Cannella, Pizzi. Atelier dei mari e dei venti

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SOMMARIO

Rossella Fumasoni Atelier dei mari e dei venti pagina

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Tavole pagina

15 Rossella Fumasoni, Atelier dei mari e dei venti, testo pubblicato in Pizzi Cannella, Atelier dei mari e dei venti, Erreti arte, Bagnara di Romagna-Ravenna, 2000

Tatiana Giovannetti A due passi dal Bosco Parrasio pagina

Š 2010 EDIZIONI IL PONTE FIRENZE 50121 Firenze - Via di Mezzo, 42/b tel +39 055240617 - fax 0555609892

website: www.galleriailponte.com e-mail: info@galleriailponte.com ½ Atelier dei mari e dei venti

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ATELIER DEI MARI E DEI VENTI Rossella Fumasoni

L’atelier è il nostro posto segreto, il passaggio dietro la cascata; una volta lì è fatta. L’atelier dei mari e dei venti è una valigia dal contenuto misterioso e inestimabile, fatto di carta di gioielli e mezze matite, pezzi di bottiglie che il mare ha trasformato in smeraldi, e piccole memorie di piastrelle consegnate alla spiaggia come finissime porcellane, con la rarità di un unico corallo come una stilla di sangue dal cuore. Pizzi appronta il suo tavolo in albergo, nella n. 18, al ristorante, aspettando l’aereo, meno tempo c’è meglio è, basta una notte o un pomeriggio di luglio; lì si concentra e danza. Appronta il suo tavolo, pone e dispone, il gioco è suo. Da bambini, in autunno, disegnavamo le castagne, l’uva, le foglie cadute, appassionati per pochi minuti. Certe volte Pizzi è così. 9


– Aspetta, qui c’è un turchese! E mentre disegna, arriva il cameriere con i caffé e il whisky. Improvvisamente il sole se ne va, il mare si fa cupo, il golfo di Napoli diventa fiordo pronto alla tempesta, un soffio di vento fresco ed è già la laguna veneziana ghiacciata del 1789. Che vento sarà? Maestrale, Scirocco o Libeccio? È caldo o appiccicoso? È il Simun, il vento del deserto! Se è dolce, è vento di Levante, e gli Alisei dove soffiano? E se fosse il Blizzard il vento del Polo Nord, che si è perso per arrivare fino a noi? O è la Tramontana, che pulisce il cielo e spacca le labbra? Calma piatta, bava di vento, brezza leggera con piccole onde, brezza tesa, vento moderato, teso, fresco, forte, onde rigonfie con schiuma che si dispone in strisce compatte. Burrasca, onde grandi allungate. Burrasca forte, tempesta, le onde sono altissime. Fortunale ed uragano con onde eccezionali, aria piena di schiuma e pulviscolo; visibilità degli oggetti lontani impossibile. Il vento sparisce, l’aria è ferma imbalsamata, la terrazza è assolata, il faro ancora è spento, lo zucchero scorre dalla bustina al caffé.

Tutto finisce nel bianco del pastello americano, grande protagonista dell’atelier, l’altro è il blu, cobalto o di Prussia, manganese o ceruleo non ha molta importanza, può essere anche il mio smalto per le unghie, tanto del blu è solo il profumo.

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Sul tavolo di Pizzi si viaggia comodi e veloci, le noie, le attese sono azzerate. Verso le sei siamo diretti a Lisbona, cinque minuti dopo è già Africa, ma di preciso bene non lo so perché è un continuo cambiamento di rotta. Ecco l’India, no è Tunisi, oppure è la porta scrostata che abbiamo visto ieri a Procida, quella con il cane nero del porto che dormiva, e ancora, è il ponte del traghetto, con tutta quella vernice spessa a coprire la ruggine; ed ecco anche il mio anello d’oro, quello che mi piaceva tanto, che ho perso e ritrovato. Mentre parlo o racconto, leggo il giornale o rido, la stanza si riempie di disegni, galleggiano, sembrano ballare. Sono bagni turchi, sono cimeli, i vasi dell’isola, le lucertole, vestiti da sposa a mezzogiorno ed anche un vestito da ballo per l’ultimo giorno di guerra.


Io sono lì in quell’attimo frastornante. Intanto una parola o due, qualcuno che passa, Culochiatto che spara i botti giapponesi,diventa sera, la barca dello Zingariello che va a pesca, una nave da crociera lontana nel buio, Pennanera che ha perso il cane; ci finisce dentro tutto. Siamo tutti dentro l’atelier, in quella valigia gialla, sporca di cenere e d’olio di lino. Sembra capace questa valigia, d’imprigionare una luce che si spinge fino al bianco, che si nutre del mondo e delle sue leggende, una luce coraggiosa che sa aprire ogni porta, che sa essere essenziale come il pane, come la ninna nanna, che non mente e trattiene ogni storia per chi la sa ascoltare. Poi la valigia si chiude, così la cartella dei disegni. Riposano al buio, come le belle donne, fino alla prossima stanza, al tavolo seguente.

