Carlo Molari - Il cammino spirituale del cristiano

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2 Il cammino spirituale del cristiano


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Carlo Molari

Il cammino spirituale del cristiano La sequela di Cristo nel nuovo orizzonte planetario


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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2020 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Prima edizione 2020 ISBN 978-88-6099-438-7 ISBN eBook 978-88-6099-445-5 Stampa Pressup (Roma), Novembre 2020 Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633.


Indice generale

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Sommario

Introduzione, di Francesco Nicastro 7 Parte prima L’esercizio interiore 11 Parte seconda Nuovi orizzonti interpretativi 53 Parte terza Limite, male, peccato 157 Parte quarta La spiritualità cristiana 217 Parte quinta Le tre dinamiche della vita spirituale 515 Opere citate 547 Indice generale 555


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Introduzione

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Introduzione

Ho ascoltato don Carlo Molari per la prima volta in alcune conferenze. Quello che subito mi colpì erano il rigore e l’intensità dell’esposizione, l’ampiezza dell’orizzonte culturale e il persistente richiamo agli sviluppi del pensiero di oggi, in primis del pensiero scientifico. Di qui l’esigenza di approfondire il suo pensiero, e anche di avvicinarmi alla persona, in modo sistematico; di qui la mia pluriennale frequentazione dei suoi corsi di esercizi spirituali organizzati dall’associazione Oreundici presso la Casa di Preghiera Oasi del Divin Maestro delle Pie Discepole della Famiglia Paolina a Camaldoli1 e le fedeli trascrizioni delle sue riflessioni registrate anno dopo anno a partire dal 2012. Questo libro, dunque, è tratto dalle centinaia di pagine trascritte prevalentemente dalle registrazioni dei corsi tenuti da don Carlo a Camaldoli. Ogni anno i corsi vertono su un tema specifico,2 e sempre includono le considerazioni fondamentali e ricorrenti dei temi centrali del suo insegnamento: le dinamiche della vita spirituale e di fede – un’illustrazione di carattere pratico e di guida all’esercizio personale – e le relative motivazioni di carattere concettuale e teorico. La parte più impegnativa del lavoro è consistita nel combinare assieme le parti relative agli argomenti ricorrenti nei corsi cercando, da un lato, di evitare duplicazioni che non aggiungessero valore, ma dall’altro di non perdere le diverse angolazioni e i diversi accenti con cui stessi temi sono stati trattati. Questo perché nella reiterazione di argomenti in contesti diversi, con agganci a situazioni molteplici, si manifestano connessioni che aggiungono profondità alla comprensione di aspetti che, per la natura vitale dei temi trattati, hanno di per sé una dimensione che eccede la pura comprensione concettuale. Per mantenere comunque una prospettiva unitaria e il collegamento fra le varie angolazioni del soggetto trattato, nei punti del testo in cui si richiamano temi sviluppati anche in altre parti, note a piè pagina rimandano ai capitoli relativi. Ritengo che questo possa essere di aiuto, in particolare, per quei letto1 Sono vivi il ricordo e la gratitudine per suor Myriam Manca, in quegli anni superiora della Casa, che con le sue premure, la sua musica, il canto, l’accompagnamento alla preghiera e l’intelligente partecipazione ha creato le condizioni ideali per l’ascolto e il raccoglimento di tutti. 2 Il bene e il male nella storia: cammini di vita spirituale (2012), Fede e rivelazione nella costituzione conciliare Dei Verbum (2013), Cammino di speranza nella gioia del Vangelo: Evangelii Gaudium (2014), Responsabilità comunitaria del cammino ecclesiale: Laudato Si’ (2015), Cammino ecumenico e dialogo interreligioso (2016), Le tappe della vita spirituale (2017), Il cammino dei figli di Dio (2019). In aggiunta, si sono utilizzate le trascrizioni del corso Il cammino spirituale: diventare figli, tenuto a Roma nel 2014, e del ciclo di conferenze I nuovi linguaggi della fede, Ravenna 2016-2017.


