Aldo mondino, quadrettature e non solo

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ALDO MONDINO quadrettature e non solo 1963-1972 a cura di / curated by

Alberto Fiz




ALDO MONDINO quadrettature e non solo 1963-1972 a cura di / curated by

Alberto Fiz

GALLERIA IL PONTE - FIRENZE 24 febbraio - 14 aprile 2018

Mostra realizzata in collaborazione con l’Archivio Aldo Mondino

Ufficio stampa / Press office Susanna Fabiani Crediti Fotografici / Credits Torquato Perissi Redazione editoriale / Editorial team Enrica Ravenni Grafica / Page setting and graphics Alessio Marolda Impianti e stampa / Plates and printing Tipografia Bandecchi & Vivaldi, Pontedera (PI)

© copyright 2018 per l’edizione Gli Ori 51100 Pistoia - Via L. Ghiberti, 6 tel +39 057322607 www.gliori.it info@gliori.it Galleria Il Ponte 50121 Firenze - Via di Mezzo, 42/b tel +39 055240617 fax +39 0555609892 www.galleriailponte.com info@galleriailponte.com ISBN 978-88-7336-705-5


Sommario / Contents

Fuori dai margini

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Outside the Lines

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Biografia

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Biography

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Indice delle tavole Index of works

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Alberto Fiz Alberto Fiz



FUORI DAI MARGINI Alberto Fiz

Cos’hanno in comune la scomparsa di Felice Casorati e la prima apparizione televisiva di Calimero? Nulla, se non per il fatto che entrambi gli episodi avvengono nel 1963 quando Aldo Mondino abbandona una pittura di ascendenza surrealista già deviante ed eterodossa, per intraprendere un percorso ben più autonomo e trasgressivo dove la rievocazione del maestro torinese e l’iconografia infantile vanno a braccetto. Con le Tavole anatomiche dell’anno precedente, in bilico tra il gabinetto del dottor Caligari e l’allegro chirurgo, era già stato compiuto un salto nel vuoto riproponendo, in chiave paradossale, ipotetiche operazioni mediche con ovuli giganti, spermatozoi a forma di omini ed embrioni su carta millimetrata tesi a mettere in ridicolo il sistema della didattica. Gli strascichi accademici, tuttavia, non erano del tutto dimenticati e Mondino, appena tornato da Parigi, non si era ancora liberato dall’ultimo Tancredi e da taluni richiami a Francis Picabia, a cui, anche sotto il profilo metodologico, rimarrà sempre legato. Bastano pochi mesi e lo scenario si modifica con Mondino che non è più a rimorchio dello stile ma s’impadronisce, quasi contemporaneamente, dell’immaginario infantile, così come delle espressioni colte creando un unico orizzonte semantico senza alcuna distinzione tra high and low. Ed ecco che Maternità con le uova, un celebre dipinto di Felice Casorati viene ridotto da Mondino ai suoi elementi essenziali per farne un logo ripetuto nei materiali più svariati, dallo zucchero allo zerbino di cocco sino al mosaico, finendo persino sulle t-shirt nella serie Casorati mare con un’operazione che sembra già prefigurare il merchandising (negli anni novanta se n’è fatto un gran parlare tanto che qualcuno si era persino illuso che con la vendita dei prodotti d’arte si potessero risanare i conti dei musei). Mondino, tuttavia, non è interessato ad un citazionismo convenzionale. Al contrario, fa un uso sovversivo degli stili e stilemi provenienti dalla storia dell’arte ufficiale. Ciò che poteva sembrare un elemento di pura e asettica contemplazione, viene rimesso in libertà dall’artista che sfila l’aura e lo ripropone all’osservatore in chiave dialettica e dubitativa. I maestri, da Hokusai a Francis Bacon, passando attraverso Barnett Newman, Josef Albers e Giuseppe Capogrossi, scendono dal piedistallo e si sottopongono a nuove verifiche. Mondino scompagina le carte e ripropone immagini che rimandano ad originali ipotetici, spesso solo evocati, anticipando di qualche decennio il grande supermarket dell’arte alimentato da mostre-mercato e vendite all’asta. A ben vedere, il suo atteggiamento non è molto dissimile da quello di Giorgio de Chirico che si mette a realizzare la serie delle Venezie, spesso in maniera approssimativa, per accontentare un pubblico che adorava il vedutismo di Canaletto e Bellotto. In clima neodada, l’artista torinese preferisce, senza alcun cinismo, un’appropriazione indebita, dove, come scriveva Enrico Crispolti nel 1963, “i simboli e gli emblemi sono diventati concreti elementi organici”1. In tal senso, l’opera rimixata di Casorati può diventare il portachiavi con annesso spioncino di una porta che non apre alcunché, o trasformarsi nello spazio-quadro di una tenda in plastica a strisce che ricorda la celluloide del cinema. Se Clyfford Still finisce a ricoprire lo sgabello di un pub con annessa decorazione alla parete (l’installazione è nella raccolta permanente della Galleria d’Arte Moderna di Torino), anche il meccanismo costruttivo di Capogrossi viene scardinato e ciascuno, come nei giochi della settimana enigmistica, è invitato ad identificare le differenze che si celano dietro i suoi ideogrammi. Parallelamente alla riflessione sulla storia dell’arte, tra il 1963 e il 1964, Mondino realizza le quadrettature, meglio conosciute come quadri a quadretti, che trovano immediata ospitalità nelle gallerie

