Le voci del silenzio. Una casa per ricominciare

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SILVIA BELTRAMI MARGHERITA PASI

LE VOCI DEL SILENZIO

Una casa per ricominciare a vivere

Prefazione di Davide Cavazza Storie in favore di A.C.I.S.J.F. Protezione della Giovane Associazione di Verona

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Con il contributo

© Il Segno dei Gabrielli editori, 2019 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6099-389-2 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR) Maggio 2019 Immagine di copertina: Martina Giacomazzi

Per la produzione di questo libro è stata utilizzata esclusivamente energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed è stata compensata tutta la CO2 prodotta dall’utilizzo di gas naturale.

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A Romina e a tutte le Donne che hanno sognato in questa Casa.

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INDICE

Prefazione - LA TRIBÙ DEI CUORI VAGANTI di Davide Cavazza 9 1. LA CASA

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2. A.S.

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3. IRMA

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4. SORRISI

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5. I PINGUINI HANNO LE GINOCCHIA?

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6. BIANCA

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7. DANA

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8. ANCORA

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9. AYANA

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10. ERICA

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11. INA

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12. SENZ’ANIMA

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13. FAITH

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14. UN LUNGO VIAGGIO, IL NOSTRO INIZIO

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STORIA, MISSION E ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE

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Prefazione

LA TRIBÙ DEI CUORI VAGANTI

C’era una volta una casa un po’ magica… Una casa nella quale i sogni potevano riprendere vita. Non si sa bene quante persone ci siano volute per costruirla, né quando questo sia davvero avvenuto. È un vero mistero. C’è chi dice che questa casa sia nata nel 1897 a Friburgo, chi giura di averla vista a Verona dagli anni Quaranta, grazie a una margherita, chi sostiene che essa operi dal 1980 sotto una pigna. In molti si chiedono come una casa tanto importante possa avere un portone così piccolo, almeno a giudicare dalle storie che contiene, che sono davvero grandissime. C’è addirittura chi sostiene che quella casa, in realtà, sarebbe nel cuore di ciascuno di noi, e che per aprire la sua porta si debba fare uso di tutto il cuore che si ha, ma proprio tutto. La leggenda narra che molti la chiamavano la casa dei sogni e della realtà, per la capacità racchiusa tra quelle mura di sapere interpretare le storie, e di riavviarle all’infinito. Il potere della casa pare sia proprio quello di far ricominciare le storie interrotte. Per farlo occorre la formula magica, che è “In Via”. Viene recitata ogni volta che le voci del silenzio giungono fino alla casa. Non si sa bene da dove sia nata questa formula, né da chi. Si suppone che fosse il grido di battaglia della tribù dei cuori vaganti, che può esse9


re udito solo da chi si mette in posizione di ascolto e si connette profondamente a quei cuori. Altri dicono invece che il grido avverta tutti coloro che riescono a udirlo della necessità di cambiare la propria rotta per volere incrociare quella di altri, in un cammino continuo. Solo una cosa si sa per certo di questa casa: se porti una storia dentro la casa, questa magicamente riprenderà vita. Non è una cosa da poco. Non è una cosa facile. È davvero una magia! Perché ogni storia ha in sé un sogno nascosto, magari un po’ ammaccato o caduto dal cielo sulla terra e rimasto ferito e impaurito. Un sogno che è stato travolto da parole nere e da schiaffi di pioggia e di vento. Ma la casa ha il potere di sollevare i sogni dal fango, di lavarli con cura, di riscaldarli bene e di rimetterli dove devono stare, nel cuore di persone a cui appartengono, e in quelli delle persone che davvero vogliono farli rivivere. È una vera magia fare riprendere vita alle storie, perché è la cosa più difficile di tutte. Con la formula magica si riesce a tramutare la paura in speranza, la violenza in protezione, il buio in un orizzonte in cui un raggio di sole può fare di nuovo capolino. Pare addirittura che la formula magica sia ancora più potente se recitata in punta di piedi, per elevare le parole e avvicinarle al cielo. A dire il vero quando un ospite giunge alla casa scattano più di mille incantesimi inspiegabili, che non è possibile raccontare, perché attengono a una dimensione umana troppo profonda per potere essere rivelata. Meccanismi che hanno a che fare con il tempo, con il buio, con la capacità di accogliere i cuori vaganti e di ascoltare le loro storie, con senti10


menti confusi che annodano sorrisi e urla, lacrime e dignità. Donne che ritrovano la voce, bambine e bambini che ricominciano a giocare, mattine nuove che cambiano i connotati agli oggetti circostanti ma conservano una grande e profonda voglia di presente e di futuro: voglia di ricominciare, voglia di riprendere le storie interrotte. Ci vuole coraggio, certo, e ci vuole volontà. A volte ci vuole perfino la polizia, spesso alleata della tribù dei cuori vaganti, perché i buoni, in fondo, si cercano sempre. Le storie interrotte, a un certo punto, non si sa come né perché, ricominciano il loro cammino. Gli ingredienti della casa riescono a riaccenderle, a rivelare parole nuove, a donare timbro a voci che per troppo tempo sono state soffocate nel silenzio. Oppure, semplicemente, a voci che non riuscivano a trovare quella strada che passando di nuovo per il cuore raggiunge le corde vocali e regala verità. Siete pronti a conoscere la casa? State attenti! Le storie interrotte e riannodate non sono favole, sono realtà. E la realtà può ridiventare sogno solo con l’aiuto di tutti. Aprite il vostro cuore, il viaggio inizia ora… Davide Cavazza

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1. LA CASA

Quanti passi in me ogni giorno, quante volte la mia porta si apre. Emozioni dai mille sapori, fatiche portate e traguardi raggiunti. Chi legge una fiaba, chi ascolta una storia, chi asciuga una lacrima e condivide un sorriso. Grazie è la parola che più sento, possibilità è il mio secondo nome.