Nessuno tra gli isolani più vecchi ricordava una mareggiata così forte e distruttiva. Il mare si voleva portare via anche l’atelier dei mari e dei venti, lo voleva indietro, reclamava il possesso di quella stanza d’albergo troppo esposta e di quella valigia gialla dal nome altisonante. Che il mare l’abbia presa come una sfida? Roma 22 marzo 1998 e 9 giugno 2010

Abbiamo saputo di recente che la mareggiata si voleva portare via la stanza n. 18, e che sono andati di notte ad ancorarla con dei cavi d’acciaio. Il mare era così arrabbiato, che si è preso tutta la sabbia dell’isola e anche i ristoranti sulle palafitte. 12

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A DUE PASSI DAL BOSCO PARRASIO Tatiana Giovannetti Come dal germe ai suoi perfetti giorni giunga una schiera di Vanesse; quali speranze buone e quali fantasie la creatura per volar su nata susciti in cuore di colui che sogna col suo lento mutare e trasmutare, la meraviglia delle opposte maschere, la varia grazia delle varie specie, in versi canterò… Non vi par egli, non vi par egli d’essere in Arcadia? (G. Gozzano, Storia di cinquecento Vanesse, vv. 1-10)

Parnassius Apollo, Macroglossa Stellatarum, Acherontia Atropos, sono soltanto alcuni tra i nomi delle cinquecento Vanesse protagoniste delle Epistole entomologiche di Guido Gozzano. Ancora una volta Elisa Montessori indica nella poesia una fonte esperienziale che sedimenta lentamente per riemergere nel tempo secondo forme nuove e insospettabili. Così la farfalla non solo è emblematica della continua ricerca della leggerezza, di quella levità sottile che caratterizza le sue pitture ispirate all’Ukiyo-e 43


(“immagini del mondo fluttuante”), ma diventa anche metafora di un peculiare approccio alla creazione artistica che vede nel procedimento organico della trasformazione metamorfica la genesi delle forme sulla carta. “Nella ragnatela che si sovrappone alla topografia della città nei Tropismi degli anni Settanta, e alle nervature delle foglie che tracciano anch’esse una mappa geografica, ritorna la linea fitomorfa che puoi trovare in un’ala di farfalla. Sono sovrapposizioni stratificate che emergono inconsciamente perché quando lavoro non penso al remoto, non perseguo un progetto definito. Le esperienze non hanno un loro peso specifico nella memoria ma si trasformano e ritornano senza un percorso lineare” afferma, ed è forse per questo che la incuriosisce il volo mai rettilineo della farfalla. Il poema sulle farfalle segna per Gozzano il passaggio dalla poetica degli oggetti, delle “buone cose di pessimo gusto” alla sfera simbolica legata alla fragilità della bellezza, dell’eleganza e dell’effimero. “La farfalla è diventata l’archetipo della bellezza, ma è una forma d’illusione ottica perché quando la vedi, non la vedi più, non l’afferri. È uno scintillio,

è un riflesso, è una tachicardia, perché sorprende come un battito veloce e irregolare; allora cos’è che ci attira? È la sorpresa della bellezza”. Le farfalle di Elisa Montessori non rientrano nella categoria delle mimetiche, si mostrano semmai. “La farfalla è un paludamento, il vestito per eccellenza, non a caso l’apparire e il vestire appartengono alla stessa sfera semantica. Fare farfalle, così come fare fiori, può essere pericoloso perché si rischia di sconfinare nei territori del kitsch o della decorazione ma queste farfalle sono delle figure ieratiche, apparizioni teatrali”. I versi che Elisa Montessori seleziona e recita rapsodicamente costituiscono il prologo del loro camuffamento: “Pendula, immota, senza membra, fusa nel bronzo verde maculato d’oro, cosa rimorta la direste, cosa d’arte, monile antico dissepolto oppure Mirabile è la bocca, ordigno armato, oppure Farfalla strana figlia della Notte, della nottola, del gufo, opra non di Natura ma di demoni”. Fragili ed effimere, si atteggiano a guerriere e incidono i segni della loro presenza sulla carta. Mi spiega infine che la farfalla ha anche a che fare con un desiderio legato all’età senile: “Andando

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In questo volume a cura di Andrea Alibrandi, le fotografie sono di Alessandro Marsina, l’impaginazione computerizzata di Punto Pagina, Livorno, la stampa della Tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera per i tipi delle Edizioni Il Ponte Firenze Finito di stampare a Firenze nell’agosto 2010 per l’Archivio Mara Coccia e presentato nello studio di Claudio Abate il 30 settembre 2010



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