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italiane forse più attente alla sperimentazione: il nuovo spazio di Gian Enzo Sperone a Torino (qui vengono esposti i quadri a quadretti dedicati a Casorati) e La Salita di Gian Tomaso Liverani a Roma. Quest’ultimo inaugura il 27 marzo 1964 una personale con dieci opere e la pubblicazione di un catalogo introdotto da Cesare Vivaldi che viene ora in gran parte ricostruita dalla galleria Il Ponte di Firenze con rigoroso intento filologico. Sono passati 54 anni e i quadri a quadretti, quanto mai attuali e provocatori, rappresentano una tappa fondamentale nell’indagine di Mondino. L’artista, con un atteggiamento solo all’apparenza pop ma fondamentalmente concettuale, s’intrufola in un terreno minato (lo aveva già fatto con le Tavole anatomiche e in seguito sarà una costante) riproponendo gli album per iniziare i bambini al disegno. Quanto di più ambiguo si possa pensare per un artista che di fronte al procedere delle neoavanguardie, rischiava di essere tacciato di banale infantilismo; con titoli quali Pittore, Pinguini, Castello, Gondola, Pinocchio, Serpente, o Aeroplano, Mondino, poi, non faceva altro che girare il coltello nella piaga. L’operazione, in realtà, è assai sofisticata e molto più intrigante di quanto possa sembrare ad un’analisi superficiale: le opere, spesso su supporto in masonite, con sfondo quadrettato sono divise in due pannelli (rimandano alla nobile tradizione dei dittici) di cui la parte bassa dipinta in modo meccanico, mentre quella superiore si presta ad una libera interpretazione sia dell’autore sia dello spettatore. Per invogliare il pubblico recalcitrante a farsi avanti violando un vero e proprio tabù, Mondino applica al quadro una scatola di pastelli, acquerelli o matite colorate. L’artista, dunque, non solo si sdoppia, ma cerca collaboratori per portare a termine la sua opera dove il compito precipuo è quello di uscire dai margini, liberando la creatività sottoposta ad un sistema coercitivo. Su uno di questi pannelli compare, dall’alto in basso, la scritta “rivoluzione” con una miriade di segni, segnali, sovrapposizioni e scarabocchi di ogni tipo dove Mondino ha espressamente fornito al pubblico l’elemento contundente che si è riversato sulla sua opera aperta con un risultato del tutto imprevedibile. Un procedimento inclusivo dove Mondino, autoironico e persino autolesionista, si lascia flagellare mantenendo la paternità del suo manufatto. Non si tratta di un segno anonimo su un muro scrostato, ma di uno spazio condiviso che riporta la firma dell’autore, responsabile in toto di quanto accade. Intorno ai quadri a quadretti l’inquieto pittore realizza, in pochi mesi, un’ampia serie di sperimentazioni con l’intento, come ha spiegato lui stesso, “di ritrovare la sua infanzia di pittore e riportarla da adulto”2. Nella rassegna fiorentina, per esempio, sono ben sei le opere che hanno come soggetto il serpente dove, a fronte di una stampa litografica unica, Mondino dà vita ad una serie di varianti nelle quali utilizza sia lo spazio bianco sia quello stampato. Dall’assoluta neutralità si giunge all’invasione dello spettatore. Tra questi due estremi, si collocano altre tre fasi che vengono descritte in maniera minuziosa, quasi a voler insistere sulla componente performativa del gesto. Così si specifica ogni volta: “Disegnato a mano libera da Aldo Mondino”; “Colorato a mano da Aldo Mondino”; e, ancor più nei dettagli, “Colorato a gessetti policromi da Aldo Mondino”. Con leggerezza, quasi distrattamente, Mondino traccia le premesse di un lungo filone della ricerca contemporanea basata sulla stretta relazione tra arte e linguaggio che ha in Joseph Kosuth il suo massimo esponente. Intorno al banale, da abile prestigiatore, destruttura il linguaggio in modo da poter agire sul crinale dell’ambiguità e del paradosso in una zona di massima insicurezza senza che mai si profili all’orizzonte un lido su cui approdare. Le neoavanguardie, è bene riconoscerlo, dopo una prima fase di rottura, si sono fatte accettare per la ripetizione dei loro schemi diventati parte integrante dell’apparato sociale. Mondino non ci sta e ogni suo atto è teso allo stravolgimento di un sistema in cui non si riconosce. Lui sceglie il rimosso, la regressione, le zone d’ombra. I quadri a quadretti, realizzati a soli 25 anni, sono il primo gesto radicale di una ricerca che per oltre mezzo secolo si è opposta a qualsiasi forma di regolamentazione. La scelta dei soggetti, del resto, rappresentava un ulteriore sberleffo nei confronti di quanto avveniva in Italia all’inizio degli anni sessanta dove il ritorno a forme elementari e primarie si sviluppava intorno ai monocromi, alle estroflessioni e alle tele sovrapposte. Mondino schiaccia il

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piede sull’acceleratore e va alla fonte del problema estrapolando gli album a quadretti della prima infanzia, così ovvi e scontati da far inorridire i benpensanti. Eppure la sua straordinaria capacità è stata quella di imporre una ricerca colta e destabilizzante che non s’inseriva in alcun contenitore precostituito. Il più comodo e facilmente comprensibile sarebbe stata la pop art con cui, in apparenza, non mancano le assonanze: “Mondino si serve di schemi pop per riempirli di una propria carica di ingenua, colorata, schiamazzante allegria, sino a stravolgerli completamente,”3 scrive Cesare Vivaldi nel 1964. E due anni dopo la critica americana Lucy Lippard, grazie ai quadri a quadretti, lo inserisce, con qualche riserva, nel suo fondamentale volume Pop Art affermando: “Le sue opere hanno una chiarezza e un rigore piuttosto rari in Italia, ma la banalità delle immagini non è mai superata, né sfruttata convenientemente”4. A mio parere la questione è un’altra: Mondino sottrae l’oggetto al procedimento feticistico e illusorio a cui lo sottopone la pop art. L’apparenza di un’arte che decreta la propria sacralizzazione non lo interessa dal momento che è lui l’arbitro del gioco in grado di rovesciare il tavolo. I quadri a quadretti rappresentano una svolta nell’ambito di una ricerca che da allora sottopone lo spettatore ad un transfert terapeutico dove la pittura può diventare la forza di gravità che fa spostare il peso delle bilance, oppure innalzarsi in aria appesa ai palloncini. Ma di fronte alla circolarità di una creazione delocalizzata, il mosaico si trasforma in zucchero e il bronzo in cioccolato, mentre persino il cubismo è l’occasione per creare Falsi Collage; l’eraclite diventa il trompe-l’œil ideale per stendere i tappeti sovrapposti e con le penne bic si modifica lo Jugendstil in Jugen Stilo. Sono infinite le sue piroette nell’ambito di un’arte dove la manipolazione non è fine a se stessa ma innesca, ogni volta, processi cognitivi o improvvise deviazioni dal senso ordinario del discorso. Mondino riesce persino a dipingere la Tour Eiffel, un tema che nemmeno i dilettanti sulla riva della Senna hanno il coraggio di riproporre e nel suo viaggio tra gli stili fa il verso all’espressionismo, rilancia l’orientalismo e con i linoleum da cucina reinventa le velature dipingendo il già dipinto. Aldo Mondino, insomma, rappresenta l’antidoto omeopatico al conformismo e la spina nel fianco nei confronti di un’arte modulare, tautologica e ripetitiva. Non si può più scherzare: è giunta l’ora di prenderlo sul serio.

