Staccioli, Mauro. Gli anni di cemento 1968-1982

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MAURO STACCIOLI

gli anni di cemento 1968-1982 a cura di

Andrea Alibrandi Simona Santini testo introduttivo di

Bruno Corà

mostre

GALLERIA IL PONTE FIRENZE 11

febbraio - 13 aprile 2012

GALLERIA NICCOLI PARMA 18

febbraio - 21 aprile 2012

Si ringrazia in particolar modo la società INTRE s.r.l. dei fratelli Milani e le sue maestranze e tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione di questo volume: Luisa e Alessandro Bargiacchi, Sergio Borghesi, Hugh Davis, Elena Fiorin, Alberto Fiz, Elena e Federico Lastrucci Dante Nicoli, Emilio Pereira, Torquato Perissi, Antonio Presti, Lorenzo Respi, Severino Salvemini, Artan Shalsi foto di copertina

Massimo Mezzadri redazione editoriale

Cecilia Dealessi Federica Del Re ufficio stampa

Susanna Fabiani traduzioni

Karen Whittle impaginazione computerizzata

Punto Pagina, Livorno stampa

Tipografia Bandecchi & Vivaldi, Pontedera

© 2012 coedizione:

EDIZIONI IL PONTE FIRENZE

http://www.galleriailponte.com

ARCHIVIO MAURO STACCIOLI http://www.maurostaccioli.org

GALLERIA NICCOLI PARMA http://www.niccoliarte.com


Mauro Staccioli durante la realizzazione in situ di Condizione cittĂ , Parma 1973, foto Enrico Cattaneo



MAURO STACCIOLI gli anni di cemento 1968-1982 a cura di

Andrea Alibrandi Simona Santini testo introduttivo di

Bruno CorĂ

EDIZIONI IL PONTE FIRENZE


Barriera, 1970, maquette in legno intonacato a cemento e punte in ferro, 16x39,5x7 cm, foto Lorenzo Respi


Pensare di fare scultura significa costruirsi una forma: lavorare per costruire un linguaggio esplicito del pensiero organizzato e trasformare questa pratica in una forma tattile. Tattilità che deve sapersi sviluppare in una prassi riconoscibile; questa è stata la mia traccia, il mio modo per darmi una ragione esplicita del fare. Quando ho scelto il percorso della scultura ho seguito tale via, che ho sempre considerato la mia forma di pensiero, una forma di pensiero che ubbidisce a un criterio per me imprescindibile: come fare, cosa fare e perché fare. Questi sono stati i miei punti di riferimento, i motivi che mi hanno spinto a lavorare. In ogni lavoro di cemento esistono esplicitamente le forme interne del fare, le proporzioni, le distanze, gli spessori etc., anche nelle parti più violente o apparentemente tali. La violenza è comunque una condizione della nostra realtà quotidiana con la quale conviviamo ma la mia scultura non vuole convivere con essa, semmai superarla. Ho scelto il cemento, sempre pesante, faticoso e concreto, perché l’ho appreso in casa, da mio padre carpentiere. Quando non ho potuto fare da solo mi sono avvalso della collaborazione di operai, i miei veri aiutanti, che hanno riconosciuto in questo “lavoro artistico” una diversa condizione del fare, in una forma libera, una condizione nuova per loro. La libertà é una condizione perseguibile, è la mia utopia positiva. Ringrazio Anselmo Milani e Piero Malavolti per il paziente lavoro di recupero e il restauro di molti di questi cementi, che è alla base di quest’opera, Simona Santini per l’accurata opera di riordino e recupero dei materiali d’archivio, Bruno Corà per la sua sapienza critica e naturalmente Andrea Alibrandi e la famiglia Niccoli, per avere avuto questa idea straordinaria, per me impensabile solo due anni fa, che mi consente di vedere complessivamente tutto il mio lavoro di quegli anni e di osservarlo, riconoscendolo. Barcelona 6 febbraio 2012

Mauro Staccioli

To think of making sculpture is to build oneself a form: to work to build an explicit organised language of thought and transform this practice into a tactile form. This tactility has to be able to reproduce a recognisable route; this was my outline, my way of giving myself an explicit reason for what I was doing. When I chose the way of sculpture, I followed this road which I have always considered my form of thought, a form of thought which has to obey this, for me, fundamental criterion. how, what and why to do. These were my points of reference, the motives that pushed me to work. Existing explicitly in every concrete work are the forms inside the action, the doing – the proportions, distances, thicknesses, etc. – even in the most violent or apparently so. Howevere violence is a condition in our everyday reality with which we live, but my sculpture does not want to coexist with it, it aims to overcome it. I chose concrete – always heavy, tiring and “concrete” – because it’s something I learnt about at home, from my father who was a carpenter. When I couldn’t manage it myself, I made use of manual workers, my true helpers, who have recognised in the artwork a different condition of doing, in a free form, a new condition for them. Freedom is a condition we can strive for, it is my positive utopia. I would like to thank Anselmo Milani and Piero Malavolti for the patient work of recovery and restoration of many of these cement, Simona Santini for the careful work of reorganisation and recovery of archival material, Bruno Corà for his critical knowledge and of course Andrea Alibrandi and the Niccoli family for having this extraordinary idea. Only two years ago I still found it unconceivable, and it has enabled me to see all of my work together, to observe and recognise it. Barcelona, 6 February 2012

Mauro Staccioli


Mauro Staccioli durante la realizzazione in situ di Senza titolo. Martina Franca ‘79, Martina Franca 1979, foto Enrico Cattaneo


SOMMARIO

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Andrea Alibrandi Premessa

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Bruno CorĂ Mauro Staccioli: gli anni di cemento

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Bruno CorĂ Mauro Staccioli; the years of concrete

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Simona Santini Gli anni di cemento

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35

Simona Santini The years of concrete

pag. 193

Schede delle opere

pag. 211

Bibliografia

pag. 215

Mostre personali

pag. 217

Mostre collettive

pag. 221

Installazioni pubbliche



Questo volume dedicato a Mauro Staccioli: gli anni di cemento 1968-1982 non vuole essere un libro d’occasione e neppure un catalogo ragionato, ma desidera piuttosto fornire i principali elementi per approfondire la conoscenza di questo primario nucleo del suo lavoro. Prende infatti avvio dal momento in cui Staccioli definisce il suo modo di intervenire, attraverso la propria arte, nell’ambito politico e sociale, che da sempre lo ha appassionato e si chiude quando questa necessità espressiva trova un diverso andamento lirico, pur conservandone intatte le caratteristiche artistiche e ideologiche. Vengono anche presentate alcune sculture antecedenti – del resto pochi gessi patinati degli anni Sessanta sono giunti fino a noi – al fine di individuare i presupposti da cui si è sviluppato il lavoro di quegli “anni di cemento”.

minori dimensioni ne sono in genere la diretta conseguenza. Molte le opere completamente inedite o visibili solo nelle foto degli allestimenti delle mostre tenutesi in quegli anni. Si è cercato, per quanto possibile, di ricostruirne la bibliografia e la vicenda espositiva, verificando, con le opere alla mano, dimensioni e caratteristiche tecniche. Durante questo lungo periodo di studio, abbiamo cercato di schedare le opere in tutti i loro dettagli, così da poter porre le basi per un futura catalogazione generale. Ma credo comunque che si sia riusciti a ripercorrere il progetto artistico di Staccioli durante quegli anni attraverso le immagini delle grandi installazioni urbane – quasi per intero riprodotte nelle splendide fotografie di Enrico Cattaneo – e avviando sul resto un’impegnativa campagna fotografica condotta insieme al fotografo Torquato Perissi.

Durante la stesura del libro ci siamo resi conto di quanto poco sia rimasto degli interventi “monumentali” realizzati al tempo per mostre e manifestazioni pubbliche, quasi che queste opere, pur fatte in ferro e cemento, fossero già destinate, nel pensiero dell’artista, a un tempo-vita, che potremmo quasi definire “performativo”. Cercando di ricostruire nell’insieme il processo operativo di quegli anni, siamo andati a ricercare schizzi, fotomontaggi, lucidi, maquette progettuali che rappresentano l’ideazione dell’intervento scultoreo, mentre i disegni “finiti” e le sculture di

Questo lavoro pone le basi per lo sviluppo dell’attività dell’Archivio Mauro Staccioli, di cui questo volume è in qualche modo il primo risultato tangibile e ci vede partecipi, attraverso il lavoro di un artista da sempre fortemente impegnato nel sociale, a ricostruire e recuperare una porzione di una storia culturale e artistica troppo spesso trascurata. febbraio 2012

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Andrea Alibrandi


This volume dedicated to Mauro Staccioli: gli anni di cemento 1968-1982 is not intended to be an edition accompanying an event or exhibition or a catalogue raisonné, but instead its aim is to provide the main elements in order to extend the knowledge of this first part of his oeuvre. The book starts at the point when Staccioli defines his manner of intervention, through his art, in the political and social sphere, in which he had always taken a keen interest, and ends when his need to express himself takes a different path, despite maintaining the same artistic and ideological characteristics. The book also presents some predated sculptures – moreover, very few coated plaster works from the 1960s have come down to us – in order to single out the bases underlying the work from those “years of concrete”.

are in general the direct consequence of the intervention itself. Many of the works have never been seen before or are only visible in photos of the exhibitions held during this period. As far as possible, we have tried to rebuild their bibliography and the exhibition facts, while, the works to hand, verifying dimensions and technical features. During this long research period, we tried to give a detailed description of the works in order to lay the foundations for a future general classification. But I nevertheless believe that through the images of the big urban installations – almost all of which are reproduced in Enrico Cattaneo’s splendid photos – we have managed to follow Staccioli’s artistic project during that period. And to document the rest, we set in motion a challenging photographic campaign with the photographer Torquato Perissi.

While the book was being drafted, we realised how few of his “monumental” interventions remain. Created at the time for exhibitions and public events, it is almost as if in the artist’s mind these works, albeit made of iron and concrete, had a particular life span which could almost be defined as their “performance” time. While trying to put together his entire work process during those years, we looked for sketches, photomontages, tracings and maquettes to show how he came up with the sculptural invention. On the other hand, the “finished” drawings and smaller sculptures

This work lays down the bases to extend the activities of the Mauro Staccioli archive, of which this book is in some way the first tangible result. Not only that, through the work of an artist who has always been very involved in the social sphere, we have been able to rebuild and restore a portion of cultural and artistic history that is all too often ignored. February 2012

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Andrea Alibrandi


MAURO STACCIOLI: GLI ANNI DI CEMENTO Bruno Corà

Gli anni di piombo e di cemento Se la distinzione qualitativa e temporale – gli anni di cemento – entro cui si svolge la parte iniziale dell’opera di Mauro Staccioli, l’arco che dal 1969 giunge all’inizio degli anni Ottanta, suona come una metafora equivalente esteticamente agli “anni di piombo” e corrisponde sia al carattere arduo della realtà sociale e culturale di quel tempo, sia all’obiettivo aspetto delle sue opere, i nessi più significativi di carattere semiotico, relativi alla concezione e alla struttura di quei lavori, richiedono non di meno di essere più opportunamente compresi appieno e contestualizzati adeguatamente. Muovendo perciò subito da essi, si rende necessario uno sguardo specifico su ogni opera di quel periodo e, a un più esteso raggio, sull’intera azione di Staccioli, non escludendo le sue concezioni e convinzioni ideologico-teoriche. In tutte le sculture osservabili dalla documentazione fotografica esistente (non solo dalle opere, poiché gran parte di esse risultano disperse o distrutte), ciò che si evidenzia è l’esistenza di un denominatore plastico pressoché comune a tutte esse, costituito dal materiale cementizio e dalla morfologia della ”punta”. In molti lavori, infatti, una punta diversamente ottenuta e inserita nelle elaborazioni a base di materiali da costruzione, strutturata in modo tale da definire i volumi in legno o cemento, conclude e significa quelle creazioni emblematicamente cariche di allusivi aspetti di tensione, difesa, aggressività e altre pulsioni rivelate indirettamente da quella e da analoghe morfologie adottate dall’artista. Il Muro, 1969 (n. 25), verticale costruzione deliberatamente priva di ogni funzionalità, per quanto concepita con eloquente intenzione di esibire una volontà di difesa-offesa, richiama alla mente l’immagine, tut1

tora integra, recata dai versi montaliani «Meriggiare pallido e assorto / presso un rovente muro d’orto / … E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia».1 Sulla parte superiore della stele costruita con mattoni, Staccioli ha inserito, come è consuetudine fare su numerosi muri di recinzione di orti o giardini di proprietà, una fitta aggregazione di vetri rotti e taglienti, tra i quali svettano due acuminate punte di ferro, che rinforzano la già irraggiungibile sommità per chiunque osasse tentare. Analogamente, anche se in modo ancor più emblematico e stemperando da ogni mimesi l’essenza della morfologia appuntita, le due forme Senza titolo ’69, 1969 (n. 33) in gesso e Pilastro ’69, 1969 (n. 32) in legno nero e gesso si ergono ciascuna autonomamente nello spazio, investite della sola valenza geometrico-allusiva di una tensione non univoca, ma certamente di volume assai acuminato e terminale a forma piramidale o conica. Già in tali opere, che si possono considerare insieme a un gruppo di altre, il nucleo iniziale del lavoro di Staccioli nella temperie degli anni ’68-’69, fortemente segnati dal rovente clima politico-culturale, sono tutte presenti le mozioni e le esigenze interne ed esterne alla loro concezione, fattura e forma. Staccioli, allora poco più che trentenne, aveva già alle spalle un trascorso di attivismo politico e di insegnamento di discipline artistiche in Sardegna, dove aveva, altresì, contribuito a fondare con altri intellettuali il “Gruppo di iniziativa”. Non per caso,tuttavia, queste opere appena evocate e le altre databili entro il 1971 – un triennio significativo per la formazione del lessico di Staccioli – si defini-

Eugenio Montale, Ossi di seppia 1920-1927, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, VIII edizione, 1948, p. 46. 13


mitazioni invalicabili di aree relative ai contesti in cui Staccioli si trova a esporli. L’elementarità delle “costruzioni” e la loro duttile collocabilità, nonché le temibili morfologie, rivelano con eloquenza l’idea geometrica e l’integrazione con i luoghi che le accolgono. Realizza altresì Anticarro, 1970 (n. 60), barra di ferro su base cubica di cemento; Barriera, 1971 (n. 90), con tre tubolari acuminati su base a forma di parallelepipedo in cemento; Sbarra inclinata, 1972 (n. 74), in cemento e ferro; il Senza titolo (Sbarra e cemento), 1970 (maquette n. 85), prisma triangolare in legno intonacato a cemento e la punta in barra di acciaio inox; il Senza titolo, 1971 (n. 77), formato da una verticale barra appuntita e ripiegata ad angolo nell’estremità, su base cubica di cemento; Sbarra e cemento, 1970 (n. 84), con barra di ferro angolare su base tronco piramidale e altre forme piramidali e cubiche con punte di ferro e tra queste la Barriera portello, 1970 (n. 92), costituita da due parallelepipedi in legno intonacato a cemento che si fronteggiano, uno munito di punta, l’altro di cavità riquadrata atto ad accoglierlo. Di quest’ultima opera esiste una successiva versione realizzata nel 1995 (n. 95), in cui ogni elemento in cemento è munito di punta d’acciaio inox a quota sfalsata, onde permettere l’eventuale serramento tra i due volumi. Ma negli stessi frangenti temporali, alle appuntite forme si affiancano altri lavori imparentabili con un’idraulica immaginaria ma evocativa della realtà urbana e a prima vista con alcune realizzazioni poveriste. Si tratta del Senza titolo, 1969 (n. 47) e del Senza titolo, 1971 (n. 46), in cemento e tubolare di ferro, che ricordano forme periscopiche, del Tubo, 1970 (n. 52), in cemento e tubolare in ferro poggiato in equilibrio verticale su una piccola base quadrata, del Senza titolo, 1971 (n. 48), analogo al precedente ma col tubo rovesciato e del Senza titolo, 1969-71 (n. 43), tubolare in ferro angolare inserito in un cubo di cemento realizzato in cinque esemplari andati distrutti. Non possono infine passare inosservate sia la superficie Senza titolo, 1969 (n. 39), in cui è ricavata una piccola apertura quadrata munita

scono con l’impiego del cemento e del ferro, in forme solide geometriche e con punte, quasi in risposta a una immersione nei contesti urbani di città prima come Lodi e poi come Milano, ove il rapporto tra l’individuo e la realtà topologica urbana è contraddistinto da una tensione permanente e da un ruvido confronto quotidiano sia nei luoghi di produzione, sia in quelli di studio, sia nella semplice dinamica giornaliera. Sembra di poter affermare che, di fronte a questi contesti, la cultura di provenienza di Staccioli, legata alla sensibilità e al metro storico delle città etrusco-medioevali toscane, nella fattispecie Volterra, offra all’artista gli spunti con cui attuare un procedimento di difesa-inserimento nella realtà del nord Italia, del tutto diversa. La letteratura della cultura di origine dell’artista, da Guittone a Dante, da Boccaccio a Bandello, ha sovente fecondato i propri versi con il termine “punta”. Basterebbe rammentare quanto scriveva Bindaccio de’ Cerchi: «Vennero alla porta alla Carraia. Ma da’ Guelfi fu loro mostrato le punte» o dallo stesso Dino Compagni nelle sue proverbiali espressioni: «Più pericolo feciono le parole falsamente dette, in Firenze, che le punte dei ferri». Ma in modi più popolari “mostrare le punte” ha sempre significato minacciare con le armi. Così, nelle fortificazioni difensive degli insediamenti urbani, nei bastioni delle fortezze medioevali, come pure nelle superfici a bugnato dei palazzi gentilizi, le punte hanno sempre protetto e dissuaso in vari modi da eventuali malintenzionati o da aggressioni. Staccioli, in quel triennio 1969-71, realizza un significativo nucleo di sculture: le due piramidi in gesso, entrambe col titolo Senza titolo, 1969-71 (n.29), il Senza titolo (Barriera), 1969 (n. 63), in cemento e barre angolari di ferro, il Senza titolo (Anticarro) 1969-71 (nn. 73, 111), costituito da un cubo in cemento e angolari di ferro, opere queste ultime che si configurano con potenzialità modulari, al punto di essere installate sia in interni e successivamente negli esterni, in più elementi recanti una numerazione e secondo allineamenti atti a paventare sbarramenti o deli14


dato costante e presente nella concezione delle opere fino ad allora realizzate – il loro rapporto con il contesto sociale e con l’ambiente di volta in volta adibito ad accoglierle – Staccioli assume la sua città natale, Volterra, di cui conosce profondamente ogni segno storico e la condizione sociale, quale nuovo contesto per uno sviluppo ancor più evidente del coefficiente relazionale già messo in evidenza nel suo lavoro. Superati numerosi ostacoli sorti nel corso della preparazione dell’iniziativa e soddisfatte alcune esigenze irrinunciabili, Staccioli compone un organico repertorio di forme progettate e realizzate per i luoghi esterni e collocate nei punti nevralgici della storica città. L’intervento, da lui concepito in modo globale, ruota attorno all’idea di costruzione di segnali che invadessero e testimoniassero i luoghi più significativi in cui si sviluppava l’organismo sociale e la vita quotidiana; dalla Porta all’Arco alla Piazza dei Priori, dalle mura etrusche e medioevali alle Balze, dall’interno del Palazzo dei Priori alla piazza San Giovanni e infine al Piazzale Sant’Andrea. Sono quelle le sedi in cui rispettivamente Staccioli colloca Condizione barriera, 1972 (n. 103), punta di ferro su cubo di cemento; Senza titolo - Barriera, 1972 (n. 97), nove punte di ferro a forma piramidale, allineate a formare una barriera; il Muro con gancio, 1972 (n. 38); i due elementi della Barriera Portello, 1972 (n. 92); Senza titolo, 1972 (n. 106), la piramide di cemento con la punta di ferro; Senza titolo, 1972 (n. 98), la serie di sei pali neri anch’essi allineati come baluardo e la Barriera, 1969-72 (n. 99), composta da quattro cubi di cemento e barre di ferro. A distanza di quarant’anni da quell’impresa giovanile, è interessante constatare che, nonostante molte delle intenzioni e delle ragioni ideologiche motivazionali oggi non giustificherebbero più quelle forme alla stessa maniera di un tempo, esse invece resistono a ogni obiezione

di inferriata, sia le due superfici Cemento e gancio, 1971 (n. 40) e Muro con gancio, 1972 (n. 38), in legno intonacato a cemento e dotate di ganci in ferro, che furono concepite per essere poste all’interno del labirinto di Progetto Minosse, 1971 (n. 35), la cui maquette sarebbe stata esposta nella mostra alla Galleria San Fedele di Milano in quegli anni. Chiudono sui due fronti questo importante periodo formativo del repertorio ideomorfico di Staccioli le opere Altare, 1971 (n. 44), costituita da nove tubi in eternit e plastica di fronte a una base di forma cubica in cemento e Condizione barriera, 1971 (nn. 103-105), in ferro verniciato in nero, una grande punta piegata che nella mostra di Staccioli dell’anno successivo, Sculture in città (1972) a Volterra, verrà montata su un cubo in cemento e rivolta verso la porta etrusca della città. Nella primavera del ’72 Staccioli espone l’insieme di quelle opere in cemento e punte di ferro definibili “condizione barriera” nella Galleria Toninelli di Milano (nn. 71-73), dando un nuovo segnale coordinato, dopo la mostra fiorentina presso lo Studio Inquadrature 33 (n.64), di quell’«impossibilità di un superamento di confini, soprattutto sociali – tra il privato e il pubblico – oltre che concettuali, tra la macchina e l’uomo, tra il passato e il presente».2 L’episodio è rimarchevole poiché rende Staccioli consapevole del fatto che, nonostante la galleria rimanga lo spazio utile per tessere i rapporti con gli addetti ai lavori, la sua scultura ormai necessita di investire l’esterno, di confrontarsi «in ambito pubblico, in uno spazio socialmente attivo, proprio nel mezzo della vita di tutti i giorni».3 La scultura nei luoghi vissuti della città Con tali convinzioni e con il paradigma di forme plastiche raggiunto, Staccioli si dispone a compiere una nuova svolta determinante per il suo lavoro. Nella volontà di rendere più esplicito un

Mauro Staccioli, “ogni azione dell’uomo”, dialogo-intervista di L. Massimo Barbero in Mauro Staccioli, Silvana editoriale, Milano 2006; testi di L. Massimo Barbero, Marco Meneguzzo. 3 Ibid., p. 23. 2

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rivelando con la loro aggressività ogni probabile condizione turbativa ancorché non manifesta, ma sicuramente esistente e latente anche in quel centro emiliano. Le stesse opere, esposte nuovamente a Torino (1974) in Piazza Solferino per Interventi sullo spazio urbano (n. 128), denominate Condizione città, decide di accompagnarle con un volantino, carico di domande e risposte a base di ritagli di cronaca nera di giornali italiani, in cui la condizione città equivale a una «condizione quotidiana di sopraffazione, di violenza … di volontà di lotta, di scontro, di risposta» (Staccioli). Il 1974 è anche l’anno che vede la partecipazione di Staccioli alla Biennale Internazionale di Scultura contemporanea promossa dal Museo del Paesaggio di Verbania Pallanza, Sculturaincontro, con un intervento in uno spazio architettonico dominato dalla Chiesa di San Leonardo (nn.142-145), posta in posizione sopraelevata rispetto alla quota stradale. Il grande cuneo di cemento, munito di una lama, opponendosi alla chiesa, è il segno che sottolinea una condizione di dominio da cui riscattarsi. Nel 1976, due anni dopo, nella successiva Biennale di Verbania Pallanza, per la mostra Aptico - Il senso della scultura, Staccioli realizza invece il progetto di un contrafforte curvo da porre a contrasto con le mura del carcere vecchio della città (nn. 198-200). Per la circostanza egli scrive un testo sul “senso” dell’“arte della scultura” e sull’“artista scultore” che suscita un vivo dibattito anche tra gli altri partecipanti all’iniziativa. Nel documento Staccioli, tra le altre cose, ribadisce che il «senso della scultura è il senso che dò al mio agire in un rapporto attivo di intervento nel processo di modificazione della realtà» e che «le sculture-intervento (…) si pongono come presenza provocatoria nello spazio vitale e organizzato della città (…) non più monumenti né oggetti ornamentali dello spazio pubblico, ma azioni

per come furono concepite e poste in relazione misurata e obiettiva con forme dell’architettura e del contesto storico-civile con le quali il dialogo fu reale e lo è ancora adesso, dopo che il ritorno di Staccioli a Volterra (2009)4 ha assunto una scala, una valenza e un peso del tutto diversi. Ciò significa che fin d’allora Staccioli, ponendo in primo piano l’autenticità dei presupposti dell’elaborazione plastica, soddisfò automaticamente anche il loro presunto coefficiente politico. E ciò resta un essenziale elemento per la riflessione relativa al destino dell’opera nel tempo. D’altronde, quel primo arduo confronto della propria scultura con il contesto del paesaggio e dell’architettura dei suoi luoghi di provenienza, in un territorio dove echi del magistero medioevale e quattrocentesco precedenti l’ingegno leonardesco, in opere di difesa come quelle concepite dal Taccola o da Francesco Di Giorgio, avranno sicuramente suscitato in Staccioli, insieme alla responsabilità del compito, il sentimento di appartenenza che gli conferiva sicuramente una naturale sicurezza e sintonia con il teatro della sua azione. Così, con alle spalle questo incoraggiante episodio, oltretutto confermato nella sua giustezza dalla successiva iniziativa volterrana denominata Volterra ’73 (n. 109), dedicata alla scultura5 e a cui Staccioli partecipa nuovamente con una piramide cemento e ferro, collocata presso il Piano di Castello, egli iniziava a cimentarsi con altre sedi, soprattutto pubbliche e con altri spazi di differente caratura storica e urbanistica. A giugno dello stesso anno, nell’esposizione Sculture contemporanee nello spazio urbano a Parma (n. 127), Staccioli installa nella rinascimentale Piazza della Steccata una serie di grandi dischi di cemento poggiati verticalmente al suolo come ruote e muniti al centro di lunghi coni d’acciaio acuminati. Le sculture interferiscono nuovamente con l’apparente quiete urbana,

Cfr. la sua più grande mostra monografica: Mauro Staccioli, Volterra 1972-2009. Luoghi d’esperienza. Volterra 15 sculture monumentali, sedi varie, 13 settembre-8 novembre 2009. 5 Cfr. Volterra 73, Sculture Ambientazioni Visualizzazioni Progettazione per l’alabastro. Problemi del Centro Storico, catalogo a cura di E. Crispolti, Volterra 1973. 4

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e proposizione critica dei contesti di riferimento. In tal modo, se alla Rotonda di San Lorenzo (nn. 225-227) – fabbrica romanica mantovana dalla purissima forma cilindrica, scandita da alte e sottili lesene che ne vertebrano la volumetria esterna – Staccioli antepone una “barriera” simbolica costituita da tre cunei di cemento, interloquendo geometricamente e ritmicamente con quel monumento, non solo nei registri delle proporzioni, delle peculiarità morfologiche o materiche, ma soprattutto sulle e contro le valenze stereotipe ad esso ormai attribuite, alla Biennale di Venezia la costruzione in situ dell’alto e vasto Muro (n. 229-234), in laterizi rivestiti di cemento, non lascia più margini né dubbi all’interpretazione. Il setto costruito a qualche decina di metri dall’ingresso ai Giardini, nel piazzale centrale prima del viale che conduce al padiglione italiano, è di fatto uno sbarramento che induce a una deviazione, nei due sensi di marcia, dal percorso ordinario. Il Muro di Staccioli nega così, intenzionalmente, non solo quegli aspetti di percezione visiva offerti al godimento estetico-ambientale del luogo, ma anche, più profondamente, la concezione generalmente intrattenitrice e meramente festivaliera a cui la rassegna veneziana sembra ormai essere pervenuta. L’intervento critico di Staccioli stavolta è perentorio e frontale e tra le esperienze del XX secolo si pone in asse, ancorché con le debite diversità, con alcune opere realizzate rispettivamente da Daniel Buren nel febbraio 1971 entro il Guggenheim Museum di New York con Centrifuge/Centripète, opera di pittura/scultura in situ, e successivamente da Richard Serra con Tilted Arc, 1981, opera in acciaio cor-ten installata davanti alla General Service Administration nella Federal Plaza a Washington D.C. Ancor prima dell’artista americano, il gesto-segno di Staccioli reca una cifra di sfida e oppositiva di segno critico ineludibile che resta comunque esemplare di un frangente storico e di un modo di investire l’opera di valenze ideologico-politiche.

critiche attorno all’uso della scultura, oggetto e soggetto per un rilevamento critico della condizione umana nell’ambiente e nella città (…)».6 Una volta di più, Staccioli pone in essere la sua determinazione di voler, attraverso la sua scultura, compiere la lettura, non solo architettonica e funzionale delle parti del castello visconteo di Vigevano (n. 209-215), opera di Bramante, ma rivelarne l’intima concezione e struttura sociale, sottolineando col suo lavoro i processi suggeriti dalla committenza e risolti in spazio qualificato dal grande architetto urbinate. Il suo intervento sulle parti diroccate dell’antico monumento, mettendo in risalto le destinazioni e le condizioni progettuali, compiuto attraverso la realizzazione di forme derivate e contestualizzate – come l’intervento al portale d’ingresso (n. 214), l’intervento nella struttura della torre con la piramide di cemento (n. 212) e quello nelle scuderie (n. 215) e inoltre i volumi cuneiformi sistemati nel fossato (n. 213) – ha un’evidente valenza di coinvolgimento e rilevamento critico, auspicandosi da parte della comunità cittadina una partecipazione e una discussione collettiva alla “riappropriazione” della storica struttura. È ormai chiaro che Staccioli punta alla sollecitazione di una presa di coscienza collettiva e sociale di quello che è un edificio storico della città che deve tornare a essere vissuto con diretta facoltà di reinserimento nella vita di tutti i cittadini. Facoltà critica della scultura Non diversamente si configurano gli interventi delle sue successive azioni plastiche, visibilmente provocatorie, compiute mediante l’impiego della scultura che, ormai, diviene sempre più esplicitamente denotativa, segnaletica e, dunque, critica. Sia a Mantova, per il Festival Nazionale dell’Unità (1978), sia a Venezia nella Biennale del 1978, sia infine a Martina Franca (1979), la volontà di Staccioli è dichiaratamente rivolta a fare della scultura il proprio segno di analisi

Mauro Staccioli, “Verbania Pallanza, luglio 1976”, in Aptico - Il senso della scultura, testi a cura di Jole de Sanna, Edizioni Alessi d’aprés, 1976, pp. 119-127.

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rapporto con nuovi contesti e latitudini nazionali e internazionali, a partire dall’installazione en plein air nella Collezione Gori a Santomato di Pistoia, 1982 (nn. 256-259).

Il “fosso” e il cambiamento L’instabilità, la precarietà e la provvisorietà sembrano essere le caratteristiche degli ultimi interventi di quegli anni Settanta. Quasi che la scultura di Staccioli, oltre a rilevare le contraddizioni scaturite dal suo rapporto con i relativi contesti in cui si manifesta, ora solleciti su se stessa e sui suoi fruitori una domanda autocritica. In prima istanza, le forme concepite per Gibellina Nuova, 1979 (n. 236-238), per Martina Franca, 1979 (n. 239), e successivamente all’intervento sul pavimento del Mercato del Sale a Milano, 1981, quelle installate alla Galleria Comunale d’arte moderna, Palazzo Bodari ad Ancona, 1981 (n. 249) e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, 1981 (n. 250) – le ultime due all’insegna della tematica arte-critica – recano tutte già evidenti i caratteri di uno sbilanciamento allusivo a un equilibrio turbato, dall’improbabile baricentro e comunque ansiogeno. Le opere ostruiscono o cavalcano vie di transito a luoghi, rendendo difficilmente praticabile l’accesso o il passaggio. Qualcosa di nuovo, un’intuizione maturatasi e definitasi con lo scavo del Fosso, 1981 al Mercato del Sale a Milano (nn. 253-255), si è reso evidente alla coscienza di Staccioli. D’ora in avanti l’ostacolo, la barriera, la provocazione deve cambiare di segno, inserirsi maggiormente nei processi di comprensione mentale dei rapporti conflittuali e politici esistenti nella realtà, al punto che la concezione e la qualità di spazio che deriva dall’introduzione dell’opera nell’ambiente, qualunque esso sia, interno, esterno, urbano o rurale, induca in ognuno una riflessione interattiva con esso. Il “fosso”, contrariamente al “muro” è impalpabile e lascia a chi transita nel luogo la libertà di oltrepassarlo o di restare al di qua di esso, esiti di comportamento differenti per come lo sono i bordi della cavità scavata da Staccioli, diversamente definiti. Quest’opera, dunque, si rivela come uno spartiacque nel percorso di Staccioli e tale infatti dichiara di essere, se si considerano le realizzazioni successive, sopravvenute nel corso degli anni Ottanta, e in seguito, sia in termini di concezione poetica, sia di scala, sia di

Conclusioni parziali Quali dati di maggiore rilievo emergono da questo iniziale percorso dell’opera di Staccioli, alla luce di ciò che nel corso degli ultimi trent’anni l’artista ha poi realizzato? Indubbiamente la sua azione, nell’arco temporale degli “anni di cemento” è stata conseguente alla loro durezza e, col cessare di quelle condizioni – peraltro sono numerosi gli episodi sui quali non è stata compiuta una relativa analisi – anche il lavoro di Staccioli ha registrato i mutamenti; se un tempo la valenza segnaletica del suo lavoro si esprimeva con coefficienti oppositivi, di obiezione critica, presentando morfologie aggressive, successivamente agli anni Settanta essa non scompare, ma si manifesta sempre più frequentemente piuttosto come puro segno denotativo. C’è inoltre un altro aspetto che sembra opportuno osservare riguardo alla specificità del suo linguaggio. Esso si dichiara e dimostra assai diverso da quello di artisti che pur hanno fatto uso del cemento e del ferro. Certamente altrimenti, ad esempio, da quello messo in atto dal pioniere Beppe Uncini, che appare tutto rivolto a ottenere dall’atto costruttivo un organismo plastico autoreferente, in tutti i sensi, opponendo, già poco prima del ’60, il suo credo sia nei confronti di una pittura e scultura informale ormai accademizzanti, sia, successivamente, nei confronti di patetiche versioni di pop-art nostrana, sia persino nei riguardi di un’arte minimalista, a favore di una misura umanista. Diversa appare inoltre l’istanza dell’artista di Volterra anche dalle proposizioni pur intense, poeticamente e concettualmente, dei torinesi Anselmo, Boetti e Zorio, a ognuno dei quali è possibile ascrivere alcune esperienze a base delle materie cemento e ferro. Ma in Anselmo l’interesse si rivolge per lo più a energie e forze che con le forme in cemento egli suscita o segnala rendendole percepibili pur se quelle entità resta18


no invisibili. È il caso di opere come Torsione, 1968, oppure Neon nel cemento, 1967-69. In Zorio il cemento è uno dei materiali impiegati con forme standardizzate che egli usa per evidenziare tensioni, pesi, come nei suoi Senza titolo, 1967, a base di eternit e cemento, o Luci, 1968 con blocchi di cemento e lampade. In Boetti, infine, il cemento è assunto o nelle morfologie standard Senza titolo, 1967, a base di tubi eternit o in opere come Pack, 1967, Senza titolo, 1967 o Verso Sud l’ultimo dei paesi abitati è l’Arabia, 1968, in cui, elaborandolo, ne mette in evidenza le proprietà più elementari: durezza, tracciabilità mentre è fresco, crettatura se privo di ferro che ne assorba le tensioni a trazione.

critico-dimostrativa. Prova ne è – tra le altre – il fatto che la maggior parte delle realizzazioni effettuate tra il ’68 e l’80 hanno subito il medesimo destino: infatti o sono state concepite appositamente in modo provvisorio o il tempo o le volontà amministrative delle sedi ospitanti le proposte, ne hanno successivamente rimosso i segni. Non è, obiettivamente, né frequente, né comune che una considerevole parte dell’opera di un artista, oltretutto elaborata con materiali durevoli, risulti distrutta o dispersa. Ciò significa che Staccioli ne aveva previsto, più di ogni altro, una durata funzionale al suo disegno artistico. Vero è anche, tuttavia – cosa che conta soprattutto –, che il respiro intanto assunto dal lavoro di Staccioli a livello pubblico e in sedi internazionali non ha più certo la necessità di dimostrare i reperti della sua origine o le iniziali e tuttora confermate motivazioni estetiche e poetiche.

Infine, insieme al materiale, le forme delle opere di Staccioli non smettono di recare una valenza

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MAURO STACCIOLI: THE YEARS OF CONCRETE Bruno Corà

The years of lead and concrete The temporal-descriptive label – the years of concrete – given to the first part of Mauro Staccioli’s oeuvre during the period from 1969 to the beginning of the 1980s may sound like an aesthetically equivalent metaphor to the “years of lead” and correspond both to the harshness of the social and cultural situation of the time and to the actual appearance of his works. Yet this does not mean that the more significant and semiotic connections to these works’ conception and structure do not require any less an apt and full understanding or to be suitably put into context. Hence, if we are to start from here, we need to cast a specific gaze on each piece from this period and take a more extensive look over all of Staccioli’s range of action, while not excluding his ideological and theoretical convictions. In all the sculptures that can be observed from the existent photographic documentation (not just from his works, since a large part of them have been lost or destroyed), what stands out is the common plastic denominator which pertains to more or less all of them: the concrete material and the morphology of the “spike”. Indeed in many of his works various types of spike are inserted in designs made of building materials. The spike is structured in such a way as to define the wooden or concrete volumes, it concludes and gives meaning to the creations, laden emblematically with allusive aspects of tension, defence, aggression and other instincts revealed indirectly from that particular or similar morphologies adopted by the artist. The Muro (Wall, 1969, no. 25), a vertical construction deliberately lacking all functional ends, albeit designed with the eloquent intention of

showing a will to defend/offend, brings the still relevant image to mind given to us by the lines of Eugenio Montale: “To spend the afternoon, absorbed and pale, / beside a burning garden wall; /… And walking out into the sunlight’s glare / to feel with melancholy wonder / how all of life and its travail / is in this following a wall / topped with the shards of broken bottles.”1 As is the custom to do on numerous garden walls, Staccioli has packed the top of the stele with shards of broken glass, overlooked by two sharp iron spikes which make the summit – for those who dare – even more difficult to reach than it already was. Similarly, though in an even more emblematic way, the two forms Untitled ’69, 1969 (no. 33), in plaster and Pillar ’69, 1969 (no. 32), in black wood and plaster, depart from the spike motif, while retaining the essence of the pointed morphology. Each rises up autonomously into space, the geometry giving the impression of a tension, which, albeit lending itself to various interpretations, certainly alludes to a quite sharp, end volume in the form of a pyramid or cone. These works, which, together with a group of other ones, can be considered the initial core of Staccioli’s work in the tempest of the years of ’68-’69, strongly marked by the red-hot political and cultural climate, already contain the motions and demands inside and outside of their conception, crafting and shape. Staccioli, at the time only in his early thirties, already had a past of political activism behind him, as well as having taught art in Sardinia where he had also helped to found the “Gruppo di iniziativa” (Initiative Group) with other intellectuals. Tellingly, these works just mentioned and the others dating

Eugenio Montale, “To Spend the Afternoon”, trans. David Young in Eugenio Montale: Selected Poems. Original poem in Ossi di seppia 1920-1927 (Milan: Arnoldo Mondadori Editore, VIII edition, 1948), p. 46. 1

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from before 1971 – three years that were significant in forming Staccioli’s vocabulary – are defined by the use of concrete and iron, in solid geometric shapes with spikes. It is almost as if they were in response to his immersion in the urban city contexts first of Lodi and then Milan, where the relationship between individual and the urban topological reality is marked by permanent tension and a coarse everyday encounter both in the places of production and in those of study, and in the simple everyday routine. It seems that we can say when faced with these contexts, the culture of Staccioli’s birthplace, linked to the sensitivity and historic metre of Tuscany’s Etruscan-medieval towns, Volterra in particular, offered the artist the cues with which to defend/introduce himself to the totally different reality of northern Italy. The literature of the artist’s background culture, from Guittone to Dante, Boccaccio to Bandello, often enriched its verses with the term “punta” (point/spike). It would be sufficient to mention what Bindaccio de’ Cerchi wrote: “They came to Porta alla Carraia. But they were met with the Guelphs’s spikes”, or the words of Dino Compagni in his proverbial expressions: “And the words falsely spoken wrought more harm in Florence than the point of the sword.” But the popular expression, “mostrare le punte” (literally, to show the points) has always meant to threaten with arms. So on the defensive fortifications of the urban settlements, the ramparts of the medieval fortresses, as well as the ashlar surfaces of the noblemen’s palaces, in various ways spikes have always protected and dissuaded from possible ill intent or aggressiono. In those three years from 1969-71, Staccioli made an important group of sculptures: the two plaster pyramids, both entitled Untitled, 196971 (no. 29); the Senza titolo (Barriera) (Untitled - Barrier), 1969 (no. 63), made of concrete and angular iron bars; and the Senza titolo (Anticarro) (Untitled - Anti-tank), 1969-71 (nos. 73, 111), comprising a concrete cube and angle irono. The latter works had potential modular uses, so much so that they were installed both

indoors and then subsequently outdoors. Several of their parts had a number and, according to how they were aligned, they could form impassable barriers or cut-off points to areas of the contexts where Staccioli exhibited them. The simplicity of the “constructions” and their flexible positioning, as well as the fearful morphologies, eloquently show the geometric idea and their integration with the places hosting them. He also made Anticarro (Anti-tank), 1970 (no. 60), an iron bar on a cubic concrete base; Barriera, 1971 (no. 90), with three pointed tubes on a concrete parallelepiped base; Sbarra inclinata (Sloping Bar), 1972 (no.74), in concrete and iron; Senza titolo (Untitled - Bar and Concrete) 1970 (maquette no. 85), a triangular prism in concrete-plastered wood and stainless steel bar spike; Senza titolo, 1971 (no. 77), formed by a vertical pointed bar bent into an angle at the tip, on a cubic concrete base; and Sbarra e cemento (Bar and Concrete), 1970 (no. 84), with an angular iron bar on a truncated pyramid base. He also made other pyramid and cube shapes with iron spikes, among them the Barriera portello (Hatch Barrier), 1970 (no. 92), comprising two concrete plastered, wooden parallelepipeds facing each other, one with a spike, the other with a square cavity to slot it into. He made a subsequent version of this work in 1995 (no. 95), in which every concrete element has a different-height stainless steel spike, enabling the two volumes to fit together. But during these same fractious times, the pointed forms are joined by other works that can be related to imaginary hydraulics nevertheless evoking the urban reality, and at first sight to some Arte Povera creations. These are Senza titolo (Untitled), 1969 (no. 47), and Senza titolo (Untitled), 1971 (no. 46), in concrete and iron tube reminiscent of periscopes; Tubo (Tube), 1970 (no. 52), made of concrete and tubular iron placed vertically in equilibrium on a small square base; Senza titolo (Untitled), 1971 (no. 48), similar to the previous one but with the tube upturned; and Senza titolo (Untitled), 1969-71 (no. 43), an angle iron tube placed in a con-

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crete cube, five of which were made but have since been destroyed. Finally, we cannot fail to observe both the surface Senza titolo (Untitled), 1969 (no. 39), in which there is a small square hole with a metal grille, and the two surfaces Cemento e gancio (Concrete and Hook), 1971 (no. 40), and Muro con gancio (Wall with Hook), 1972 (no. 38), made of concrete plastered wood with iron hooks which were designed to be placed inside a labyrinth of Progetto Minosse (Minosse Project), 1971 (no. 35), the design for which would go on display in the Galleria San Fedele in Milano in those years. This important period of formation in Staccioli’s idiomorphic repertoire was rounded off on both fronts with the works Altare (Altar), 1971 (no. 44), comprising nine asbestos and plastic tubes in front of a concrete cubic base; and Condizione barriera (Barrier Condition), 1971 (nos. 103-105), made of black painted iron and a large bent spike which in Staccioli’s exhibition in the following year, “Sculture in città” (Sculptures in the City, 1972), in Volterra, would be mounted on a concrete cube and pointed towards the Etruscan gate to the towno. In spring ’72 Staccioli displayed all of those concrete and iron spike works that can be defined under the “barrier condition” label in Galleria Toninelli in Milan (nos. 71-73), giving a new coordinated signal, after the Florentine exhibition at Studio Inquadrature 33 (no.64), of “the impossibility of overcoming boundaries, especially social ones - those between private and public - as well as conceptual ones, between machine and man, past and present”.2 The episode is remarkable since it made Staccioli conscious of the fact that, although galleries remain a useful space for forming relations with those in the art world, his sculpture now needed to impact the outside, to appear “in a public context, in a socially active area, right in the middle of everyday life”.3