8 Il cammino spirituale del cristiano ri che abbiano limitata dimestichezza con le questioni inerenti la vita spirituale e la teologia. D’altronde, il materiale è stato preparato dall’autore in modo che fosse accessibile proprio ad ascoltatori senza nessuna particolare preparazione specifica (pur non cedendo in nulla quanto a rigore). In quest’ottica, a fini di chiarimento e rafforzamento della trattazione, sono state riportate alcune omelie pronunciate da don Carlo nella messa che ogni giorno celebra durante i corsi, in quanto danno ai concetti un’evidenza e un’esemplificazione particolarmente efficaci perché letti nel contesto della vita e delle parole di Gesù. Si è restati quanto più possibile fedeli alla trascrizione delle registrazioni, vale a dire alle parole con cui effettivamente don Carlo ha espresso il suo pensiero,3 espressione parlata che porta con sé un’immediatezza comunicativa che può mancare all’asciuttezza di un’argomentazione nata scritta. Tanto più nel caso di una comunicazione profondamente sentita e non di rado appassionata, e di un’espressione concentrata e rigorosa che sempre consegna periodi ben concatenati e ben conclusi. I quali, dunque, non presentano difficoltà alcuna alla trasposizione scritta. Rimane il fatto che se il testo fosse stato concepito per la stesura scritta l’impianto sarebbe stato diverso. A mio avviso, non necessariamente più efficace. Il cuore e lo scopo dell’insegnamento di don Carlo è il come vivere la vita spirituale. Per noi cristiani questo passa attraverso l’esperienza della fede in Dio secondo il modello tracciato dal Gesù della storia; per tutti gli uomini attraverso la consapevolezza della dipendenza da una forza più grande e la volontà di adeguare a essa la propria esistenza. Sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda della Vita che ci alimenta significa acquisire forme nuove di consapevolezza, comprensione e accettazione di sé e delle creature, e dunque di umanità, solidarietà e fratellanza. Un cammino di fiducia, speranza e di amore oggi più che mai necessario per la crescita, se non per la sopravvivenza stessa, della specie umana che già possiede i mezzi e ha creato le condizioni per una sua possibile distruzione. Entrare nella dimensione spirituale dell’esistenza significa diventare consapevoli di sé, della vita, e aprirsi all’azione della forza creatrice che continuamente ci alimenta e ci offre nuovi doni, possibilità di vita non ancora accolte ma che sono sempre lì, a portata di mano per essere recuperate; perché l’azione di Dio che sostiene la creazione non viene mai meno. Per questo il passato non è un tempo morto e ormai purtroppo perduto, di cui rammaricarsi, ma una miniera da cui continuare a trarre insegnamenti di vita e opportunità di crescita in umanità. È questa l’esperienza concreta che è possibile fare dell’azione di Dio nella vita di ciascuno e che alimenta la speranza di fare del futuro un avvento di perfezioni nuove. È lavorare sull’uomo vecchio per farne l’uo3 Laddove citati, sono stati riportati per esteso i testi delle Scritture, e non solo i loro riferimenti, perché inestricabilmente parte del flusso del discorso; il che, in aggiunta, agevola la lettura integrata del tutto.


