Rivista20 maggio-giugno 2024

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N°63 MAGGIO.GIUGNO 2024 - periodico bimestrale d’Arte e Cultura

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

CARLA ACCARDI

www.facebook.com/Rivista20 Edito dal Centro Culturale ARIELE

ENZO BRISCESE

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE del Centro Culturale Ariele

Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio

Monia Frulla

Rocco Zani Miele

Lodovico Gierut

Franco Margari

Irene Ramponi

Letizia Caiazzo

Graziella Valeria Rota

Alessandra Primicerio

Enzo Briscese

Giovanni Cardone

Susanna Susy Tartari

Cinzia Memola

Concetta Leto

Claudio Giulianelli

Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 10 alle 12 da lunedì al venerdì tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com www.facebook.com/Rivista20

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In copertina:Carla Accardi
Ragazzi del 2000 - 2023 - t.mista olio su tela - cm70x80 Ragazzi del 2000 - 2021 - t.mista olio su tela - cm70x80

CARLA ACCARDI

Lo spazio espositivo romano dedica una retrospettiva all’artista siciliana, figura di spicco del 900 Ci saranno oltre cento opere che ne ripercorreranno la carriera, dalle prime apparizioni ai lavori più radicali

Quando si parla della storia dell’arte del Novecento non si può non citare Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014) che, oltre ad essere stata una talentuosa astrattista, è stata anche l’unica donna del Gruppo Forma (da cui nascerà Formula 1, il primo e unico numero della rivista – manifesto), fondato assieme ad Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato. Passando dall’astrattismo all’informale, dalla pittura concettuale a quella ambientale, Accardi ha rivluzionato il concetto di opera d’arte, portando avanti anche istanze femministe.

La grande mostra antologica di Carla Accardi a Palazzo delle Esposizioni Nonostante fosse dedita alla sperimentazione, a contraddistinguere la produzione di Accardi è stata anche la sua coerenza espressiva che, a dieci anni dalla morte, torna

nuovamente visibile grazie alla mostra antologica a lei dedicata e ospitata a Palazzo delle Esposizioni dal prossimo 6 marzo. Il progetto espositivo – realizzato con il sostegno della Fondazione Silvano Toti – è curato da Daniela Lancioni e Paola Bonani, e raccoglie oltre cento opere (provenienti da alcune delle più importanti collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali), passando dalle prime apparizioni ai lavori più radicali, fino alla rinnovata joie de vivre che riecheggia nelle pitture degli anni Ottanta e alle sintesi degli anni Novanta e Duemila. Nella rosa dei capolavori spiccano anche diversi lavori storici rimasti di proprietà dell’artista (oggi parte della collezione dell’Archivio Accardi Sanfilippo). Un progetto espositivo che intende ripercorrere le tappe più importanti della carriera di Carla Accardi, restituendo al pubblico un ritratto veritiero di una talentuosa artista in occasione del centesimo anno dalla sua nascita.

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Nata a Trapani nel 1924, Carla Accardi consegue la maturità classica e, nel 1943, quella artistica da privatista. Successivamente, inizia a seguire i corsi all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Firenze, stabilendosi poi a Roma nel 1946 assieme al pittore Antonio Sanfilippo, che sposerà pochi anni dopo.

La vita di Carla Accardi ruota attorno al mondo dell’arte e della cultura dove incontra i grandi artisti dell’epoca tra cui Attardi, Dorazio, Guerrini, Perilli e Turcato con i quali firma il manifesto del gruppo Formula 1 nel 1947. Conoscenze che forgiano anche la sua ricerca artistica, muovendola sempre più verso l’astrattismo, riducendo il suo linguaggio ad un semplice segno negli anni Cinquanta. Negli anni Sessanta, invece, l’adesione al gruppo Continuità restituisce alle opere di Accardi note di colore ed effetti optical. Influenze che si mixano a continue sperimentazioni, focalizzate per lo più nell’uso di supporti plastici per valorizzare la natura del quadro grazie alle trasparenze. Successivamente, i segni e le giustapposizioni cromatiche tornano a diventare protagonisti sulle tele degli anni Ottanta, dove il suo linguaggio cambia nuovamente portando avanti le istanze dell’epoca. Nel corso della sua carriera, Carla Accardi ha potuto vantare diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia tra gli anni Sessanta e Ottanta, nonché diverse mostre tra l’Italia e l’estero tra cui The Italian Meta-

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morphosis 1943 – 1968 al Museo Solomon R. Guggenheim di New York nel 1994, senza mai distaccarsi completamente da Roma, dove morì il 23 febbraio del 2014.

Collettiva Artisti del C.C. Ariele

Centro di Aggregazione Urbana in Via Cavagnolo, 7 dal 11 maggio al 25 maggio 2024

Inaugurazione 11 maggio ore 18,00

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Aurora Cubicciotti Enzo Briscese Corrado Alderucci Michele Roccotelli Lorenzo Curioni Enrica Maravalle Tatiana Cecet Elisa Filomena Lazlo Botar Elisa Fuksa Anselme Ralu Misca Aldo Pietro Ferrari Giovanni Fenoglia Maria Halip
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Aripa di Mariana Paparà

esposizione di arte contemporanea

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Silviu Tanasa Rosaria Di Dio Mirella Caruso Angelo Maggia Marco Vigo Alessia Zolfo Carmen Croitoru Moldovan Irina Maria Fiorella Corte

ENZO BRISCESE

La suggestiva pittura dell’ultimo ciclo tematico di Enzo Briscese centra un nodo cruciale e lacerante della realtà odierna, ossia la “comunicazione”,peggiorata anche dall’inaspettato dramma della separatezza sanitaria di lungo periodo per la pandemia da covid, a cui abbiamo sopra accennato. Questo nodo centrale, toccato dall’arte di Briscese in uno dei suoi aspetti più conturbanti, contribuisce ad originare la scarsa qualità della vita dei giovani. L’artista si accosta con un’attenzione discreta, un interesse partecipato e preoccupato. Egli dipinge cioè con delicatezza la precarietà comunicativa vissuta dai ragazzi di adesso. Nei suoi quadri essi sfilano con i telefonini in mano. Tali opere sono la messa a fuoco di una realtà e una dinamica inquadratura che non diventa mai un banale sfogo per provocare una delle tante denunce lamentevoli.Enzo Briscese, pittore, vive nelsuo tempo e lavora con gli strumenti che gli competono: tele, colori, e infine quadri che parlano. La concezione di libertà è strettamente legata al rispetto: riteniamo pertanto che prima i giovani necessitino di amorevoli e competenti guide e in seguito abbiano bisogno di un inserimento critico nella collettività attiva in un clima che è sicuramente problematico ma dovrebbe essere anche

di dialogo fattivo. Il ciclo pittorico “I ragazzi del duemila” introduce lo spettatore nella nuova fase artistica di Briscese, evidenziata da una felice presenza di un dinamico figurativo, valorizzata da una ricca tavolozza e da un’elaborata composizione. Il suo complesso linguaggio pittorico è più vitale che mai, “metabolizzato” all’interno del quadro. Le figure sono dapprima sommerse da un confusivo caos di immagini e informazioni mentre negli ultimi lavori si configura un particolare assestamento stilistico. La rappresentazione del giovane evidenzia la sua fuga dall’oppressione che lo attornia e le ultime tele mostrano uno spazio vuoto intorno alla figura che rende visivamente il totale “nulla” in cui il ragazzo si rifugia,, ossia un radicale distacco dalla realtà . Si tratta di una fuga illusoria che sul dipinto si colora di tinte pallide e tenui. Questa serie pittorica, visionaria e realista nello stesso tempo, merita di essere messa inmostra e visitata con particolare cura.

Giovanna Arancio

mail.: enzobriscese6@gmail.com www.facebook.com/enzo.briscese.9/ tel. 347.99 39 710

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LORENZO CURIONI

Avvolte in atmosfere di nebbia e luce, in cui i toni del grigio e delle terre sono sapientemente mescolati, le opere pittoriche di Lorenzo Curioni, attingono e si ispirano al variegato universo del paesaggio metropolitano. Palazzi, strade affollate, grattacieli, incroci: un’antropologia urbana raccontata attraverso un sapiente pennello, che porta lo spettatore, coinvolgendolo in prima persona, ad immergersi totalmente nell’atmosfera dell’opera, quasi nel tentativo di voler esplorare le geometrie di quegli spazi. Ed è così che la pittura di Lorenzo Curioni finisce per raccontare anche molti “non-luoghi”, come l’interno di una metropolitana o le corsie di una strada in cui sfrecciano veloci le auto: in un concetto complementare, ma allo stesso tempo distinto, in cui l’inserimento della figura umana, narra del complesso rapporto che si crea tra quegli spazi e gli individui che li attraversano. L’opera di Curioni riesce ad enfatizzare la città quale particolare forma di associazione umana: la città è uno stile di vita, è un’identità, è il risultato dell’etnia o delle etnie che la abitano. Ma la metropoli

che l’artista racconta è anche lo spazio sconfinato in cui si perdono le differenze culturali, per dare origine a nuove metamorfosi e nuovi linguaggi: tutto diventa impalpabile e possibile, così come le sapienti velature che l’artista dosa sulla tela. È proprio questo connubio alto, tra architettura urbana e presenza dell’uomo che la vive, la plasma, la abita, la crea, che fa sì che il fruitore finale si trovi immerso in una suggestivo stato di fascinazione, in cui l’arte adempie ad uno dei suoi principali compiti: essere linguaggio universale senza mediazioni di sorta. L’opera di Lorenzo Curioni è ispirata, immediata e coinvolgente: arriva a tutti coloro che hanno il privilegio di osservarla.

(Catia Monacelli)

mail: curionilorenzo@tiscali.it tel.340.972 4174

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New York - olio su tela - cm70x60-2007

L’intimità di dialoghi perduti in un “tempo contemporaneo” che inizia a scorrere forse troppo velocemente. Una spiritualità interiore, viene rappresentata attraverso dipinti ad olio e carta che ci parlano di uomini e donne, che vivono nel nostro tempo. Lacerazioni dell’anima. Speranze ricercate, per poi essere ritrovate. La pittura di Aurora Cubicciotti si muove in un contesto sociale, poco esplorato dagli altri Artisti. L’idea di pittura classica tradizionale, viene abbandonata, per dare maggiore spazio a quel processo di significazione, alla base di ogni lavoro di Cubicciotti. “Mi piace incollare la carta - spiega - e seguirla, perché, a mano a mano che la strappo, è lei a suggerirmi la strada da intraprendere: sono affascinata dall’effetto che si ottiene, restituisce il concetto di non finito, di antico e consumato. La formazione che ho ricevuto, la mia professione da insegnante, la conoscenza del restauro, della chimica dei colori - a volte mi preparo i pigmenti da sola - mi conduce a sperimentare, a far convivere diversi linguaggi, ad innovare, il tutto senza dimenticare la bellezza delle forme dell’arte classi-

ca”. La sua visione artistica è ben delineata: “Serve la tecnica, bisogna studiare le basi per dare corpo e anima alla propria creatività. L’artista - come spiega Aurora - ha il dovere di usare al meglio i propri mezzi espressivi affinché la sua arte agisca fortemente sulla sensibilità dello spettatore; l’opera d’arte deve essere la voce scavata tra i colori che in maniera assillante scuote gli animi umani per obbligarli a vedere la realtà”. Possiamo collocare la pittura di Cubicciotti all’interno dello spazio/tempo Caravaggesco, nel quale la dicotomia buio/luce diventa il punto di partenza per un nuovo racconto pittorico. Il contrasto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi opposti si completano, mettendo in evidenza un fatto importante: la luce diventa protagonista del messaggio della pittrice.