Sculpture in the lived places of the city With these convictions and with the paradigm of plastic forms that he had achieved, Staccioli got ready to make a new, decisive turn in his work. Wanting to make a fact more explicit that had been constantly present in the conception of his works up to that point – their relationship with the social context and with the environment that welcomed them each time – Staccioli took the town of his birth, Volterra, of whose every historical sign and social condition he had in-depth knowledge, as the new context for an even more evident expansion of the relational coefficient already highlighted in his work. Having overcome numerous obstacles that had arisen during the preparation of the initiative and satisfied some fundamental needs, Staccioli composed a systematic repertoire of forms designed and made for outdoor places and placed in the key points of the historical towno. The intervention, which he conceived in a global manner, revolves around the idea of building signals which would invade and bear witness to the most significant places in which the social body and everyday life took place; from Porta all’Arco to Piazza dei Priori, from the Etruscan and medieval walls to the Balze, from inside the Palazzo dei Priori to Piazza San Giovanni and finally Piazzale S. Andrea. Those are the places in which Staccioli respectively positioned Condizione barriera (Barrier Condition,1971) the iron spike on a concrete cube, 1972 (no. 103); Senza titolo . Barriera (Untitled. Barrier), 1972 (no. 97), the nine iron spikes in the form of a pyramid, lined up to form a barrier; the Muro con gancio (Wall with Hook), 1972 (no. 38); the two components of the Barriera Portello (Hatch Barrier), 1972 (no. 92); Senza titolo (Untitled), 1972 (no. 106), the concrete pyramid with an iron spike; Senza titolo (Untitled), 1972 (no. 98) the series of six black poles also lined up like a bulwark; and Barriera (Barrier),

Mauro Staccioli, “Ogni azione dell’uomo”, dialogue-interview by L. Massimo Barbero in Mauro Staccioli (Milan: Silvana editoriale, 2006); texts by L. Massimo Barbero, Marco Meneguzzo, pp. 22-23. 3 Ibid., p. 23. 2

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in Parma (no. 127), Staccioli installed a series of large concrete discs in the Renaissance Piazza della Steccata, placed vertically to the ground like wheels, with long pointed steel cones in the centre. The sculptures again interfere with the apparent urban calm, their aggression revealing all probable disruptive conditions, not yet seen, but definitely existing, hidden in that Emilian city too. He decided to accompany the same work, on display again in Turin (1974) in Piazza Solferino (no. 128) for “Interventi sullo spazio urbano” (Interventions on the Urban Space), entitled Condizione città (Condition of the City), with a leaflet, loaded with questions and answers based on cuttings from the crime stories in the Italian newspapers, in which the state of the city equates to a “daily condition of tyranny, violence… and the desire to fight, clash and respond” (Staccioli). 1974 is also the year which saw Staccioli’s participation in the International Biennial of Contemporary Sculpture promoted by the Museo del Paesaggio in Verbania Pallanza, “Sculturincontro” (SculptureMeeting), with an intervention in an architectural space dominated by the church of San Leonardo (nos.142-145), situated in a raised position with respect to the level of the road. The large concrete wedge, with a blade, facing the church, is the sign underlining a condition of domination from which to break free. In 1976, two years later, in the next Verbania Pallanza biennial, for the “Aptico – Il senso della scultura” (Haptic - The Sense of Sculpture) exhibition, Staccioli instead made the project of a curved buttress to be place in contrast with the walls of the old town prison (nos. 198-200). For the occasion he wrote a text on the “sense” of the “art of sculpture” and on the “sculptor-artist” which sparked a lively debate also among the other participants in the initiative. In the docu-

1969-72 (no. 99), composed by four concrete cubes and iron bars. Forty years after that youthful undertaking, it is interesting to note that, although many of the intentions and motivational ideological reasons would no longer justify those forms in the same way, they do stand up to all objections as to how they were conceived and placed in a measured and objective relationship with the architectural shapes and historic-civil context. Indeed the dialogue was and still is real, as can be seen from Staccioli’s return to Volterra (2009),4 albeit it with a totally different scale, value and importance. This means that, by highlighting the authenticity of the presuppositions of his plastic designs, back then Staccioli automatically also fulfilled their presumed political coefficient. And this remains an essential element in reflecting on the destiny of the work in time. Besides, in that first daring confrontation of his sculpture with the context of the landscape and the architecture of his birthplace, with its echoes of pre-Leonardian medieval and fifteenth-century mastery in defensive works such as those designed by Taccola or Francesco Di Giorgio, together with the responsibility of the task, Staccioli would have certainly felt the belonging that would have given him a natural confidence and syntony with regard to the stage for his action. So, with this encouraging episode behind him, its success also confirmed by the subsequent initiative devoted to sculpture in Volterra entitled Volterra ’73 (no. 109),5 which Staccioli took part in again with a concrete and iron pyramid, located near Piano di Castello, he began to try out other mainly public locations and other spaces with a different historic and urban status. In June of the same year, in the “Sculture contemporanee nello spazio urbano” (Contemporary Sculptures in the Urban Space) exhibition

See his greatest monographic exhibition: “Mauro Staccioli, Volterra 1972-2009. Luoghi d’esperienza” (Mauro Staccioli, Volterra 1972-2009. Places of Experience), Volterra, 15 monumental sculptures, various sites, 13 September-8 November 2009. 5 See Volterra 73, Sculture Ambientazioni Visualizzazioni Progettazione per l’alabastro. Problemi del Centro Storico, catalogue edited by E. Crispolti, Volterra 1973. 4

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denotative, identifying and, therefore, critical. In Mantua for the Festival Nazionale dell’Unità (National Festival of Unity), 1978, at the Venice Biennial in 1978, and lastly in Martina Franca (1979), Staccioli declares that he wanted to make sculpture the mark of his analysis and critical proposition of the contexts in questiono. Hence, before the Rotonda di San Lorenzo (nos. 225-227) – a Romanesque building in Mantua with a pure cylindrical shape, marked by high and thin pilasters forming a framework on the exterior – Staccioli placed a symbolic “barrier” comprising three concrete wedges, intervening with the monument in a geometric and rhythmic manner, not only in the registers of the proportions, the distinctive morphology or materials, but above all on and against the stereotypical values now attributed to it. At the Venice Biennial, however, his construction of a high, vast Muro (Wall) in situ (nos. 229-234), made of bricks covered in concrete, left no more margins or doubts as to its interpretation. The diaphragm built just a few metres from the entrance to the Gardens, in the central square before the avenue that leads to the Italian pavilion was in effect a barrier that caused people to make a detour, in both directions, from the ordinary route. Staccioli’s Muro thus, intentionally, denies not only those visuals offering an aesthetic enjoyment of the surroundings, but also, more profoundly, the by now general conception of the Venetian event as entertainment and a festival. This time Staccioli’s critical intervention is peremptory and face-on, and, among the experiences of the twentieth century, it is connected – with all the due differences nonetheless – to some works made respectively by Daniel Buren in February 1971 inside the Guggenheim Museum in New York with Centrifuge/Centripète, a work of painting/sculpture made in situ, and subsequently by Richard Serra with Tilted Arc, 1981, a work in Corten steel installed in front of the General Service Administration in the Federal Plaza in Washington D.C..

ment, among other things Staccioli stresses that the “sense of the sculpture is the sense that I give to my action in an active rapport of intervention in the process to change reality” and that “the sculpture-interventions (…) appear as a provocative presence in the dynamic and organised space of the city (…) no longer monuments nor ornamental objects in the public space, but critical actions around the use of sculpture, object and subject for a critical appraisal of the human condition in the landscape and in the city (…).”6 Once more, Staccioli asserts his determination to give – through his sculpture – not just an architectural and functional reading of the parts of the Visconti castle of Vigevano (nos. 209-215), the work of Bramante, but to show the intimate conception behind it and its social structure, his work underlining the processes suggested by the patrons, skilfully resolved in the spaces created by the great architect from Urbino. His intervention on the ruined parts of the old monument, highlighting their uses and designated functions, creating derived and contextualised forms – such as his interventions on the gateway (no. 214), in the tower structure with the concrete pyramid (no. 212) and in the stables (no. 213), as well as cone-like shapes placed in the moat (no. 215) – has an evident aspect of involvement and critical appraisal, in the hope that the town community would participate and partake in collective discussion on “reappropriating” the historic building. By now it is clear that Staccioli was aiming to raise awareness among the collectivity and society as to one of the town’s historical buildings so that it should be lived and directly become part of the lives of all the citizens once more. Sculpture’s critical faculty The interventions made by his subsequent plastic actions would be no different. Visibly provocative, they are made using sculpture which, at this point, has become more and more explicitly

Mauro Staccioli, “Verbania Pallanza, July 1976”, in Aptico - Il senso della scultura, texts edited by Jole de Sanna (Edizioni Alessi d’aprés, 1976), pp. 119-127.

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by Staccioli are different. Therefore, this work appears to be a watershed in Staccioli’s career and that is indeed what it declares to be, if we consider the subsequent works, from the 1980s and beyond, both in terms of their poetic conception, scale and relationship with the new contexts and latitudes in Italy and abroad, starting from the installation en plein air in the Collezione Gori in Santomato di Pistoia, 1982 (nos. 256-259).

Even before the American artist, Staccioli’s gesture-sign already contained the mark of a challenge, an inescapable critical contrast, which nevertheless was typical of a historical moment and a way of giving the work ideological and political values. The “ditch” and change Unstable, precarious, temporary are the words that seem to describe his last interventions in the 1970s. Almost as if, as well as showing the contradictions prompted by its relationship with the relative contexts where it is positioned, Staccioli’s sculpture was now raising a self-critical question about itself and its users. First of all, the forms conceived for Gibellina Nuova, 1979 (nos. 236238), for Martina Franca, 1979 (no. 239), and subsequently the intervention on the floor of the Mercato del Sale in Milan, 1981, the forms installed in the Galleria Comunale D’Arte Moderna, Palazzo Bodari in Ancona, 1981 (no. 249) and in the Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea in Rome, 1981 (no. 250) – the last two following the theme of art/critique – all show evident characteristics of an unbalancing alluding to a disturbed equilibrium from the improbable barycentre, nevertheless inducing anxiety. The works obstruct or straddle the ways of transit to places, making access or the crossing difficult to get to. Something new, an intuition ripened and defined with the digging of the Fosso (Ditch), 1981, at the Mercato del Sale in Milan (nos. 253-255), became evident to Staccioli. From now on, the obstacle, the barrier, the provocation would have to change sign, fit better into the processes to mentally understand the conflictual and political relations existing in reality to the extent that the conception and quality of space deriving from the work’s insertion in the environment – whatever it may be, indoors, outdoors, urban or rural – prompts interactive reflection with it in each one of us. The “ditch”, contrary to the “wall”, is impalpable and gives everyone who passes there the freedom to pass over it or remain on this side of it, depending on the different types of behaviour, just as the edges of the cavity dug

Partial conclusions What are the most important features to emerge from this initial path in Staccioli’s oeuvre in light of what the artist has since gone on to realise over the next thirty years? Without doubt his action, in the time span of the “years of concrete” was the consequence of the harsh situation, and, when these conditions ceased – moreover the episodes that have not been analysed are numerous –Staccioli’s work also underwent changes. While once the identificative value of his work was expressed using contrasting, critically objecting coefficients with aggressive morphologies, after the 1970s these did not disappear but would instead increasingly often appear as a pure denotative signo. Moreover there is another aspect that it seems opportune to observe with regard to the specificity of his language. It declares itself and proves to be quite different from that of other artists who also used concrete and irono. Definitely different, for example, from the language implemented by the pioneer Beppe Uncini, whose aim in the act of building appeared totally directed towards obtaining a self-referential plastic organism, in all senses; Uncini who, just before the 1960s, was already contrasting his belief in a humanistic scale with the informel painting and sculpture that at that point was becoming increasingly academic, then with the pathetic Italian versions of pop art, and even with minimalist art. The aspirations of the Volterran artist also seem different from the nonetheless poetically and conceptually intense propositions of the artists from Turin, Anselmo, Boetti and Zorio, each of whom used concrete and iron on some occasions. But 26


Anselmo was mainly interested in the energies and forces that he aroused or signalled with the concrete shapes, making them perceptible even though these entities remained invisible. This is the case of works such as Torsione (Torsion), 1968, or Neon nel cemento (Neon in the Concrete), 1967-69. For Zorio concrete was one of the materials he used in standardised forms to highlight tensions or weights, such as in his Senza titolo (Untitled), 1967, based on asbestos and concrete, or Luci (Lights), 1968, with blocks of concrete and lamps. Finally, in Boetti, the concrete took on either standard morphologies, like in Senza titolo (Untitled), 1967, based on asbestos tubes, or, in works like Pack, 1967, Senza titolo (Untitled), 1967, or Verso Sud l’ultimo dei paesi abitati è l’Arabia (Heading South the Last of the Inhabited Countries is Arabia), 1968, he elaborated it to highlight its most basic properties: its hardness, its ability to be marked when wet, or to crack if lacking iron to absorb the pull.

Finally, along with the material, the forms of Staccioli’s works do not cease to transmit a critical-demonstrative value. Proof of this is – among others – the fact that most of the works made between ’68 and ’80 were subject to the same fate: either they were designed specially to be temporary or the local councils where his works resided decided to remove their traces. Objectively, it is neither frequent nor common that a considerable part of an artist’s work, moreover made using durable materials, is destroyed or lost. This means that Staccioli, more than all the others, had imagined his artistic designs to have a particular functional duration. Nevertheless, it is also true – and this what counts most – that the scope assumed by Staccioli’s work with the public and at international level means there is no need to demonstrate evidence of the origin or the initial and indeed still confirmed aesthetic and poetic motivations behind his oeuvre.

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Mauro Staccioli durante la realizzazione in situ di Scultura-Intervento, Piazzetta Einaudi, Milano, 1974, foto Enrico Cattaneo


GLI ANNI DI CEMENTO Simona Santini

L’inizio dell’attività scultorea di Mauro Staccioli è strettamente connesso agli anni Settanta e non può esserci valutazione critica o storica sul suo lavoro che possa ignorare il contesto sociale, politico e culturale da cui questa ha avuto origine. I suoi esordi comunque devono essere fatti risalire all’inizio degli anni Cinquanta quando, appena diplomato all’Istituto d’Arte di Volterra, inizia a partecipare a mostre locali, esponendo dipinti che mostrano nella scelta dei soggetti legami con gli esiti della pittura realista toscana dell’immediato dopoguerra. Se questi primi tentativi rivelano ancora l’immaturità della proposta, denunciano d’altra parte l’adesione a una corrente che vede nell’impegno sociale e politico uno dei cardini dell’attività artistica, impegno che ha profondamente influenzato il lavoro di Staccioli nel corso degli anni Settanta, per poi avanzare verso un’interpretazione meno esplicita e più evocativa del fare arte. Nel 1960 ottiene una cattedra di disegno alle scuole medie a Cagliari. L’approdo in Sardegna, lo scontro con la dimensione urbana, caratterizzata da un incontrollato sviluppo edilizio, ma anche l’impatto con la povertà e l’arretratezza delle campagne sarde, con la dura realtà delle miniere, hanno certamente suscitato nell’artista nuove riflessioni. D’altra parte l’arrivo sull’isola che ha dato i natali ad Antonio Gramsci non può che favorire il consolidarsi del credo politico comunista di Staccioli, che trova ulteriori ragioni in alcune fondamentali letture come le Lettere dal carcere, i testi di Bertold Brecht o le poesie di Nazim Hikmet, per le quali realizza una serie di illustrazioni. Una di queste tavole contiene in nuce gli sviluppi futuri del linguaggio dello scultore: un intreccio di sbarre intrappola sparute immagini di uccelli. A Cagliari si lega presto ad alcuni artisti – tra cui Gaetano Brundu e Primo Pantoli – con i

quali partecipa al Gruppo di Iniziativa, contribuendo al rinnovamento del clima culturale sardo. L’atteggiamento che lo muove traspare chiaramente dalle note di presentazione scritte dallo stesso Pantoli per la prima personale sarda tenutasi alla Galleria Golfo degli Angeli di Cagliari nel marzo del 1961: «Staccioli ci parlava di problemi, di uomini, (non dell’Uomo) e, perché no?, di sindacati e di stipendi (e di fame), di programmi e di lotte. […] la problematica di Mauro Staccioli è problematica del ‘reale’ nel senso pieno della parola, vale a dire del ‘vissuto’, dell’attuale condizione del suo spirito…». In quella occasione sono esposti dipinti e disegni che, sebbene non raggiungano esiti originali, iniziano a rivelare una particolare sensibilità nei confronti della città e soprattutto della città come spazio vissuto, luogo dei cittadini. Una recensione della mostra ricorda che «fra i quadri esposti, la problematica di Staccioli si articola in due direzioni fondamentali: la città e la macchina. Città e macchine non viste come entità diciamo tecniche, astratte cioè da un contesto sociale. Ma città e macchine viste come termini di un’equazione il cui primo termine è sempre l’uomo.» Un’attività artistica e culturale intesa dunque come piena partecipazione alla realtà quotidiana quella di Staccioli, che certamente non sottovaluta la lezione gramsciana del necessario legame tra intellettuale e popolo, tra teoria e prassi, tra homo faber e homo sapiens. È in questi anni, e ancora di più dalla fine del 1963, quando l’artista si trasferisce a Lodi – dove ottiene un nuovo incarico di insegnamento – che inizia la sperimentazione nel campo scultoreo con una serie di opere che gli varranno l’ammissione alla IX Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma nel 1965. Le forme mantengono ancora linee morbide e richiami organici, tra naturalismo e astrazione, che ben presto però 29


degli eventi […]. Non è storia di oggi il Vietnam? E la condizione, l’esasperazione dell’uomo nelle fabbriche, nelle città, che cos’è? È vero, certe forme di linguaggio debbono rinnovarsi, ma non credo si possa rinnovare veramente rimanendo sulla superficie della tela, girando attorno al problema. In una società capitalistica come la nostra, il ruolo dell’artista – dell’arte – non è quello di produrre oggetti di consumo, idee di consumo (Mec-art), ma quello di portare avanti un discorso contestativo al sistema, un discorso che salvi l’uomo dall’automazione dell’intelligenza, dalla programmazione delle idee». Un manifesto programmatico non potrebbe essere più chiaro. A questo punto l’arte di Staccioli non solo non si appaga più della semplice bidimensionalità ed esige la terza dimensione della scultura, ma reclama anche il bisogno di “intervenire” nella società, per tentare di “scuoterla” dalla passiva accettazione di un’evoluzione che può e deve essere diversa. L’esito rimane esemplare nella storia della scultura italiana del XX secolo.

lasceranno il posto a sviluppi verticali e sempre più geometrizzanti che Staccioli definisce genericamente Città. Lodi e l’esperienza della Milano del boom economico sono certamente le chiavi di volta per leggere e comprendere gli aspetti essenziali del suo lavoro dalla fine degli anni Sessanta a tutti gli anni Settanta. Negli occhi di un volterrano, avvezzo alle dolci colline di un paesaggio toscano dove la vita è ancora scandita dal lavoro nelle campagne e dal mutare dei colori della terra, l’arrivo in una metropoli in piena espansione edilizia doveva apparire come un’enorme contraddizione. I ritmi cittadini, la metropolitana appena inaugurata che “vomitava” fuori ingenti masse di lavoratori pendolari, una crescita senza controllo e una cementificazione che andava fagocitando a ritmi impressionanti la cintura agricola milanese segnarono certamente la sensibilità dell’artista. Oltre a questi fattori va considerata la costante attività in ambito politico che, se negli anni sardi si era mantenuta a livelli ideali, con l’arrivo a Lodi assumerà toni sempre più concreti. Nominato prima segretario di sezione del Partito Comunista, dedicandosi poi prevalentemente all’insegnamento, si farà portavoce di lotte e rivendicazioni sindacali all’interno della scuola. La sensibile percezione dei cambiamenti e delle deformazioni nate dall’evoluzione della società italiana, il bisogno di contribuire a correggerle, nonchè la frequentazione quotidiana di un luogo, la scuola, che determina la formazione delle coscienze dei cittadini, inducono Staccioli a modificare profondamente la propria concezione della pratica artistica, facendolo optare per un’interpretazione dell’arte come fatto politico. I segnali di questa svolta si possono ravvisare già chiaramente nella presentazione della personale organizzata presso il Centro di cultura democratica di Cagliari nel 1968: «[…] non mi sento di accettare il ruolo dell’arte – dell’artista – come qualcosa di acritico che sta al disopra

Inizia qui il percorso di Staccioli scultore, un percorso fatto di opere plastiche e di dichiarazioni di poetica analitiche e consapevoli che non lasciano dubbi sulle sue intenzioni. La scelta fondamentale è un «uso critico» della scultura, intesa come «strumento di intervento temporaneo nella realtà, in un rapporto di interazione, per modificarne la lettura e l’uso consueto […] strumento di provocazione, di coinvolgimento e rilevamento critico, richiamo e indicazione della condizione esistenziale del presente, occasione di una discussione pubblica, collettiva»1. L’originalità di Staccioli sta nel suo metodo politico, evidente nel momento in cui la scultura non si offre solo per essere guardata ma apre la strada a scontri, dibattiti, riflessioni e prese di posizione che rivelano un autentico approccio “democratico”. L’abitudine a relazionare sulle ragioni del suo fare arte, ad organizzare incon-

Per i testi di Staccioli si rimanda all’interessante raccolta Mauro Staccioli. Idea dell’oggetto dell’idea, a cura di Francesco Tedeschi, A Arte Studio Invernizzi, Milano, 2000. In questo caso si veda il paragrafo Ambiente come sociale, p. 43.

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tri pubblici, a stendere appunti e annotazioni sul suo lavoro, rivelano un esercizio quotidiano di analisi del proprio operato, che tradisce convergenze con la pratica politica e soprattutto rispecchia l’atteggiamento di una parte del paese che allora pretendeva di partecipare attivamente al governo e alla gestione della cosa pubblica. La scelta di usare l’ambiente urbano, o più generalmente lo spazio esterno a musei e gallerie, come palcoscenico di quest’arte impegnata diventa inevitabile. La decisione non è certo solitaria, sono noti infatti gli sviluppi della “discesa in città” degli artisti nel corso degli anni Sessanta, ma i termini in cui si realizza l’operazione di Staccioli sono inediti. Da ogni parte si moltiplicavano le mostre di scultura all’aperto per rendere fruibile a “tutto il popolo” la produzione contemporanea degli artisti. Spesso però le mostre consistevano banalmente nel portare fuori dagli spazi chiusi di musei e gallerie le opere, facendo della città stessa una grande galleria all’aperto. Il più delle volte la finalità era quindi puramente estetica e presupponeva l’immagine dell’artista, che nel suo studio elabora forme che poi, invece di essere esposte al chiuso, venivano portate nelle strade e nelle piazze per essere viste da tutti. Il nodo fondamentale è che in queste operazioni non si faceva altro che cambiare la collocazione delle sculture senza cambiare invece l’approccio mentale al luogo. Staccioli invece approfondisce l’idea di “democratizzazione dell’arte” e si rende conto che spostare l’arte nelle piazze significa entrare nella vita della gente comune. Ripensa così il tradizionale ruolo dell’artista e inizia a dialogare davvero con la città, con i cittadini. Un processo che compie nel volgere di pochi anni, dal 1969 al 1972, sviluppando l’idea di una scultura pensata per un preciso contesto e realizzata il più delle volte direttamente nel luogo per cui è stata concepita. Una scultura che finisce per “abitare” quello spazio, caricandolo di nuovi significati, facendone risal-

tare le caratteristiche fisiche e culturali, evidenziandone le funzioni o soltanto rivitalizzandolo; l’inserimento di un’opera “intelligente” finisce per riattivare così le energie condensate e inespresse del contesto urbano, la scultura diventa polo magnetico che attrae nuovi significati. Staccioli sceglie prima di tutto di conservare il fondamento della scultura, creando forme non solo concrete, tangibili, ma anche perfettamente rispondenti a criteri di equilibrio e perfezione quasi classici, in anni in cui l’arte aperta al contesto urbano si affermava attraverso performance o azioni concettuali. Adotta inoltre un vocabolario di forme primarie, essenziali, dove l’elemento geometrico non è mai ricercato per le sue intrinseche qualità formali, quanto piuttosto per la sua capacità di comunicare al meglio il messaggio e di inserirsi perfettamente nei diversi contesti, in una sorta di «astrattismo empatico», come lo ha felicemente definito Lorand Hegyi2. Da ciò scaturisce anche la preferenza accordata al cemento, il materiale più affine alla sensibilità di Staccioli, al «fare intelligente della mano» che più volte si legge nei suoi scritti. Il cemento si presta a molteplici possibilità e assolve alle esigenze di nuovi mezzi e nuove tecniche, permette la realizzazione di ogni forma e di ogni dimensione. Ma in questi primi anni il cemento è anche e soprattutto materiale “comune”, nel senso proprio del termine; elemento essenziale del panorama urbano, percepito ed esperito quotidianamente, materiale semplice simbolo della città, che allo stesso tempo evoca la dimensione fredda e cruda che l’uomo vive in una realtà urbana conflittuale. In questa natura ambivalente Staccioli trova il medium più appropriato per l’espressione della sua “partecipazione attiva” nell’arte e nella società degli anni Settanta. «La scelta del cemento armato (protagonista dello sviluppo e del degrado dell’ambiente urbano)

Cfr. Lorand Hegyi, La scultura come strumento di sensibilizzazione culturale. Osservazioni sull’arte empatica di Mauro Staccioli, in Intersezioni 6. Mauro Staccioli. Cerchio Imperfetto, a cura di Alberto Fiz, catalogo della mostra, Parco archeologico di Scolacium, Catanzaro, 23 luglio - 9 ottobre 2011, Electa, Milano, 2011, pp.47-49. 2

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afferma un riscatto positivo delle sue valenze costruttive e formali.»3

con la strage di Piazza Fontana, esploderà in tutta la sua forza nel corso degli anni Settanta, per raggiungere il suo apice nel 1978 con il rapimento e l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro. In queste opere traspare tutta l’angoscia di una società che vive in un perenne stato d’assedio, sommersa ogni giorno da notizie di delitti e trame di potere, di lotte e repressione, di manifestanti e polizia. Gli interventi di Staccioli diventano l’espressione visibile di una condizione mentale che attanagliava i cittadini, di uno scontro giocato nelle strade e nelle piazze tra manganelli e spranghe. Nelle sue sculture si attua una tragica fusione tra il cemento delle strade e il ferro delle spranghe. Posizionate in strade e piazze, si trasformano in avvertimenti, in segnali di pericolo o di difesa; si evince chiaramente anche dai titoli dati dall’artista alle sculture: Barriera, Anticarro, Scultura-intervento. «Mi interessa provocare nell’individuo una riflessione critica sulla propria condizione […], coinvolgerlo in uno stato di situazione provocato dalla presenza di un’idea-oggetto. […] Non intendo perciò produrre oggetti riposanti, forme che tranquillizzino la coscienza, ma che provochino nell’individuo una azione attiva di critica del proprio stato nel mondo attuale. […] perciò lo spettatore si trova con facilità ricondotto in situazioni fisiche e mentali che quotidianamente vive.» 4 Così Staccioli spiega il suo lavoro in occasione della mostra “Volterra ‘73”. Non stupisce dunque trovare in alcuni appunti del 1976 una dichiarazione estrema: «la scultura è Seveso, la scultura è Tel Al Zaatar»5. La scultura provoca, stimola l’individuo alla riflessione, risveglia la consapevolezza del vivere quotidiano nell’età contemporanea.

Una scultura, concepita come intervento critico e dialettico in ambito urbano, non poteva non esprimere gli umori di un periodo storico così conflittuale; tanto è vero che tutta la sua produzione dal 1969 fino alla fine degli anni Settanta ne diventa una cartina al tornasole. L’evoluzione del suo lavoro ricalca anche l’evoluzione del sentire stesso dell’uomo Staccioli e il dispiegarsi delle sue opere nel primo decennio di attività deve essere egualmente letto considerando gli eventi storici coevi. Non è un caso che la sensibilità dell’artista colga in anticipo l’evoluzione violenta e contraddittoria delle istanze del ’68 che, nel corso degli anni Settanta, andrà sempre più radicandosi per sfociare in quelle forme estreme di lotta armata e terrorismo che hanno caratterizzato gli “anni di piombo”. Il 1968 infatti oltre a segnare una netta svolta sociale, è anche una data cruciale per la poetica di Staccioli. Gli esiti della “rivoluzione sessantottina”, il soffocamento delle aspirazioni di rinnovamento e la successiva “restaurazione” delle gerarchie sociali gli dovevano apparire chiari fin dall’inizio. Infatti proprio nel 1969 intraprende un percorso di riflessione critica sui fondamenti della convivenza sociale e inizia a lavorare sul concetto di uomo, proprietà privata, esclusione dai privilegi o difesa degli stessi. Orienta la sua ricerca verso la realizzazione di una serie di opere che l’artista stesso dichiara aver origine dall’analisi della condizione esistenziale dell’uomo in quel particolare momento storico. Nei solidi in cemento irti di punte e barre angolari di ferro c’è il presagio di uno scontro che, se in nuce si può leggere già alla fine del 1969

Mauro Staccioli nella relazione sul progetto per una scultura in Piazza Cermenate a Lecco, Milano, gennaio 1980. Cfr. lo scritto dell’artista in Volterra ’73. Sculture, ambientazioni, visualizzazioni, progettazione per l’alabastro, a cura di Enrico Crispolti, catalogo della mostra, Volterra, 15 luglio – 15 agosto 1973, Centro Di, Firenze, 1974, s.i.p. 5 Da alcuni appunti scritti a Pesaro nel 1976. Il disastro di Seveso ebbe luogo il 10 luglio del 1976 presso l’azienda ICMESA di Meda, quando un incidente a un reattore chimico provocò la fuoriuscita di una nube di diossina. Tel-al-Zaatar era un grande campo per profughi palestinesi situato a nord est di Beirut. Durante la guerra civile in Libano, le milizie della Falange cristiano-maronita - appoggiata e affiancata dai Siriani - assediarono lungamente il campo e dopo oltre cinquanta giorni, il 12 agosto 1976, riuscirono a entrare e compirono il massacro di oltre tremila palestinesi. 3 4

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Fin dalla prima grande personale Sculture in città a Volterra, si fa evidente l’assunto principale dell’artista: la declinazione in senso strettamente ambientale del suo lavoro. Che si tratti del contesto urbano o di quello naturale, Staccioli segue una personale via che lo porta verso il superamento delle due correnti che più gli sono affini, il Minimalismo e la Land Art. Con la prima Staccioli condivide infatti l’uso delle forme geometriche primarie, dal forte impatto fisico ma è importante rilevare come i presupposti dell’artista italiano siano completamente diversi e come egli carichi le sue forme di valenze emozionali completamente estranee ai minimalisti. Il rapporto con la seconda è invece più complesso ma vale la pena sottolineare come Staccioli introietti e porti a compimento le premesse della Land Art – che manifesta la presa di coscienza delle conseguenze dell’azione dell’artista sull’ambiente naturale e viceversa – senza modificare fisicamente l’ambiente ma solo alterando la percezione che un osservatore di quel luogo può avere. La sua infatti non è un’operazione che trasforma la struttura dello spazio o che esiste solo in quanto legata alla natura. Al contrario egli evidenzia le caratteristiche fisiche, architettoniche, storiche, culturali o estetiche dei luoghi. L’atto di inserire un “oggetto” estraneo ne riattiva la percezione. Si tratta insomma della proposta di un modello “italiano”, addirittura “toscano” – se si considera la tradizione di un arte che innalza l’uomo a misura di tutte le cose conferendogli il compito di creare e plasmare la natura stessa e se si pensa a quanto la natura fortemente antropizzata tipica del paesaggio toscano possa aver influenzato la sensibilità dell’artista – che si sviluppa cronologicamente negli stessi anni in cui la Land Art si sta affermando a livello internazionale. È piuttosto interessante osservare come da questi interventi di dimensioni ambientali nascano elaborazioni di piccole dimensioni, forme utili per

fissare in modo duraturo le idee e le esperienze maturate, considerando il carattere spesso transitorio degli interventi ambientali, almeno nella prima fase della carriera artistica. Un procedimento che stravolge la prassi tradizionale e che permette di evidenziare la particolare sensibilità propria dell’artista, capace di calibrare perfettamente una forma in uno spazio dato. Ciò che gli basta è conoscere il luogo, misurarlo con gli occhi e con i passi e impugnare una matita; le dimensioni saranno esatte. È questa la chiave della sua scultura ambientale. Ben presto nell’artista interviene una chiara presa di coscienza, accompagnata da un significativo mutamento di visione. Nel 1977 Staccioli inaugura la mostra Lettura di un’ambiente al Castello di Vigevano. Già il titolo annuncia un cambiamento: l’ambiente non viene riempito con sculture significanti, ma viene letto, e la lettura dà vita a una serie di opere che segnano una sua ulteriore maturazione. Le sculture rimangono presenze critiche, inaspettate, e per questo stimolano la riflessione; ma, da qui in avanti, gli elementi in ferro e quella particolare «volontà espressionista» (come l’ha lucidamente definita Gillo Dorfles6) che ha caratterizzato la sua produzione precedente, spariranno lentamente per lasciare posto a una più sottile e acuta interpretazione critica della realtà. Sembra di vedere, nelle opere di Staccioli, una trasposizione in scultura dell’Esistenzialismo, declinato secondo le leggi del Teatro dell’assurdo. Le opere diventeranno vere e proprie “sculture dell’assurdo”, in grado di mettere in scena i dubbi e le inquietudini dell’uomo contemporaneo. Sono forme che combattono il senso comune, vincono le leggi statiche e il conformismo, alla ricerca del valore esistenziale e delle risposte alle domande: cosa siamo, perché siamo? Non a caso queste domande ricorrono più volte negli scritti dell’artista (cosa, come, perché?) e si legano al verbo fare: cosa faccio, come fac-

Gillo Dorfles, Mauro Staccioli: l’equilibrio sospeso, in Maestri contemporanei: Mauro Staccioli, n. 47, Vanessa edizioni, s.l., (1986), s.i.p.

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cio, perché faccio? Il lavoro di Staccioli va alla ricerca di queste risposte. La svolta si manifesta sul finire dei Settanta e si attesta nei primi anni Ottanta; ancora una volta è chiaro quanto il clima e gli eventi storici abbiano avuto un ruolo determinante nello spingere l’artista su una strada nuova. È evidente che l’esasperazione della violenza non ha lasciato indifferente Staccioli: dopo gli assassini di Aldo Moro, Guido Rossa, Emilio Alessandrini, Mino Pecorelli e Giorgio Ambrosoli, nel 1980 arriva la strage di Bologna. Il clima di totale disincanto e scetticismo sulle reali possibilità di cambiamento hanno colto anche l’artista. Infatti se in quegli anni è comune al mondo culturale e intellettuale un ripiegamento intimista, Staccioli

non ne è immune e lo esprime proprio abbandonando gli aspetti più “combattivi” della sua arte per spostarsi verso atteggiamenti più “riflessivi”, verso l’espressione poetica di un pensiero, senza abbandonare però la componente politica. La scelta operata in questo volume di limitare l’analisi della scultura di Mauro Staccioli al periodo che va dal 1968-1969 fino al 1982 nasce dalla considerazione che in poco più di un decennio l’arte di Staccioli si evolve assumendo e manifestando con chiarezza i temi e le motivazioni che orienteranno tutta la successiva attività. È quindi un periodo pienamente coerente i cui estremi cronologici segnano la prima fase evolutiva del lavoro dell’artista.

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THE YEARS OF CONCRETE Simona Santini

The beginning of Mauro Staccioli’s sculpture work is closely linked to the 1970s and no critical or historical assessment of his oeuvre can ignore the social, political and cultural context that it originated from. Nevertheless, his début has to be traced back to the beginning of the 1950s when, as soon as he graduated from the Volterra Institute of Art, he started to take part in local exhibitions. The choice of subject in the paintings he exhibited shows ties with the works produced by current of realist painting in Tuscany immediately after the war. While these first attempts may still show the immaturity of his work, on the other hand they demonstrate his adherence to a current whose artistic activity revolved around social and political commitment. It is a commitment that had a profound influence on Staccioli’s work during the 1970s, leading him to subsequently make art in a less explicit and more evocative manner. In 1960 he was offered a post as art teacher at a middle school in Cagliari. His arrival in Sardinia, the clash with the urban dimension and its uncontrolled building development, but also the impact with poverty and the backwardness of the Sardinian countryside and the harsh reality of the mines, without doubt aroused new reflections in the artist. Besides, disembarking on the island that was the birthplace of Antonio Gramsci inevitably encouraged the consolidation of Staccioli’s communist political belief, a credo further strengthened by his reading of fundamental books such as Gramsci’s Letters from Prison, texts by Bertold Brecht and poems by Nazim Hikmet, for which he made a series of illustrations. One of these figures contains the embryo of how Staccioli’s sculptural language would develop in future: a mesh of bars traps emaciated images of birds. In Cagliari he quickly bonded with some artists – including Gaetano Brundu and Primo Pantoli

– with whom he took part in Gruppo di Iniziativa (Initiative Group), helping to regenerate the Sardinian cultural scene. The vocation that moved him clearly shows through in the presentation written by the same Pantoli for Staccioli’s first solo exhibition in Sardinia, held at Galleria Golfo degli Angeli in Cagliari in March 1961: “Staccioli spoke to us of problems, men, (not Man) and, why not, trade unions and wages (and hunger), plans and fights. […] the problems dealt with by Mauro Staccioli are ‘real’ in the full sense of the word, that is, they concern the ‘life lived’, the current condition of his spirit…” On that occasion he exhibited paintings and drawings which, despite not achieving original results, were starting to show a particular sensitivity towards the city and above all the city as a lived space, a place of the citizens. A review of the show remembers that “among the pictures on display, Staccioli concentrates on two fundamental problems: the city and the machine. The city and machines are not seen as, let’s say, technical entities, that is, abstract from a social context. They are city and machines seen as terms in an equation in which the first is always man.” Therefore, Staccioli’s artistic and cultural activity is full participation in everyday reality, showing that he definitely does not undervalue Gramsci’s lesson of the necessary link between intellectuals and the people, theory and practice, homo faber and homo sapiens. It is in this period, and even more from the end of 1963, when the artist moves to Lodi where he is given a new teaching post, that he begins to experiment in the field of sculpture with a series of works that would earn him a place in the Rome IX Quadriennale Nazionale d’Arte in 1965. At this point his shapes still kept soft lines and organic references, somewhere between naturalism and abstraction. Very soon, however, 35


these would leave room for vertical and increasingly geometrical tendencies defined generically by Staccioli as Città (City). Lodi and the experience of Milan during the economic boom are certainly the keys for reading and understanding the essential aspects of his work from the end of the 1960s and throughout the 1970s. In the eyes of a man from Volterra, used to the gentle hills of a Tuscan landscape where life was still marked by work in the countryside and the changing colours of the land, his arrival in a metropolis in a phase of full-on building development must have seemed an enormous contradiction. The rhythms of the city, the newly opened underground that “spewed” out enormous masses of commuters, the uncontrolled development and building that was engulfing the farming belt around Milan at an eyewatering rate without doubt made its mark on the artist’s feeling. As well as these factors, we need to consider his ongoing activity in the political sphere which, just an ideal during his years in Sardinia, became more and more concrete upon his arrival in Lodi. Appointed first as the section secretary of the Communist Party, then mainly devoting himself to teaching, he would become a spokesman for trade union struggles and protests within the school. His sensitive perception of the changes and deformations brought about by the evolution in Italian society, the need to help to correct them, as well as his daily attendance of a place – school – that forms citizen awareness, caused Staccioli to greatly change his conception of art, and to opt to interpret it as a political fact. The signs of this turnaround can already be seen clearly in the presentation of his one-man show organised at the Centre for Democratic Culture in Cagliari in 1968: “[…] I don’t feel I can accept the role of art – and the artist – as something non-critical that is somehow above events […]. Is Vietnam not today’s history? And the condition, the exasperation of men in the factories, the cit-

ies, what is that? It’s true, certain forms of language have to be renewed, but I don’t think we can really renew by remaining on the surface of the canvas, beating about the bush. In a capitalist society like ours, the role of the artist – of art – is not to produce consumer objects, consumer ideas (Mec-art), but to put forward an argument that disputes the system, an argument that saves man from the automation of intelligence, from programming ideas.” A manifesto programme could not be clearer. At this point, not only is Staccioli’s art no longer satisfied by two simple dimensions, demanding the third dimension of sculpture, but it also cries out to “intervene” in society, to try to “shake” it out of passive acceptance of an evolution that can and must be different. And the upshot contributed to the history of 20th-century Italian sculpture. This is when Staccioli started his path as a sculptor, a path made of plastic works and analytical and conscious poetic declarations that leave no doubts as to his intentions. His fundamental choice was for a “critical use” of sculptures, as “a means of intervening temporarily in a particular setting, with an interactive relationship, in order to modify the reading of this and its habitual use […] a means of provocation, of involvement, and critical interpretation, a reminder and manifestation of the present existential condition, and a opportunity for a public discussion.”1 Staccioli’s originality lies in his political method, evident the moment in which he does not just offer his sculpture to be looked at, but to open the way to clashes, debates, reflections and stancetaking that reveal an authentic “democratic” approach. His habit of making speeches on his way of making art, organising public meetings, writing notes and remarks on his work, reveals day-to-day analysis of his own work. It betrays convergences with political practice and above all reflects the attitude of part of the country who

For Staccioli’s texts please see the interesting collection by Francesca Pola ed., Mauro Staccioli. Space: a blank page (Milan: A Arte Studio Invernizzi, 2006). In this case see the section Environment as Social, p. 37.