Sono una grande Casa piena di vita, non saprei nemmeno dire da quanti anni sono qui, accanto a questa Pigna che mi rende riconoscibile a grandi e piccini. Qualche acciacco ce l’ho, ma c’è chi sa prendersi cura di me; il mio pensiero non è tanto il mio benessere quanto quello di tutti gli ospiti che cerco di accogliere sempre con il maggior calore possibile. Il mio vecchio portone ha visto passare migliaia di piedi ormai, c’è chi viene da tutti i luoghi del mondo per visitare Verona o per ascoltare un’Opera, e c’è chi viene perché una Casa sua non ce l’ha più o perché quella che aveva è diventata troppo pericolosa. Accolgo bambini, ragazze, donne, mamme, a volte con i loro figli altre senza, a volte con uno o due figli appresso e altrettanti lontani. Quante storie ho sentito e raccolto in questi anni; la maggior parte delle volte, mentre nel piano intermedio i bambini 13


giocano assieme, nel segreto delle loro stanze le donne versano lacrime e sfogano il loro dolore. Ascolto le loro preghiere e le loro paure, speranza che le cose possano cambiare, di trovare un lavoro, una casa, di poter rivedere i propri figli, smettere di sentirsi seguite e minacciate. Donne e madri che si sentono inadeguate, impaurite, sperdute ma che ogni giorno trovano la forza di alzarsi e combattere, provare a cambiare le cose, scambiarsi una battuta, un sorriso… si fanno anche delle grandi risate assieme. Non cercano la normalità, la agiscono! A volte non mi è chiaro per quali circostanze abbiano varcato la mia soglia, le immagino prima di quel momento e vedo persone con una storia come tante. Ogni giorno passano moltissime persone davanti al mio portone, la sola cosa che distingue chi sta per suonare il campanello per la prima volta è un velo sottile che offusca lo sguardo… spaesamento. Imparo a conoscerle giorno dopo giorno e la cosa più grande che ho imparato è l’importanza di rendere loro un’accoglienza silenziosa e comprensiva. In ogni stanza c’è una storia che chiede di essere narrata; è una donna che non può più garantire una casa, una famiglia ai suoi figli, e loro cosa diranno? Cosa racconteranno, cosa penseranno? È una donna che si sente un fallimento come madre, cosa importa se ho un lavoro? Io sono a pezzi. È una donna che ha amato anche i pugni in faccia, riusciva a tenere insieme i suoi pezzi e ora non abbandona solo un uomo violento ma anche e soprattutto il pensiero di essere una donna sicura dell’amore dell’altro, una donna che sa riconoscere chi ha di fronte, e va incontro a una donna che deve cambiare identità, che è stata 14


così fessa, ingenua, innamorata? Da crearsi una vita con un uomo così, una donna che dovrà dare spiegazioni, giustificazioni… cosa importa se lui è “dentro”, se ne sono uscita in tempo, se ho davanti un futuro migliore? Io oggi sono a pezzi. E lui mi manca, pure! È una donna che sperava in una rinascita, sperava di poter trovare un lavoro nuovo e magari anche un uomo, nonostante l’età; di migliorare quel caratteraccio che a volte è scomodo e invece la vita continua a farsi beffe di me. Cosa importa tutto ciò che ho superato? Io sono a pezzi. Queste donne trovano tra le mie mura ascolto, comprensione, persone che si dedicano a loro pienamente e nei cui cuori si conservano i segni del loro stare e del loro andare. I bambini, come piccoli principi, viaggiano per pianeti sconosciuti, alcuni troppo crudeli per le loro piccole età e altri in cui trovano la possibilità di giocare, ridere, litigare, sognare… semplicemente vivere come bambini. Le voci del silenzio sono quelle che fuori dalle mie mura non si notano né si ascoltano con troppa facilità, sono vissuti dati per scontati, inseriti in un mazzo di categorie e stereotipi, sono sentieri impervi che pochi scelgono di scoprire, sono le storie sussurrate da donne e bambini che appoggiati alle mie pareti cercano un po’ riposo e di sostegno, sono la scelta di raccontarle con tutta la profondità e l’emozione che le contraddistingue, per permettere a ognuno di riscoprire una parte di sé in ciò che si pensa troppo spesso troppo lontano da sé.

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2. A.S.

Non mi è facile parlare di me… sono una persona semplice, e onesta, sì! Questo ci tengo a sottolinearlo. Sono nata e cresciuta in provincia, al confine con la Lombardia, da quelli che però non riesco a definire due genitori... anzi, sono stata cresciuta da mia nonna perché le persone che mi hanno messa al mondo hanno sempre avuto troppo da fare in litigi, sperperi, critiche e altre passioni sulle quali preferisco non dilungarmi. Non ho dei bei ricordi della mia infanzia, e nemmeno di tutto quello che c’è stato dopo; in me vive ancora quella sensazione, sfumata solo di poco, di inadeguatezza, vergogna, errore. Sono cresciuta in fretta, all’ombra di due querce malate, combattendo tra l’essere una figlia attenta e dedita ai loro bisogni o una donna nuova, diversa, con nel petto un dolore che non si cancellerà ma innanzi a me la possibilità di un racconto migliore. Raggiunti i trent’anni ho detto basta, il primo basta… non è affatto semplice nelle relazioni! Non riesco a dire basta e di punto in bianco chiudere tutto dentro una scatola da dimenticare pian piano; con il tempo si sente che quello spazio è occupato, si prova a rispolverare un po’, si spera che qualcosa di diverso possa esserci… ci si chiede quante possibili strade possono prendere gli eventi, e quanto noi stessi... continua... 16


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