale, ha un soprannome particolare? In tutta onestà il mio nome si è sempre prestato bene ad ogni

Vasco monet!

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SC U O L A

INTERVISTA A DUE PROF DI ED. FISICA

I Proff. Panzetti e Serafini protagonisti della nostra intervista doppia di Giulia Palmieri e Arianna Righi

Intervi st a al Prof. Panzetti Si presenti. Mi chiamo Carlo Alberto Panzetti e ho 5 3 anni. Qual è il Suo sport pr eferito? Come sport mi piace il calcio, ma non sono un vero e proprio tifoso, seguo l’Italia ai mondiali e il Napoli di Maradona… qua ndo c’era Maradona! Il suo atlet a del cuore? Come atleta sempre Maradona ma, rimanendo in Italia, Sandro Ma zzola. Cosa l’h a portat a a f are i l Pr of. di Ed. Fi si ca? Siccome non ri uscivo a diventare gi ocatore professi oni sta di calcio, ho pensato di proseguire la carriera come prof.! Da giovane f aceva sport? Quale ? Principalmente calcio e pallavolo. Si sente re sponsabile dell a sal ute dei r agazzi? Sa, per al cuni l’uni ca occasione di far e ginnasti ca è dur ante le sue or e. Mi se nto m olto responsabile! Per quello c he pos so fare purtroppo nelle s ole due ore settimanali! Anche se il Liceo per fortuna al pomeriggio orga nizza diverse attività sportive. Come convincere bbe i gi ov ani a fare pi ù sport inve ce di stare t utto il tempo dav anti ad Internet e all a tel evisione ? È difficile, perché la forza della tecnol ogia e delle mode, come telefonini, internet, Wii, è tale che la parola perde significato. Nel senso che, quando i ragazzi t orna no a casa, trovano s ubito a portata di mano le lor o passioni, l’immagine la fa da padrona e le parole perdono peso. C’è gente che pensa che i profe ssori di E ducazione Fisi ca si ano m eno import anti degli altri pr ofessori . Cosa risponde a que ste per sone ? S i sente mai inferi ore ? Mi se nto “s uperiore” rispetto ad altri prof., perché penso di unire (per lo meno qua ndo er o gi ovane ) doti intellettuali a doti fisico-sportive, che mi permettono a v olte, quando ci riesc o, di fare il bene degli alunni, non sol o dal punto di vista sportivo, ma s oprattutto per quello che riguarda la salute del loro corpo e lo sviluppo della personalità, sia dal punto di vista motorio che intellettivo. E’ fel ice del fatt o che m olti ragazzi non aspettin o altr o che le sue or e? Sicuramente, per tutti i motivi sopra citati. A tutti, a m odo suo, faccia un salut o. Meno Wii, più attività fisica, e un sal uto Prof. Carlo Alberto Pan zetti a tutti. Intervi st a al Prof. Serafini Parti am o con al cune doman de facil i, di pre sentazi one: si r acconti br evemente. Io sono S erafini, detto Claudio, vengo dalla bassa modenes e, dalla bellissima cittadina di Nona ntola. Ho fatto le eleme ntari, le medie, l’Istituto tecnico e poi l’ISEF a Bol ogna (I stituto S uperiore di Educazione Fisica). Visto c he mi piaceva più correre che studiare, ho fatto di questa passione il mio mestiere. Da cosa è n ata quest a passi one? Dal mio piacere di fare attività sportiva. Ho iniziato da raga zzo con pallavol o, judo, poi pallamano e altri sport. Ma soprattutto dall’incontro con il mio inse gna nte di educazi one fisica delle s uperiori che mi ha fatto capire che potevo fare di questa mia passione un mestiere. Qual è il suo sport preferit o? Non ho uno sport preferito, mi piace lo sport come momento di confront o tra persone. Però, come sanno i miei alunni, non mi piace molto il calcio per colpa del business che c’è dietro; se fosse più pulito mi piacerebbe… Qualche partita poi la guardo anche io! Ma non mi ritegno uno sportivo sol o perché guardo il calcio! Chi è il suo atleta preferit o, quell o da cui prende spunto? Sono profondamente i nnam orato di Nadia C omăneci, perché è stata una grande atleta, una di quelle che sanno esprimere il gesto tecnico al meglio, alla perfezione. Così sec ondo me s ono i veri atleti, come del re sto J ury Che chi, Antonietta Di Martino… Ora andiam o più sul lo specifi co: pensa che l’attiv ità sportiv a possa influire sul rendiment o scol asti co di un r agazzo? C ome ?

Personalmente mi ha dato sol o gi ovame nto, da quando ho i niziat o a praticare sport a livello agonistico sono m olto mi gliorato a nche a scuola. Prima non s fogavo la mia v oglia di m uovermi, qui ndi ero m olto distratto, poi ho cominciato a giocare e s ono dive ntato più stabile anche a scuola ed il mio profitto ne ha tratto forte gi ovament o. Non si sente responsabi le dell a crescit a fisi ca dei r agazzi? Dopot utto l’unico movimento che fanno molti r agazzi è solt anto quel lo delle due ore settiman ali a scuol a… Questa è una d omanda che meriterebbe una risposta molt o lunga e articolata, ma proverò a rispondere in modo si ntetico. Allora: credo che più della crescita fisica si tratti di una crescita psicologica e morale… Perché c on due ore si fa poco a livell o fisi ologico, se aves si più ore, tre o quattro incontri a settimana, potrei agire anche sull’orga nismo, ma così il mio lavoro è prettamente rivolto a una crescita morale dell’alunno. Per questo motivo nelle mie lezi oni ci s ono molti tornei dove chiedo ai raga zzi di mis urarsi con i compagni o altri coetanei, di mettersi in gioco di fronte alla classe. Ancora più efficacia hanno le gare con altre scuole, per gli stessi motivi. Come invoglier ebbe i r agazzi di oggi, che passano m olto tem po davanti a com puter o vi deogame, a f are pi ù sport ? Cercherei di smorzare l’agonismo esasperato che la società impone, rispettando la crescita dei ragazzi e m otivandoli a fare ci ò che piace a loro e non ciò che sono obbligati a fare. Insegna ndo loro che la vittoria non è l’unica cosa importante, come fa credere la società, aiutandoli a trovare il loro spazio. Per que sto or gani zzo dei tornei: perché il mio obiettivo non è la vittoria, ma far acquisire al ragazzo quell’ autostima che poi lo aiuterà anche nelle altre materie. Ora qualcosa di provocat ori o… Da sem pre i pr ofessori di e ducazione fisica sono consi der ati di li vell o le gge rmente inferi ore ri spetto a tutti gli altri. Dopotutt o inse gnano una m ateri a che non sembr a ri chiedere molto st udio, quindi … S offre di compl essi di inferiorità r ispetto agli altri profe ssori ? Assol utamente no! Non credo che gli altri ci giudichino in que sto modo, solo perché abbiamo la fortuna di fare q ualcosa c he piace ai raga zzi. Q uesto non sminuisce la mia materia perché il mio è un lav oro utile per far conoscere ai ragazzi le l oro capacità in modo da rendere la loro crescita più completa. Non avev o mai pensato di es sere inferiore, anzi credo che la mia materia sia tra le più difficili perché, oltre alla parte teorica, c’è anche il “saper fare” e il confronto diretto con gli altri e questo non è qualcosa che si apprende in modo meccanico. Forse l’Educazi one Fisica viene considerata inferiore per il fatto che, s olitamente, non ci s ono gravi ins ufficienze, ma è sbagliato valutare la difficoltà e l’importanza delle materie in base al numer o di insufficienze! Vorre bbe dire qual cosa ai pr ofessori di m atemati ca o lettere che si ritengon o t anto super iori a v oi pove ri in segn anti di e ducazi one fisi ca? No, non mi sembra che le cose stiano in quest o modo. Tra l’altro poi, tra molti di noi c’è stima reciproca. Tutto dipende dalla serietà nel fare le cose… Io non ved o dei conflitti in cors o… se non, probabilmente, per motivi personali! Se i pr ofessori non sono un pr obl ema, all or a pensi che, per var i m otivi, molti st udenti non ve don o l’or a che arrivi l a lezi one di e ducazi one fisica, forse sempl icemente per ché la rit engon o un’ or a di sv ago… C osa pen sa di quest o f atto? La cosa che mi fa arrabbiare è che molti ge nitori, ragazzi o insegna nti considerano queste due ore come ricreazione assi stita. Io per esperienza ritengo che sia un’ occasione importante, e continuerò a ripeterlo, per la crescita completa di un ragazzo perché, non es send oci banchi, ognuno deve trovare il proprio spazio nel rispetto delle regole della convivenza e quindi i presupposti del vivere civile. Ora facci a un sal ut o agli studenti, ha cart a bi anca…! Ciao!... No, dai… Cosa posso dire… Beh, gra zie a tutti gli stude nti che mi aiutano a crescere e a migliorarmi… Ciao!

Prof. Claud io Serafini

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ANNO 5 NUM 2


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La difficoltà di vederci chiaro in una realtà complessa

M EM OR I A

CONTORNI SFOCATI Immagini (e riflessioni) dal campo di sterminio di Birkenau di Giulia Goldoni

Né le strade che vi conducevano, né le pietre che le formavano. Ma era bello il cielo, erano belli gli alberi; l’erba era verde e le gocce d’acqua raccolte dalle foglie rispecchiavano la luce di un sole limpido. Insomma, nonostante tutto, la bellezza lì, proprio lì, era possibile. Questo mi ha sconvolto: come era possibile che coesistesse un po’ di ‘bene’ con un luogo che rappresenta il male assoluto? Forse è solo indifferenza quella della natura, che non si cura di ciò che le accade intorno. Milioni di persone sono morte a fianco delle betulle di Birkenau, eppure queste hanno continuato a crescere, ad essere belle, nutrendosi di un terreno che ospitava cadaveri. Così nulla è giusto, lo strazio può esistere al fianco della normalità e questi possono non toccarsi mai? Ci sono quin di uomini felici e uomini infelici? Io ero una persona dalla vita decisamente felice mentre attraversavo i corridoi delle baracche di Auschwitz, guardando le foto di altre vite come la mia che erano state però indescrivibilmente in felici. Mi sono chiesta con che diritto fossi lì. Mi sono accorta che nella quotidianità c’è sempre chi sì e chi no, cioè chi ha il diritto alla felicità e chi invece non ce l’ha. Mi sono chiesta se davvero non fosse tutto indifferente, casuale, senza giustizia. Ho capito che Auschwitz era molto più vicino alla mia vita di quanto non avessi mai avuto il coraggio di sospettare prima. La mia responsabilità mi era davanti agli occhi e non potevo fuggirla. Quante volte sono stata troppo presa dalla mia felicità

per accorgermi del dolore e delle difficoltà degli altri? Ma il bene e il male non esistono più. In questa realtà gli assoluti cadono: così come a Birkenau il cielo è stupendo, nell’esperienza di tutti i giorni discernere è complicatissimo, perché bene e male si fondono e si mimetizzano. Una volta tornati, gli interrogativi rimangono irrisolti e, anzi, continuano a moltiplicarsi. Ma forse è proprio questo che ho apprezzato di questo viaggio: la possibilità di rendere concreto e di calare nella realtà almeno un poco un dramma che la storia non riesce a restituirci nella sua complessità, del quale non riusciamo ancora a definire con precisione i contorni.

Un treno per Auschwitz: i racconti Estraniandoci per un momento da quegli aspetti intellettivo-emozionali che sono il vero fondamento dell’esperienza ad Auschwitz, diamo un’occhiata invece a quelli puramente ludici e tecnici del TRENO PER AUSCHWITZ. Mi preme dire innanzitutto che, parallelamente alla dimensione formativa, questo viaggio è riuscito a farci divertire e a suscitare in noi una voglia di conoscenza reciproca che solo persone che vivono esperienze comuni e che, soprattutto, hanno una stessa direzione (intellettuale e fisica), possono sperimentare. Martedì 25 gennaio, la nostra direzione era Cracovia, in Polonia: città meravigliosa, dove avremmo alloggiato per poi spostarci nei campi di Auschwitz I e Birkenau. Il nostro mezzo era, ovviamente, un treno. Un treno sovraffollato, stretto, in cui c’era costantemente o troppo caldo o troppo freddo, in cui un vociare continuo faceva da sottofondo a urla, risate e molta musica. Era un treno vivo e pulsante quello per Auschwitz, quasi un ossimoro rispetto alla morte e alla freddezza del luogo verso il quale si dirigeva. Una delle occasioni fondamentali e, a mio parere, stupende per vivere realmente il viaggio è stata quella offerta dai laboratori di scrittura tenuti dai due scrittori che ci accompagnavano, Paolo Nori e Carlo Lucarelli. Ecco qualche esempio di ciò che in quel contesto è stato prodotto. È un cammino diverso, insolito, questo. Stiamo percorrendo una strada non asfaltata, il tragitto sembra molto lungo, quasi interminabile: non riusciamo a capire la distanza che ci separa dall’arrivo. È una sensazione strana, questa: non comprendiamo dove siamo, ma è sapere che usciremo che ci conforta, è la speranza che ci tiene in vita. Ma questa consapevolezza altri detenuti non l’hanno avuta, per loro questo paesaggio idillico ha assunto un aspetto infernale: le grandi zone pianeggianti si sono trasformate in baratri infernali. Ma quale ANNO 5 NUM 2

uomo, diremo noi oggi, riuscirebbe ad avere questo alto potere distruttivo? E ancora, come fa una mente umana a partorire idee, progetti così turpi, barbari e privi di qualsiasi sentimento di amore? Sono queste le domande che mi angosciano, che mettono a nudo la parte più bruta e ferina dell’uomo. Arrivo ad avere paura di me stessa. (Mariachiara Marchesini V D) Ed eravamo lì, passando da una baracca all’altra ad Auschwitz I ed io avevo mal di stomaco per colpa della fame, come mio solito, ma tutto ad un tratto ho capito che quello era un dettaglio insignificante, non aveva importanza di fronte a foto di uomini marchiati da un tatuaggio nel braccio e nell’anima, non aveva importanza di fronte a quelle centinaia di volti incorniciati i cui occhi ti osservano trasmettendoti qualcosa che è impossibile descrivere a parole. Siamo usciti da una baracca e ho fatto caso al cielo, di un grigio omogeneo, senza nuvole, senza sfumature di altri colori e, soprattutto, senza sole. Mi sono domandata così se il sole potesse splendere su quel campo… Di tante cose avevo già sentito parlare, ora le ho viste… Riguardavo le foto e di fronte ad una ho pensato che di quella no, non saprò riportarne la didascalia quando a scuola ci verrà chiesto di raccontare l’esperienza: ci sono tre lapidi, dei piccoli sassolini sopra a queste e dietro una grande distesa innevata ma, soprattutto, c’è il silenzio e quello che ho provato in quei minuti… ”Here lie their ashes, may their souls rest in peace”. E poi oltre a tutto ciò ci sono le serate in giro per Cracovia e il treno e non pensavo di potermi divertire così tanto, sento che c’è una barriera, una linea che separa questo da quanto ho descritto prima. In un certo senso mi fa male ma allo stesso tempo ho la certezza che il bagaglio che porterò a casa è pieno, strapieno, di emozioni e nuove consapevolezze. (Serena Artioli V FS) CONTINUA NELLA PAGINA SEGUENTE