1. Enrico Crispolti, Aldo Mondino, Galleria Il Punto, Torino, 1963. 2. Claudia Casali intervista a Aldo Mondino in Aldologica (a cura di Claudio Spadoni), Mazzotta, Milano 2003, p. 33, catalogo della mostra Loggetta Lombardesca, Ravenna 16 novembre 2003-15 febbraio 2004. 3. Cesare Vivaldi, Mondino, Galleria La Salita, Roma, 1964. 4. Lucy Lippard, Pop Art, Mazzotta, Milano 1978 (prima edizione 1966), p. 225.

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OUTSIDE THE LINES Alberto Fiz

What do the death of Felice Casorati and the first TV appearance of the black chick Calimero have in common? Nothing, except for the fact that both events happened in 1963 when Aldo Mondino abandoned a surrealist-type painting that was already deviant and unorthodox, to undertake a much more autonomous and transgressive route in which the Turinese maestro’s memories and childish iconography go hand in hand. The previous year, with the Tavole anatomiche, an uneasy balance between the cabinet of Doctor Caligari and the board game Operation, he had already leapt into the unknown. With these, he paradoxically proposed hypothetical medical operations with giant ovules, man-shaped sperm and embryos on graph paper which aimed to ridicule the teaching system. The remnants of his academic training, nevertheless, had not been totally forgotten. Mondino had also just got back from Paris and was not yet free from the last Tancredi and some allusions to Francis Picabia, to whom, also in terms of method, he would always remain attached. In just a few months, however, the situation would change. Mondino would no longer be towed along by style, but at almost the same time he would master children’s imagination and cultured expressions, creating a single semantic horizon without any distinction between high and low. And so we get Maternità con le uova, a famous painting by Felice Casorati, which Mondino pares down to its essential elements to make it into a logo repeated on a whole variety of materials, from sugar through a coir mat, to a mosaic. It even ended up on the T-shirts in the Casorati mare series in an operation that seemed to anticipate merchandising (in the 1990s there was a lot of talk about this, so much so that some had even deluded themselves that selling art products could fix the museums’ bank balances). Nevertheless, Mondino is not interested in making conventional citations. On the contrary, he makes subversive use of the styles and motifs from the official history of art. What could have seemed an element of pure and ascetic contemplation is set free by the artist who extracts the aura and proposes it to the observer in a dialectic and doubting key. The maestros, from Hokusai to Francis Bacon, through Barnett Newman, Josef Albers and Giuseppe Capogrossi, come down from the pedestal and are reappraised. Mondino mixes the cards and proposes images that seem hypothetical originals. Often only evoking these images, he anticipated the great supermarket of art fostered by market-exhibitions and auction sales by several decades. To look more closely, his attitude is not very different from that of Giorgio de Chirico who set down to make the series of the Venezie, which were often very rough, to please a public who adored the views of Canaletto and Bellotto. In a Neo-dadaist climate, without a trace of cynicism, the Turinese artist preferred to unduly make things his own where, as Enrico Crispolti wrote in 1963, “the symbols and emblems have become concrete organic elements”.1 As such, Mondino remixes the work of Casorati to make the keyring with a spyhole attached that does not open anything, or transforms it into the picture-space of a striped plastic curtain reminiscent of film celluloid. He paints the seat of a barstool in the manner of Clyfford Still and attaches it to the wall (the installation is in the permanent collection at the Galleria d’Arte Moderna in Turin), and he dismantles Capogrossi’s construction mechanism and, like in a puzzle compendium, everyone is invited to spot the differences hidden in his ideograms. In parallel to the reflection on the history of art, between 1963 and 1964 Mondino makes the squared pictures, better known as the Quadri a quadretti, which immediately found a home in those Italian galleries perhaps more attentive to experimentation: Gian Enzo Sperone’s new space in

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Turin (the Quadri a quadretti dedicated to Casorati were displayed here) and Gian Tomaso Liverani’s La Salita in Rome. This gallery opened a solo show on 27 March 1964 with ten works and the publication of a catalogue introduced by Cesare Vivaldi, now to a large extent reconstructed by Galleria Il Ponte in Florence with a strict philological purpose. Fifty-four years have passed and the Quadri a quadretti, representing a fundamental stage in Mondino’s research, are more topical and provocative than ever. The artist, with an only apparently pop but fundamentally conceptual attitude, strays into unsafe terrain (he had already done so with the Tavole anatomiche and would always do so after that) by proposing colouring books for teaching children to draw. The artist could have come up with nothing more ambiguous. Against the advance of the neo-avant garde movements, he risked being silenced by the accusation of banal childishness; then with titles such as Pittore, Pinguini, Castello, Gondola, Pinocchio, Serpente, or Aeroplano – painter, penguins, castle, gondola, Pinocchio, snake or aeroplane – Mondino just rubbed salt into the wound. In reality, the operation was quite sophisticated and much more intriguing than it might appear from a superficial analysis: the works, often on a masonite medium, with a squared background, are split into two panels (reminiscent of the noble tradition of diptychs). The lower part is painted in a mechanical manner, while the top part lends itself to a free interpretation both by the author and the spectator. Violating a real taboo, to encourage the recalcitrant public to come forward, Mondino attaches a box of crayons, watercolours or coloured pencils to the picture. Therefore, not only is the artist divided in two, but he looks for helpers to terminate his work. Their chief task is to go out of the lines, freeing the creativity subjected to a system of coercion. Appearing on one of these panels, from top to bottom, is the word “revolution”, accompanied by myriad signs, signals, overlaps and scribbles of every kind. Here Mondino expressly gives the public the contusive element which spills onto his open work with a totally unpredictable result. An inclusive procedure where Mondino, self-ironic and even self-harming, allows himself to be scourged while maintaining the authorship of his work. It is not an anonymous sign on a flaking wall, but a shared space that carries the signature of the author, who is wholly responsible for what happens. In a few months around the Quadri a quadretti, the restless painter made a large set of experiments with the intention, as he himself explained, “to rediscover his childhood as a painter and bring it back as an adult”.2 In the Florentine exhibition, for example, there are no less than six works with the subject of a snake. From a single lithographic print, Mondino gives rise to a series of variants in which he uses both the white and the printed space. From absolute neutrality we arrive at the spectator’s invasion. Between these two extremes are three other phases that are described in minute detail, almost as if he wanted to insist on the performative component of the gesture. So he specifies every time: “Drawn freehand by Aldo Mondino”; “Coloured by hand by Aldo Mondino”; and, in even more detail, “Coloured in multicoloured chalk by Aldo Mondino”. In a light, almost distracted manner, Mondino traces the premises for a long line of contemporary research based on the close relationship between art and language whose top exponent is Joseph Kosuth. Like a clever magician, he destructures the language around the banality so he can act at the height of ambiguity and paradox in a zone of maximum insecurity without a safe harbour ever appearing on the horizon. It needs to be recognized that, after a first phase of breaking away, the neo-avantgardes came to be accepted, their repeated methods having become an integral part of the social system. Mondino was not having it and every one of his acts was directed at upsetting a system which he did not see himself in. He chose removal, regression, shady areas. The Quadri a quadretti, made at the age of just 25, are the first radical gesture in research that for over half a century was contrary to any form of regulation. The choice of subjects, moreover, represented an additional slap in the face to what was happening in Italy at the start of the 1960s where the return to elementary and primary shapes was developing around monochromes, extroflections and overlapping canvases. Mondino put his foot on the accelerator and went to the source of the problem, getting out the

