La saga di Diana e Wolfgang - I lupi della lessinia - volume 3 - Estate

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Alberto Franchi

LA SAGA DI DIANA E WOLFGANG Il romanzo dei lupi DELLA LESSINIA

3. ESTATE

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2019 Via Cengia, 67 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-390-8 Stampa Mediagraf spa (Padova), ottobre 2019 Contatti con l’autore mail: vetverona@gmail.com

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Indice

Presentazione I

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membri del branco

La

saga di

Diana

e

- Estate

Wolfgang - Estate

Prologo Nota

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dell’Autore

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Ringraziamenti 141

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Presentazione Ancora una volta Alberto Franchi celebra la bellezza della Natura in Lessinia in un canto corale in cui ogni suo abitante merita attenzione, come il cervo, l’aquila, la rondine, il rondone, la faina… Ma il vero protagonista è il Lupo la cui sopravvivenza viene costantemente messa in discussione. Si sente parlare del poco conosciuto fenomeno del bracconaggio con l’uso di cani da combattimento, il cui scellerato scopo è quello di guadagnare cospicue taglie. Pratica chiaramente illegale, perché il Lupo è una specie protetta ed in Lessinia poi, essendo parco, la caccia è vietata tutto l’anno. La figura del bracconiere emerge nella sua assoluta malvagità. Il Lupo invece non è malvagio. Il Lupo è un predatore, ma non uccide per denaro, uccide per sopravvivenza. E comunque non uccide l’uomo. E spesso viene ingiustamente accusato, come si legge nel libro, allorquando “le capre da latte del giovane mandriano” e l’amatissimo “pastore maremmano” vengono sbranati con una ferocia inaudita dal levriero irlandese, ammaestrato per uccidere il Lupo. La colpa di tutto ciò sarà del Lupo quando “al mattino… il levriere se ne sarà andato” ed “alcuni passanti faranno la macabra scoperta”, attribuendo anche in questo caso la responsabilità del delitto ai lupi del parco. P.S.: è ancora più bello del precedente! Avvocato Chiara Tosi Coordinatrice Veneto di LIPU Birdlife Italia

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I

membri del branco

- Estate

WOLFGANG (PASSODILUPO, IL CAPOBRANCO) – 4 anni. Il suo nome, traducibile in italiano come Passodilupo, prima di avere assunto il ruolo di capobranco è stato l’esploratore diurno del branco con il compito di controllare quotidianamente il territorio di caccia. Nel precedente inverno, fiutata la presenza della cagna Diana in calore, ne è stato attratto, si è accoppiato con lei e gradualmente l’ha introdotta nel branco. Proviene dalla regione austriaca dei laghi: il Salzkammergut, con il fratello minore: The Knife. Sa muoversi senza emettere il minimo rumore nei boschi e sulle praterie dell’altopiano della Lessinia, donde il suo nome. Con Diana, la golden retriever, ha generato tre cuccioli. FLÈCHE (FRECCIA), detta BAGUETTE (SFILATINO) per la sua esile corporatura, e LOUP-GAROU (LUPO NERO) – 4 anni. Sono due lupi gemelli provenienti dalle alture boscose delle Ardenne. Hanno attraversato l’Alsazia, attraversato il Reno, la regione della Foresta Nera per poi giungere sulle Alpi. Lei è velocissima nella corsa, la più veloce del branco. Ha l’incarico di sorvegliare il territorio di caccia nelle ore crepuscolari avendo rilevato l’incarico precedentemente svolto da Wolfgang. Lui, nero, abile ricercatore e cacciatore nella notte, nelle lande germaniche veniva chiamato NACHTUNDNEBEL (NEBBIA NELLA NOTTE) per la sua particolare capacità nel celarsi nell’ombra. Si alterna con la gemella Flèche nel tenere sotto controllo l’area mediante frequenti esplorazioni soprattutto notturne, sfruttando al massimo la scura tonalità del suo mantello. Durante il giorno è un componente del branco fedele e attivo. THE KNIFE (IL COLTELLO, L’ASSASSINO) – 2 anni. È forse il lupo che maggiormente attrae i lettori. È il fratello minore di Wolfgang. Proviene come lui dalle foreste del Salzkammergut austriaco. Avendo perso la madre e il resto della cucciolata a poche settimane di vita ne ha subito gravemente il trauma. Pur essendo stato allevato dal branco di appartenenza, non ha potuto elaborare un sufficiente senso