Introduzione

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mo nuovo. È imparare a pregare per diventare il nome scritto per noi nei cieli. È certamente un cammino che non può che svolgersi sempre, a ogni stadio dell’esistenza e dello sviluppo della vita dello spirito, attraverso le difficoltà e l’esperienza che si viene facendo del limite della creazione e del male in tutte le sue manifestazioni; un aspetto sul quale l’autore si sofferma in modo approfondito e da più angolazioni. Questo libro è essenzialmente un testo pratico che, pur senza trascurare il cosa, dà ampio spazio al come della vita spirituale, cioè a come diventare e pervenire a quella pienezza cui la creatura aspira ed è chiamata. Le riflessioni di don Carlo sono sempre accompagnate da indicazioni pratiche sul lavoro interiore da svolgere a livello personale, attività che occupa la maggior parte del tempo dei partecipanti ai corsi. Alcune di queste sono state riprese nelle meditazioni personali riportate in coda ai capitoli in questo senso più significativi. Tutta la ricchezza di pensiero che avvolge il nucleo centrale di questo insegnamento – che è, ripeto, lo sviluppo reale e concreto della nostra dimensione spirituale – serve a rendere il messaggio accessibile, in primis, e poi accettabile per noi che non possiamo che leggere la vita con gli strumenti che il pensiero contemporaneo ci fornisce e, infine, a rendere l’esperienza di fede articolabile e raccontabile in termini compatibili con gli attuali modelli culturali. A noi stessi, prima di tutto, e poi a quanti incontriamo quotidianamente e che, come noi, vivono all’interno delle categorie mentali dell’oggi. E, infine, a quelli che incontriamo nella prospettiva di un allargato orizzonte planetario fatto di tradizioni culturali e religiose non più confinate nei loro ambiti, ma sempre più frammischiate. La necessità di un adeguamento del linguaggio e, altra faccia della medesima medaglia, del pensiero, si pone sia per noi che per tutti: è il nuovo contesto storico che, con il confronto ma anche con il semplice venire in contatto, richiede nuove capacità di ascolto e di dialogo, comunque scambievolmente arricchenti, fra le diverse culture per il bene stesso dell’umanità. Il pensiero di don Carlo si colloca nella prospettiva evolutiva da tempo tracciata dal pensiero scientifico e ormai fatta propria dalla Chiesa nei suoi documenti ufficiali; la sua teologia si sviluppa all’interno di questa visione del mondo che getta una luce nuova, e straordinariamente efficace, sul vivere dell’uomo e sulla creazione, sulle sue meraviglie e i suoi abissi; e dunque, per chi crede, sul nostro rapporto con il divino. È una teologia che non intimorisce né scoraggia i non addetti perché non è disquisizione accademica e dottrinale, ma offerta di vita profondamente vissuta e meditata. È unione delle dimensioni del vivere e del conoscere che diventa sapienza esistenziale, nella quale riconoscersi e nella quale cimentarsi. È esercizio di preghiera e di fede che si sviluppa – per la spiritualità cristiana cui la parte più estesa di queste riflessioni è dedicata – nella prospettiva trinitaria: la triade teologale. Oltre a ciò, questo libro è ricco di riferimenti ai dati che la scienza oggi ci offre: dagli studi sul cervello a quelli sul tempo, dalla fisica del cosmo alla fisiologia, dall’antropologia agli studi storico-linguistici. Il risultato di tutto questo è che


10 Il cammino spirituale del cristiano si viene progressivamente riducendo il novero dei “misteri” cui siamo, come credenti, chiamati a credere, per delimitare e concentrare tutto il nostro sentire sull’unico, vero Mistero della Vita: l’azione creatrice di Dio che continua nel tempo. Tuttavia questo apparato concettuale, che è una scelta di campo precisa, non è l’aspetto che più preme all’autore. Non che tutto questo sia secondario, anzi ha importanza primaria ai fini della ricomposizione unitaria del credere e del pensare di chi si riconosce nel portato della cultura contemporanea. Ma non è indispensabile; nel senso che non è richiesta l’adesione a questa specifica cornice di pensiero per un’autentica esperienza di fede che è abbandono fiducioso all’amore grande che sottende l’esistenza, alla forza che ci trascende e che noi chiamiamo Dio. Questa non è affatto preclusa da altri e diversi riferimenti di pensiero, sia in ambito cristiano che non. È più che ovvia la constatazione, per restare nell’ambito della nostra tradizione, delle schiere di santi che sono fiorite in ambiti culturali che oggi, e a noi, sono estranei: la via della salvezza è comunque più grande di quello che riusciamo a leggere con lo sguardo limitato della nostra mente. Francesco Nicastro


Parte prima - L’esercizio interiore

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Parte prima L’esercizio interiore

