Anteprima - Giuseppe di Nazaret, mio padre (Gesù)

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Lino Signori

«GIUSEPPE DI NAZARET, mio padre» (Gesù) il Silenzio la Voce

Prefazione di

Diego Napolitani

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©Il Segno dei Gabrielli editori, 2014 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-212-3 Stampa Litografia de “Il Segno dei Gabrielli editori” San Pietro in Cariano (VR), marzo 2014 In copertina Georges de La Tour, San Giuseppe falegname (particolare), 1641-42, Museo del Louvre, Parigi.

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Tutti abbiamo un padre putativo, finché non scopriamo il nostro “vero” Padre.

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INDICE

Prefazione, di Diego Napolitani

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Premessa

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1. Il problema: il disagio delle relazioni genitori figli 2. Una svolta antropologica: Giuseppe, l’uomo nuovo, fonda famiglia e società

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Introduzione 1. Due, forse tre, sono le ragioni 2. Genitori e figli 3. La ricerca del padre 4. Giuseppe e Maria, due genitori normali 5. Le quattro relazioni fondamentali di Giuseppe 6. Il metodo, gli strumenti

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Parte prima

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1. Giuseppe NEI VANGELI: le fonti 1.1. Genealogia di Giuseppe e Gesù in Matteo e Luca 1.2. Annunciazione, concepimento e nascita 1.3. La fuga in Egitto e l’uscita dall’Egitto verso la terra promessa 1.4. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Gesù in Luca 1.5. Da Abbà a Padre: dall’infanzia all’età adulta (Festa del Bar Mitzwah). Gesù fra i Dottori parla nel nome di Giuseppe 1.6. Gesù, il carpentiere figlio di Giuseppe, va oltre il padre e la madre

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2. Giuseppe nella storia e nella teologia 2.1. Giuseppe nella storia: artigiano, sposo, padre ed educatore

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2.2. 2.3. 2.4.

Giuseppe, uomo giusto Giuseppe nella fede: i vangeli Giuseppe negli Apocrifi: ovvero, l’immaginario della fede della gente umile

3. La devozione e le sue fasi nella spontaneità popolare 3.1. Definizione di devozione 3.2. La devozione popolare transita la figura di Giuseppe dalle fonti al Magistero 3.3. I primi tratti della personalità di Giuseppe dalle riflessioni degli Apocrifi e dei Padri 3.4. Feste cristiane originate dagli Apocrifi 4. Dalla devozione al culto: presso i Monasteri nasce il culto giuseppino 4.1. Inizio del culto a san Giuseppe (XI sec.) 4.2. Il riconoscimento del Magistero (XV sec.) 4.3. La fisicità dei luoghi di devozione: il pellegrinaggio di Giuseppe dalla Palestina al Mondo 4.4. Il tempo: le date e la liturgia 4.5. Pie pratiche e Reliquie (XVI sec.) 4.6. Riflessione sulle varie presenze di Giuseppe 5. La paternità: dal disinteresse alla cura e alla formazione della famiglia 5.1. La riscoperta del padre oggi 5.2. Perché parlare di Giuseppe oggi? Famiglia e paternità 5.3. La sacra famiglia e la famiglia moderna 5.4. Il principio antropologico del padre e i modelli storici 5.5. Il doppio racconto della morte del padre 6. La situazione umana di Giuseppe e Maria prima dei due “fiat” 6.1. L’uomo Giuseppe: un percorso dall’oscurità alla piena luce 6.2. Il primo trattato: Giuseppe partecipa all’Economia della Salvezza 6.3. Maria, ragazza perenne, mai madre, mai donna 6.4. Le relazioni uomo/bambino e donna/bambino

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6.5. 6.6. 6.7. 6.8.

Giuseppe, il padre legittima il bambino e la ragazza/madre Giuseppe, nominando il figlio, purifica la madre La Sempre Vergine e il testo biblico: il “fino a che”; i fratelli e le sorelle di Gesù Giuseppe e Maria accettandosi assumono il potere di vita/morte sul figlio

Parte seconda 1. 1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5.