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were insisting on taking active part in the government and management of the public sphere. The choice to use the urban environment, or more generally the space outside museums and galleries, as the stage for this committed art was to become inevitable. His decision was by no means a lonely one, as the developments of artists “taking to the streets” during the 1970s are well-known, but Staccioli’s operation took place on unprecedented terms. Everywhere open-air sculpture exhibitions were multiplying so contemporary artwork could benefit “the whole people”. However, often the exhibitions banally consisted of taking the works out of the closed spaces of museums and galleries thereby making the city itself a large outdoor gallery. Therefore, in the majority of cases the aim was purely aesthetic, implying the image of artists drafting shapes in their studios which then, instead of being exhibited indoors, were taken into the streets and squares to be seen by all. The fundamental point is that the only thing that took place in these operations was the change in the sculptures’ location, with no change in the mental approach to the place. Staccioli, on the other hand, intensified the idea of “democratising art” and realised that to move art into the streets was to enter the lives of the common people. Thus he rethought the artist’s traditional role and started to really dialogue with the city, the citizens. A process that he performed in the space of just a few years, from 1969 to 1972, developing the idea of sculpture designed for a precise context and most times actually made in the place that it had been conceived for. Sculpture that ends up “inhabiting” that space, loading it with new meanings, underlining its physical and cultural characteristics, highlighting its functions or just enlivening it. By inserting an “intelligent” work the condensed and unexpressed energies of the urban context are

reactivated, the sculpture becoming a magnetic pole that attracts new meanings. Staccioli first of all chooses to preserve the foundation of sculpture. He does not just create concrete, tangible forms, but also shapes that perfectly respond to almost classical criteria of balance and perfection, in years in which art open to the urban context was asserting itself through conceptual performances or actions. Furthermore, he adopts a vocabulary of primary, essential shapes in which he never seeks the geometrical element for its intrinsic formal qualities, but for its capacity to best get across the message and to fit perfectly into the different contexts, in a sort of “empathic abstractionism”, as Lorand Hegyi deftly defined it.2 This also gave rise to his preference for concrete, the material most akin to Staccioli’s artistic feeling, to “intelligent handiwork”, as can be read on several occasions in his writings. Concrete has multiple possibilities and meets the needs of new means and new techniques, it enables all shapes and all dimensions to be made. But in these early years concrete was also and above all a “common” material, in the proper sense of the term; an essential element in the urban panorama, perceived and experienced daily, a simple material, symbol of the city, one that at the same time conjures up the cold and raw dimension lived by man in a conflictual urban environment. In its ambivalent nature Staccioli finds the most appropriate medium to express his “active participation” in the art and society of the 1970s. “The choice of reinforced concrete (protagonist of the expansion and decay of the urban environment) reconstrues its constructive and formal values in a positive light.”3 A sculpture conceived of as a critical and dialectic operation in an urban setting necessarily

See Lorand Hegyi, “Sculpture as an instrument for cultural awareness. Observations on Mauro Staccioli’s empathic art” in Alberto Fiz, ed. Intersezioni 6. Mauro Staccioli. Cerchio Imperfetto, exhibition catalogue, Scolacium Archaeology Park, Catanzaro, 23 July - 9 October 2011 (Milan: Electa, 2011), pp. 51-53. 3 Mauro Staccioli in the project report for a sculpture in Piazza Cermenate in Lecco, Milan, January 1980. 2

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had to express the moods of such a conflictual period of history; so much so that all Staccioli’s oeuvre from 1969 until the end of the 1970s became their acid test. The evolution of Staccioli’s work as an artist also follows the evolution of his feelings as a man, and the path followed by his works in his first decade of activity must also be read while taking into consideration the historic events of the time. Tellingly, the artist senses the violent and contradictory evolution of the aspirations of 1968 in advance, aspirations that would continue to take root and result in those extreme forms of armed fight and terrorism that characterised the “years of lead” in Italy. Indeed, as well as marking a clear turnaround in society, 1968 was also a crucial date for Staccioli’s poetics. The upshot of the “revolution of ‘68”, the stifling of aspirations for renewal and the subsequent “restoration” of the social hierarchies must have appeared clear to him from the beginning. Indeed, it was precisely in 1969 that he undertook a path of critical reflection on the foundations of social coexistence and started to work on the concept of man, private property, exclusion from privileges or their defence. He directed his research towards making a series of works that he himself declared originated from the analysis of man’s existential condition during that particular moment in history. The concrete with pointed spikes and angular iron bars foretells of a clash which could be seen in embryonic form at the end of 1969 with the massacre in Piazza Fontana, exploding in all its force during the 1970s, before reaching its peak in 1978 with the kidnapping and murder of the Honourable Aldo Moro. All the anxiety of a society living in a perennial state of siege transpires from these works, a society submerged each day by news of crimes and power plots,

struggles and repression, demonstrators and police. Staccioli’s works become the visible expression of a mental condition that gnawed at the citizens, of a clash played out in the streets and in the squares with truncheons and bars. In his sculptures a tragic fusion takes place between the concrete of the streets and the iron of the bars. Positioned in streets and squares, they transform into warnings, danger or defence signals, as can also be seen clearly from the titles that the artist gives to his sculptures: Barriera (Barrier), Anticarro (Antitank), Scultura-intervento (Sculpture-intervention). “I am interested in stimulating in the individuals a critical reflection on their own condition without recounting or describing an episode, but involving them in a situation arising from the presence o fan idea-object. […] I do not, therefore, intend to produce peaceful objects – that is, forms that will tranquilize the conscience – but rather ones that will stimulate in individuals an active process of criticism of their state in the world of today. […] Thus the observers are easily guided towards physical and mental situations that they experience every day.”4 This is how Staccioli explains his work on occasion of the “Volterra ‘73” exhibition. Therefore, in some notes from 1976, it comes as no surprise to find an extreme declaration such as: “sculpture is Seveso, sculpture is Tel Al Zaatar.”5 Sculpture provokes, stimulates the individual to reflect, awakens the awareness of day-to-day living in the contemporary age. After his first big solo exhibition, Sculture in città (Sculptures in the City) in Volterra, the artist’s main undertaking becomes clear: to decline his work in a strictly environmental sense. Whether the context is urban or natural, Staccioli follows a personal route that takes him beyond

See the text by the artist in Francesca Pola ed., Mauro Staccioli. Space: a blank page (Milan: A Arte Studio Invernizzi, 2006), pp. 30-31. 5 From some notes written in Pesaro in 1976. The Seveso disaster took place on 10 July 1976 at the company from Meda, ICMESA, when an accident in a chemical reactor caused the emission of a cloud of dioxin. Tel-al-Zaatar was a large refugee camp for Palestinians situated to the north-east of Beirut. During the civil war in Lebanon, the militias of the Christian-Maronite Phalange – supported and flanked by the Syrians – laid the camp to a long siege. After more than fifty days, on 12 August 1976, they managed to enter the camp, massacring more than thirty thousand Palestinians. 4

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the two currents most akin to him: Minimalism and Land Art. With the first Staccioli indeed shares the use of primary geometric forms, with a strong physical impact, but it is important to point out how the Italian artist’s presuppositions are completely different and how he loads his forms with emotional values that are completely alien to the Minimalists. His relationship with the second is instead more complex but it is worth underlining how Staccioli interjects and fulfils the premises of Land Art – which shows the new-found awareness of the consequences of artists’ action on the natural environment and vice-versa – without physically changing the environment but just changing the perception that the onlooker can have of the place. His work does not transform the structure of the space nor does it only exist in its link with nature. On the contrary he highlights the places’ physical, architectural, historic, cultural or aesthetic characteristics. The act of inserting an alien “object” reactivates how the places are perceived. In short, if one is to consider the tradition of an art that raises man to the same level as all things by giving him the task of creating and moulding nature itself and to think of how strongly the nature shaped by man typical of the Tuscan landscape may have influenced the artist’s feeling, what Staccioli was proposing was an “Italian” model – a “Tuscan” model even – which developed chronologically in the same years as Land Art was asserting itself on an international scale. It is quite interesting to observe how these interventions of environmental dimensions bring about formulations of small dimensions, useful shapes for fixing ideas and experiences gained in a lasting manner, considering the often transitory nature of Staccioli’s creations, at least in the first phase of his artistic career. His is a procedure that upsets traditional praxis and enables the artist to highlight his particular feeling, so he can perfectly calibrate a shape to a given

space. It is enough for him to know the place, measure it with his eyes and with his steps, and take hold of a pencil; the dimensions will be exact. This is the key to environmental sculpture. Very soon Staccioli was to clearly gain consciousness, along with a significant change in vision. In 1977 Staccioli inaugurated the exhibition Lettura di un’ambiente (Reading an Environment) at Castello di Vigevano. The title already announces a change: the environment is not filled with significant sculptures, but is read, and the reading gives rise to a series of works that mark a further stage in the artist’s maturity. The sculptures remain critical, unexpected presences, and this is why they stimulate reflection; but, from here on, the elements in iron and that particular “expressionist will” (as Gillo Dorfles brilliantly defines it)6 which characterised his previous work, would slowly disappear to leave room for a more subtle and acute critical interpretation of reality. In Staccioli’s works, it is like seeing the transposition of Existentialism into Sculpture, declined according to the law of the Theatre of the Absurd. The works would become real and proper “sculptures of the absurd” able to stage the doubts and uneasiness of contemporary man. They are forms that fight common sense, and defeat the laws of statics and conformism in search of the value of existence and answers to the questions: what are we, why are we? Tellingly, these questions (what, how, why?) recur several times in the artist’s writings and are linked to the verb “to do”: what am I doing, how do I do it, why am I doing it? Staccioli’s work goes in search of these answers. The turn becomes evident at the end of the 1970s and is attested at the beginning of the 1980s; once again it is clear how much the climate and historic events had a determining role in pushing the artist to a new path. It is evident that the worsening of the violence did not leave

Gillo Dorfles, “Mauro Staccioli: l’equilibrio sospeso”, in Maestri contemporanei: Mauro Staccioli, no. 47 (s.l.: Vanessa edizioni, 1986), n.p.

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Staccioli indifferent: after the assassinations of Aldo Moro, Guido Rossa, Emilio Alessandrini, Mino Pecorelli and Giorgio Ambrosoli, in 1980 came the Bologna massacre. The climate of total disenchantment and scepticism on the real possibilities for change also captured the artist. Indeed, while in those years the cultural and intellectual worlds were retreating into the sphere of intimacy, Staccioli was not immune to this and expressed this precisely by abandoning the more “combative” aspects of his art to shift towards more “reflective” attitudes, towards a

poetic expression of thought, without, however, abandoning the political component. The choice made in this volume to limit the analysis of Mauro Staccioli’s sculpture to the period from 1968-1969 to 1982 comes about from the consideration that in just over a decade Staccioli’s art evolves to take up and clearly show the themes and motivations that would orient all his subsequent activity. Therefore, it is a totally coherent period, whose beginning and end mark the first phase in the evolution of the artist’s work.

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Mauro Staccioli durante la realizzazione in situ di Spazio attivo struttura, Studio Marconi, Milano, 1975, foto Enrico Cattaneo


1 Senza titolo (1965) gesso patinato (dispersa) 2 Senza titolo (1965) gesso patinato (dispersa) 3 Senza titolo (1965) gesso patinato (dispersa) 4 Senza titolo (1965) gesso patinato, 28×46×32 cm 5 Senza titolo (1965) gesso patinato, 34×40×35 cm 6 Città (1966-67) gesso patinato (dispersa) 7 Città (1966-67) gesso patinato, 31×Ø 31 cm 8 Città (1966-67) gesso patinato, 32×36,5×27 cm 9 Città (1966-67) gesso patinato, 79,5×62×28 cm (danneggiata)

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Dal 1968 Staccioli rivoluziona il suo modo di fare arte rispondendo al bisogno di intervenire nella società. Abbandona l’attività politica, decide di partecipare e denunciare le condizioni di vita dell’uomo in modo concreto e antiretorico attraverso il lavoro artistico. Una serie di disegni dal carattere sostanzialmente progettuale, rivelano il primo campo d’indagine dell’artista: le barriere che separano fisicamente gli uomini tra loro, rappresentazioni reali della condizione esistenziale dell’uomo nella società. Saracinesche chiuse, muri, cancellate, fili spinati sono i sintomi di una collettività che ha perso l’idea del bene comune in nome dell’accumulo di beni privati. La riflessione sul concetto di proprietà privata è un caposaldo del pensiero comunista e Staccioli con questi lavori dichiara il suo retroterra politico-culturale, realizzando progetti che sono espressioni concrete delle teorie del materialismo storico. Queste riflessioni generano una prima serie di sculture nelle quali l’elemento principale è il muro: strutture intonacate a cemento o pilastri che terminano con punte e vetri rotti sulla sommità. Le opere derivano direttamente dall’osservazione delle modalità che la città ha messo in atto per difendere la proprietà privata e i privilegi di pochi, rendendo inaccessibili alcuni luoghi. Sculture come materializzazione degli ostacoli che negano agli uomini gli stessi diritti e le stesse opportunità. Staccioli proprio in quegli anni realizza un ciclo di fotografie per documentare i mezzi di difesa adottati dalla città borghese, dove muri, cancelli, inferriate, barriere testimoniano le forme di protezione di chi ha accumulato contro chi invece stenta a vivere. In questo senso il progetto dell’artista di realizzare un nucleo di calchi (ne rimangono solo due esemplari) dell’intero corpo umano risulta eloquente. In una società fondata sull’economia liberale e sull’idea di un progresso connesso all’aumento del profitto e della ricchezza, la potenzialità di un calco di riprodurre in serie un oggetto si trasforma, se applicata al corpo umano, in un’immagine agghiacciante: il primo passo verso la riproduzione meccanica e in numero infinito dell’uomo stesso, al servizio della produzione.

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10 Senza titolo (1970) pastello e china su carta di giornale 39×54 cm 11 Senza titolo (1970) pastello e china su carta di giornale, 40×55,5 cm 12 Senza titolo (1970) pastello, china e tempera su carta da spolvero, 28,2×107,8 cm


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Since 1968 Staccioli revolutionizes his way of making art by responding to the need to intervene in society. Having abandoned active politics, his artwork becomes his way to participate and denounce man’s living conditions in a concrete and anti-rhetorical manner. A series of drawings which are substantially drafts reveal the artist’s first field of investigation: the barriers that separate men physically from each other, real representations of man’s existential condition in society. Closed shutters, walls, gates, barbed wire are the symptoms of a collectivity that has lost the notion of common good in the name of the accumulation of private goods. Reflection on the concept of private property is a cornerstone of Communist thought and with these works Staccioli declares his political-cultural background, coming up with projects that are concrete expressions of the theories of historical materialism. These reflections generate a first series of sculptures in which the main element is the wall: structures plastered with concrete or pillars that terminate with spikes and broken glass on the top. The works derive directly from observation of the procedures that the city has implemented to defend its private property and the privileges of the few, making some places inaccessible. Sculptures as the materialisation of obstacles that deny men the same rights and opportunities. In these same years Staccioli takes a series of photographs to document the means of defence adopted by the bourgeois city, where walls, gates, railings and barriers embody the forms of protection put in place by those who have accumulated against those who instead struggle to get by. To this effect, the artist’s project to create a set of casts (of which only two remain) of the whole human body is an eloquent one. In a society based on the liberal economy and on the idea of a progress connected to increasing profits and wealth, if applied to the human body, the potentiality of a cast to reproduce a series of a single object is transformed into a chilling image: the first step towards the mechanical and infinite reproduction of man himself, at the service of production. 16

13 Paesaggio urbano, 1971 pastello e china su carta di giornale, 40×56 cm 14 Senza titolo (1970) pastello, tempera, china e grafite su cartone tipo cuoio 71×49,5 cm 15 Senza titolo (1970) pastello e grafite su cartone tipo cuoio, 70,5×49,7 cm

16 Griglia (1970) pastello su carta di giornale, 53,7×27,4 cm 17 Senza titolo (1968) calco in gesso, 224×75×6 cm 18 Senza titolo (1968) calco in gesso, 210×77×6 cm


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19 Paesaggio (1970) pastello, china e biro blu su carta di giornale, 55,6×26,8 cm 20 Muro (1970) pastello e china su carta di giornale, 38,5×52,4 cm 21 Muro (1969) gesso patinato, legno, vetro, 220×23×24 cm

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22 Proprietà privata (1970) pastello e china su carta di giornale 43×59 cm 23 Ambiente (1970) pastello su carta di giornale 37,8×24,8 cm 24 Senza titolo (1971) pastello su carta di giornale 59×43 cm 25 Senza titolo (Muro), 1969 mattoni, vetri, ferro armato 230×25×40 cm (dispersa)

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26 Senza titolo (1971) pastello e grafite su cartone tipo cuoio, 72,3×51,9 cm 27 Senza titolo, 1971 pastello, china e grafite su cartone tipo cuoio, 72,7×51,5 cm 28 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70,5×49,5 cm 29 Senza titolo, 1969-71 gesso (2 elementi), 30×30×160 cm; 30×60×180 cm (dispersa) 27


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30 Senza titolo, 1971 pastello, grafite e china su cartoncino ingres, 70×50 cm 31 Senza titolo, 1971 pastello e china su cartone tipo cuoio, 70×50 cm 32 Pilastro, 1969 legno nero e gesso, 230×25×30 cm (dispersa) 33 Senza titolo, 1969 gesso bianco, 230×30×25 cm (dispersa)

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Tra le opere concepite nell’ambito della riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo, lo sviluppo della tematica dei Muri dà vita a una serie di lavori nei quali la reiterazione di queste strutture, con tutti i loro contenuti allusivi, si carica di ulteriore significato mediante l’aggiunta di alcuni strumenti in ferro: punte, ganci da macellaio, grate e inferriate. Così trasformati i muri diventano porte di celle, barriere impossibili da oltrepassare, strutture su cui sospendere carcasse di animali, o forse anche di uomini, sacrificati sull’altare del progresso e immolatisi per difendere un ideale. E non ci sono dubbi che questi ganci e queste celle nascano anche dal ricordo delle torture e delle stragi perpetrate dai nazi-fascisti nei confronti dei partigiani: i ganci da macellaio utilizzati per impiccare gli antifascisti rimangono come incubi nei ricordi dei testimoni. Seguendo questa linea Staccioli sviluppa le cosiddette Situazioni-ambiente, installazioni nelle quali l’artista non si limita a creare un’opera ma propone uno spazio significante che coinvolge lo spettatore. Una prima elaborazione consiste nel Progetto Minosse, un intervento che prevede un labirinto di 5 metri per 5 sui cui muri pendono grandi e robusti ganci da macellaio. Così Staccioli lo descrive: «Ambiente-idea che coinvolga, che agisca in modo totale circondando l’individuo, costringendolo a vivere una situazione, a stabilire con essa un rapporto che non sia esteticamente di tipo aristocratico e tradizionale. Un rapporto diretto e immediato, quindi, dal di dentro dell’opera.»1 Rappresentazione fisica della condizione esistenziale, il labirinto intrappola l’uomo che non può che constatare la sua impotenza di fronte ai ganci di ferro, simbolo di violenza e strumento di morte. Il progetto non è mai stato realizzato ma il modello in scala e due muri con ganci di ferro furono esposti nell’aprile del 1972 in occasione della Rassegna San Fedele2 alla Galleria San Fedele a Milano.

Among the works conceived of as part of his reflection on man’s existential condition, his extension of the topic of Muri (Walls) gives rise to a series of works in which the reiteration of these structures, with all their allusive contents, is laden with further meaning thanks to the addition of some iron tools: spikes, meat hooks, grates and railings. Transformed as such, the walls become cell doors, barriers which are impossible to break through, structures on which to hang animal carcasses, or perhaps even human corpses, sacrificed at the altar of progress and immolated to defend an ideal. And there are no doubts that these hooks and these cells also issue from the memory of the tortures and massacres perpetrated by the Nazi-Fascists against the partisans: the meat hooks used to hang the anti-Fascists remain nightmares in the memories of those who witnessed them. Following this line, Staccioli develops the so-called Situazioni-ambiente (Situations-environment), installations in which the artist does not restrict himself to creating a work but proposes a significant space that involves the spectator. A first conception is the Progetto Minosse (Minos Project): an intervention creating a labyrinth measuring 5

Cfr. Mauro Staccioli, Situazione-Ambiente: Progetto Minosse, in Mauro Staccioli. Idea dell’oggetto dell’idea, a cura di Francesco Tedeschi, A Arte Studio Invernizzi, Milano, 2000, p. 57. 2 La mostra degli artisti selezionati dal Centro San Fedele si tenne dal 5 al 15 aprile 1972, anche se l’opera era già stata presentata l’anno precedente. Le proposte furono vagliate da una giuria composta da Davide Boriani, Sergio Dangelo, Rino Crivelli, Carlo Nangeroni e Claudio Olivieri. Questa edizione della rassegna si articolò in dodici manifestazioni programmate nel corso di un anno, dal novembre 1971 al giugno 1972. Cfr. Rassegna San Fedele 2 1971/1972, catalogo della mostra, Galleria San Fedele, Milano, Edizioni Centro Culturale San Fedele, Milano, 1972. 1

34 Senza titolo, 1969 pastello e china su carta di giornale, 51,4×34,5 cm 34


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metres by 5, with walls hung with big, robust meat hooks. This is how Staccioli describes it: “Environment-idea that involves, acts in a total way, surrounding the individual, forcing him to live a situation, to establish a relationship with it that aesthetically is not of an aristocratic or traditional kind. Thus the relationship is direct and immediate, coming from inside the work.”1 A physical representation of the existential condition, the labyrinth traps man, who can but note his impotence in the face of the iron hooks, symbol of violence and instrument of death. The project was never made, but the scale model and two walls with hooks were displayed in April 1972 on occasion of the Rassegna San Fedele (San Fedele Exhibition)2 at Galleria San Fedele in Milan.

See Mauro Staccioli, “Situazione-Ambiente: Progetto Minosse”, in Francesco Tedeschi ed., Mauro Staccioli. Idea dell’oggetto dell’idea (Milan: A Arte Studio Invernizzi, 2000), 57. 2 The exhibition of the artists selected by Centro San Fedele was held from 5 to 15 April 1972, even though the work had already been presented the year before. The pieces were judged by a jury comprising Davide Boriani, Sergio Dangelo, Rino Crivelli, Carlo Nangeroni and Claudio Olivieri. This particular exhibition was divided into twelve displays scheduled over a year, from November 1971 to June 1972. See Rassegna San Fedele 2 1971/1972, exhibition catalogue, Galleria San Fedele, Milan (Milan: Edizioni Centro Culturale San Fedele, 1972). 1

35 Senza titolo “Progetto Minosse”, 1971-72 maquette in legno laccato, 25×63×63 cm


36 Senza titolo, 1969 legno verniciato nero e ferro (dispersa) 37 Senza titolo, 1969 pastello e china su cartone tipo cuoio, 70,8×50,7 cm 38 Muro con gancio, 1972 legno intonacato a cemento e gancio in ferro, 200×100×16 cm

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39 Senza titolo, 1969 legno verniciato nero e ferro, 220×100×7 cm 40 Cemento e gancio, 1971 legno intonacato a cemento e gancio in ferro, 200,5×50×16 cm

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Parallelamente alle riflessioni sulla proprietà privata e sull’uomo, Staccioli realizza un gruppo di opere, coerenti per tematiche e soluzioni costruttive, in cui assembla cubi di cemento e tubi in lamiera, ferro o plastica. Non dimentichiamo che cemento e tubi, quelli “Innocenti” per esempio, erano molto diffusi nel panorama dei grandi cantieri edilizi ed erano strutture semplici che però sostenevano la città e le sue costruzioni. Ferro e cemento quindi rappresentavano elementi essenziali della capacità dell’uomo di costruire, una competenza che Staccioli ritiene fondamentale per un “fare intelligente” e che certamente trae dal mestiere del padre, muratore, che gli aveva insegnato i rudimenti della costruzione. Sono opere che rivelano una particolare percezione dell’elemento tubolare, analizzato in un suo duplice e contraddittorio aspetto: esaltato nelle sue valenze estetiche e per il suo utilizzo positivo – nella “nobile” pratica del costruire appunto o per i servizi ai cittadini – il tubo è anche capace di sintetizzare l’immagine di un paesaggio urbano e di una civiltà industriale che cresce senza principi etico-morali. I tubi infatti non solo canalizzano acqua e gas ma anche vapori inquinanti e sostanze tossiche. Proprio in occasione della mostra Intox3 alla Maison de la Culture di Grenoble nel 1971, Staccioli elabora l’installazione intitolata Altare, formata da 9 elementi identici – consistenti ognuno in un tubo di cemento-amianto (eternit) e in un più sottile tubo di plastica – che intendevano rappresentare in maniera simbolica ed essenziale i ceri delle chiese. Nella lettera di risposta all’invito di partecipazione alla mostra l’artista stesso dichiara le sue intenzioni: «Sottolineare una forma di intossicazione alla quale tutti siamo soggetti e dalla quale è necessario liberarci: l’educazione cristiana dei cui precetti va orgogliosa tutta la borghesia occidentale; borghesia che in nome dei sacri valori spirituali ha saputo donarci i migliori esempi di fascismo fin’oggi conosciuti»4. L’enfasi politica ancora evidente qui lascia però trapelare il fastidio di vivere in una città che mostrava evidente il divario tra ricchezza e povertà, tra chi detiene il potere e chi invece lo subisce. L’uso del cemento-amianto, i cui effetti nocivi erano noti fin dall’inizio degli anni Sessanta ma che erano tenuti segreti a operai e costruttori, diventa ulteriore simbolo di critica feroce a un sistema di produzione che andava avanti anche a discapito della vita stessa. La mostra organizzata dalla Maison de la Culture di Grenoble si tenne dal 14 settembre al 14 novembre 1971. Cfr. Intox, catalogo della mostra, Maison de la Culture, Grenoble, s.n., s.l., 1971, s.i.p. 4 Da una lettera di Mauro Staccioli datata 5 giugno 1971, conservata nell’Archivio Staccioli. 3

41 Tubo di scarico (1970) pastelli e china su carta di giornale, 55,7×19,7 cm 41


Parallel to the reflections on private property and man, Staccioli makes a group of works following consistent topics and construction solutions, in which he assembles concrete cubes and sheet metal, iron or plastic tubes. Let us not forget that concrete and tubes, made by “Innocenti” for example, were a very common sight on the big building sites; simple structures which nonetheless supported the city and its constructions. Iron and concrete were therefore essential elements of man’s capacity to build, a skill that Staccioli deemed fundamental in order to “make intelligently” and he certainly draws from the profession of his father – a builder – who had taught him the basics of construction work. They are works that reveal a particular perception of the tubular element and analyse its dual and contradictory aspect. While praising it for its aesthetic qualities and its positive use – namely in the ‘noble’ practice of building or in services to the citizens – the tube also sums up the image of an urban landscape and an industrial civilization growing without ethical or moral principles. Indeed not only do tubes channel water and gas, but also pollutant vapours and toxic substances. On occasion of the Intox3 exhibition at the Maison de la Culture in Grenoble in 1971, Staccioli creates the installation entitled Altare, formed from 9 identical elements – each consisting of an asbestos cement tube and a thinner plastic one – which are intended to provide a symbolic and essential representation of church candles. In his letter of response to the invitation to take part in the exhibition, the artist himself declares his intentions: “To underline a form of intoxica-

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tion to which we are all subject and need to free ourselves: Christian education of whose precepts all Western bourgeoisie goes proud; the bourgeoisie who in the name of sacred spiritual values were able to give us the best examples of Fascism known to date.�4 Through the still evident political emphasis, however, one can make out his annoyance at living in a city with an obvious gap between rich and poor, between the holders of power and those subject to it. The use of asbestos cement, whose harmful

effects had been known since the beginning of the 1960s but were kept secret from workers and builders, becomes a further symbol of fierce criticism against a production system advancing even to the detriment of life itself. The exhibition, organised by the Maison de la Culture in Grenoble, was held from 14 September to 14 November 1971. See Intox, exhibition catalogue, Maison de la Culture, Grenoble (s.l.: n.p., 1971), n.p. 4 From a letter by Mauro Staccioli dated 5 June 1971, kept in Staccioli Archive. 3


42 Senza titolo (1970) pastello e china su cartone tipo cuoio, 72,2×51,7 cm 43 Senza titolo, 1969-71 cemento e tubo in ferro, tre elementi, cubo 40×40×40 cm tubo Ø 10 cm (dispersa) 44 Altare, 1971 tubo in cemento-amianto (75×Ø15× cm), tubo di plastica (190×Ø6), 265×15 cm (9 elementi), esposti con cubo in cemento, 50×50×50 cm e carbone (dispersa) 45 Senza titolo, 1971 pastello, tempera e china su cartonlegno, 71,3×51,2 cm 46 Senza titolo, 1971 pannello di compensato intonacato, tubo di plastica 200×50×20 cm (dispersa) 47 Senza titolo, 1969 cemento e tubo in lamiera verniciata (dispersa) 48 Senza titolo, 1971 cemento e tubo in lamiera verniciata, ???×70×70 cm

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49 Senza titolo (1971) pastello e china su cartone tipo cuoio, 72,2×51,7 cm 50 Senza titolo (1971) pastello, tempera e china su cartone tipo cuoio, 71,5×51 cm 51 Senza titolo, 1971 pastello, tempera, china e grafite su cartone tipo cuoio, 71,5×49,8 cm 52 Tubo, 1970 cemento e tubolare curvo in ferro, 245×50×50 cm

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Nel febbraio del 1972 alla Galleria Inquadrature5 di Firenze Staccioli presenta una personale nella quale riunisce per la prima volta alcune delle opere che andava elaborando dalla fine degli anni Sessanta. In una piccola sala espone alcuni Anticarro che, insieme ai Muri e ai Tubi, raccontano l’opera dell’artista in questi anni. Il solo titolo rivela tutta la carica evocativa contenuta in queste macchine da guerra. Tali ostacoli di legno e ferro o di cemento e ferro, nella purezza delle forme, fondono insieme echi medievali e ricordi recenti, battaglie di fanti e cavalieri, sbarchi di truppe e carri armati; sono novelli Cavalli di Frisia per i nuovi scenari di guerriglia urbana. Strumenti di battaglia antichi, simboleggiano l’eterno conflitto tra gli uomini e l’impossibilità di raggiungere un ideale di pace. Sono qui riassunte le tensioni di un’epoca difficile e contraddittoria, scoppiata il 12 dicembre del 1969 con il fragore della bomba in Piazza Fontana, proseguita con la morte di Pinelli e ancora, esattamente un anno dopo, con il fallito Golpe Borghese e la precisa consapevolezza che forze deviate decidevano il futuro di un paese stretto sotto assedio. Presenta inoltre un nucleo di disegni realizzati su cartone cuoio che rispecchiano perfettamente le sculture già realizzate o in via di elaborazione. E mentre altri artisti adottano la città come scenografia per la messa in scena delle loro opere, Staccioli quella stessa città la assorbe, la vive intensamente e la riversa nelle casseformi insieme al cemento, dando vita a eccezionali condensati di significato che esprimono inequivocabilmente il clima inquieto e aggressivo degli “anni di piombo”.

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La galleria, diretta da Marcello Innocenti, ospitò la personale di Staccioli dal 12 al 29 febbraio 1972.

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53 Anticarro, 1970 cemento e barre di ferro angolari, 40×40×40 cm 54 Anticarro, 1969 maquette in legno verniciato e chiodi in ferro, 9,5×9,5×9,5 cm 55 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio 70×50 cm 56 Barriera, 1970-92 cemento e ferro verniciato 83,5×83,5×83,5 cm 57 Situazione Barriera, 1969-70 legno sagomato e verniciato 79×79×79 cm

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In February 1972 at Galleria Inquadrature5 in Florence, Staccioli presented a solo exhibition which for the first time brought together some of the works that he had been elaborating since the end of the 1960s. In a small room he displayed some Anticarro (Anti-tanks) which, together with the Muri (Walls) and Tubi (Tubes), recounted the artist’s work during these years. The title itself reveals the evocative charge contained in these war machines. In the purity of their forms, these wood and iron or concrete and iron obstacles blend together echoes of medieval times and recent memories, battles of foot soldiers and knights, troop landings and tanks; they are updated chevaux de frise for the new scenarios of urban warfare. Ancient instruments of battle, they symbolise the eternal conflict among men and the impossibility to achieve an ideal of peace. Staccioli sums up the tensions of a difficult and contradictory epoch, which exploded in 12 December 1969 with the bomb in Piazza Fontana, followed by the death of Pinelli and then, exactly one year later, the failed Golpe Borghese coup plot, and the clear awareness that deviated forces were deciding the future of a country under siege. He also presented a group of drawings made on leather board which perfectly reflect the sculptures already made or under conceptualisation. And while other artists were using the city as the stage for hosting their work, Staccioli was absorbing that same city, living it intensely and pouring it into formworks together with the concrete, giving rise to exceptional conglomerations of meaning that unquestionably express the restless and aggressive climate of the “years of lead”.

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58 Senza titolo “Anticarro”, 1969-72 cemento e barre angolari in ferro, 23×23×23 cm ciascuno 59 Progetto, 1972 tecnica mista su tela, 80×90 cm 60 Anticarro, 1970 cemento e barra in ferro, cubo 30×30×30 cm (dispersa)

The gallery, directed by Marcello Innocenti, hosted the Staccioli solo exhibition from 12 to 29 February 1972.

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61 Anticarro, 1974 litografia su carta, 61,9×46 cm 62 Anticarro, 1971 cemento e barre angolari in ferro, 62×62×62 cm 63 Senza titolo (Barriera), 1969-71 cemento e barra angolare di ferro, tre elementi 20×60×20 cm ciascuno 63


64 Studio Inquadrature 33, Firenze, 1972 65 Senza titolo, 1973-74 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 70×50 cm 66 Senza titolo (Barriera), 1969-71 cemento e barra angolare di ferro, cinque elementi 20×60×20 cm ciascuno 67 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm

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68 Senza titolo (Anticarro), 1973 cemento e punte in ferro, 50×50×50 cm 69 Senza titolo, 1971 pastello e china su cartone tipo cuoio, 70,8×50,7 cm 70 Senza titolo (Anticarro), 1973 maquette in legno intonacato a cemento e punte in ferro 16,5×16,5×16,5 cm 71 Galleria Toninelli, Milano, 1972 69


Dopo l’esposizione di Firenze Staccioli entra in contatto con Renzo Toninelli che organizza una mostra personale nella sua galleria di Milano6 dove l’artista ha la possibilità di allestire numerose sculture, anche di grandi dimensioni. Dalla documentazione fotografica di Enrico Cattaneo7 emerge un provocatorio contrasto tra le opere e gli interni curati e un po’ retrò della galleria, che diventano covi dove “un cittadino al di sopra di ogni sospetto” ha nascosto gli strumenti per difendersi o contrattaccare. A fianco degli Anticarro si vedono infatti le Barriere, cubi di cemento che reggono lunghe barre di ferro acuminate o piegate a uncino, oppure ancora lastre di cemento dalle quali fuoriescono serie di punte di ferro che richiamano alla mente le bande chiodate dei posti di blocco. Sono già in gran parte presenti tutte le forme che saranno sviluppate negli anni successivi. Tra le barriere, quella intitolata Barriera Portello richiama immediatamente alla memoria la produzione automobilistica e soprattutto lo storico stabilimento Alfa Ro-

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meo, simbolo della Milano industriale ma ormai, negli anni Settanta, emblema anche della crisi e delle lotte operaie.8 La storica Galleria Toninelli Arte Moderna aveva due sedi, una a Milano e una a Roma. 7 Enrico Cattaneo (Milano, 1933) si occupa di fotografia fin dagli anni Cinquanta. Inizialmente predilige il reportage e il racconto sociale per poi dedicarsi, dagli anni Sessanta, all’arte e agli artisti fotografando opere, mostre, installazioni, eventi. Collabora con pittori, scultori, architetti, gallerie ed editori d’arte contemporanea. Numerose sono le mostre personali e le collettive in Italia e all’estero così come le monografie d’arte e i cataloghi corredati da sue fotografie. Cattaneo ha stabilito con Staccioli un intenso sodalizio professionale, seguendone l’attività fin dalla fine degli anni sessanta, accompagnandolo in tutte le più importanti occasioni, documentando oltre ai lavori finiti anche le diverse fasi di lavorazione. Le sue fotografie sono quindi fondamentali per conoscere il lavoro dell’artista. 8 Prima dell’industrializzazione la zona del Portello era celebre per essere il principale punto di collegamento tra città e campagna e centro dal quale si diramavano le vie di comunicazione verso nord ovest. In seguito fu uno dei primi nuclei di espansione dell’industria milanese. 6


After the Florence exhibition, Staccioli came into contact with Renzo Toninelli, who organised a one-man show in his Milan gallery6 where the artist had the possibility to display numerous sculptures, some of which very large. From the photographic documentation by Enrico Cattaneo,7 a provocative contrast emerges between the works and the well-kept and slightly retro interiors of the gallery which become hideouts where “a citizen above all suspicion” has hidden the tools to defend himself or counterattack. Alongside the Anticarro (Anti-tank) we see the Barriere (Barriers), concrete cubes that support long sharp or hooked iron bars, or slabs of concrete with a series of iron spikes jutting out, recalling the nailed strips in roadblocks. A large part of the forms that he would go on to develop in the following years are already present. Among the barriers, the one entitled Barriera Portello immediately brings to mind car manufacture and above all the historic Alfa Romeo factory, the symbol of industrial Milan, at this point in the 1970s however, also an emblem of the industrial crisis and strikes.8

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The historic Galleria Toninelli Arte Moderna had two premises, one in Milan and one in Rome. 7 Enrico Cattaneo (Milan, 1933) has worked in photography since the end of the 1950s. At first he favoured reportage and social narrative, then in the 1960s he started to devote himself to art and artists, photographing works, exhibitions, installations and events. He works alongside painters, sculptors, architects, galleries and contemporary art publishers. His photographs have accompanied numerous solo and group exhibitions in Italy and abroad as well as art monographs and catalogues. Cattaneo established an intense working relationship with Staccioli and has followed his work since the end of the 1960s. Accompanying him on all the most important occasions, not only has he documented the finished works but also the various stages of his work in progress. Therefore, his photographs are fundamental in order to truly know the artist’s work. 8 Before industrialisation, the Portello district was famous as the main hub linking the city with the countryside and the place where the communication routes branched north-west. Afterwards it became one of the first cores of Milan’s industrial expansion. 6

72 Galleria Toninelli, Milano, 1972 73 Galleria Toninelli, Milano, 1972


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74 Sbarra inclinata, 1972 cemento e barra angolare in ferro, 50×50×40 cm (dispersa) 75 Senza titolo, 1974 serigrafia su carta, 50×70 cm 76 Spazio occupato, 1971 cemento e punta in ferro, 25×60×60 cm 77 Senza titolo, 1971 cemento e ferro, 200×40×40 cm 78 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm 79 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×49,5 cm 74

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80 Sbarra taglio, 1972 cemento e barra in ferro, 31×50×50 cm 81 Cemento e ferro, 1972 tecnica mista su tela, 120×120 cm 82 Sbarra taglio, 1972 cemento e barra in ferro (dispersa) 83 Senza titolo, 1972 penna biro e matita su carta, 25×17,5 cm 82


84 Sbarra e cemento, 1970 cemento e barra angolare in ferro, 242×43×43 cm 85 Senza titolo (Sbarra e cemento), 1970 legno intonacato a cemento e barra in acciaio inox, 31×9×9 cm 86 Senza titolo, 1973 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 70×50 cm

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87 Sbarra e cemento, 1972 cemento e barra in ferro, 171×20×29,5 cm 88 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm 89 Senza titolo, 1971 cemento e barra in ferro, 270×50×50 cm 90 Senza titolo (Barriera), 1971 cemento e tubolari di ferro acuminati, 250×84×22 cm

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91 Piramide, 1971 cemento e acciaio inox 55×50×50 cm 92 Barriera Portello, 1970 legno intonacato a cemento e punta in acciaio inox due elementi 51×36×21 cm e 51×48×21 cm 93 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm 94 Senza titolo, 1995 progetto a penna biro su cartoncino 21,5×15,5 95 Senza titolo 1970-95 cemento e due punte in acciaio inox due elementi 201,5×109,5×40 cm ciascuno 96 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino 12×16 cm 95


I limiti posti da uno spazio chiuso di una galleria spingono Staccioli a impegnarsi per realizzare finalmente un piano di interventi in ambiente urbano, che fino ad allora non era riuscito a concretizzare. «Pur nella piena riuscita dell’esperienza (la personale da Toninelli, ndr), mi convinsi sempre più che il mio lavoro era come soffocato dentro alla galleria, che in un certo senso le misure e i significati non corrispondevano: mi accorsi di come la mia scultura avesse bisogno di esprimersi fuori, in ambito pubblico, in uno spazio socialmente attivo, proprio nel mezzo della vita di tutti i giorni.»9 Le opere si fanno grandi, commisurate all’uomo e agli spazi in cui vive e agisce. Con il sostegno economico di Toninelli, Staccioli organizza nella sua Volterra la mostra Sculture in città10 che si tiene tra il 9 agosto e il 9 settembre del 1972, accompagnata dalla presentazione di Enrico Crispolti11. È questa certamente la prima occasione in cui si fa strada la precisa volontà di rendere l’ambiente parte integrante dell’opera d’arte. Da questo momento nel lavoro di Staccioli il luogo in cui si colloca, e spesso si realizza, l’intervento scultoreo risulta essere indispensabile all’intervento stesso. L’artista sceglie una serie di siti significativi nella storia e nella percezione della città e lì colloca le sue opere, ideate appositamente per quella situazione, mettendo a punto una prassi che osserverà puntualmente in tutti i lavori successivi. Da Piazza dei Priori alla Porta all’Arco, da Piazza San Giovanni alle Mura etrusche, Staccioli dissemina le sue sculture recuperando la storia secolare di questo borgo e ricollegandola con l’attualità, in una sorta di fusione tra passato e presente, che denuncia l’esito perennemente violento della storia. Come le Mura etrusche e la Porta all’Arco raccontano in che modo la città dovesse difendersi contro gli assalti esterni, così le sculture di Staccioli allertano il cittadino moderno degli attacchi violenti della società contemporanea. L’artista realizza quindi la teoria di pali confitti nel terreno accanto ai resti delle Mura etrusche, mentre rivolge un alto pilastro uncinato verso uno degli ingressi etruschi al centro urbano volterrano. Ma gli attacchi all’uomo spesso arrivano anche dall’interno, dalle strutture del potere, eccone allora i simboli: quello delle cariche comunali del Palazzo dei Priori e quello temporale della Chiesa con la Cattedrale e il Battistero di San Giovanni, contro i quali campeggiano piramidi appuntite, denti che escono dalla terra pronti ad attaccare. «Il discorso sulla violenza, sulla prevaricazione, sulla situazione di esasperazione della condizione umana nella società tecnologica moderna doveva calarsi in uno spazio carico di estremo fascino storico […]. Dovevo rompere questa situazione per ricondurre l’individuo, il visitatore alla condizione della realtà di oggi (dalle periferie al traffico urbano, dai tempi mentali delle catene di montaggio agli attentati al Vietnam).» In un contesto medievale da cartolina Staccioli intende denunciare un presente conflittuale che tra i mattoni rossi e le merlature si fatica a percepire; lo fa usando forme strettamente con-

temporanee, di cemento e ferro lucente. L’intervento nel Piazzale Sant’Andrea riassume l’idea dell’artista in quattro cubi di cemento con al centro lunghe barre di ferro angolari acuminate sul fronte, assemblati a formare una barriera: da un punto di avvistamento ottimale verso le colline circostanti, cubi in schieramento d’attacco, memori di antiche battaglie, sono pronti a difendere i cittadini dalle nuove minacce.

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Mauro Staccioli, in “Ogni azione dell’uomo” Dialogo sulla scultura con Mauro Staccioli, intervista di Luca Massimo Barbero, in Mauro Staccioli, Silvana Editoriale, Milano, 2006, p. 23. 10 La personale Mauro Staccioli. Sculture in città fu organizzata direttamente da Staccioli grazie al supporto della Galleria Toninelli e il fondamentale sostegno dell’allora sindaco Mario Giustarini e dell’amministrazione comunale. Si veda il catalogo Mauro Staccioli. Sculture in città, in forma di fascicolo, nella ristampa del 1973 a cura della Galleria Il Gelso di Lodi con il testo critico di Enrico Crispolti. 9

Lo storico e critico d’arte Enrico Crispolti ha seguito con attenzione l’attività di Staccioli fin dagli esordi ed è a tutt’oggi colui che ha maggiormente contribuito all’analisi e all’approfondimento dell’opera dell’artista attraverso saggi, cataloghi e curatela di mostre.

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97 Senza titolo - Barriera, Sculture in città Piazza dei Priori Volterra, 1972 prototipo in legno (poi in ferro) verniciato nero nove elementi, 220×100×100 cm ciascuno


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98 Senza titolo, 1972 Sculture in città, Mura etrusche, Volterra, 1972 legno verniciato, sei elementi, 300×Ø30 cm ciascuno 99 Barriera, 1969-72 Sculture in città, Piazzale Sant’Andrea, Volterra, 1972 cemento e barre angolari in ferro, 160×160×180 cm 100 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm 101 Barriera, 1972-09 cemento e barre angolari in ferro, 160×160×180 cm 102 Sculture in città, Volterra, 1972 cartoncino di invito con percorso della mostra 103 Condizione barriera, 1971 Sculture in città, Porta all’arco, Volterra, 1972 cemento e ferro, 360×125×85 cm (parallelepipedo di cemento, 90×85×85 cm smantellato a fine mostra)

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The restrictions of a closed space in a gallery drove Staccioli to set to work to finally realise a work project in the urban environment, which until this point he had not been able to bring to fruition. “Even though the experience was fully successful, I was increasingly persuaded that my work was as if suffocated in the gallery, that in a certain sense the sizesand meanings didn’t match; I realized that my sculpture needed to express itself outside, in a public context, in a socially active area, right in the middle of everyday life.”9 His works become big, commensurate with man and the spaces in which he lives and acts. With economic backing from Toninelli, in his home town of Volterra Staccioli organised the Sculture in città (Sculptures in the City)10 exhibition which was held between 9 August and 9 September 1972, accompanied by a presentation by Enrico Crispolti.11 This is certainly the first occasion in which his clear desire to make the environment an integral part of his artwork makes progress. From this moment in Staccioli’s work, the place in which the sculpture is positioned, and often made, is indispensable to the work itself. The artist chooses a series of important sites in the history and perception of the town to place the works that he has designed especially for those situations, implementing a praxis that he would observe punctiliously in all his subsequent works. Staccioli scatters his sculptures from Piazza dei Priori to the Porta all’Arco gate, from Piazza San Giovanni to the Etruscan walls, reclaiming the centuries-old history of the town and linking it back to the present day, in a sort of blend between past and present which denounces the perennially violent outcome of history. In the same way as the Etruscan walls and Porta all’Arco tell of how the town should defend itself against assaults from the outside, so Staccioli’s sculptures warn the modern citizen of the violent attacks of contemporary society. The artist therefore implements the theory of the poles thrust into the ground alongside the remains of the Etruscan walls, while he turns a tall hooked pillar

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towards one of the Etruscan entrances to the town centre. But the attacks on man often come from the inside, from the power structures, whose symbols are: the power of the municipal appointments of Palazzo dei Priori and the temporal power of the Church, with the cathedral and the baptistery of San Giovanni dominated by pointed pyramids, like teeth coming out of the earth ready for the attack. “The discourse on violence, misuse of power, the exasperated situation of the human condition in modern technological society had to fit into a space laden with extreme historical appeal […]. I had to upset this situation to lead the individual, the visitor, back to the condition of present-day reality (from the suburbs to the urban traffic, from the mental rhythms of the assembly belt to the attacks in Vietnam).” In a medieval picture postcard context, Staccioli’s intention is to denounce a conflictual present time that is hard to perceive among the red bricks and battlements; this he does by using strictly contemporary forms of concrete and shiny iron. The work in Piazzale Sant’Andrea sums up the artist’s idea with four cubes of concrete with long angular bars of iron in the centre, pointed at the front, assembled to form a barrier. In an optimum position looking out over the surrounding hills, the cubes are lined up, like in ancient battles, ready to defend the citizens from new threats. Mauro Staccioli, in “‘Ogni azione dell’uomo’ Dialogo sulla scultura con Mauro Staccioli”, interview by Luca Massimo Barbero, in Mauro Staccioli (Milan: Silvana Editoriale, 2006), 23. 10 The solo exhibition Mauro Staccioli. Sculture in città was organised directly by Staccioli thanks to the support from Galleria Toninelli and the fundamental sponsorship of the then mayor, Mario Giustarini, and the municipal council. See the catalogue Mauro Staccioli. Sculture in città, in pamphlet form, in the 1973 reprint edited by Galleria Il Gelso di Lodi with critical text by Enrico Crispolti. 11 The historian and art critic Enrico Crispolti has followed Staccioli’s work attentively since his début and to date he is the figure who has most contributed to analysing and investigating the artist’s work through essays, catalogues and curating exhibitions. 9


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104 Condizione barriera, 1971, Salon de la jeune sculpture, Parigi 1973 ferro verniciato nero, 270×100×34,5 cm 105 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone cuoio, 70×50 cm 106 Senza titolo, 1972, Sculture in città Piazza San Giovanni, Volterra, 1972 legno intonacato con colore sintetico, cemento e ferro 220×200×200 cm (smantellata a fine mostra) 105


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«La positiva esperienza della presenza urbana delle sculture di Staccioli convinceva a tentare una manifestazione più ampia», così a un anno di distanza dalla mostra del 1972 Enrico Crispolti organizza Volterra ’73 12, invitando alcuni artisti a realizzare interventi «non più caduti dal cielo ma studiati, adattati, in qualche caso realizzati interamente sul luogo»13. Così Staccioli torna a dialogare con la sua città natale approfondendo il discorso iniziato l’anno precedente. Stavolta l’intervento trova la sua naturale collocazione nella piana a lato della Fortezza Medicea, imponente struttura fin dalle origini destinata a uso militare e trasformata in carcere14, rappresentazione perfetta del potere coercitivo e repressivo degli stati, da quello mediceo a quello contemporaneo. Una piramide-cuneo, costruita di mattoni e rifinita a cemento, a base triangolare con una punta di ferro alla sommità, svetta sulla piana mostrando nella sua poderosa mole un intenso moto vettoriale in direzione della fortezza, che le fotografie di Enrico Cattaneo rivelano in tutta la sua energia.