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M EM OR I A

Un treno per Auschwitz: i racconti Com’é possibile, ti vedo davanti a me, sei q ui - sento la pesa ntezza dei tuoi ricordi, voglio prendermeli addosso, voglio unirli ai miei - sento che sono vicini, li vedo sul fo ndo dei tuoi occhi — pece - vorrei afferrarli e stringerli e legarli mo non riesco, non riesco a raggiungerti - vorrei scuoterti ma E poi mi sveglio: un altro sogno. Allento la stretta delle mie mani intorno alle lenzuola, aggiusto le pieghe di questo letto disfatto; mi raddrizzo e appoggio la schie na alla testiera. Due strisce di luce illuminano distrattamente l’armadio, il letto e me. E poi scivolano via. Sospiro. E’ da qualche anno che non riesco più a dormire, tutti mi dicono che è l’età, sarà anche vero. Hanno paura a dirmi che è per i miei ricordi. Il passato al passato, inutile piangere sul latte versato’: lo diceva sempre mia nonna, sento la sua voce nella mia testa come se me lo stesse dicendo in questo momento. E’ come se avessi quattro anni, e salissi nel pollaio a prendere le uova. E c’e lei giù dalla scala che mi aspetta, e quando faccio cadere un uovo mi dice: “Il passato al passato, inutile piangere sul latte versato". Mia nonna. E il suo fazzoletto in testa. E’ trascorso molto tempo; ho vissuto tanto altro in mezzo, ma il passato alle mie spalle è sempre troppo veloce, si nutre dei ricordi che ho cercato di conservare, me li strappa, li mangia". Anche questo, dicono che sia l’età. Neanche a questo ho trovato soluzione. Mi siedo sul bordo del letto, faccio per alzarmi e per un attimo la stanza appare sfocata. Mi risiedo. Aspetto che passi il giramento, poi bevo un bicchier d’acqua. Mi rimetto a letto, chiudo gli occhi. Sotto le mie palpebre chiuse scorrono le immagini forti e veloci della giornata. Mi passano davanti, macchie di luce che la mia stanchezza non riesce ad eludere. Li riapro. La verità è che ho un maledetto bisogno di giustificazioni, come tutti. Ho paura di dare la colpa a me stesso. Quando cerco un colpevole, non passo mai davanti agli specchi: sono incapace di ritenermi responsabile di almeno una parte di questo dolore.

(fotografie di Aushw itz d i Andrea Bellentan i)

"Ventidue chili di mele, per piacere." “Come scusi?" "Ventidue chili di mele." "Ventidue chili di mele‘?" "Si, è cosi che le ho detto." “Lei desidera ventidue chili di mele?" "E lei non è un fruttivendo1o?" "Non mi era mai capitato che qualcuno me ne chiedesse cosi tante.” "E’ che ho voglia di mele." "Non farà mai in tempo a mangiarle tutte. Marciranno prima." "E chi le ha detto che voglio mangiarle?" Rimane senza parole. Io pago, e comincio a riempire la mia macchina di mele.

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A casa, le metto un po’ ovunque. Mele sul tappeto, mele nella vasca da bagno, sul tavolo della cucina, nel camino; alcune le metto in giardino. Voglio guardarle sciuparsi, avvizzire, putrefarsi. Adesso sono seduto sul divano, tra queste mele appena comprate, che profumano l’aria, mentre dalla finestra aperta entrano i raggi del sole del mattino. Appoggio la testa sulla stoffa morbida e rossa di un cuscino, lascio che la mia mente di vecchio venga distratta dai giochi di luce sul muro, dal rumore delle forbici del mio vicino che potano le rose. E io che le avevo sempre potate in primavera. Per un attimo ho vent’anni, per un attimo ho ancora la speranza che niente di quello che ho andrà perso. » "Addio, addio. " Le sue lacrime, tracciano il limite che non ho i mposto ai miei sogni. "Tornerò " Lei tace. Sa che non è una bugia, ma fa fi nta di non credermi. Vuole costringermi a rimanere. La guardo. ·» Incrocio i s uoi o cchi. Poi me ne vad o. E vorrei girarmi, vorrei dirle che oggi mi piace più di ieri, che non voglio che nient’altro ci rubi questo momento perfetto. Ma ho vent’anni, vado incontro alle mie chimere col passo scanzonato di chi canta le canzoni al sole senza cappello. Mi getto in avanti senza sapere che anche per me ci sarà una nekyia. Non voglio che il tuo tumulo si ricopra d’erba. Voglio guardarmi allo specchio e desiderare di uccidermi. Voglio capire che è anche colpa mia. Sono di nuovo sul treno del ritorno. Come se non fossi mai sceso da li. I miei sogni non riescono a respirare, schiacciati da quelli degli altri. Stanchezza, debolezza, orrore; stanchezza, debolezza, orrore; stanchezza, debolezza, orrore, e poi sonno. Le sue labbra rosse. Si schiudono leggermente, scoprendo la timida aperture tra gli incisivi, lasciando che le fossette le addolciscano il volto. E ’ cosi vicina che posso sentirne l’odore; sa di cannella, di miele, fors’anche di grano. Sa di buo no. La guardo mentre la sera scolora le forme delle cose, le mi mi i mmerse nella s foglia, le ma niche corte a sbuffo, gli occhi lumi nosi. Sta canticchiando sottovoce, e io me ne sto a fissarla, perse nei suoi movimenti cosi misurati. "Ti sei addormentato? ". E’ di s palle, non può s apere che la sto osservando. Le mie labbra nel buio. Lentamente, percorro la scia che separa l’incavo del tue collo dalle tue labbra, lasciando che le mie las cino un ’impronta calda sulla tua pelle. Sento le ombre delle tue ciglia, il rumore dei tuoi bo ccoli sciolti sulle tue spalle nude; as colto il profumo del tue rapimento, mi fermo a guardare i tuoi occhi, persi a guardare lontano, con quell’espressione assorta che hai quando sei distratta e fissi il volo di una mos ca, dopo aver staccato gli o cchi dalle righe della poesia che stavi leggendo. Vorrei dirti fermati. Fermati. Fermati. Perché vai cosi veloce verso il tuo futuro, dove non sai cosa c’é. Perché non attardarti in questo presente cosi dolce. Ti immagino a quarant’anni, a fare smorfie davanti allo specchio per quelle rughe che avrai agli angoli degli occhi. Ti avrei presa in giro dall’altra stanza. Ti immagino a sessant’anni, piangere in cucina con una mano s ulla bocca, i tuoi nipoti nell’altra stanza, quando ti renderai conto di essere diventata vecchia. Ti immagino, amore, ma di te non mi rimane altro che il suono della tua assenza. (Chiara Pineschi V A)

ANNO 5 NUM 2


NEGAZIONISMO

M EM OR I A

Una filosofia che sta diventando sempre più forte. di Andrea Bellentani

Era la sera del 25 Gennaio, ed ero seduto silenzioso vicino al finestrino, sul treno che portava ai campi di concentramento di Auschwitz. Non sapevo esattamente quale emozioni avrei provato in quell'esperienza, ma ero a conoscenza perfettamente del mio scopo principale: vedere. Volevo vedere e conoscere più testimonianze possibili, volevo provare anche solo una millesima parte delle emozioni che avevano provato i deportati, volevo toccare con mano la crudeltà a cui può arrivare l'uomo. Ora però ho una domanda che mi sorge spontanea: mi basta aver visitato il campo per potere dare testimonianza dell'esistenza della shoah? La risposta è semplice: No. Vi sono persone, infatti, che sostengono fermamente che l'olocausto non sia mai esistito. Era stato già predetto, dal regista Alfred Hitchcock e da molti altri, che un giorno ci sarebbero state persone che avrebbero negato tutto, e così è stato. Per questo motivo alla apertura dei campi, dopo la liberazione russa, ripresero ogni minimo dettaglio. Si ripresero persino a vicenda, per dimostrare la veridicità di quegli accadimenti. Ma non è bastato. Oggi, infatti, i negazionisti infatti affermano che: non sia mai esistita la volontà da parte dei nazisti di sterminare gli ebrei, ma di rinchiuderli in campi di concentramento; non siano mai esistite camere a gas per uccidere gli ebrei; il numero degli ebrei morti durante la Seconda Guerra Mondiale sia inferiore a quanto si ritiene; e che la narrazione della Shoah sia un utile artificio pensato per giustificare la costituzione dello Stato di Israele nel dopoguerra, e giustificare i crimini commessi dagli eserciti e governi Alleati durante la seconda guerra mondiale. Queste persone trovano, oltretutto, moltissimo spazio nel web libero e, giustamente, incensurato.

Piccole riflessioni su un tema di cui si parla da troppo poco tempo

Numerosi sono i siti dove i negazionisti affermano le loro tesi, primo tra tutti il sito di Forza Nuova, partito di estrema destra italiana. Numerosi sono anche i politici, i professori, gli studenti, che in Italia e all’estero sostengono le tesi negazioniste. Primo fra tutti Paul Rassinier, capostipite dei negazionisti, politico socialista francese, ed ex partigiano antinazista. Ma il primo vero negazionista fu Maurice Bardeche, ex collaborazionista francese durante la guerra, ed amico di Rassinier. Non è il caso però di elencarli uno ad uno, ma va analizzata la causa di certi pensieri. Probabilmente il negazionismo nasce in difesa dei responsabili dell'olocausto, per alleviare le loro pene. Con il passare degli anni, però, questo fenomeno è diventato più forte, ed ha sempre più interessato i giovani. Con la scomparsa, infatti, della generazione testimone dello sterminio, i ricordi diventano sempre più sottili, sempre più lontani, e tendono a sfumare nel nulla. Inoltre in Germania la generazione della seconda guerra mondiale ha tenuto nascosto, per vergogna o per paura, questi avvenimenti, causando un oblio molto pericoloso. Come fare ora a fermare i negazionisti? Non possiamo. Essi esisteranno sempre, e non c'è metodo democratico per fermare una corrente di pensiero. L'unico modo, soggettivo, per aiutarci a non cadere in certi pensieri è informarci, viaggiare, visitare i campi, e così dimostrare le falsità insite nelle tesi negazioniste. E' nella natura dell'uomo, però, vedere i fatti in modo soggettivo. Non riusciamo mai a vedere la realtà oggettivamente, ma ognuno di noi vedrà sempre qualcosa di diverso. Per questo motivo per ogni evento storico nascono correnti diverse, alcune false, altre vere. Sta a noi, però, scegliere la strada giusta, e io spero vivamente di averla trovata.

to tanto dagli“accusatori”, esagerando e colpevolizzando, quanto dagli “accusati”, che tendono invece a minimizzare, a negare, quasi per giustificarsi, in un infinito conteggio dei morti. Un gioco in cui “neri” e “rossi” si rinfacciano vicendevolmente ogni sorta di nefandezza, come dei fanatici ultras. Dal tabù alla strumentalizzazione Un’altra cosa stupefacente è come il ricordo delle foibe sia stato semdi Daniele Vanni pre così pesantemente cavalcato dalla destra. Soprattutto da quella Il 4 febbraio si è svolta un’Assemblea d’Istituto dedicata al tema delle destra radicale che, essendosi sentita per anni parte in causa ogni volta foibe, in vista della “giornata del ricordo”, il 10 febbraio, nella quale che si parlava di crimini di stampo nazifascista, ha recentemente trovasono intervenuti due profughi istriani dopo la breve introduzione di to la propria rivincita nel citare le foibe in modo ridondante, talvolta addirittura come una sorta di due storici. E’ un tema, quello propaganda elettorale. Il tutto delle foibe, che ha ancora un coronato da una sinistra che odore fortissimo, conservato nel tace e si mostra schiva, imbaraztempo da decenni di silenzio, e zata, perché vittima del meccasul quale esistono ancora innunismo di cui prima. merevoli dubbi, controversie, Non ci si può nemmeno lamendifferenti testimonianze storiche tare troppo però. In fondo, la e atteggiamenti nei confronti colpa è anche nostra, di noi dell’argomento. Fin dalla settiitaliani tutti. Come ha detto uno mana precedente, sui social degli storici, è proprio l’aver network, proliferavano accesi considerato le foibe come una dibattiti che mettevano in evisorta di “tabù” per troppo temdenza un’informazione a dir poco approssimativa. Ora, non è mia intenzione esprimere sullo svolgimento dell’assemblea po, eludendo quindi una ricerca dei fatti più estesa e precisa al moné lodi sperticate né pesanti critiche (come quelle del prof. Giliani in un mento giusto, che ora ci rende tutti così vulnerabili ai dogmi e alla suo durissimo commento su Facebook), ma mi limito a riflettere e a far distorsione della realtà e ci impedisce di conoscere appieno la verità notare come la verità storica, nel caso delle foibe, sia stata costante- storica, che sembra ormai troppo complessa e lontana nel tempo. mente ingigantita, sminuita o, in qualche modo, violata. C’è chi parla di Le foibe sono il perfetto esempio di come sottovalutare il valore della migliaia di infoibati, chi di poche decine, chi parla di invenzioni e di memoria provochi danni irreparabili, portandoci troppo facilmente a macchinosi complotti. C’è persino chi inventa o esagera storie ed episo- dimenticare, o peggio, a ricordare male. Perciò è nostro dovere ricordadi, arrivando a sfiorare il ridicolo. E tutto ciò in nome di cosa? Dell’ap- re ogni cosa, senza compromessi edulcorati e mezzi termini. Per cui, partenenza politica. Tutti questi travisamenti, in realtà, sono dovuti al vorrei ricordare ai novelli storici di internet che chi si occupa di storia madornale errore che si fa nel confondere l’uomo con le ideologie. ha il compito di comprendere non solo senza giustificare (come ha Molti, infatti, hanno ancora l’inconscia e ottusa convinzione che li porta detto il prof. Bertucelli, uno storico di mestiere), ma anche senza ingia pensare che condividendo un’ideologia si condividano anche gli erro- gantire, negare, strumentalizzare o inventarsi alcunché. ri, le violenze e i delitti commessi in nome di essa, come in una sorta di assurdo “peccato originale”. Questo meccanismo malato viene utilizzailil Resto Resto del del Fantino Fantino 7