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sociale e l’inibizione al morso che normalmente viene insegnata ai cuccioli dalla madre. È pertanto un disadattato, un asociale, è il solo lupo del branco che ama uccidere. È deferente, a suo modo, solo verso Fafnir e Wolfgang, ma anch’essi devono starne in guardia. La sua ferocia predatoria e la forza del suo impeto vengono sfruttate dal branco come spunti risolutivi in molte battute di caccia. Per il resto trascorre la maggior parte del suo tempo appartato e immerso nelle sue paranoie. Nessuno gli mai dato un nome: mi riferisco a lui con l’appellativo di The Knife/ Il Coltello. DIANA - è una Golden di un paio d’anni. Pacifica e dolce ha conosciuto solo coccole e croccantini prima di essere abbandonata dai proprietari. Nell’ambiente aspro e selvaggio dell’altopiano è un pesce fuor d’acqua e tale lo rimane, nonostante le aspettative di molti miei lettori. La caratterizzazione che le ho dato serve per porre in risalto la differenza fra la sagacia, la determinazione, l’esperienza dei lupi del branco e la sua inettitudine alla vita selvaggia dell’altipiano. Il nome Diana deriva dal fatto di provenire dall’allevamento “IL VISCHIO SACRO” situato presso il Lago di Nemi nella provincia romana, sulle sponde del quale in epoca romana esisteva un tempio dedicato alla dea della caccia e dei parti. Accoppiatasi con Wolfgang, nella precedente primavera ha dato alla luce tre piccoli incroci: ROTWOLF (LUPO ROSSO) – Simile ad entrambi i genitori, ha le sembianze di un lupo, ma con le orecchie pendenti. Il colore del suo mantello è rossastro, da cui il nome. NOTWOLF (LUPO DELLA NECESSITÀ) – simile al padre, ma dalla pelliccia bruno/nera. SELENIA (FIGLIA DI DIANA; LA DEA DELLA LUNA) – simile alla madre, possiede l’aspetto di un cane Golden Retriever. ALIAS (IL SIMULATORE) – 5 anni, lupo proveniente da un parco naturale presso le Dolomiti, è mingherlino ma astuto, determinato e di grande esperienza: riesce a vivere e cacciare da solo avendo appreso anche alcune tecniche di caccia da altri predatori.

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La saga di Diana e Wolfgang ESTATE



Prologo Piove a dirotto da diversi giorni: dai primi di giugno un avvicendarsi di perturbazioni temporalesche si abbatte sui pascoli dell’altopiano, senza dare tregua né agli animali selvatici né alle mandrie e alle greggi che sono state trasferite ai pascoli estivi. Il manto erboso dei dossi, dei rilievi e, soprattutto, degli avvallamenti è intriso d’acqua: gli zoccoli degli erbivori vi sprofondano come nelle sabbie mobili, la terra è divenuta una fanghiglia argillosa che come una pasta adesiva blocca gli zoccoli degli erbivori, costringendoli ad avanzare lentamente. La temperatura non sale nemmeno di giorno oltre gli otto, nove gradi dato che il sole estivo non riesce a penetrare attraverso gli spessi strati nuvolosi che si accavallano nel cielo. La muta primaverile dei mantelli degli animali non permette loro di trattenere il calore dei corpi, pertanto molti si ammalano, altri si riparano nelle loro tane o rifugi fino a quando la fame non li costringe a sfidare l’intemperie alla ricerca di nuovi pascoli o prede da ghermire. È sotto uno di questi nubifragi quotidiani che, dalla valle oltre le creste, risale l’erto pendio con fatica, ma tenacemente, un cacciatore che proviene da valli alpine a nord dell’altipiano, poco più di un centinaio di chilometri in linea d’aria, fra i pinnacoli delle montagne chiamate Dolomiti, con la loro caratteristica pennellatura serale di un rosa pallido unico al mondo. L’animale ha attraversato in solitaria negli ultimi tempi foreste, alti pascoli, campi coltivati, torrenti alpini, transitando quando costretto dalla conformazione del territorio, dal clima o anche dalla fame, presso contrade, bicocche abbandonate, stalle. Fattorie e contrade, che non avrebbe potuto facil13