“The positive experience of the presence of Staccioli’s sculptures in the urban context convinced us to attempt a larger event”, so a year after the 1972 exhibition, Enrico Crispolti organised Volterra ’73,12 inviting some artists to make works “that have not fallen from the clouds, but have been studied, adapted, and in some cases made entirely in situ”.13 So Staccioli went back to dialogue with the town of his birth, further investigating the theme begun the year before. This time his work finds its natural position on the plain alongside the Medici Fortress. An imposing structure, originally allotted for military use and then transformed into a prison,14 it is the perfect representation of the state’s coercive and repressive power, from the Medici to contemporary times. A cone/pyramid, built from bricks and finished with concrete, with a triangular base and an iron spike rising up over the plain, its mighty bulk shows an intense vectorial movement in the direction of the fortress, all its energy revealed in the photographs of Enrico Cattaneo.

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Alla mostra Volterra ’73 parteciparono i più importanti artisti italiani di quegli anni tra cui si ricordano Agostino Bonalumi, Davide Boriani, Nicola Carrino, Enrico Cattaneo, Alik Cavaliere, Gabriele De Vecchi, Teodosio Magnoni, Franco Mazzucchelli, Hidetoshi Nagasawa, Maurizio Nannucci, Ugo Nespolo, Antonio Paradiso, Gianfranco Pardi, Francesco Somaini, Giuseppe Spagnulo, Mino Trafeli, Valeriano Trubbiani. La mostra curata da Enrico Crispolti si svolse dal 15 luglio al 15 settembre 1973. Cfr. Volterra ’73. Sculture, ambientazioni, visualizzazioni, progettazione per l’alabastro, a cura di Enrico Crispolti, catalogo della mostra, Volterra, 15 luglio - 15 agosto 1973, Centro Di, Firenze, 1974, s.i.p. 13 Enrico Crispolti in Volterra ’73, catalogo provvisorio della mostra, Volterra, 15 luglio - 15 agosto 1973, Centro Di, Firenze, 1973, s.i.p.; testo poi ripubblicato nella versione definitiva del catalogo: Volterra ’73. Sculture, ambientazioni, visualizzazioni, progettazione per l’alabastro, op.cit., s.i.p. 14 La Fortezza inizialmente doveva servire a scopi difensivi ma ben presto si trasformò in un carcere per i nemici del potere mediceo: vi furono torturati alcuni dei congiurati della famiglia de’ Pazzi. In seguito furono rinchiusi qui alcuni patrioti del risorgimento e oggi è adibita a carcere di massima sicurezza.

Taking part in the Volterra ’73 exhibition were the most important Italian artists of the times, amongst whom Agostino Bonalumi, Davide Boriani, Nicola Carrino, Enrico Cattaneo, Alik Cavaliere, Gabriele De Vecchi, Teodosio Magnoni, Franco Mazzucchelli, Hidetoshi Nagasawa, Maurizio Nannucci, Ugo Nespolo, Antonio Paradiso, Gianfranco Pardi, Francesco Somaini, Giuseppe Spagnulo, Mino Trafeli and Valeriano Trubbiani. The exhibition, curated by Enrico Crispolti, took place from 15 July to 15 September 1973. See Volterra ’73. Sculture, ambientazioni, visualizzazioni, progettazione per l’alabastro, ed. Enrico Crispolti, exhibition catalogue, Volterra, 15 July - 15 August 1973 (Florence: Centro Di, 1974), n.p.. 13 Enrico Crispolti in Volterra ’73, temporary exhibition catalogue, Volterra, 15 July - 15 August 1973 (Florence: Centro Di, 1973), n.p.; text later republished in the definitive version of the catalogue: Volterra ’73. Sculture, ambientazioni, visualizzazioni, progettazione per l’alabastro, op.cit., n.p. 14 The Fortezza was initially meant to serve defensive purposes but very soon it was transformed into a prison for the enemies of the powerful Medici: some of the plotters in the Pazzi family were tortured here. Later some patriots were imprisoned here during the Risorgimento and today it is a maximum security prison.

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107 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×16 cm 108 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 8×12 cm 109 Volterra ’73, 1973, Piano di Castello, Fortezza Medicea, Volterra, 1973 travi di legno, mattoni forati in cotto, fascia di cemento e ferro 280×200×200 cm (smantellata a fine mostra) 110 Volterra ’73, 1973 maquette in legno intonacato a cemento e vernice 42×41×45 cm

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111 VII Biennale d’arte del metallo, Gubbio, 1973 112 Senza titolo (1973) tecnica mista su tela 80×90 cm 113 Senza titolo (1973) pastello, grafite e china su cartone tipo cuoio, 69,8×49,7 cm 114 Senza titolo, 1972 legno intonacato a cemento e punta in ferro 52,5×51,5×52 cm 115 Senza titolo “Progetto”, 1972 cemento e punta in ferro, 26×25×24 cm 112


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116 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 8×12 cm 117 Senza titolo (1977) cemento e punta in ferro, 48×20×10 cm

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118 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm


119 Senza titolo, 1972 tecnica mista su tela 120×120 cm 120 Senza titolo (1977) legno intonacato a cemento e punta in acciaio inox 48,5×20×10 cm

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Per Staccioli, reduce dall’esperienza volterrana e reso più maturo nell’affrontare il rapporto tra scultura e spazio aperto, inizia una nuova fase di intenso lavoro. Il 1973 si apre con la mostra presso lo Studio Santandrea15 di Milano, per la quale l’artista, lasciato assolutamente libero di intervenire nella galleria, modifica completamente l’ambiente e vi colloca una grande forma circolare armata da due punte metalliche, due moderni rostri pronti ad abbattere il nemico. «L’ambiente della galleria è stato spogliato di tutti gli elementi di arredamento, tolte le lampade, coperto il pavimento con lastre di ferro, le finestre con pannelli uniti alle pareti a formare uno spazio geometrico nudo, privo di ogni termine di riferimento al normale ambiente espositivo. Una ruota di cemento […] diventa elemento dinamico dirompente. Produce e riproduce una condizione di vita esasperata.»16 «Allo Studio Sant’Andrea decisi di azzerare la galleria […] agii sull’ambiente della galleria e quella diventò una sorta di set fotografico, di perfetto sfondo per ambientazioni e situazioni che ricercano l’esterno, la società, la vita urbana.»17 Diventano numerosi gli inviti a partecipare a iniziative d’arte pubblica nate dall’esigenza, espressa sia dagli artisti che dalla comunità, di uscire dalle gallerie e dai musei per “occupare” la città, lo spazio comune. Il primo di questi appuntamenti si svolge a Parma dove per la mostra Sculture contemporanee nello spazio urbano18 Staccioli ripropone la forma presentata a Milano, aumentandone le dimensioni e ampliandone il numero a tre elementi identici collocati nella piazza a lato della Chiesa della Steccata. Un’invasione di macchine da guerra, enormi ruote di mezzi militari che nella loro essenzialità introducono però un nuovo elemento che diverrà fondamentale nello sviluppo del lavoro di Staccioli: il movimento, l’equilibrio instabile, l’impressione di precarietà, il senso di inatteso movimento nella rigida forma geometrica. Queste sculture infatti hanno perso la pesante staticità dei cubi armati e sono diventate mobili, presenze provocatorie dall’effetto

121 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 122 Bozzetto “Studio Santandrea, Milano”, 1973 maquette in cemento e coni in ferro Ø 20×6 cm e base 1×21×20 cm

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La mostra personale si tenne dal 23 gennaio al 23 febbraio 1973 negli spazi del celebre Studio Santandrea, diretto da Gianfranco Bellora, protagonista della vita culturale milanese di quegli anni. La galleria aperta nel 1968 propose mostre dei più importanti artisti internazionali contemporanei e promosse particolarmente le ricerche nel campo della poesia visiva. Per approfondimenti si veda Poesia visiva. What to do with poetry. La collezione Bellora al Mart, Silvana Editoriale, Milano, 2010. 16 Dal comunicato elaborato all’epoca dallo stesso artista per illustrare il lavoro. 17 Mauro Staccioli, in “Ogni azione dell’uomo” Dialogo sulla scultura con Mauro Staccioli, intervista di Luca Massimo Barbero, in Mauro Staccioli, Silvana Editoriale, Milano, 2006, p. 35. 18 Organizzata dall’Assessorato alle attività culturali del Comune di Parma, la mostra collettiva (giugno - luglio 1973) includeva anche Kengiro Azuma, Iginio Balderi, Giacomo Benevelli, Gianfranco Pardi, Giò Pomodoro e Carlo Ramous. 15

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123 Scultura-intervento, Studio Santandrea, Milano, 1973 Azione teatrale 124 Scultura-intervento, Studio Santandrea, Milano, 1973 cemento e coni in ferro, Ø 200×180 cm, misure ambientali 1108×620×295 cm (smantellata a fine mostra)

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inquietante, come sottolinea Edward Lucie Smith nel suo volume Art in the Seventies19. L’anno successivo a Torino per la mostra Interventi sullo spazio urbano20, le stesse ruote sono accompagnate da un volantino nel quale Staccioli propone un collage di titoli tratti dalle pagine dei quotidiani che denunciano la «“Condizione Città” come condizione quotidiana di sopraffazione, di violenza, di volontà di lotta, di scontro, di risposta.» In un 1974 scandito dal frastuono delle bombe e degli spari, dal “golpe bianco”, dalla corruzione e dal crack della banca di Sindona, gli stessi rostri appaiono confitti su tutti i lati di una massiccia barricata allestita nella piazzetta antistante la libreria Einaudi di Milano21, un luogo che da qualche anno era diventato palcoscenico privilegiato per gli artisti milanesi che volevano intervenire sulla società attraverso la loro arte.22 Così Staccioli presenta questo intervento: «A Milano, città di forti contrasti politici e sociali, centro della “strategia della tensione”, la scultura è collocata in una piazzetta del centro urbano, in cui gli spazi fisici e i tempi mentali sono ridotti al limite della sopportazione e la condizione della vita è di estrema tensione e di pericolo. Respingendo una lettura “tattile”, estetizzante, la scultura esaspera provocatoriamente l’evidenza di questa condizione ambientale.» La scultura

si trasforma da oggetto attraente, da contemplare e accarezzare, in elemento respingente, duro, violento, per un mondo che sente il bisogno di difendersi, lottare, imporsi. Cfr. Edward Lucie-Smith, Art in the Seventies, Phaidon, Oxford, 1980, pp. 51-53. 20 Le ruote furono esposte in Piazza Solferino dall’1 al 30 aprile 1974, in occasione della mostra Interventi sullo spazio urbano organizzata dalla Galleria L.P. 220 e alla quale parteciparono anche Nicola Carrino, Sergio Putatti e Giuseppe Spagnulo. 21 L’esposizione della scultura-intervento presso la Piazzetta della Galleria Manzoni, a cura della Libreria Internazionale Einaudi e dello Studio Santandrea, si tenne dall’11 dicembre 1974 al 25 gennaio 1975. 22 Cfr. Guido Ballo, Sculture nella strada, in “Ottagono”, dicembre 1972, poi in “Zibaldone artistico letterario storico scientifico” supplemento della rivista “Che fare”, n. 2, Feltrinelli editore, aprile 1973, pp. 164-165. 19

125 Senza titolo, 1972 grafite e pastello su cartone cuoio, 70×50 cm 126 Bozzetto “Parma ’73”, 1973 maquette in legno intonacato a cemento e vernice tre elementi, Ø 21,5×15,5 cm ciascuno 127 Condizione città, Piazza della Steccata, Parma 1973 ferro, cemento e due coni in acciaio inox, tre elementi Ø 220×240 cm ciascuno (smantellata a fine mostra) 128 Condizione città, Piazza Solferino, Torino 1974 ferro, cemento e due coni in acciaio inox, due elementi Ø 220×240 cm ciascuno (smantellata a fine mostra)

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After his Volterra experience, a new phase of intense work begins for Staccioli, now more mature in handling the relationship between sculpture and open space. 1973 begins with an exhibition at Studio Santandrea15 in Milan. Left totally free to intervene in the gallery, the artist completely changes the setting and places a large circular form there reinforced by two metal spikes: two modern rams ready to defeat the enemy. “The gallery setting was stripped of all furniture, the lamps removed, the floor covered with iron sheets, the windows with panels joined to the wall to form a bare geometric space, lacking all terms of reference to the normal display stage. A concrete wheel […] becomes an explosive dynamic element. It produces and reproduces an exasperated living condition.”16 «At the Studio Santandrea I decided to reduce the gallery to zero […] I worked on the environment of the gallery until it became a sort of photographic set, a perfect backdrop for settings and situations that seek the exterior, society, urban life»17 Invitations began to flood in to take part in public art initiatives, arising from the need expressed both by artists and by the community to come out of the galleries and museums to ‘occupy’ the city, the common space. The first of these appointments took place in Parma where for the Sculture contemporanee nello spazio urbano (Contemporary Sculptures in the Urban Space)18 exhibition Staccioli again offers up the form presented in Milan, increasing its size and expanding the number to three identical elements positioned in the square alongside the Chiesa della Steccata. An invasion of war machines, enormous wheels of military vehicles whose essentiality, however, introduces a new element that would become fundamental in the evolution of Staccioli’s work: movement, unstable balance, the impression of precariousness, the sense of unexpected movement in the rigid geometric form. Indeed these sculptures have lost the heavy inertia of reinforced cubes to become mobile, provocative presences with a disquieting effect, as underlined by Edward Lucie Smith in his volume Art in the Seventies.19 The following year in Turin, for the exhibition Interventi sullo spazio urbano (Interventions on the Urban Space),20 the same wheels are accompanied by a leaflet in which Staccioli provides a collage of titles taken from the pages of the dailies denouncing the “‘Condition of the City’ as a daily condition of tyranny, violence, and the desire to fight, clash and respond.” In a 1974 marked by the racket of bombs and shooting, by the attempted “Golpe Bianco” coup, by corruption and the collapse of Sindona’s bank, the same rams appear thrust into all sides of a huge barricade set up in the small square in front of the Einaudi bookshop in Milan,21 which a few years earlier had become a favourite stage for Milanese artists who wanted to intervene in society through their art.22 This is how Staccioli presents this intervention: “The sculpture is located in a small square in the city centre

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of Milan, a city of strong political and social contrasts, the centre of the ‘strategy of tension’, where physical spaces and mental timing are reduced to a barely tolerable minimum and life is lived in conditions of extreme tension and danger. By rejecting a ‘tactile’, aesthetising reading, the sculpture provocatively exacerbates the evidence of this environmental condition.” The sculpture is transformed from an attractive object to contemplate and caress, into a repelling, hard, violent element, for a world that feels the need to fight, defend and assert itself. The solo exhibition was held from 23 January to 23 February 1973 in the premises of the famous Studio Sant’Andrea, directed by Gianfranco Bellora, a leading figure in Milan’s cultural life at that time. The gallery, which opened in 1968, put on exhibitions by the most important contemporary international artists and particularly promoted research in the field of visual poetry. For further information see Poesia visiva. What to do with poetry. La collezione Bellora al Mart, (Milan: Silvana Editoriale, 2010). 16 From the press release drafted at the time by the artist himself to illustrate his work. 17 Mauro Staccioli, in “‘Ogni azione dell’uomo’ Dialogo sulla scultura con Mauro Stacciali”, interview by Luca Massimo Barbero, op. cit., 35. 18 Organised by the Cultural Activities Department of the Municipality of Parma, the group exhibition (June-July 1973) also included Kengiro Azuma, Iginio Balderi, Giacomo Benevelli, Gianfranco Pardi, Giò Pomodoro and Carlo Ramous. 19 See Edward Lucie-Smith, Art in the Seventies (Oxford: Phaidon, 1980), 51-53. 20 The wheels were displayed in Piazza Solferino from 1 to 30 April 1974, on occasion of the Interventi sullo spazio urbano (Interventions on Urban Space) exhibition which Nicola Carrino, Sergio Putatti and Giuseppe Spagnulo also took part in. 21 The exhibition of the intervention-sculpture at the Piazzetta della Galleria Manzoni, curated by the Libreria Internazionale Einaudi and Studio Santandrea, was held from 11 December 1974 to 25 January 1975. 15

See Guido Ballo, “Sculture nella strada”, Ottagono, December 1972, then in the “Zibaldone artistico letterario storico scientifico” supplement of the Che fare magazine, Feltrinelli editore, no. 2, April 1973, pp. 164-65.

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129 Senza titolo, 1973 maquette in cemento, Ø 20×5 cm e punta in ferro 3,5×3,5 cm 130 Senza titolo, 1973-81 cemento, Ø 50×10 cm e in punta 9,5×11 cm 131 Senza titolo, 1974 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 50×70 cm 132 Bozzetto “Scultura-Intervento, Milano, Piazzetta Einaudi”, 1974 maquette in legno, cartone, cemento e vernice, 16×70×53 cm

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133 Scultura-Intervento, Milano, Piazzetta Einaudi, 1974 ferro, cemento e sedici coni in acciaio inox, 240×400×400 cm (smantellata a fine mostra) 134 Senza titolo, 1973 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 70×50 cm 135 Scultura-Intervento, Piazza Broletto, Lodi, 1975 ferro, cemento e sedici coni in acciaio inox,, 240×400×400 cm (smantellata a fine mostra)

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L’attualità della proposta artistico-sociale di Staccioli si manifesta chiaramente in diverse occasioni nelle quali il suo lavoro incontra l’analogo impegno di altri artisti, come per esempio nell’intervento realizzato per la Mostra incessante per il Cile23 presso la Galleria di Porta Ticinese a Milano. La galleria organizza una serie di riunioni assembleari tra artisti decretando l’inizio di un esperimento originale di creazione di uno spazio alternativo adatto a realizzare l’idea di partecipazione attiva dell’arte nella società, superando i limiti del mercato e della usuale fruizione dell’oggetto artistico. La tragedia del popolo cileno, allora profondamente sentita, diviene modello della repressione violenta di uno stato fascista e occasione per una serie di mostre e iniziative capaci di denunciare e far riflettere. Intorno alla galleria gravitano numerosi artisti: oltre a Staccioli (membro tra l’altro del Comitato Organizzatore della galleria insieme a Gigliola Rovasino, Mario Borgese e Giovanni Rubino) che espone alcuni Anticarro e una serie di ritagli di giornale, documentazione quotidiana di fatti di violenza politica e sociale24, si ricordano Baruchello, Carrino, Cavaliere, Del Pezzo, Fabro, Isgrò, Fabio Mauri, Giò Pomodoro, Scanavino, Spagnulo, Vaccari, Trotta. Nello stesso solco si inseriscono le opere di altre due mostre collettive nello stesso anno. Per la collettiva L’idea di resistenza nell’arte contemporanea25 tenutasi alla Villa Manzoni di Lecco, Staccioli realizza una scultura triangolare grande quanto un uomo, dalla quale spuntano tre grandi barre angolari di ferro. Per la XXIX Biennale Nazionale di Milano26, propone invece un gigantesco blocco di cemento nel quale due grandi lame hanno scavato solchi sui lati opposti e sono pronte a ricadere come ghigliottine. Il lavoro di Staccioli si distingue presto per una capacità di lettura e percezione degli spazi che diventa determinante per la valutazione degli interventi scultorei. Si consideri per esempio il grande triangolo di mattoni e cemento in forma di contrafforte con una lama proiettata verso la facciata della chiesa di San Leonardo a Verbania27. L’intervento sfrutta in maniera mirabile la lieve inclinazione del terreno per prendere slancio e protendersi oltre. L’opera intrattiene con quello spazio un legame fortissimo, viene realizzata direttamente sul posto, trae ispirazione e motivo dal sito stesso e, in quelle forme, può essere concepita lì e solo lì. Questo la rende unica. Non esiste scultura di Staccioli senza lo spazio per cui è stata pensata. Le forme si possono ripetere, del resto la scelta di un vocabolario essenziale ne è complice, ma non esisteranno mai due opere uguali perché l’opera vive del suo rapporto con quel luogo, delle sue misure esattamente calcolate, della sua posizione, significante e puntuale. Se da sette note nascono infinite variazioni, da una manciata di elementi geometrici nascono infinite sculture.

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A questo proposito cfr. il catalogo della mostra che ha riassunto l’attività della galleria: Mostra incessante per il Cile, Milano, Rotonda di via Besana, 1-15 maggio 1977, Comune di Milano, Ripartizione cultura e spettacolo, Milano, 1977, s.i.p. (ill.). Per approfondimenti si veda Elisabetta Longari, Chiamata collettiva. Per una storia dell’arte sociale a Milano, in Anni ’70: l’arte dell’impegno. I nuovi orizzonti culturali, ideologici e sociali nell’arte italiana, a cura di Cristina Casero ed Elena Di Raddo, Silvana Editoriale, Milano, 2009, pp. 5355 e inoltre Lea Vergine, Galleria di classe, in Lea Vergine, L’arte in gioco, Garzanti Editore, Milano, 1988, pp. 92-95. 24 L’allestimento fu inaugurato il 13 marzo 1974 e continuò per dieci giorni. 25 La mostra …que bien resiste! L’idea di resistenza nell’arte contemporanea, dal 13 ottobre al 24 novembre 1974, vide la presenza di numerose opere di artisti internazionali tra cui: Enrico Baj, Aldo Carpi, Alik Cavaliere, Mino Ceretti, Gino Covili, Agenore Fabbri, Jean Fautrier, Lucio Fontana, George Grosz, Hans Hartung, Fabio Mauri, Mauro Reggiani, Aligi Sassu, Emilio Scanavino, Antoni Tapies, Emilio Vedova. Cfr. …que bien resiste! L’idea di resistenza nell’arte contemporanea, catalogo della mostra, Lecco, 1974. 26 Tenutasi presso il Palazzo della Permanente. 27 L’opera fu realizzata in occasione della mostra collettiva Sculturincontro, Biennale internazionale di scultura all’aperto organizzata dal Museo del Paesaggio a Verbania-Pallanza tra il 15 giugno e il 15 settembre 1974. Alla mostra parteciparono 40 scultori, italiani e stranieri tra cui: Iginio Balderi, Andrea Cascella, Alik Cavaliere, Quinto Ghermandi, Carlo Ramous, Paolo Schiavocampo, Fausta Squatriti, Mino Trafeli. Cfr. Sculturincontro. Verbania 74, catalogo della mostra, Museo del Paesaggio, Verbania, 15 giugno - 15 settembre 1974, s.n., s.l., 1974. 23


136 Mostra incessante per il Cile Galleria di Porta Ticinese, Milano, 1974 137 Bozzetto “Condizione barriera”,1973 maquette in legno intonacato a cemento e tre punte in ferro 10,3×10,3×3,2 cm 138 Condizione barriera, Villa Manzoni, Lecco, 1973-74 cemento e tre barre angolari in ferro, 150×150×50 cm (smantellata a fine mostra)

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Negli appunti scritti in occasione del XXVII Premio Suzzara28 Staccioli dichiara: «lavoro da tempo allo studio di un linguaggio che attraverso oggetti semplici, poveri, elementari – elementi che sono sempre la sintesi di cose e situazioni esistenti e reali – vada direttamente al nocciolo della questione senza orpelli formalistici o eccessive manipolazioni». La sua ricerca lo porterà presto a eliminare le intrusioni di ferro dalle opere per ottenere il massimo di pulizia formale raggiungendo l’essenziale. Se i pali di Volterra ’72 segnavano già una ricerca in questa direzione, nel 1974 a Suzzara l’esperimento prosegue: «Col lavoro che propongo non intendo compiere un intervento estetico che abbellisca il luogo, non propongo un’idea di ‘monumento’ che illustri vicende più o meno eroiche […] Evito il racconto, la descrizione, l’immagine gradevole, consolatoria, ‘rivoluzionaria’ come pugni chiusi, bandiere rosse, operai in sciopero…etc. Intendo invece agire direttamente sulle menti, sulle capacità di ognuno di ricondursi ad un rapporto critico col reale».29 Ecco che prende forma l’alto palo confitto nella pavimentazione di Piazza Castello, inclinato sul punto di cadere, ma possente e pericoloso, «una sottolineatura, lo spunto per una discussione, una provocazione attiva, una riflessione». L’opera assume le caratteristiche di un’operazione transitoria, come l’intervento in una discussione, che apre la strada a ulteriori dibattiti. È così che nel 1975 Staccioli realizza per la prima volta un cemento dal segno pulito, nel quale la presenza delle punte di ferro diventa superflua e lascia spazio a un volume definito, un solido rinforzo che sorregge il muretto con la Lapide al Partigiano Agostino Lenti a Valenza Po. Qui Staccioli, con la partecipazione di Alik Cavaliere, realizza un’opera priva di qualsiasi retorica per segnare il luogo in cui si consumò l’assassinio del partigiano. L’intervento assume un significato simbolico inequivocabile, l’opera sostiene la memoria, regge il peso del ricordo e ne assicura la trasmissione.

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La XXVII edizione del Premio Suzzara si tenne dall’8 settembre al 16 ottobre 1974. cfr. XXVII Premio Suzzara. Rassegna interdisciplinare sul problema “arte e lavoro”, catalogo del premio, Arti Grafiche Bottazzi, Suzzara, 1974. 29 Mauro Staccioli, Suzzara 1974. Progetto di intervento, in XXVII Premio Suzzara. Rassegna interdisciplinare sul problema “arte e lavoro”, op.cit, s.i.p. 28

139 Senza titolo, 1974 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 140 Senza titolo, 1972 penna biro e matita su carta, 25×17,5 cm 141 Senza titolo, 1973-74, XXVIII Biennale Nazionale Città di Milano, Palazzo della Permanente, Milano cemento e due lame in ferro, 300×320×80 cm (smantellata a fine mostra) 140


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The topicality of Staccioli’s socio-artistic ideas is clearly shown on various occasions when his work encounters that of other similarly committed artists, such as the case of the work created for the Mostra incessante per il Cile (Ongoing Exhibition for Chile)23 at Galleria di Porta Ticinese in Milan. The gallery organised a series of meetings between artists, announcing the beginning of an original experiment to create an alternative space suited to implementing the idea of art’s active participation in society, overcoming the limits of the market and the usual use of the artistic object. The tragedy of the Chilean population, sharply perceived at the time, followed the model of the violent repression of a Fascist state and became the opportunity for a series of exhibitions and initiatives to expose and cause reflection on the situation. Numerous artists gravitated towards the gallery: in addition to Staccioli (member of the gallery’s organisational committee along with Gigliola Rovasino, Mario Borgese and Giovanni Rubino) who displayed some Anticarro (Anti-tanks) and a series of newspaper cuttings, daily documentation of events of political and social violence,24 we can mention Baruchello, Carrino, Cavaliere, Del Pezzo, Fabro, Isgrò, Fabio Mauri, Giò Pomodoro, Scanavino, Spagnulo, Trotta and Vaccari. Fitting into the same vein are the works in two other group exhibitions in the same year. For the L’idea di resistenza nell’arte contemporanea (The Idea of Resistance in Contemporary Art)25 exhibition held at Villa Manzoni di Lecco, Staccioli makes a man-size triangular sculpture, jutting out from which are three large angular iron bars. For the XXIX Milan National Biennial26, he instead comes up with a gigantic block of concrete with grooves dug on opposite sides by two large blades, ready to fall like guillotines. Staccioli’s work quickly came to stand out thanks to its ability to read and perceive spaces, which would become crucial in assessing his sculptural interventions. Consider, for example, the large brick and concrete triangle in the form of a buttress with a blade projected towards the façade of the church of San Leonardo in Verbania.27 The work admirably exploits the slight slope of the ground in order to gain momentum and reach further forward. The work has an extremely strong bond with that space. It is made directly in situ, and draws its inspiration and motif from the location itself. In these forms, it can be conceived of there and only there. This makes it unique. There is no sculpture by Staccioli without the space that it was designed for. The forms can be repeated – indeed the choice of a basic vocabulary aids this – but there will never be two works that are the same because the work lives off its relationship with that place, its precisely calculated measurements, its significant and specific position. If seven notes can give rise to infinite variations, a handful of geometric elements can give rise to infinite sculptures. In the notes written on occasion of the XXVII Suzzara

Prize28 Staccioli declares: “for some time I have been working to come up with a language which through simple, poor, basic objects – elements that are always the sum of existent and real things and situations – goes directly to the heart of the question without formalistic frills or excessive manipulations”. His research would soon bring him to eliminate the iron intrusions from the works

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to obtain maximum formal cleanliness and achieve the essential. While the poles in Volterra ’72 already marked his research in this direction, in 1974 in Suzzara the experiment continues: “With the work that I propose I don’t intend to make an aesthetic action that embellishes the place, I’m not proposing an idea of a ‘monument’ that illustrates more or less heroic happenings […] I avoid telling a story, descriptions, pleasant, consoling, ‘revolutionary’ images such as clenched fists, red flags, striking workers… etc. Instead I want to act directly on people’s minds, on every person’s ability to regain a critical relationship with reality.”29 And so the tall pole thrust into the floor of Piazza Castello takes shape, inclined to the point of falling, but powerful and dangerous, “an underlining, the cue for discussion, an active provocation, a reflection”. The work assumes the characteristics of a transitory operation, like a comment in a discussion, which opens the way to further debates. Then in 1975 Staccioli makes a clean concrete form for the first time. The presence of iron spikes becomes superfluous, leaving room for a defined volume, a solid reinforcement that holds up the low wall with the Lapide al Partigiano Agostino Lenti (Plaque in Memory of the Partisan Agostino Lenti) in Valenza Po. Here Staccioli, with the participation of Alik Cavaliere, makes a work lacking in any rhetoric to mark the place in which the partisan was killed. The intervention takes on an unmistakeable symbolic meaning, the work bears the weight of remembrance and keeps the memory alive, ensuring that it is transmitted.

142 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm 143 Bozzetto “SculturaIntervento, Verbania ’74”, 1974 maquette in legno, cartone cemento e vernice, 36×70×50 cm 144, 145 Scultura-Intervento, Sculturincontro. Verbania ’74 Verbania Pallanza, 1974 ferro e laterizi intonacati a cemento e punta in ferro 1100×110×600 cm (smantellata a fine mostra) 144

In this connection see the exhibition catalogue summing up the gallery’s activity: Mostra incessante per il Cile, Rotonda di Via Besana, Milan, 1-15 May 1977, Culture and Entertainment Department of the Municipality of Milan, (Milan, 1977), n.p. (ill.). For more information see Elisabetta Longari, “Chiamata collettiva. Per una storia dell’arte sociale a Milano” in Cristina Casero and Elena Di Raddo eds, Anni ’70: l’arte dell’impegno. I nuovi orizzonti culturali, ideologici e sociali nell’arte italiana (Milan: Silvana Editoriale, 2009), 53-55 and also Lea Vergine, “Galleria di classe”, in Vergine ed., L’arte in gioco (Milan: Garzanti Editore, 1988), 92-95. 24 The exhibition was inaugurated on 13 March 1974 and went on for ten days. 25 The …que bien resiste! L’idea di resistenza nell’arte contemporanea exhibition from 13 October to 24 November 1974 saw the presence of numerous works by international artists amongst whom: Enrico Baj, Aldo Carpi, Alik Cavaliere, Mino Ceretti, Gino Covili, Agenore Fabbri, Jean Fautrier, Lucio Fontana, George Grosz, Hans Hartung, Fabio Mauri, Mauro Reggiani, Aligi Sassu, Emilio Scanavino, Antoni Tapies and Emilio Vedova. See …que bien resiste! L’idea di resistenza nell’arte contemporanea, exhibition catalogue, Lecco, 1974. 26 Held at Palazzo della Permanente, 27 The work was made on occasion of the group exhibition Sculturincontro (Encounters with Sculpture), the international biennial of openair sculpture organised by the Museo del Paesaggio in VerbaniaPallanza between 15 June and 15 September 1974. 40 Italian and foreign sculptors took part in the exhibition, amongst whom: Iginio Balderi, Andrea Cascella, Alik Cavaliere, Quinto Ghermandi, Carlo Ramous, Paolo Schiavocampo, Fausta Squatriti and Mino Trafeli. See Sculturincontro. Verbania 74, exhibition catalogue, Museo del Paesaggio, Verbania, 15 June - 15 September 1974 (s.l.: n.p., 1974). 28 The XXVII Suzzara Prize was held from 8 September to 16 October 1974. See XXVII Premio Suzzara. Rassegna interdisciplinare sul problema “arte e lavoro”, award catalogue (Suzzara: Arti Grafiche Bottazzi, 1974). 29 Mauro Staccioli, “Suzzara 1974. Progetto di intervento”, in XXVII Premio Suzzara. Rassegna interdisciplinare sul problema “arte e lavoro”, op.cit, n.p. 23


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146 Studio Stefanoni, Lecco, 1974 147 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm 148 Senza titolo, 1974 cemento e tre punte in ferro, 40×11×8,5 cm 149 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm 150 Senza titolo, 1974 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 147


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151 Senza titolo, 1974 cemento e tre punte in ferro, 35×17×4 cm 152 Senza titolo, 1974 cemento e punta in ferro, 28,5×56×19,5 cm 153 Senza titolo, 1974 legno intonacato a cemento e tre punte in ferro 17×35×4 cm

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154 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 8×12 cm 155 Senza titolo, 1974 cemento e tre punte in ferro, 19,5×71,5×11,5 cm


156 Studio per scultura cemento e ferro, 1971 pastello, grafite e china su cartone tipo cuoio, 69,8×49,7 cm 157 Senza titolo, 1978 cemento e tre punte in ferro, 10,8×15,5×15,5 cm 158 Senza titolo, 1978 cemento e tre punte in acciaio inox, 12,8×25×25 cm 159 Senza titolo, Piazza Castello, Suzzara, 1974 legno verniciato nero, 700×Ø30 cm

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160 Senza titolo, 1974-82 cemento e ferro, 57,5×40×40 cm 161 Senza titolo, 1974 cemento e ferro, 29×20×20 cm 162 Senza titolo, 1975 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 50×70 cm 163 Lapide del partigiano Agostino Lenti, 1974-75 realizzata in collaborazione con Alik Cavaliere cemento e ferro, 250×250×40 cm 164 Senza titolo, 1979 serigrafia su carta, ritoccata a mano, 48,8×68,9 cm

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165 Senza titolo, 1973 serigrafia su carta, 69,8×49,7 cm 166 Senza titolo, 1974-75 cemento e quattro barre in ferro, 48×52,5×74 cm 167 Senza titolo “Progetto”, 1974 cemento e tre barre in ferro, 25,7×20×25 cm

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Nel corso del 1975 le operazioni portate avanti in gallerie private milanesi diventano sempre più ardite, in un’estrema denuncia dell’incomunicabilità tra il mondo dell’arte e il pubblico, quello “proletario”, della strada. Allo Studio Santandrea30 Staccioli svuota lo spazio e lo altera intonacando a cemento una parete di fondo nella quale fissa una punta-lama rivolta verso l’osservatore. Alla Studio Marconi31 «in un ambiente simile a una cripta per la copertura a volta ribassata di mattoni a vista, la struttura di un parallelepipedo, realizzato con mattoni rifiniti a cemento, è collegata come elemento di ingombro trasversale al passaggio; impedimento rimarcato dalle tre lame di ferro che accentuano la tensione critica.»32 Alla Galleria Bocchi33 Staccioli arriva addirittura a chiudere completamente l’ingresso, negando il luogo: un cuneo di cemento triangolare con tre lame di ferro poste sullo spigolo rivolto verso il pianerottolo d’ingresso respinge i visitatori; nel giorno dell’inaugurazione l’artista, seguendo il suggerimento dell’amico Alik Cavaliere, invita tutti i presenti, impossibilitati a entrare, ad andare a ballare. Alla Galleria Il Gelso di Lodi34 lavora ancora sullo spazio costruendo un grande triangolo che occupa un’area di passaggio e sottolinea l’intersezione delle due volte a crociera. Nel frattempo Staccioli non rinuncia a partecipare ai progetti collettivi che nascevano in quegli anni, l’artista è infatti uno dei promotori del Monumento a Roberto Franceschi35, allievo della Bocconi ucciso nel 1973 durante una manifestazione studentesca. L’elaborazione del progetto tra il 1975 e il 1977 interessò più di ottanta artisti i quali, dopo numerosi dibattiti e proposte, aderirono alla richiesta della madre del ragazzo di ricordare tutti i caduti durante le lotte per la democrazia in Italia dal 1945. L’esito è discutibile ma ribadisce il profondo desiderio di rinnovamento provato dagli artisti di quel periodo.

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La mostra personale si tenne dal 20 marzo al 20 aprile 1975. La mostra collettiva dal titolo Spazio attivo-Struttura a cura di Guido Ballo alla Galleria Marconi di Milano inaugurò il 9 ottobre 1975. Gli artisti invitati: Aricò, Carrino, Castellani, Coletta, Colombo, Gallerani, Gastini, Magnoni, Mari, Nigro, Pardi, Spagnulo e Uncini. 32 Appunti di Mauro Staccioli elaborati per l’occasione. 33 In occasione della mostra personale dal 24 marzo al 24 aprile 1975. 34 La mostra personale si tenne dal 2 al 14 marzo 1975. La Galleria Il Gelso, fondata da Giovanni Bellinzoni a Lodi nel 1970, portò nella provincia gli artisti d’avanguardia. 35 Sul monumento si veda il volume Francesco Poli, Ezio Rovida, Vittorio Fagone, Che cos’è un monumento. Storia del monumento a Roberto Franceschi, Mazzotta, Milano, 1995 nonché Lea Vergine, Storia del monumento a Roberto Franceschi, in Lea Vergine, L’arte in gioco, op. cit., pp. 89-91. 30 31

168 Senza titolo, 1972 penna biro e matita su carta, 25×17,5 cm 169 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 170 Senza titolo, Studio Santandrea, Milano, 1975 cemento e punta in ferro, 298×610×100 cm misure ambientali 1108×620×295 cm (smantellata a fine mostra)

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During 1975 the operations carried out in private galleries in Milan became bolder and bolder, in an extreme denunciation of the world of art’s inability to communicate with the public, the ‘proletarians’, the street. At Studio Sant’Andrea,30 Staccioli empties the space and transforms it by plastering a back wall with concrete, onto which he fastens a spike-blade facing the spectator. At Studio Marconi31 “in a setting similar to a crypt, with its low vaulted brick ceiling, a bulky parallelepiped structure, made with concrete-finished bricks, is connected crossways blocking the passageway; an obstacle marked by three iron blades highlighting the critical tension.”32 At Galleria Bocchi33 Staccioli even goes so far as to completely close off the entrance, denying the place: a cone of triangular concrete with three iron blades placed on the edge facing the entrance area repels the visitors; on the inauguration day, following a suggestion from his friend Alik Cavaliere, the artist invited all those present, unable to enter, to go dancing. At Galleria Il Gelso in Lodi34 he works on space again, building a large triangle that occupies a thoroughfare and underlines the intersection of the two cross vaults. In the meantime Staccioli did not miss out on taking part in the group projects arising at the time. The artist would be one of the promoters of the Monumento a Roberto Franceschi (Monument to Roberto Franceschi),35 a student at Bocconi University in Milan killed in 1973 during a student demonstration. The project, drawn up between 1975 and 1977, involved over eighty artists, who, after numerous debates and proposals, subscribed to the mother of the boy’s request to remember all those who had fallen during the fight for democracy in Italy since 1945. The outcome is dubious, but it stresses the profound desire for regeneration felt by the artists of the time. This solo exhibition was held from 20 March to 20 April 1975. The group exhibition entitled Spazio attivo-Struttura (Active SpaceStructure), curated by Guido Ballo at Galleria Marconi in Milan, was inaugurated on 9 October 1975. The invited artists were: Aricò, Carrino, Castellani, Coletta, Colombo, Gallerani, Gastini, Magnoni, Mari, Nigro, Pardi, Spagnulo and Uncini. 32 Notes by Mauro Staccioli made for the occasion. 33 On occasion of the solo exhibition from 24 March to 24 April 1975. 34 The one-man show was held from 2 to 14 March 1975. Galleria Il Gelso, founded by Giovanni Bellinzoni in Lodi in 1970, brought avant-garde artists to the provinces. 35 On the monument see the volume by Francesco Poli, Ezio Rovida and Vittorio Fagone, Che cos’è un monumento. Storia del monumento a Roberto Franceschi (Milan: Mazzotta, 1995) as well as Lea Vergine, “Storia del monumento a Roberto Franceschi”, in Vergine, L’arte in gioco, op. cit., pp. 89-91.