FOIBIZIONISMO


Agata Cesaretti Categoria NARRATIVA La prima volta lo vide solo di sfuggita. Era una giornata insolitamente bella per quel periodo dell’anno. Il sole era ancora pallido, era vero, e l’aria gelida mordeva ancora in profondità, ma il cielo di un blu cristallino e la luce che portava davano una qualità frizzante e una vitalità nuova a tutto ciò che toccavano. Uno di quei giorni in cui ogni passo sembra portare qualcosa di nuovo. O, almeno, era così che si sentiva l’uomo che procedeva a passo spedito sul marciapiede. Quell’atmosfera lo faceva sentire di nuovo bambino, di nuovo stupito di ogni colore su cui posava gli occhi. Azzurro... rosso... marrone… verde... tre tipidiversi di verde... nero... un rosso un po’ più stentato... Il suo passo rallentò bruscamente, fino a fermarsi. Si voltò. Si, non si era sbagliato, c’era anche un po’ di nero nel giardino della casa accanto. Una buca era stata scavata al centro dello spiazzo d’erba verde come quelladi un campo da golf. Anzi, forse "buca" non era abbastanza: quello era un signor buco, coi bordi quasi regolari, netto e preciso. Dal marciapiede non si scorgeva il fondo, solo la terra nera brillante delle pareti. Non vedeva il suo vicino da nessuna parte: probabilmente si stava riposando in casa. In effetti, l’inverno non era certo la stagione adatta per il giardinaggio. Forse voleva approfittare del bel tempo per trapiantare un alberello, ma un po’ di sole non sarebbe bastato ad ammorbidire la terra gelata. Il buco sembrava comunque profondo abbastanza, quindi il più era già stato fatto. Chiedendosi distrattamente che pianta avrebbe ospitato, l’uomo si avviò verso casa sua, a pochi metri di distanza. Non ripensò al buco per il resto della giornata, né per il giorno successivo. Ma tre giorni dopo era ancora lì. Era prima mattina, e stava cominciando il goffo rituale della toeletta mattutina, quando lo scorse dalla finestra. Restò con lo spazzolino sospeso a mezz’aria. Perché non era ancora stato riempito? Capiva una pausa da un lavoro del genere di qualche ora o anche di un giorno, ma due intere giornate? Ed il tempo era rimasto stabile durante tutto quel periodo: perché non approfittarne, dato che non era evidentemente destinato a durare? Le domande continuavano a rimbalzargli in testa, senza che riuscisse a trovar loro risposta o a capire perché questa fosse cosi importante. Non era che un dettaglio del paesaggio, in fin dei conti. Ma non smetteva di fissarlo. E più lo guardava, meno gli sembrava giusto. Forse era il modo in cui interrompeva bruscamente il tappeto verde intenso, come una macchia o una bruciatura di sigaretta, o forse era solo la sua natura di buco, di qualcosa di mancante, a turbarlo. Qualcosa di freddo e bagnato lo toccò sulla mano, facendolo trasalire. Il dentifricio stava colando dallo spazzolino sollevato. Mentre cercava di lavarne via ogni traccia, lo sguardo gli cadde sull’orologio da polso appoggiato sul mobile accanto al lavandino, e si bloccò di nuovo: segnava le 8.25. Ma aveva cominciato a lavarsi alle 8.10. Ne era sicuro. Ricordava benissimo di aver controllato l’orario. La sera prima era rimasto in piedi più a lungo del solito, e aveva paura di fare tardi quel giorno. Dov’erano finiti quei dieci minuti? Non poteva averli spesi tutti fissando fuori dalla finestra... giusto? Scosse un po’ la testa, come per dire "no" alla sua immagine riflessa nello specchio. Probabilmente era stato solo un colpo di sonno. Non gli succedeva spesso, anzi, non ricordava che gli fosse mai successo prima, ma era una spiegazione plausibile. Aveva già sprecato troppo tempo su quella stupida buchetta. E ne stava sprecando ancora! Era in un ritardo spaventoso! Imprecando a mezza voce si vestì in fretta e furia, lottando con i bottoni e con le sue dita che sembravano essersi trasformate tutte in pollici, fece una colazione ancora più veloce rischiando di ustionarsi malamente nel processo, e si fiondò in macchina. Non arrivò con il ritardo epocale che si era aspettato, ma fu abbastanza per incrinare il resto della giornata. Come se non bastasse, si sorprendeva a ripensare al buco ogni volta che la sua attenzione calava anche solo leggermente. Era sempre al bordo dei suoi pensieri, piccolo e fastidioso come un sasso in una scarpa. Si sentiva ridicolo a lasciarsi ossessionare in quel modo da qualcosa di tanto insignificante, ma non riusciva a liberarsene. D’altro canto, che avrebbe potuto fare? Andare a parlare col suo vicino? "Ehi, ciao, mi spiace disturbarti, ma la buca che hai scavato nel giardino mi sta facendo arrivare tardi al lavoro." Tornò a casa dopo quella che gli parve un’eternità. Mentre, distrutto, si toglieva la giacca, ripensò di nuovo a quella mattina. E gli tornò in mente un particolare. Andò subito alla finestra del salotto, da cui godeva di una visuale migliore sulla casa accanto. Viveva in un appartamento al secondo piano, eppure, come quel mattino dal bagno e come giorni prima dal marciapiede, non vedeva il fondo del buco, solo le pareti. E, man mano che la luce del solo andava affievolendosi, faceva sempre più fatica a distinguere anche quelle: non restava che una macchia di nero assoluto, totale, insondabile. Così profondo e vuoto che i bordi sembravano ondeggiare e tremolare, bramosi di divorare anche lo spazio circostante. Bé quella non poteva che essere un’illusione. Era stanco, era normale che gli occhi gli facessero qualche scherzo. Non c’era nulla di strano. Ma tirò le tende lo stesso. Il giorno dopo si alzò un po’ prima del solito. Si lavò e fece colazione senza aprire le finestre, affidandosi solamente alla luce elettrica. Andò alla macchina e guidò guardando dritto davanti a sé, concentrandosi sulla giornata che lo aspettava e sulla strada che ce lo avrebbe portato. Il lavoro passò piatto e indolore, scivolando attraverso le ore come un serpente impigrito dal freddo. Fuori, intanto, le giornate di sole erano finite, ed era scesa

Nero su bianco

una fine foschia, che si condensava in rari banchi simili a fasce di raso. Quando uscì dal lavoro la visibilità era ancora passabile, ma la temperatura era scesadi molto. Anche con il riscaldamento dell’auto acceso le dita restavano intirizzite a lungo. L’umidità l’aveva spinto a fiondarsi nel portone del suo palazzo, e si era quasi chiuso la porta di casa alle spalle, quando si ricordò di stare aspettando un documento piuttosto importante da alcuni giorni. Non poteva mancare ancora molto. Sbuffando e sfregandosi le dita ormai insensibili tornò sui suoi passi, fino a raggiungere le caselle postali del condominio, appese subito aldi fuori del portone principale. Non c’era posta per lui. Anzi, non c’era proprio posta: tutte le caselle erano vuote. Le passò in rassegna una per una, sbirciando nelle fessure, e in un paio di casi arrischiandosi a cercare anche con la punta delledita. Nulla, neanche pubblicità. Stringendosi nelle spalle, si girò per tornare dentro il più in fretta possibile. Con la coda dell’occhio notò uno strano addensamento di nebbia, più o meno nella zona della casa accanto, ma non si fermò per dare una seconda occhiata. Ne aveva avuto abbastanza, grazie tante. Era nel giardino del suo vicino. Non sentiva più né freddo né umidità: tutto ciò che gli importava era il buco. Era lì, davanti a lui, una scintillante macchia di nulla. Lasciò che i suoi piedi lo guidassero, lenti, come attraverso l’acqua, fino a raggiungere il buco. Sollevò il piede destro, intenzionato a coprirlo e cancellare quell’offesa, quel torto ai danni del mondo circostante; ma, quando calò la scarpa, incontrò una superficie invisibile, dura e tintinnante. Ci salì sopra con anche l’altro piede: era liscia come vetro, e lievemente convessa. Improvvisamente, il baratro sembrò spalancarsi sotto di lui. Cercò di scappare, mai suoi piedi non facevano presa, e cadde sulle ginocchia. Confuso e inorridito, vide i fili d’erba intrecciarsi in infiniti raggi che convergevano verso il buco, che si contraeva spasmodicamente: era al centro di un occhio immenso, con l’iride verde come il prato e una cornea gialla e malata. Tentò di mettersi in piedi e correre; voleva urlare, ma non riusciva a farlo, mentre denti grossi come lapidi spuntavano dall’iride stracciandone la trama ed il mondo intero si chiudeva su di lui con un angolo impossibile. Il vetro sottile si infranse sotto le sue dita, e precipitò nelle tenebre. Allora urlò, mentre veniva inghiottito da qualcosa per cui non riusciva neppure a trovare un nome. Urlò, senza neanche rendersi conto di essersi svegliato, sicuro com’era di trovarsi intrappolato nella mente della creatura. La sua voce si affievolì una volta che ebbe riconosciuto le ombre familiari della sua casa. Accese la luce con mani tremanti. Si toccò la fronte, trovandola appiccicosa di sudore: che razza di sogno. Un terrore come non ne provava dai tempi dell’infanzia. Sperava solo di non aver allarmato i vicini. Andò in bagno por lavarsi la faccia: sotto la luce impietosa il volto nello specchio sembrava quello di un estraneo, pallido e sconvolto com’era. Forse avrebbe dovuto consultare uno psicologo. Si dette una sciacquata veloce, ma nulla di più: non gli piaceva per niente il modo in cui lo scarico lo fissava. L’abbondante nevicata notturna aveva preso di sorpresa un po’ tutti. Anche chi si aspettava un peggioramento del clima non aveva certo previsto trenta centimetri tutti in una notte: figuriamoci lui, che aveva avuto ben altro per la testa. Dopo l’incubo non era più riuscito a chiudere occhio, se non per qualche minuto di fila, e si sentiva cosi stanco che non si sarebbe sorpreso scoprendosi trasparente. Inoltre non aveva montato le gomme da neve. Imprecando sommessamente andò in garage, senza troppa speranza di riuscire a ritrovare le catene, riposte un numero indefinito di anni prima. Frugò l’intera stanza da cima a fondo, tirando fuori e rimettendo a posto oggetti piccoli e grossi senza vederli veramente, mentre sentiva la tensione aumentare di minuto in minuto. Alla fine lasciò perdere, e uscì sbattendo la porta in un moto di frustrazione. Benissimo, che andassero tutti al diavolo: quel giorno non sarebbe andato al lavoro. Dopotutto una vacanza non poteva fargli che bene. Si rese improvvisamente conto che il suo cellulare stava squillando. Controllò il display: era la sua ragazza. -Ciao tesoro, stai bene? Sono giorni che non mi chiami, cominciavo a preoccuparmi!- Sentì una fitta di senso di colpa, ma in parte offuscata: davvero erano passati soltanto dei giorni? -Ah, scusami, scusami davvero. Ho avuto un paio di giornate un po’...- Un brivido di freddo interruppe la sua frase a metà: non si era accorto di essere uscito dal portone, eppure si trovava sul marciapiede. Il suo sguardo cadde immediatamente sul giardino. Tanto valeva risolvere la cosa una volta per tutte. -Tesoro? Ci sei? C’e qualche problema?- Cominciava a suonare davvero preoccupata. -No, nessun problema. Senti, c’é una cosa che devo fare adesso, mi potresti richiamare più tardi? Anzi, no, ti chiamo io: ti giuro che non sparirò di nuovo.- Una lieve risata dall’altra parte, con una puntadi sollievo. -Ok, ti credo. Non farmi aspettare troppo però. Baci...- Sussurrò l’ultima parola trasognato, mentre copriva velocemente la distanza che lo separava dalla casa accanto. Forse la neve l’aveva riempito: ne era caduta molta, era più che possibile. Gli sarebbe bastato vedere almeno una volta quello spazio di nuovo pieno, di nuovo completo, per sentirsi meglio. L’abbondante nevicata notturna aveva preso di sorpresa un po’ tutti. Anche chi si aspettava un peggioramento del clima non aveva certo previsto trenta centimetri tutti in una notte: figuriamoci lui, che aveva avuto ben altro per la testa. Dopo l’incubo non era più riuscito a chiudere occhio, se non per qualche minuto di fila, e si sentiva cosi stanco che non si sarebbe sorpreso scoprendosi trasparente. Inoltre non aveva montato le gomme da neve. Imprecando sommessamente andò in garage, senza troppa speranza di riuscire a ritrovare le catene, riposte un numero indefinito di anni prima. Frugò l’intera stanza da cima a fondo, tirando fuori e rimettendo a posto oggetti piccoli e grossi senza vederli veramente, mentre sentiva la tensione aumentare di minuto in minuto.