1.1 Esercitarsi al silenzio e alla vita interiore L’esercizio interiore richiede che ci disponiamo a un coinvolgimento pieno per iniziare con consapevolezza un cammino comune, tenendo presenti due cose fondamentali. La prima: è necessario creare un clima di interiorità molto profondo e tutti contribuiamo a crearlo nei luoghi della vita personale così come in quelli della vita comunitaria in cui gli esercizi vengono svolti. Ovunque ci troviamo dobbiamo essere consapevoli che ciascuno di noi contribuisce al lavoro di tutti, per cui anche nei pensieri, nello sviluppo delle fantasie interiori e degli stati d’animo, dobbiamo essere consapevoli del lavoro che vogliamo fare. Questo è il primo suggerimento: vivere gli esercizi con questa consapevolezza fin da subito, sapendo che ciascuno contribuisce a un lavoro interiore che coinvolge tutte le altre persone, che possono avere anche provenienze ed esperienze diverse. Ricordandoci però che questo è vero sempre in senso generale: quello che noi diventiamo a seguito del lavoro che compiamo su noi stessi ha un influsso diretto sul modo con cui viviamo le nostre relazioni e, quindi, sugli altri con cui interagiamo. Questo comporta una certa fatica, ma darà risultati più costruttivi proprio perché, se riusciamo a lavorare insieme, riusciremo a dare contributi che costituiranno delle ricchezze non tanto per quello che possiamo dirci a parole, quanto per quello che possiamo trasmetterci interiormente, con la presenza, con i messaggi interiori nella preghiera. Il secondo punto su cui riflettere è la necessità di dedicarci al lavoro interiore mediante il silenzio. Il silenzio non è l’ambiente abituale della nostra esistenza, ma è importante che ci attrezziamo a saper vivere il silenzio perché solo così possiamo costruire nella nostra interiorità e, in questo modo, prepararci a costruire la nostra identità. Si nasce incapaci di fare silenzio. Quando nasciamo abbiamo la necessità assoluta di farci sentire, di richiamare l’attenzione di chi sta attorno a noi sul fatto che siamo presenti e che abbiamo necessità di essere accuditi. È un fatto di sopravvivenza. Poi la vita ci chiede di diventare capaci di fare silenzio, perché è solo nel silenzio che costruiamo noi stessi, che facciamo di noi persone nuove per non ripetere sempre le stesse cose, per non agire sempre allo stesso modo, per crescere ed evolvere. All’inizio, nella prima infanzia, il nostro cervello si sviluppa in modo vorticoso e meccanico; in questa fase non è possibile costruire il silenzio in noi. Successi-


12 Il cammino spirituale del cristiano vamente, finita questa fase di crescita autonoma e automatica, che non dipende da noi e che noi non controlliamo, comincia la necessità di fare silenzio per continuare a crescere attraverso un processo di apprendimento. Perché tutto questo possa avvenire è necessaria l’abitudine al silenzio, che è la condizione per accogliere i flussi che ci attraversano e che, perché possano penetrare, necessitano di spazi di apertura che sono ambiti silenziosi perché possano essere ascoltati, zone di silenzio interiore dove noi possiamo vivere come persone. La necessità di un atteggiamento e di un coinvolgimento personale di questo tipo certamente crea in tutti un po’ di difficoltà per lo stile e il ritmo delle giornate dedicate agli esercizi. Per questo occorre essere molto attenti ed entrare dentro di noi per analizzare le nostre reazioni, i nostri sentimenti, il nostro modo di procedere. La cosa sarà più facile se ci impegneremo a creare insieme un clima di silenzio e di interiorità in cui ci aiutiamo reciprocamente. Dobbiamo anche tenere presente che coltivare spazi di silenzio e di ascolto di se stessi è realmente un’esigenza dell’umanità di oggi, con i mezzi di comunicazione che stanno modificando le nostre strutture interiori, anche in senso positivo. Il nostro cervello sta fisicamente cambiando per l’uso continuo di questi mezzi – che certamente sono una conquista e non sono da demonizzare – per cui, dobbiamo renderci conto, il loro utilizzo richiede che si sviluppino spazi di interiorità più profondi perché, altrimenti, si possono creare danni notevoli proprio nel modo di pensare. Un secolo fa si avevano possibilità di pensare e riflettere molto maggiori di quante ne abbiamo noi oggi, anche come disponibilità di tempo. Oggi potremmo vivere continuamente fuori di noi, nel senso che potremmo metterci continuamente in visione di qualcosa o in ascolto di qualcuno attraverso la tecnologia; e questo facilita l’uscita da noi stessi. L’umanità non è diventata peggiore di un tempo, ma viviamo in condizioni che favoriscono l’esteriorizzazione della nostra vita, per cui rischiamo di vivere continuamente appoggiati sugli altri che parlano, sulla musica che ascoltiamo, sugli eventi di cui veniamo a conoscenza. Potremmo passare ore sui social network continuamente seguendo il filo delle riflessioni di altre persone da cui ci sentiamo sollecitati. E saremmo sempre fuori di noi. Il punto debole di questa modalità nuova di vivere è il rischio di non avere spazi di riflessione interiore, di analisi delle nostre dinamiche interiori; questa è una possibilità concreta, ma condurrebbe a superficialità di vita. Proprio per questo, attraverso l’esercizio, è necessario dare molto valore al silenzio; non soltanto al silenzio esteriore per non disturbarci reciprocamente – durante lo svolgimento degli esercizi in gruppo neanche col saluto mattutino, di cui non c’è bisogno perché già si attua una comunicazione interiore, proprio col silenzio – ma alla creazione di uno spazio di ascolto dentro noi stessi, liberandoci dai pensieri estranei e mantenendo alto il nostro coinvolgimento e la nostra tensione al silenzio, che è controllo delle nostre fantasie e dei nostri desideri. È l’impegno a creare il clima di interiorità necessario per il cammino; un clima che è sì artificiale e non può essere permanente, però è efficace per eser-