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mail.: cubyaurora@gmail.com Sito: www.facebook.com/ aurora.cubicciotti tel. 339.18 38 913
AURORA CUBICCIOTTI

CORRADO ALDERUCCI

Una personale sensibilità estetica

L’arte di Corrado Alderucci, pur avendo subito originali diversificazioni sia per tecnica che contenuto, si può considerare un inno alla Purezza . A tal proposito richiamo una citazione di Herman Hesse: “La vita di un uomo puro e generoso è sempre una cosa sacra e miracolosa, da cui si sprigionano forze inaudite che operano anche in lontananza”. La volontà artistica di Alderucciha mostrato nel corso degli anni una cifra compositiva di grande “intensità e pregio”ponendo in evidenza una sorta di essenzialità del soggetto dipinto; e così il suo linguaggio ha avvertito alcuni influssi del post-cubismo ma le sue composizioni pittoriche hanno sempre avuto una sensibilità estetica personale. Lontano da qualsiasi convenzione pittorica, Corrado Alderucci, ha creato un cammino artistico ove si sono avvertite iconografie di vario genere, anche geometriche: nelle opere più recenti ho intravisto una “tavolozza del proprio Io”. Le iconografie geometriche dipinte con sapienza pittorica e padronanza della tecnica, oltre ad essere una singolarità

dell’artista, narrano una ricerca continua di una “sintesi artistica” e compositiva, armoniosa.

Nel corso della sua fervida produzione di opere, Alderucci ha seguito talvolta un tema conduttore, - cito ad esempio il ciclo dedicato al Filo-talaltre l’istinto è stato predominante e in quell’occasione di completa libertà, ecco nascere una dimensione proiettata oltre il visibile. Desidero non per ultimo porre in evidenza una sorta di Primo periodo pittorico dedicato al mondo figurativo: da un lato ecco nascere soggetti figurativi che ricordano opere già note, seguendo una tecnica tradizionale e precisa, dall’altra ecco una “modulazione artistica” colma di un’ideogrammatica atmosfera emotiva. seguendo una tecnica tradizionale e precisa, dall’altra ecco una “modulazione artistica” colma di un’ideogrammatica atmosfera emotiva.

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László Botár

Ci sono molti esempi in cui diverse persone festeggiano i loro compleanni con grandi feste. Per un attimo sono stata anche tentata dal vano desiderio di celebrare in modo non convenzionale questo momento importante della mia vita. Alla fine ho deciso che mi sarebbe bastato guardarmi bene allo specchio e modificare un album festivo. Esattamente quello che hai tra le mani. Questo libro è principalmente un resoconto delle mie opere: il mio intento è quello di mostrare una visione trasversale di tutta la mia attività artistica. Per orientarmi, ho cercato di chiarire davanti a me quante “scatole”, volti hanno le mie attività, che riempiono tutte le mie giornate. Li prendo in considerazione: • Arti visive attive. Dico spesso: mi sono laureata in design, per questo dipingo e creo anche sculture. Ma penso che non importi quale sia il proprio grado di specializzazione, la cosa più importante è che una persona sia in grado di rendere conto di se stessa. • Assegnazione sul posto di lavoro. Sono il direttore del dipartimento di arti visive del Centro Culturale della Contea di Harghita, il mio status è di impiegato culturale, ma in pratica sono disegnatore di stampe, artista grafico applicato o anche designer. I miei college e i miei manager mi stanno tutti apprezzando, non ho tempo per annoiarmi. • Gli affari miei. Il design per me è un mondo completamente diverso, lo separo da tutte le

mie altre cose. La precedente è una forma d’arte, questa è una professione. Ho progettato anche trattori cingolati, più precisamente tre prototipi, che sono stati esportati anche in altri paesi.

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ARIPA DI MARIANA PAPARA’

Mariana Paparà è nata a Bràila, in Romania, nel 1955. Laureatasi in pittura presso la prestigiosa Accademia d’Arte “Ion Andreescu” di Cluj Napoca, ha successivamente conseguito il riconoscimento di artista professionista attraverso un ulteriore e severo percorso formativo triennale, richiesto nel suo Paese per l’accesso all’albo dell’Unione Artisti Professionisti della Romania.

In parallelo, si è dedicata allo studio di numerose tecniche specialistiche antiche e contemporanee come l’iconografia bizantina, la tempera all’uovo, il vetro cattedrale e la pittura su vetro che ha sperimentato con personali esiti di “grafismo al rovescio”.

Per oltre vent’anni è stata docente di discipline pittoriche e disegno al Liceo artistico di Piatra Neamt avviando al contempo, a partire dal 1978, una vasta attività espositiva che l’ha vista partecipare in veste di artista ospite in simposi internazionali, ed esporre presso gallerie e musei in Olanda, Belgio, Canada, Francia, Spagna, Svizzera e Italia.

Trasferitasi a Torino nel 2000, ha fondato l’Associazione Artistica Internazionale “Aripa” Galleria e Scuola d’Arte, dando vita ad eventi, scambi interculturali e progetti mirati alla lettura delle più diverse espressioni

dell’arte contemporanea.

Oltre ad organizzare mostre a carattere internazionale, si dedica con particolare attenzione alla didattica e in special modo all’infanzia.

Sue opere sono conservate in importanti collezioni pubbliche e private.

E’ membro dell’Unione Artisti professionisti in Romania , Association of Romanian Creative Women in Fine Art Field, dell’Associazione Internazionale degli Artisti Professionisti – AIAP – Unesco. Mariana propone concetti complessi e rarefatti nella loro intedisciplinarietà teorica ed estetica, ma la sua estrinsecazione poetica sa essere anche fluida, magnetica ed evocativa, tanto da catturare l’attenzione fin dal primo impatto visivo.

mail: marianaaripa@gmail.com aripaart.wordprss. com www.aripa.eu

Skype: aripa.torino Tel. +40 736785363 -

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DI DIO ROSARIA

Nel mondo dell’arte contemporanea, l’artista Rosaria Di Dio si distingue per la sua peculiare ricerca estetica e la sua filosofia artistica. “Nel dipingere non cerco il tratteggio, cerco il colore, è il colore che traccia i bordi entro cui si delinea la forma del mio tratteggio, come se dovesse “riempire” ogni forma di equilibrio incapace di sostenere l’armonia delle mie emozioni”. Questa frase rivela il cuore della sua pratica artistica, incentrata sulla potenza espressiva del colore e la sua capacità di trascendere i limiti del tratteggio. Rosaria Di Dio utilizza il colore come strumento principale per comunicare le sue emozioni e riflessioni interiori. L’artista abbraccia una tavolozza cromatica audace e vibrante, che va oltre i confini tradizionali della rappresentazione pittorica, per dar vita a opere intrise di energia e dinamismo. La sua arte si propone di evocare un’esperienza sensoriale coinvolgente e profonda, in cui il colore diventa protagonista assoluto e guida l’osservatore attraverso un viaggio emozionale.

Le tele di Rosaria Di Dio appaiono come dei microcosmi cromatici in cui il colore si espande liberamente, svincolato dalle regole del disegno e della prospettiva. L’uso audace del colore da parte dell’artista non è fine a se stesso, ma serve a sottolineare l’intensità delle emozioni, a suscitare reazioni e a stimolare la riflessione sull’essenza dell’esperienza umana. L’artista riesce a creare un dialogo

tra i colori, amalgamandoli in maniera armoniosa e fluida. La tensione tra le tonalità utilizzate diventa un equilibrio precario, che sembra sfidare le leggi della gravità e della logica, riflettendo la natura mutevole e inafferrabile delle emozioni umane. In questo modo, Rosaria Di Dio riesce a trasformare il caos cromatico in una sinfonia visiva, in cui l’osservatore può immergersi e perdersi.

L’arte di Rosaria Di Dio ci invita a riflettere sulla forza del colore come mezzo espressivo e sulla sua capacità di dar voce alle emozioni più intime e profonde. Le sue opere ci sollecitano a riconsiderare il ruolo del colore nella pittura e a riconoscere il suo potere evocativo e comunicativo, che va oltre i confini del trattamento tradizionale del disegno.

La mia Pittura: Io non cerco il tratteggio, cerco il colore, è il colore che traccia i bordi entro cui si delinea la forma del mio tratteggio , come se dovesse” sporcare” ogni forma di equilibrio incapace di sostenere l’armonia delle mie emozioni…

È questa la mia tela…

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Mail : didio.rosaria@icloud.com Tel. : 3755102084 Instagram: Cre4rtive

PIERO FERROGLIA

Piero Ferroglia, nato nel 1946 a Caselle Torinese, dove vive e lavora. Allievo di Filippo Scroppo e Giacomo Soffiantino.

Fino al 1988 si interessa particolarmente della pittura in relazione alla rappresentazione di situazioni e eventi naturali che studia attentamente avvalendosi anche del mezzo fotografico. Nel 1988 inizia una attività di ricerca plastica in varie direzioni e con vari materiali che influenza anche le originali soluzioni pittoriche rispetto alle quali la distinzione tra figurazione e astrazione perde significato. Molte le mostre personali e collettive, e numerosi i riconoscimenti.

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mail: xferroga@gmail.com cell 328.80 64 203
Riflesso - tecnica mista su tela - cm 100 x 86 Terra - segni - tecnica mista su tela- cm80 x 80

ALDO PIETRO FERRARI

Sono nato a Torino il 28-06-1962. Fin da giovanissima eta’ ho sviluppato un forte interesse per il disegno e la pittura.

Ultimati gli studi artistici, nel 1985 mi sono inserito in qualità di designer in Italdesign Giugiaro, oggi parte del Gruppo Volkswagen, dove tutt’ora collaboro attivamente. All’interno di questa struttura, ho sviluppato molti progetti di Industrial, Transport e Interior Design, Architettura e Automotive. Nel 2006 la decisione di esporre i miei lavori

Il linguaggio della scrittura e la poetica di Aldo Pietro Ferrari si incontrano a partire dalle stesse parole dell’artista.

“ Mi propongo , prima di iniziare qualsiasi lavoro, di suscitare delle nuove emozioni anzitutto in me e di riuscire, ad opera conclusa, a trasmetterle agli altri coinvolgendoli nel mio percorso espressivo.

Le alternanze fra sacro e profano, mitologico ed erotico, costituiscono le ambivalenze del’ animo che convivono e mi caratterizzano con eguale forza. Quanto al colore e al segno, aspetti di radicale significatività nel mio operare artistico, appaiono in bilico tra un tratto figurativo, lontano dall’ Iperrealismo che considero sterile e freddo, e un tensivo propendere verso vie sperimentali di astrazione.