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squared colouring books from his early childhood. So obvious and predictable were they, the conformists were horrified. And yet his extraordinary capability was to set out cultured and destabilizing research that did not fit into any readymade container. The most convenient and easy to understand would have been pop art with which, to all appearances, the similarities were not lacking: “Mondino uses pop methods to fill them with their own charge of naïve, colourful, noisy good cheer, until they are completely upset,”3 wrote Cesare Vivaldi in 1964. And two years later, thanks to his Quadri a quadretti, the American critic Lucy Lippard included him, with some reserve, in her fundamental volume, Pop Art asserting that his works “have a clarity and rigour seldom seen in Italy, although the banality of the images is neither overcome nor exploited to a high degree”.4 In my opinion, we are dealing with something else: Mondino subtracts the object from the fetishistic and illusory procedure which pop art subjects it to. He is not interested in the appearance of an art that decrees its own sacrality since he is the referee of the game that can turn the tables. The Quadri a quadretti represent a turn in his line of research that from then on exposed the spectator to a therapeutic transference. The painting can become the force of gravity that shifts the weight of the scales, or can rise up in the air hanging from balloons. The creations are delocalized and, in their circularity, mosaic transforms into sugar and bronze into chocolate; even cubism is the occasion to create Falsi Collage; wood wool becomes the ideal trompe-l’œil for hanging up his overlapping rugs; and with ballpoint pens he changes Jugendstil into Jugen Stilo. In the field of an art where manipulation is not an end unto itself, but the prompt for cognitive processes or sudden deviations from the ordinary sense of the discourse, his pirouettes are endless. Mondino even manages to paint the Tour Eiffel, a topic that not even the dilettantes on the banks of the Seine have the courage to propose. In his journey between styles he mocks expressionism, relaunches orientalism and reinvents translucent layers with kitchen lino by painting over the pre-painted patterns. In short, Aldo Mondino is the homeopathic antidote against conformism and the thorn in the side of a modular, tautological and repetitive art. No joke: it is time to take him seriously.

1. Enrico Crispolti, Aldo Mondino, Galleria Il Punto, Turin, 1963. 2. Claudia Casali interview with Aldo Mondino in Aldologica (edited by Claudio Spadoni), Mazzotta, Milan 2003, p. 33, Loggetta Lombardesca exhibition catalogue, Ravenna 16 November 2003-15 February 2004. 3. Cesare Vivaldi, Mondino, Galleria La Salita, Rome, 1964. 4. Lucy Lippard, Pop Art, Mazzotta, Milan 1978 (first edition 1966), p. 225.

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1. Sportivo, 1963, tecnica mista e collage su masonite, 150,5x100 cm



2. Un Castello, 1963, tecnica mista e collage su masonite, 180x130 cm



3. Pinguini, 1963, tecnica mista e collage su masonite, 180x130 cm



4. Varazze, 1964, tecnica mista su masonite, 180x140 cm





5. Senza titolo (piramidi), 1964, tecnica mista su carta incollata su tavola, 99,5x69,5 cm



6. Senza titolo (meandro), 1964, tecnica mista su carta, 67x50 cm



7. Serpente, 1963, tecnica mista su masonite, 150,5x100 cm



8. Senza titolo (Non colorato da Aldo Mondino), 1964, stampa litografica su carta, 64,5x43,5 cm 9. Senza titolo, 1964, pastello su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm

10. Senza titolo (disegnato a mano libera da A. Mondino ‘64), pastello su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm 11. Senza titolo (Colorato a mano da Aldo Mondino), 1964, pastello su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm

12. Senza titolo (Colorata a gessetti policromi / Aldo Mondino ‘64, 1964, gessetti su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm





13. Pinguini, 1966, acrilici su tela, 88,5x64,5 cm



14. Aeroplano, 1964, intervento a penna biro su base litografica stampata su carta, 50x35 cm 15. Aeroplano, 1969, acrilico su tela, 98,5x80,5 cm



16. Cera e Mica, 1972, tecnica mista e collage su tela, 120x120 cm





17. Senza titolo (la madre), 1964, matita su base serigrafica stampata su carta, 70,5x50,5 cm 18. Pittura coprente, 1964, tecnica mista su tela, 70x100 cm