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171 Senza titolo “Progetto per grande parete”, 1973 cemento e punta in ferro, 53,5×55×10,8 cm 172 Senza titolo, 1973 grafite su carta, 50×70,5 cm 173 Senza titolo, 1973-74 tecnica mista su carta, 50×70 cm 174 Senza titolo, 1974 cemento e punta in ferro, 60×120×21,5 cm


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175 Senza titolo, 1974 cemento e punta in ferro, 70×70×21,5 cm 176 Senza titolo, 1973 cemento e punta conoidale in ferro, 50×50×12 cm 177 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 70,2×70,5×12 cm 178 Senza titolo, 1974 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 179 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 25,7×23,3×6,5 cm

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180 Spazio attivo struttura, Studio Marconi, Milano, 1975 cemento e tre punte in ferro, 95×400×120 cm 181 Bozzetto “Spazio attivo struttura”, 1975 maquette in legno, ferro e vernice, 16×39×43 cm 182 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 100,5×30×21,5 cm 183 Senza titolo, 1977 china e collage su carta cotone, 69,5×50 cm 184 Senza titolo, 1972 serigrafia su cartoncino ingres, 69,4×50 cm 185 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 110×25×38,5 cm 186 Scultura intervento, Galleria Bocchi, Milano, 1975 cemento e tre punte in ferro, 235×205×220 cm (smantellata a fine mostra) 187 Senza titolo, 1975 cemento e punta in ferro, 98×100×21,5 cm 188 Senza titolo, Studio Il Gelso, Lodi, 1975 laterizi intonacati a cemento e punta in ferro, 200×450×50 cm (smantellata a fine mostra)

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189 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm 190 Senza titolo, 1975 cemento e punta in acciaio inox, 32,5×32,5×32,5 cm 191 Senza titolo, 1975 cemento e punta in ferro, 37,7×39,5×10,2 cm 192 Senza titolo, 1976 legno intonacato a cemento e punta in ferro, 20,5×39,5×7 cm 193 Senza titolo, 1976 cemento e punta in ferro, 27×50,5×34,5 cm

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Nel corso del 1976 i tempi sono maturi perché si possa iniziare a dare conto dello stato dell’attività artistica italiana nel corso degli anni Settanta. Numerose iniziative testimoniano l’attenzione verso la principale caratteristica dell’arte del decennio, quella di aver fatto della partecipazione sociale uno dei punti cardine del suo stesso esistere. In quest’ottica Staccioli viene invitato a partecipare a diverse occasioni di dibattito e confronto. La città di Suzzara nel gennaio organizza un convegno dal tema Arte nel presente: istituzioni culturali e territorio36 durante il quale si analizza lo sviluppo di operazioni estetiche e culturali nel sociale. La città di Pesaro promuove invece un’iniziativa dal significativo titolo Scultura: la città come spazio operativo37. L’intento non è più, come era accaduto spesso, realizzare mostre di scultura nella città, ma chiamare gli artisti a progettare degli interventi ad hoc per spazi scelti e studiati. Il Comune presenta così il progetto: «Il territorio della città si pone quindi come campo privato, non come occasione o cornice di, sia pur lodevoli, avvenimenti culturali, ma come spazio attivo, di lavoro aperto, di dibattito e di ricerca per una condizione diversa di rapporti e della vita civile, come luogo col-

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lettivo per l’accoglimento e il radicamento durevoli delle opere d’arte ad esso destinate.» Anche la Biennale di Gubbio38 ripensa l’intera programmazione e propone una trasformazione «nella prospettiva di un maggiore rapporto di coinvolgimento con la realtà economica e socio-culturale della città e del suo territorio», invitando a elaborare dei progetti di intervento nel contesto urbano. Quello che nel 1969 sembrava un’utopia sta diventando una realtà e certamente l’apporto di alcuni artisti, tra cui Staccioli, ha reso possibile la maturazione di tali positivi sviluppi. Le diverse riflessioni trovano un esito compiuto nella XXXVII edizione della Biennale d’arte di Venezia39 che trova nella direzione di Carlo Ripa di Meana il sostegno per sviluppare un attento discorso intorno al tema Ambiente, partecipazione, strutture culturali. Crispolti nella presentazione in catalogo ricorda che «per l’operatore culturale visivo la più attuale nozione d’ambiente è certamente quella d’ambiente come sociale, urbano o extraurbano.» Se quindi gli artisti italiani si impegnano a inserire l’arte nel sociale la scelta più consona non è invitarli a esporre semplici lavori ma documentare le esperienze


da loro compiute nella società. Il Padiglione Italia, a cura dello stesso Enrico Crispolti e di Raffaele De Grada, si trasforma così in un grande centro di documentazione che raccoglie materiale fotografico, audiovisivo e cartaceo, in grado di testimoniare un impegno che «rappresenta una notevole peculiarità della situazione culturale italiana e corrisponde pienamente ai dati e alle prospettive del dibattito politico attuale»40. La documentazione relativa agli interventi di Staccioli trova spazio nella sezione Ipotesi e realtà di una presenza urbana conflittuale. In questo fervore critico l’artista persegue i suoi obiettivi con chiarezza e originalità realizzando una serie di progetti nei quali sviluppa sempre più il legame tra scultura e ambiente. Tra luglio e settembre partecipa ad Aptico. Il senso della scultura41, seconda edizione della Biennale di Scultura organizzata dal Museo del Paesaggio di Verbania. Per l’occasione studia un intervento da realizzare presso le mura delle carceri vecchie – ancora un luogo dalla forte carica simbolica – nel quale per la prima volta compare un segno curvilineo. Se ancora rimane una pericolosa grande punta in ferro, in realtà l’intervento contiene già in nuce gli esiti del futuro lavoro dell’artista. Un grande muro curvo sembra sostenere, come fosse un contrafforte, un altro muro, quello delle carceri appunto. Se la punta in ferro aggiunge un senso di aggressione che le carceri effettivamente comunicano, in realtà la parte in cemento assume già una propria autonomia e si rivela capace di trasformare la scultura in un elemento che altera autenticamente un particolare luogo generando interrogativi, incredulità e stupore. Il convegno Arte nel presente: istituzioni culturali e territorio si tenne il 23 e il 24 gennaio 1976. Per approfondimenti cfr. Arte nel presente: istituzioni culturali e territorio, atti del convegno, Comune di Suzzara, Galleria d’Arte Contemporanea, 1984. 37 L’iniziativa promossa dall’amministrazione comunale vantava la partecipazione anche di Giò Pomodoro, Marcello Guasti e Loreno Sguanci. Gli artisti furono invitati a soggiornare per tutto il mese di agosto del 1976 al fine di progettare e realizzare delle opere sculto36

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ree per la zona Mare/Porto. Staccioli progettò una scultura-intervento da realizzarsi nel quartiere Soria alla foce del fiume Foglia. 38 Questa edizione della Biennale della Ceramica e del Metallo di Gubbio dal titolo Gubbio ’76. Ceramica, metalli e altri materiali si tenne dal 22 agosto al 17 ottobre 1976. Tra gli artisti chiamati Mirella Bentivoglio, Nicola Carrino, Pietro Coletta, Giuliano Giuman, Nedda Guidi, Teodosio Magnoni, Valeriano Trubbiani, Alan Smith, Francesco Somaini, Nanni Valentini. 39 La XXXVII edizione della Biennale d’Arte di Venezia si tenne dal 18 luglio al 10 ottobre 1976. Per approfondimenti cfr. La Biennale di Venezia 1976. Ambiente, partecipazione, strutture culturali, catalogo generale, vol.I, Edizioni La Biennale di Venezia, 1976, pp. 106-113. 40 Oltre ai singoli interventi realizzati dai diversi artisti italiani invitati (ricordiamo tra i tanti Francesco Somaini, Ugo La Pietra e Giuliano Mauri) furono presentate alcune iniziative collettive alle quali lo stesso Staccioli aveva partecipato: l’esperienza del Monumento a Franceschi a Milano e l’Operazione Arcevia. Quest’ultima consisteva in un progetto di “comunità esistenziale” promosso da Ico Parisi con la collaborazione di Italo Bartoletti, Enrico Crispolti, Antonio Miotto e Pierre Restany organizzato nel 1975 presso la comunità di Arcevia, in provincia di Ancona. Per questa iniziativa furono chiamati molti personaggi del mondo artistico-culturale tra cui Michelangelo Antonioni, Arman, Nicola Carrino, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Cesar, Corneille, Tonino Guerra, Joe Tilson. Per approfondimenti si veda Operazione Arcevia. Comunità esistenziale, Editrice Cesare Nani, Como, 1976. 41 La mostra (11 luglio - 15 settembre 1976) a cura di Jole de Sanna rappresenta un importante momento di riflessione intorno al concetto di scultura. Oltre all’opera di Staccioli si ricordano quelle di Luciano Fabro, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Piero Manzoni, Hidetoshi Nagasawa, Giulio Paolini, Medardo Rosso, Antonio Trotta. Staccioli partecipa al dibattito compiendo una riflessione sul ruolo e sulla funzione dell’artista contemporaneo, il quale ha il dovere di elaborare forme di partecipazione e di gestione democratica del lavoro culturale, ricercando il collegamento tra il lavoro manuale e quello intellettuale.

194 Senza titolo, Gubbio ’76, 1976 grafite su carta lucido applicata su fotografia, 12×12 cm 195 Senza titolo, Pesaro ’76, 1976 grafite su carta lucido, 70×48cm 196 Senza titolo, Pesaro ’76, 1976 grafite su carta lucido, 28,5×41 cm

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197 Scultura intervento “Mura delle carceri vecchie”, 1976 installata presso il Palazzo della Farnesina, Roma cemento e ferro, 380×80×81 cm 198 Progetto “Mura delle carceri vecchie”, 1976 penna biro su fotografia 20×20 cm 199 Progetto “Mura delle carceri vecchie”, 1976 tecnica mista su carta (disperso) 200 Bozzetto “Scultura intervento Mura delle carceri vecchie”, Aptico Verbania Pallanza, 1976 maquette in legno, legno intonacato a cemento, ferro, cartone, vernice 47×89×52 cm

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During 1976 the time was ripe to start to give an account of the state of artistic activity in Italy through the 1970s. Numerous initiatives demonstrate the attention towards the main characteristic of that decade’s art: its having made social participation one of the keystones of its very existence. In this view, Staccioli was invited to take part in various occasions for debate and comparison. In January the town of Suzzara organized a conference on the topic of Arte nel presente: istituzioni culturali e territorio (Art in the Present: cultural institutions and territory)36 to analyse the development of aesthetic and cultural operations in the social sphere. The city of Pesaro instead promoted an initiative with the significant title Scultura: la città come spazio operativo (Sculpture: the city as an operating space).37 The intention was no longer, as had often happened, to create sculpture exhibitions in the city, but to call upon artists to design works especially for chosen and researched places. The municipality presented the project thus: “The city’s territory therefore offers itself as a private field, not as an occasion or frame for however praiseworthy cultural events, but as an active space, for open work, debate and the pursuit of a different condition of relation-

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ships and civil life, as a collective place where the artworks made for it are welcomed and integrated for the long term.” The Gubbio Biennial38 also rethought its whole programme and proposed a transformation “in view of greater involvement with the economic and socio-cultural reality of the town and its surrounding area”, inviting artists to draw up The conference Arte nel presente: istituzioni culturali e territorio was held on 23 and 24 January 1976. For further information, see Arte nel presente: istituzioni culturali e territorio, conference records, municipality of Suzzara, Galleria d’Arte Contemporanea, 1984. 37 The initiative promoted by the municipal council also boasted the participation of Giò Pomodoro, Marcello Guasti and Loreno Sguanci. The artists were invited to stay for the whole month of August 1976 in order to design and create some sculptural works for the seaside/ port area. Staccioli designed an intervention-sculpture to be carried out in the Soria district at the mouth of the River Foglia. 38 This particular Biennial of Ceramics and Metal in Gubbio entitled Gubbio ’76. Ceramica, metalli e altri materiali (Gubbio ’76. Ceramics, metals and other materials) was held from 22 August to 17 October 1976. Among the artists convened were Mirella Bentivoglio, Nicola Carrino, Pietro Coletta, Giuliano Giuman, Nedda Guidi, Teodosio Magnoni, Valeriano Trubbiani, Alan Smith, Francesco Somaini and Nanni Valentini. 36


projects to intervene in the urban context. What in 1969 seemed a utopia was becoming reality and certainly the contribution of some artists, amongst whom Staccioli, made it possible for these positive developments to ripen. The various reflections came to full realisation in the XXXVII Venice Art Biennial,39 with the directorship of Carlo Ripa di Meana providing the backing to develop a careful discourse around the topic of Ambiente, partecipazione, strutture culturali (Environment, Participation, Cultural Structures). In the catalogue presentation Crispolti remembers that “for the visual cultural worker the most topical notion of environment is certainly that of the environment as social, urban or extra-urban”. Therefore, while Italian artists were intent on inserting art into the social sphere, the most fitting choice was not to invite them to display simple works but to document their experiences in society. The Italy Pavilion, curated by Enrico Crispolti himself and Raffaele De Grada, thus transformed into a large centre of documentation that brought together photographic, audiovisual and paper material attesting to a commitment that “represents a remarkable distinction of the Italian cultural situation and fully corresponds to the data and perspectives of the current political debate.”40 The documentation relating to Staccioli’s works was found in the Ipotesi e realtà di una presenza urbana conflittuale (Hypotheses and reality of a conflictual urban presence) section.

Arcevia, in the province of Ancona. Many figures from the world of art and culture were called upon for this initiative, amongst whom Michelangelo Antonioni, Arman, Nicola Carrino, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Cesar, Corneille, Tonino Guerra and Joe Tilson. For further information see Operazione Arcevia. Comunità esistenziale (Como: Editrice Cesare Nani, 1976). 41 The exhibition (11 July - 15 September 1976) curated by Jole de Sanna was an important moment for reflection on the concept of sculpture. As well as Staccioli’s work, the show also included works by Luciano Fabro, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Piero Manzoni, Hidetoshi Nagasawa, Giulio Paolini, Medardo Rosso and Antonio Trotta. Staccioli took part in the debate, making a reflection on the role and function of the contemporary artist, whose duty is to draw up forms of participation and democratic management of cultural work, seeking the connection between manual and intellectual labour.

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Amidst this critical fervour, the artist pursued his objectives with clarity and originality, making a series of projects in which he increasingly develops the tie between sculpture and environment. Between July and September he took part in Aptico. Il senso della scultura (Haptic. The Sense of Sculpture),41 the second Sculpture Biennial organised by the Museo del Paesaggio in Verbania. For the occasion, he studied an intervention to create at the walls of the old prison – still a place of great symbolic charge – in which a curved sign appears for the first time. Even though it is still a big, dangerous iron spike, in reality the work already contains the embryo of the artist’s future work. As if it were a buttress, a large curved wall seems to support another wall, namely that of the prison. While the iron spike adds a sense of aggression that the prison effectively does put across, in reality the concrete part already assumes its own autonomy and proves capable of transforming the sculpture into an element that authentically transforms a particular place by creating questions, incredulity and stupor. The XXXVII Venice Art Biennial was held from 18 July to 10 October 1976. For further information see La Biennale di Venezia 1976. Ambiente, partecipazione, strutture culturali, general catalogue, vol. I (Edizioni La Biennale di Venezia, 1976), 106-13. 40 In addition to the single works created by the various Italian guest artists (among the many, Francesco Somaini, Ugo La Pietra and Giuliano Mauri) some collective initiatives were also presented in which Staccioli himself had taken part: the experience of the Monument to Franceschi in Milan and Operazione Arcevia. The latter consisted of an “existential community” project promoted by Ico Parisi with the collaboration of Italo Bartoletti, Enrico Crispolti, Antonio Miotto and Pierre Restany, organised in 1975 in the community of 39

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201 Senza titolo, 1976 cemento e punta in ferro, 13,5×35×35 cm 202 Senza titolo, 1973 litografia su carta Fabriano, 62,4×45,9 cm 203 Senza titolo, 1976 cemento e punta in ferro, 21,5×49×20 cm 204 Senza titolo, 1973-74 cemento e punta in ferro, 15×20×20 cm 205 Senza titolo, 1973-74 cemento e punta in ferro, 38×55×55 cm

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206 Senza titolo, Casa Gandola, Como, 1974 cemento e punta in ferro, 290×110×130 cm 207 Galleria comunale d’Arte Moderna, Suzzara, 1977 208 Bozzetto”Scultura intervento”, Castello di Vigevano (cuneo),1977 maquette in legno, ferro, cartone e vernice (disperso) 209 Bozzetto”Scultura intervento”, Castello di Vigevano (piramide), 1977 maquette in legno, ferro, cartone e vernice, 29×38×33,5 210 Bozzetto”Scultura intervento”, Castello di Vigevano (triangoli), 1977 maquette in legno, cartone e vernice 211 Bozzetto”Scultura intervento”, Castello di Vigevano (portale), 1977 maquette in legno, cartone e vernice (disperso) 212 Scultura intervento, Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, 320×300×300 cm (smantellata a fine mostra) 213 Scultura intervento, Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, tre elementi (dimensioni sconosciute, smantellata a fine mostra)

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Staccioli dichiara i risultati della sua ricerca nel 1977 in occasione della mostra Lettura di un ambiente42, al Castello di Vigevano. Per l’esposizione l’artista realizza una serie di interventi collocati in punti diversi all’interno del castello, ormai in disuso e prossimo al completo abbandono. Attraverso le opere instaura un dialogo con la struttura architettonica. Un immaginario fecondo dà vita a sculture che superano i limiti di spazio, peso e dimensioni per diventare puro pensiero. Qui si percepisce l’evoluzione dell’idea di scultura, lo sviluppo del lavoro, le soluzioni mature a cui è giunto. E soprattutto inizia un percorso verso un’opera d’arte totalmente immersa nel contesto, appagata dal suo farne parte, adatta a dare a quel contesto nuovo senso e nuovo

valore, un’opera dalla quale scompaiono del tutto gli elementi in ferro che ormai sono diventati superflui. Questa evoluzione si inserisce perfettamente nell’approccio politico dell’arte di Staccioli, come sottolinea anche Vittorio Fagone: «Priva di ridondanze, essa si dichiara naturalmente politica, legata come è in ogni realizzazione particolare, a un chiaro progetto dove le ragioni dell’opera e dello Fortemente voluta da Staccioli, che si occupò di tutti gli aspetti organizzativi, la mostra durò dal 19 giugno al 31ottobre 1977.

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spazio di comunicazione, oltre che fisico e sociale, sono criticamente analizzate e fatte esplicite.»43 Infatti Staccioli nel concepire la mostra non dimentica di sottolineare «l’uso della violenza da parte del potere costituito» che il castello rappresenta, mettendola a confronto con la condizione di violenza e prevaricazione nella società contemporanea. Tra le iniziative collaterali programma la proiezione del film-documentario Brutalità nella pietra44 – che analizza l’architettura del regime nazionalsocialista – e si spinge ad osservare i «castelli di oggi, dalle ville lussuose al Pentagono». In una serie di appunti programma una ricerca sugli strumenti di violenza nonché sulle condizioni del lavoro nel corso della storia, quasi che il dialogo instaurato tra le opere contemporanee e il vecchio castello desse vita a un confronto aperto, capace di analizzare e superare i limiti temporali. La scultura diventa mezzo per riflettere, capire e di conseguenza gestire meglio la società, assumendo un ruolo “politico”. Una piramide perfettamente inscritta nella cubatura di una camera semisotterranea orienta il suo vertice verso la chiave di volta a mattoni. Un monolitico portale in cemento con un piccolo spiraglio aperto si giustappone a un antico ingresso. Tre “denti” emergono dal fondo dell’originario fossato, ormai prosciugato, a ricordarne la funzione di ostacolo. Una enorme struttura dall’estremità ferrosa si incunea all’interno delle scuderie ostruendo l’uscita. Di lì a qualche anno un pregevole intervento al Castelvec-

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chio di Verona45, altro “luogo del potere”, dimora fortificata e centro del sistema difensivo della città medievale, riafferma lo stesso approccio. Una serie di possenti puntali fuoriescono dalla cortina muraria rivolgendo il loro attacco verso la piazza d’armi del castello e assumono, come sottolinea Gillo Dorfles nella presentazione alla mostra, «una valenza a un tempo estetica e di interpretazione socio-politica della spazialità esistente.» Vittorio Fagone, in Castello di Vigevano. Lettura di un ambiente. Sculture di Mauro Staccioli, Vigevano, 1977 44 Il film realizzato da Peter Schamoni e Alexander Kluge nel 1960 propone un`analisi dell’architettura nazionalsocialista e dei progetti hitleriani per trasformare Berlino, tende così a dimostrare che la barbarie del nazismo è documentabile anche a partire dalle sue opere architettoniche. 45 La mostra Il luogo della forma. Nove scultori a Castelvecchio (26 settembre - ottobre 1981) fu organizzata dal Comune di Verona presso il Museo di Castelvecchio, presentata da Gillo Dorfles e curata dal direttore dei musei di Verona Licisco Magagnato. Alla mostra oltre a Staccioli parteciparono Italo Antico, Riccardo Camoni, Nicola Carrino, Amedeo Gabino, Nikolaus Gerhart, Gianfranco Pardi, William Tucker e Giuseppe Uncini. Nel comunicato stampa si sottolinea come gli artisti si siano impegnati a entrare in rapporto linguistico e strutturale con l’ambiente del castello. Lo stesso Dorfles nella presentazione della mostra evidenzia il comune obiettivo degli artisti di ritrovare nella scultura «una funzione dominatrice e articolatrice di spazi liberi che potrebbe, e forse potrà divenire, una delle grandi ragioni d’essere di quest’arte, se saprà liberarsi degli aspetti meramente celebrativi ed esornativi». 43


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Staccioli declares the results of his research in 1977 on occasion of the Lettura di un ambiente (Reading an Environment)42 exhibition at Castello di Vigevano. For the exhibition the artist makes a series of works located in different places inside the castle, at this point in disuse and close to complete abandonment. Through the works he establishes a dialogue with the architectural structure. A fertile imagination gives rise to sculptures that exceed the limits of space, weight and dimensions to become pure thought. Here one perceives the evolution of the idea of sculpture, the development of his work, the mature solutions that he has reached. And above all he begins a path towards a work of art totally immersed in the context, gratified by being a part of it, apt to give that context new meaning and new value, from which all the iron elements – at this point superfluous – have disappeared. This evolution fits perfectly into the political approach of Staccioli’s art, as Vittorio Fagone also underlines: “Lacking in redundant parts, it declares itself naturally political, linked as it is, in every particular piece, to a clear project where the reasons of the work and the space of communication as well as the physical and social space, are critically analysed and made explicit.”43 Indeed on creating the exhibition, Staccioli does not forget to underline, “the use of violence by constituted power” that the castle represents, comparing it with the condition of violence and misuse of power in contemporary society. Among the collateral initiatives he plans the projection of the documentary Brutalità nella pietra (Brutality in the Stone)44 – which analyses the architecture of the nationalsocialist regime – and he goes so far as to observe the “castles of today, from luxury villas to the Pentagon”. In a series of notes, he plans some research on the tools of violence as well as on working conditions throughout history, almost as if the dialogue established between the contemporary works and the old castle gave rise to an open comparison, capable of analysing and exceeding the limits of time. The sculpture becomes the means to re-

flect, understand and as a consequence manage society better, by assuming a “political” role. A pyramid perfectly inscribed into the cube shape of a semi-underground chamber points its summit towards the brick vault keystone. A monolithic concrete portal with a small open spy hole is juxtaposed with an ancient entrance. Three “teeth” emerge from the bottom of the original moat, now dry, reminding of its function as an obstacle. An enormous structure with an iron extremity wedges itself inside the stables, obstructing the exit. A few years later, a laudable work at Castelvecchio di Verona,45 another “place of power”, a fortified dwelling and the centre of the medieval town’s defensive system, would reaffirm the same approach. A series of powerful spikes jut out of the outside walls, addressing their attack towards the castle’s parade courtyard, as Gillo Dorfles underlines in his presentation to the exhibition, providing “a value at once aesthetic and a socio-political interpretation of the existent spatiality”. Strongly desired by Staccioli, who dealt with all the organisational aspects, the exhibition lasted from 19 June to 31 October 1977. 43 Vittorio Fagone, in Castello di Vigevano. Lettura di un ambiente. Sculture di Mauro Staccioli (Vigevano, 1977). 44 The film made by Peter Schamoni and Alexander Kluge in 1960 proposes an analysis of national-socialist architecture and Hitler’s projects to transform Berlin, thus it tends to demonstrate that the barbarities of Nazism can also be documented from its architectural works. 45 The exhibition Il luogo della forma. Nove scultori a Castelvecchio (The Place of Form. Nine Sculptors in Castelvecchio, 26 September - October 1981) was organised by the Municipality of Verona at the Museo di Castelvecchio, presented by Gillo Dorfles and curated by the Verona museums director Licisco Magagnato. In addition to Staccioli, also taking part in the exhibition were Italo Antico, Riccardo Camoni, Nicola Carrino, Amedeo Gabino, Nikolaus Gerhart, Gianfranco Pardi, William Tucker and Giuseppe Uncini. The press release underlines how the artists were committed to entering a linguistic and structural relationship with the castle environment. In the exhibition presentation Dorfles himself highlights the artists’ common goal to discover in sculpture “a function in which it dominates and separates free spaces that could, and perhaps will be able to become one of the great raisons d’être of this art, if it is able to free itself of its merely celebrative and ornamental aspects.”

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214 Scultura intervento, Lettura di un ambiente Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, 550×250×80 cm (smantellata a fine mostra) 215 Scultura intervento, Lettura di un ambiente Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, 400×300×250 cm (smantellata a fine mostra) 216 Bozzetto per serigrafia, 1977 tecnica mista su carta, 51×73 cm 217 Senza titolo, 1975 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 50×70 cm 218 Senza titolo, 1979 cemento e punta in ferro, 60×60×60 cm

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219 Senza titolo, 1977 serigrafia su carta, 70×49,8 cm

Se già nei primi anni Settanta, nei suoi disegni su cartone cuoio, Staccioli elabora il progetto per alcuni “libri” di cemento, bisognerà attendere il 1978 per poterli vedere realizzati. Libri speciali, nei quali non leggiamo nulla ma, aprendoli, percepiamo solo il vuoto lasciato da una aguzza punta di metallo collocata sul lato opposto. In questa linea si inserisce un’opera appartenuta alla collezione di libri d’artista di Loriano Bertini, ora conservata alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Un libro costruito in legno rifinito con gesso grigio che simula il cemento, aperto rivela un “tesoro” da conservare, Due poesie, due volumi che hanno segnato la formazione dell’artista: le Lettere dal carcere di Gramsci e la Lettera a una professoressa della Scuola di Barbiana.

220 Senza titolo, 1975 china e collage su carta cotone, 69,5×50

222 Senza titolo, 1978 libro-oggetto, cemento, cerniera e punta in ferro 31×31×7 cm (chiuso)

221 2 poesie, 1977 libro-oggetto in legno e gesso grigio, con due libri, 39×59,3 cm (aperto)

223 Senza titolo, 1978 libro-oggetto, cemento, cerniera e punta in ferro 31×31×16,6 cm (chiuso)

While already in the 1970s, in his drawings on leather board, Staccioli drafts the design for some concrete ‘books’, we would have to wait until 1978 to see them come to life. Special books, in which there is nothing to read. Instead, upon opening them, we only perceive the void left by a sharp metal spike positioned on the opposite side. Along this line is a work that was part of Loriano Bertini’s collection of artists’ books, and is now housed in the central national library in Florence. A book built of wood, finished with grey chalk simulating concrete, reveals a ‘treasure’ to preserve, Due poesie (Two Poems), two volumes that marked the artist’s education: Gramsci’s Lettere dal carcere (Letters from Prison) and the school of Barbiana’s Lettera a una professoressa (Letter to a Teacher). 221


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224 Senza titolo Museo di Castelvecchio Verona, 1981 legno intonacato a cemento, cinque elementi 100Ă—80Ă—120 cm ciascuno (smantellata a fine mostra)

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Nella coscienza pubblica il valore dell’intervento scultoreo nel tessuto urbano si va pienamente affermando, così, durante il Festival Nazionale dell’Unità del 197846, viene promossa un’iniziativa che intende «favorire un confronto attivo con la realtà sociale ed urbana di Mantova, privilegiando il rapporto degli artisti con la città e con la sua storia». Agli artisti invitati si chiede di «intervenire nei modi e nei tempi che riterranno opportuni, al fine di proporre letture ed impieghi degli spazi della città all’interno del perimetro del centro storico». Staccioli identifica nello spazio antistante la Rotonda di San Lorenzo il luogo più evocativo per collocare il suo intervento. Realizza tre cunei in cemento che stridono in contrasto col rosso caldo dei mattoni medievali e «filtrano il passaggio» verso il monumento; imponendosi con la loro presenza deviano il percorso abituale, sia visivo che fisico. Il passo successivo si vedrà a Venezia in occasione della XXXVIII Biennale47 quando, dopo alcune ipotesi che prevedevano il posizionamento di simili forme triangolari, Staccioli arriverà a definire una struttura che porterà alle estreme conseguenze questa idea di ostruzione del passaggio. L’intervento scultoreo realizzato per Venezia materializza un’idea, dà forma al pensiero che è il tema della rassegna: Dalla Natura all’Arte, dall’Arte alla natura. La sezione italiana sviluppa il tema in tre sezioni; Staccioli viene invitato a lavorare nella sezione Natura praticata. Per lui pratica-

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re la natura è il fondamento del lavoro, la condizione essenziale per realizzarlo. Ma per praticare la natura è necessario cambiare il punto di vista, “deviare dal sentiero” per approfondire gli aspetti nascosti. L’artista costruisce un muro di 64 metri quadrati in mattoni e cemento, che blocca il viale d’ingresso ai Giardini. Un muro nel quale «l’uso dei materiali semplici esalta l’edificazione, il senso del lavoro manuale, connotato precipuo della scultura», che si impone con la sua robusta mole e costringe a «compiere la fatica necessaria al superamento di un ostacolo per godere della fruizione dell’oggetto d’interesse ludico-culturale: la celebrazione dell’evento artistico». Dall’altra parte impedisce l’uscita e la prospettiva verso la laguna. Il muro diventa ben presto l’immagine simbolo della chiacchierata edizione48 del 1978. In occasione del Festival Nazionale dell’Unità organizzato a Mantova dal 29 giugno al 9 luglio 1978, la direzione del Partito Comunista Italiano programma una serie di convegni su temi storici e politici nonché diverse iniziative in campo artistico. Staccioli viene invitato a partecipare insieme a Alberto Biasi, Umberto Bignardi, Enrico Castellani, Alik Cavaliere, Nicola Carrino, Pier Paolo Calzolari, Gianni Colombo, Enzo Mari, Marcello Morandini, Bruno Munari, Gianfranco Pardi, Concetto Pozzati, Giuseppe Spagnulo e Emilio Tadini. 47 La XXXVIII edizione della Biennale di Venezia si tenne dal 2 luglio al 15 ottobre 1978. Si veda la presentazione della sezione italiana in catalogo e specialmente Enrico Crispolti, Natura praticata, in La Biennale di Venezia 1978. Dalla natura all’arte, dall’arte alla natu46


ra, catalogo generale, Edizioni La Biennale di Venezia, 1978, pp. 142-145. 48 Oltre a comparire in numerosi articoli della stampa internazionale, l’intervento di Staccioli diventò protagonista di un episodio, diretto e interpretato da Alberto Sordi, del film Dove vai in vacanza? uscito proprio nel 1978. L’episodio, dal titolo Le vacanze intelligenti, segue una coppia poco avvezza all’arte contemporanea in visita alla Biennale; all’ingresso la coppia s’imbatte subito nel Muro continuando poi la visita e manifestando chiaramente il divario esistente tra arte contemporanea e popolo. Viene così colto in pieno il senso dell’intervento di Staccioli che si imponeva come ostacolo, segno tangibile dell’incomunicabilità tra questi due mondi.

the monument; imposing themselves with their presence, they deviate both the customary visual and physical path. The subsequent step would be seen at Venice on occasion of the XXXVIII Biennial47 when, after some hypotheses of positioning similar triangular forms, in the end Staccioli came up with a structure that would take this idea of obstructing the passage to extreme consequences. The intervention-sculpture made for Venice materialises an idea, gives shape to the thought that is the topic of the exhibition: Dalla Natura all’Arte, dall’Arte alla Natura (From Nature to Art, from Art to Nature). The Italian section develops the topic in three sections; Staccioli is invited to work in the Natura praticata (Nature Occupied) section. For him occupying nature is the foundation of work, the essential condition in order to realise it. But to occupy nature it is necessary to change point of view, “swerve off the path” and investigate its hidden aspects. The artist builds a wall of 64 square metres in bricks and concrete, which blocks the entrance road to the gardens. A wall in which “the use of simple materials exalts its building, the sense of manual work, the principal characteristic of the sculpture”, which imposes itself with its robust bulk, forcing people to “make the necessary effort to get past an obstacle in order to enjoy the object of recreational-cultural interest: the celebration of the artistic event”. On the other side it blocks the exit and the view towards the lagoon. The wall would quickly become the image symbolising the much-talked-about event48 of 1978. On occasion of the Festival Nazionale dell’Unità organised in Mantua from 29 June to 9 July 1978, the leaders of the Italian Communist Party scheduled a series of conferences on historical and political topics as well as various initiatives in the artistic field. Staccioli was invited to take part together with Alberto Biasi, Umberto Bignardi, Enrico Castellani, Alik Cavaliere, Nicola Carrino, Pier Paolo Calzolari, Gianni Colombo, Enzo Mari, Marcello Morandini, Bruno Munari, Gianfranco Pardi, Concetto Pozzati, Giuseppe Spagnulo and Emilio Tadini. 47 The XXXVIII Venice Biennial was held from 2 July to 15 October 1978. See the presentation of the Italian section in the catalogue and especially Enrico Crispolti, ‘Natura praticata’, in La Biennale di Venezia 1978. Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura, general catalogue (Edizioni La Biennale di Venezia, 1978), 142-45. 48 As well as appearing in numerous articles in the international press, Staccioli’s work became the protagonist in an episode, directed and interpreted by Alberto Sordi, of the film Dove vai in vacanza? which came out in the very same year, 1978. The episode, entitled Le vacanze intelligenti, follows a couple unaccustomed to contemporary art visiting the Biennial; at the entrance they immediately come face to face with the Muro (Wall) before continuing their visit which clearly shows the gulf between contemporary art and the people. The scene fully grasps the sense of Staccioli’s work which acts as an obstacle, a tangible sign of the impossibility of communication between these two worlds. 46

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In the public consciousness, the value of sculpture in the urban fabric was becoming fully affirmed, so during the Festival Nazionale dell’Unità (National Festival of Unity) in 1978,46 an initiative was promoted that intended “to encourage an active dialogue with the social and urban reality of Mantua, favouring the artists’ relationship with the town and its history”. The artists were asked to “intervene in the ways and times that they deem opportune in order to suggest ways of reading and using the spaces within the historic centre of the city”. Staccioli identifies the space in front of the Rotonda di San Lorenzo church as the most evocative place to position his work. He makes three cones that cry out in contrast with the warm red of the medieval bricks and “filter the passageway” towards

225, 227 Senza titolo, Rotonda di San Lorenzo, Mantova, 1978 ferro e laterizi intonacati a cemento, tre elementi 150×150×80 cm ciascuno (smantellata a fine mostra) 226 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm


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228 Senza titolo, 1978, grafite su carta, 20×30 cm 229 Senza titolo, 1978, pennarello viola su carta, 30×20 cm

231 Senza titolo, 1978. grafite e pastello su carta, 20×30 cm

230 Senza titolo, 1978, grafite e pastello su carta, 20×30 cm

232 Senza titolo, 1978, grafite su carta, 20×30 cm


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233-234 Senza titolo “Muro” XXXVIII Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea, Venezia, 1978 ferro e laterizi intonacati a cemento, 800×800×120 cm (smantellata a fine mostra) 235 Il segno della scultura, Ravenna, 1979 cemento, quindici elementi, 25×48×20 cm ciascuno


Sul finire degli anni Settanta risulta chiaro che Staccioli punta a una riflessione più sottile sull’arte e lentamente prende le distanze da un approccio espressamente politico per giungere a risultati più legati alla condizione psicologica dell’uomo che a quella esclusivamente sociale. Si apre un periodo di ricerca legato agli equilibri, alla percezione e agli interrogativi sul significato di fare arte. È così che l’artista approfondisce l’analisi sulle forme triangolari. Nel triangolo infatti riscopre la bellezza della perfezione geometrica, ma anche la tensione di un poliedro che contiene in sé la totale stabilità, così come i presupposti per una potenziale, completa, instabilità. Tra il 1979 e il 1980 sperimenta nuove idee: dalla teoria di triangoli di piccole dimensioni collocati sul pavimento a formare una barriera (in occasione della mostra La Section d’Or49 a Ravenna poi riproposta anche alla mostra personale allo Studio Carrieri di Martina Franca50 e all’Expo di Bari51), fino al progetto incompiuto per Gibellina52, dove un grande triangolo in cemento, sospeso in una stabilità precaria, doveva penetrare all’interno di un terrapieno rivestito in ceramica locale, lungo una delle arterie principali della nuova città. In questa fase ha certamente un ruolo rilevante l’intervento realizzato a Martina Franca in occasione degli “Incontri” promossi da Lidia Carrieri ed Enrico Crispolti nel settembre del 197953. La manifestazione vede la partecipazione di numerosi artisti chiamati a «realizzare un momento di confronto di lavoro e di discussione relativamente alle esperienze più recenti della ricerca artistica con partico-

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lare attenzione ai suoi rapporti con lo spazio urbano e il contesto sociale.» Un triangolo di cemento armato, capovolto e incastrato tra due muri di una strada in città, sconvolge i passanti, La mostra collettiva La Section d’Or o della Restaurazione a cura di Flavio Caroli e Giulio Guberti fu organizzata dal Comune di Ravenna e allestita presso la Loggetta Lombardesca dal 23 giugno all’8 settembre 1979. Alla mostra parteciparono tra gli altri: Valerio Adami, Getulio Alviani, Agostino Bonalumi, Gianni Colombo, Dadamaino, Emilio Isgrò, Gianfranco Pardi, Achille Perilli, Arnaldo e Giò Pomodoro, Pino Spagnulo, Aldo Spoldi, Emilio Tadini, Giuseppe Uncini, Grazia Varisco. 50 In occasione della mostra personale tenutasi dal 22 marzo al 10 aprile 1980. La galleria Studio Carrieri, diretta da Lidia Carrieri dall’inizio degli anni Settanta con sede a Martina Franca, ha recentemente dato vita alla Fondazione Noesi. 51 Per la quinta edizione della rassegna di arte contemporanea che si tenne dal 25 al 30 marzo 1980 organizzata dalla Fiera del Levante. 52 Nel 1979 Staccioli viene invitato dall’allora sindaco Ludovico Corrao a partecipare ai progetti di ricostruzione per la nuova Gibellina, dopo il violento terremoto del 1968. Ai progetti di ricostruzione hanno partecipato i più importanti artisti e architetti italiani tra cui si ricordano Carla Accardi, Alberto Burri, Pietro Consagra, Vittorio Gregotti, Fausto Melotti, Alessandro Mendini, Arnaldo Pomodoro, Franco Purini, Ludovico Quaroni, Daniel Spoerri. 53 La manifestazione, organizzata dal 5 al 12 settembre 1979, comprendeva azioni, interventi, laboratori, seminari, esposizioni, con ampio coinvolgimento dello spazio urbano. Agli incontri sono invitati diversi critici tra cui Luciano Caramel, Antonio Del Guercio, Vittorio Fagone, Fulvio Irace, Tommaso Trini, Francesco Vincitorio. Tra i tanti artisti: Mirella Bentivoglio, Nicola Carrino, Pietro Coletta, Mario Cresci, Ugo La Pietra, Antonio Paradiso, Francesco Somaini. 49


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ostacolando l’abituale passaggio. L’artista dichiara: «l’oggetto dell’arte intervenendo nel contesto culturale quotidiano “non deputato” si denuda degli orpelli rituali dei tradizionali luoghi espositivi e rivendica il diritto e la ragione della sua presenza nella vita pubblica quotidiana. La scultura si pone in qualità di segno critico – provocazione – per una diversa lettura e fruizione dell’ambiente, interrompendo la quiete dei consueti itinerari visivi quotidiani, insinuando dubbi, sollecita risposte.»54 Non si comprende come l’opera sia riuscita a incunearsi in quella posizione; la sua presenza inquieta, la relazione tra l’opera e il fruitore si impone per forza. L’arte di Staccioli stimola a riflettere; come una metafora ardita, come una presenza inaspettata, attiva l’attenzione e innesca la riflessione. Da segno conflittuale l’opera diventa suggerimento sussurrato, “leggera” suggestione, nonostante l’imponenza delle dimensioni e la gravità dei pesi. Cfr. Mauro Staccioli, Nota di lavoro, in La critica dell’arte, a cura di Marilena Pasquali, Galleria d’Arte Moderna Palazzo Bosdari, Ancona, 1981, p. 95. 54

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236 Per Gibellina, 1979-80 grafite su carta lucido, 22,5×36,5 cm 237 Per Gibellina, 1979 tecnica mista su carta, 51×73 cm 238 Senza titolo, 1979 grafite su carta lucido, 24×30,5 cm 239 Senza titolo “Martina Franca 1979”, 1979 laterizi intonacati a cemento e ferro 380×300×60 cm (smantellata a fine mostra) 238


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Towards the end of the 1970s it appeared clear that Staccioli was aiming at a more subtle reflection on art, slowly taking his distance from an expressly political approach in order to achieve results more linked to man’s psychological rather than exclusively social condition. He thus begins a period of research linked to balances, to perception and questions on the meaning of making art. This is how the artist extends his analysis of triangular forms. In the triangle he rediscovers the beauty of geometric perfection, but also the tension of a polyhedron that in itself contains total stability as well as the presuppositions for a potential, complete instability. Between 1979 and 1980 he tries out new ideas: from the theory of small triangles positioned on the floor to form a barrier (on occasion of the La Section d’Or49 exhibition in Ravenna then offered up again at the solo exhibition at Studio Carrieri in Martina Franca50 and at the Bari Expo),51 up to the uncompleted project for Gibellina,52 where a large concrete triangle, suspended in a precarious stability, was supposed to penetrate an embankment covered in local pottery, along one of the main roads of the new town. The intervention created at Martina Franca on occasion of the “Incontri” (Meetings) promoted by Lidia Carrieri and Enrico Crispolti in September 1979 certainly played an important role in this phase.53 This particular event saw the participation of numerous artists called upon to “create a

The group exhibition La Section d’Or o della Restaurazione (La Section d’Or, or, of Restoration), curated by Flavio Caroli and Giulio Guberti, was organised by the Municipality of Ravenna and staged at the Loggetta Lombardesca from 23 June to 8 September 1979. Taking part in the exhibition, among others, were: Valerio Adami, Getulio Alviani, Agostino Bonalumi, Gianni Colombo, Dadamaino, Emilio Isgrò, Gianfranco Pardi, Achille Perilli, Arnaldo and Giò Pomodoro, Pino Spagnulo, Aldo Spoldi, Emilio Tadini, Giuseppe Uncini and Grazia Varisco. 50 On occasion of the solo exhibition held from 22 March to 10 April 1980. Galleria Studio Carriera, directed by Lidia Carrieri since the beginning of the 1970s and located in Martina Franca, recently established the Noesi Foundation. 51 For the fifth contemporary art exhibition organised by Fiera del Levante and held from 25 to 30 March 1980. 52 In 1979 Staccioli was invited by the mayor at the time, Ludovico Corrao, to take part in the project to rebuild the new Gibellina, after the violent earthquake of 1968. The most important Italian artists and architects took part in the reconstruction projects, amongst whom Carla Accardi, Alberto Burri, Pietro Consagra, Vittorio Gregotti, Fausto Melotti, Alessandro Mendini, Arnaldo Pomodoro, Franco Purini, Ludovico Quadroni and Daniel Spoerri. 53 The event, organised from 5 to 12 September 1979, included actions, interventions, laboratories, seminars, exhibitions, with wide involvement of the urban space. Various critics were invited to the meetings, amongst whom Luciano Caramel, Antonio Del Guercio, Vittorio Fagone, Fulvio Irace, Tommaso Trini and Francesco Vincitorio. Among the many artists: Mirella Bentivoglio, Nicola Carrino, Pietro Coletta, Mario Cresci, Ugo La Pietra, Antonio Paradiso and Francesco Somaini. 49

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moment to compare works and discuss the most recent experiences of artistic research, with particular attention to its relations with the urban space and the social context”. A triangle of reinforced concrete, upturned and wedged between two walls of a street shocks passers-by, hindering their habitual passage. The artist declares: “object of art, intervening in the everyday, ‘unappointed’ cultural context, stripped of the ritual frills of the traditional exhibition places, claiming the right and reason of its presence in everyday public life. The sculpture appears as a critical sign – a provocation – to read and use the environment in a different way, interrupting the quiet of habitual everyday visual itineraries. By arousing doubts, it presses for answers.”54 It is impossible to understand how the work managed to get wedged in that position; its disquieting presence, the relationship between the work and the user, are forcefully asserted. Staccioli’s art stimulates reflection; like a bold metaphor, like an unexpected presence, it activates the attention and prompts reflection. From a sign of conflict the work becomes a whispered suggestion, a ‘light’ instigation, despite the immensity of the size and the gravity of the weights. See Mauro Staccioli, ‘Nota di lavoro’ in Marilena Pasquali ed., La critica dell’arte (Ancona: Galleria d’Arte Moderna Palazzo Bosdari, 1981), 95.