Il retaggio culturale di provenienza e la formazione specifica mi portano ad interpretare il segno in forma dinamica e tridimensionale ma aperta e direzionata verso una ricerca prospettica sempre nuova”.

mail.: aldopietroferrari1@gmail.com

Sito: www.umbertosalmeri.com

tel. 339.828 9190

pittorici con una mia prima Personale a Torino. L’ Intenzione è quella di non lasciare decadere idee che forse non potevano essere utilizzate nel mondo del designEsiste tuttavia la possibilità ‘di mantenere sempre viva la teoria “ dei vasi comunicanti” tra arte e design. Il segno vissuto con la massima dinamicità e cromia costituisce la mia essenza piu’naturale Ho partecipato a diverse collettive e personali, in diverse parti d’Italia , Berlino ,New York, Londra

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MARIA HALIP

Questa ricerca sulle grammatiche della natura, dello spazio e della nostra consapevolezza visiva si condensano in cicli di opere, che organizzano gli elementi primari secondo le leggi della complessità, restituendo in composizioni ordinate e rigorose materiali di recupero (plastica, marmo, pietre, ferro…) attraverso un’impostazione chiaroscurale e un rigore formale, dando vita ad “accumulazioni” che danno vita a “totem” e “quadri” scultoreo installativi. Le accumulazioni prendono così la forma di stratificazioni rigorosamente organizzate, che riproducono la dialettica tra organico e inorganico che innerva la realtà e l’evoluzione umana e che è rappresentata, sia attraverso il rigore compositivo dei materiali plastici, che si fa geometria esistenziale, sia attraverso la contaminazione di questi materiali con elementi naturali (fiori essiccati, legni, pigmenti…).

La dimensione esistenziale, la ricerca emotiva e a tratti spirituale dell’artistadi origine rumena si condensano così in una sperimentazione che mette in scena, in modo plastico,il dialogo tra le forme, i colori e i materiali e che affonda le radici nell’estetica e nella storia dell’arte bizantina. Rintracciamo nelle sue opere, infatti,i linguaggitipici dei mosaici e dell’iconografia sacra orto -

dossa spogliati, però, della figuralità e portati alla loro dimensione primaria, al fine di dare vita a composizioni che tendono a unire bidimensionalità e tridimensionalità in modo da restituire la profondità del reale, senza cedere alla tentazione figurativa.

L’interesse per la natura, il paesaggio e la dimensione esistenziale trova,pertanto, forma nelle “accumulazioni” realizzate dalla Halip, proponendoci una serialità e ricorsività compositiva che dà forma a una dimensione, al contempo, astratta, matematica e onirica e che, integrandosi con la fisicità e il lessico dei materiali, ci trasporta in paesaggi naturali e in porzioni di realtà che sfidano la mimesi per tendere all’essenzialità.

La riproduzione delle logiche della natura e l’attenzione per l’emotività e la poetica dell’esperienza umana nel mondo danno così vita a opere, realizzate con materiali poveri e di recupero, capaci di presentarsi come icone delle geometrie esistenziali che innervano il mondo della natura.

Queste porzioni di materia riarticolata, assemblata e ordinata diventano così porta di accesso al nostro comune paesaggio interiore, al nostro immaginario culturale e artistico e alla complessità del mondo.

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MIRELLA CARUSO

Mirella Caruso nasce a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata per i suoi dipinti. Laureata in giurisprudenza all’Università di Palermo, ha insegnato Discipline Giuridiche e Economiche ed è attualmente impegnata nell’insegnamento delle tecniche dello yoga, pratica che è per lei ispirazione fondamentale per alcuni dei suoi soggetti simbolici. Stabilitasi a Torino, ha iniziato il suo percorso di pittrice grazie all’incontro con Margherita Alacevich. La sua energia vitale e l’irrequietezza del suo carattere la portano spesso a diversificare la sua produzione; passando per quadri simbolici si arriva alla rappresentazione figurativa di paesaggi e soggetti. Tra le maggiori esposizioni dell’artista si ricordano le personali nel 1995 a Cervo (IM) a Villa Farandi, quella del 2013 al “Re Umberto” di Torino, nel 2016 la bipersonale con Giuseppe Falco alla Galleria d’Arte Centro Storico a Firenze e nel 2017 presso il circolo culturale di Sciacca. Oltre a

numerose mostre al circolo degli artisti e alla promotrice delle Belle Arti di Torino, si ricorda la partecipazione nel 2016 alla collettiva internazionale “Time to Build” all’atelier 3+10 a Mestre, nel 2018 la collettiva presso la galleria Saphira e Ventura a New York, nel 2019 a quella all’Appa Gallery di Madrid e nello stesso anno la collettiva “Rinascimento contemporaneo” al museo Leonardo Da Vinci a Roma e nel 2021 la partecipazione ad ArtParmaFair a Parma.

Sito:

mail.: mire.caruso@gmail.com

tel. 339.36 56 046

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La voce del mare II – t. m. acrilico e olio su tela a pennello e spatola - cm 40x50
www.facebook.com/mirella.caruso.31

MICHELE ROCCOTELLI

Per tentare una nuova presentazione delle mie più recenti opere di pittura e collocazione soprattutto in situazioni private e pubbliche sono qui a proporle su queste due pagine di Rivista periodico bimestrale d’Arte e Cultura, dipinti BIG dal titolo “Sogni Appesi” realizzati per stimolare la curiosità e l’interesse, desiderio e anche possesso nella fruizione.

In particolare spaziano nella loro creatività, come filo conduttore di un discorso culturale, partito dagli albori: cicli di idee che portano serie di opere di pittura ad olio cromaticamente materica e non solo. Ora questi cicli di figure rincorrono voli abbozzati. Voli che dialogano tra loro, lasciando spazio all’intuizione di una possibile morfogenesi. Forme evolute, incarnate su linee e spazi, che si frantumano, si compenetrano a volte in sintesi operative diventando vibranti. Gocciolature che richiamano l’action painting del lontano ricordo di Jackson Pollock. Scrive Toti Carpentieri “Ribadita, a ben guardare, nelle altre opere dislocate negli anni... si modificano secondo un’astrazione progressiva, assumendo nuove connotazione/sembianze più figurali. Puranco embrionali, ma assolutamente tali.”

Colore e materia si avvicendano nella costruzione di uno spazio astratto, dal quale le forme si moltiplicano e si sovrappongono giocando sull’allusione e sul ricordo. I ricordi si affastellano, si affagottano, si ammassano ma poi infine emergono: figure bellissime nude nel lucido corpo, volti sistemati di profilo in angoli perduti, amplessi al centro, corpi ravvicinati. In secondo piano, oscurati in vibrazioni emotive, accenni di situazioni contemporanee

esistenti, tipo “Espatrio”, deflusso di gruppi provenienti da terre lontane e disastrate per rispondere a esigenze di sopravvivenza. E’ motivo di contrasto nelle mie opere, ove la figura con un taglio decisamente equilibrato sviluppa il senso dell’armonia, proponendo una sorta di geografia del corpo naturale, informe, avvolgente, l’audace riscoperta del colore. Materia. Sono questi i miei recentissimi dipinti che crescendo di intensità emotiva e attualizzando la fisicità dei corpi e dei temi, approdo a “La petite seconde d’éternité/Où tu m’as embrassè/Ou je t’ai embrassée”, di cui scrive Jacques Prévert, ovvero alla sospensione del tempo”(Toti Carpentieri).Raggiungimento del soqquadro dell’armonia e della bellezza”.

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ENRICA MARAVALLE

Nata a Roma, si è diplomata al Liceo artistico ed ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole medie e nei licei scientifici. Dopo successivi corsi di specializzazione ha insegnato per alcuni anni in vari istituti a Roma e, in seguito, a Canelli, in Piemonte.

Il suo è stato un lungo percorso artistico con la partecipazione a mostre collettive e personali. Sue opere sono presenti in collezioni in Italia e all’estero.

Nelle opere di Enrica Maravalle si percepisce una personalità forte, introspettiva, ricca di riferimenti culturali.

La ricerca della forma e del colore è improntata ad un rigore geometrico che si potrebbe avvicinare al cubismo, al simbolismo ed alla metafisica, che sono elementi che le appartengono e le consentono di elaborare un linguaggio proprio.

Il rigore ed il pensiero che precedono l’opera sono una lunga elaborazione mentale.

I sentimenti sono espressi attraverso il dipinto in forme e colori. L’artista si emoziona, la fantasia prende il sopravvento, i colori diventano il linguaggio espressivo più forte: tinte pure e di impatto o mischiate in toni e sotto toni.

C’è sempre una evoluzione nella sua arte, non c’è ripetiti-

vità, i soggetti variano.

Enrica percorre strade diverse, dai personaggi fantastici e giocosi, alle opere astratte, ricche di movimento e di musicalità, alle composizioni ieratiche che fissano un tempo indeterminato.

I soggetti, dalla figura umana, al paesaggio, alla natura “viva”, appaiono sulla tela come una sorta di rappresentazione con le parti assegnate ben definite, mai scontate, mai casuali. Una particolare visione ideale della realtà; l’artista libera la sua idea dalla prigione della mente per mostrare l’opera estetica.

Chi osserva deve comprendere l’invisibile oltre al visibile. È una visione del mondo, un processo creativo che porta alla realizzazione di lavori emozionanti al di là del tempo e dello spazio.

Il suo è un discorso in continua evoluzione, sempre alla ricerca di vie nuove.

Enrica Maravalle è presente nel “CAM - Catalogo dell’Arte Moderna” edito dalla Editoriale Giorgio Mondadori e dedicato agli Artisti italiani dal primo Novecento ad oggi.

Mail: enrica.merlino@gmail.com

Sito: https://enricamaravalle.com/ Tel. +39 320 703 4545

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MOLDOVAN IRINA MARIA

2022 – laurea magistrale - Dipartimento di pittura - Facoltà di Arti Visive e Design, Università nazionale delle arti “George Enescu” Iasi 2017- Diploma di Scuola Popolare di Arti Piatra Neamt - Dipartimento di pittura; 1992-1996 – Facoltà di Giurisprudenza - Università di Giurisprudenza “George Baritiu” Brasov

MOSTRE COLLETTIVE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI:

•2022 – Mostra di arti visive “Detto e fatto” II Edizione (online),

•2022 – “Salone invernale”, Galleria d’Arte “Lascar Vorel”

•2022 – La mostra tripartita “Scienza e arte / Visiting Art –History Filosofia e arte” , Sala dei passi perduti Università di Iasi;

•2022 – Mostra “Art Vue - Bruxelles” ( online);

•2022 – Mostra “Flower Power”, Galleria d’Arte “Alchimia” – Facoltà di Ingegneria Chimica e Protezione Ambientale Iasi;

• 2022 – Mostra “Dragobete Art. Ro” – Decima Edizione (online), Iasi;

• 2021 – “Salone invernale”, Galleria d’Arte “Lascar Vorel” Piatra Neamt;

• 2021 – Mostra „Identità di Iasi” – Decima Edizione (online ), Iasi;

• 2021– “Biennale Madrid”, “ Galleria d’Arte Eka &Moor ” – Madrid, Spania;

• 2021 – La mostra tripartita „ Scienza e arte / Visiting Art –History / Filosofia e arte” , Sala dei passi perduti – Palazzo dell’Università di Iasi;

• 2021 - Mostra „AvocatArt ” , Sala dei passi perdu ti – Palazzo di Giustizia di Bucarest;

• 2021 – Mostra „La città degli artisti” – XIV edi zione, Galleria d’Arte „ Lascar Vorel” Piatra Neamt;

• 2021 – Mostra „ Scacchiera della dama” Iasi –Sesta Edizione (online);

• 2021 – Mostra „ Verso l’alto”, Galleria d’Arte Haisus Creative Cloud”, Iasi;

• 2021 – Mostra „ l’Enneagramma / selfportrait” , Galleria d’Arte „Aparte”- U.N.A.G.E. Iasi;

• 2020 – Mostra „Le Interferenze”, Galleria d’Arte Stefan Luchian”, Botosani;

• 2020 – „ 3-a Biennale dellaCreativita al Femminile”, Movicentro Bra, Italia;

tel.: 07 445.89 789

mail: irina_molda@yahoo.com

sito: https://irinamoldovan.art

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CARMEN CROITORU

Carmen Croitoru, laureata all’Università Nazionale d’Arte, Bucarest, Facoltà di Arti Decorative e Design, sezione Tessile, nel 2001. Master in Arti Tessili (interior design) 2002. Professore d’Arte al Goethe German College dal 2001. Interior Designer da oltre 20 anni e Art Mentor nel suo laboratorio personale in Strada Frumoasa 51, a Bucarest. Questi sono solo alcuni dei dati rappresentativi della professione nel campo delle Arti, ma l’universo dietro l’attività contiene influenze molto più giovanili della rigidità della disciplina. Innanzitutto le persone che l’hanno guidata nella sua vita professionale, e non solo. I momenti in cui sono apparsi. I loro insegnamenti. Le esperienze maturate attraverso di loro. In poche parole: un vasto cocktail di personalità che ha creato densità su un nucleo delle Arti, già particolarmente fecondo fin dalla tenera età.