19. Senza titolo (autoritratto), 1964, acrilici e tecnica mista su tela, 100x180,5 cm



20. Senza titolo, (cardinale), 1964, tecnica mista su tela, 140x99,5 cm





21. Trittico ‘64, 1964, tempera e matita su tre cartoncini, 67,5x72,5 cm



22. Trittico ‘64 blu, 1964, tempera e matita su tre cartoncini, 67x90 cm



23. Dittico nero e blu ‘64, 1964, tempera e matita su due cartoncini, 96x63 cm



24. Tricolore, 1964, tempera e matita su tre cartoncini, 72x68,5 cm



25. Cioccolatini da morto, 1967, tecnica mista su cartone telato, 70x50



26. Sole (progetto per scultura), 1967, tecnica mista e collage su cartoncino, 50x70 cm



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BIOGRAFIA Aldo Mondino nasce a Torino nel 1938, dove muore nel 2005. Nel 1959 si trasferisce a Parigi dove segue i corsi di Hayter all’Atelier 17 e all’Ecole du Louvre, oltre al corso di mosaico all’accademia con Severini e il suo assistente, Licata. Importanti per la sua formazione si rivelano l’amicizia con Tancredi, le frequentazioni con Jou Roy, Errò, Lebel, e con i maestri Matta e Lam. Grazie proprio a Tancredi nel 1960 espone per la prima volta i suoi dipinti di accento surrealista alla Galerie Bellechasse. In contemporanea tiene una mostra da un forte contenuto politico, Anti-Procès, organizzata da Jou Roy e Lebel alla Galerie des 4 Saisons. Nel 1961 torna in Italia per il servizio militare. Grazie ad Antonio Carena, artista torinese proprietario della Galleria L’Immagine, tiene la sua prima personale, con quadri di influenza ancora parigina. Nel 1962, Enrico Crispolti gli organizza una mostra a Venezia nella Galleria Alpha, presentando una serie di quadri con grandi scritte con, all’interno di ogni lettera, figurine che ricordano i codici miniati. Aldo Mondino, Nome Cognome Indirizzo, La famiglia, La scuola, La religione, La morale e Il servizio militare sono alcuni dei titoli. L’incontro con Gian Enzo Sperone, direttore della Galleria Il Punto, si rivela un passaggio decisivo. Qui espone la serie delle Tavole anatomiche, realizzate con pittura su masonite, che rappresentano un corpo umano quale microcosmo della società nella quale si vive. Contemporaneamente elabora, attraverso il suo lavoro, l’idea che il pubblico non sia più spettatore passivo, ma partecipe attivo dell’opera. Da Sperone, nel 1964, i quadri a quadretti hanno come soggetto l’immagine emblematica di un’opera del pittore Casorati: una madre col bambino in braccio. Ancora nel 1964 espone a La Salita di Roma opere trattate similarmente ma con citazioni riprese dai temi dei manuali di disegno, come l’Aereoplano, Il pittore in erba, Il serpente, Il portiere. Nel 1965 espone alla Galleria Stein di Torino: una riflessione sulla pittura, quadri con palloncini, Le cadute, bilance dove il colore pare scivolare sul quadro. L’anno successivo, dopo un intervento a Torino con un filo rosso che attraversava le strade della città all’altezza di 160 centimetri da terra, collegando tra loro tre gallerie: Sperone, Il Punto, Christian Stein, tiene una personale alla Galleria Marconi di Milano: Dove espone nuovamente nel 1967 per tenere poi una personale presso Lia Rumma a Napoli. Nel 1968 alla Galleria Torre di Torino realizza la Torre di torrone e la serie delle Caramelle. Nel 1969, all’Arco d’Alibert di Roma, con l’Ittiodromo mostra dei pesci veri con sangue. Affitta un barcone sul Tevere nel quale riversa delle Caramelle. Realizza Mamma, Agnelli e Porcòdio, presentati a Roma; dopo essere stato esposto in una galleria di Brescia, quest’ultimo viene sequestrato e l’artista condannato a pagare una multa per blasfemia. Dopo una pausa di un anno, espone in una casa privata, per non esporre nel circuito tradizionale, i King. Il 1970 è dedicato a questa serie di quadri, trattasi del primo incontro fra la pittura e l’artista stesso. Nel 1972 ritorna a Parigi, mentre alla Galleria L’Uomo e l’Arte di Milano vengono riproposti i 12 King, poi presentati alla Galleria LP220 di Torino, dove aveva anche fatto battezzare “laicamente” il figlio. Dalla fine del 1973 al 1980 lavora a Parigi, prestando molta attenzione alla pittura, con esiti concreti alla Biennale di Venezia del 1976 (cui partecipa nuovamente nel 1993), dove il suo impegno si concentra su un parallelismo filologico tra la sua arte e la composizione di Schönberg. La mostra Mythologies quotidiennes al Musée d’Art Moderne di Parigi è del 1977. La serie delle Tour Eiffel, ancora nel periodo parigino, con titoli come Le Tout Près War, è realizzata soprattutto con la tecnica dell’incisione con citazioni di immagini espressioniste. Nel 1980 realizza le mostre alla Galleria La Salita di Roma e alla Galerie Flinker di Parigi; nel 1981 è allo Studio De Ambrogi di Milano, dove nel 1983 presenta