Alla fine lasciò perdere, e uscì sbattendo la porta in un moto di frustrazione. Benissimo, che andassero tutti al diavolo: quel giorno non sarebbe andato al lavoro. Dopotutto una vacanza non poteva fargli che bene. Si rese improvvisamente conto che il suo cellulare stava squillando. Controllò il display: era la sua ragazza. Ciao tesoro, stai bene? Sono giorni che non mi chiami, cominciavo a preoccuparmi!- Sentì una fitta di senso di colpa, ma in parte offuscata: davvero erano passati soltanto dei giorni? -Ah, scusami, scusami davvero. Ho avuto un paio di giornate un po’...- Un brivido di freddo interruppe la sua frase a metà: non si era accorto di essere uscito dal portone, eppure si trovava sul marciapiede. Il suo sguardo cadde immediatamente sul giardino. Tanto valeva risolvere la cosa una volta per tutte. Tesoro? Ci sei? C’e qualche problema?- Cominciava a suonare davvero preoccupata. -No, nessun problema. Senti, c’é una cosa che devo fare adesso, mi potresti richiamare più tardi? Anzi, no, ti chiamo io: ti giuro che non sparirò di nuovo.- Una lieve risata dall’altra parte, con una punta di sollievo. -Ok, ti credo. Non farmi aspettare troppo però. Baci...- Sussurrò l’ultima parola trasognato, mentre copriva velocemente la distanza che lo separava dalla casa accanto. Forse la neve l’aveva riempito: ne era caduta molta, era più che possibile. Gli sarebbe bastato vedere almeno una volta quello spazio di nuovo pieno, di nuovo completo, per sentirsi meglio. Invece, quello che vide gli fece montare dentro una rabbia incontrollabile ed insopprimibile: il manto di neve era levigato, candido e uniforme su tutto il prato, tranne che in corrispondenza del buco. Invecedi coprirlo, il bianco soffice si fermava proprio sui bordi, scendendo con una curva cosi liscia e regolareda sembrare di porcellana. Girò l’angolo a grandi passi per raggiungere il cancelletto. A questo punto non poteva che chiedere al suo vicino di riempirlo una volta per tutte, a costo di sembrare ridicolo o pazzo. Non gli importava neanche tanto poi della figura che avrebbe fatto: dopo l’incubo di quella notte non si sentiva proprio di sottovalutare il problema. Pigiò il bottone del citofono montato sul pilastro, cercando di prepararsi mentalmente qualcosa da dire. Avrebbe fatto meglio ad aggirare un po’ l’argomento all’inizio, e poi arrivarci per gradi. Avrebbe spiegato con calma il suo problema punto per punto, magari scherzandoci anche sopra. Sarebbe bastato anche solo coprirlo con un po’ di neve. Ma non riusciva ancora a trovare un buon metodo per attaccare il discorso, per quanto ci pensasse. .. Ed era da diversi minuti che ci rifletteva. Un po’ troppo tempo. Perché nessuno aveva ancora risposto? Suonò di nuovo, senza ottenere nulla. Forse non era in casa. Ma lui non poteva aspettare oltre. Si guardò intorno, per assicurarsi che non ci fosse nessuno: se qualcuno l’avesse visto scavalcare il basso muretto che cingeva il giardino avrebbe potuto pensare che fosse un ladro. Prima però provò ad aprire il cancello, più per scaramanzia che per una reale speranza. Era aperto. Lo mosse avanti e indietro un paio di volte, per assicurarsi di non esserselo immaginato, ma era aperto davvero. Entrò sentendosi un poco a disagio. C’era un silenzio sovrannaturale. Non era sgradevole, ma era assoluto, come se

attraversando il cancello fosse entrato in una tenda o qualcosa del genere. Mentre attraversava il giardino diretto sul retro, dove si trovava il suo obiettivo, notò anche che le sue erano le uniche impronte: il manto era perfettamente liscio, e non vedeva neppure tracce del passaggio di qualche uccellino. Tutto era immobile. Quando arrivò finalmente in vista del buco il suo cuore ebbe un tuffo. Gli sarebbe bastato coprirlo con un po’ di neve - anzi, un bel po’ di neve - per sentirsi meglio. Non sarebbe stato permanente, ma ci avrebbe messo comunque diverso tempo per sciogliersi. E lui avrebbe finalmente potuto riposarsi. Gli mancava solo qualcosa per spalarla. Guardandosi intorno vide una piccola pala appoggiata al muretto. La ripulì dalla neve: era congelata in un paio di punti e sembrava molto vecchia, ma sarebbe servita allo scopo. Stringendola tra le mani come un amuleto; si avviò a passi lenti. Aveva pensato che il silenzio fosse completo, ma si era sbagliato. Adesso poteva sentire una specie di basso mormorio indistinto, come il sussurro di una foresta, ai limiti della coscienza. Non sapeva cosa lo provocasse ma, dopotutto, non era importante. Era un suono ritmico, lento, quasi ipnotico: ascoltarlo lo faceva sentire calmo e rilassato. Tutta l’atmosfera di quel luogo era di una serenità ultraterrena. Perché avrebbe dovuto disturbarla? Avrebbe fatto ciò che doveva e se ne sarebbe andato in punta di piedi, sperando di non disturbare quel meraviglioso equilibrio. Forse però, pensò trasognato, mentre passava oltre il garage semiaperto senza vederlo, anche il buco faceva parte dell’insieme. Forse avrebbe dovuto accettarlo e basta. Ma non poteva. Che peccato. Non era poi cosi brutto. Il suo bordo era perfettamente circolare, coperto da piccole increspature, che si muovevano lentamente, come seguendo il ritmo di un respiro. O del suono delle foglie invisibili, non importava. I suoi pensieri erano come lente bolle che affioravano sulla superlicie della sua mente. Avrebbe potuto dare un’occhiata al fondo, prima di coprirlo. Non c’era alcuna fretta. La sua presa si allentò, e la pala scivolò per terra senza quasi far rumore. Sentì cadere qualcosa dalla tasca della giacca, ma non ci fece caso. Ormai era vicino, molto vicino. Vedeva la propria ombra attorcigliarsi attorno all’orlo cesellato, seguendone la curva, ma non era strano. Nulla era strano. I suoi piedi si muovevano da soli. Ormai lambivano l’oscurità. Il mondo si era ridotto a pochi metri candidi. Lui era al centro. E tuffò il suo sguardo dentro l’abisso. Il telefono abbandonato nella neve squillò a lungo, senza che nessuno vi prestasse attenzione. I pochi che riuscirono a sentire quel suono lontano pensarono di averlo immaginato, o non riuscirono a trovarne la fonte, e vi si disinteressarono. Nessuno si fermò. Alla fine tacque, come stremato dai propri sforzi, e si unì al coro del silenzio.

Vincitore della menzione speciale è il ra ccon to “Orfeo”, di Alessandro S oncini V B.

Categoria POESIA Ode alle vacanze estive Benedetto sia ‘l giorno quinto di giugno che della scola e di suo amaro stento cessò infine il tormento. Et benedetto sia ‘l dolce momento che come colombe di luce ammantate liberò dell’estate le dorate giornate da noi discepoli a lungo bramate. Et benedetta sia l’ultima v olta ch’io ebbi a varcar detes tata soglia e, tutta mia f orza chiamata a raccolta, sedere quieta, seppur di malavoglia. Et benedetto sia l’estivo tempo, ov’anima mia pros trata ritempro . e cullar mi lascio finalmente da dolce, dolcissimo far niente. Et benedetto sia ‘l profondo solliev o ch’io ebbi a udire campanella s onare a sacrosante vacanze annunziare...

Anna Laura Benatti — Dario Saltini

Vortice sull’uomo Gallerie che divorano auto e montagne Gomme sull’asfalto come in bocca Centrali elettriche abbandonate Soli troppo caldi per respirare Eterni rifiuti per le strade Come benzina nel mare Inquinato negli occhi Cieco sul suo futuro Pensando a sé, Nulla lascia, Se non Sé.


Categoria FUMETTO Lucia Gabbi

Dependence

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MAL D’Estro

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ilil Resto Resto del del Fantino Fantino

ANNO 5 NUM 2


ATTUALITÀ

FUMETTI E LETTERATURA Il giorno 18 gennaio nell’aula video del nos tro Liceo le classi III C e III Bs hanno incontrato il dottor Dante Colli, noto collezionista carpigiano di fumetti. Scopo dell’iniziativa era fornire agli studenti informazioni e stimoli utili a rappresentare un’ opera letteraria in forma di fumetto. In attesa di ammirare i prodotti degli studenti coinvolti, vi prop oniamo un’originale interpretazione del difficile rapporto tra Dante e Lucifero regalataci dalla nostra “disegnatrice capo” Lucia Gabbi.

Sfida accettata?

Giovani scrittori cercasi Concorso in crisi di Agata Cesaretti

Al momento in cui scrivo la premiazione del Mal D’Estro non è ancora avvenuta, per un motivo o per l’altro ma, se sarà simile a quella dell’anno scors o, posso più o meno prevedere come si svolgerà: una manciata di ragazzi sparsa goffamente nei posti a sedere, il Preside che si congratula coi partecipanti e si rammarica per il loro sca rso numero ed un buffet troppo abbondante per i presenti. Meglio per gli avidi di torta, peggio per chi, a questo con cors o, ci tiene. Il numero di concorrenti in gara sembra infatti calare – o non aumentare – ogni anno: questo non solo rischia di mettere in dis cussione la continuazione di questo progetto, ma finis ce anche col renderlo meno stimolante. Come può colui che vince contro altre dieci pers one essere s icuro di aver prodotto qualcosa con un’effettiva qualità e non aver vinto solo in relazione ai pochi rivali? Si fa presto ad incolpare la pigrizia dei ragazzi. Non leggono, non studiano, non hanno più rispetto, non ci sono più le mezze stagioni e via dicendo. Ma, per quanto sia vero che c’è una forte responsabilità indiviANNO 5 NUM 2

duale, sarebbe giusto chiedersi perché molti lascino passare l’occasione senza neanche voltarsi indietro. Alla fine, quelli che osano lanciarsi s ono soprattutto quelli già consapevoli delle proprie capacità, mentre chi si sente insicuro spesso non trova supporto e las cia perdere. E questo è veramente un peccato: noi siamo i critici più duri di noi stessi, e se più persone trovassero il coraggio di provare è probabile che otterrebbero risultati sorprendenti. Per capire se scrivere sia o meno nelle nostre corde l’unica cosa da fare è provarci. Ma quello che spesso viene a mancare è una buona occasione per farlo. Al liceo solo il primo anno è dedicato alle tecniche narrative, e non sempre basta per affinare le proprie capacità. Per quanto sia irrea le aspettars i un’improvvisa fioritura di giovani penne, iniziative come dei laboratori di s crittura potrebbero far s coprire una nuova passione ed un nuovo talento a chi non sospettava di averlo. Certo, quello che fa la differenza è la partecipazione; questo vuole essere un incitamento. Venite numerosi. C’è ancora quel maledetto buffet da finire.

ilil Resto Resto del del Fantino Fantino

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ATTUALITÀ

L’impossibilità di bagnarsi il dito di Claudio De Simone

“Nell'e -book io vorrei che si salvasse la possibilità di bagnarsi il dito, che è fondamentale, una soddisfazione orale che risale all'infanzia. Forse leggiamo libri perché non abbiamo più il ciuccio". Così Umberto Eco si esprime sulla sempre più discussa questione “Libro Vs. E-book”. Tutti, si spera, conoscono i libri, quelli fatti con la cart a. Ma cos’è un e-book? E ‘un libro in formato elettronico (o meglio digitale), consultabile su computer, su smartphone di ultima generazione, o su appositi lettori digitali, chiamati eBook readers. Questo strumento è indubbiamente pratico, leggero e poco ingombrante: può contenere l’intera libreria di casa nello spazio di pochi centimetri (se non millimetri). Spariscono però tutti gli aspetti sensoriali che caratterizzano i libri c artacei: acquistare un eBook e caricarlo sull’eReader toglie la possibilità di toccare una copertina, odorare il profumo della colla e dell’inchiostro fresco, ascoltare il fruscio delle pagine, viene meno l’orgoglio di possedere un misterioso cimelio che attraverso i secoli ha custodito un’infinità di storie. Gli eBook hanno bisogno di un supporto elettronico per poter essere letti, ciò significa avere a disposizione una fonte ad energia elettrica, cosa che non serve per leggere su carta. Come ci sentiremmo se durante il picco di massima suspense di una storia la batteria del nostro eReader si scaricasse? Si spezzerebbe così quella magia che s’istaura quando ci immergiamo nel mondo della lettura. Sui libri poi

si possono prendere appunti, scrivere note, sottolineare ed evidenziare parti del testo. Sui moderni eReader è contemplata questa possibilità, ma un’asettica sottolineatura elettronica non esprime le stesse sensazioni di una sottolineatura imperfetta magari perché in quell’istante la tua dolce metà ti ha baciato imprigion ando così quel momento nel tempo. Il mercato però conferma un aumento delle vendite degli e-book. Se oltreoceano servizi come Amazon vendono più e-book che libri cartacei, in Italia il mercato dei libri virtuali inizia a far sentire il suo peso. Ciò significa che le abitudini stanno cambiando: sempre più lettori si rivolgono al mondo elettronico. Il futuro stesso del libro sta cambiando. Per ora, senza farci impressionare da possibili scenari, il libro, in qualunque sua forma, rimane il miglior strumento ideato dall'uomo per contenere e tramandare la memoria della specie. Difficilmente quindi questo formato verrà surclassato. Un libro può durare secoli. E per saperlo si è dovuto aspettare secoli. Supporti elettronici di poche decine di anni fa, come ad esempio il floppy disc, sono già passati di moda poiché i moderni computer non sono più dotati di un ità ottiche per leggerli. E nessuno sa ancora per quanto tempo resisteranno i CD prima di smagnetizzarsi. Il giudizio sul destino dei libri sembra quindi dover essere rinviato. Ai posteri l’ardua sentenza.

Proprio come il programma di Rai 3

di Giulia Mantovani

PER UN PUGNO DI LIBRI Un gioco fra le classi

Avete presente il gioco a quiz di Rai 3 condotto da Neri Marcoré? Quello passione. che va in onda la domenica pomeriggio, proprio mentre quasi tutte le E’ orgoglioso del liceo? reti diffondono talk show oppure (scelta non casuale) le sintesi delle Molto. Vedere i ragazzi che si conquistano il merito e vederli fieri delle partite di calcio? Quello in cui i rappresentanti di due scuole superiori di loro capacità è sempre un piacere per me. Per me è molto importate che regioni diverse si sfidano in una gara di conoscenze e i premi sono costiloro qui si sentano a casa. tuiti da libri? Essere Preside: c’è qualcosa che le piace in modo particolare? Ebbene a qualche matto di insegnante è venuto in mente di proporlo Mi piace vedere l’incoraggiamento al dialogo che c’è da parte dei proanche a classi della nostra scuola; e a fessori nei confronti degli alunni. Quequalcun altro, più matto di lui, è venusta iniziativa lo conferma: non è soltanto in mente di partecipare. Per ora, un to una questione di voto. Fare il presianno pilota, a detta del comitato orde come lavoro è il grado massimo per ganizzatore stesso, la gara è stata una persona. Ed è un percorso che ti limitata a sole quattro quarte; sembra forma sia culturalmente che personalun gioco di parole, ma è vero. Al momente. mento di andare in stampa sono state disputate le semifinali, nelle quali Poi abbiamo rivolto domande anche hanno prevalso la IV Bs e la IV B, che si ad uno studente scelto a caso tra i sfidano nella gara conclusiva del 19 partecipanti della prima semifinale, maggio. Maria Pia (IV D). Il Comitato organizzatore (i professori Come vi siete organizzati per la gara? Meschiari, Valentini, Casarini F., CatelUn momento della gara Abbiamo fatto diverse simulazioni lani, Capolupo e Leoni) ha riproposto gli incontri, sulla falsariga della della gara che avremmo dovuto affrontare. Successivamente ci siamo trasmissione televisiva, adattandoli alla realtà e ai programmi scolastici divisi le parti del libro che dovevamo imparare e, infine, abbiamo pensadelle quarte liceali e ne sono uscite due sfide, per ora, tanto interessanti e to di indossare una maglietta personalizzata con una frase in rima, come stimolanti quanto divertenti. quelle che hai visto durante la gara. Opinioni personali sull’evento. Il Preside prof. Spaggiari, divertito e attento spettatore, ha risposto ad All’inizio come gioco andava abbastanza bene, nel senso che comunque alcune nostre domande. era una specie di gara “amichevole”. Verso la fine però, a mio parere, Come ha accolto questo evento? c’era troppa competizione per essere un evento con forte valenza didatL’ho accolto subito con entusiasmo e interesse. Mi piace vedere i ragazzi tica. avvicinarsi alla lettura, sia come attività sia come fonte di apprendimento. Se fossi stato un docente in questo preciso momento sarei stato in Infine una domanda anche al presentatore, prof. Meschiari. prima fila, là all’evento. Come le è sembrata la gara appena presentata? Che impressione le hanno dato le due classi? E’ stata davvero un’ottima esperienza. Mi ha fatto davvero piacere vedeLi ho visti motivati, e questo evento è stata un’ottima occasione per stire comunque degli studenti impegnarsi in una cosa che li accomuna molarli alla lettura. Il fatto che questa iniziativa si sia svolta oltre tutti quanti, oltre l’orario scolastico e all’interno dell’edificio. Mi sono 12 l’orario scolastico ha messo in risalto il loro interesse e la maggiore divertito molto.