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240 Scultura ’80, Studio Carrieri, Martina Franca, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento, 100×100×100 cm (smantellata a fine mostra) 241 Scultura ’80, 1980 cemento e ferro, dieci elementi, 36×71×30 cm 242 Scultura ’80, Galleria Studio, Warsaw, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento, 100×100×50 cm (smantellata a fine mostra) 243 Senza titolo, Studio Santandrea, Milano, 1981 ferro e laterizi intonacati a cemento, 300×600×40 cm (smantellata a fine mostra) 244 Senza titolo, Scultura: lavoro critico, Scuola Caprin, Trieste, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento (smantellata a fine mostra) 245-246 Senza titolo, Subzara: il fiume, la gente, la festa Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Suzzara, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento, tre elementi 80×100×25 cm circa, ciascuno (distrutta)


Un intervento inaspettato si ritrova anche nell’aula magna della Scuola Media Caprin55 di Trieste – progettata da Aldo Rossi in forme monumentali – dove Staccioli opera nel luogo deputato allo studio, alla ricerca, al rinnovo della società, «con gli strumenti di una manualità muratoria e con quelli del dialogo», come ricorda Vincenzo Perna nella breve pubblicazione stampata per l’occasione56. L’artista “occupa i gradini” dell’aula magna costruendo su di essi una forma poligonale sghemba e contemporaneamente discute con i ragazzi sulle ragioni dell’intervento. La scultura non è più autoreferenziale ma diventa un’operazione culturale, un laboratorio nel quale non si perde mai di vista la qualità estetica del lavoro ma in cui l’abilità manuale si carica di significati utili a stimolare la riflessione e la crescita dell’individuo. Il solido geometrico «è lontano da ogni interesse di abbellimento, non vuole mimetizzarsi né accordarsi con i dati fisici e architettonici della struttura ambientale, della quale intende far rilevare appunto lo sviluppo ‘aulico’ del colonnato in uno spazio che aspira più ai grandi eventi che agli incontri quotidiani.» Esperimenti simili compaiono in questi anni anche sul pavimento della Galleria Studio di Varsavia o dello Studio Carrieri57 a Martinafranca. Un’ulteriore soluzione è elaborata in occasione della rassegna Subzara: il fiume, la gente, la festa58, organizzato dalla neonata Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Suzzara. La rassegna invita «artisti interessati ad operare

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direttamente all’interno dei luoghi e delle strutture suzzaresi» affrontando il legame tra il fiume Po e la gente, con le sue tradizioni e i suoi costumi. Staccioli porta a termine un perfetto dialogo con l’ambiente naturale del fiume, realizzando un intervento composto da una serie di tre elementi triangolari che si collocano lungo il Po, partendo dalla golena fino a bagnarsi nelle sue acque. Le sculture si confondono in simbiosi con la natura circostante, ne diventano parte integrante, condividendone le sorti. Vivono i ritmi del fiume, le secche che svelano i fondali e le piene che invadono i terreni lungo le rive. Le sculture si nascondono e riemergono seguendo i cicli stagionali, testimoniano la vita del fiume, il suo potere vitale e distruttivo allo stesso tempo. Alla Scuola Media Caprin Staccioli, con il contributo critico di Vincenzo Perna, organizza un laboratorio dal titolo Scultura: lavoro critico che prevedeva, oltre alla realizzazione di un intervento, anche una serie di incontri e dibattiti con diverse scolaresche. L’iniziativa si tenne dal 19 marzo al 9 aprile 1980. 56 Cfr. Vincenzo Perna, Mauro Staccioli. Scultura: lavoro critico, Laboratorio Caprin - Trieste 1980, Tipografia Restelli, Lovere. 57 In occasione della mostra personale tenutasi dal 22 marzo al 10 aprile 1980. Cfr. nota n. 50. 58 La manifestazione tenutasi dal 21 settembre al 31 ottobre 1980, fu organizzata dalla nuova Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Suzzara, inaugurata l’anno precedente. Tra gli artisti invitati: Italo Antico, Nicola Carrino, Alik Cavaliere, Claudio Costa, Emilio Isgrò, Teodisio Magnoni, Eugenio Miccini, Concetto Pozzati, Emilio Tadini, Nanda Vigo, William Xerra. 55


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An unexpected intervention-sculpture is also to be found inside the Caprin middle school55 in Trieste, with its monumental forms designed by Aldo Rossi. Here Staccioli works in the place set aside for study, research and regenerating society, “with the tools of a builder’s craft and those of dialogue”, as Vincenzo Perna remembers in the short publication printed for the occasion.56 The artist “occupies the steps” of the school hall, building a lopsided polygonal form and at the same time talking to the boys and girls about the reasons behind his work. The sculpture is no longer self-referential but becomes a cultural operation, a laboratory where the aesthetic quality of the work is never lost from sight and the manual skill is laden with meanings useful for stimulating reflection and individual growth. The geometric solid “is far from wanting to embellish the place, it does not want to blend in or harmonise with the physical and architectural features of the environmental structure. It wants to underline the ‘hall-like’ layout of the colonnade in a space that aspires more to great events than day-to-day encounters.” Similar experiments also appeared in these years on the floors of Studio Gallery in Warsaw and Studio Carrieri57 in Martinafranca. Staccioli came up with a further idea on occasion of the Subzara: il fiume, la gente, la festa (Subzara: the river, the people, the festival)58 exhibition, organised by the newly opened Galleria Civica d’Arte Contemporanea (Civic Gallery of Contemporary Art) in Suzzara. The event invited

“interested artists to work directly in situ in Suzzara and its buildings”, and to tackle the tie between the River Po and the people, with their traditions and customs. Staccioli completes a perfect dialogue with the natural river environment, creating an intervention comprising a series of three triangular elements positioned along the River Po, from the flood plain to its waters. The sculptures blend in symbiosis with the surrounding nature, they become an integral part of it, sharing its lot. They experience the rhythms of the river, the droughts revealing the riverbed and the floods invading the land along its banks. The sculptures are hidden and reemerge following the changing seasons, they bear witness to the life of the river, its living and destructive power. At the Caprin middle school, Staccioli, in partnership with the critic Vincenzo Perna, organised a laboratory entitled Scultura: lavoro critico (Sculpture: critical work) which, in addition to creating an interventionsculpture, also included a series of meetings and debates with various students. The initiative was held from 19 March to 9 April 1980. 56 See Vincenzo Perna, Mauro Staccioli. Scultura: lavoro critico, Laboratorio Caprin, Trieste (Lovere: Tipografia Restelli, 1980). 57 On occasion of the solo exhibition held from 22 March to 10 April 1980. See note no. 50. 58 The event was held from 21 September to 31 October 1980, and organised by the new Galleria Civica d’Arte Contemporanea in Suzzara, inaugurated the previous year. Among the artists invited: Italo Antico, Nicola Carrino, Alik Cavaliere, Claudio Costa, Emilio Isgrò, Teodisio Magnoni, Eugenio Miccini, Concetto Pozzati, Emilio Tadini, Nanda Vigo and William Xerra. 55


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Nel corso del 1981 si va chiarendo maggiormente l’evoluzione del lavoro dell’artista. La chiave di lettura si rintraccia in un progetto mai realizzato per un nuovo complesso edilizio a Macerata59, dove Staccioli propone un’opera per la nuova scuola elementare del quartiere. Così l’artista descrive il progetto: «Tre forme quadrangolari poste in uno stato di ‘equilibrio precario’ formano, allineate su un asse, un percorso visivo fra l’edificio della scuola e la strada. Un gruppo di solidi geometrici primari collocati in prossimità dell’edificio formano un nucleo di forme di base da conoscere, usare, interpretare, immaginare… (pratica didattica, gioco… etc). La relazione fra le forme geometriche ‘regolari’, la scuola e le forme ‘irregolari’ è un fenomeno intellettuale che contribuisce a determinare una connotazione ‘forte’ del luogo.» L’equilibrio precario sarà il nuovo fulcro poetico intorno al quale Staccioli praticherà l’arte nella società. Sarà il rapporto tra le forme della scultura e quelle della natura o dell’architettura che farà scaturire, in una sorta di rompicapo matematico, nuove riflessioni e nuove soluzioni. Ecco allora che si rivela l’opera ideata per la collettiva La critica dell’arte60 tenutasi alla Galleria d’Arte Moderna di Ancona dove è collocato un poliedro in posizione verticale, sospeso e incredibilmente eretto su un parapetto, abilmente “incastrato” nello spazio buio e angusto dei sotterranei. E ancora il grande «parallelepipedo sghembo posto a cavalcioni sugli scalini della rampa, in bilico dinnanzi alla magniloquente facciata umbertina» della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma in occasione della mostra Arte e Critica ’8161 in cui Gillo Dorfles sottolinea in Staccioli «l’appello per restituire alla scultura la sua funzione di arte sociale, di arte che ammonisca l’uomo circa le sue responsabilità civiche e le sue possibilità d’intervento attivo.»62 Infine il cemento innestato e sospeso tra le pareti dello Studio Santandrea63 o il triangolo conficcato nel prato antistante l’ex Monastero di Sant’Agostino a Bergamo64. Come a sancire il mutamento definitivo rispetto al percorso intrapreso negli anni Settanta Staccioli propone un memorabile intervento alla Galleria Mercato del Sale di Milano.

Le sue sculture hanno superato il carattere più esplicito per assumere un valore più evocativo e poetico. Le barriere non sono più fisiche ma mentali, superarle o meno è solo una questione di approccio intellettuale. Così il profondo solco scavato nel pavimento della galleria completamente vuota non evoca uno sbarramento ma è solo un segno fisico che separa un “al di qua” da un “al di là”, distinti anche visivamente da un “finito” e un “non-finito”. L’opera stessa, l’arte, è colei che permette di oltrepassare, superare i limiti imposti; sta a chi guarda decidere se proseguire o fermarsi. Come sottolinea Alberto Fiz questo è l’intervento più provocatorio di Staccioli ed «è piuttosto curioso come, nel 2007, Doris Salcedo abbia realizzato alla Turbine Hall della Tate Gallery Shibboleth, un’installazione site-specific che ha previsto una crepa attraverso la pavimentazione del museo in base a un principio sorprendentemente simile rispetto a quello realizzato da Staccioli ventisei anni prima. L’attualità di un messaggio che ha avuto ampie ripercussioni sull’arte di oggi appare evidente.»65 Dai documenti dell’archivio Staccioli è possibile ricostruire la proposta dell’artista, nel maggio 1981, per un intervento per un nuovo quartiere di Macerata. Oltre alla relazione esplicativa del progetto nell’archivio si conservano i disegni elaborati per l’occasione. Cfr. gli stessi disegni riprodotti in Enrico Crispolti, Mauro Staccioli. Il segno come scultura, Coopedit, Macerata, 1981. Nell’ottobre dello stesso 1981 si inaugura una mostra antologica dell’artista presso la Pinacoteca Comunale della città di Macerata. 60 La mostra collettiva La critica dell’arte, a cura di Marilena Pasquali, fu organizzata alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Palazzo Bosdari ad Ancona dal 24 aprile 1981. 61 Per la mostra i maggiori critici italiani del momento scelsero uno o al massimo due artisti e ne presentarono il lavoro. Tra i critici: Giovanni Maria Accame, Renato Barilli, Flavio Caroli, Enrico Crispolti, Gillo Dorfles (che presentò Staccioli), Maurizio Fagiolo, Lara Vinca Masini, Filiberto Menna, Daniela Palazzoli, Tommaso Trini, Lea Vergine, Marisa Vescovo, Emilio Villa. Cfr. Arte e critica 1981, catalogo della mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 29 luglio - 4 ottobre 1981, De Luca Editore, Roma, 1981. 62 Gillo Dorfles, Scultura-intervento di Mauro Staccioli alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, in Mauro Staccioli. Sculturaintervento, Galleria Spriano, Omegna, ottobre 1981, pp. 5 e segg. 63 L’opera fu realizzata in occasione della mostra personale Il disegno dell’idea e la pratica della scultura tenutasi allo Studio Santandrea dal 21 gennaio 1981.

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64 In occasione della mostra Deserto. Aspetti della condizione umana attraverso l’arte, tenutasi a Bergamo dal 26 settembre al 31 ottobre 1981. 65 Cfr. Alberto Fiz, Sensibile ambientale, in Intersezioni 6. Mauro Staccioli. Cerchio imperfetto. Al Parco Archeologico di Scolacium e al Marca, a cura di Alberto Fiz, Electa, Milano, 2011, p. 20.

249 Senza titolo, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Bosdari, Ancona 1981, ferro e laterizi intonacati a cemento 370×350×30 cm (smantellata nel 1992) 249

247 Senza titolo, Macerata, 1981 grafite su carta lucido applicata su fotografia, 10×15 cm 248 Senza titolo, Macerata,1981 grafite su carta lucido applicata su fotografia, 10×15 cm


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250 Senza titolo “Roma 1981” Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1981 ferro e laterizi intonacati a cemento, 400×600×100 cm (smantellata a fine mostra) 251 Progetto per “Roma 1981” Galleria Nazionale Arte Moderna, 1981 grafite su carta velina da applicare su foto, 24×35 cm 252 Senza titolo, “Deserto” Piazzale Sant’Agostino, Bergamo, 1981 cemento, 900×800×100 cm (smantellata a fine mostra) 253 Mauro Staccioli al Mercato del Sale, Milano, 1981 durante lo scavo dell’opera 251

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During 1981 the evolution in the artist’s work becomes clearer. The key to reading his work can be traced to a project – never implemented – for a new building complex in Macerata,59 where Staccioli proposes a work for the new primary school in the district. This is how the artist describes the project: “Three quadrangular forms, aligned on an axis, in a state of ‘precarious equilibrium’, form a visual pathway between the school building and the road. A group of solid primary geometric forms positioned closed to the building form a set of basic shapes to familiarise, use, interpret and imagine… (teaching, play… etc.). The relationship between the ‘regular’ geometric forms, the school and the ‘irregular’ forms is an intellectual phenomenon that helps to give the place a ‘strong’ character.” Precarious equilibrium would become the new poetic fulcrum around which Staccioli would practise art in society. The relationship between the forms of the sculpture and those of nature or architecture, in a sort of mathematical brainteaser, would prompt new reflections and new solutions. This is how the work designed for the La critica dell’arte (Art Critique)60 group exhibition held at Galleria d’Arte Moderna di Ancona would appear: a polyhedron positioned in a vertical manner, suspended and incredibly erect on a parapet, skilfully ‘wedged’ into the dark and narrow space of the basement. And the same the large “lopsided parallelepiped placed straddling over the flight of steps, balanced precariously in front of the dignified Umbertine façade” of the Galleria Nazionale d’Arte Moderna (National Gallery of Modern Art) in Rome on occasion of the Arte e Critica ’81 (Art and Critique ’81)61 exhibition in which Gillo Dorfles underlines Staccioli’s “appeal to restore to sculpture its function of social art, of art that warns man of his civic responsibilities and his possibilities to make active intervention”.62 And lastly, the concrete grafted and suspended between the walls of Studio Santandrea63 or the triangle thrust into the lawn in front of the former monastery of Sant’Agostino in Bergamo.64 As if to ratify his definitive veering from the path followed in the 1970s, Staccioli proposes a memorable intervention at Galleria Mercato del Sale in Milan. His sculptures have gone beyond their more explicit character to take on a more evocative and poetic value. The barriers are no longer physical but mental, whether one can overcome them is just a question of intellectual approach. So the deep rut dug in the floor of the completely empty gallery does not evoke a barrier but is just a physical sign that separates an “over here” from an “over there”, also distinguished visually by a “finished” and an “unfinished”. The work itself, the art, is what enables us to go beyond, overcome the imposed limits; it is up to the observer to decide whether to go on or to stop. As Alberto Fiz underlines, this is Staccioli’s most provocative work and “it is rather curious how, in 2007, Doris Salcedo made Shibboleth,

From the documents in the Staccioli archive, we can reconstruct the artist’s proposal, in May 1981, for a work for a new district in Macerata. As well as the report explaining the project, the archive also preserves the drawings he made for the occasion. See the same drawings reproduced in Enrico Crispolti, Mauro Staccioli. Il segno come scultura, (Macerata: Coopedit, 1981). 60 The group exhibition La critica dell’arte, curated by Marilena Pasquali, was organised at the Galleria Comunale d’Arte Moderna in Palazzo Bosdari, Ancona, from 24 April 1981 to 61 For the exhibition the biggest Italian critics of the time chose one or at most two artists and presented their work. Among the critics: Giovanni Maria Accame, Renato Barilli, Flavio Caroli, Enrico Crispolti, Gillo Dorfles (who presented Staccioli), Maurizio Fagiolo, Lara Vinca Masini, Filiberto Menna, Daniela Palazzoli, Tommaso Trini, Lea Vergine, Marisa Vescovo and Emilio Villa. See Arte e critica 1981, exhibition catalogue, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Rome, 29 July - 4 October 1981 (Rome: De Luca Editore, 1981). 62 Gillo Dorfles, “Scultura-intervento di Mauro Staccioli alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma”, in Mauro Staccioli. Sculturaintervento, Galleria Spriano, Omegna, October 1981, pp. 5 ff. 63 The work was made on occasion of the solo exhibition Il disegno dell’idea e la pratica della scultura (Drawing the Idea and Making the Sculpture) held at Studio Santandrea starting on 21 January 1981. 64 On occasion of the exhibition Deserto. Aspetti della condizione umana attraverso l’arte (Desert. Aspects of the Human Condition through Art) held in Bergamo from 26 September to 31 October 1981. 59

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a site-specific installation in the Turbine Hall of the Tate Gallery, which consisted of a crack through the floor of the museum, based on a surprisingly similar principle to that of Staccioli twenty-six years earlier. The topicality of a message – which has had widespread repercussions on today’s art – is evident.”65 Alberto Fiz, “Sensibile ambientale”, in Alberto Fiz ed., Intersezioni 6. Mauro Staccioli. Cerchio imperfetto. Al Parco Archeologico di Scolacium e al Marca (Milan: Electa, 2011), 20.

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254-255 Senza titolo, Mercato del Sale, Milano, 1981 cemento, scavo profondità 220 cm, dimensioni ambientali 500×2500×500 cm (smantellata a fine mostra)


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I risultati ottenuti non sfuggono alla critica internazionale che inizia a seguire da vicino il lavoro dell’artista, invitandolo a partecipare alla più importanti esposizioni in programma. Il 1982 è un anno fondamentale nella sua attività. Tra gli scultori chiamati a dare inizio a quello straordinario esperimento di arte ambientale che è la Collezione della Fattoria di Celle, Amnon Barzel individua – insieme a Robert Morris, Dani Karavan, Richard Serra, Dennis Oppenheim, Alice Aycock, Anne e Patrick Poirier, George Trakas, Ulrick Rückriem – anche Staccioli. Nel parco della villa costruisce un imponente frammento di triangolo in mattoni rifiniti a cemento che da un viale del parco si inerpica su un leggero pendio boscoso. Gran parte del triangolo sembra essere sprofondata nel terreno, quel che resta visibile è completamente immerso nella vegetazione. Il segno del passaggio dell’uomo si è trasfigurato nella simbiosi con la natura, in una sintesi perfetta ed equilibrata. Rimane una sottile inquietudine che l’opera in fondo comunica: il disperato tentativo dell’uomo di affermare la propria presenza che, col tempo, si dissolverà, inghiottita dalla natura66. Nello stesso anno l’artista partecipa a due mostre, Wir anderen67 a Regensburg e Arte italiana 1960-198268 a Londra. Staccioli ribadisce fermamente la spinta a uscire dagli spazi chiusi, vincolanti, delle esposizioni, per trovare all’esterno, nel contatto diretto con la realtà, la più idonea collocazione. In entrambi i casi l’opera è posta al di fuori dei luoghi strettamente dedicati alla mostra, davanti all’ingresso della Stadtische Galerie a Regensburg e sul tetto della Hayward Gallery a Londra. Entrambe le opere sono forme triangolari costruite in equilibrio precario su uno dei propri vertici. In un mondo che si sta avviando ad abbandonare la crisi e gli scontri violenti degli anni Settanta, che esalta il liberismo, accellera il progresso economico e si avvia verso un futuro ottimistico di stabilità e progresso, Staccioli, con la sensibilità che lo ha sempre contraddistinto, sente subito scricchiolare le certezze e percepisce che l’unica certezza è che l’equilibrio è incerto e, spesso, solo apparente.

artisti presenti: Enrico Baj, Alighiero Boetti, Gianni Colombo, Pietro Consagra, Dadamaino, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Gruppo T, Jannis Kounellis, Piero Manzoni, Enzo Mari, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Arnaldo e Giò Pomodoro, Emilio Tadini, Giuseppe Uncini. Cfr. Arte italiana 1960-1982, catalogo della mostra, Hayward Gallery, Londra, 19 ottobre 1982 - 9 gennaio 1983, Electa International, Milano, 1982.

256 Senza titolo (1982) grafite e pastello su carta lucido, 26×36,5 cm 257 Senza titolo (1982) grafite su carta, 30×38 cm 258 Senza titolo “Celle 1982”, 1982 ferro e laterizi intonacati a cemento, 1100×2000×110 cm (foto recente) 259 Senza titolo “Celle 1982”, 1982 ferro e laterizi intonacati a cemento, 1100×2000×110 cm

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A questo proposito si confrontino le due fotografie dell’opera realizzate a distanza di quasi trent’anni. 67 La mostra Wir Anderen, curata da Veit Loers si tenne alla Stadtische Galerie di Regensburg dal 7 maggio al 27 giugno 1982. Cfr. Noi altri - Wir anderen, catalogo della mostra, Stadtische Galerie Regensburg, 7 maggio - 27 giugno 1982, Kretschmer & Grossmann Verlag, 1982. 68 La collettiva Arte italiana 1960-1982, promossa ed organizzata dalla ripartizione Cultura e Spettacolo del Comune di Milano in collaborazione con l’Arts Council of Great Britain e con il patrocinio del Ministero degli Esteri italiano, allestita negli spazi della Hayward Gallery, aprì i battenti il 19 ottobre 1982 per terminare il 9 gennaio dell’anno seguente. La mostra si articolava in dieci sezioni per oltre 200 opere esposte che miravano a offrire un panorama completo dello stato dell’arte in Italia negli ultimi vent’anni. La commissione della mostra era composta da Guido Ballo, Renato Barilli, Flavio Caroli, Vittorio Fagone, Mercedes Garberi e Roberto Sanesi. Tra gli 66

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The results obtained do not escape the international critics who begin to closely follow the artist’s work, inviting him to take part in the most important scheduled exhibitions. 1982 is a fundamental year in his career. Among the sculptors called upon to start up that extraordinary experiment in environmental art which is the collection at Fattoria di Celle – together with Robert Morris, Dani Karavan, Richard Serra, Dennis Oppenheim, Alice Aycock, Anne and Patrick Poirier, George Trakas and Ulrich Rückriem – Amnon Barzel also singles out Staccioli. In the grounds of the villa he builds an imposing fragment of a triangle in bricks finished with concrete that climbs from an avenue up a gentle wooded slope. A large part of the triangle seems to be thrust into the ground and the part that remains visible is completely immersed in the vegetation. The sign of man’s passage is transfigured in its symbiosis with nature, in perfect and balanced harmony. Underneath, the work still communicates a subtle restlessness: man’s desperate attempt to assert his presence which, in time, will dissolve, swallowed up by nature.66 In the same year, the artist takes part in two exhibitions, Wir anderen (We Others)67 in Regensburg and Arte italiana 1960-1982 (Italian Art 1960-1982)68 in London. Staccioli firmly stresses his drive to exit the closed, restrictive exhibition spaces to find the most suitable position for his work outside, in direct contact with reality. In both cases the sculpture is placed outside the places strictly dedicated to the exhibition: in front of the entrance to the Stadtische Galerie in Regensburg and on the roof of the Hayward Gallery in London. Both works are triangular forms built in a precarious balance on one of their vertices. In a world which is beginning to leave behind the crisis and violent clashes of the 1970s, and exalts free enterprise, economic progress is speeding up, heading towards an optimistic future of stability and progress. With his hallmark sensitivity, Staccioli immediately feels the certainties creak, perceiving the only certainty to be that the balance is uncertain and, often, only apparent.

Consagra, Dadamaino, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Gruppo T, Jannis Kounellis, Piero Manzoni, Enzo Mari, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Arnaldo and Giò Pomodoro, Emilio Tadini and Giuseppe Uncini. See Arte italiana 1960-1982, exhibition catalogue, Hayward Gallery, London, 19 October 1982- 9 January 1983 (Milan: Electa International, 1982).

260 Senza titolo, 1982 pastello e grafite su carta, 36×25 cm 261 Senza titolo, Stadtische Galerie, Regensburg, 1982 ferro e laterizi intonacati a cemento bianco 700×220×80 cm (smantellata a fine mostra)

In this connection, compare the two photographs of the work taken almost thirty years apart. 67 The Wir Anderen exhibition, curated by Veit Loers, was held at the Stadtische Galerie in Regensburg from 7 May to 27 June 1982. See Noi altri - Wir anderen, exhibition catalogue, Stadtische Galerie Regensburg, 7 May - 27 June 1982, (Kretschmer & Grossmann Verlag, 1982). 68 The Arte italiana 1960-1982 group exhibition, promoted and organised by the Culture and Entertainment Department of the Municipality of Milan in partnership with the Arts Council of Great Britain and sponsored by the Italian Foreign Ministry, staged in the Hayward Gallery, opened its doors on 19 October 1982, ending on 9 January of the following year. The exhibition was divided into ten sections with more than 200 works on display and aimed to offer a complete panorama of the state of art in Italy in the past twenty years. The exhibition committee comprised Guido Ballo, Renato Barilli, Flavio Caroli, Vittorio Fagone, Mercedes Garberi and Roberto Sanesi. Among the artists present: Enrico Baj, Alighiero Boetti, Gianni Colombo, Pietro 66

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262 Senza titolo “Londra 1982” Hayward Gallery, London, 1982 ferro e laterizi intonacati a cemento rosso, 600×700×100 cm (smantellata a fine mostra)

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Allestimento della mostra di Mauro Staccioli Cerchio imperfetto al MARCA di Catanzaro, 23luglio-9 ottobre 2011, foto Antonio Renda

NOTE PER LA CONSULTAZIONE Nelle schede figurano le mostre a cui ha partecipato ciascuna opera, elencate in ordine cronologico, con l’indicazione della città e dell’anno (nei casi in cui la sola indicazione della città non bastava si è aggiunto il luogo preciso); per le mostre personali si è aggiunto il simbolo *. Vengono poi riportati, sempre in ordine cronologico, i riferimenti bibliografici abbreviati per ciascuna opera: cognome dell’autore e anno di pubblicazione seguiti dalle pagine in cui l’opera viene descritta e/o illustrata (ill.); nei casi in cui l’autore non sia presente è invece riportato il titolo della pubblicazione seguito dall’anno di pubblicazione. Le distinzioni indicate all’interno della scheda con a., b., c. etc. segnalano versioni della medesima opera realizzate in materiali, dimensioni o momenti diversi. L’elenco delle mostre personali e collettive e i riferimenti bibliografici completi sono riportati alla fine del volume. Alcune informazioni potrebbero risultare incomplete o imprecise a causa della mancanza di fonti certe. NOTES FOR CONSULTATION The entries show the exhibitions that each work took part in, listed in chronological order, giving the city and year (in the event that the indication of the city is not sufficient, we have added the precise place); for solo exhibitions the symbol * has been added. Then the abbreviated bibliographical references are given for each work, again in chronological order: surname of the author and the year of publication followed by the pages on which the work is described and/ or illustrated (ill.); if there is no author’s name, the title is given followed by the year of publication. When the works are distinguished by the letters a., b., c. etc., this points to versions of the same work made in different materials or sizes or at different times. The list of solo and group exhibitions and the complete bibliographical references are shown at the end of the volume. Some information could be incomplete or inaccurate owing to the lack of reliable sources.


SCHEDE DELLE OPERE

1 Senza titolo (1965) gesso patinato (dispersa)

12 Senza titolo (1970) pastello, china e tempera su carta da spolvero, 28,2×107,8 cm foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Roma, 1965 foto Oscar Savio

13 Paesaggio urbano, 1971 pastello e china su carta di giornale, 40×56 cm (Rinascita 4 settembre 1970), al recto iscritto a china: “PAESAGGIO URBANO” Progetto di scultura M. Staccioli 21-3-1971, sul verso schizzi e iscrizioni a biro blu: - ambiente – tronco di piramide in cemento – griglia in ferro – dipinto di bianco tutto l’esterno da esporre in ambiente vasto appeso al muro foto Torquato Perissi

2 Senza titolo (1965) gesso patinato (dispersa) Esposizioni/Exhibitions Roma, 1965 foto Oscar Savio 3 Senza titolo (1965) gesso patinato (dispersa)

14 Senza titolo (1970) pastello, tempera, china e grafite su cartone tipo cuoio 71×49,5 cm al recto dis. # 1:5 ca. foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Roma, 1965 foto Oscar Savio

15 Senza titolo (1970) pastello e grafite su cartone tipo cuoio, 70,5×49,7 cm al recto dis. # 1:5 foto Torquato Perissi

4 Senza titolo (1965) gesso patinato, 28×46×32 cm foto Torquato Perissi 5 Senza titolo (1965) gesso patinato, 34×40×35 cm foto Torquato Perissi

16 Griglia (1970) pastello su carta di giornale, 53,7×27,4 cm al verso abbozzo a pastello blu, schizzo e iscritto a biro blu: “griglia” h. m. 3/4 Larghezza 1,50 200 (ferro) poggiata o fissata su basamento di m. 1 di altezza di cemento da esporre in prossimità di ingresso foto Torquato Perissi

6 Città (1966-67) gesso patinato (dispersa) 7 Città (1966-67) gesso patinato, 31×Ø 31 cm Cesar Foto, Lodi

17 Senza titolo (1968) calco in gesso, 224×75×6 cm foto Torquato Perissi

8 Città (1966-67) gesso patinato, 32×36,5×27 cm Cesar Foto, Lodi

18 Senza titolo (1968) calco in gesso, 210×77×6 cm foto Torquato Perissi

9 Città (1966-67) gesso patinato, 79,5×62×28 cm (danneggiata)

19 Paesaggio (1970) pastello, china e biro blu su carta di giornale, 55,6×26,8 cm al verso schizzo e iscritto a biro blu:“Paesaggio” cemento altezza m. 2,50 esporre in ambiente vasto foto Torquato Perissi

10 Senza titolo (1970) pastello e china su carta di giornale 39×54 cm foto Torquato Perissi 11 Senza titolo (1970) pastello e china su carta di giornale, 40×55,5 cm (Rinascita 11 settembre 1970), al verso schizzi e iscritto a biro blu: Due piani inclinati di cemento 2 m circa di profondità 3-4 m di lunghezza 40. 50 cm di griglia “Passeggiata” “ambiente”? spessore esterno bianco griglia ferro luce bianca dietro la griglia Da sistemare in ambiente stretto foto Torquato Perissi

20 Muro (1970) pastello e china su carta di giornale, 38,5×52,4 cm (Rinascita 4 settembre 1970), al verso iscriitto a biro blu: muro da realizzare in prefabbricati di cemento con sbarra in acciaio cm. 2 di h per 3/5 di lunghezza × 2/3 di larghezza da esporre in ambiente chiuso molto vasto con molta luce sul retro foto Torquato Perissi 193


33 Senza titolo, 1969 gesso bianco, 230×30×25 cm (dispersa)

21 Muro (1969) gesso patinato, legno, vetro, 220×23×24 cm foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, ill. p. 9 Loers, 2000, ill. n. 8, s.i.p.

22 Proprietà privata (1970) pastello e china su carta di giornale, 43×59 cm (l’Unità 26 giugno 1970), al recto iscritto a pastello rosso: “Proprietà privata” (filo di ferro, pali di ferro muro di cemento nero), sul verso bozzetto e iscrizione a pastello nero: cancello foto Torquato Perissi

34 Senza titolo, 1969 pastello e china su carta di giornale, 51,4×34,5 cm al verso schizzo e iscritto a biro blu: “ambiente chiuso” cemento e grata di ferro da collocare in ambiente stretto foto Torquato Perissi

23 Ambiente (1970) pastello su carta di giornale 37,8×24,8 cm foto Torquato Perissi

35 Senza titolo “Progetto Minosse”, 1971-1972 maquette in legno laccato, 25×63×63 cm

24 Senza titolo (1971) pastello su carta di giornale, 59×43 cm (l’Unità 15 gennaio 1971) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972 Bibliografia/Bibliography Staccioli, 2000, p. 57 ill. p. 57 (maquette) Loers, 2000, p. 44-45, ill. n. 10, s.i.p. (maquette) foto Rino Del Prete

25 Senza titolo (Muro), 1969 mattoni, vetri, ferro armato 230×25×40 cm (dispersa) Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, p. 12, ill. p. 72 Loers, 2000, ill. n. 6, s.i.p. Fiz, 2011, ill. p. 56

36 Senza titolo, 1969 legno verniciato nero e ferro (dispersa) 37 Senza titolo, 1969 pastello e china su cartone tipo cuoio, 70,8×50,7 cm al recto dis. 1/3 ca, al verso firmato e datato: M. Staccioli 1971 foto Torquato Perissi

26 Senza titolo (1971) pastello e grafite su cartone tipo cuoio, 72,3×51,9 cm foto Torquato Perissi 27 Senza titolo, 1971 pastello, china e grafite su cartone tipo cuoio, 72,7×51,5 cm al recto firmato e datato: M. Staccioli 1971-V- dis. # 1:5 foto Torquato Perissi

38 Muro con gancio, 1972 legno intonacato a cemento e gancio in ferro, 200×100×16 cm dell’opera esistono due varianti: a. realizzata nel 1972 in tre esemplari (1/3) b. realizzata nel 1972-73 in tre esemplari (1/3) fra le due opere si rilevano alcune piccole differenze

28 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70,5×49,5 cm

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972 Volterra, Palazzo dei Priori, 1972* Gubbio, 1973 Volterra, Palazzo Solaini, 2009* Catanzaro, MARCA, 2011*

29 Senza titolo, 1969-71 gesso (2 elementi), 160×30×30 cm; 180×30×60 cm (dispersa) Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 1, s.i.p. Fiz, 2011, ill. p. 56

Bibliografia/Bibliography Rassegna San Fedele, 1972, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, pp. 13-15 Staccioli, 2000, pp. 57-58, ill. p. 57 Loers, 2000, pp. 44-45; ill. p. 78 Fiz, 2011, ill. p. 57

30 Senza titolo, 1971 pastello, grafite e china su cartoncino ingres, 70×50 cm al recto dis. # 1:5, al verso firmato e datato M. Staccioli 1971 foto Torquato Perissi 31 Senza titolo, 1971 pastello e china su cartone tipo cuoio, 70×50 cm al verso firmato, datato e iscritto: M. Staccioli 19 Maggio 1971 disegno scala 1:5 cemento armato cm. 100 (:2) 230×30 sbarra acciaio cm. 15×40×1 ca Bulloni acciaio mm. 50 testa foto Torquato Perissi

39 Senza titolo, 1969 legno verniciato nero e ferro, 220×100×7 cm esemplare unico 40 Cemento e gancio, 1971 legno intonacato a cemento e gancio in ferro, 200,5×50×16 cm

32 Pilastro, 1969 legno nero e gesso, 230×25×30 cm (dispersa)

Esposizioni/Exhibitions Volterra, Palazzo dei Priori, 1972* Gubbio, 1973

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 9, s.i.p. 194


Bibliografia/Bibliography Rassegna San Fedele, 1972, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, p. 13, ill. pp. 14-15 Loers, 2000, pp. 44-45; ill. n. 7, s.i.p. Staccioli, 2000, pp. 57-58, ill. p. 57

50 Senza titolo (1971) pastello, tempera e china su cartone tipo cuoio, 71,5×51 cm al recto dis. # 1:5, al verso iscritto: Prisma quadrangolare acciaio brunito cm. 80×80×250. Tubi zincati (cromati) mm. 40Ø h. cm. 130 sporgenza piega di base cm. 10 realizzare il prisma in legno brunito – grafite – tubi di plastica con argentola foto Torquato Perissi

41 Tubo di scarico (1970) pastelli e china su carta di giornale, 55,7×19,7 cm al verso schizzo e iscritto a biro blu: Tubo di scarico cm. 300 di altezza su muro in cemento con marciapiede foto Torquato Perissi

51 Senza titolo, 1971 pastello, tempera, china e grafite su cartone tipo cuoio, 71,5×49,8 cm al recto dis. # 1:5, al verso firmato, datato e iscritto: M. Staccioli 31-V-1971 Cemento cm. 220×80×10 tre tubi mm. 40Ø zincati sporgenza piegature cm. 10 foto Torquato Perissi

42 Senza titolo (1970) pastello e china su cartone tipo cuoio, 72,2×51,7 cm al recto dis. # 1:5 ca. foto Torquato Perissi 43 Senza titolo, 1969-71 cemento e tubo in ferro, tre elementi cubo 40×40×40 cm tubo Ø 10 cm (dispersa)

52 Tubo, 1970 cemento e tubolare curvo in ferro, 245×50×50 cm opera realizzata in quattro esemplari (1/3 + I/I)

Esposizioni/Exhibitions Grenoble, 1971

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011*

Bibliografia/Bibliography Intox, 1971, s.i.p. Loers, 2000, ill. n. 2, s.i.p. Crispolti, 1981, p. 12, ill. p. 8

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 5, s.i.p. Fiz, 2011, ill. p. 57 53 Anticarro, 1970 cemento e barre di ferro angolari, 40×40×40 cm opera realizzata in tre esemplari

44 Altare, 1971 tubo in cemento-amianto (75×Ø15× cm), tubo di plastica (190×Ø6), 265×15 cm (9 elementi), esposti con cubo in cemento, 50×50×50 cm e carbone (dispersa)

Esposizioni/Exhibitions Firenze, 1972* Gubbio, 1973

Esposizioni/Exhibitions Grenoble, 1971 Bibliografia/Bibliography Intox, 1971, s.i.p. Loers, 2000, ill. n. 3, s.i.p. Mauro Staccioli, 2006, p. 18

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 4, s.i.p. 54 Anticarro, 1969 maquette in legno verniciato e chiodi in ferro, 9,5×9,5×9,5 cm foto Torquato Perissi

45 Senza titolo, 1971 pastello, tempera e china su cartone tipo cuoio, 71,3×51,2 cm al recto dis. # 1:5, al verso iscritto: Pannello in cemento bianco cm. 50×230×10 tubo bianco mm. 60Ø. Sporgenza cm. 10, firmato e datato M. Staccioli 1-6-”71 foto Torquato Perissi 46 Senza titolo, 1971 pannello di compensato 200×50×20 cm (dispersa)

intonacato,

tubo

di

55 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 11 foto Piero Baguzzi

plastica

56 Barriera, 1970-92 cemento e ferro verniciato, 83,5×83,5×83,5 cm opera realizzata in sette esemplari (1/5 + I/II)

47 Senza titolo, 1969 cemento e tubo in lamiera verniciata (dispersa)

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

48 Senza titolo, 1971 cemento e tubo in lamiera verniciata, ???×70×70 cm prototipo unico

57 Situazione Barriera, 1969-70 legno sagomato e verniciato, 79×79×79 cm opera realizzata in tre esemplari

49 Senza titolo (1971) pastello e china su cartone tipo cuoio, 72,2×51,7 cm al recto dis. # 1:5 ca. foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Firenze, 1972* 195


Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. p. 76 Crispolti, 1981, ill. p. 11

a. realizzata nel 1969 in dieci esemplari (1/10) b. realizzata nel 1969-1977 in quattro esemplari (1/3 + I/I) Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Catanzaro, MARCA, 2011*

58 Senza titolo “Anticarro”, 1969-72 cemento e barre angolari in ferro, 23×23×23 cm opera realizzata in trenta esemplari (1/30)

Bibliografia/Bibliography Artisti in Lombardia dagli Anni ’60, 1978, ill. p. 92 Mostra d’arte, 1978, ill. p. 11 30 anni d’Arte Italiana 1950-1980, s.i.p. (ill.) Sculturincontro. Verbania 74, 1974, s.i.p. (ill.) Sculture in Cemento, 1988, s.i.p. (ill.) Segnalati Bolaffi, 1973, ill. p. 128 foto Claudio Bruni (63) Foto Enrico Cattaneo (66)

Esposizioni/Exhibitions Firenze, 1972* Milano, 1972* Gubbio, 1973 Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli, 2006, ill. p. 64 Foto Enrico Cattaneo

65 Senza titolo, 1973-74 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 70×50 cm

59 Progetto, 1972 tecnica mista su tela, 80×90 cm foto Torquato Perissi

67 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm

60 Anticarro, 1970 cemento e barra in ferro, cubo 30×30×30 cm (dispersa) opera realizzata in tre esemplari

68 Senza titolo (Anticarro), 1973 cemento e punte in ferro, 50×50×50 cm opera realizzata in quattro esemplari (1/3 + I/I) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Seregno, 1974 Milano, 1976

69 Senza titolo, 1971 pastello e china su cartone tipo cuoio, 70,8×50,7 cm al recto dis. 1/3 ca, al verso firmato e datato M. Staccioli 1971 foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography V Premio Scultura Seregno-Brianza, 1974, s.i.p. (ill.) Disegno e piccola scultura, 1976, ill. p. 97 61 Anticarro, 1974 litografia su carta, 61,9×46 cm

70 Senza titolo (Anticarro), 1973 maquette in legno intonacato a cemento e punte in ferro 16,5×16,5×16,5 cm

62 Anticarro, 1971 cemento e barre angolari in ferro dell’opera esistono due varianti: a. realizzata nel 1971-75 in quattro esemplari (1/3 + I/I) nelle dimensioni 62×62×62 cm b. realizzata nel 1971 in cinque esemplari (1/5) nelle dimensioni 80×80×80 cm (ill. 111,136)

74 Sbarra inclinata, 1972 cemento e barra angolare in ferro, 50×50×40 cm (dispersa) Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Volterra, 1972* Lecco, 1974*

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Volterra, Palazzo dei Priori, 1972* Gubbio, 1973 Firenze, 1974 Milano, 1974* Campione d’Italia, 1978

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. p. 80 75 Senza titolo, 1974 serigrafia su carta, 50×70 cm foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography I Biennale d’arte Contemporanea “Botticelli”, 1974, s.i.p (ill.) Mostra Incessante per il Cile, 1977, s.i.p. II Biennale Internazionale di Scultura, 1978, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, ill. p. 7 Loers, 2000, ill. pp. 77, 80, 81

76 Spazio occupato, 1971 cemento e punta in ferro, 25×60×60 cm opera realizzata in un esemplare Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Milano, 2001

63, 66 Senza titolo (Barriera), 1969-71 cemento e barra angolare di ferro, tre elementi, 20×60×20 cm ciascuno dell’opera esistono due varianti:

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. pp. 79, 80, ill. n. 11, s.i.p. Società per le Belle Arti, 2001, ill. p. 99 Mauro Staccioli, 2006, ill. p. 45 196


89 Senza titolo, 1971 cemento e barra in ferro dell’opera esistono quattro varianti: a. opera realizzata nel 1971 in due esemplari nelle dimensioni 270×50×50 cm b. opera realizzata nel 1971 in un esemplare nelle dimensioni 260×50×50 cm c. opera realizzata nel 1971 in un esemplare nelle dimensioni 320×60×60 cm d. opera realizzata nel 2007 in sette esemplari nelle dimensioni 235×40×40 cm

77 Senza titolo, 1971 cemento e ferro, 200×40×40 cm opera realizzata in un esemplare Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. p. 79; ill. n. 12, s.i.p. 78 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Firenze, 1972* Milano, 1972* Gubbio, 1973 Brescia, 1993

79 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×49,5 cm foto Piero Baguzzi 80 Sbarra taglio, 1972 cemento e barra in ferro, 31×50×50 cm opera realizzata in cinque esemplari (1/5)

Bibliografia/Bibliography Navigatori Solitari, 1993, s.i.p. (ill.) Cerritelli, 1996, ill. p. 97 Loers, 2000, ill. pp. 80, 81 (a,b); ill. n. 25, s.i.p. (c) foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Mogliano Veneto, 2000* Catanzaro, MARCA, 2011*

90 Senza titolo (Barriera), 1971 cemento e tubolari di ferro acuminati, 250×84×22 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3)

Bibliografia/Bibliography Barbero, 2002, s.i.p. (ill.) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Gubbio, 1973 Catanzaro, MARCA, 2011*

81 Cemento e ferro, 1972 tecnica mista su tela, 120×120 cm

91 Piramide, 1971 cemento e acciaio inox dell’opera esistono tre varianti: a. opera a base quadrangolare realizzata nel 1971 in un esemplare (1/3) nelle dimensioni 55×50×50 cm b. opera a base triangolare realizzata nel 1976 in un esemplare nelle dimensioni 60×40×40 cm c. opera a base triangolare realizzata nel 2009 in cemento, acciaio inox e ferro in sette esemplari (1/7) nelle dimensioni 45,5×40,5×40,5 cm

82 Sbarra taglio, 1972 cemento e barra in ferro, 28×50×50 cm 83 Senza titolo, 1972 penna biro e matita su carta, 25×17,5 cm 84 Sbarra e cemento, 1970 cemento e barra angolare in ferro, 242×43×43 cm opera realizzata in un esemplare Esposizioni/Exhibitions Firenze, 1972* Gubbio, 1973 Martina Franca, 2008

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* (a) Pavia, 1976* (b)

85 Senza titolo (Sbarra e cemento), 1970 maquette in legno intonacato a cemento e barra in acciaio inox, 31×9×9 cm

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. pp. 79, 80 (a); ill. n. 27, s.i.p. (b)

86 Senza titolo, 1973 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 70×50 cm

92 Barriera Portello, 1970 legno intonacato a cemento e punta in acciaio inox due elementi, 51×36×21 cm e 51×48×21 cm

87 Sbarra e cemento, 1972 cemento e barra in ferro, 171×20×29,5 cm foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Volterra, Palazzo dei Priori, 1972* Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. p. 79 foto Enrico Cattaneo (particolare)

88 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm foto Piero Baguzzi 197


93 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1972 Crispolti, 1981, pp. 19-22, ill. p. 18 Milano. 10 Scultori Contemporanei, 1981, ill. pp. 92-93 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. pp. 25, 174 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 17 Dorfles, 1986, s.i.p. Barzel-Tedeschi, 1996, ill. p. 12 Caramel, 1999, ill. p.123 Staccioli, 2000, p. 58, ill. pp. 25, 59 Loers, 2000, ill. p. 82 Arteopenduemiladue, 2002, ill. p. 31 Mauro Staccioli, 2006, ill. pp. 29, 50, 51, 53, 54-55 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 14, ill. p. 15 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 102 Pegoraro, 2010, ill. p. 20 Fiz, 2011, ill. pp. 136-137 foto Enrico Cattaneo

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 16 foto Piero Baguzzi 94 Senza titolo, 1995 progetto a penna biro su cartoncino, 21,5×15,5 95 Senza titolo, 1970-95 cemento e due punte in acciaio inox, due elementi 201,5×109,5×40 cm ciascuno opera realizzata in tre esemplari (1/3) Esposizioni/Exhibitions Arte Fiera (Galleria Il Ponte), Bologna, 2011 Catanzaro, MARCA, 2011* Bibliografia/Bibliography Fiz, 2011, ill. p. 54 foto Torquato Perissi

99 Barriera, 1969-72, Sculture in città, Piazzale Sant’Andrea, Volterra, 1972 cemento e barre angolari in ferro, 160×160×180 cm a. opera realizzata in un unico esemplare

96 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino 12×16 cm

Esposizioni/Exhibitions Volterra, Piazzale Sant’Andrea, 1972* Volterra, Scalette di Docciola, 1973 Gubbio, 1993 Santa Sofia, 1993 Bolzano, 1995* Venzone, 1995 Vignate, 1996* Pergine Valsugana, 1999* Bergamo, 2006*

97 Senza titolo - Barriera, Sculture in città, Piazza dei Priori Volterra, 1972 prototipo in legno verniciato nero, nove elementi, 220×100×100 cm ciascuno opera successivamente realizzata in ferro in un unico esemplare Esposizioni/Exhibitions Volterra, Piazza dei Priori, 1972* Acqui Terme, 2002 Pechino, 2008 Volterra, Palazzo Solaini, 2009*

Bibliografia/Bibliography Volterra ‘73, 1974, s.i.p. Crispolti, 1981, pp. 19-22; ill. p. 26 Dorfles, 1986, s.i.p. Caroli, 1987, ill. p. 10 Caroli, 1990, ill. p. 9 Materiali della Scultura Italiana 1960-1990, 1991, ill. p. 63 La Memoria dell’antico, 1995, ill. pp. 36, 48 Barzel-Tedeschi, 1996, ill. p. 10 Loers, 2000, ill. p. 86 Mauro Staccioli, 2006, ill. p. 50

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1972 Volterra ’73, 1974, s.i.p. Crispolti, 1981, pp. 19-22; ill. pp. 21-22 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 174 Scultura A Pisa, 1983, ill. p. 23 Dorfles, 1986, s.i.p. Caramel, 1999, ill. p. 122 Staccioli, 2000, pp. 58,60, ill. p. 59 Loers, 2000, ill. p. 83 Mauro Staccioli, 2006, p. 29; ill. pp. 27, 50, 51, 52, 56-57 La Scultura Lingua Viva, 2002, ill. p. 177 Arteopenduemilatre, 2003, ill. p. 52 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 14, ill. p. 17 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 59 Fiz, 2011, ill. pp. 138-139 foto Enrico Cattaneo

b. opera realizzata negli stessi anni in un esemplare nelle dimensioni 100×100×100 cm Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Volterra, Palazzo dei Priori, 1972* Monaco, 1978 Bibliografia/Bibliography Artisti in Lombardia dagli Anni ’60, 1978, ill. p. 92 Mostra d’arte, 1978, ill. p. 11 30 anni d’Arte Italiana 1950-1980, s.i.p. (ill.) Sculturincontro. Verbania 74, 1974, s.i.p. (ill.) Sculture in Cemento, 1988, s.i.p. (ill.) Segnalati Bolaffi, 1973, ill. p. 128

98 Senza titolo, 1972, Sculture in città, Mura etrusche, Volterra, 1972 legno verniciato, sei elementi, 300×Ø30 cm ciascuno Esposizioni/Exhibitions Volterra, Mura etrusche, 1972* Mogliano Veneto, 2000* 198


100 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm

106 Senza titolo, 1972, Sculture in città, Piazza San Giovanni, Volterra, 1972 opera di forma piramidale a base quadrangolare legno intonacato con colore sintetico, cemento e ferro, 220×200×200 cm (smantellata a fine mostra)

101 Barriera, 1972-2009 cemento e barre angolari in ferro, 160×160×180 cm opera realizzata in cinque esemplari (1/5)

In occasione della mostra Mauro Staccioli. Volterra 19722009, Piazza San Giovanni, Volterra, 2009 è stata installata una variante dell’opera con base triangolare: Senza titolo, 1972-2009, in ferro, cemento grigio e acciaio inox, dalle dimensioni 440×400×400 cm. Quest’opera è stata reinstallata nel 2011 in occasione della mostra Cerchio imperfetto, nel Parco Archeologico di Scolacium, Roccelletta di Borgia (CZ); in questo caso il cemento è stato colorato in rosso ossido.