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LE SCIENZE UMANE, i nuovi saperi Del ‘900 L’osservazione psicologica Tre domande Il vangelo ci dà un’immagine realistica delle personalità descritte? Sono paragonabili le strutture psichiche di ieri e di oggi? Due livelli di conoscenza: consapevole e inconsapevole

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2. Giuseppe comunica con il sogno: il fare nel silenzio 2.1. Breve excursus storico: il sogno come modalità di pensiero 2.2. Le interpretazioni non psicologiche dei sogni 2.3. Le interpretazioni psicologiche dei sogni

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3. Il sogno oggi 3.1. Una forma particolare di pensiero 3.2. I quattro sogni di Giuseppe in Matteo 3.3. Giuseppe: non parla, ma si mostra nel sogno 3.4. Giuseppe e il sogno

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4. È GIUSTIFICABILE L’USO DELLO STRUMENTO PSICOLOGICO APPLICATO ALla relazione con Dio? 4.1. Lo strumento psicologico 4.2. Dio e Inconscio: due “realtà” inconoscibili all’uomo 4.3. Teologia e grazia, Psicologia e rappresentazione: due percorsi per descrivere la relazione Dio-uomo e uomo-Dio 4.4. Il percorso da Dio verso l’uomo (alto verso basso): i concetti di grazia e di natura 4.5. Il percorso dall’uomo verso Dio (basso verso alto): la rappresentazione psicologica

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5. 5.1. 5.2.

Giuseppe, il padre che fa crescere Gesù cresceva e seguiva Giuseppe: “sequela” ed educabilità Giuseppe e Maria e lo smarrimento di fronte al “cresceva” di Gesù: il Bar-Mitzwah di Gesù fra i Dottori

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6. La tematica della paternità nell’adolescenza 130 6.1. I compiti del padre durante l’adolescenza 130 6.2. Giuseppe può nominare il Nome di Dio, unica eccezione. Dio sospende forse il comandamento? 132 6.3. Il padre concepisce il figlio, che concepisce il padre 134 6.4. “Mater semper certa, pater autem non” 135 6.5. La nominazione: da figlio naturale a legittimo, da padre incerto a padre 136

Parte terza

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1. QUALITÀ DELLA FEDE DI Giuseppe: “uomo giusto” 1.1 Giuseppe maestro di Gesù 1.2. Introduzione al turbamento di Giuseppe 1.3. Le chiacchiere dei vicini 1.4. Il matrimonio di Giuseppe visto dai Padri: Giuseppe e Maria si sono scelti 1.5. Maria Vergine e madre, Giuseppe Vergine e padre 1.6. Differenza tra il “turbamento” di Giuseppe e di Maria: ognuno il suo 1.7. Maria tradisce, Giuseppe perdona 1.8. I Padri, incerti tra vendetta e perdono 1.9. Dio lo chiama “padre” e noi “santo” 1.10. La Giustizia 1.11. Conclusione 2. 2.1. 2.2.

La coppia Giuseppe Maria L’amore umano La prima notte di nozze di Maria e Giuseppe: una narrazione

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3. Concludendo 3.1. Giuseppe come persona

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Bibliografia

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Prefazione

Caro Lino, ho letto con attenzione il tuo scritto. Innanzi tutto sono venuto a conoscenza di molti elementi teologici che ignoravo a proposito di san Giuseppe. Poi l’intreccio tra trama psicologica e trama teologica è molto raffinato. Molto interessante la ricostruzione storica del culto di san Giuseppe e il suo affiorare faticosamente e gradualmente sullo sfondo della liturgia e della preghiera della chiesa. Infine mi ha molto colpito il tuo discorso sulla coppia Giuseppe-Maria e le coppie. Coi migliori auguri. Padre Lucio Pinkus1 Arco, novembre 2013

Caro Lino, resto ammirato della sua sapienza teologale. Mi interessa in particolare il tema, antropologicamente rilevante, del pater semper incertus: e non si tratta di un’incertezza sul piano concretamente genetico, ma di un’incertezza potremmo dire fenomenologica. Quel che il bambino viene a sapere del padre si fonda su quel che la madre gli trasmette sul piano delle sue intenzionalità, che nulla hanno a che vedere con le narrazioni biografiche o con le certificazioni sociali. E non 1 Padre Lucio Pinkus, Religioso dell’Ordine dei Servi di Maria, Psicoterapeuta. Già ordinario di Psicologia Dinamica all’università La Sapienza di Roma e all’università Ca’ Foscari di Venezia. Autore di Maria di Nazareth fra storia e mito, Emp, 2009.