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citarci a vivere questa nuova stagione culturale che da qualche anno stiamo attraversando. Noi ancora, intendo le persone più anziane, apparteniamo a un altro stile di esistenza, ma le nuove generazioni hanno bisogno di testimonianza, hanno bisogno di incontrare persone che abbiano un’interiorità profonda perché anche loro ne sentano l’esigenza. Questo è un compito molto importante anche dal punto di vista culturale, non solo per noi e per il nostro ambiente, ma per far fiorire delle qualità umane oggi particolarmente necessarie proprio a causa dello stile nuovo che si sta diffondendo nell’umanità. Che, ribadisco, è una ricchezza, ma lo è solamente a condizione che ci sia una ricchezza interiore che prima non era così necessaria anche perché, per quello che era possibile, veniva data dallo stile di vita stesso: camminare a piedi o viaggiare su un asino o a cavallo erano situazioni che consentivano riflessione e solitudine. È chiara quindi, anche guardando le cose in questa prospettiva, la svolta culturale che stiamo vivendo e che riserva delle sorprese perché non conosciamo bene l’esito di un utilizzo così intenso dei mezzi di comunicazione che abbiamo e, quindi, le eventuali possibili conseguenze deteriori anche dal punto di vista mentale e medico. È dunque importante cominciare fin dall’inizio, col silenzio, a percorrere il nostro cammino di vita spirituale. Il lavoro più importante dell’esercizio interiore è quello che compiamo negli spazi vuoti dedicati al lavoro dentro di noi. Per questo, ai principali temi di riflessione segue una “meditazione personale” come stimolo ad avviare il lavoro di introspezione che poi ciascuno adatta alla propria condizione, o ne aggiunge altro, a seconda delle necessità che man mano emergono. È importante capire che il tempo prezioso è quello riservato all’attività personale di ciascuno, durante il quale è necessaria attenzione per dedicarsi ai pensieri che vogliamo fare nostri e una certa disciplina perché non diventi un momento di dispersione. È un’esercitazione che comincia attraverso la disciplina del pensiero, degli stati d’animo, delle emozioni. Il tempo che vogliamo dedicare al silenzio, all’introspezione e all’esercizio interiore è il più prezioso di tutto questo lavoro, anche più prezioso dei momenti comunitari: è la ragione fondamentale degli esercizi spirituali. I momenti della pratica religiosa non sono di per sé essenziali per la vita spirituale, e infatti ci sono anche delle spiritualità laiche proprio perché lo sviluppo spirituale è un’esigenza reale dell’umanità in sé. Su questo tutti sono d’accordo, o per lo meno i maggiori uomini di cultura concordano su questo punto. Non dobbiamo identificare, di per sé, l’esigenza di vita spirituale con la pratica religiosa, anche se molti di noi vivono la loro spiritualità come spiritualità religiosa, per cui vedremo cosa questa dimensione aggiunge alla vita spirituale. In ogni caso, la vita spirituale comincia con la pratica del silenzio, tema che approfondiremo perché diventi proprio un atteggiamento interiore. Il punto da cui partire è la consapevolezza, acquisire una sempre più piena consapevolezza per un pieno coinvolgimento nel lavoro spirituale. Dobbiamo prendere coscienza che l’esercizio interiore è un vero e proprio lavoro che