Esposizioni/Exhibitions Volterra, Palazzo Pretorio, 2009* Milano, 2010 Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. pp. 68-69, 104 Pegoraro, 2010, ill. p. 22 Il Grande gioco, 2010, ill. p. 213 Fiz, 2011, ill. pp. 48, 139

Esposizioni/Exhibitions Volterra, Piazza San Giovanni, 1972* Volterra, Piazza San Giovanni, 2009* Catanzaro, Parco Archeologico di Scolacium, 2011*

dell’opera Barriera, 1972-2009 sono stati realizzati sette esemplari (1/7) nelle dimensioni, 30×29×32,5 cm 103, 104 Condizione barriera, 1971, Sculture in città, Porta all’arco, Volterra, 1972 l’opera è stata realizzata in due varianti: a. un esemplare in legno verniciato nero nelle dimensioni 270×100×34,5 cm b. quattro esemplari (1/3 + 1 prototipo) in ferro verniciato nero nelle dimensioni 270×100×34,5 cm in alcuni casi installata su un parallelepipedo di cemento, 90×85×85 cm (smantellato a fine mostra) con dimensioni complessive di 360×125×85 cm

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1972 Crispolti, 1981, pp. 19-22; ill. pp. 16, 20 Materiali della Scultura Italiana 1960-1990, 1991, ill. p. 62 Loers, 2000, ill. p. 85 Mauro Staccioli, 2006, pp. 30-31; ill. pp. 33, 58, 59 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. pp. 17, 18-19 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, ill. pp. 60, 61, 62-63 Pegoraro, 2010, ill. p. 18 Fiz, 2011, ill. pp. 132-133 foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* (a) Volterra, 1972* (esposto con base in cemento) Gubbio, 1973 Legnano, 1973 (b) Parigi, 1973 (b) Arese, 1974 (esposto con base in cemento) Milano, 1974* Vigevano, 1977* Cerneglons, 1984 Catanzaro, MARCA, 2011*

107 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×16 cm 108 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 8×12 cm Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 21 109 Volterra ’73, 1973, Piano di Castello, Fortezza Medicea, Volterra, 1973, travi di legno, mattoni forati in cotto, fascia di cemento e ferro, 280×200×200 cm, opera di forma piramidale a base triangolare (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1972 Premio Nazionale di Scultura, 1974, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, pp. 19-22, ill. p. 20 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 18 Dorfles, 1986, s.i.p. Premio Marche, 1991, ill. p. 249 Loers, 2000, ill. p. 84, n. 14 Mauro Staccioli, 2006, p. 27; ill. pp. 26, 51, 60-61, 184 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 14, ill. p. 17 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. pp. 103 Pegoraro, 2010, ill. p. 21 Fiz, 2011, ill. pp. 26, 138 foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Volterra, Piano di Castello, 1973 Bibliografia/Bibliography Volterra ’73, 1974, s.i.p. Biennale di Venezia, 1976, p. 110 Crispolti, 1981, pp. 19-22; ill. p. 25 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 175 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 19 Loers, 2000, ill. p. 87 Staccioli, 2000, p. 58 Mauro Staccioli, 2006, pp. 30-31; ill. p. 32 Pioselli, 2007, ill. p. 28 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 21 Fiz, 2011, ill. p.21 foto Enrico Cattaneo

105 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone cuoio, 70×50 cm Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 16 foto Piero Baguzzi 199


110 Volterra ’73, 1973 maquette in legno intonacato a cemento e vernice, 42×41×45 cm opera di forma piramidale a base triangolare

124 Scultura-intervento, Studio Santandrea, Milano, 1973 cemento e coni in ferro, Ø 200×180 cm, misure ambientali 1108×620×295 cm (smantellata a fine mostra)

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, 2011* foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1973* Bibliografia/Bibliography Segnalati Bolaffi, 1973, ill. p. 128 Mauro Staccioli, 1977 Crispolti, 1981, p. 23 (ill.) Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 176 Dorfles, 1986, s.i.p. Mauro Staccioli, 2006, p. 66-67, 68-69 Poesia Visiva, 2010, ill. pp. 27-28 foto Enrico Cattaneo

112 Senza titolo (1973) tecnica mista su tela 80×90 cm 113 Senza titolo (1973) pastello, grafite e china su cartone tipo cuoio, 69,8×49,7 cm 114 Senza titolo, 1972 legno intonacato a cemento e punta in ferro 52,5×51,5×52 cm opera realizzata in due esemplari (1/1 + I/I)

125 Senza titolo, 1972 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm

115 Senza titolo “Progetto”, 1972 cemento e punta in ferro, 26×25×24 cm opera singolarmente realizzata in alcune varianti, sempre di piccole dimensioni

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 25 foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 2008

126 Bozzetto “Parma ’73”, 1973 maquette in legno intonacato a cemento e vernice, tre elementi, Ø 21,5×15,5 cm ciascuno

Bibliografia/Bibliography Segnalati Bolaffi, 1973, ill. p. 129 Mauro Staccioli, 2006, ill. p. 72 Campiglio-Ferrario, 2008 ill. p. 93 Pegoraro, 2010, ill. pp. 10-11 foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

116 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 8×12 cm

127, 128 Condizione città, Piazza della Steccata, Parma 1973 (tre elementi); Piazza Solferino, Torino 1974, (due elementi), ferro, cemento e due coni in acciaio inox, Ø 220×240 cm ciascuno (smantellati a fine mostra)

117 Senza titolo (1977) cemento e punta in ferro, 48×20×10 cm opera realizzata in otto esemplari (1/7 + I/I)

Esposizioni/Exhibitions Parma, Piazza della Steccata, 1973 Torino, Piazza Solferino, 1974 Bibliografia/Bibliography Sculture contemporanee nello spazio urbano, 1973 Lucie-Smith, 1980, pp. 51-53 (ill.) Crispolti, 1981, p. 23, ill. pp. 23, 31 Milano. 10 Scultori Contemporanei, 1981, ill. p. 91 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 176 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 20 Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) Premio Marche, 1991, ill. p. 249 Barzel-Tedeschi, 1996, ill. p. 14 Mauro Staccioli, 1996, s.i.p. (ill.) Loers, 2000, pp. 19, 46, ill. pp. 89-91 Staccioli, 2000, pp. 60-61 (ill.) Arteopenduemilatre, 2003, ill. p. 55 Mauro Staccioli, 2006, p. 33, ill. p. 65 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 24, ill. p. 27 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 105 Fiz, 2011, ill. pp. 49, 140-141 foto Enrico Cattaneo

118 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm 119 Senza titolo, 1972 tecnica mista su tela 120×120 cm 120 Senza titolo (1977) legno intonacato a cemento e punta in acciaio inox 48,5×20×10 cm opera realizzata in dodici esemplari (1/10 + 2 p.a.) 121 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 122 Bozzetto “Studio Santandrea, Milano”, 1973 maquette in cemento e coni in ferro, Ø 20×6 cm e base 1×21×20 cm Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 2008

129 Senza titolo, 1973 maquette in cemento, Ø 20×5 cm e punta in ferro 3,5×3,5 cm foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography Campiglio-Ferrario, 2008, ill. p. 94 foto Ferruccio Sacchiero 200


140 Senza titolo, 1972 penna biro e matita su carta, 25×17,5 cm

130 Senza titolo, 1973-81 cemento, Ø 50×10 cm e in punta 9,5×11 cm opera realizzata in cinque esemplari (1/5) foto Torquato Perissi

141 Senza titolo, 1973-74, XXVIII Biennale Nazionale Città di Milano, Palazzo della Permanente, Milano cemento e due lame in ferro, 300×320×80 cm (smantellata a fine mostra)

131 Senza titolo, 1974 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 50×70 cm foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1974 Parma, 1974*

132 Bozzetto “Scultura-Intervento, Milano, Piazzetta Einaudi”, 1974 maquette in legno, cartone, cemento e vernice, 16×70×53 cm

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 19, s.i.p. foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

142 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm

133, 135 Scultura-Intervento, Milano, Piazzetta Einaudi, 1974; Piazza Broletto, Lodi, 1975 ferro, cemento e sedici coni in acciaio inox, 240×400×400 cm (smantellata a fine mostra)

143 Bozzetto “Scultura-Intervento, Verbania ’74”, 1974 maquette in legno, cartone cemento e vernice, 36×70×50 cm Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, 1974* Lodi, Piazza Broletto, 1975

144, 145 Scultura-Intervento, Sculturincontro. Verbania ’74, Verbania, 1974 ferro e laterizi intonacati a cemento e punta in ferro, 1100×110×600 cm (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Artisti in Lombardia dagli anni ’60, 1978, ill. p. 91 Crispolti, 1981, ill. p. 32 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 177 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 21 Loers, 2000, ill. p. 95, ill. n. 24 Staccioli, 2000, ill. p. 26 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 106 Pegoraro, 2010, ill. p. 23 Fiz, 2011, ill. pp. 30-31 foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Verbania, 1974

134 Senza titolo, 1973 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 70×50 cm

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli, 1977 Crispolti, 1981, p. 26, ill. pp. 27-28 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 176 Staccioli, 2000, ill. p. 29 Loers, 2000, p. 49, ill. p. 92 foto Enrico Cattaneo

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 64 foto Piero Baguzzi

147 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm foto Piero Baguzzi

137 Bozzetto “Condizione barriera”, 1973 maquette in legno intonacato a cemento e tre punte in ferro, 10,3×10,3×3,2 cm foto Torquato Perissi

148 Senza titolo, 1974 cemento e tre punte in ferro, 40×11×8,5 cm opera realizzata in un esemplare (I/I) foto Torquato Perissi

138 Condizione barriera, Villa Manzoni, Lecco, 1973-74 cemento e tre barre angolari in ferro, 150×150×50 cm (smantellata a fine mostra)

149 Senza titolo, 1972 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm 150 Senza titolo, 1974 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm

Esposizioni/Exhibitions Lecco, 1974

151 Senza titolo, 1974 opera realizzata in due versioni: a. legno intonacato a cemento e tre punte in ferro, 35×17×4 cm, un esemplare (I/I) b. cemento e tre punte in ferro, 35×17×4 cm, cinque esemplari (1/5) foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography Firenze. Democrazia e Cultura per la Spagna, 1977, s.i.p. (ill.) Loers, 2000, ill. n. 21, s.i.p. foto Enrico Cattaneo 139 Senza titolo, 1974 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 201


152 Senza titolo, 1974 opera realizzata in due versioni: a. cemento e punta in ferro, 28,5×56×19,5 cm, cinque esemplari (1/5) b. pietra serena e punta in ferro, 28,5×56×19,5 cm, un esemplare (I/I) foto Torquato Perissi

160 Senza titolo, 1974-82 cemento e ferro, 57,5×40×40 cm opera realizzata in sei esemplari (1/5 + I/I) Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* Bibliografia/Bibliography Fiz, 2011, p. 60 foto Torquato Perissi

153 Senza titolo, 1974 legno intonacato a cemento e tre punte in ferro, 17×35×4 cm

161 Senza titolo, 1974 cemento e ferro, 29×20×20 cm opera realizzata in sei esemplari (1/5 + I/I) foto Torquato Perissi

154 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 8×12 cm 155 Senza titolo, 1974 opera realizzata in due versioni: a. legno intonacato a cemento e tre punte in ferro, 19,5×71,5×11,5 cm, un esemplare (I/I) b. cemento e tre punte in ferro, 19,5×71,5×11,5 cm, cinque esemplari (1/5) foto Torquato Perissi

162 Senza titolo, 1975 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 50×70 cm foto Piero Baguzzi 163 Lapide del partigiano Agostino Lenti, 1974-75 opera realizzata in collaborazione con Alik Cavaliere, cemento e ferro, 250×250×40 cm Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 22, s.i.p. foto Enrico Cattaneo

156 Studio per scultura cemento e ferro, 1971 pastello, grafite e china su cartone tipo cuoio, 69,8×49,7 cm al verso firmato e datato M. Staccioli 1971 ed etichetta dello studio Staccioli (DISEGNO 1971 Studio per scultura cemento e ferro Tecnica mista su cartone cm 70×50) foto Torquato Perissi

164 Senza titolo, 1979 serigrafia su carta, ritoccata a mano, 48,8×68,9 cm foto Torquato Perissi

157 Senza titolo, 1978 cemento e tre punte in ferro, 10,8×15,5×15,5 cm opera realizzata in un esemplare

165 Senza titolo, 1973 serigrafia su carta, 69,8×49,7 cm foto Torquato Perissi

158 Senza titolo, 1978 opera realizzata in due versioni: a. un esemplare (1/1) nel 1978, cemento e tre punte in acciaio inox, 12,8×25×25 cm b. cinque esemplari (I/V) nel 2007, cemento e tre punte in ferro, 12,8×25×25 cm

166 Senza titolo, 1974-75 cemento e quattro barre in ferro, 48×52,5×74 cm opera realizzata in alcune varianti dimensionali e con le barre in acciaio inox Esposizioni/Exhibitions Termoli, 1978

Esposizioni/Exhibitions Bari, 1978* (a) Padova, 2010* (b) Milano, 2011* (b)

Bibliografia/Bibliography Premio Castello Svevo, 1978, s.i.p. (ill.) foto Torquato Perissi a. nelle dimensioni: 23,8×36,5×26,5 cm Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 2008

Bibliografia/Bibliography Pegoraro, 2010, ill. p. 52 Cerritelli, 2011, ill. pp. 48-49 foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography Campiglio-Ferrario, 2008, ill. p. 96

159 Senza titolo, Piazza Castello, Suzzara, 1974 legno verniciato nero, 700×Ø30 cm

b. nelle dimensioni: 19×20×26 cm Esposizioni/Exhibitions Padova, 2010

Esposizioni/Exhibitions Suzzara, Piazza Castello, 1974

Bibliografia/Bibliography Pegoraro, 2010, ill. p. 53

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli, 1977 Crispolti, 1981, pp. 27-28, ill. p. 29 Staccioli, 2000, pp. 61-62, ill. p. 63 Loers, 2000, p. 19, ill. n. 20, s.i.p. foto Enrico Cattaneo

167 Senza titolo “Progetto”, 1974 cemento e tre barre in ferro, 25,7×20×25 cm opera realizzata in sette esemplari (1/7) foto Torquato Perissi 202


177 Senza titolo, 1975 opera realizzata in due versioni: a. legno intonacato a cemento e tre punte in ferro, 70,2×70,5×12 cm, un esemplare (1/5) b. cemento e tre punte in ferro, 70,2×70,5×12 cm, cinque esemplari (2/5)

168 Senza titolo, 1972 penna biro e matita su carta, 25×17,5 cm 169 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm 170 Senza titolo, Studio Santandrea, Milano, 1975 parete in cemento, 298×610 cm, punta in ferro, 100×87×1,2 cm, misure ambientali 1108×620×295 cm (smantellata a fine mostra)

Esposizioni/Exhibitions Arte Fiera (Galleria Niccoli), Bologna, 2010 Catanzaro, MARCA, 2011* Bibliografia/Bibliography Fiz, 2011, p. 58 foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, Studio Sant’Andrea,1975* Suzzara, 1977*

178 Senza titolo, 1974 penna biro su carta da taccuino, 16×12 cm

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli, 1977 Crispolti, 1981, p. 29, ill. p. 34 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 23 Loers, 2000, ill. pp. 96-97 Staccioli, 2000, p. 62, ill. p. 47 Mauro Staccioli, 2006, p. 35, ill. p. 75 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 107 Pegoraro, 2010, ill. p. 26 foto Enrico Cattaneo

179 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 25,7×23,3×6,5 cm opera realizzata in un unico esemplare (I/I) 180 Spazio attivo struttura, Studio Marconi, Milano, 1975 cemento e tre punte in ferro, 95×400×120 cm Esposizioni/Exhibitions Milano, 1975 Roma, 1975 Suzzara, 1977*

171 Senza titolo “Progetto per grande parete”, 1973 cemento e punta in ferro, 53,5×55×10,8 cm opera realizzata in cinque esemplari (1/5) foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, ill. p. 36 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 23 Loers, 2000, pp. 48-49, ill. p. 93 foto Enrico Cattaneo

172 Senza titolo, 1973 grafite su carta, 50×70,5 cm foto Piero Baguzzi

181 Bozzetto “Spazio attivo struttura”, 1975 maquette in legno, ferro e vernice, 16×39×43 cm

173 Senza titolo, 1973-74 tecnica mista su carta, 50×70 cm foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

174 Senza titolo, 1974 cemento e punta in ferro, 60×120×21,5 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3)

182 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 100,5×30×21,5 cm opera realizzata in un quattro esemplari (1/3 + I/I)

Esposizioni/Exhibitions Arte Fiera (Galleria Niccoli), Bologna, 2010 Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi 183 Senza titolo, 1977 china e collage su carta cotone, 69,5×50 cm

175 Senza titolo, 1974 cemento e punta in ferro, 70×70×21,5 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3)

184 Senza titolo, 1972 serigrafia su cartoncino ingres, 69,4×50 cm foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 2008 Bibliografia/Bibliography Campiglio-Ferrario, 2008, ill. p. 95 foto Torquato Perissi

185 Senza titolo, 1975 cemento e tre punte in ferro, 110×25×38,5 cm opera realizzata in un cinque esemplari (1/5)

176 Senza titolo, 1973 cemento e punta conoidale in ferro, 50×50×12 cm opera realizzata in cinque esemplari (1/5) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Bari, 1978* Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi 203


186 Scultura intervento, Galleria Bocchi, Milano, 1975 cemento e tre punte in ferro, 235×205×220 cm (smantellata a fine mostra)

192 Senza titolo, 1976 opera realizzata: a. in legno intonacato a cemento e punta in ferro, 20,5×39,5×7 cm, un esemplare (I/I) b. in cemento e punta in ferro, 39×79,5×14,5 cm, un esemplare (I/I) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Milano, Galleria Bocchi, 1975* Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, p. 29, ill. p. 35 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 22 Dorfles, 1986, s.i.p. Loers, 2000, ill. p. 94 Staccioli, 2000, p. 62, ill. p. 65 Mauro Staccioli, 2006, pp. 36-37, ill. pp. 34, 73 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 106 Fiz, 2011, ill. p. 146 foto Enrico Cattaneo

193 Senza titolo, 1976 cemento e punta in ferro, 27×50,5×34,5 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3) foto Torquato Perissi 194 Senza titolo, Gubbio ’76, 1976 grafite su carta lucido applicata su fotografia, 12×12 cm 195 Senza titolo, Pesaro ’76, 1976 grafite su carta lucido, 70×48cm foto Piero Baguzzi

187 Senza titolo, 1975 cemento e punta in ferro, 98×100×21,5 cm opera realizzata in un sei esemplari (1/5 + I/I)

196 Senza titolo, Pesaro ’76, 1976 grafite su carta lucido, 28,5×41 cm foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Catanzaro, MARCA, 2011* Bibliografia/Bibliography Fiz, 2011, ill. p. 60 foto Torquato Perissi

197 Scultura intervento “Mura delle carceri vecchie”, 1976, installata presso il Palazzo della Farnesina, Roma cemento e ferro, 380×80×81 cm

188 Senza titolo, Studio Il Gelso, Lodi, 1975 laterizi intonacati a cemento e punta in ferro, 200×450×50 cm (smantellata a fine mostra)

Esposizioni/Exhibitions Milano, La Triennale, 2004 Bibliografia/Bibliography Vergine, 1988, pp. 292-293 Meneguzzo, 2004, ill. p. 77

Esposizioni/Exhibitions Lodi, 1975* Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, ill. p. 33 Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) Loers, 2000, ill. pp. 98-99 foto Enrico Cattaneo

198 Progetto “Mura delle carceri vecchie”, 1976 penna biro su fotografia, 22,7×21,5 cm 199 Progetto “Mura delle carceri vecchie”, 1976 tecnica mista su carta (disperso)

189 Senza titolo, 1973 penna biro su carta da taccuino, 12×8 cm

200 Bozzetto “Scultura intervento Mura delle carceri vecchie”, Aptico, Verbania Pallanza, 1976 maquette in legno, legno intonacato a cemento, ferro, cartone, vernice, 47×89×52 cm

190 Senza titolo, 1975 cemento e punta in acciaio inox, 32,5×32,5×32,5 cm opera realizzata in due versioni: a. cemento e punta in ferro, 32,5×32,5×32,5 cm, un esemplare b. cemento e punta in acciaio inox, 32,5×32,5×32,5 cm, cinque esemplari (1/5)

Esposizioni/Exhibitions Verbania, 1976 Torino, 1977 (esposta anche versione ridotta del progetto (Scultura intervento, 1976, legno intonacato a cemento, 200×200×200 cm) Catanzaro, MARCA, 2011*

Esposizioni/Exhibitions Arte Fiera (Galleria Niccoli), Bologna, 2010 Catanzaro, MARCA, 2011* foto Torquato Perissi

Bibliografia/Bibliography Aptico. Il senso della scultura, 1976 Crispolti, 1981, ill. pp. 38-39 Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) Fiz, 2011, ill. p. 84 foto Enrico Cattaneo

191 Senza titolo, 1975 cemento e punta in ferro, 37,7×39,5×10,2 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3) a. un prototipo, 29,5×28,5×7,8 cm b. 2 esemplari, 37,7×39,5×10,2 cm

201 Senza titolo, 1976 cemento e punta in ferro, 13,5×35×35 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Bari, 1978* (a) foto Torquato Perissi 204


Dorfles, 1986, s.i.p. Caroli, 1987, ill. p. 17 Caroli, 1990, ill. p. 17 Loers, 2000, pp. 49-53, ill. p. 104 Staccioli, 2000, p. 64 Mauro Staccioli, 2006, pp. 38-39, ill. p. 78 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 39 Fiz, 2011, ill. pp. 150-151 foto Enrico Cattaneo

202 Senza titolo, 1973 litografia su carta Fabriano, 62,4×45,9 cm 203 Senza titolo, 1976 cemento e punta in ferro, 21,5×49×20 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3) foto Torquato Perissi 204 Senza titolo, 1973-74 cemento e punta in ferro, 15×20×20 cm opera realizzata: nel 1973-74 in tre esemplari (dispersi) nel 1975 in sette esemplari (1/7)

213 Scultura intervento, Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, tre elementi (dimensioni sconosciute, smantellata a fine mostra)

205 Senza titolo, 1973-74 cemento e punta in ferro, 38×55×55 cm opera realizzata in quattro esemplari (1/3 + I/I es. h 40,5 cm) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 1977* Bibliografia/Bibliography Castello di Vigevano, 1977, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, pp. 37-39 Loers, 2000, ill. p. 105 Mauro Staccioli, 2006, pp. 38-39, ill. p. 79 Fiz, 2011, ill. p. 73 foto Enrico Cattaneo

206 Senza titolo, Casa Gandola, Como, 1974 cemento e punta in ferro, 290×110×130 cm Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. p. 98, s.i.p. foto Enrico Cattaneo

214 Scultura intervento, Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, 550×250×80 cm (smantellata a fine mostra)

208 Bozzetto “Scultura intervento”, Castello di Vigevano (cuneo),1977 maquette in legno, ferro, cartone e vernice (disperso)

Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 1977*

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 36

Bibliografia/Bibliography Castello di Vigevano, 1977, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, pp. 37-39, 41, ill. p. 46 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 24 Caroli, 1987, ill. p. 16 Caroli, 1990, ill. p. 16 Loers, 2000, pp. 49-53; ill. pp. 101, 105 Staccioli, 2000, p. 64, ill. p. 66 Mauro Staccioli, 2006, pp. 38-39; ill. p. 76 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 108 Pegoraro, 2010, ill. p. 25 Fiz, 2011, ill. p. 147 foto Enrico Cattaneo

209 Bozzetto “Scultura intervento”, Castello di Vigevano (piramide), 1977 maquette in legno, ferro, cartone e vernice, 29×38×33,5 210 Bozzetto “Scultura intervento”, Castello di Vigevano (triangoli), 1977 maquette in legno, cartone e vernice Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 36 211 Bozzetto “Scultura intervento”, Castello di Vigevano (portale), 1977 maquette in legno, cartone e vernice (disperso)

215 Scultura intervento, Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, 400×300×250 cm (smantellata a fine mostra)

212 Scultura intervento, Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 1977 ferro e laterizi intonacati a cemento, 320×300×300 cm (smantellata a fine mostra)

Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 1977*

Esposizioni/Exhibitions Vigevano, 1977*

Bibliografia/Bibliography Castello di Vigevano, 1977, s.i.p. Crispolti, 1981, pp. 37-39, ill. pp. 48-49 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 26 Loers, 2000, pp. 49-53, ill. pp. 103, 105 Mauro Staccioli, 2006, pp. 38-39, ill. p. 77 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 39 Fiz, 2011, ill. p. 61 foto Enrico Cattaneo

Bibliografia/Bibliography Castello di Vigevano, 1977, s.i.p. (ill.) Artisti in Lombardia dagli anni ‘60, 1978, ill. p. 92 Il luogo della Forma, 1981, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, pp. 37-39, 43, ill. pp. 50-51 Noi altri - Wir anderen, 1982, ill. p. 178 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 25 205


224 Senza titolo, Museo di Castelvecchio Verona, 1981 legno intonacato a cemento, cinque elementi 100×80×120 cm ciascuno (smantellata a fine mostra)

216 Bozzetto per serigrafia, 1977 tecnica mista su carta, 51×73 cm 217 Senza titolo, 1975 tecnica mista, inchiostro e retino su carta, 50×70 cm

Esposizioni/Exhibitions Verona, 1981

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 41 foto Piero Baguzzi

Bibliografia/Bibliography Il luogo della Forma, 1981, s.i.p. Arte Italiana 1960-1982, 1982, ill. p. 211 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 31 La Base del Mondo, oltre, 1986, ill. p. 42 Caroli, 1987, ill. p. 27 Caroli, 1990, ill. p. 27 Loers, 2000, ill. pp. 64-67 foto Enrico Cattaneo

218 Senza titolo, 1979 cemento e punta in ferro, 60×60×60 cm opera realizzata in tre esemplari (1/3) Esposizioni/Exhibitions Milano, 1972* Mogliano Veneto, 2000* Arte Fiera (Galleria Niccoli), Bologna, 2010 Catanzaro, MARCA, 2011*

225, 227 Senza titolo, Rotonda di San Lorenzo, Mantova, 1978 ferro e laterizi intonacati a cemento, tre elementi, 150×150×80 cm ciascuno (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Barbero, 2002, s.i.p. (ill.) foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Mantova, 1978 Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, p. 43, ill. p. 52-53 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 28 Caroli, 1987, ill. p. 20 Caroli, 1990 , ill. p. 20 Loers, 2000, p. 106, ill. p. 107 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, pp. 42, 44, ill. pp. 43, 45 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 109 foto Enrico Cattaneo

219 Senza titolo, 1977 serigrafia su carta, 70×49,8 cm 220 Senza titolo, 1975 china e collage su carta cotone, 69,5×50 221 2 poesie, 1977 libro-oggetto in legno e gesso grigio, con due libri, 39×59,3 cm (aperto) Bibliografia/Bibliography Jentesch, 1993, p. 332, ill. n. 563

226 Senza titolo, 1971 grafite e pastello su cartone tipo cuoio, 70×50 cm foto Piero Baguzzi

222 Senza titolo, 1978 opera realizzata in due versioni: a. legno intonacato a cemento, cerniera e punta in ferro, 31×31×7 cm (chiuso), 31×61,8×3,5 cm (aperto), un esemplare (I/I) b. cemento, cerniera e punta in ferro, 31×31×7 cm (chiuso), 31×62,5×3,5 cm (aperto), cinque esemplari (1/5) foto Torquato Perissi

228 Senza titolo, 1978 grafite su carta, 20×30 cm 229 Senza titolo, 1978 pennarello viola su carta, 30×20 cm 230 Senza titolo, 1978 grafite e pastello su carta, 20×30 cm

223 Senza titolo, 1978 opera realizzata in tre varianti: a. legno intonacato a cemento, cerniera e punta in ferro, 31,5×31,3×16,3 cm (chiuso), 31,5×62,6×8,3 cm (aperto), un esemplare (I/I/) b. cemento, cerniera e punta in ferro, 31×31×16,6 cm (chiuso),31×62,5×8,3 cm (aperto), cinque esemplari (1/5) c. legno intonacato a cemento, cerniera e punta in ferro, 31,5×31,3×16,3 cm (chiuso), 31,5×62,6×8,3 cm (aperto), tre esemplari (1/3), realizzati nel 1994

231 Senza titolo, 1978 grafite e pastello su carta, 20×30 cm Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 53 foto Piero Baguzzi 232 Senza titolo, 1978 grafite su carta, 20×30 cm

Esposizioni/Exhibitions Prato, 1994 Virgilio di Mantova, 1999

233-234 Senza titolo “Muro”, XXXVIII Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea, Venezia, 1978 ferro e laterizi intonacati a cemento, 800×800×120 cm (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Di carta e d’altro, 1994, ill. p. 61 Opere in forma di libro, 1999, ill. p. 45 foto Torquato Perissi

Esposizioni/Exhibitions Venezia, 1978 206


239 Senza titolo “Martina Franca 1979”, 1979 laterizi intonacati a cemento e ferro, 380×300×60 cm (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Fornari, 1979, pp. 176-179 Il luogo della Forma, 1981, s.i.p. (ill.) Milano. 10 Scultori Contemporanei, 1981, ill. p. 94 Crispolti, 1981, pp. 45-48, ill. pp. 54-56 Arte italiana 1960-1982, 1982, ill. p. 209 Noi altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 180 Sanesi, 1983, ill. p. 274 Mauro Staccioli, 1984, p. 5 Tra Concettualità e Rappresentazione, 1985, s.i.p. (ill.) Dorfles, 1986, s.i.p. Caroli, 1987, ill. p. 18 Crispolti, 1988, ill. p. 26 Forme per il cemento, 1988, p. 48 Caroli, 1990, ill. p. 18 Premio Marche, 1991, ill. p. 250 Materiali della scultura italiana 1960-1990, 1991, ill. p. 63 Mauro Staccioli, 1996, s.i.p. (ill.) Loers, 2000, pp. 53, 108, ill. pp. 71, 109 Staccioli, 2000, p. 64, ill. p. 67 Crispolti, 2004, p. 27 (ill.) Mauro Staccioli, 2006, pp. 9-15; 38-39, ill. pp. 39, 81-83 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 50, ill. pp. 4849, 54 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009, 2009, ill. p. 110 Fiz, 2011, p. 20 foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Martina Franca, 1979 Bibliografia/Bibliography Subzara. Il fiume, la gente, la festa, 1980 , ill. p. 28 Crispolti, 1981, ill. p. 58 Il Luogo della Forma, 1981, s.i.p. (ill.) La Critica dell’arte, 1981, ill. p. 98-99 Milano. 10 Scultori Contemporanei, 1981, ill. p. 95 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 179 Sanesi, 1983, ill. p. 277 Mauro Staccioli, 1984, ill. p.29 Tra Concettualità e rappresentazione, 1985, s.i.p. (ill.) Dorfles, 1986, s.i.p. Caroli, 1987, ill. p. 19 Caroli, 1990, ill. p. 19 Loers, 2000, ill. pp. 69, 110 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 59, 64, ill. pp. 60, 61 Pegoraro, 2010, ill. p. 24 foto Enrico Cattaneo 240 Scultura ’80, Studio Carrieri, Martina Franca, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento, 100×100×100 cm (smantellata a fine mostra) Esposizioni/Exhibitions Martina Franca, 1980*

235 Il segno della scultura, Ravenna, 1979 cemento, quindici elementi, 25×48×20 cm ciascuno

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 33, s.i.p. foto R. Ippolito

Esposizioni/Exhibitions Ravenna, 1979 Pavia, 1981 (cinque elementi)

241 Scultura ’80, 1980 cemento e ferro, dieci elementi, 36×71×30 cm

Bibliografia/Bibliography Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) Milano. 10 Scultori Contemporanei, 1981, ill. p. 90 Tridimensionalità, 1984, s.i.p. (ill.) Loers, 2000, ill. n. 37, s.i.p. (cinque elementi) foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Bari, 1980 (dieci elementi) Martina Franca, 1980* Roma, 1982 (cinque elementi) Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. nn. 35, 40, s.i.p. foto Enrico Cattaneo

236 Per Gibellina, 1979-80 grafite su carta lucido, 22,5×36,5 cm Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 58 foto Piero Baguzzi

242 Scultura ’80, Galleria Studio, Warsaw, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento, 100×100×50 cm (smantellata a fine mostra)

237 Per Gibellina, 1979 tecnica mista su carta, 51×73 cm

Esposizioni/Exhibitions Warsaw, 1980

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 58 foto Piero Baguzzi

Bibliografia/Bibliography Loers, 2000, ill. n. 34, s.i.p. foto Enrico Cattaneo

238 Senza titolo, 1979 grafite su carta lucido, 24×30,5 cm

243 Senza titolo, Studio Santandrea, Milano, 1981 ferro e laterizi intonacati a cemento, 300×600×40 cm (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 58 foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Milano, Studio Santandrea, 1981* 207


Bibliografia/Bibliography La Critica dell’arte, 1981, ill. pp. 100-101 Crispolti, 1981, ill. pp. 62, 64 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 78, ill. pp. 78-81 foto Enrico Cattaneo

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, p. 61, ill. p. 66 Dorfles, 1981, p. 28 (ill.) Il Luogo della Forma, 1981, s.i.p. (ill.) La Critica dell’arte, 1981, ill. p. 97 Dorfles, 1982, pp. 62-63 (ill.) Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 180 Costruire l’illusione, 1984, ill. p. 50 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 33 Caroli, 1987, ill. p. 25 Schlaf Der Vernunft, 1988, ill. p. 32 Caroli, 1990, ill. p. 25. Materiali della Scultura Italiana 1960-1990, 1991, ill. p. 66 Gualdoni, 1995, ill. p. 27 Loers, 2000, ill. p. 68 Poesia Visiva, 2010, p. 21, ill. p. 26 foto Enrico Cattaneo

250 Senza titolo “Roma 1981”, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1981 ferro e laterizi intonacati a cemento, 400×600×100 cm (smantellata a fine mostra) Esposizioni/Exhibitions Roma, 1981 Bibliografia/Bibliography Dorfles, 1981 (2) Il luogo della Forma, 1981, s.i.p. (ill.) Crispolti, 1981, ill. pp. 67-68 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 181 Sanesi, 1983, ill. p. 273 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 30 Gualdoni, 1995, ill. p. 28 5 International Biennale of Sculpture 1985,1985 s.i.p (ill.) Dorfles, 1986, s.i.p. Caroli, 1987, ill. p. 22 Caroli, 1990, ill. p. 22 Loers, 2000, p. 54, ill. pp. 57, 118 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 82, ill. p. 83-87 Pegoraro, 2010, ill. p. 28 Fiz, 2011, ill. pp. 154-155 foto Enrico Cattaneo

244 Senza titolo, Scultura: lavoro critico, Scuola Caprin, Trieste, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento (smantellata a fine mostra) Esposizioni/Exhibitions Trieste, 1980* Bibliografia/Bibliography Subzara. Il fiume, la gente, la festa, 1980, ill. p. 28 Perna, 1980 Crispolti, 1981, ill. p. 59 Staccioli, 2000, ill. p. 88 foto Enrico Cattaneo

251 Progetto per “Roma 1981”, Galleria Nazionale Arte Moderna, 1981 grafite su carta velina da applicare su foto, 24×35 cm

245-246 Senza titolo, Subzara: il fiume, la gente, la festa, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Suzzara, 1980 ferro e laterizi intonacati a cemento, tre elementi, 80×100×25 cm circa, ciascuno (distrutta)

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 86 foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Suzzara, 1980

252 Senza titolo “Deserto”, Piazzale Sant’Agostino, Bergamo, 1981 cemento, 900×800×100 cm (smantellata a fine mostra)

Bibliografia/Bibliography Crispolti, 1981, p. 54, ill. pp. 60-61 Noi Altri - Wir Anderen, 1982, ill. p. 179 Caroli, 1987, ill. p. 21 Caroli, 1990, ill. p. 21 Scultori a Confronto, 1993, ill. p. 27 Loers, 2000, pp. 19-20 foto Enrico Cattaneo

Esposizioni/Exhibitions Bergamo, 1981 Bibliografia/Bibliography Tel Hai 83, 1983, s.i.p. (ill.) Sanesi, 1983, ill. p. 275 Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) Caroli, 1987, ill. p. 28 Caroli, 1990, ill. p. 28 Loers, 2000, ill. p. 122 foto Enrico Cattaneo

247 Senza titolo, Macerata, 1981 grafite su carta lucido applicata su fotografia, 10×15 cm 248 Senza titolo, Macerata, 1981 grafite su carta lucido applicata su fotografia, 10×15 cm

254-255 Senza titolo, Mercato del Sale, Milano, 1981 cemento, scavo profondità 220 cm, dimensioni ambientali 500×2500×500 cm (smantellata a fine mostra)

249 Senza titolo, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Bosdari, Ancona, 1981 ferro e laterizi intonacati a cemento, 370×350×30cm (smantellata nel 1992)

Esposizioni/Exhibitions Milano, Mercato del Sale, 1981* Bibliografia/Bibliography Il Luogo della Forma, 1981, s.i.p. (ill.) La Critica dell’arte, 1981, ill. pp. 100-101

Esposizioni/Exhibitions Ancona, 1981* 208


Crispolti, 1981, pp. 55-59, ill. pp. 65-66 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 32 Dorfles, 1986, s.i.p. Caroli, 1987, ill. p. 24 Caroli, 1990, ill. p. 24 Loers, 2000, p. 54, ill. pp. 73-74 Staccioli, 2000, ill. p. 97 Mauro Staccioli, 2006, pp. 9-15 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 72, ill. pp. 73-77 Pegoraro, 2010, ill. p. 27 Fiz, 2011, p. 20, ill. pp. 28, 156-157 Foto Enrico Cattaneo

Mazzanti, 2004, pp. 59-76, ill. p. 60 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 88, ill. pp. 89-91 Fiz, 2011, ill. p. 159 Foto Carlo Fei (258) Foto Enrico Cattaneo (259) 260 Senza titolo, 1982 pastello e grafite su carta, 36×25 cm Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 95 foto Piero Baguzzi 261 Senza titolo, Stadtische Galerie, Regensburg, 1982 ferro e laterizi intonacati a cemento bianco, 700×220×80 cm (smantellata a fine mostra)

256 Senza titolo (1982) grafite e pastello su carta lucido, 26×36,5 cm foto Piero Baguzzi

Esposizioni/Exhibitions Regensburg, 1982

257 Senza titolo (1982) grafite su carta, 30×38 cm

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 34 Tra Concettualità e Rappresentazione, 1985, s.i.p. (ill.) Caroli, 1987, ill. p. 30 Caroli, 1990, ill. p. 30 Loers, 2000, ill. p. 111 Staccioli, 2000, pp. 68-69, ill. p. 35 Foto Enrico Cattaneo

Bibliografia/Bibliography Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, ill. p. 93 foto Piero Baguzzi 258-259 Senza titolo “Celle 1982”, 1982 ferro e laterizi intonacati a cemento, 1100×2000×110 cm Bibliografia/Bibliography Tel Hai 83, 1983, s.i.p. (ill.) Sanesi, 1983 ’84, ill. p. 276 Costruire l’illusione, 1984, ill. p. 51 Mauro Staccioli, 1984, ill. p. 35 Gualdoni, 1995, ill. p. 29 Tra Concettualità e Rappresentazione, 1985, s.i.p. (ill.) Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) Caroli, 1987, ill. p. 26 Joray, 1987, ill. p. 167 Crispolti, 1988, ill. p. 27 Caroli, 1990, ill. p. 26 Premio Marche, 1991, ill. p. 250 Arte Ambientale. Collezione Gori, 1993, p. 42, ill. pp. 383-387 Premio Campigna XXXVI Edizione, 1993 Barzel-Tedeschi, 1996, ill. p. 17 Mauro Staccioli, 1996, s.i.p. (ill.) Loers, 2000, ill. p. 61 Arteopenduemilatre, 2003, ill. p. 51

262 Senza titolo “Londra 1982”, Hayward Gallery, London, 1982 (smantellata a fine mostra) ferro e laterizi intonacati a cemento rosso, 600×700×100cm Esposizioni/Exhibitions London, 1982 Bibliografia/Bibliography Sanesi, 1983, ill. p. 272 Tra Concettualità e Rappresentazione, 1985, s.i.p. (ill.) Dorfles, 1986, s.i.p. (ill.) La Base del Mondo, oltre, 1986, ill. p. 53 Caroli, 1987, ill. p. 23 Caroli, 1990, ill. p. 23 Gualdoni, 1995, ill. p. 30 Loers, 2000, ill. pp. 47, 119 Mauro Staccioli. All’origine del fare, 2008, p. 94, ill. p. 97-99 Pegoraro, 2010, ill. p. 29 Fiz, 2011, ill. pp. 162-163

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BIBLIOGRAFIA

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Rassegna San Fedele 2 1971/1972, catalogo della mostra, Centro San Fedele, Milano, 5-15 aprile 1972, Edizioni Centro Culturale San Fedele, Milano, 1972

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Maggio d’arte moderna a Milano, Grafiche Stefanoni, Lecco, 1973 Sculture contemporanee nello spazio urbano. Kengiro Azuma, Iginio Balderi, Giacomo Benevelli, Gianfranco Pardi, Gio Pomodoro, Carlo Ramous, Mauro Staccioli , catalogo della mostra, giugno-luglio 1973, s.n., Parma, s.d. (1973)

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Segnalati Bolaffi 1974. 50 artisti scelti da 50 critici, catalogo della mostra, Torino, 1974, Giulio Bolaffi editore, 1973 “…Que bien resiste!” L’idea di resistenza nell’arte contemporanea europea, catalogo della mostra, Villa Manzoni, Lecco, 13 ottobre-24 novembre 1974, Lecco, 1974

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I Biennale d’arte contemporanea “Botticelli”, a cura di Oreste Meli, catalogo della mostra, Chiostro Basilica San Lorenzo, Firenze, giugno-luglio 1974, s.n., s.l., s.d. (1974)

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V Premio Scultura Seregno-Brianza, catalogo della mostra, Salone comunale, Seregno, 27 ottobre-17 novembre 1974, s.n., s.l., 1974

Artisti in Lombardia dagli Anni ’60, Regione Lombardia, Milano, 1978

XXVII Premio Suzzara. Rassegna interdisciplinare sul problema “arte e lavoro”, catalogo del premio, Suzzara, 8 settembre-16 ottobre 1974, s.n., s.l., 1974

Mostra d’arte Comunità di lavoro delle Regioni Alpine (ARGEALP), Monaco, 1978 (sezione Regione Lombardia) Premio Castello Svevo. XXIII Mostra nazionale d’Arte Contemporanea, catalogo del premio, Termoli, 1978

Biennale di Arese. Premio Nazionale di Scultura, catalogo della mostra, Arese, 29 settembre-15 ottobre 1974, s.n., s.l., 1974

Franco Fornari, Arte moderna e religione: il Muro di Mauro Staccioli, in Coinema e icona, Il saggiatore, Milano, 1979

Sculturincontro. Verbania 74, catalogo della mostra, Museo del paesaggio, Verbania, 15 giugno-15 settembre 1974, s.n., s.l., 1974

Subzara. Il fiume, la gente, la festa, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Suzzara, 21 settembre-31 ottobre 1980, s.n., s.l., 1980

Volterra ‘73, catalogo della mostra, Volterra, 15 luglio-15 settembre 1973, Centro Di, Firenze, 1974

Edward Lucie-Smith, Art in the Seventies, Phaidon, Oxford, 1980

X Biennale Internazionale del Bronzetto e della piccola scultura, catalogo della mostra, Palazzo della Ragione, Padova, 7 settembre-12 ottobre 1975, s.n., s.l., 1975

Vincenzo Perna, Mauro Staccioli. Scultura: lavoro critico, fascicolo, Laboratorio Caprin, Trieste, 1980, Tip. Restelli, Lovere

Aptico. Il senso della scultura, a cura di Jole De Sanna, in occasione della II Biennale internazionale di scultura contemporanea presso il Museo del Paesaggio, Verbania, 11 luglio-15 settembre 1976, Edizioni Alessid’apres, Crusinallo, 1976.