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gli Angeli, e da Franz Paludetto (1984-85). È toccato da suggestioni orientali; è attratto dal viaggio vero e proprio verso un Oriente, che va dal Marocco alla Palestina, dove intravede un parallelismo tra la preghiera e l’intensa attenzione nel dipingere in modo concettuale. Presenta da Sperone Westwater a New York nel 1990 una serie che “ritrae” trentasei Sultani (vissuti tra il 1200 e il 1920). Poi la serie dei ritratti (Delacroix, Ingres, Satie, Mozart). Seguono mostre alla Fondazione Mudima di Milano, a Chicago, Ginevra, Parigi, Vienna, Londra. Nel filone orientale si inseriscono anche I tappeti, sovrapposti in composizioni a parete, con colori vivaci. E ancora personali e partecipazioni a collettive al Museum fur Moderne Kunst - Palais Lichtenstein di Vienna (1991), al Suthanamet Museo Topkapi di Istanbul (1992, 1996), alla Biennale di Venezia (1993), al Museo Ebraico di Bologna (1995), a Mediterranea a Bruxelles, alla Galleria Marconi di Milano (1999), e ancora Galleria 1000eventi (Milano) e Sperone (Roma, The Byzantine world, 1999), alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Trento (2000). In parallelo si sviluppa il suo amore per la Spagna, con la serie dei tori e toreri presentati alla Galleria Alessandro Bagnai (1996) e l’intento di realizzare lavori tridimensionali, anche in curiosi materiali quali il cioccolato, lo zucchero, accompagna il suo percorso artistico da sempre. Nel 2000 fa il primo viaggio in India, dove espone Flowers alla Birla Academy di Calcutta. Tra il 2000 e il 2001 Santo Ficara presenta a Firenze una prima retrospettiva. Nel 2001 la galleria di Norimberga Linding in Paludetto allestisce un’importante mostra di suoi lavori. L’anno successivo, dopo un viaggio a Berlino, viene operato al cuore a Milano. Ancora un viaggio in Turchia e al ritorno una mostra di paesaggi della Cappadocia alla Galleria 41 di Federica Rosso, in occasione di Artissima. Nel gennaio 2003 espone a Torino, alla Galleria Art & Arts di Ermanno Tedeschi. Segue poi la mostra alla Galleria Raffaelli di Trento, Galleria di mercanti. I mercanti sono per lo più turchi, un ricordo del viaggio in Cappadocia e Istanbul. La merce da loro venduta è costituita di materiali da lui utilizzati: dai tappeti in eraclite (materiale isolante impiegato nell’edilizia), ai pesci, ai cioccolatini. Per una grave polmonite viene ricoverato in ospedale, ma espone ancora alla Galleria Carlina di Torino, ad Artissima (Torino, con I nuovi temi dei cacciatori di orchidee dell’Ottocento), al MAR (Loggetta Lombardesca) di Ravenna – con la mostra Aldologica (dove si vedono riuniti per la prima volta i lavori degli ultimi quarant’anni), a cura di Claudio Spadoni e Valerio Dehò – e alla Galleria de’ Foscherari di Bologna nel 2004, anno precedente alla sua morte. Nel decennio successivo, si susseguono in spazi pubblici e privati molte mostre – personali e collettive – che rendono omaggio all’artista scomparso. Tra le tante, si citano Primo Coppi, secondo Bartali, terzo Mondino (RaccontAldo Mondino) opere 1963-2000; Rever et Revenir a Rivara, Castello di Rivara (Torino, 2005); Mappamondino, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (San Marino); Mondo Mondino. L’universo artistico di Aldo Mondino, Villa delle Rose (Bologna, 2007); Aldo Mondino, il doppio senso dell’ironia, Fortezza Castelfranco (Finale Ligure – SV-2008); Aldo Mondino Scultore, Piazza del Duomo e Chiesa di S. Agostino (Pietrasanta – LU – 2010); Mondino, Galerie Dontown Francois Lafanour (Parigi, 2012); Tappeti stesi e appesi, Galleria Santo Ficara (Firenze); Aldo Mondino: nomade a Milano, Fondazione Mudima (Milano); Mondino. Milano, Venezia, Calcutta, Galleria Giovanni Bonelli e Galleria Giuseppe Pero (Milano, 2013); Surprise. Aldo Mondino, GAM (Torino); Aldo Mondino. Tappeti e quadrettature, Galleria Tega (Milano, 2015); Aldo Mondino. Moderno, postmoderno, contemporaneo, Museo d’arte contemporanea, Villa Croce (Genova, 2016); Omaggio ad Aldo Mondino, galleria Santo Ficara e Aldo Mondino, quadrettature e non solo, 1963-1972, galleria Il Ponte (Firenze 2018).

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BIOGRAPHY Aldo Mondino was born in Turin in 1938, where he died in 2005. In 1959 he moved to Paris where he followed the courses held by Hayter at Atelier 17 and the Ecole du Louvre, as well as the mosaic course at the French Academy with Severini and his assistant, Licata. His friendship with Tancredi, as well as his acquaintance with Jou roy, Errò, Lebel, and the famous maestros Matta and Lam were important for his formation as an artist. Thanks to Tancredi, he was able to display his work in a gallery for the first time, at Galerie Bellechasse, in 1960, showing pictures with a Surrealist feel. At the same time, he held an exhibition, Anti-Procès, organized by Jou roy and Lebel at Galerie des 4 Saisons, with highly political contents. In 1961 he returned to Italy to carry out his military service. Thanks to Antonio Carena, Turinese artist and owner of Galleria L’Immagine, he put on his first one-man show with pictures still displaying a Parisian influence. In 1962, Enrico Crispolti organized an exhibition at Galleria Alpha in Venice, presenting a series of pictures emblazoned with words, with figures inside each letter reminiscent of illuminated codices. Aldo Mondino, Nome Cognome Indirizzo, La famiglia, La scuola, La religione, La morale and Il servizio militare are some of the titles. His meeting with Gian Enzo Sperone, director of Galleria Il Punto, proved to be a very important encounter. At his gallery, he displayed the series of Tavole anatomiche, paintings on masonite representing a human body, a microcosm of the society we live in. At the same time, through his work he developed the idea that the public are no longer passive spectators, but active participants in a work of art. At Sperone’s gallery, in 1964, the chequered pictures represented the strong image of a work by the painter Casorati: a mother with child in her arms. Again in 1964, at La Salita in Rome, he exhibited works dealt with in a similar way but with quotes taken from topics in drawing manuals, such as l’Aereoplano, Il pittore in erba, Il serpente and Il portiere. In 1965 he exhibited at Galleria Stein in Turin: a reflection on painting, pictures with balloons, Le cadute, scales which the colour seems to slide off onto the picture. The following year he exhibited at Galleria Marconi in Milan, after an intervention in Turin with a red thread that crossed the city streets at 160 centimetres from the ground, linking three galleries to each other: Sperone, Il Punto and Christian Stein. His work was shown at Marconi again in 1967, followed by a solo exhibition at Lia Rumma in Naples. He took part in a group exhibition at Arco d’Alibert in Rome, in 1968, then at Galleria Torre in Turin where he made the Torre di torrone and the series of Caramelle. In 1969, again at Arco d’Alibert, his Ittiodromo showed real fish with blood. He hired a boat on the Tiber which he poured the Caramelle into. He made Mamma, Agnelli e Porcòdio, which he presented in Rome; after being displayed in a gallery in Brescia, the work was seized and the artist condemned to pay a fine for blasphemy. After a year-long break, he exhibited in a private residence, which he was loaned so he could escape the traditional circuit. He made his King works. 1970 was dedicated to this series of pictures, which were the first encounter with painting and the artist himself. In 1972 he went back to Paris, while the 12 Kings were shown again at Galleria L’Uomo e l’Arte in Milan, before being presented at Galleria LP220 in Turin where he had also performed the “non-religious” christening of his son. He worked in Paris from late 1973 to 1980, paying a lot of attention to painting. The tangible results could be seen at the 1976 Venice Biennale (which he would participate in again in 1993), where the work concentrated on philological parallels between his art and Schönberg’s compositions. The Mythologies quotidiennes exhibition at the Musée d’Art Moderne in Paris is from 1977. Again from his Parisian period, the Tour Eiffel series of works, with titles like Le Tout Près War, are made above all using the engraving technique, taking from expressionist images. In 1980 he put on exhibitions at Galleria La Salita in Rome and at Galerie Flinker in Paris; in 1981 and 1983 at Studio De Ambrogi in Milan, with the Angeli