L’apertura alla complessità e alle infinite forme che il Bello può assumere. Perché il Bello va oltre l’Umano, e oltre la Natura. Il bello è esso stesso l’anello di congiunzione tra i mondi; la liana che collega il Cielo alla Terra e il Corpo all’Anima. Le principali fonti di ispirazione sono: luce, acqua, cielo e vento. Quando dico vento, intendo onde di tessuti vaporosi sospinti dal suo respiro. I drappeggi sono i petali dell’Arte a cui il volto è maggior-

mente legato. La loro vivace fluidità, che dà movimento a qualsiasi materiale, ricorda loro le onde che ossigenano il ponte di contatto tra gli ambienti. La loro delicatezza veste più felicemente la finezza con cui sfilano le Arti, sul podio delle nostre emozioni. I tendaggi sono i suoi fiori preferiti. Carmen Croitoru è anche appassionata di Semplicità: la forma suprema della manifestazione della luce su superfici o forme. L’eleganza di Simplicity non può essere né copiata né migliorata, quindi il suo target professionale non può fallire. Allora, in quanti modi, e in quante emozioni si può interpretare un quadro?... Un’opera d’arte sentita e lavorata? Per estrarre un’unica coordinata, come terreno di tutto ciò che è possibile in un uomo, possiamo dire di Carmen che merita pienamente la sua posizione di forza nelle Arti perché ha Inocenta come suo scudo. Argomenti di innumerevoli persone che respirano attraverso i polmoni della Bellezza.

Str. Frumoasa nr.51, ap.2, sector.1, cod postal:10986 Bucuresti mail: carmencroitoru77@gmail.com tel. 0722783015

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Da “Arezzo. Città di Vasari” a Firenze con “Ritorni. Da Modigliani a Morandi”, sino a Pietrasanta con Roberto Fiasella, Lorenzo Quinn e il Museo dei Bozzetti, per giungere nella Massarosa di Antonella Salvetti.

Il mio giro “a volo d’aquila”, tale lo definisco, inizia con Arezzo dove, pur pensando subito alla maestria di Piero della Francesca ogni volta che passo accanto, sostando davanti ai suoi capolavori, la mia attenzione – e quella d’altri – è globalmente catturata da “Arezzo. Città di Vasari”, una iniziativa organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze con la Fondazione Guido d’Arezzo, avente la curatela di Carlo Sisi, ma non mancano vari ‘partner’ in un tutto concretato da un percorso fra itinerari ed esposizioni e non solo, legati alla città di origine di Vasari. Con “Ritorni. Da Modigliani a Morandi”, un progetto ormai attivo dell’instancabile Sergio Risaliti a cura di Eva Francini, dello stesso e di Chiara Toti, il Museo Novecento di Firenze concentra la qualificata attenzione pure sull’opera del pittore livornese e sul noto “Autoritratto” proveniente dal Museo di Arte Contemporanea di San Paolo del Brasile. La mia vista va poi in quel di Marina di Pietrasanta sia alla Fondazione Versiliana avente quale presidente Alfredo Benedetti e consulente artistico Massimo Martini, protagonista Roberto Fiasella con la sua nota tematica dedicata al “Cavallo” ‘visto’ in più bronzi e con dipinti, e con una bellissima scultura titolata “Omaggio a Dominik Pastuszka”, fantino polacco scomparso tragica-

mente all’Ippodromo di Pisa mentre gareggiava assieme al proprio cavallo War Brave, sia accanto al pontile di Tonfano, a poche centinaia di metri, per cui – dopo alcuni anni – ritrovo Lorenzo Quinn che espone sino al 6 ottobre la grande e visitata installazione “Building Bridges” che inneggia all’amore universale. Pietrasanta tutta è comunque in grande evidenza anche per via dei 40 anni dalla nascita

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Lodovico Gierut e Lorenzo Quinn (foto Aldo Umicini, 2024) Jiménez Deredia-Continuación (foto Lodovico Gierut) Viliano Tarabella-Femme fleur version II (foto di L. Gierut)

del suo famoso Museo dei Bozzetti come ovviamente per il Parco Internazionale della Scultura Contemporanea, cui l’“Enciclopedia d’Arte Italiana. Catalogo generale Artisti dal Novecento ad oggi” ha dedicato nella parte in lingua italiana come in quella inglese, un vasto e articolato spazio giustamente unito a tutto il resto, aperto dalla copertina raffigurante “Il Guerriero” di Fernando Botero e da immagini di opere conservate nei vari spazi e luoghi realizzate – ma ne cito solo poche, dato l’alto numero – da Igor Mitoraj, Viliano Tarabella, Jiménez Deredia, Pietro Consagra, Francesco Messina, Marta Gierut, Giò Pomodoro, Maria Papa, Alba Gonzales, Anna Chromy, Franco Miozzo, Harry Marinsky, Maria Gamundi, Marcello Tommasi, Giuliano Vangi, Gigi Guadagnucci, Ugo Guidi, Jean-Michel Folon… Chiudo con Massarosa dove, nel Centro Visite della “Brilla”, all’interno del Parco Migliarino, San Rossore e Mas-

saciuccoli, la pittrice Antonella Salvetti ha documentato da par suo l’intera zona con una serie di delicatissimi acquerelli dal titolo “Cannelle”, cioè giunchi e canne lacustri, omaggiando in tal modo anche tutti gli artisti che vi si sono fermati nel corso delle stagioni esaltando la bellezza dell’ambiente.

Lodovico Gierut Critico d’arte

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Enciclopedia d’Arte Italiana 2024 Roberto Fiasella al lavoro per la scultura dedicata alla memoria di Dominik Pastuszka

Dadamaino

Una delle maggiori protagoniste dell’avanguardia del secondo Novecento di Giovanni

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In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Dadamaino apro il mio saggio dicendo : Eduarda Maino, in arte Dadamaino, ha fatto del concetto di annullamento della materia e della tensione verso il vuoto e lo spazio il fulcro di tutto il suo percorso artistico a partire dalla seconda metà del Novecento. Nata a Milano il 2 ottobre 1930, anche se sarà solita mentire sulla sua data di nascita, dichiarando come data ufficiale il 2 ottobre 1932, è l’unica figlia di Giovanni Maino, geometra del Comune di Milano e per il Genio Civile, e di Erina Saporiti, casalinga di origini russe. Dopo aver conseguito il diploma in studi classici, si iscrive alla Facoltà di Medicina all’Università degli Studi di Milano, dove riceverà la laurea qualche anno più tardi senza aver mai esercitato la professione. Sfortunatamente non sono molte le tracce documentarie e bibliografiche in merito ai suoi primi anni, ma è certo che nel periodo tra il 19401950 e il 1954-1955 circa la giovane Eduarda frequentasse le lezioni della Scuola d’Arte Applicata all’Industria del Castello Sforzesco, dove riceve una formazione più tecnica che artistica, basata soprattutto sulla pratica dell’incisione e delle tecniche grafiche. Parallelamente a tale attività, inizia a dipingere come autodidatta. Purtroppo, anche per quanto riguarda il suo esordio come pittrice non sono rimaste documentazioni esaustive in merito. Nella ricostruzione del periodo di formazione artistica di Eduarda Maino occorre tener fede a due fonti principali: da una parte la biografia redatta dalla stessa artista tra la primavera e l’estate del 1958 per la pubblicazione del catalogo “6 giovani pittori lombardi”, dall’altra invece una breve nota biografica e curricolare della scheda dattiloscritta inviata

in data 20 giugno 1959 e richiesta espressamente da Palma Bucarelli per l’Archivio Bioiconografico della Galleria Nazionale di Roma. È fondamentale però sottolineare che tali fonti costituiscono delle testimonianze problematiche, in quanto entrambe sono state redatte e compilate dalla stessa Maino, e per questa ragione possono essere state soggette ad alterazioni e modifiche. Nei primi anni Cinquanta l’artista è attratta soprattutto dalla pittura figurativa e paesaggistica: dipinge ciò che conosce e vede intorno a lei, come ad esempio i vasi di fiori della madre, la quale è solita acquistare quasi tutti giorni per decorare e arredare la casa. Sarà proprio questo episodio, ovvero il periodo dei vasi di fiori, a definire questo suo primo approccio e ciclo artistico. In un’intervista rilasciata alla storica e critica dell’arte Rachele Ferrario per la rivista “Flash Art” nel 1994, Dadamaino dichiarerà in merito a tale periodo di non essersi mai relazionata con convinzione al figurativo: “Compravo dei cartoni telati e colori ad olio e copiavo i fiori che comprava mia madre. I miei quadri raffiguravano questi fiori dentro al vaso appoggiati su un tavolo, ma il tavolo occupava tutta la tela, il vaso quasi tutta l’altra metà e i fiori erano tutti in cima schiacciati contro i bordi. Era veramente un pastrocchio dal quale non riuscivo ad uscire, non si vedeva niente. Quando passavo dai negozi di via Dante dove vendevano paesaggi e nature morte, pensavo a quanto erano belli e che non sarei mai riuscita a fare un solo quadro come quelli”. Come si evince dalle sue parole, in questi suoi primi anni Maino intende imparare a fare la pittrice, ma essendo un’autodidatta deve prima impararne i linguaggi e gli strumenti effettivi, inoltre le sue