Viaggio nel mondo delle amicizie virtuali

Taggami nel cuore Amici per la rete

di Albanita Cokaj

L’amicizia è un legame profondo basato su affinità di sentimenti, schiettezza e reciproca stima. Quando i nostri nonni ci raccontano della loro gioventù, s ono sempre soliti ricordare con nostalgia i loro vecchi amici, con i quali hanno condiviso dei momenti indimenticabili. Ma amano soprattutto ricordare che anche nelle situazioni più difficili i veri amici, gli amici per la pelle, sono stati presenti offrendo il proprio aiuto. Gli anni trascorrono e anche il rapporto tra le persone cambia: ormai gli amici per la pelle sono sempre più una “specie rara” e si è maggiormente predisposti a un’amicizia virtuale, in rete. I social network facilitano le amicizie perché dietro al monitor anche la persona più introversa abbandona la propria timidezza, infatti ci si sente più protetti e anche se si ha un pubblico più numeroso, si dicono cose che non si direbbero dal vivo. Le cifre di utenti iscritti a queste reti sono esorbitanti, solo su Facebook ve ne sono oltre 500 milioni. Ma quante vere amicizie si possono avere online? Ultimamente non sembra importante che le amicizie siano vere, ma che siano tante e infatti si diventa amici degli amici o anche di gente che non si sa nemmeno chi sia, perché sono “amicizie” effimere, poco più di un clic ogni tanto. Cicerone, nel De Amicitia, affermava “il pilastro di una granitica stabilità, quella che andiamo cercando nell’amicizia, è la fedeltà: non c’è infatti stabilità senza fedeltà”. Ma scoprire che, l’amico del cuore, di cui ti fidavi, e con cui condividevi il tuo tempo libero, non ti ha inserito nelle sua lista dei “contatti preferiti” su Facebook, provoca un’amara delusione. Ma allora se quelli che crediamo veri amici non lo s ono, possono diventarlo quei contatti

virtuali? Possiamo stabilire con questi un rapporto basato sulla fedeltà reciproca? I nuovi contatti facilitano sicuramente il rapporto con gli altri, a coloro che tendono a chiudersi nei legami familiari, e nulla impedisce a un legame debole di diventare forte. In realtà la dabbenaggine spesso regna sovrana in rete, nel senso che molti tendono a credere a tutto quello che viene spacciato per vero. A tal proposito il sociologo Josè Luis Munoz avverte: “anche nella vita reale diamo un’immagine migliore di noi stessi quando iniziamo una relazione” e perciò non dobbiamo stupirci se in rete si finge di essere quello che non si è. Insomma, se nella vita quotidiana indossiamo spesso delle maschere, come sagacemente aveva notato Pirandello, perché questo non dovrebbe accadere in rete? Forse per divertimento, forse per timidezza o forse anche per mancanza di autostima, spesso si preferisce fingere di essere quello che non si è con la convinzione di piacere di più agli altri. In opposizione a quelli che si nascondono dietro fittizie identità, ci sono quelli che la loro identità la ostentano. Persone che oltre a Facebook, sono iscritte a tanti altri social network, che riempiono di foto e commenti. Internet è come una medaglia a due facce: da una parte le persone timide che in rete si trovano a loro agio nel fare amicizia, dall’altra quelli “assetati di egocentrismo” all’ennesima potenza. Analizzare solo i due estremi del fenomeno “ amicizia in rete” è sicuramente errato, in quanto esiste comunque una buona parte di amicizie sincere che sono nate da un clic dopo l’altro. L’approccio degli adulti resta in generale scettico, spesso adottano diversi sistemi di difesa, dal “non me ne intendo” a “ in questo modo i raga zzi rimbecilliscono soltanto”. Questo accade perché molti adulti non hanno ancora realizzato che ormai internet e le nuove tecnologie sono al centro della comunicazione. Con un pizzico di nostalgia si può dire che le amicizie più gratificanti sono ancora quelle della vita reale e Facebook e altri social network possono sempre servire a rinforzare relazioni iniziate offline più che a fare nuove conoscenze. Dietro al monitor non si sa mai chi si nasconde ed anche se la persona più timida può avere più di 1000 amici, forse resta più gratificante avere anche un solo amico per la pelle con cui condividere, come facevano i nostri nonni, sia momenti belli sia quelli meno belli. L’amico vero è quello che non finge, come diceva Cicerone, o che non ha bisogno di farlo, ed è per questo che un vero amico non ha bisogno di inserirti in una lista dei “contatti preferiti” su Facebook, perché sei già nelle sua lista del cuore.

Viaggio nel mondo degli Skinheads

LOGIN Chi sono? Cosa fanno? Come comunicano?

ESCLUSIVA

by 00Fanti

Chi sono gli skinheads? Me lo sono sempre chiesta, ma non ho mai trovato una risposta soddisfacente. Sì, certo, tutti sanno che sono dei fanatici che inneggiano al nazismo, che sono creatori di disordine sociale (soprattutto negli stadi) e alquanto aggressivi; io ho v oluto indagare più a fondo, per scoprire il loro mondo. Come? Grazie a Netlog. Dopo essermi informata su internet o guardando film come “The Believer”, “Skinhead Attitude”, “This Is England”, “Romper Stomper” ecc. mi sono infiltrata in questo Social Network, Netlog, il più usato dai giovani prima di essere brutalmente rimpiazzato da Facebook, fingendomi una skinhead. In che modo? Ovviamente mettendo dati personali e foto profilo (trovata su Google) falsi per far credere agli altri che ero “vera” e non uno dei tanti fake che non hanno nemmeno l’immagine profilo. Sinceramente ero alquanto scettica sulla mia “impresa”: insomma chi di loro avrebbe parlato di argomenti così compromettenti su internet? A quanto pare mi sbagliavo. Infatti, dopo aver caricato sul profilo qualche foto “vintage” della seconda guerra mondiale e foto nostalgiche di SS, ho visto subito commenti alle foto, messaggi privati e addirittura richieste di amicizia. A mandarmi messaggi personali erano due tipi di Skinhead. Alcuni erano filonazisti, mentre altri sono i cosiddetti trojans, cioè anti-fascisti. A quanto pare questi in origine erano persone che avevano un modo di vestire tutto loro e ascoltavano diversi tipi di musica come ska, rocksteady, reggae e non erano in alcun modo collegati alla politica e tra loro non c’era distinzione di razze. Solo con la nascita del punk anche gli skinheads diventarono più “aggressivi” e cambiarono genere di musica in Oi! Si aprì letteralmente un nuovo mondo ai miei occhi! Iniziai ad ascoltare la loro musica Oi! e devo dire che il ritmo non mi dispiaceva per niente (anche se ho notato che molte canzoni sono cover ma con testo “alternativo”). Comunque, piano piano conquistai la fiducia di queste “teste rasate”. Molti mi invitavano a raduni che si fanno spesso a Roma, dove si ascolta “sana” musica Oi! live, si beve tanta, tantissima birra e si poga. Beh, fin qui non c’è niente di strano o pericoloso, anche perché i giovani skinheads non sembrano diversi dagli altri e anche le ragazze, a parte il taglio di capelli simile a quello dei maschi (rasato con la frangia sulla parte anteriore, lunghe ciocche nella parte posteriore ed ai lati), sono normali: vanno a scuola,

hanno il moroso (quasi sempre anch’egli skinhead) e sono dolci e romantiche. Ma non è proprio così. Un gior no uno skinhead con un messaggio privato mi chiese se mi andava di fare due chiacchiere con lui. Ovviamente io non rifiutai. Mi disse che era polacco e che si era trasferito in Italia da poco. Aggiunse anche, fiero, di appartenere all’organizzazione White Power polacca e che proprio per questo era dovuto scappare dal suo paese. Strano, e gli chiesi come mai. Beh, mi disse che se fosse rimasto ancora nel suo paese sarebbe andato in prigione per qualche decina di anni, perché aveva ucciso un immigrato. Quest’ultima frase mi fece rabbrividire abbastanza. Non mi ero resa conto fino a quel momento che stavo giocando col fuoco. Ci saranno anche skinheads “innocui”, ma la maggior parte non si limita a “concertini del sabato sera tra amici”; organizzano veri e propri allenamenti nei boschi con tanto di bersagli e una gran quantità di munizioni e coltelli. Come forma di propaganda caricano video su Youtube dove pestano o massacrano letteralmente di botte gli stranieri. Essendomi resa conto del pericolo che correvo, decisi di eliminare al più presto possibile il mio account falso e cancellare ogni traccia. Non volevo avere più niente a che fare con questo mondo violento. Qualche volta mi viene ancora voglia di tornare su Netlog e rifare tutto quanto per vedere se almeno qualcosa è cambiato, ma sono consapevole del fatto che sia un “mondo” rischios o e instabile, perciò preferisco emulare “le tre scimmie” e continuare la mia vita da adolescente “normale”.


ATTUALITÀ

Inchiesta sul nucleare in Giappone

Disastro annunciato

Wikileaks: il Giappone era a conoscenza dei rischi nucleari dal 2008 di Silvia Feninno e Veronica Carletti

Il terremoto causa 35.000 vittime e migliaia di dispersi. Le radiazioni hanno raggiunto il livello massimo che era stato assegnato in passato solo a Chernobyl. Stati Uniti, Obama afferma: più controlli nelle centrali nucleari americane. L'Italia blocca i cibi dal Giappone e si prepara alle votazioni di Giugno per il nucleare. TOKYO 11 Marzo. L'incubo è iniziato alle 14.46, ora locale: sembrava una delle tante scosse che spesso colpiscono la piana del Kanto, è diventata una catastrofe con un bilancio di circa 35.000 vittime. Il Giappone nordorientale è stato colpito da un terremoto di magnitudo 8.9 (scala Richter), mai registrata in un paese assai abituato a simili eventi. L'epicentro del sisma è stato individuato al largo delle acque del Pacifico di Miyagi, a circa 130 chilometri dalla costa e a 24.000 m di profondità. Il terremoto ha innescato una serie di tsunami, alti 10 metri, che si sono abbattuti sulla prefettura di Fukushima (almeno 2.500 case spazzate via) e Miyagi, dove la città capoluogo, Sendai, è stata devastata e 70/80.000 persone sono state evacuate. Sempre a Fukushima una diga ha ceduto e l'acqua ha cancellato la città di Sukagawa. Il fiume Natori si è gonfiato sino a sommergere case ed edifici, livellando ogni cosa al suo passaggio, ammassando barche, contenitori, veicoli e alberi. L’acqua ha raggiunto il primo piano dell'aerostazione, mettendo fuori uso l'aeroporto. Quattro treni sono spariti tra le onde, una nave con 100 persone inghiottita dai flutti. Sulla spiaggia di Sendai sono stati ritrovati un migliaio di cadaveri. Massima allerta per le centrali nucleari: erano 11 i reattori attivi al momento della prima grande scossa nelle prefetture di Miyagi, Ibaraki e Fukushima. In quest'ultima è tornato l'allarme per il malfunzionamento della centrale 1, dove la procedura automatica di raffreddamento dei reattori è stata interrotta a causa di un black-out elettrico. Il premier Naoto Kan ha dichiarato lo stato d'emergenza, mentre il Ministero della Difesa ha inviato 300 aerei e 40 navi nelle aree colpite dal sisma e dallo tsunami, più circa 8.000 uomini delle forze di autodifesa. Il neo ministro degli Esteri giapponese, Takeaki Matsumoto, ha dato disposizioni alla struttura diplomatica di accettare aiuti internazionali, che sono pervenuti da 38 nazioni. Il presidente Usa Barack Obama ha promesso pieno sostegno, inviando la portaerei Ronald Reagan. A Tokyo, distante meno di 500 chilometri dall'epicentro, milioni di persone, sconvolte per un evento straordinario, si sono riversate per strada a causa di una scossa che sembrava non avere mai fine. Sempre nella capitale, bloccati gli aeroporti di Narita e di Haneda. Treni e metropolitane hanno ripreso a funzionare la sera dell’11 marzo. L'antenna Tokyo Tower, il simbolo della capitale nipponica e della ricostruzione post-bellica, si è piegata a causa delle scosse, mentre ha retto la Tokyo Sky Tree, l'antenna tv ancora in costruzione alta più di 600 metri. La rete di telefonia cellulare è saltata: le comunicazioni sono proseguite grazie alle linee fisse e a Internet. Chiusa Disneyland, sulla baia di Tokyo, il cui parcheggio è stato sommerso da un'onda di quasi un metro e mezzo. Wikileaks fa uscire la notizia che in Giappone le centrali nucleari avrebbero provocato danni. Le centrali nucleari di Fukushima e tutti i loro addetti sapevano già che i reattori, stando alle medie dell’UE, non potevano essere più vecchi di 20/23 anni. I dubbi che insorgono sono i seguenti: perché dire che le centrali erano sicure quando si sapeva che potevano resistere ad un sisma non superiore al 6.4? E come mai le autorità locali non hanno messo in sicurezza i siti già dal 2008? Decisamente, prima di Fukushima dunque, un documento interno della Commissione europea faceva sapere che tutti gli impianti in funzione avrebbero raggiunto presto i loro limiti di vita, poiché l'età media di quelli europei è di 23 anni, contro i 20 anni degli impianti nel resto del mondo. Perciò il problema sta piuttosto nella prevenzione dei danni stessi. Le carte della Commissione Europea mostrano 4 centrali nucleari molto simili a Fukushima, in Europa. Queste sono le centrali nucleari costruite con una tecnologia simile a quella giapponese. Due in Spagna, due in Svizzera. La paura che sale in tutto il continente ha allertato tantis14