mente aggirare, cautamente le ha attraversate approfittando dei crepuscoli o anche del buio notturno, avvalendosi della fioca luce giallognola di vecchi lampioni, non mancando di ficcare il muso dentro i depositi di rifiuti che incontrava sulla sua strada o anche incidentalmente catturando nel più completo silenzio e portando con sé un animale da cortile, pollo, coniglio, anatra che fosse, attardatosi fuori dal proprio rifugio notturno. Superate con agilità alcune falesie, che si trovano presso la sommità del versante nord della montagna, è giunto sugli ondulati pendii dell’altipiano. Nonostante il tamburellare inesorabile e fastidioso della pioggia, che si conficca nel manto erboso o rimbalza martellando le pietre calcaree affioranti, è stato in grado di fiutare una traccia olfattiva molto interessante, che lo ha guidato verso una remota valletta, una radura fra gli scuri boschi circostanti. Vi si è appartata con il suo piccolo cerbiatto di poche settimane una cerva, riparatasi sotto una specie di tettoia, ricavata nei secoli scorsi da qualche pastore o taglialegna spostando una pesante lastra di pietra e poggiandola su alcune rocce simili a pilastri naturali emergenti dal terreno. Le è parso un rifugio opportuno per proteggersi dalla pioggia e allattare il piccolo, dopotutto anche l’odore che le giunge in quel luogo è rassicurante: sterco di manze, animali erbivori come lei, inoffensivi, con i quali è da sempre abituata a condividere i pascoli nei mesi estivi del loro alpeggio. Se delle vacche sono nei pressi di questo rifugio non ci sono in giro predatori da temere. Allatta il cerbiatto, rilassata, dato che l’odore che fiuta si fa sempre più pronunciato: qualche altro erbivoro può essere che abbia individuato il suo comodo riparo e sotto la pioggia battente si sta avvicinando. L’animale, intriso d’acqua e di tanfo bovino, procede 14


da solo, è smilzo, per nulla robusto, ma agile, risoluto e, soprattutto, molto ingegnoso. Ancor più è affamato. Da tempo è sulle sue tracce, l’ha tallonata standosene cautamente lontano senza mai perderne la traccia, neppure sotto questo scroscio gelido e snervante: il suo fiuto è infallibile. Il camuffamento odoroso l’ha acquisito rotolandosi ripetutamente su alcune deiezioni di manze trovate sui campi nel corso del pedinamento: un trucco che già altre volte ha impiegato con successo, nelle sue solitarie spedizioni di caccia. Anche in questa occasione la sua astuzia lo sta avvantaggiando. La cerva fiuta ormai vicino l’odore del ruminante, si sta avvicinando, ma stranamente non sente il rumore dei suoi pesanti zoccoli scalciare l’erba bagnata e sprofondare nella fanghiglia, si aspetta di vederlo apparire al varco del ricovero ma quando a presentarsi di soppiatto con il suo cauto e silenzioso passo è invece il cacciatore, la cerva irrigidisce il suo dolce muso, spalanca gli occhi, grandi ed espressivi, le sue pupille si dilatano per l’orrore: un predatore proprio non se l’aspettava, non lo aveva fiutato, è stata scaltramente raggirata. Comprende immediatamente di non avere alcuna possibilità di difendere se stessa con il piccolo, ha quindi una reazione istintiva, affonda gli zoccoli nel terreno per spiccare un lungo salto, scavalca il predone che li sta minacciando lasciandoselo alle spalle, e prosegue la sua agile corsa a grandi falcate nella prateria scoscesa che le si para davanti. Istintivamente la cerva sa che la natura ha le sue leggi e nel momento del bisogno vanno rispettate, per la salvezza del singolo e quella della specie. Fra qualche mese potrà concepire di nuovo e il cerbiatto che stava allattando al riparo della tettoia in ogni caso sarebbe stato definitivamente perduto. E così è infatti, lo smilzo, scaltro predone non fati15


ca ad abbattere il piccolo, gli serra fra i denti la parte anteriore del delicato muso e lo soffoca con un morso deciso e interminabile.

Nella stessa sera, sotto un analogo acquazzone, alla periferia della città vicina avviene una rapida compravendita. L’acquisto del cane era già stato contrattato e confermato via internet nei giorni precedenti: una febbrile silenziosa trattativa digitata sui tasti di due computer, tac, tac, tac... Una coppia, che lo aveva acquistato ancora cucciolo per farne bella mostra nella sfarzosa casa così come nei locali alla moda che frequenta, fors’anche ritenendolo almeno finché cucciolo un cane da portare in braccio come si vede spesso fare, dato il suo sbalorditivo accrescimento nelle ultime settimane ha deciso irrevocabilmente di sbarazzarsene, di venderlo, per monetizzare almeno in parte le spese sostenute al momento del suo acquisto. Dato che il loro cane, un Levriere Irlandese, è un cane da caccia, hanno posto annunci sulla rete e nei negozi per animali situati nelle periferie, piuttosto che fare girare la voce nel loro ambiente, così elegante e raffinato. Un cacciatore è il proprietario indicato per quest’enorme cagnaccio! – si erano detti i due amici, per convincersi a vicenda della buona scelta compiuta. Due auto si pongono una di fronte all’altra, una di gran lusso, l’altra una vecchia familiare sgangherata, restano con i motori accesi, i tergicristalli in movimento, si ha fretta, fuori fa freddo e soprattutto continua a piovere: gli uomini si salutano con un veloce, quasi scortese cenno della mano e iniziano un’altrettanto frettolosa conversazione telefonica. Continua..... 16


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