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series in the second event; and in 1984-85 at Franz Paludetto. He was fascinated and influenced by the Orient; he was attracted by real travel, towards an Orient that went from Morocco to Palestine, where he glimpsed parallels between prayer and the intense attention required by painting in a conceptual manner. In 1990 he presented a series which “portrayed” 36 Sultani (who lived between 1200 and 1920) at Sperone Westwater in New York. Then came the series of portraits (Delacroix, Ingres, Satie and Mozart). This was followed by exhibitions at Fondazione Mudima in Milan, in Chicago, Geneva, Paris, Vienna and London. Also belonging to the oriental theme are the brightly coloured I tappeti, overlapping each other in compositions on the wall. And then more solo shows and participations in fairs, at the Museum für Moderne Kunst Palais Lichtenstein in Vienna (1991), at the Sulthanamet Museum Topkapi in Istanbul (1992, 1996), at the Venice Biennale (1993), at the Museo Ebraico in Bologna (1995), at Arte Fiera in Bologna (1998), at Mediterranea in Brussels, at Galleria Marconi in Milan (1999), and then Galleria 1000eventi (Milan) and Sperone (Rome, The Byzantine World, 1999), at the Galleria Civica d’Arte Moderna in Trento (2000). At the same time, he developed a love for Spain, with the series of bulls and bullfighters (exhibition by Alessandro Bagnai in 1996), as well as an intention to create 3D works, also out of odd materials such as chocolate and sugar, which accompanied him throughout his artistic career. In 2000 he made his first trip to India and put on Flowers at the Birla Academy in Calcutta. Between 2000 and 2001 Santo Ficara presented a first retrospective in Florence. In 2001, the Nuremberg gallery Linding in Paludetto staged an important exhibition of his work. The following year, after a trip to Berlin, he underwent heart surgery in Milan. Then came another trip to Turkey and upon his return an exhibition of Cappadocian landscapes at Federica Rosso’s Galleria 41, on occasion of Artissima. In January 2003 he put on an exhibition in Turin, at Ermanno Tedeschi’s Galleria Art & Arts. This was followed by the Galleria di mercanti show at Galleria Raffaelli in Trento. The merchants are mainly Turks, remembering his trip to Cappadocia and Istanbul. The goods they sell are the materials he uses: wood wool carpets, fish and chocolates. In 2004, a year before his death, he was taken into hospital with a severe case of pneumonia, but he still exhibited at Galleria Carlina in Turin, Artissima (Turin, with I nuovi temi dei cacciatori di orchidee dell’Ottocento), MAR (at the Loggetta Lombardesca) in Ravenna – with the exhibition Aldologica (where his works from the last forty years are seen again for the first time) curated by Claudio Spadoni and Valerio Dehò – and at Galleria de’ Foscherari in Bologna. In the decade or so since his death, a long series of solo and group exhibitions have paid homage to the artist’s work. Among the many, Primo Coppi, secondo Bartali, terzo Mondino (RaccontAldo Mondino) opere 1963-2000, Colossi Arte Contemporanea (Chiari - Brescia); Rever et Revenir a Rivara, Castello di Rivara (Turin, 2005); Mappamondino, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (San Marino); Mondo Mondino. L’universo artistico di Aldo Mondino, Villa delle Rose (Bologna, 2007); Aldo Mondino, il doppio senso dell’ironia, Fortezza Castelfranco (Finale Ligure – Savona, 2008); Aldo Mondino Scultore, Piazza del Duomo and the church of S. Agostino (Pietrasanta – Lucca, 2010); Mondino, Galerie Downtown Francois Laffanour (Paris, 2012); Tappeti stesi e appesi, Galleria Santo Ficara (Florence); Aldo Mondino: nomade a Milano, Fondazione Mudima (Milan); Mondino. Milano, Venezia, Calcutta, Galleria Giovanni Bonelli and Galleria Giuseppe Pero (Milan, 2013); Surprise. Aldo Mondino, GAM (Turin); Aldo Mondino. Tappeti e quadrettature, Galleria Tega (Milan, 2015); Aldo Mondino. Moderno, postmoderno, contemporaneo, Museo d’arte contemporanea, Villa Croce (Genoa, 2016); Omaggio ad Aldo Mondino, galleria Santo Ficara e Aldo Mondino, quadrettature e non solo, 1963-1972, galleria Il Ponte (Firenze 2018).

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INDICE DELLE OPERE / INDEX OF THE WORKS

1. Sportivo, 1963

tecnica mista e collage su masonite, 150,5x100 cm

iscritto in alto a sinistra: «Sheet 10» sul retro: firmato, titolato e datato esposizioni: Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964 bibiografia: elencato nel pieghevole della mostra alla Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964

2. Un Castello, 1963

tecnica mista e collage su masonite, 180x130 cm iscritto in alto a sinistra: «Sheet 23» sul retro: firmato, titolato e datato esposizioni: Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964; Campionario 1960–68. Alternative italiane alla Pop Art e al Noveau Realisme, Palazzo della Gran Guardia, Verona, agosto–ottobre 1981 bibiografia: elencato nel pieghevole della mostra alla Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964 provenienza: Galleria La Salita, Roma