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conoscenze scolastiche della storia dell’arte erano insufficienti per permetterle di sperimentare oltre il figurativo. Il passaggio all’arte astratta e l’avvicinamento all’Informale avvengono sempre grazie ad un episodio puramente casuale, tra il 1952 e il 1953. Passando con il tram in Piazza Cordusio, l’artista rimane fortemente colpita da un Concetto Spaziale (di colore blu e viola con i lustrini) di Lucio Fontana, esposto in un negozio di elettrodomestici all’angolo tra la piazza e Via Broletto. Tale dipinto suscita nella donna un’emozione così forte ed intensa al punto da farla scendere di corsa dal mezzo che la stava conducendo al suo studio, al fine di osservare il dipinto. In merito all’accaduto Dadamaino racconterà che in quel preciso istante non era in grado di comprendere esattamente che cosa stesse succedendo e che cosa potesse significare il quadro, ma le era del tutto chiaro che ciò poteva significare “un qualcosa di assolutamente nuovo, di straordinariamente intenso” e per questa ragione doveva assolutamente assorbirne le conoscenze. Questo incontro fortuito, ma al tempo stesso decisivo con Fontana e lo Spazialismo, porterà l’artista a creare e sviluppare un proprio linguaggio artistico personale, iniziando così la sua carriera come pittrice nella storia dell’arte contemporanea italiana della seconda metà del Novecento. Nel 1956 esordisce ufficialmente nel mondo dell’arte, esponendo i suoi primi lavori astratto-informali al Premio di pittura “Cesare da Sesto” a Sesto Calendo in provincia di Varese. Nell’ottobre dello stesso anno inoltre espone alla collettiva “Giovani pittori lombardi” alla Galleria Totti, gestita da Adriano e Liselotte Totti in via Camperio 10 a Milano. All’epoca questa galleria

era particolarmente attenta alla ricerca di giovani artisti e alla promozione delle nuove forme pittoriche, inoltre proprio durante la mostra inaugurale di Agostino Bonalumi nel 1956, conoscerà Piero Manzoni, con il quale negli anni seguenti instaurerà un profondo legame artistico e di amicizia. Le ricerche documentarie e bibliografiche, confermano che l’artista frequentasse già a partire dal 1956 questa galleria, poiché era molto amica di Maria Papa Rostowka, scultrice polacca e pioniera della lavorazione del marmo nella Versilia degli anni Sessanta. Tale supposizione sembra essere inoltre convalidata dalle fotografie pubblicate recentemente nel volumetto Dadamaino – Maria Papa Rostowska, le quali rappresentano l’artista con una frangia giovanile a una mostra collettiva presso la Galleria Totti il 13 ottobre 1956. Sfortunatamente però da queste immagini non è possibile identificare chiaramente le opere dell’artista. Unica e fedele testimonianza di quell’anno pare essere Senza Titolo, olio su tela, probabilmente identificabile a Forme Lacustri, ovvero l’opera presentata al Premio “Melzo” il 24 aprile 1958 e al XII Premio “Michetti” dello stesso anno, il quale apporta la firma “Maino 56” in basso a sinistra. Il 4 aprile 1957 partecipa invece alla “Prima Mostra dell’autoritratto” al Circolo della Stampa a Palazzo Serbelloni, iniziativa organizzata dalla Galleria del Grattacielo di Enzo Pagani, la quale prevedeva che ogni artista, di qualunque tendenza o età, inviasse un autoritratto di 30 x 40 cm.10 Per questa occasione Eduarda Maino espone un suo autoritratto, datato in basso a sinistra “Maino 57”, il quale risente ancora dell’influenza figurativa. Analizzando il dipinto, esso pare non costituire un’opera

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provocatoria o di rottura (come lo saranno i Volumi del 1958), ma ciò che colpisce è sicuramente la sua atmosfera tipicamente intimista, ovvero la scelta di una pittura di luce e dai toni chiari. Lo sfondo è colorato e indefinito da cui pare emergere un volto femminile elegante dai grandi occhi chiari, naso aquilino e labbra rosse carnose. Dadamaino non è la sola a partecipare a tale evento: come riporta il giornalista Borghese nell’articolo del “Corriere della Sera” saranno infatti circa trecento gli artisti, sia italiani che stranieri, donne e uomini, tra cui Enrico Baj, Roberto Crippa, Lucio Fontana e Piero Manzoni ad esporre. Grazie a tale partecipazione inizierà inoltre a frequentare assiduamente i luoghi e gli artisti dell’avanguardia milanese degli anni Sessanta, soprattutto Fontana, Manzoni ed Enrico Castellani, i quali erano soliti incontrarsi in Brera tra il bar Jamaica, il bar Geni’s o alla trattoria dell’Oca d’Oro in via Lentasio, dove oltre a bere e mangiare insieme, discutevano animatamente le loro idee e opinioni sull’arte. Soprattutto con Piero Manzoni, Dada, soprannome conferitole dallo stesso Lucio Fontana, stringerà una profonda amicizia. La pittrice infatti lo stimava e lo considerava un grande artista, inoltre era rimasta molto affascinata dalle sue opere così provocatorie e ambiziose. Entrambi condividevano la stessa visione e voglia di cambiare il mondo, di stravolgere la pittura e di rivoluzionare il modo di fare arte. La fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta segna infatti la fine di quell’energia espressiva autobiografica, piena di colore e materia tipica dell’Informale e dell’atteggiamento di smarrimento esistenziale tipico degli artisti delle Avanguardie, causato principalmente dall’esperienza della Seconda Guerra Mondiale. Questa nuova generazione di artisti intende svincolarsi totalmente dalla tradizione accademica e conquistare la libertà dalla pittura, attraverso la ricerca di nuovi mezzi e strumenti al fine di comunicare al pubblico la propria visione, e soprattutto un nuovo messaggio. Per Castellani vi è un bisogno di assoluto nell’arte, il quale però non può essere raggiunto attraverso i mezzi tradizionali della pittura, mentre Manzoni, ancora più radicale, asserirà che oramai nell’arte non c’è più nulla da dire, ma solamente essere, ovvero vivere. Tra il 29 aprile e il 17 maggio 1957 Dadamaino espone alla “Mostra nazionale di arti plastiche e figurative” presso la Galleria Il Calderone di Via Padova 1 a Roma, e in quell’estate vince diversi premi tra cui il Premio “Melzo”, il “Premio per il paesaggio brianzolo” e nuovamente il Premio “Cesare da Sesto”. Per quest’ultimo purtroppo non è rimasto alcun catalogo, ma leggendo il verbale della commissione, conservato oggi nell’Archivio Comunale di Sesto Calende si registra la presenza dell’artista con l’opera dal titolo Composizione. Nella stessa edizione, tra i settanta artisti, si ricorda il giovane Agostino Bonalumi, il quale espone anche lui una Composizione. Come già evidenziato in precedenza, l’artista aveva esordito nel mondo dell’arte due anni prima presso la Galleria Totti. Analizzando le fonti e incrociando tali dati risulterebbe quindi confermata la conoscenza tra Maino e Bonalumi e che la partecipazione di entrambi al Premio “Cesare da Sesto” nell’estate del 1957 costituirebbe un seguito alla loro amicizia. Sfortunatamente non è rimasta alcuna traccia delle opere esposte a Sesto Calende, ma già dal titolo del dipinto di Maino è possibile evincere che questo alluda ad un quadro astratto-informale. Nel 1958 la partecipazione di Dada a collettive e premi di pittura si infittisce ulteriormente. Il 31 maggio, ad esempio, viene inaugurata la bipersonale “Maino Dada, Pivetta Osvaldo” al Circolo di Cultura di via Boito 7 a Milano. Nell’agosto dello stesso anno, invece, grazie all’amicizia con Manzoni, espone alla collettiva “Cuneo, Maino, Martelli, Mazzon, Pivetta” al Circolo degli Artisti di Albiso-

la, dove conosce anche Enrico Baj, con cui aveva già esposto nel 1957, e Wilfredo Lam. Sempre grazie alla mediazione di Manzoni nel settembre del 1958 l’artista partecipa ad un’altra mostra collettiva alla Galleria il Prisma. Anche in questa occasione Dadamaino espone assieme a diversi protagonisti dell’arte milanese del tempo, tra cui Gianfranco Aimi, Maurizio Galimberti, Franco Brandeschi, Rodolfo Aricò, Gianni Colombo, Mauro Reggiani, Gino Carrera e Luca Pignatelli. È importante sottolineare questa sua partecipazione alla Galleria il Prisma, in quanto in quella stessa galleria, nel febbraio del 1958, si era svolta la mostra “Manzoni, Castellani, Bonalumi”, un evento molto importante per la storia dell’arte contemporanea, in quanto segnerà l’inizio della breve, ma intensa stagione di Azimut/h, rivista e galleria omonima gestita da Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Attorno a tale fenomeno si svilupperà un’esperienza artistica di grande sperimentazione, che porterà a rivoluzionare e stravolgere radicalmente il modo di fare arte, andando al di là della superficie pittorica. Dadamaino aderirà in parte e mai esplicitamente a questo gruppo, ma la frequentazione dei suoi componenti la porteranno ad esporre in tutta Europa ed ottenere il successo e riconoscimento internazionale negli anni successivi. Gli anni Duemila saranno ancora per Dadamaino un susseguirsi di partecipazioni a mostre personali, collettive e retrospettive, sia in Italia che all’estero, che la confermeranno come una tra le artiste più interessanti delle Neoavanguardie del mondo dell’arte. Dadamaino-con-Luciano-Fabro-Basel-1994-ph.-Gerni

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CORRADO PORCHIETTI

Tegamini e lumi tondi tra i dettagli che più ricorrono. Ma anche modellini d’automobili, farfalle, libri, scacchiere.

Perfino due piccoli ciondoli a forma di cuore pendenti dai capezzoli di una modella flessuosa. Oggetti talvolta spiritosi, che spesso appaiono nei posti più impensati.

Permeata da un non so ché di fanciullesco, la dimensione pittorica di Corrado Porchietti (Savigliano, 1950), diplomato all’Accademia Albertina nel ’73 e allievo di Piero Martina, è popolata da cose comuni, semplici. Repertiicona della quotidianità che sulla tela assumono un valore fortemente simbolico, a “sottolineare come i confini tra realtà e finzione siano labili e non semplici da cogliere” (Antonella Martina).

Nell’opera di Porchietti l’influsso della produzione degli esordi rimane facilmentePorchietti Corrado Tango Santorintracciabile. Benché con il passare del tempo le sue

ambientazioni si facciano meno fitte di particolari, difatti, gli oggetti seguitano a costituire un elemento determinante delle composizioni. A tal proposito, basti confrontare i lavori dell’ultimo quinquennio con alcuni acrilici degli anni ’80 raffiguranti interni assai elaborati, saturi di ogni genere di accessorio e cianfrusaglia. In relazione alle scelte cromatiche, poi, se le tonalità passano da chiassose e sgargianti a più cupe e fumose, queste sono comunque squarciate da lampi di colore acceso, di verde limone, acido, di rosso o d’arancio.

Fondate su un mix alchemico di sogno, mistero, gioco e cartone animato, le opere attuali sono realizzate dall’artista, in prevalenza, su supporti di formato 120 x 110. In mostra, l’unica eccezione è costituita da L’equilibrista, di cm 60 x 50, che riporta inevitabilmente a Circus (istantaneo il parallelo tra il funambolo che regge l’ombrello nel primo,

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e gli artisti che sorreggono i piatti roteanti nel secondo!), tela in cui appare palese come un’arena circense possa trasformarsi in un palcoscenico atto ad inscenarePorchietti Corrado Maternita particolaremetaforiche rappresentazioni delle vicissitudini umane. E in effetti, in modo sempre nuovo e sorprendente, pare che ogni dipinto di Porchietti voglia essere in qualche maniera un’allegoria, un racconto travestito da burla o beffa sottile.

Protagonisti gli oggetti, si è detto, ma anche le persone. Circondate da scenari mutevoli, via via diversi seppur legati da strette corrispondenze cromatiche, stilistiche, iconografiche. La figura femminile è ritratta frequentemente, ora musa ispiratrice languida e sognante (Alice, 2001), ora dispensatrice di vita come in L’attesa (2003), in cui a primeggiare è l’accogliente rotondità dei seni e del ventre gravido della donna, o in Maternità (2003-2004), tra tutte l’opera più recente. Qui, sebbene sorridente, l’angolosa protagonista tradisce tutta la staticità di una statua di pietra. Un essere fiero e distante, si direbbe, dallo sguardo fermo poggiato su altrove.