14 Il cammino spirituale del cristiano dobbiamo fare attraverso la riflessione, nel silenzio. L’esercizio è più importante che l’ascolto e l’apprendimento di nuove cose, per cui il lavoro da fare non è ascoltare – leggere – queste mie considerazioni e fare qualche riflessione, ma esercitarci, cioè mettere in moto dinamiche spirituali in ordine a diversi temi: revisione e recupero del nostro passato, riconciliazione, trasmissione di misericordia nei confronti di persone con cui abbiamo vissuto momenti negativi, attesa del futuro. È esercitarci all’ascolto perché, come papa Francesco ci ricorda, non c’è accoglienza senza ascolto e non c’è ascolto senza il silenzio interiore, e quindi senza la capacità di introdurre nuove parole che non abbiamo ancora mai ascoltato; che non sono, si badi bene, le parole che dico io dall’esterno, ma sono quelle che sorgono dal di dentro, nella nostra interiorità. L’esercizio è necessario perché modifica anche la struttura del nostro cervello introducendo nuove connessioni cerebrali e gestendo le connessioni che già esistono: è un lavoro che coinvolge tutta la persona e in questo senso noi dobbiamo impegnarci esercitandoci. Due sono i termini che dobbiamo avere molto chiari: il primo è “lavoro”, un’attività concreta che richiede l’impegno di dedicare tempo all’esercizio; il secondo termine è “spirituale”, nel senso che riguarda la nostra dimensione interiore. Sono concetti su cui tornerò a più riprese, perché si approfondiscono man mano che si procede nel cammino. 1.1.1 Lavorare bene «perché nulla vada perduto» All’inizio del nostro cammino, voglio richiamare il significato del lavoro da compiere e alcune condizioni necessarie per farlo bene; anche tenendo presente che, man mano che il tempo passa e noi cresciamo, questo impegno si vive in un modo nuovo e sempre più profondo (si vive invece in modo più superficiale se, col passare del tempo, regrediamo, perché anche questa è una possibilità reale). Il lavoro che dobbiamo fare riguarda la dimensione spirituale, che a volte viene trascurata nella vita quotidiana perché ci sono altri interessi, di lavoro, economici, di salute, di famiglia, ecc. Mediante l’esercizio, ogni giorno della nostra vita, vogliamo allenarci per sviluppare la nostra dimensione spirituale, cioè per diventare figli, nella consapevolezza, nell’ascolto e nell’accoglienza di questa forza più grande da cui dipendiamo e che alimenta la nostra vita, per portare poi i frutti di questo cammino nella nostra attività di lavoro, di famiglia, in tutte le relazioni che viviamo, perché tutto può essere vissuto in questa prospettiva. La dimensione spirituale non richiede di trascurare le altre, ma è una modalità particolare che porta a vivere tutte le altre dimensioni sotto una luce nuova perché tutto è connesso, tutto è collegato. Come già ricordavo, queste mie riflessioni sono solamente uno stimolo: il lavoro vero non consiste tanto nell’ascolto di quanto io dico, ma nell’esercizio che ciascuno compie nel recupero del passato, nel rendere il futuro un avvento e nel vivere il presente in un modo intenso perché nulla vada perduto (Gv 6,12) dei doni che la vita continua a offrirci.