3. Pinguini, 1963

tecnica mista e collage su masonite, 180x130 cm sul retro: firmato, titolato e datato esposizioni: Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964; Campionario 1960–68. Alternative italiane alla Pop Art e al Noveau Realisme, Palazzo della Gran Guardia, Verona, agosto–ottobre 1981 bibiografia: elencato nel pieghevole della mostra alla Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964 Lucy Lippard, Pop Art, Mazzotta, Milano 1978 (prima edizione 1966), p. 226 provenienza: Galleria La Salita, Roma

4. Varazze, 1964

tecnica mista su masonite, 180x140 cm firmato e titolato sul retro: firmato, titolato, datato e iscritto: «da VARAZZE sempre più FORTE di Mondino» provenienza: Galleria Franz Paludetto, Torino

5. Senza titolo (piramidi), 1964

tecnica mista su carta incollata su tavola, 99,5x69,5 cm firmato, datato e iscritto: «colorato a mano» provenienza: Galleria La Salita, Roma

6. Senza titolo (meandro), 1964

tecnica mista su carta, 67x50 cm firmato, datato e dedicato provenienza: Galleria La Salita, Roma

7. Serpente, 1963

tecnica mista su masonite, 150,5x100 cm iscritto in alto a sinistra: «Sheet 25» sul retro: firmato, titolato e datato esposizioni: Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964 bibiografia: elencato nel pieghevole della mostra alla Galleria La Salita, Roma, 27 marzo 1964

8. Senza titolo (Non colorato da Aldo Mondino), 1964 stampa litografica su carta, 64,5x43,5 cm firmato, datato e iscritto: «Non colorato da Aldo Mondino» provenienza: Galleria La Salita, Roma

9. Senza titolo, 1964

intervento a pastello su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm firmato e datato provenienza: Galleria La Salita, Roma


10. Senza titolo (disegnato a mano libera da A. Mondino ‘64), 1964

intervento a pastello su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm firmato, datato e iscritto: «Disegnato a mano libera da A. Mondino ‘64» provenienza: Galleria La Salita, Roma

11. Senza titolo (Colorato a mano da Aldo Mondino), 1964

intervento a pastello su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm firmato e iscritto: «Colorato a mano da Aldo Mondino» bibiografia: Aldo Mondino. Catalogo generale, a cura di Antonio Mondino, Allemandi, Torino, 2017, Vol I, p. 565 n. 3 provenienza: Galleria La Salita, Roma

12. Senza titolo (Colorata a gessetti policromi / Aldo Mondino ‘64), 1964 intervento a gessetti colorati su base litografica stampata su carta, 64,5x43,5 cm firmato, datato e iscritto: «Colorata a gessetti policromi / Aldo Mondino ‘64» provenienza: Galleria La Salita, Roma

13. Pinguini, 1966

acrilici su tela, 88,5x64,5 cm firmato bibiografia: Aldo Mondino. Catalogo generale, a cura di Antonio Mondino, Allemandi, Torino, 2017, Vol I, p. 567 n. 5

14. Aeroplano, 1964

intervento a penna biro su base litografica stampata su carta, 50x35 cm firmato, datato e dedicato provenienza: Galleria La Salita, Roma

15. Aeroplano, 1969,

acrilico su tela, 98,5x80,5 cm firmato bibiografia: Aldo Mondino. Catalogo generale, a cura di Antonio Mondino, Allemandi, Torino, 2017, Vol I, p. 573 n. 5

16. Cera e Mica (1972)

tecnica mista e collage su tela, 120x120 cm firmato e iscritto: «PANNELLO IN CERA & MICA» sul retro: firmato e titolato provenienza: L’Uomo e l’Arte SPA – Centro per l’Arte Contemporanea e Primitiva, Milano (nell’etichetta è datato 1972)

17.Senza titolo (la madre), 1964

intervento a matita su base serigrafica stampata su carta, 70,5x50,5 cm firmato e datato provenienza: Galleria La Salita, Roma

18. Pittura coprente, 1964

tecnica mista su tela, 70x100 cm firmato, titolato e datato sul retro: firmato, titolato e datato provenienza: Galleria La Salita, Roma

19. Senza titolo (autoritratto), 1964 tecnica mista su tela, 100x180,5 cm firmato e datato provenienza: Galleria La Salita, Roma

20. Senza titolo (cardinale), 1964 tecnica mista su tela, 140x99,5 cm firmato e datato provenienza: Galleria La Salita, Roma

21. Trittico ‘64, 1964

tempera e matita su tre cartoncini, 67,5x72,5 cm firmato, titolato e datato sul retro: firmato e impressione a tampone dell’immagine de “La madre” alla congiunzione dei cartoni provenienza: Galleria La Salita, Roma


22. Trittico ’64 blu, 1964

tempera e matita su tre cartoncini, 67x90 cm firmato, titolato e datato sul retro: firmato e impressione a tampone dell’immagine de “La madre” alla congiunzione dei cartoni provenienza: Galleria La Salita, Roma

23. Dittico nero e blu ’64, 1964

tempera e matita su due cartoncini, 96x63 cm firmato, titolato e datato sul retro: firmato e impressione a tampone dell’immagine de “La madre” alla congiunzione dei cartoni provenienza: Galleria La Salita, Roma

24. Tricolore, 1964

tempera e matita su tre cartoncini, 72x68,5 cm firmato, titolato e datato sul retro: firmato e impressione a tampone dell’immagine de “La madre” alla congiunzione dei cartoni provenienza: Galleria La Salita, Roma

25. Cioccolatini da morto, 1967

tecnica mista su cartone telato, 70x50 cm esposizioni: collettiva alla Galleria Il Punto, Torino; Medium 81, a cura di APGAM, Promotrice delle Belle Arti, Valentino, Torino, 16-28 aprile 1981 provenienza: Valente Artecontemporanea, Finale Ligure

26. Sole (progetto per scultura), 1967

tecnica mista e collage su cartoncino, 50x70 cm firmato, iscritto e datato bibiografia: Aldo Mondino. Catalogo generale, a cura di Antonio Mondino, Allemandi, Torino, 2017, Vol I, p. 650 n. 1 provenienza: Valente Artecontemporanea, Finale Ligure




Finito di stampare nel febbraio duemiladiciotto dalla tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera per i tipi de Gli Ori di Pistoia in occasione della mostra Aldo Mondino. Quadrettature e non solo. 1963-1972 organizzata dalla Galleria Il Ponte, Firenze




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