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Daniele Dell’Uomo

Cinquanta anni? Nel ricordare i lavori esposti in quella prima e lontanissima esposizione al Caffè Giardino di Casale Monferrato si sarebbe portati a dire che l’artista di oggi non è lo stesso di allora. E invece no! È sempre lui, l’inossidabile Daniele Dell’Uomo, che per mezzo secolo si è nutrito della sua linfa artistica e che giorno dopo giorno, attraverso un coraggio non comune, ha deciso di mettere in discussione le certezze “del prima”, nella ricerca di nuovi linguaggi. Si è lasciato tormentare da un dilemma che per secoli ha dilaniato l’arte e gli artisti: essere figurativo o non figurativo o, all’estremo, astratto? E in questa smaniosa ricerca delle soluzioni più adatte ha agito profondamente sulla forma e sul colore. Di conseguenza, addio ai modellati sinuosi e rassicuranti: le forme si sono pian piano sfaldate, frantumando la stabilità delle linee di confine per liberare l’oggetto, che si trasforma in un qualcosa di vago, dall’aspetto spigoloso e tagliente, offerto alla fantasia interpretativa dell’osservatore. Il colore è diventato il protagonista in assoluto, dando vita ad una sorta di vivace caos cromatico, fulcro di emozioni e di reazioni tanto vigorose da sembrare corporee. L’esempio emblematico di tale metamorfosi è individuabile nei soggetti dedicati al mondo naturale, in particolare nelle rappresentazioni di paesaggi, dove affiora sempre un rimando personale, riconducibile alla vita privata dell’artista. Quegli stessi paesaggi, che cinquant’anni fa saturavano le tele con elementi naturali o architettonici, appaiono oggi fagocitati dal colore puro, la cui energia soggioga ogni forma materiale, riducendola

a un fascia senza contorni compressa nel limite inferiore. Dell’Uomo ha voluto ricomporre la linea spezzata del tempo, invitandoci a viaggiare nelle realtà del vivere attraverso la sua pittura colorata, che comunque resta garbata e aggraziata, muta testimone di una spensierata Joie de vivre.

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Daniele Dell’Uomo, pittore, nato nel 1954 ad Alatri ove risiede in via San Francesco di fuori 35. Al suo attivo moltissime mostre personali tenute in Italia e all’estero, partecipa attivamente a collettive e concorsi riscuotendo successo di critica e di pubblico. È autodidatta, inizia col dipingere paesaggi che trae principalmente dall’osservazione della natura e poi elabora a cavalletto nello studio. Di recente realizza tele dedicate all’astrazione e informale nonché accenni al futurismo, la sua è una pittura fatta di istinto e colore. Il suo studio in Alatri via S. Francesco di fuori 37 con mostra permanente.

Cell 333 1902030, https://www.facebook.com/pittoredelluomo/

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ARNALDO GUADAGNINI

I colori della musica, è detto a richiamare l’attenzione e l’essenza di questa mostra di pitturaampia e complessivamente unitaria nell’esercizio di afferrare pennelli tele tavole colori e, alla magica evocazione dell’ineffabile, dell’assoluto, che è quanto rilascia il suono orchestrato e corale della musica, dare vita a qualcosa che sta nella testa dell’autore che sente interpreta, riflette e pensa, da cercatore e pellegrino del mondo, una polifonia di segni che sono voci, visioni, allucinazioni, estasi e tormenti – senza maschere: emozioni che curano, portano sollievo, guariscono forse, l’istante che guarda ed è guardato ...

Il colore è la struttura del suo pensare, immaginare, sperare; interrogare l’indicibile, l’irrappresentabile, l’irraggiungibile, il mistero, l’assoluto; corteggiando il bordo, il limite, l’estremo delle cose; il senso sconosciuto, l’ignoto della notte, della luce d’alba, disponendo tutta l’anima del colore – la forza espressiva, la potenza espositiva, la visione sospesa nel tempo. – Magnetismo che prende, cattura,incanta, l’infante che ignora qual è il gioco.

E solo giocando, alla fine, quando deposto se stesso e i suoi colori, sa bene che, quanto gli è riuscito di fare, altro non è che sogno, speranza della speranza … Essenza di una carezza, bacio nascosto della vita, sole che matura i suoi frutti, spacca le pietre, inventa un altro habitat circoscrivendo altri mondi possibili ... Dopo aver girovagato per terre e cieli stranieri all’uomo non alla sua anima, carica di misteriose assonanze reali e irreali, a chi guarda resta il colore a disattivare ogni rapporto utilitaristico con la vita, il mondo, e la sua rappresentazione ...

Se come la poesia, l’arte non serve a nulla, è perché apre su questioni mai risolte.

Per cui si continua a scrivere, a dipingere, a fare musica, insomma, ad essere creativi.

Itaca è Crespano. Itaca è la Madre. Itaca, giovinezza e ma

turità dell’uomo che è …

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Cell. 348 3226532 arnaldo.guadagnini@gmail.com guadagniniart.altervista.org
Leonardo di Venere

Ho incontrato altre volte artisti che hanno fortemente voluto costruire la propria peculiare identità creativa, ma Arnaldo Guadagnini ha davvero saputo traguardare attraverso la propria esistenza, per poi cercare e trovare il se stesso che vi ha visto, modellandosi, scavandosi dall’interno, come fa lo scultore col marmo, quando vi intuisce la figura che poi porterà alla luce. Antivedere, presentire e fortemente sentire, trascorrere nel magico fluido emozionale della sincronia dell’Universo è il particolare lirismo sentimentale da cui nasce la forza trainante, che dall’intimo afflato liquido trova nella poesia, nella musica e nella pittura le vie privilegiate di espressione, come diverse facce di solidi platonici indeterminatamente risolti l’uno nell’altro.

Il suo streben è trance creativa verso il quale l’arte docilmente si piega; è impeto che si fa gesto pittorico e assume in sé la forza medianica delle note, delle volute musicali, del virtuosismo melodico, dei silenzi, dei crescendi, dei pieni, delle differenti modulazioni, degli arabeschi di suoni e di parole, dei vortici e delle vertigini che rapiscono l’artista. Sormonta il sentimento ed è Chopin, Beethoven, Bach, Vivaldi, Rossini, Callas e gli altri, ma insieme anche parole, versi, metriche rime allegorie. Arnaldo sceglie uno sfondo ed il colore è già codice graduato: blù infinito, spazio, cielo gioioso, abisso d’acqua; rosso fuoco, passione, sangue, elementi vitali; verde sensibilità ultradimensionale, lutto; bianco purezza o ripiegamento, elegia o lutto esso pure. La mano adesso segna e sferza l’aria, si abreagisce sopra i quadri; la spatola preme, riga, accumula materia nei

diversi strati.

Quel che è polifonia, polistrumentismo, pluralità di piani sonori, allora diviene molteplicità di piani pittorici e figure oniriche e pindariche, pseudogeometrie, che sono invece crittografie fini dei reconditi segreti del Tempo e dello Spirito. Arnaldo usa la tecnica che gli serve e che ha sviluppato unicamente per il suo scopo espressivo. Nasce dall’intuizione basica che il colore è già forma, se viaggia sulle ali dell’emozione e del sentimento; e la forma compiuta è bellezza al di là della sua risolubilità in linguaggi convenzionali.

Colpisce come la matericità dei quadri sia provocata dall’uso massiccio dell’acrilico, piegato a esigenze espressive inusuali, fino ad un cromatismo esclusivo. Non vi è tuttavia particolare intenzione-progetto cosciente, prevale invece l’estro, l’intuito, l’elezione, la febbrile urgenza: il gesto pittorico percuote i quadri dirigendo l’invisibile orchestra di ciò che appare molteplice ai sensi, ma è unicità dell’Essere nella sua vera Verità, armonia e consonanza. E il quadro si conclude con il lancio del colore che sigilla i codici segreti in esso contenuti, siano essi numerologie primordiali, o segni atlantidei, oppure egizi, o altri esoterismi, oppure ancora cifre della vita più comune: tutti ad ogni modo ricompresi nelle intime leggi dell’Universo, che solo la Poesia, la Musica, la Pittura, ed in genere l’Arte, possono raggiungere, bene in fondo agli intimi sensi, significati e segni, simboli della nostra profonda essenza ed esistenza.

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Dell ’ Ascesi Pittorica Attraverso Il Colore

Gabriele Bugatti

Gabriele Buratti “Buga” nasce a Milano nel 1964. Dall’infanzia osserva il padre e il nonno, gioiellieri maestri dell’artigianato milanese, nel trattare la materia. Si diploma al Liceo artistico e si laurea al Politecnico in Architettura del Paesaggio. Sviluppa l’interesse per i caratteri fisici, antropici, storici e strutturali del territorio che lo influenzeranno profondamente in pittura, scultura e fotografia. Disegna per Piero Fornasetti. Conosce Remo Brindisi ed espone al suo Museo Alternativo. Disegna e realizza la linea di monili Mùnika sulla simbologia rupestre camuno/ celtica. nel 2013 costituisce “Artists for Rhino” con Marco Ferra per unire il lavoro degli artisti a cause ambientali attraverso collettive d’arte e conferenze a tema con scienziati, antropologi, scrittori ed esperti antibracconaggio di fama. Espone in Europa, America e Oriente.

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Musei:

Scienze Naturali, Milano

Scienze Naturali, Genova

Museo Alternativo, Lido di Spina

Museo del mare Galata, Genova

Museo Toni Benetton di Mogliano veneto

Museo del mare di Trappeto (PA)

Saarijarven Museum, Finlandia

Museo della Permanemte, Milano Center of contemporary art museum, Lucca

Palazzi storici:

Palazzo Del Drago a Bolsena (VT)

Palazzo Ducale di Genova

Castello /Cavallerizza “Artists 4 Rhino “Vigevano

Castello di Rivara (To)

Palazzo Cesi / Accademia dei Lincei, Acquasparta (TR)

Castello di Momeliano, “Artists 4 Rhino”, Piacenza

Castello di Rivara, Torino

Chiesetta di Van Gogh, Big cats Etten Leur (Olanda)

Bastione delle Maddalene, Nel respiro del mondo, Verona

Forte Santa Tecla “Artists 4 Whale”, Sanremo

Palazzo della Cancelleria, Roma

Wall Street, ART Lombardy, New York City

Università Politecnica delle Marche, Ancona

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DOLO

Residenze d’artista nell’ex Villaggio ENI di Borca di Cadore

Testo a cura di Paola Corrias

Residenze d’artista nell’ex Villaggio ENI di Borca di Cadore. Dall’incontro tra Home network, rete di artisti internazionale con base in Sardegna, ed Hotel Boite in Veneto, è nato DOLO, un ciclo di residenze d’artista, a cura di Daniele Gregorini e Paola Corrias, che, nella sua prima edizione del 2023, ha visto il coinvolgimento di 10 artisti, i quali hanno operato nella magnifica cornice del resort di Borca di Cadore. Adiacenti al centro abitato del piccolo paese, immersi nei boschi delle Dolomiti bellunesi, tra una fauna montana e una flora rigogliosa e osservati dai maestosi monti Pelmo e Antelao, gli edifici dell’Ex Villaggio Eni, disegnati dall’architetto Edoardo Gellner negli anni 50 per volere di Ugo Mattei, diventano cornice e fonte di ispirazione degli artisti in residenza. DOLO risponde alla necessità del luogo di farsi riscoprire, dopo la nobile storia di villaggio vacanze per lavoratrici e lavoratori. Ambiente, storia e miti del luogo sono i tre temi liberamente indagati durante il mese di progetto.