sime nazioni che lavorano con il "nucleare" come la Germania, che ha annunciato la chiusura provvisoria dei suoi 7 reattori più vecchi, costruiti prima del 1980. La Lituania ha bloccato il suo progetto per un nuovo reattore. E anche per questo Oettinger, commissario Europeo dell’energia, reduce da un vertice con i ministri europei, annuncia dei primi controlli quali test di resistenza, o «stress test» , che verranno condotti in 143 centrali per testare i limiti di sicurezza. Quando? Dopo giugno, entro dicembre. <<Chiederemo anche ad altri stati, come la Russia, di condurre specifici controlli>> sostiene Oettinger, che però fa capire come tutto ciò potrebbe non essere abbastanza. Lo fa usando una parola: apocalisse. Infatti in Giappone si parla di apocalisse, ed è un termine che definisce bene la situazione della centrale di Fukushima. Dopo la catastrofe giapponese la Ue deve pensare all' eventualità di una «opzione zero per il nucleare»: parole mai sentite prima d’ora. E c'è già scontro su questo argomento; anche in Italia lo stesso ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, sostiene "È inimmaginabile tornare indietro". Intanto, in Italia, il ministro della salute Ferruccio Fazio ha bloccato le importazioni dei cibi dal Giappone (pesce e verdure in particolare) dall' 11 marzo, giorno del terremoto. A Parigi percepiscono il rischio del disastro con crescente preoccupazione: per André Claude Lacoste, responsabile dell' Authority francese per la sicurezza nucleare, il nocciolo del reattore è scoperto perché la vasca di contenimento non è più sigillata e l' incidente, toccando il livello di gravità 7 su 7 nella scala internazionale dei disastri nucleari, è paragonabile solo a Chernobyl. Air France intensifica i voli per

Nelle vic inanze della centrale, ai confini della zona evacuata, gli abitanti vivono in un limbo: la paura è tanta, a l speranza di tornare presto alla normalità poca.

facilitare i rimpatri dal Giappone; e anche ai giornalisti dei media francesi e olandesi, inviati sul posto, è stato chiesto di rientrare in Europa. Un signore che di professione fa il contadino, che abita a circa 65 km da Fukushima, in teoria il posto è sicuro, in pratica i suoi nipoti non escono più a giocare in giardino, riferisce al New York Times: “anche se il governo dice che va tutto bene, nessuno di noi vuole rischiare di prendere radiazioni.” Il signore dice che dovrà distruggere la produzione di quest’anno perché non troverà compratori. Nessuno comprerebbe i prodotti agricoli di Fukushima. Le persone che abitano nelle immediate vicinanze della zona evacuata non sanno cosa fare. Si sentono sospese in un limbo, esposte a un livello di radiazioni al di sopra della norma, ma non così elevato da essere rischioso per la salute. O meglio, non abbastanza rischioso da generare allarme immediato. A lungo termine non si sa, anche perché gli esperti non sono in grado di fornire risposte certe sui danni che potranno causare le radiazioni. In realtà è difficile per gli esperti giapponesi stabilire in modo preciso quale sia una distanza dalla centrale che si possa definire “sicura”. Insomma, ci sono intere città che non sono state evacuate, ma che non possono essere ritenute a una distanza “di sicurezza” dal disastro.“Si tratta di una situazione senza precedenti, che non corrisponde a nessuno degli studi in nostro possesso” dice Shigenobu Nagataki, della Radiation Effects Research Foundation di Nagasaki, che studia le vittime delle bombe atomiche del 1945. “Ma le decisioni che vengono prese adesso avranno un grosso impatto nel Giappone del futuro.” In Italia aspettiamo le votazioni per il nucleare, ma ci sono già milioni di persone pronte a votare per il SI. ANNO 5 NUM 2


La famosa navetta spaziale si appresta al ritiro

Shuttle: vestigia di un’era Dopo varie proroghe il Programma Space Shuttle giunge alla sua conclusione

ATTUALITÀ

di Claudio De Simone

12 Aprile 1981,ore 12:00:03 UTC. Il Columbia si lascia alle spalle il suo- zioni dell’ISS saranno completamente affidati all’Agenzia Spaziale lo del Kennedy Space Center. Inizia l’era degli Space Shuttle. Da quel- della Federazione Russa (Roscosmos) e al veicolo spaziale Soyuz. La la data la NASA è diventata famosa per gli emozionanti countdown, NASA, per non rimanere tagliata fuori troppo a lungo, ha recentemenma ora ad essere oggetto di un conto alla te contrattato con la Roscosmos per il rovescia è l’intero Programma Space trasporto di astronauti da e verso l’ISS Shuttle, che dopo 50 anni è giunto alla fino al 2016. sua conclusione. Una conclusione che, Atmosfera del tutto diversa da quella più che voluta, è stata imposta. bollente della Guerra Fredda, in cui la Con all’attivo 134 voli e due velivoli diNASA, dopo il duro colpo della notizia strutti (Columbia e Challenger), i ruggenche la Russia era riuscita per la prima ti Discovery, Endeavour e Atlantis hanno volta nella storia a inviare un uomo nello tutt’altra voglia che andare in pensione. spazio, convogliò tutte le risorse nella A smorzare l’entusiasmo arriva la Vision progettazione dei razzi Saturno V e del for Space Exploration, emanata il 14 genmodulo lunare LEM riuscendo così a pornaio 2004 dal Presidente degli Stati Uniti tare l’uomo sulla Luna. Ora l’America si George W. Bush.: se da un lato si decide trova per la prima volta senza un valido di continuare l’esplorazione della Luna e programma di esplorazione spaziale e di iniziare quella di Marte, dall’altro si per “spartirsi le briciole” è costretta ad impone la dismissione degli Space “allearsi” con i russi, suoi nemici storici. L’Endeavour durante il la ncio del 16 Magg io. Shuttle entro la fine del 2010 (poi divenCiò nonostante, voci attendibili ricondutato 2011). La strategia però implicava lo sviluppo, a partire dal 2008, cibili alla CNN riferiscono che l'agenzia americana è già al lavoro per del Programma Constellation che prevedeva entro il 2015 la progetta- trovare il successore degli Shuttle. La possibile navetta, sviluppata zione e la costruzione di nuovi velivoli spaziali, chiamati Orion. dalla compagnia aerospaziale britannica Reaction Engines, si chiama Non era stato previsto però che, proprio nel 2008, una grande crisi Skylon. Totalmente riutilizzabile, è pensata per trasportare nello spazio economica avrebbe colpito l’intero mondo finanziario. Così, l’Ammi- passeggeri, apparati satellitari, apparecchiature scientifiche e rifornire nistrazione Obama ha deciso di cancellare Constellation, del costo di la Stazione Spaziale, ma anche per compiere future missioni sulla Lu230 miliardi di dollari (dei quali dieci già spesi). Gli obiettivi del ritorno na e su Marte. E anche in questo caso la voce “costi” si fa sentire: l’ESA, sulla Luna e la conquista di Marte dovr anno quindi attendere almeno Agenzia Spaziale Europea, ha finanziato il progetto con 1 milione di un altro decennio. Intanto, a causa dei tagli, le missioni STS-133 e STS- Euro ma solo per completare il prototipo saranno necessari 7,2 miliar134 sono state le ultime per il Discovery (le cui spoglie sono ora con- di di Euro. tese dei più famosi musei spaziali per cifre esorbitanti) e l’Endeavour Un duro colpo per il sogno marziano. Per chissà quanto tempo non ci (ora in missione per 16 giorni) mentre l’Atlantis si appresta a compie- resterà che guardare il cielo e immaginare l’uomo calpestare il vermire l’ultimo volo, l’STS-135, con lo scopo di ultimare la Stazione Spazia- glio suolo del lontano pianeta. le Internazionale (ISS). Dopo questo lancio, il rifornimento e le ripara-

Il Fato Sfatato

Snake Eyes Vivere senza Futuro di Michael Brandoli

N.d.R.: questo articolo per cause di forza maggiore non era stato inserito nel numero precedente. Ve lo proponiamo ora.

«O Fortuna, velut luna, statu varia bilis: semper cres cis aut de crescis; [...] Egestatem, potestatem dis solvit ut gla ciem»1 (Carl Orff, Carmina Bura na ). Gli uomi ni, da sempre, anelano al controllo. Es si vogliono domi nare la realtà, ne studiano i meccanismi per poterli piegare al proprio volere, copiano i prodi gi della natura, si i nge gna no per inve ntarne e s fruttarne altri. Eppure, la finite zza dell'uomo fa si che egli non comprenda mai la totalità di ciò che l o circonda. Questa vi sione for zatame nte miope restringe il suo campo d'azione, e lo c ond uce spess o ad esiti imprevedibili: azioni apparentemente uguali i n condi zioni apparenteme nte identiche porteranno ad esiti differenti. Gli uomini di ogni tempo e di ogni l uogo ha nno d ovut o fare i conti con q uesta misteri osa for za, la cui nat ura è stata pens ata e ridefinita attraverso le ere, ma a cui infi ne è stato dato il nome di fortuna. Di fortuna si è parlato q uest'anno al festivalfil osofia, te nut osi nelle piazze di Mode na, Carpi e Sass uolo tra il 1 7 ed il 2 0 settembre. Nella società c ontemporanea, che guarda al domani chiude ndo gli occhi sull' oggi, il tema della fortuna è sic uramente tra i più attuali. Oggi si cerca la fortuna i n ogni modo, la si studia, si cerca di prevederla, la si mette alla prova, se ne inv entano mille varianti allo scopo di potersi preparare ad ogni evenienza, la si lusi nga, la si teme. Quando ci favorisce la benediciamo e ci comportiamo come se essa dove sse e sserci s empre amica, quand o ci è avv ersa ci arrendiamo come se nulla pote ssim o fare per contrastarla. Migliaia di persone nel m ond o a ncora si affida no a vecchie supersti zioni – basti pensare al fatidico gatto ner o che attraversa la strada, al sale che si rovescia, ai cornetti portafortuna e infi nite altre – oppure si lascia guidare da predizioni effettuate da terzi, come oroscopi, pronostici di cartomanti e ciarlatani vari.

Ma la cosa c he ci spinge più di ogni altra a voler sondare la nostra fortuna è sicuramente la paura di ciò a cui andiamo incontro, e la speranza di poter agire i n mod o da evitare ogni ris chi o. Siamo letteralmente os ses sionati dal rischio. Abbiamo il rischio terrorismo, il rischio sismico, i rischio incidenti, i rapporti a rischio, il rischio di contagi o, il rischi o influe nza, il rischio di pioggia, qualcuno che rischia la galera, il rischio disoccupazi one... rischio, rischio, rischi o... E per difendersi da tutta questa rischiosità si ricorre a misure preventive di sicurezza, a si stemi incrociati di probabilità. Ci costruiam o i nfi niti futuri per preparaci all'imprevedibile e continuame nte rimaniamo spia zzati da ciò che non avevam o previsto. La strane zza, in t utto ciò, è che nel pr oteggerci dal rischio, che è un evento dannoso noto che potrebbe verificarsi, andiamo a creare dei pericoli, che sono invece eve nti dannosi di cui non conosciamo l'entità e che si verifica no s enza preavvis o. Per dife ndersi dal rischi o terrorismo, si fa nno delle guerre, che sono sicurame nte situa zi oni c he com portano pericoli e danni certi per molti individui. Per difendersi dal rischio incidenti si stip ulano a ssicurazio ni, che ha nno l'unico effetto di farci se ntire più tutelati, e quindi farci guidare con meno attenzi one, esponend oci a maggi ori pericoli. Il problema dei sistemi di sicurezza – ha nno s oste nut o i vari relatori – è che nel mom ent o in c ui io osserv o il futuro e faccio qualc osa per prepararmi ad esso, il fut uro è cambiato pro prio perché mi sono preparato ad accogli erlo. Questo fe nome no è più acce ntuat o tanto è maggi ore il numero di pers one che fa nno questa opera zione. Pe nsi amo alle c osiddette partenze intelligenti per evitare il traffico più intenso: esse sara nno tanto me no efficaci quante più persone si adopereranno per farle. Come si fa qui ndi a decidere come agire per infl ue nzare il proprio futur o, se il futur o stess o dipende da ciò che vie ne fatto? Mi concederete forse que sta citazione di non troppo el evata estrazi one ma di grande sagge zza: “Ieri è storia, doma ni è un mistero, ma og gi è un d ono... per q uesto si chia ma presente!” -Mae stro O ogway, K ung Fu Pa nd a 1« O Fortuna, variabile come le fasi della luna: cresci o decresci in ogni momento [...] e dissolvi miseria e potestà come fossero di ghiaccio»


DALLA MATITA ALL’INCHIOSTRO La vita del fumetto dalla sua nascita fino all’edicola di Mario Venturi