30 anni d’arte italiana 1950-1980. La struttura emergente e i linguaggi espropriati, catalogo della mostra, Villa Manzoni, Lecco, novembre 1981-gennaio 1982, Comune di Lecco, 1981 211


Continuo/Discontinuo (Tra originario e originale), catalogo della mostra, Scalinata settecentesca, Paternò, 18 luglio-15 agosto 1981, Aldo Marino edizioni d’arte, 1981

Tra concettualità e rappresentazione, catalogo della mostra, Palazzo Ricci, Montepulciano, luglio-agosto 1985, Alinea editrice, Firenze, 1985

Deserto. Aspetti della condizione umana attraverso l’arte, catalogo della mostra, Bergamo, 26 settembre-31 ottobre 1981, s.n, s.l., 1981

La base del mondo, oltre. Omaggio a Piero Manzoni, catalogo della mostra, Rocca Sforzesca, Soncino, ottobre 1986, Associazione Culturale, Soncino, 1986

Il luogo della forma. Nove scultori a Castelvecchio, catalogo della mostra, Museo di Castelvecchio, Verona, 26 settembre-ottobre 1981, Comune di Verona, 1981 (testo di Gillo Dorfles)

Flaminio Gualdoni, Per estremi luoghi, catalogo della mostra, Galleria Comunale d’Arte, Villa Faraldi, 1986 Gillo Dorfles, Maestri contemporanei. Mauro Staccioli, n. 47, Vanessa edizioni, s.l., 1986

La critica dell’arte, a cura di Marilena Pasquali, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Bosdari, Ancona, s.n., s.l., 1981

Flavio Caroli, Mauro Staccioli. Scultura, catalogo della mostra, Rotonda della Besana, Milano, aprile-giugno 1987, Electa, Milano, 1987 (riedito in occasione della mostra, Shoshana Wayne Gallery, Santa Monica, 19 ottobre-24 novembre 1990, Electa, Milano, 1990)

Milano. 10 scultori contemporanei, Centro culturale del Comune di Atene, giugno-agosto 1981, Milano, 1981 Lombardia: vent’anni dopo. Ricerche artistiche 1960-1980, a cura di Rossana Bossaglia, catalogo della mostra, Castello Visconteo, Pavia, marzo-aprile 1981, Comune di Pavia, 1981

Marcel Joray, Le béton dans l’Art contemporain, Editions du Griffon, Neuchâtel, 1987 Forme per il cemento. Sculture nel mondo dal 1920 a oggi, catalogo della mostra, Parco Sant’Alessio, Roma, 25 maggio-25 giugno,1988, AITEC, Roma, 1988

Enrico Crispolti, Mauro Staccioli. Il segno come scultura, Galleria Civica d’Arte Moderna, Macerata, Coopedit, Macerata, 1981

Schlaf der Vernunft, catalogo della mostra, Museum Fridericianum, Kassel, 21 febbraio-23 maggio 1988, Museum Fridericianum, Kassel, 1988

(1) Gillo Dorfles, in Arte e critica 1981, catalogo della mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 29 luglio-4 ottobre 1981, De Luca Editore, Roma, 1981

Sculture in cemento. XV Esposizione di arti figurative. Ternate scultura 1988, Palazzo del Municipio, Ternate, 3-23 ottobre 1988, s.n., s.l., 1988

(2) Gillo Dorfles, Mauro Staccioli. Scultura-intervento, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e contemporanea, Roma, Spriano, Omegna, 1981

Enrico Crispolti, Traccia corporea. Intenzioni progettuali per Gubbio attraverso il cemento, Editrice Grafica L’Etruria, Cortona, 1988

Arte italiana 1960-1982, catalogo della mostra, Hayward Gallery, Londra, 19 ottobre 1982-9 gennaio 1983, Electa International, Milano, 1982

Lea Vergine, «Il senso della scultura» in una mostra a Pallanza, in L’arte in gioco, Garzanti Editore, Milano, 1988

Noi altri - Wir Anderen, catalogo della mostra, Stadtische Galerie, Regensburg, 7 maggio - 27 giugno 1982, Kretschmer & Grossmann Verlag, 1982

Flavio Caroli, Mauro Staccioli. Scultura, catalogo della mostra, Shoshana Wayne Gallery, Santa Monica, 19 ottobre-24 novembre 1990, Electa, Milano, 1990

Gillo Dorfles, Presentazione, in Scultura oggi, catalogo della mostra, Voghera, 12 giugno-30 settembre 1982, Puntoelinea, Milano, 1982

Materiali della scultura italiana 1960-1990, catalogo della mostra a cura di Andrea del Guercio, Sala Esposizioni Antico Foro Boario, Reggio Emilia, 6 luglio-18 agosto 1991, s.n., s.l., (1991)

Scultura a Pisa nel secondo Novecento, a cura di Nicola Micieli, catalogo della mostra, San Giuliano Terme, 24 settembre-25 ottobre 1983, s.n., s.l., 1983

Premio Marche 1991. Biennale d’arte contemporanea, Electa, Milano, 1991

Amnon Barzel, Tel Hai 83. Contemporary Art Meeting, catalogo della mostra, s.n., s.l., 1983

Premio Campigna XXXVI edizione. Per un parco di sculture all’aperto, a cura di Renato Barilli e Claudio Spadoni, Galleria d’Arte Contemporanea Vero Stoppioni, Santa Sofia, s.n., s.l., 1992

Roberto Sanesi, I giorni e gli artisti, Puntoelinea, Milano, 1983 Costruire l’illusione, catalogo della mostra, E.L.A.C., Lione, 1984

Arte ambientale. Collezione Gori. Fattoria Celle, Allemandi & C., Torino 1993

Mauro Staccioli, a cura di Hugh M. Davies, Giuseppe Panza e Helaine Posner, catalogo della mostra, University Gallery, University of Massachusetts, Amherst, 15 settembre-16 dicembre 1984, Puntoelinea, Milano, 1984

Navigatori solitari. Giuseppe Chiari, Emilio Isgrò, Pino Pinelli, Mauro Staccioli, Franco Vaccari, catalogo della mostra, Palazzo Martinengo, Brescia, giugno-agosto 1993

Tridimensionalità, catalogo della mostra, a cura di Giulio Carlo Argan, Villa Laura, Cerneglons, estate 1984, s.n., s.l., 1984

Scultori a confronto. Il modo e i modi, catalogo della mostra, Farsetti Arte, Milano, 1-30 giugno 1993, Galleria d’Arte Moderna Farsetti, Prato, 1993

5th International Biennale of Sculpture 1985, Skironio Museum, Atene 1985 212


Ralph Jentesch, I libri d’artista italiani del Novecento, Umberto Allemandi, Torino, 1993

Anna Mazzanti, Sentieri nell’arte. Il contemporaneo nel paesaggio toscano, Regione Toscana/Artout, Firenze, 2004

Di carta e d’altro. Libri d’artista, catalogo della mostra, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 3-30 giugno 1994, Prato, 1994

Marco Meneguzzo, Da Balla alla Transavanguardia. Cento anni di arte italiana alla Farnesina, catalogo della mostra, La Triennale, 11-30 maggio 2004, Milano, Silvana editoriale, Milano, 2004

La memoria dell’antico, catalogo della mostra, Venzone, 1 luglio-31 agosto 1995, s.n., s.l., 1995

Mauro Staccioli, catalogo della mostra, Galleria Fumagalli, Bergamo, 18 marzo-18 maggio 2006, Silvana editoriale, Milano, 2006 (testi di Marco Meneguzzo e Luca Massimo Barbero)

Mauro Staccioli, Fondation Européenne pour la Sculpture, Bruxelles, 1996 (testo di Jean-Pierre Van Tieghem) Amnon Barzel, Francesco Tedeschi, Mauro Staccioli. Vignate ‘96, catalogo della mostra, Palazzo Municipale, Vignate, 13 ottobre-17 novembre 1996, s.n., s.l., 1996

Alessandra Pioselli, Arte e scena urbana, in L’arte pubblica nello spazio urbano. Committenti , artisti, fruitori, a cura di Carlo Birozzi e Marina Pugliese, Bruno Mondadori Editori, Milano, 2007

Claudio Cerritelli, Tra peso e leggerezza. Figure della scultura astratta in Italia, Corraini editore, Mantova, 1996

Mauro Staccioli. All’origine del fare, Corraini editore, 2008 (testi di Gillo Dorfles, Maria Laura Gelmini, Marco Bazzini, Luca Massimo Barbero)

Opere in forma di libro, catalogo della mostra, Museo Virgiliano di Pietole, Virgilio di Mantova, 7 settembre-10 ottobre 1999, Corraini editore, Mantova, 1999

Paolo Campiglio, Rachele Ferrario, Futurismo e modernità. Artisti e collezionisti in Lomellina, catalogo della mostra, Castello Sforzesco-Pinacoteca Civica, Vigevano, 20 settembre-14 dicembre 2008, Skira, Milano, 2008

Luciano Caramel, Arte in Italia negli anni ’70, catalogo della mostra, La Salerniana Ex Convento di San Carlo, Erice, 30 settembre-31 dicembre 1999, Edizioni Kappa, Roma, 1999

Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009. Luoghi d’Esperienza, catalogo della mostra, Volterra, 13 settembre-8 novembre 2009, Damiani Editore, Bologna, 2009 (testi di Marco Bazzini, Massimo Bignardi, Enrico Crispolti, Gillo Dorfles, Maria Laura Gelmini, Simona Santini)

Veit Loers, Mauro Staccioli. Works 1969-1999, Edizioni L’Agrifoglio, Milano, 2000 (prefazione di Giuseppe Panza di Biumo, testi di Francesco Tedeschi, Hugh M. Davies, Seung-Duk Kim)

Il grande gioco. Forme d’arte in Italia 1947-1989, a cura di Luigi Cavadini, Bruno Corà, Giacinto Di Pietrantonio, catalogo della mostra, Bergamo, Lissone, Milano, 24 febbraio-9 maggio 2010, Silvana editoriale, Milano, 2010

Mauro Staccioli, Idea dell’oggetto dell’idea, a cura di Francesco Tedeschi, A arte Studio Invernizzi, Milano, 2000 Società per le Belle Arti 2001. Esposizione straordinaria dei Soci della Permanente, catalogo della mostra, Museo della Permanente, Milano, 4-22 febbraio 2001, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, 2001

Poesia visiva. What to do with poetry. La collezione Bellora al Mart, catalogo della mostra, MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Silvana Editoriale, Milano, 2010 (testi di Gabriella Belli, Daniela Ferrari)

Arteopenduemiladue. Itinerari possibili, Transmedia arti visive, Staranzano, 2002

Silvia Pegoraro, Mauro Staccioli. Lo spazio nudo, catalogo della mostra, sedi varie, Padova, 27 maggio -14 novembre 2010, Silvana editoriale, Milano, 2010

La scultura lingua viva. Arturo Martini e il rinnovamento della scultura in Italia nella seconda metà del Novecento, catalogo della mostra, a cura di Luciano Caramel, Spazio espositivo ex Caimano, Acqui Terme, 28 luglio-6 ottobre 2002, Mazzotta, Milano, 2002

Percorsi riscoperti dell’arte italiana. VAF-Stiftung 1947-2010, a cura di Gabriella Belli e Daniela Ferrari, catalogo della mostra, MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 2 luglio-30 ottobre 2011, Silvana Editoriale, Milano, 2011

Mauro Staccioli, in entrata e uscita, a cura di Luca Massimo Barbero, Laboratorio internazionale della giovane scultura, Mogliano Veneto, Edizioni Charta, Milano, 2002 Arteopenduemilatre. Itinerari possibili, Transmedia arti visive, Staranzano, 2003

Claudio Cerritelli, Staccioli. La tensione costruita. Sculture nel corso del tempo 1972-2009, catalogo della mostra, Progettoarte-elm, Milano, 20 gennaio-26 febbraio 2011

Enrico Crispolti, Un incipit toscano per l’arte ambientale italiana, in Sentieri nell’arte. Il contemporaneo nel paesaggio toscano, a cura di Anna Mazzanti, Regione Toscana/Artout, Firenze, 2004

Alberto Fiz, Intersezioni 6. Mauro Staccioli. Cerchio imperfetto. Al Parco Archeologico di Scolacium e al Marca, catalogo della mostra, 23 luglio-9 ottobre 2011, Electa, Milano, 2011

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Mauro Staccioli durante l’allestimento della mostra Cerchio imperfetto al Parco Archeologico Scolacium, Roccelletta di Borgia (Catanzaro), 23 luglio-9 ottobre 2011, foto Antonio Renda


SELEZIONE MOSTRE PERSONALI

1972 Studio Inquadrature 33, Firenze, 12-29 febbraio 1972 Galleria Toninelli, Milano, marzo-aprile 1972 Sculture in città, sedi varie, Volterra, 9 agosto-9 settembre 1972

1984 University Gallery, University of Massachusetts Amherst, Amherst, Massachusetts (USA), 15 settembre-16 dicembre 1984 Pantha Arte, Como, 1984

1973 Studio Santandrea, Milano, 23 gennaio-23 febbraio 1973

1986 Mercato del Sale, Milano, 1986

1974 Mostra incessante per il Cile, Galleria di Porta Ticinese, Milano, 13-22 marzo 1974 Libreria Internazionale Einaudi, Piazzetta della Galleria Manzoni, Milano, 11 dicembre 1974-25 gennaio 1975 Galleria Bocchi , Parma, 1974 Studio Stefanoni, Lecco, 1974

1987 Besanaottanta, Rotonda della Besana, Milano, aprile-giugno 1987 Djerassi Foundation, Woodside, California (USA), 1987-1991 Museum of Contemporary Art San Diego, La Jolla, California (USA), 1987 1989 Disegno in scultura, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Siena, 1989 Galleria La Polena, Genova, 1989

1975 Studio Il Gelso, Lodi, 2-14 marzo 1975 Studio Santandrea, Milano, 20 marzo-20 aprile 1975 Galleria Bocchi, Milano, 24 marzo-24 aprile 1975

1990 Kwachon Museum of Contemporary Art, Seoul (South Korea), 1990 Shoshana Wayne Gallery, Santa Monica, California (USA), 1990

1976 Galleria Fabbrica, Pavia, 1976 1977 Lettura di un ambiente, Castello Visconteo, Vigevano, 19 giugno-31 ottobre 1977 Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Suzzara, 18 settembre-16 ottobre 1977

1991 Galleria Fioretto, Padova, 16 novembre 1990-8 gennaio 1991 Galleria Mara Coccia, Roma, 1991

1978 Interventi nell’ambiente urbano, Librogalleria Ferro di Cavallo, Roma, 1978 La Coop. Esperienze culturali, Bari, 1978

1992 Fondazione Mudima, Milano, 1992 Galleria Erha, Milano, 1992

1980 Scultura: lavoro critico, Scuola Caprin, Trieste, 19 marzo-9 aprile 1980 Studio Carrieri, Martinafranca, 22 marzo-10 aprile 1980

1993 Mauro Staccioli. Scultura-Idee-Progetti, Galleria Gaudenz Pedit, Lienz (Austria), 1993 Galleria Il Falconiere, Ancona, 1993

1981 Il disegno dell’idea e la pratica della scultura, Studio Santandrea, Milano, dal 21 gennaio 1981 Mauro Staccioli. Il segno come scultura, Pinacoteca comunale, Macerata, ottobre 1981 Galleria Ferro di Cavallo, Roma, 1981 Galleria Spriano, Omegna, 1981 Mercato del Sale, Milano, 1981

1994 Small Sculptures and Drawings, Gallery Nine, Seoul (South Korea), 1994 1995 Galleria Traghetto, Venezia, 7 giugno-7 luglio 1995 Idee costruite. Disegni e progetti di Mauro Staccioli, Galleria La Polena, Genova, 1995 Intercolumnio, Museion Museo d’Arte Moderna, Bolzano, 1995 A arte Studio Invernizzi, Milano, 1995 Su logu de s’iscultura, Tortolì Porto Frailis-Arbatax, 1995

1983 Mercato del Sale, Milano, 1983 Studio Nadia Bassanese, Trieste, 1983 215


2003 Mauro Staccioli in California, Istituto Italiano di Cultura, Los Angeles, California (USA), 2003 Mauro Staccioli. Le lieu de la sculpture, Musée Ianchelevici, La Louvière (Belgium), 2003 Galleria Fioretto, Padova, 2003

1996 Palazzo Municipale e sedi varie, Vignate, 13 ottobre-17 novembre 1996 Casa Masaccio e Corso Italia, San Giovanni Valdarno, 1996 Elisenstrasse, Munich (Germany), 1996 Fondation Européenne pour la Sculpture, Parc Tournay-Solvay, Bruxelles (Belgium), 1996 Galerie Artiscope, Bruxelles (Belgium), 1996 Museo Laboratorio Università La Sapienza, Roma, 1996 Museum of Contemporary Art San Diego, La Jolla, California (USA), 1996

2004 Galleria Il Ponte, Firenze, 2004 2006 Mauro Staccioli. Drawings and Small Sculptures, Athenaeum Music & Arts Library, La Jolla, California (USA), 2006 Galleria Fumagalli, Bergamo, 18 marzo-18 maggio 2006

1997 Elogio della scultura, Panicale, 1997 Mauro Staccioli. Scultura: dall’idea alla costruzione, A.A.M. Architettura Arte Moderna, Roma, 1997 Pescheria. Centro per le Arti Visive, Pesaro, 1997

2009 Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009. Luoghi d’esperienza, sedi varie, Volterra, 13 settembre-8 novembre 2009

1999 Ponte levatoio - Scultura e ambiente 1972-1999, Castello di Pergine, Pergine Valsugana, 1999

2010 Mauro Staccioli. Lo spazio nudo, Fioretto Arte Contemporanea, Padova, 27 maggio-14 novembre 2010 Mauro Staccioli. Lo spazio nudo, sedi varie, Padova, 8 ottobre-14 novembre 2010

2000 Mauro Staccioli. Drawing in Sculpture, Istituto Italiano di Cultura, Seoul (South Korea), 2000 Mauro Staccioli: Tondo 1970-2000, Istituto Italiano di Cultura, Los Angeles, California (USA), 2000 Omaggio a Mauro Staccioli, Il Brolo, Mogliano Veneto, 2000 A arte Studio Invernizzi, Milano, 2000 Istituto Italiano di Cultura, Bruxelles (Belgium), 2000 2001 Ginestra d’Oro del Conero, Parco Hotel Emilia, Portonovo, 2001

2011 Intersezioni 6. Mauro Staccioli. Cerchio imperfetto, Parco Archeologico di Scolacium e Marca, Catanzaro, 23 luglio-9 ottobre 2011 Staccioli. La tensione costruita. Sculture nel corso del tempo 1972-2009, Progettoarte-elm, Milano, 20 gennaio-26 febbraio 2011

2002 Mauro Staccioli a Barcelona, Galeria Greca, Barcelona (Spain), 2002 Fundaciò La Caixa Manresa, Manresa (Spain), 2002 Galerie Conny Van Kasteel, Egmond Aan Zee (Netherlands), 2002

2012 Mauro Staccioli: gli anni di cemento, Galleria Il Ponte, Firenze, 11 febbraio-13 aprile 2012 Mauro Staccioli: gli anni di cemento, Galleria Niccoli, Parma, 18 febbraio-21 aprile 2012

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SELEZIONE MOSTRE COLLETTIVE

Gubbio ’76. Biennale della ceramica, metalli, legno, tessuti e altri materiali, Gubbio, 22 agosto-17 ottobre 1976 Disegno e piccola scultura, Palazzo della Permanente, Milano, settembre-ottobre 1976

1965 IX Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, Roma, 1965 1971 Intox, Maison de la Culture, Grenoble (France), 14 settembre-14 novembre 1971

1977 03 23 03, Institut d’Art Contemporain, Montreal (Canada), 3-23 marzo 1977; Ottawa (Canada), 6-22 maggio XI Biennale Internazionale del Bronzetto e della piccola scultura, Palazzo della Ragione, Padova, 24 settembre-20 novembre 1977 Didattica 2. Perché e come, Modigliana, 31 luglio-21 agosto 1977; Palazzo Albertini, Forlì, 25 settembre-23 ottobre 1977 Arte in Italia 1960-1977, Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino, 1977 Dall’opera al coinvolgimento. L’opera: simboli e immagini. La linea analitica, Galleria Civica d’arte moderna, Torino, 1977 Firenze. Democrazia e cultura per la Spagna, Salone Istituto degli Innocenti, Firenze, 1977 Oggetto e processo in pratica, Studio Marconi, Milano, 1977

1972 Rassegna San Fedele 2. L’idea catturata, Centro San Fedele, Milano, 5-15 aprile 1972 1973 Sculture contemporanee nello spazio urbano, Parma, giugnoluglio 1973 Volterra ’73, Volterra, 15 luglio-15 settembre 1973 VII Biennale d’arte del metallo, Gubbio, 1973 Maggio d’arte moderna a Milano, Studio Santandrea, Milano, 1973 Mostra Internazionale di scultura all’aperto, Museo Fondazione Pagani, Legnano, 1973 Salon de la jeune sculpture, Parigi, 1973 1974 Interventi nello spazio urbano, Torino, 1-30 aprile 1974 I Biennale d’Arte Contemporanea “Botticelli”, Chiostro Basilica di San Lorenzo, Firenze, giugno-luglio 1974 Sculturincontro. Verbania 74. Biennale internazionale di scultura contemporanea all’aperto, Verbania, 15 giugno-15 settembre 1974 XXVII Premio Suzzara, Suzzara, 8 settembre-16 ottobre 1974 Biennale di Arese. Premio Nazionale di Scultura, Arese, 29 settembre-15 ottobre 1974 “…Que bien resistes!” L’idea di resistenza nell’arte contemporanea, Sala e Scuderie di Villa Manzoni, Lecco, 13 ottobre-24 novembre 1974 V Premio Scultura Seregno-Brianza, Salone comunale, Seregno, 27 ottobre-17 novembre 1974 XXVIII Biennale Nazionale Città di Milano, Palazzo della Permanente, Milano, 1974

1978 Festa nazionale dell’Unità, Rotonda di San Lorenzo, Mantova, 29 giugno-9 luglio 1978 XXXVIII Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea, Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura. Natura praticata. Ambiente/Intervento, Giardini, Venezia, 2 luglio-14 ottobre 1978 II Biennale Internazionale di Scultura, Civica Galleria d’Arte Moderna, Campione d’Italia, 20 luglio-20 settembre 1978 Artisti in Lombardia dagli Anni ’60, Monaco, Salisburgo e altre sedi (mostra itinerante), 1978 Premio Castello Svevo. XXIII Mostra nazionale d’Arte Contemporanea, Castello Svevo, Termoli, 1978

1975 X Biennale Internazionale del Bronzetto e della piccola scultura, Palazzo della Ragione, Padova, 7 settembre-12 ottobre 1975 Spazio Attivo – Struttura, Studio Marconi, Milano/Galleria Rondanini, Roma, dal 9 ottobre 1975

1979 La section d’Or, Galleria Comunale d’Arte Moderna, Loggetta Lombardesca, Ravenna, 23 giugno-8 settembre 1979 Incontri di Martinafranca ‘79, Martina Franca, 5-12 settembre 1979 Design e Design, Palazzo delle ex Stelline, Milano, 1979 L I S ’79 Lisbon International Show, Galeria de Belem, Centro de Arte Contemporanea, Lisbon (Portugal), 1979

1976 Aptico. Il senso della scultura, Museo del paesaggio, Verbania, 11 luglio-15 settembre 1976 XXXVII Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea. Ambiente, partecipazione, strutture culturali. Ipotesi e realtà di una presenza urbana conflittuale, Giardini, Venezia, 18 luglio-10 ottobre 1976

1980 Expo Arte, Bari (Studio Carrieri), 25-30 marzo 1980 Subzara: il fiume, la gente, la festa, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Suzzara, 21 settembre-31 ottobre 1980 Lucci-Mariani-Staccioli-Stefanoni, Galleria Studio, Warsaw (Poland), 1980 Progettazione poetica, Mercato del Sale, Milano, 1980 217


Per estremi luoghi, Galleria Comunale d’Arte, Villa Faraldi, 1986 Wigry ’86, Suwałky (Poland), 1986

1981 Lombardia: vent’anni dopo. Ricerche artistiche 1960-1980, Castello Visconteo, Pavia, marzo-aprile 1981 Milano. 10 scultori contemporanei, Centro culturale del Comune di Atene, Athens (Greece), giugno-agosto 1981 Continuo/Discontinuo (Tra originario e originale), Scalinata settecentesca, Paternò, 18 luglio-15 agosto 1981 Arte e critica 1981, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 29 luglio-4 ottobre 1981 Deserto, Piazzale Sant’Agostino, Bergamo, 26 settembre-31 ottobre 1981 Il luogo della forma. Nove scultori a Castelvecchio, Museo di Castelvecchio, Verona, 26 settembre-ottobre 1981 30 anni d’arte italiana 1950-1980. 2. La struttura emergente e i linguaggi espropriati, Villa Manzoni, Lecco, 21 novembre 1982-20 gennaio 1982 La critica dell’arte, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Bosdari, Ancona, dal 24 aprile 1981

1988 Schlaf der Vernunft, Museum Fridericianum, Kassel (Germany), 21 febbraio-23 maggio 1988 Forme per il cemento. Sculture nel mondo dal 1920 a oggi, Parco Sant’Alessio, Roma, 25 maggio-25 giugno 1988 Antiromantica, Castello Scaligero, Malcesine, 1988 Europa oggi. Arte contemporanea nell’Europa Occidentale, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 1988 Olimpiade des Artes, Parco Olimpico, Seoul (South Korea), 1988 The 4th International Triennale of Drawings, Wrocław (Poland), 1988 Traccia corporea, sedi varie, Gubbio, 1988 1990 Il Gruppo di Iniziativa 1960-1967, Centro Sociale Culturale dei Sardi, Milano, 1990 Italian Contemporary Art, Museum of Art, Taiwan, 1990 Museo d’Arte Contemporanea a Prato. La collezione 19881990, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 1990 Scultura a Milano 1945-1990, Palazzo della Permanente, Milano, 1990 Seul International Art Festival, The National Museum of Contemporary Art, Seoul (South Korea), 1990

1982 Noi altri - Wir Anderen, Stadtische Galerie, Regensburg (Germany), 7 maggio-27 giugno 1982 Scultura oggi, Spazio Arte Cultura, Voghera, 12 giugno-30 settembre 982 Arte italiana 1960-1982, Hayward Gallery, London (Great Britain), 19 ottobre 1982-9 gennaio 1983 Alternativa. 11 Festival Internacional de Arte Viva, Almada (Portugal), 1982 Linee della ricerca artistica italiana, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1982 Spazi d’Arte ’82 - Art Espaces ‘82, Fattoria di Celle, Pistoia, 1982

1991 Materiali della scultura italiana 1960-1990, Sala Esposizioni Antico Foro Boario, Reggio Emilia, 6 luglio-18 agosto 1991 XV Biennale Internazionale del Bronzetto e della piccola scultura, Palazzo della Ragione, Padova, 1991 8 Escultores, Andorra, 1991 Arte e Architettura. Proposte per l’ambiente urbano, Spazio Ansaldo, Milano, 1991 Il miraggio della liricità. Arte astratta in Italia, Liljevalchs Kousthall, Stockholm (Sweden), 1991 Premio Marche 1991 - Biennale d’arte contemporanea, Ancona, 1991

1983 Tel Hai 83. Contemporary Art Meeting, Tel Hai (Israel), 1983 Un’idea meccanica, Civica Galleria d’Arte Contemporanea, Ascoli Piceno, 1983 1984 Percorsi. Parcours. Alcuni aspetti dell’arte in Francia e in Italia, Maison de la culture de Rennes, 18 gennaio-26 febbraio 1984; Sant’Antimo, 18 aprile-26 maggio 1984 Tridimensionalità, Villa Laura, Cerneglons, estate 1984 Costruire l’illusione. Filippo Avalle. Pietro Coletta. Gianni Colombo. Mauro Staccioli. Antonio Trotta, E.L.A.C., Lione, 1984 Idiomi della scultura contemporanea, II Rassegna Internazionale di Scultura, Ca’ Zenobia/Villa Fiocco, Sommacampagna, 1984 Progetti di scultura/architettura a destinazione pubblica, Centro Annunciata, Milano, 1984

1992 Aspetti della scultura italiana del dopoguerra, Casa Furlan, Spilimbergo, agosto-settembre 1992 Collezione permanente del Museo, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 1992 Colombiane ’92, Fortezza del Priamar, Savona, 1992 Gubbio ’92. XXI Biennale di scultura. Metallo terra cemento, Gubbio, 1992 Premio Campigna XXXVI edizione. Per un parco di sculture all’aperto, Galleria d’Arte Contemporanea Vero Stoppioni, Santa Sofia, 1992 Staccioli-Benedetti-Cattaneo, Ex chiesa di S. Agostino, Prato della Fara, Bergamo, 1992

1985 Tra concettualità e rappresentazione, Palazzo Ricci, Montepulciano, luglio-agosto 1985 5th International Biennale of Sculpture 1985, Skironio Museum, Athens (Greece), 1985 1986 XI Quadriennale di Roma, EUR, Roma, 1986 Annäherungen, Oberhausen (Germany), 1986 Artelago. Opere d’arte per la superficie acquatica, Lago di Monate, 1986

1993 Scultori a confronto. Il modo e i modi, Farsetti Arte, Milano, 1-13 giugno 1993 218


Cataloghi originali, A.A.M. Architettura Moderna, Roma, 1997 Segni e disegni della scultura, Castello Visconteo, Pavia, 1997 Tramiti. Immagini dell’arte italiana, Rocca Sforzesca, Soncino, 1997 Tuscia electa, Greve in Chianti, 1997 Ventidue scultori sul lago. Materia ispirata - Tendenze, Palazzo Verbania, Luino, 1997

Navigatori solitari. Giuseppe Chiari, Emilio Isgrò, Pino Pinelli, Mauro Staccioli, Franco Vaccari, Palazzo Martinengo, Brescia, giugno-agosto 1993 Chicago International Biennale (sezione Architecture-Art-Nature), Athenaeum, Chicago, Illinois (USA), 1993 Europa – II Biennale 1993, Niederlausitz, Brandenburg (Germany) 1993 Materiali natura (ovvero la natura dei materiali), Bosco WWF, Vanzago, 1993 Una scultura per un parco, (XXXVII edizione del Premio Campigna, disegni e progetti per il parco di sculture all’aperto), Galleria d’Arte Contemporanea Vero Stoppioni, Santa Sofia, 1993 Utopie metropolitane, Sala Mostre del Politecnico, Milano, 1993

1998 IX Biennale Internazionale di Scultura, Carrara, 1998 Primer Simposio de Exculturas, Parque Metropolitano de Quito (Ecuador), 1998 1999 Opere in forma di libro, Museo Virgiliano di Pietole, Virgilio di Mantova, 7 settembre-10 ottobre 1999 Il secolo della scultura italiana, GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo, 1999

1994 Di carta e d’altro. Libri d’artista, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 3-30 giugno 1994 Libri d’artista italiani del Novecento, Peggy Guggenheim Collection, Venezia, 1994

2000 Zwischen Figur und Korper, Stadtische Galerie, Rosenheim (Germany), luglio-settembre 2000; Musei Civici Villa Manzoni, Lecco 16 dicembre 2000-18 gennaio 2001; Stadtische Galerie Villa Zanders, Bergisch Gladbach (Germany), marzoaprile 2001

1995 Artelaguna ’95, XLVI Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea, Venezia, 11 giugno-15 ottobre 1995 La memoria dell’antico. Carlo Ciussi, Mauro Staccioli, Venzone, 1 luglio-31 agosto 1995 La persistenza della memoria, Studio degli Angioli, Milano, 1995 La pietra, il ferro. Scultura contemporanea, Museo all’aperto, Centro culturale S. Francesco, Ozieri, 1995 Lineainfinita, Villa Domenica, Lancenigo di Villorba, 1995 Memorie: cinquant’anni dopo 1945-1995, Museo Bagatti Valsecchi, Milano, 1995 Morterone Natura e Arte: progetti, Morterone, 1995 Percorsi dell’astrazione a Milano, Museo della Permanente, Milano, 1995 Scultura internazionale, Casa Furlan, Spilimbergo, 1995 Scultura e oltre, XVI Biennale Internazionale del Bronzetto e della piccola scultura, Giardini di Giotto, Palazzo della Ragione, Padova, 1995 Trilogia, V edizione, R. Aricò, M. Staccioli, C. Dynys, CERP (Centro Espositivo della Rocca Paolina), Perugia, 1995

2001 Società per le Belle Arti 2001. Esposizione straordinaria dei Soci della Permanente, Museo della Permanente, Milano, 4-22 febbraio 2001 Il dubbio luogo della ricerca, Studio D’Ars, Milano, 2001 2002 La scultura lingua viva. Arturo Martini e il rinnovamento della scultura in Italia nella seconda metà del Novecento, Spazio espositivo ex Caimano, Acqui Terme, 28 luglio-6 ottobre 2002 2003 Symposium de sculpture international, San-Choeng (South Korea), maggio 2003 2004 Mostra della Collezione Peruzzi, Centro attività espressive Villa Pacchiani di Santa Croce sull’Arno, Pisa, 24 aprile-22 maggio 2004 Da Balla alla Transavanguardia. Cento anni di arte italiana alla Farnesina, La Triennale, Milano, 11-30 maggio 2004 Scultura italiana 1960-2004, Parco Scultura La Palomba, Matera; Fondazione Mudima, Milano, 30 novembre 2004-8 gennaio 2005 Scultura Internazionale ad Agliè, Agliè, 2004

1996 3° Simposio internazionale di Scultura, Santo Tirso, 1996 Atelier d’artista (esposizione in tempo reale n. 22) di Franco Vaccari, Casa del Giorgione, Castelfranco Veneto, 1996 Mostra contemporanea, Fondazione Orestiadi di Gibellina, Gibellina, 1996 Piccola scultura a Milano, Spazio Laboratorio Hajech, Liceo Artistico I, Milano, 1996 Scultura e colore, Castello di Sartirana, Sartirana Lomellina, 1996 Scultura nel parco, Castello di Miramare, Trieste, 1996 Tra peso e leggerezza. Figure della scultura astratta in Italia, Parco e Sala Comunale, Cantù, 1996

2005 Naturarte 2005, Lodi, maggio-luglio 2005 Da Martini a Mitoraj. La scultura moderna in Italia 1950-2000, Basilica Palladiana, Vicenza, 27 maggio-25 settembre 2005 La scultura italiana del XX secolo, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano, 24 settembre 2005-22 gennaio 2006 Lo spazio disegnato, Associazione Mara Coccia, 20 ottobre-20 novembre 2005

1997 Varcare la soglia. Dieci artisti contemporanei a Villa Glori, Villa Glori, Roma, 24 giugno-30 settembre 1997 219


All’ombra d Bramante: foto, progetti, disegni, Galleria Extra Moenia, Todi, 19 dicembre 2004-15 febbraio 2005 10x10, Palazzo Strozzi, Firenze, 22 dicembre 2005-31 gennaio 2006 XXIV Biennale di scultura, Gubbio, 2005 5 Installazioni, Casa dell’architettura, Acquario Romano, Roma, 2005 Generazioni in arte, Volterra, 2005 Piccole e grandi sculture da una collezione privata, Galleria Fioretto, Padova, 2005

Futurismo e modernità. Artisti e collezionisti in Lomellina, Castello Sforzesco-Pinacoteca Civica, Vigevano, 20 settembre-14 dicembre 2008 Segni contemporanei, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli studi di Siena, 3-20 dicembre 2008 Per una collezione del disegno contemporaneo, Accademia Nazionale di San Luca, Roma, 19 dicembre 2008-19 marzo 2009 2009 Sculture nella città. Progetti per Milano, Museo della Permanente, Milano, 8 maggio-14 giugno 2009 Arte/Natura – Natura/Arte. Paesaggio e arte contemporanea in Toscana, Palazzo Fabroni, Pistoia, 20 settembre-22 novembre 2009 L’immaginazione al potere: l’arte, gli artisti e il ’68, Fondazione Noesi per l’Arte Contemporanea, Palazzo Barnaba, Martina Franca, 14 novembre 2008-17 gennaio 2009

2006 Jeju International Sculpture Symposium, Jeju (South Korea), 20 maggio-10 giugno 2006 Sculture in Villa, Villa d’Este, Tivoli, 14 giugno-5 novembre 2006 Morterone. Natura e arte. Interventi all’aperto, varie sedi, Morterone, 25 giugno-25 ottobre 2006 XII Biennale Internazionale di Scultura, Carrara, 29 luglio-24 settembre 2006 Dissonanze, Studio Maria Cilena Arte contemporanea, Milano, 2006

2010 Il grande gioco. Forme d’arte in Italia 1947-1989, Rotonda della Besana, Milano, 24 febbraio-9 maggio 2010 Scultura Internazionale a Racconigi 2010. Presente ed esperienza del passato, Castello di Racconigi, Racconigi, 6 giugno-10 ottobre 2010 Poesia visiva. What to do with poetry. La collezione Bellora al Mart, MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 2010

2007 Luoghi d’Incontro. Generazioni in Arte. Artisti in mostra a Pisa, Pisa, 3 marzo-1 aprile 2007 Carte d’Arte – 72 libri d’artista delle edizioni Colophon, Villa Mirabello, Varese, 20 aprile-20 maggio 2007 Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano, 29 settembre 20079 marzo 2008 Cinque grandi sculture per il parco: Coletta, Paradiso,Staccioli, Parco Scultura La Palomba, Matera, 2007 Prima e dopo il “bilancio”. Appunti (o tracce) per una collezione, ovvero … spunti per un nuovo inizio…., Fondazione Noesi per l’arte contemporanea, Palazzo Barnaba, Martina Franca, 2007

2011 Villa Adriana. Dialoghi con l’Antico, Villa Adriana, Tivoli, 8 aprile-6 novembre 2011 Mauro Staccioli. Ripensare l’urbano, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno, 30 aprile-29 maggio 2011 Percorsi riscoperti dell’arte italiana. VAF-Stiftung 1947-2010, MART Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 2 luglio-30 ottobre 2011 Percorsi nella scultura italiana dell’800 e ‘900, Fondazione Ado Furlan, Spilimbergo, 9 luglio-29 ottobre 2011 Nove artisti per la ricostruzione, Palazzo Zenobio Collegio Armeno, Venezia, 8 settembre 2011-30 marzo 2012

2008 L’energia della materia, Casa Italia, Villaggio Olimpico, Beijing (China), 6-24 agosto 2008 Arte contemporanea in Giustiniana, Tenuta La Giustiniana, Frazione Rovereto, Gavi, 6-21 settembre 2008

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INSTALLAZIONI PERMANENTI PUBBLICHE

Fattoria di Celle, Santomato di Pistoia, 1982

Park Lane, Diegem, Bruxelles (Belgium), 2001

Tel Hai College (Israel), 1983

Parco Nazionale del Conero, Hotel Emilia, Portonovo, 2001

D’Ars, Milano, 1984

Skulpturenpark Museum Abteiberg, Mönchengladbach (Germany), 2002

Campo del Sole, Tuoro sul Trasimeno, 1985

Girotondo, Giardini di Piazza Venezia, Trento, 2002

Annäherungen, Oberhausen (Germany), 1986

Rotatoria casello autostradale, Pesaro, 2002

Giardini pubblici, Cagliari, 1986

Parco Santa Margherita, Ex Ospedale Psichiatrico, Perugia, 2002

Djerassi Foundation, Woodside, California (USA), 1987-1991 Olympic Park, Seoul (South Korea), 1988

Korean Folk Village Art Museum, Suwôn (South Korea), 2002

Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 1988

Arc-en-ciel, Square Laine-Forest, Bruxelles (Belgium), 2003

Kwachon Museum of Contemporary Art, Seoul (South Korea), 1990

Lapiz Building, La Jolla, California (USA), 2003 Chiaopanshan International Sculpture Park, Fuhsing Township (Taiwan), 2003

Homage to Jack Kerouac, Pico Boulevard, Santa Monica, California (USA), 1990-1993

Universidad de Puerto Rico, Arecibo (Puerto Rico), 2004

Il Shin Building, Seoul (South Korea), 1991

Brufa di Torgiano, Perugia, 2004

Ordino d’Arcalis, Andorra, 1991

Bodio Center, Milano, 2004

Fondazione Mudima, Milano, 1992

Fondazione Pablo Atchugarry, Punta de l’Est (Uruguay), 2006

Skironio, Athens (Greece), 1992

Parco scultura La Palomba, Matera, 2007

Torre di Luciana, San Casciano Val di Pesa, 1992-2008

Stabilimento Ilva, Taranto, 2007

Parco della Resistenza, Santa Sofia di Romagna, 1993

Bacu Abis, Carbonia, 2007

Su logu de s’iscultura, Tortolì-Arbatax, 1995

Rotatoria nord, San Casciano in Val di Pesa, 2008

Nuraghe Sant’Andrea, Ozieri, 1995

Carrazeda de Ansiães (Portugal), 2008

Stanza d’artista, Castel di Tusa (Messina), 1995

Maglione, 2008

Museum of Contemporary Art San Diego, La Jolla,California (USA), 1996

Parc Affaire Le Val St. Quentin, Voisin le Bretonneux (France), 2008

Il Quadrato, Segrate, 1996

Arco rampante, Il Giardino di Daniel Spoerri, Seggiano, 2008

Fondation Européenne pour la Sculpture, Bruxelles (Belgium), 1996

Uguale/Contrario, Università Bocconi, Milano, 2008

Santo Tirso (Portugal), 1996

Parco della Cupa, Perugia, 2009

Centro scolastico, Vignate, 1996

Stollo, Piazza della Resistenza, Greve in Chianti, 2009

Der Ring, Elisenstrasse, Munich (Germany), 1996-2001

IBA, Louvain-la-Neuve (Belgium), 2009

Villa Glori, Roma, 1997

L’indicatore 2009, Volterra, 2009

Anello ’97, località Poggio di San Martino, Volterra, 19972005

Al bimbo che non vide crescere il bosco, SS 68 bivio per Mazzolla/podere S. Nicola, Volterra, 2009

Equilibrio sospeso, Rond point de l’Europe, Bruxelles (Belgium), 1998-2007

Primi passi, Piancorboli, Volterra, 2009

Parque metropolitano de Quito (Ecuador), 1998

Portale, Fattoria di Lischeto, Volterra, 2009

Assemini, Cagliari, 1998

Tondo pieno, SS 68 località La Mestola, Volterra, 2009

KölnSkulpture, Cologne (Germany), 1999

La Boldria, SS 68 località La Boldria, Volterra, 2009 221


Omaggio a Giovan Paolo Rossetti, Chiesa di San Dalmazio, Volterra, 2009

Corbano, Chiesetta di Corbano, Volterra, 2009 Piramide 38° parallelo, Fiumara d’Arte, Motta d’Affermo, 2010

Attraversando la storia, Chiesa di San Lorenzo a Mazzolla, Volterra, 2009

Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 2011

Volterra di profilo, Villa di Cozzano, Volterra, 2009

Università Bocconi, Milano, 2011

San Giacomo in Fognano 1985-2009, località San Giacomo in Fognano, Volterra, 2009

Parco Internazionale di Scultura, Catanzaro, 2011

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Questo volume a cura di Andrea Alibrandi è stato stampato dalla Tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera per i tipi delle Edizioni “Il Ponte” Firenze Finito di stampare in Firenze nel febbraio duemiladodici



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