A conclusione del ciclo di residenze le varie opere realizzate sono confluite in una mostra collettiva. L’esposizione, ospitata negli spazi comuni del resort, esterni ma specialmente interni, è fruibile al pubblico fino a luglio 2024. Un nuovo ciclo di residenza avrà inizio nel mese di giugno del 2024, appunto DOLO24. In questa occasione gli

artisti selezionati dai direttori artistici si dedicheranno alla realizzazione di opere ambientali e di Land art, installate negli spazi esterni dell’Ex Villaggio ENI, in comunicazione diretta con l’ambiente naturalistico e architettonico del luogo. Sarà un’occasione per assistere in diretta al processo creativo dei 4 artisti coinvolti in questa edizione.

I direttori artistici Paola Corrias e Daniele Gregorini invitano i lettori all’esplorazione del paese di Borca di Cadore e dell’Ex Villaggio ENI, alle pendici del Monte Antelao. www.networkhome.eu

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RUDY MASCHERETTI

26 aprile presso i locali di “Spazio Sprecato” via Torino 35 Alassio, si terrà il vernissage di Rudy Mascheretti alle ore 18, dove verranno presentate le opere dell’artista alassino, ispirate al tema della pesca.

“Il Pesce Fresco Arriva Prima da Noi” un’anteprima della Mostra Personale che verrà inaugurata il 09 Maggio presso i locali di “Marena Art Gallery Restaurant” via C. Goldoni

58 a Milano.

Le opere sono state realizzate appositamente per il Ristorante Marena di Milano, dove verranno esposte con mostra permanente , nota location milanese per la sua accurata cucina di pesce.

Opere descritte dalla critica d’arte Claudia Andreotta: “Di luce, di acqua, di vento. La vibrante resa atmosferica è senza dubbio alcuno una delle caratteristiche preponderanti dell’arte di Rudy Mascheretti, che sulla tela traspone la vibrante immediatezza sinestesica del mare aperto, del soffio salmastro del vento sulla pelle, della multiforme, instabile cromia dei riflessi”.

La ricerca di Rudy non ha fondamento emozionale o emotivo, ma in primis tecnico, i fondi sono esattamente come praticavano i maestri del ‘500, consentendogli di conferire ai soggetti una profondità alternativa alla prospettiva classica. Per questo motivo Alassio viene vista dal Maestro come un luogo riletto attraverso una ricerca volta a trasmettere un’immagine mentale e sensoriale

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Vitalità del Tempo

NAPOLI alle Gallerie D’Italia fino al 21 giugno 2024 è visitabile il rinnovato percorso espositivo dedicato alle opere del Novecento delle collezioni del Gruppo: “Vitalità del Tempo”, a cura di Luca Massimo Barbero.

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Il nuovo allestimento propone una selezione di 44 opere databili dal dopoguerra fino al contemporaneo in grado di evidenziare la ricchezza e la molteplicità di una raccolta in continua evoluzione, che si è formata nel tempo sia grazie al confluire delle opere appartenute alle numerose banche incorporate nel Gruppo, sia a seguito di acquisizioni sul mercato e di importanti donazioni. A questo proposito, l’iniziativa offre una nuova occasione per conoscere e apprezzare un nucleo di undici opere appartenenti alla Collezione Luigi e Peppino Agrati entrate a far parte, del patrimonio artistico gestito da intesa Sanpaolo. Gli artisti esposti, che varieranno nel tempo, sono emblematici di un percorso dell’immaginazione e dell’inventiva contemporanea. Questo viaggio, introdotto dal neon di Bruce Nauman, parte dal monocromo come tema fondamentale degli anni Cinquanta e dall’Informale, passando all’immaginario Pop italiano, fino all’Arte Povera e contemporanea. Nel grande corridoio del secondo piano vengono esposte delle opere rappresentative di varie tendenze di ricerca legate al colore, al racconto letterario e alle personalità storiche rivisitate in chiave moderna, sino a giungere ai nuovi artisti concettuali.

In esposizione quindi non solo capolavori, ma anche opere meno conosciute, emblematiche della ricerca artistica di Lucio Fontana, Piero Manzoni, Alberto Burri, Bice Lazzari, Titina Maselli, Carol Rama, Alighiero Boetti, Tancredi Parmeggiani, Domenico Gnoli, Sol LeWitt, Jannis Kounellis, Robert Rymane.

A introduzione dell’infilata di sale, il neon di Bruce Nauman, quindi si continua con dei focus sul monocromo come

tema fondamentale degli anni Cinquanta e sull’Informale, passando all’immaginario Pop italiano, fino all’Arte Povera e contemporanea. Nel corridoio, invece, vengono esposte delle opere rappresentative di varie tendenze di ricerca legate al colore, al racconto letterario e alle personalità storiche rivisitate in chiave moderna, sino a giungere ai nuovi artisti concettuali.

Il nuovo allestimento mette in evidenza anche la «Molteplicità di una raccolta in continua evoluzione, che si è formata nel tempo sia grazie al confluire delle opere appartenute alle numerose banche incorporate nel Gruppo», spiegano da Intesa Sanpaolo, le cui Gallerie napoletane si trovano, infatti, nel maestoso palazzo che sorgeva su parte del lotto del complesso cinquecentesco di San Giacomo e che fu già del Banco di Napoli. A questo proposito, l’iniziativa offre anche l’occasione per conoscere un nucleo di 11 opere appartenenti alla importante collezione degli imprenditori brianzoli Luigi e Peppino Agrati, che dal 2004 fa parte del patrimonio artistico gestito da intesa Sanpaolo.

Apertura: 21/12/2023

Conclusione: 21/06/2024

Organizzazione: Le Gallerie d’Italia - Napoli

Curatore: Luca Massimo Barbero

Luogo: Napoli, Gallerie d’Italia

Indirizzo: Via Toledo, 177 - 80132 Napoli

Orario: martedì a venerdì 10.00-19.00 | sabato e domenica 10.00-20.00 | lunedì chiuso

Tariffe: intero 7€ | ridotto 4€ | ingresso gratuito per convenzionati, scuole, minori di 18 anni e clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo

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La presa di Cristo. Caravaggio

Napoli, Palazzo Ricca visitabile fino al 06/06/2024

Dopo un intervento di accurato restauro e un’intensa attività di studio, effettuata anche attraverso indagini diagnostiche, viene esposto in mostra un grande capolavoro di Caravaggio: la prima versione della famosa composizione raffigurante “La presa di Cristo”. L’esposizione, a cura di Francesco Petrucci e don Gianni Citro, presidente della Fondazione Meeting del Mare C. R. E. A., è nelle sale di Palazzo Ricca, storica sede della Fondazione Banco di Napoli, in Via dei Tribunali 213, dal 2 marzo al 16 giugno 2024.

L’opera arriva a Napoli dopo l’esposizione negli spazi di Palazzo Chigi ad Ariccia (Roma), dove ha avuto grande successo di pubblico e critica, con oltre 25.000 visitatori. Alla preview stampa, insieme ai curatori, hanno partecipato il sovrintendente archivistico e bibliografico della Campania Gabriele Capone, il presidente della Fondazione Banco di Napoli Orazio Abbamonte e il presidente del Museo dell’Archivio storico del Banco di Napoli Marcello D’Aponte.

«La presa di Cristo esposta nelle sale di Palazzo Ricca è il più importante ritrovamento dell’opera di Caravaggio degli ultimi decenni per la complessità della composizione e per i contenuti spirituali che esprime – spiega Francesco Petrucci –. Caravaggio è un pittore concettuale e quello che gli interessa sono soprattutto i contenuti espressivi. Il quadro, che ritorna a Napoli, dove, nella collezione Colonna di Stigliano, era presumibilmente rimasto fino al 1830 circa, è la prima versione della Presa di Cristo, seguita, poi, dalla replica di Dublino, che non ha la stessa potenza espressiva, è molto più piccola e non ha la cornice nera rabescata d’oro, che aveva il prototipo. Cornice, peraltro, comune ad altre opere romane del Merisi. L’opera espo-

sta a Napoli compare nei corposi inventari Mattei con tale cornice, presenta inoltre numerosi pentimenti tipici di una prima versione, assenti nella replica irlandese».

«Restituire al mondo dell’Arte e alla Civiltà questo capolavoro di Caravaggio è diventata una specie di missione umanitaria, oltre che culturale, alla quale ho preso parte con grande entusiasmo, dando luogo a una efficace collaborazione tra la Fondazione Meeting del Mare C. R. E. A. e la Fondazione Banco di Napoli che ospita l’evento –dichiara don Gianni Citro –. L’esposizione della Presa di Cristo nella città di Napoli che accolse Caravaggio fuggitivo e spaventato e che lo ha indotto alla ricerca della Misericordia e della Redenzione, è indizio di un tragitto culturale che si va caricando di provocazioni sempre nuove, a partire dalla affannosa corsa verso la libertà di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, fino alla ricerca silenziosa e ai traguardi invisibili di ogni quotidiano fruitore di questo evento, racchiuso in un segmento d’arte e di spirito».

La mostra è allestita nel piano nobile di Palazzo Ricca, nelle eleganti sale barocche con volte affrescate da Giacinto Diana. L’accesso principale alla mostra è quello dello scalone monumentale del Palazzo, notevole architettura rinascimentale in pietra lavica scolpita, con accesso per diversamente abili attraverso ascensore. L’allestimento impegna cinque sale dell’appartamento nobile di Palazzo Ricca e prevede un percorso di entrata e di uscita, includendo la possibilità di visitare il Museo del Cartastorie

La Presa di Cristo della collezione Mattei, nota attraverso numerose copie e presunti originali, è una delle composizioni spiritualmente più intense e ricche di pathos dell’attività romana di Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano 1571 - Porto Ercole 1610).

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L’evento è realizzato in stretta collaborazione dalla Fondazione Meeting del Mare C.R.E.A. (Cultura, religioni e arte) – istituto di cultura che ha sede nel Cilento a Camerota, e che realizza importanti progetti d’arte e mostre in tutta Italia, in particolar modo nelle regioni del Sud, con lo scopo di fare, della bellezza, un potente veicolo di promozione umana e sociale – e la Fondazione Banco di Napoli, autorevole istituzione socioculturale della città di Napoli e autentico riferimento programmatico per tante realtà economiche e sociali che orbitano nel Meridione d’Italia.

Biglietto: 10 euro – intero | 5 euro – ridotto 12-17 anni | gratis da 0 a 11 anni e persone con disabilità e accompagnatore | Biglietti in vendita nella sede della mostra e sui circuiti GO2 e TicketOne

Per info: +39 081 449400 segreteria@fondazionebanconapoli.it | fondazionemdmcrea.it | ilcartastorie.it Sito web per approfondire: https://www.fondazionebanconapoli.it/

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Galleria del Sale, arte contemporanea a cielo aperto a Cagliari

Testo a cura di Paola Corrias

Galleria del Sale, arte contemporanea a cielo aperto a Cagliari ’è uno spazio pubblico in Sardegna connotato dall’alta presenza di opere di street art, nate in comunicazione diretta con la natura e lo spazio antropico urbano.