Tutti abbiamo preso almeno una volta in mano un fumetto, ma vi siete ma chiesti come venga creato e come faccia ad arrivare fino a noi? Ogni fumetto nasce, naturalmente, da un’idea. Una volta riusciti a catturarne una dall' “Iperuranio”, la prima cosa da fare è vincolarla alla realtà scrivendo appunti di ogni genere che la riguardano, in modo che non ritorni in quel mondo trascendente, senza lasciare traccia nella nostra memoria. Ora inizia il vero lavoro: il soggetto. Il soggetto è una sintesi della storia “smontata”, che offrirà uno sguardo privilegiato, come se osservassimo gli ingranaggi di un orologio. Infatti il soggetto, oltre a dare una forma alla nostra idea, mette a nudo tutte le relazioni fra i personaggi e le loro vere intenzioni. Per fare un Immagine dal manga Bakuman esempio, prendiamo una storia thriller: naturalmente l’identità dell’assassino o il classico pezzo mancante del puzzle tipico di questo genere non sarà svelato al lettore fino alla conclusione della storia. Nel soggetto invece, essendo una parte rilevante della storia, viene rivelato subito, in modo da dare subito l’immagine completa della trama. Nel passo successivo finalmente prenderemo in mano la matita! Infatti ora si procederà con la realizzazione del name. Il name consiste nello schizzo della storia già strutturata in vignette. Naturalmente questo è il passaggio che richiederà più tempo, perché infatti sarà come dover scegliere ogni singola angolazi one fotografica, che sarà fondamentale per rendere le varie azioni e mettere in equilibro anche oggetti estranei alla scene, come i balloon (le nuv olette). Una volta finito anche questo

di Daniele Vanni

passaggio si passa alla tavola vera e propria. Tenendo il name come brutta rifaremo ogni singola tavola, questa volta però molto più dettagliata e precisa. Infine si ripasserà tutto a china. Ed ecco fatto: un capolavoro di arte moderna appena sfornato! Ora entriamo nel mondo dei PRO (professionisti, persone che vivono s olo di ciò che guadagnano tramite la pubblicazione del fumetto) e osserviamo come funziona una casa editrice. Per far ciò, prenderò a modello due case editrici molto importanti e famose, ma altrettanto diverse tra loro: MARVEL e JUMP. La MARVEL è la casa editrice dei fumetti più famosi al mondo, quali Spiderman e Ironman. Fin dalla sua nascita i processi per la creazione di un fumetto sono divisi in tre parti: l’idea, il soggetto e la tavola finita. Infatti, se noi prendiamo il primo numero di Ironman, nella prima pagina in basso a sinistra troviamo la scritta:”Trama: Stan Lee, Storia: Larry Lieber, Disegni: Don Heck”. E ancora oggi funziona così, infatti un brain trust, chiamato “HOUSE OF IDEAS” (la casa delle idee) pensa ai filoni narrativi che dovranno percorrere i vari titoli; queste idee poi saranno assegnate a degli sceneggiatori, ed infine il tutto sarà trasformato in fumetto da un disegnatore. Diversamente accade in Oriente, dove si trova il tempio del manga: JUMP. Dopo aver prodotto con estrema cura quella che si potrebbe definire una storia molto buona, si contatta la sede centrale di JUMP a Tokyo e si fissa l’appuntamento con un editore (persona esperta nel campo dei manga, il cui ruolo è selezionare e aiutare gli autori). Una volta lì, l’editore valuta il lavoro. Se lo ritiene valido propone diverse alternative all’autore. O pubblica il lavoro all’interno di un contest (di solito mensile, all’interno della rivista Akamaru Jump) oppure, quando lo ritiene veramente molto buono, o quando l’autore è già affermato, lo sottopone direttamente al giudizio delle persone più importanti del settore editoriale. In quel contesto si decide la serializzazione settimanale della storia, all’interno delle riviste più importanti, come Shonen Jump (settimanale dove sono serializzati famosi manga come Dragon Ball e Naruto). Da notare questa grande differenza tra le due case editoriali per quanto riguarda l’idea: nel caso della MARVEL l’idea è un qualcosa che scende dall’alto, come una concessione divina che lo sceneggiatore e il disegnatore dovranno solo rielaborare; mentre in Oriente il tutto viene considerato un prodotto proprio del mangaka, che in questo m odo viene elevato ad artista, immagine molto più nobile dell’impiegato-macchina marveliano.

PESCE (DA RECORD) D’APRILE Intervista a Greg

Gregorio Paltrinieri (o più semplicemente “greg”, o uomo-pesce, come lo chiamiamo in classe), IIIA, studente e nuotatore agonista. Iniziato allo sport dal padre (coordinatore della piscina di Novellara), ha cominciato a praticare nuoto a livello agonistico all’età di 6 anni, e i risultati non si sono fatti aspettare: pluripremiato a livello provinciale e regionale, ha recentemente conseguito notevoli risultati anche a livello nazionale ed europeo, tra cui un record italiano fresco fresco, datato aprile 2011: 14’44” nei 1500 stile libero, battendo il precedente record di 15’20”. Innanzitutto complimenti vivissimi per i tuoi risultati… quanto ti alleni per poterli ottenere? Ogni giorno almeno 3 ore di nuoto, da oltre 10 anni… Dev’essere veramente molto dura. Almeno dal punto di vista di un comune mortale, che rischia l’enfisema dopo 6-7 vasche… Beh, come a ogni cosa ci si abitua: mi alleno da quando ero bambino, ormai è diventata la normalità, una sorta di routine quotidiana. Per fortuna… nonostante l’impegno assiduo, riesci comunque a mantenere la media del 7: anche questa è abitudine o studi sott’acqua? (Sorride) E’ molto impegnativo. In ogni caso, fortunatamente, dopo allenamento riesco quasi sempre a trovare quelle 2-3 orette per studiare almeno il minimo indispensabile, anche se ogni tanto mi capita di andare a letto tardino o dovermi svegliare la mattina presto per studiare. Ma non credo di essere l’unico. Capisco. Mi sfugge una cosa, tuttavia: perché hai scelto di frequentare il Liceo Scientifico se, da come si intuisce, non intendi frequentare l’università? In effetti, l’università non è nei miei progetti attuali. Il punto è che, quando ho dovuto scegliere la scuola superiore che avrei frequentato, non sapevo quali sarebbero stati gli sviluppi della mia attività sportiva, quindi ho preferito tenere aperta ogni possibilità… in ogni caso non sono anni sprecati: sarei più che soddisfatto di intraprendere una carriera sportiva con un diploma di liceo in tasca. Uno sforzo apprezzabile, visto il livello culturale medio che traspare da certi ambienti sportivi. Insomma, finora te la sei cavata senza sacrificare quasi nulla. Pensi che prima o poi sarai costretto a compiere delle

scelte? Hai in serbo particolari progetti (anche olimpici) o sogni (realizzabili) per il futuro? Si, penso di partecipare alle prossime gare nazionali e nei mondiali giovanili under 21. Poi chissà, magari anche oltre… Mi è anche stato proposto di andarmi ad allenare a Verona con la nazionale, entrando in una sorta di organo militare statale che comporterebbe anche uno stipendio. La proposta era valida già per il prossimo anno, ma dovrei traslocare, cambiare scuola, etc… Comprensibile… nonostante tutto, non Gregorio Paltrinieri in piscina hai il “fisico” da nuotatore dell’immaginario comune: spalle nella norma, caviglie sottili, magro come un chiodo… essere così slanciato ti aiuta? Certamente. Funziona un po’ come per la corsa: chi fa i 100 metri è muscoloso, chi fa la maratona è magrolino. Io mi alleno per gare di resistenza, che comportano una lunga durata per cui, per me, contano l’idrodinamicità e il fiato più che la potenza muscolare in sé. La tua alimentazione è particolarmente abbondante? Non troppo, però è molto ricca di proteine. Per il resto cerco di mangiare il più possibile a colazione, visto che devo entrare in acqua poco dopo aver pranzato. C’è anche il fatto che, generalmente, la carriera di un nuotatore agonista finisce intorno ai 30-35 anni, per cui cerco di non sbilanciare troppo il mio metabolismo, per quanto possibile. Hai qualche figura a cui ti ispiri o semplicemente insegui te stesso? Sono sempre stato ispirato da Ian Thorpe, questo nuotatore australiano che a 15 anni era già più che un fenomeno… Alla mia età aveva già collezionato vittorie internazionali di ogni genere. Beh dai, più o meno ormai ci siamo… ancora complimenti, e grazie dell’intervista. ANNO 5 NUM 2 Grazie a voi.


di Vittorio Rambaran Dhansaw

Intervista a Giacomo Bonfà

DIFFICILE DA SOSTITUIRE Dopo anni di servizio al giornalino, il nostro impaginatore per ma allo stesso tempo dilettev ole! Sì, mi è capitato, e non poche eccellenza (e molto altro), Gia como Bonfà, detto Bonfa, viene volte, di dormire due o tre ore a notte perché dovevo completare il giornalino, ma la gioia di vederlo finito e nelle mani dei “licenziato” per passare all'Università. lettori nei giorni successivi ripagava qualsiasi sforzo! Inoltre ho Vi proponiamo la sua intervista. sempre apprezzato la responsabilità e il privilegio, forse non Cosa ti ha spinto ad entrare a far parte del giornalino della meritato, di impaginatore. L’organizzazione è essenzia le per scuola e da quanto tempo partecipi? Ricordo ancora la mia prima volta in redazione… terza superio- svolgere questo compito, s oprattutto per farv i combacia re altri re: il mio amico e rappresentante torna in classe dopo la appuntamenti e lo studio. Penso di non averne risentito sul “solita” riunione con gli RdI (Rappresentanti di Istituto) e ci profitto scolastico, anzi, probabilmente proprio la necessità di elenca velocemente le attività del C.I.C. Terza superiore signifi- essere organizzati mi ha permess o di trarne un vantaggio! ca cominciare ad accumulare crediti e nessuna delle attività Ti sono mai capitati articoli difficili da impaginare per la loro proposte mi entusiasmavano, sinceramente, ma una attirò la lunghezza? mia attenzione: Giornalino di Istituto, AAA cercasi informatico Tutti gli articoli hanno la loro difficoltà nell’essere impaginati; infatti penso proprio che almeno una volper l’impaginazione. Presentarsi alla riuniota dovremmo s cambiarci i ruoli: è questione il tal giorno, alle 14.30 in aula 39. “Fa per ne di approccio mentale. I giornalisti me”, mi dissi. Carico come al primo colloquando scrivono, giustamente, non penquio di lav oro, mi preparo, con tanto di sano a essere sintetici, tematici e ordinati, notebook, per cercare di “ottenere il podi solito. Mentre gli impaginatori appena sto”… non ebbi molti rivali onestamente, leggono il titolo di un articolo pensano: anzi… Si parla del “lontano” 2007, però “Ci starà in mezza pagina? In che rubrica ricordo chiaramente che alla prima riuniopossiamo inserirlo? E le immagini?” Ovviane la prof.ssa Carnelli spiegò a tutte le mamente questo quadro è da ascrivere ad un tricole del giornalino quali erano gli s copi, contesto amatoriale e non professionale l’organizzazione e le aspettative da parte come quello del nostro giornalino. della redazione. Quell’anno arrivò pure la Però, è anche vero che certi articoli hanno prof.ssa Viola… Ma il bello doveva ancora messo a durissima prova il gioco degli invenire! Felicissimo di iniziare a collaborare castri. Se avessero operato delle intercetcon quella che sarebbe diventata una caUn perplesso Bonfa dura nte l’autogest ione tazioni telefoniche tra me e il prof. Marsilli, rissima a mica, Valentina Scaltriti, mi presento alle success ive riunioni e con osco lui, il prof. Marsilli! È gli anni che furon o, avrebbero sentito cose come: “Ma allora stato un colp o di fulmine! Quindi, per rispondere forse in ma- questo non ci sta in pagina 12, lo spostiamo in 8 e quello di niera più chiara alla domanda, è stato il semplice ma efficace pagina 9 lo allunghiamo fino a lla 10… Immagine troppo scura, invito della redazione a spronarmi a partecipare e sono con- meglio cambiare colore del carattere… Top o Gigio come altertento di avervi rispos to. Quel p omeriggio, della prima riunione, nativa meglio di no, cambiamo…”. non potevo immaginare quale bellissima esperienza, sotto Cosa hai tratto da questa esperienza al giornalino? Hai qualche insegnamento da darci? tutti gli aspetti (umano e lavora tivo), avrei intrapreso. Quanti articoli hai dovuto impaginare, all'i ncirca, in questo Mi fate sentire molto vecchio con questa domanda… avete presente Jumanji? Quando tirate i dadi, orma i siete nel gioco! lasso di tempo? Dunque, vediamo di fare un rapido calcolo. La media delle pa- Non si può ripassare dal via e scappare, dovete finire la partita! gine di un numero del giornalino è 16, il che significa almeno Ecco, il giornalino è così: nel momento in cui varcate la soglia 10 pagine in cui compaiono 2 articoli cadauna e le restanti per della 39 per la prima volta, siete immediatamente parte dei editoria le e rubriche varie: diciamo 25 a rticoli di media e max giochi. Vi coinvolgerà emotivamente e scolasticamente. Farete 30. Nel 2007 abbiamo s tampato 3 numeri, nel 2008 4 e nel parte di una redazione, comp osta di persone con realtà fami2009 5 se contia mo anche quello speciale. 12 numeri con una liari e personali totalmente diverse tra loro, ma è proprio quemedia di 25 articoli fa 300… non ci avevo mai pensato! Beh, sta la sua f orza! Passerete dei pomeriggi coi vos tri amici e comunque considerate che i primi anni ho collaborato con “colleghi”, discuterete, riderete e cercherete di fare la v ostra parte, mettendo in campo le vos tre abilità. Probabilmente miValentina quindi non sono stati tutti impaginati da me. Mi ricordo di quando dicevi che una volta avevi fatto le ore gliorerete pure nei temi di italiano… per le versioni non garanpiccole proprio per l'i mpaginazione di un numero de “il Resto tiamo! Io ho tirato i dadi e ho giocato la mia partita e sono moldel Fantino”. Come ha influito la tua partecipazione al gior- to contento di averlo fatto. Ringrazio tantissimo ogni nalino, in particolare nel ruolo di impaginatore, sulla scuola “giocatore” che è stato con me, inclusi gli arbitri, in particolare loro, i proff. Apparuti, Carnelli, Marsilli e Viola. I momenti di (e sulla tua vita)? Come nella maggior parte delle attività extrascolastiche, biso- tensione non sono mancati e nemmeno quelli di fes ta, ma, gna manifestare equilibrio. Probabilmente il mio sbaglio era purtroppo, come in tutte le cose, il fischio di fine partita è arriconcentrare l’impaginazione negli ultimi giorni, se non proprio vato e ora tocca a voi! Buon gioco ragazzi!! nell’ultimo, prima di spedire alla tipografia il numero. Questo significava stare diverse ore lottando con lettere e trasparenze Grazie per il tempo che ci hai dedica to e spero che continuerai di immagini per far “incastrare” tutto quanto, ma onestamente ad aiutarci in caso di bisogno: “in Bonfa we trust!” non toglieva tanto tempo da quello che avrei comunque dedicato al computer… Tutti sappiamo quanto ilil Resto Resto del del Fantino Fantino 17 ANNO 5 NUM 2 faccia piacere sv olgere una attività utile,