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Il lavoro spirituale richiede che andiamo in profondità e ci chiediamo se veramente ci stiamo dedicando con impegno al nostro esercizio interiore. Ascoltiamo, abbiamo momenti di attività in comune, però potremmo vivere tutto questo in modo estraneo, dedicandoci ad altro. In generale, non è per il fatto che dedichiamo spazio a un’attività che la svolgiamo realmente, cioè secondo le esigenze vere dell’attività. Anche le occupazioni che normalmente svolgiamo nelle nostre giornate le possiamo svolgere in superficie, secondo esigenze di esteriorità, di quello che può apparire, ma in realtà essere altrove. Ciò che è fondamentale è il coinvolgimento pieno della persona nel compiere ciò che sta facendo, come mette in luce la risposta di Gesù a Marta: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta. (Lc 10,41-42)

Di per sé, sia quello che faceva Maria sia quello che faceva Marta aveva un significato e un valore, perché anche preparare il pranzo è necessario. Tuttavia, sia l’atteggiamento di Marta che quello di Maria possono essere vissuti senza consapevolezza e senza un vero coinvolgimento: ad esempio, Maria può mettersi ai piedi di Gesù e pensare ad altro, non mettersi in ascolto, quindi non accogliere in realtà Gesù, l’ospite. D’altra parte, la stessa attività di Marta può essere esercitata in modo completamente centrato sul suo lavoro senza nessuna attenzione alla presenza di Gesù e degli ospiti. Questo è quello che Gesù rileva nell’atteggiamento di Marta, quell’affannarsi per cui era tutta preoccupata delle sue faccende; questo era l’aspetto che poteva, eventualmente, essere rimproverato. Ai fini del nostro lavoro, le parole di Gesù sono molto chiare: noi dedichiamo questo tempo alla nostra vita interiore e ci è chiesto di coinvolgerci interamente; occorre che ci sia il pieno coinvolgimento perché ciò cui ci dedichiamo possa realmente essere fruttuoso. Per scegliere, come dice Gesù, la parte migliore. 1.1.2 Far crescere la vita nella dimensione personale e planetaria La vita biologica è naturalmente soggetta a un processo di degenerazione. Con il deterioramento delle strutture biologiche anche la vita psichica va necessariamente incontro a forme di regressione: la memoria, per certi aspetti, diventa più debole, la prontezza delle risposte psichiche diminuisce e ci sono tante altre manifestazioni di decadimento. Al contrario, la vita spirituale dovrebbe crescere. Questo è un punto importante perché nella prospettiva evolutiva (I) e nell’orizzonte della fede (II) – cioè mettendo assieme le due cose, la prospettiva evolutiva e l’orizzonte della fede – la morte costituisce il traguardo del nostro cammino, il traguardo che dovrebbe trovarci maturi per attraversare da vivi la morte. Questo, ribadisco, almeno nella prospettiva di fede. Per chi pensa che con la morte finisca tutto il discorso è chiaramente diverso, ma nell’ottica della fede la morte costituisce un primo traguardo di un cammino


16 Il cammino spirituale del cristiano che potrebbe proseguire. Su questo aspetto ci sono diverse interpretazioni; la mia opinione è che realmente la morte potrebbe anche costituire la fine totale1 per cui non c’è garanzia di continuità. Tuttavia, quello che è importante è che nella prospettiva di fede noi possiamo continuare il cammino e la crescita della vita spirituale diventa la condizione fondamentale perché questo continui oltre la morte. Quindi, mentre la vita biologica, nei suoi due aspetti vegetale e animale, regredisce e mentre la vita psichica trova maggiori difficoltà, la vita spirituale, con il suo cammino progressivo, potrebbe crescere e, potremmo anche aggiungere, dovrebbe crescere. Se così è, una delle prime domande da farci riguarda proprio il punto a cui siamo in questo cammino di crescita interiore o sviluppo della dimensione spirituale. Il nostro lavoro riguarda precisamente la crescita della dimensione spirituale della persona, quella per cui progressivamente, giorno dopo giorno, diventiamo figli di Dio (Gv 1,12) il cui nome è scritto nei cieli (Lc 10,20), per usare la formula di Gesù. Continua....

1 Cfr. Parte Terza, cap. 3.2.2, Il rifiuto del dono: l’ostacolo a diventare vivi e il fallimento possibile.


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