Ci troviamo nella città di Cagliari, nei pressi del Parco del Molentargius. Un luogo periferico della città frequentato dalle persone residenti e di passaggio per svolgere perlopiù attività sportiva e trascorrere il tempo libero in una cornice artistica. Galleria del Sale è un percorso di arte a cielo aperto che oggi conta oltre 70 opere di street art di grandi dimensioni ed installazioni artistiche. Si tratta di un progetto in continua implementazione, nato nel 2014 e oggi finanziato anche da aziende private e dal Comune di Cagliari. Galleria del Sale è il luogo in cui avvengono visite guidate, laboratori artistici legati alla street art ed alle sue diverse tecniche, rivolti a giovani e adulti.

Galleria del Sale è luogo di esplorazione urbana ed attività simili nei progetti Erasmus. È luogo di disseminazione del sapere e della consapevolezza verso l’arte contemporanea.

Il percorso parte dal molo di Sant’Elmo, nei pressi del Padiglione Nervi, e si prosegue lungo la pista ciclabile e il canale navigabile delle vecchie Saline.

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Si prosegue fino ad arrivare allo storico stadio di Sant’Elia e ai cavalcavia d’autore realizzati in occasione di Italia 90 e progettati dagli artisti locali Rosanna Rossi e Tonino Casula. www.urbancenter.eu

Lo straordinario universo dei cartoni animati a Cosenza: la mostra “Cuore e Acciaio”.

Ho incontrato Alessandro Mario Toscano, curatore insieme a Marco Toscano, della mostra Cuore e acciaio. Lo straordinario universo dei cartoni animati, ideata e prodotta dall’Associazione N.9, con la consulenza scientifica di Alessandro Cavazza e Marco Salerno.

La mostra è stata ospitatanelle sale espositive dell’ex MAM, nel cuore del centro storico di Cosenza.

D. Alessandro come è nata l’idea di organizzare una mostra per Cosenza dedicata aipersonaggi animati che fecero la storia della televisione dalla fine degli anni 1970 agli inizi degli anni 2000?

R. L’idea nasce dal desiderio di far conoscere delle opere d’arte: i rodovetri (cel) d’animazione e i fotogrammi che venivano tracciati a mano dai disegnatori degli anni Ses-

santa e Settanta fino al Duemila. L’esposizione formata da oltre 150 fra rodovetri d’animazione, disegni e schizzi preparatori raccoglie molteplici personaggi: Astroboy, Capitan Harlock, Ufo Robot Goldrake, Mazinga, Lupin III, Candy Candy, Heidi , Dragon Ball, Holly e Benji, HeMan, Occhi di gatto, Rocky Joe, Lady Oscar, L’Uomo Tigre.I cartoni animati hanno da sempre prodotto grandi emozioni e allegria e hanno accompagnato la nostra infanzia e adolescenza. Erano cartoni ricchi di contenuti ma anche leggeri nonostante storie come Remi’, Georgie e Candy Candy fossero caratterizzati da drammi personali e familiari.

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Hanno sicuramente aiutato la nostra generazione ad affrontare la vita,ma senza traumi ma aiutandoci a crescere in modo sano. Gianni Rodari scriveva in un articolo del 1980 su Rinascita: «Invece di polemizzare con Goldrake cerchiamo di far parlare i bambini di Goldrake, questa specie di Ercole moderno. Il vecchio Ercole era metà uomo e metà dio, questo in pratica è metà uomo e metà macchina spaziale, ma è lo stesso, ogni volta ha una grande impresa da affrontare, l’affronta e la supera. Cosa c’è di moralmente degenere rispetto ai miti di Ercole?». E ancora, in un’intervista: «Prendiamo per esempio i nuovi cartoni animati della televisione - mi riferisco e Goldrake, agli Ufo Robot, ecc. - non bisogna credere che limitino o avviliscano la fantasia infantile: basta vedere i bambini che giocano nei

cortili imitando questi personaggi, per capire che si sono impadroniti di quel materiale fantastico e lo adoperano per dire quello che vogliono, e può essere che sia esattamente il contrario di quello che voleva comunicare l’ideatore del cartone animato. Non subiscono Goldrake, lo adoperano. Hanno semplicemente una materia prima in più per giocare. Quindi sono importanti anche questi».

«Forse che nel mondo degli adulti che si arrabbiano con Goldrake non c’è violenza? Forse che se noi cartoonist raccontassimo ai bambini il mondo degli adulti com’è davvero senza pudori dipingeremmo scene di pace, serenità? Io credo che ci sia tanta ipocrisia in chi si preoccupa della violenza fantastica e non della violenza reale quotidiana che i bambini vedono benissimo».

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Ai bambini e ai ragazzi, secondo la mia esperienza personale, arriva prima il cartone animato di un libro. I cartoni a mio avviso erano trasversali, infatti guardavo Kiss me Licia, Candy Candy, Goldrake, Mazinga senza distinzione di genere maschile o femminile

D. Che genere di pubblico ha visitato la mostra?

R. Le famiglie hanno accompagnato i loro figli per renderli partecipi dei cartoni che hanno caratterizzato la nostra epoca. Molti ragazzi tra gli 8 e i 10 anni conoscevano già i personaggi esposti in mostra, ma non saprei dire se questa passione è nata in loro in modo spontaneo o sono stati guidati dai genitori.Presenti anche tanti ventenni e trentenni curiosi di compiere un viaggio visivo e sensoriale nel mondo dell’animazione. La partecipazione è stata molto soddisfacente e siamo felici di aver potuto creare l’opportunità di compiere un tuffo nel passato.

D. Questa mostra è stata realizzata per Cosenza?

R. Si l’abbiamo pensata per Cosenza. Alcune opere ci sono state fornite da collezionisti giapponesi ed europei

D. Quali mostre avete organizzato a Cosenza?

R. Nel 2018, nelle sale espositive del Museo del Presente di Rende, la mostra monografica su “Antonio Ligabue”

(Zurigo 1899- Gualtieri 1965), uno fra i maggiori pittori del Novecento. Alla Galleria Nazionale di Palazzo Arnone a Cosenza: “Rembrandt. I cicli grafici, le sue più belle incisioni”, 2019;“Japan. Maestri d’Oriente. Capolavori xilografici dell’arte giapponese”nel 2022; “Manet. Noir et Blanc” nel 2023.

D. Porterete La mostra Cuore e Acciaio in altre città?

R. L’abbiamo realizzata per Cosenza, non so se poi sarà replicata in altri posti. Invece le altre mostre come “Japan. Maestri d’Oriente. Capolavori xilografici dell’arte giapponese” è stata già in tre o quattro località diverse: in Svizzera a Lugano, in provincia di Varese, a Sondrio e a Macerata.

D. Progetti per una prossima mostra?

R. Ancora nessuno. Pensiamo a portare a termine questa mostra, poi si vedrà.

Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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NASCE A TAORMINA TAIMELESS ART GALLERY

La serata di gala a Palazzo Ciampoli per l’inaugurazione della nuova galleria d’arte con migliaia di persone del mondo dell’arte, arrivate da tutto il mondo. La galleria d’arte Taimeless è in Corso Umberto 220 Taormina.

Taimeless annuncia con orgoglio l’apertura della nuova ed esclusiva galleria d’arte che nasce a Taormina, in uno dei palazzi storici più importanti di Corso Umberto. In occasione dell’opening, il 23 marzo, nella splendida cornice di Palazzo Ciampoli si è tenuta una serata di gala, con personalità di spicco della cultura e del jet-set nazionale e internazionale.

Il discorso di apertura è stato affidato al mecenate Antonio Presti, ideatore e fondatore della Fiumara d’arte. La serata è stata una celebrazione di tutto ciò che Taimeless rappresenta: eleganza e stile. Taormina, che già ospita i maggiori brand mondiali del lusso, non poteva non aprire le porte alla grande Arte con una galleria, che ospita per i prossimi tre mesi, le opere di artisti importanti, come il pittore italiano Lorenzo Chinnici, lo scultore malese-francese, Michel Anthony e l’artista cinese pluridisciplinare Zhu Wei, noto per il suo impegno nelle tematiche ambientali.

I tre Maestri hanno preso parte personalmente all’evento, presenziato dai tre fondatori di Taimeless, Francesco Chinnici, Antonio D’Aveni e la società di Real Estate & Investments Scimandra, rappresentata per l’occasione da Stefano Sciacca.

Durante la serata, il gioielliere italiano Francesco Bertè ha presentato “Taimeless One”, un gioiello creato e ispirato al concept della galleria, del valore di 4 milioni di euro circa, presentato dallo scienziato Salvatore Magazù. “Contem-

plando l’opera dell’artista dedicato al tempo – spiega nella sua recensione – se ne avvertono subito le etimologie derivanti da temnein, ovvero il tagliare il passato dal futuro”.

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Ospite del vernissage, anche il designer Frank Gold che porterà “Melanie’’, opera d’arte fatta in pietra marziana, realizzata per una famosa coppia Hollywoodiana e in passato esposta alla Sala Reale del Museo Crossroads of Civilizations (CCM) di Dubai grazie all’interessamento di Sir Ahmed Obaid Almansoori, capo del comitato dei musei emirati. Successivamente Taimeless One volerà a Dubai, ospite del museo arabo, ricambiando la visita dell’opera marziana. Un viaggio unico nel tempo e nello spazio.

“Nella galleria presentiamo opere in tutti i media, tra cui pittura, disegno, scultura e installazioni, cerchiamo di coltivare linee che collegano artisti emergenti e consolidati - afferma Francesco Chinnici -. Il vero lusso che l’umanità può permettersi è il tempo, l’unica cosa che non discrimina in base alla ricchezza. La mission di Taimeless è regalare tempo per consentire a chi osserva di vivere quella sensazione di rapimento, che solo le opere dei Maestri d’Arte sanno donare nella consapevolezza che l’arte è libertà senza barriere”.

“All’interno della galleria – aggiunge Antonio D’Aveni, - anche uno spazio riservato a gioielli e accessori esclusivi, mostre museali, progetti speciali che, grazie alla collaborazione di curatori di fama mondiale, forniranno una consulenza artistica mirata ai collezionisti e a una clientela

esigente ed esclusiva”. Presenti alla serata anche critici d’arte: Patrick Lachaud, Giuseppe Gorga, Emma Xingyi Qin Wang, Andrea Italiano, Maria Teresa Prestigiacomo, Chus Belin, Valentina Certo, Jorge Enrique Londono, Giulia Maria Sidoti, Natja Igney, Dimitri Salonia, Linda Schipani, Chiara Fici, Paul Smith, Fabio di Bella, Andrea Calabró, Francesca Bellola, Wolfgang Schulz, Francesco Bertolino, Uliana Storozhylova. Introduce David Filippo Anastasi. Evento Patrocinato, dalla Regione Siciliana Assessorato dei beni culturali e dell’identità Siciliana con l’Assessore Regionale On. Francesco Paolo Scarpinato, il Dirigente generale Ing. Mario La Rocca e la dott.ssa Gabriella Tigano del Parco Archeologico di Naxos. Dal Comune di Taormina, presente l’on. Sindaco Cateno De Luca.

Fonte: taimeless.com

info@taimeless.com

Francesco Chinnici +39 3341721049

Antonio D’Aveni +39 3207499464

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dal 11 maggio al 25 maggio 2024

esposizione

di arte conte

Centro di Aggregazione Urbana in Via Cavagnolo, 7

- mporanea
Centro Culturale Ariele
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