RECENSIONI

L’ultimo film di Eastwood si muove in un campo inaspettato

Hereafter: uno sguardo sull’Oltre

Uno sguardo su “Il Discorso del Re” di Federico Artioli

Sopravvivere al lutto di Agata Cesaretti

Il misticismo e lo spiritualismo sono dei veri e propri campi minati per un cineaCAST sta: chi gira il film rischia di risultare amMatt Damon Cècile de France polloso o di fare uno scivolone nel ridicolo, e spesso chi lo vede trova irritanti Bryce Dallas HoLyndsey Marshal trame e personaggi che sembrano consiward derarsi gli unici detentori della Verità di Richard Kind Jay Mohr turno. Perciò, la notizia che il nuovo lavoJenifer Lewis ro di Clint Eastwood avrebbe avuto come Marthe Keller tema l’Aldilà ha lasciato il pubblico lieveDerek Jacobi mente preoccupato: un tale argomento Steve Schirripa avrebbe affossato un regista non certo GENERE Drammatico noto per la propria esperienza nel genere sovrannaturale? Ebbene, non solo lo Straniero Senza Nome non inciampa durante il percorso, ma, evitando gli ostacoli e le trappole dell’argomento, ci dona un film memorabile, capace di essere toccante senza risultare pesante o melodrammatico. La trama segue la storia di tre persone: una donna francese (Cécile De France), un ragazzino ingles e (Frankie McLaren/George McLaren) ed un giovane americano (Matt Damon). Le loro vite scorrono separatamente l’una dall’altra, accomunate soltanto dall’esperienza della perdita, che ognuno ha vissuto da un angolo diverso: Marie è una giornalista scampata alla morte durante lo tsunami in Thailandia, Marcus deve venire a patti con la scomparsa del fratello gemello Jason, mentre George è un ex-medium. Fra i tre personaggi, interpretati con grande credibilità, colpisce probabilmente di più proprio quest’ultimo: il George Lonega n di Damon è quanto di più lontano dallo stereotipo del sensitivo. E’ una persona concreta, un operaio che ama Dickens e la cucina, che si è ritrovato per caso ad avere un dono straordinario ed incredibilmente pesante. Un dono che si trasforma in un ostacolo terribile per i rapporti col mondo: quanto a lungo potrai frequentare una persona prima che questa scopra chi sei? La regia è solida come ci si può aspettare da un film di Eastwood. Tranne che nelle prime scene, di una forza travolgente, specie al cinema, il ritmo procede a passo d’uomo, seguendo i protagonisti lungo le loro strade finché queste non convergono nel finale. In effetti, per essere un film che porta nel titolo la parola “Aldilà”, dedica ai personaggi molto più tempo rispetto all’elemento sovrannaturale. Ma questo non vuol dire che quest’ultimo sia trascurato. L’Oltretomba presentato in “Hereafter” è etereo, luminoso, e risulta quasi “naturale” nella sua semplicità laica, spoglia di ogni riferimento religioso. E’ una visione che accompagna il viaggio di ritorno dal cinema, che spinge a riflettere anche nei giorni successivi, non tanto sulla morte, quanto sul rapporto che abbiamo con essa. Forse questo è il modo migliore per descrivere “Hereafter”: non è un film sui morti, ma La locandina di Hereafter sui sopravvissuti. REGIA

Clint Eastwood

il Resto del del

trattando una tematica del tutto inusuale.

GENERE

Storico, Drammatico

ANNO 5 - Anno scolastico 2010/2011 Coordinatore responsabile: prof. Gian Michele Spaggiari

Fantino

Vice-coordinatori: prof.ssa Carnelli Chiara

P e r io d i c o d e l L i c e o S c ie n t i fi c o M . F an t i

prof.ssa Viola Letizia

prof. Marsilli Stefano

per informazioni, idee, consigli, richieste di pubblicazione e qualunque altra cosa vogliate dirci: giornalino

@

liceofanti.it

18

“Il discorso del re” (The King's Speech) è un film del 2010 diretto dall’acclamato regista Tom Hooper. L’opera è uscita nelle sale cinematografiche italiane il 28 gennaio 201 1, due mesi in ritardo rispetto all’uscita americana ed europea. Il film è stato candidato a 12 nomination agli Accademy Awards (Oscar), tra cui miglior film, regia e attore protagonista, e vanta già il premio di miglior film al “Toronto International Film Festival” e un Golden Globe. Il film tratta la vera storia del principe Albert, re Giorgio VI, ambientata negli anni ‘30. La trama è incentrata sui problemi di balbuzie del re. Morto il padre Giorgio V, dopo la scandalosa abdicazione al La locandina de Il discorso del re trono di Eduardo VIII, fratello del principe, Albert viene improvvisamente incoronato Re Giorgio VI d’Inghilterra. Egli non si sente all’altezza dell’incarico, poiché il ruolo del re all’epoca non era più soltanto di semplice rappresentanza istituzionale, ma doveva servire a rassicurare il popolo soprattutto in periodo di guerra attraverso discorsi in pubblico o tramite la radio. Per affrontare questo problema, il re si avvale dell’aiuto di un logopedista australiano, Lionel Logue, con cui stringerà un singolare e profondo rapporto. La regia di Tom Hooper cerca di tirare fuori il massimo dagli attori e ci riesce in modo eccellente. Giorgio VI è interpretato da Colin Firth, che per questa parte ha ricevuto una nomina agli Oscar come miglior attore (del tutto meritata): si è calato in modo impeccabile nel personaggio e attraverso le sue espressioni riesce a trasmettere più di quanto ci si possa aspettare e a coinvolgere in modo emotivo lo spettatore. Il premio Oscar Geoffrey Rush nel ruolo del logopedista è ottimo e crea insieme al protagonista dei sublimi scambi di battuREGIA Tom Hooper te. Il film scorre abbastanza bene tranne in alcuni tratti leggermente CAST appesantiti dall’introduzione di Colin Firth Geoffrey Rush documenti storici, ed è caratterizzato da alcune scene di sottile huHelena Carter Guy Pearce mour tipicamente inglese. Il film merita in modo assoluto tutte le 12 Timothy Spall Derek Jacobi candidature ricevute e non s olo; meriterebbe di vincerne almeno la Jennifer Ehle Claire Bloom metà anche solo per essere riuscito Eve Best Michael Gambon a conquistare il pubblico seppur

ilil Resto Resto del del Fantino Fantino

Redazione Agata Cesaretti Andrea Bellentani Claudio De Simone Mario Venturi Michael Brandoli Giulia Goldoni

5A 5D 5D 5D 5D 5D

Rossella Zamboni Albanita Cokaj Simone Ruocco Lucia Gabbi Veronica Carletti Silvia Fennino Martina Corrozzatto Sirena Toksoy

4A 4D 4D 4D 4As 4As 4Bs 4Bs

Federico Artioli Daniele Vanni Vittorio

4Es

Riccardo Galeotti Arianna Righi Giorgio Bozzini Giulia Palmieri Giulia Mantovani

3Cs

Rambaran Dhan saw

3A 3Cs

2A 2A 1ASU 2HS

ANNO 5 NUM 1


Volano!

SP OR T

Tutti i partecipanti nelle categorie allievi/e e Juniores M/F: Squadra allievi/e, classificatasi seconda, insieme ad un allegro prof. Camurri Tommaso 3°A, Boselli Rocco 4°A, Crema Federica 3°A, Barbieri Serafini: Crema Federica 3°A, Losi Martina 3°A, Camurri Tommaso 3°A, Valentina 4°A, Maccari Simone 4°A, Martinelli Martinelli Alessandro 2°Ds. Alessandro 2°Ds, Rullino Carmela 4°A, Losi Martina 3°A.

Bella prova dei ragazzi del Fanti che portano a casa tre titoli al campionato regionale di Badminton, svoltosi il 2 Maggio 2011 a Viserba, in provincia di Rimini.

Le ricette di nonna Giulia

Benvenuti nella mia cucina! Di Giulia Palmieri

In estate, di solito, si mangiano sempre gelati ma non si può rinunciare ad una buona torta fatta in casa, perfetta da gustare a colazione oppure a merenda. Ed ecco qui due dolci facili e veloci con cui fare bella figura senza sforzarsi troppo. Torta con pesche e albicocche (dosi per 4 persone; tempo 45 minuti) Ingredienti: • 300 gr di farina 00 • 150 gr di zucchero • 3 uova • 1 cucchiaio di olio di semi • 1 vasetto di yogurt • 100 ml di latte • 2 pesche • 4 albicocche • 1 bustina di lievito Preparazione Prendete una ciotola e mettete zucchero e uova e mescolate bene, aggiungete il latte e la farina e poi unite lo yogurt e aggiungete l'olio e il lievito, mescolate bene e poi aggiungete le pesche e le albicocche a fettine sottili. Prendete una teglia, imburratela e infarinatela bene e poi versate dentro il composto, livellate la superficie e cuocete in forno caldo a 180°C per 30 minuti. Siamo in pieno periodo di fragole, e allora oltre che mangiarle al naturale, perché non usarle per fare dolci e altri stuzzichini sfiziosi? Dolce di fragole e panna Dolce veloce e facile da fare. per 4 persone: • 800 g. di fragole • 200 g. di zucchero a velo • 1 bustina di vanillina • 2 bicchieri di panna montata • il succo di mezzo limone • zucchero quanto basta Pulisci le fragole e lavale bene in acqua corrente. Mettine da parte qualcuna per fare la decorazione. Asciugale tamponandole con carta da cucina e frullale con lo zucchero, la vanillina e il limone. Devi ottenere una crema. Unisci alla crema la panna montata e metti il tutto in frigorifero per circa 15 minuti. Leva la crema dal frigo e sbattila energicamente con una frusta per farla diven-

Boselli Rocco, primo classificato, e Barbieri Valentina, seconda classificata. tare spumosa. Versa la crema in stampini singoli e conservali in freezer per almeno 2 ore. Al momento di servire, rovescia gli stampini sui piatti e decora con le fragole intere o tagliate a spicchi dove potrai distribuire un po’ di zucchero. Torta di mele: American Pie La torta di mele (apple pie), dolce di origine inglese, divenne, con lo sbarco nel Nuovo Mondo, un piatto tipico della zona del New England e ottenne un tale successo in tutti gli States da essere oggi considerato un vero e proprio dolce nazionale. minima difficoltà PREPARAZIONE:30 minuti COTTURA:40 minuti PREPARAZIONE Lavate le mele, sbucciatele, tagliatele a spicchi e privatele del torsolo; riducete la polpa a cubetti che riunirete in una terrina insieme con la buccia di limone grattugiata, lo zucchero, la farina, un cucchiaino di cannella e un pizzico di noce moscata grattugiata. Mescolate per fare insaporire e tenete da parte. Imburrate e infarinate uno stampo per crostata di 20 cm di diametro. Stendete la pasta brisée in due dischi, uno dei quali leggermente più grande dell’altro, e con il primo foderate lo stampo. Distribuite sopra le mele. Chiudete la torta con il secondo disco, pizzicando i bordi per sigillarli. Cuocete in forno preriscaldato a 200 °C per circa 40 minuti, quindi sformate sul piatto da portata e lasciate intiepidire. Affettate la torta, distribuitela nei piattini individuali e accompagnate ciascuna porzione con due palline di gelato alla vaniglia spolverizzate con la restante cannella.


Come eravamo??? Ebbene sì, anche i professori hanno una gioventù e, come tutti gli altri, eccoli con qualche ruga e qualche anno di meno!

a. Sop hie Marceau b. Tamara de Lem pick a c. San dra Bullock

b . Gi an ni M

d e de L a. Gertru ette b . Bern ad y rr e P c. Katy

IPSE DIXIT

ey v a

a. H oran d aley i in v a can za J oel Osmen a Mo t ngh c. H a id oro n Solo

Le soluzioni del num precedente! (da sinistra a destra)

Ru b b ia n i: “ sto p rob Cosa ci lascia q u le ma, o eltre al lo re?” s tu p o-

e, lei res id a p r o Sign i p rim r oli: “ isia c o d i m r Ma d ion ppo è tro a !” in matt

Agide Bassoli Maura Bergonzoni Rossana Cesaretti

Ru b b ian i (en trand o e u sce fretta d al n do in l’au la): “ Es isto!”

dre si dice a se per il pa m , rof “P e): nt , p er il n on no Cecilia (stu de ad re materna m la r pe a, fig ura p atern N on nern a?” come s i dice?

m olt li ce è a s l i rch é zza ” d i: “ Pe r a c si sp e i n o n Ma n le e h ev o p ieg

Ca botta re pe r cas o! di Cristina Re gg

ia ni Quando frequentavo il liceo, n ei primi anni Ottanta, gli stude nti facevano molti più scio peri di quelli che fanno adesso. Si facevano assemblee con gli studenti dell'I TI e del Meucci, manifestazio ni in piazza e a volte si andava anche a Modena. Altre vo lte però capitava che ci fosse il cartello 'scio pero per...' senza alcun altra iniziativa e un folto numero di studenti no n entrava. Di solito in questi c asi io entravo, ma quel gio rno il prof. Marmirol i INT ERROGAVA IN FILOSOFIA ! Alcune amich e, compagne di classe, mi convin sero a stare fuo ri e a fare un giro in piazza. Da via Curta S. Ch iara era la meta più gruppo di 6-7 ragazze sotto il scontata. Arriviamo in piazza e passeggiamo in portico, quando all'improvviso ved iamo avanzare verso di noi a passo spedito il prof. Marmiroli. Avremmo voluto ca re strada, ma sotto a mbi il portico dove si va? Avrem mo vo luto sprofo ndare, perchè p ensavamo che il prof. sarebbe stato 'inferocito ',...in vece no...E ra raggiante. C i sal utò amichevolmente e ci invitò a entrare nel bar più v icino per o ffrirci qualcosa. Era l'o ttobre del 1982. Quel gio rno era nata sua figl ia Valentina.

Manicardi: “Otto fra

tto ogg i”

Marmiroli: “Pagina du ecentogiovani (in ten dendo 212).”

o

SOMMARIO Le mille e u na rivo lta

1

Contor ni sfocati

15

Marmiroli

2

Nuova vicepres ide

3

Intervista a due proff. ed. fisica

4

Un treno per Au schwitz

5-6

Negazionismo

7

Foibizionismo

7

Mal D’Estro

8-10

Fumetti e Letteratura

11

Giovani scrittori cercasi

11

L’impo ssibilità di bagnars i il d ito

12

Per un pug no di libri

12

Taggami ne l cuore

13

Login

13

Disastro annu nciato

14

Shuttle: vestigia d i un’era

15

Snake eyes

15

Dalla matita a ll’ inchiostro

16

Pesce (da record) d’aprile

16

Difficile da so stitu ire

17

Recensio ne Hereafter

18

Recensio ne Il Discorso del Re

18

Volan o

19

Le ricette di non na Giulia

19


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