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c’è donna che nel divenire madre non faccia esperienza di quella condizione specificamente umana che è l’ambiguità: di questa inestinguibile ambiguità coniugale è intrisa la conoscenza che il bambino fa del padre, ben prima che se ne possa fare una sua idea personale, che rimarrà comunque sempre “tracciata” dalla fondante intenzionalità materna. La “assimilazione incarnata”, secondo le recenti scoperte neuro-scientifiche, dell’universo intenzionale materno nella coscienza in fiěri del bambino, rende questo naturalmente diffidente nei confronti del padre, in una delle infinite declinazioni possibili connesse alle sue specifiche esperienze genealogiche. Possiamo forse pensare che le culture che pongono al loro fondamento l’istituzione famigliare di tipo patriarcale, quali quelle che si sono andate formando sulle rive di quel laghetto noto come Mar Mediterraneo, hanno prodotto religioni altrettanto patriarcali, con un “Dio-padre” assolutamente “certo” perché sottratto alle ambiguità di madri-mogli-figlie: ben lo sapevano gli scrivani del testo biblico, per i quali l’“assolutamente certo” non si fa direttamente padre di una femmina (Eva), ma consegna ad Adamo il rischio di diventare, metaforicamente, padre putativo della “infame”. Ma so bene che queste, come tante altre paroline sussurrate o magari urlate da “padri incerti”, non toccano neppure alla lontana il maestoso «silenzio assoluto» di cui lei è un testimone certo. Con affetto Diego Napolitani 2

2 Diego Napolitani (1927-2013), Psicoanalista, pensatore originale, inaugura negli anni ’60, le prime esperienze di Comunità Terapeutiche per Psicotici a Milano “Villa Serena”, e il “Centro Omega”. Fonda nel 1974 la Società Gruppoanalitica Italiana (SGAI), elaborando un suo originale pensiero nel campo della gruppoanalisi. La sua attività e pensiero continuano nei suoi allievi e negli Istituti di formazione in gruppoanalisi a Milano, Torino e Roma. Autore di Individualità e gruppalità, Boringhieri, Torino 1987.

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Caro Diego, ineluttabilmente la sua battuta iniziale sulla mia ammirevole «sapienza teologale» non poteva che diventare poi, nel testo, “avvertimento” e, nel finale, “ironia” sul «maestoso “silenzio assoluto”» di cui io sarei (stato?) «testimone certo». Ma è il suo accenno all’«incertezza fenomenologica» del pater sempre incertus ciò che ho trovato maggiormente “rilevante”, in quanto si tratterebbe di un’intenzionalità incerta: e questo nel senso dell’ambiguità (della madre), dal momento che «quel che il bambino viene a sapere del padre si fonda su quel che la madre gli trasmette sul piano delle sue intenzionalità». Le «intenzionalità» della madre, Lei precisa, «nulla hanno a che vedere con le narrazioni biografiche o con le certificazioni sociali», in quanto sarebbero intenzionalità ambigue della natura, che non prende mai una decisione nel momento stesso in cui le prende tutte. Quando poi Lei dice che «non c’è donna che nel divenire madre non faccia esperienza di quella condizione specificamente umana che è l’ambiguità», vuol forse dire che la donna rimane irrimediabilmente in bilico fra la ragazza e la madre? che codice sessuale e codice parentale (per usare la terminologia di Fornari) restano in lei perennemente in tensione? Che nessuno sposo, per quanto “giuseppino”, potrà mai redimerla da quest’ambiguità strutturale? Quando poi Lei parla del figlio, e dice che “l’assimilazione incarnata” dell’universo intenzionale materno nella coscienza in fiěri del bambino», secondo le recenti scoperte neurologiche, «rende questi naturalmente diffidente nei confronti del padre», e sottolinea “naturalmente”, intende forse dire (anzi, confermare) che il legame del figlio con la madre è un fatto biologico, “im/mediato”, mentre quello con il padre è invece culturale, “mediato” (dall’intenzionalità appunto della madre, ma anche dalla cultura paterna)? E tutto ciò non dovrebbe mettermi in guardia (dandomi una sorta di «diffidenza») da voli “teologali” troppo spericolati? Insomma: non mi starà forse dicendo che Giuseppe nazareno non è tanto il paradigma d’una nuova paternità (il pater novissimus che tento di raccontare), quanto piuttosto il paradigma dell’eterna incertezza della paternità? – 13 –


Laddove pater sempre incertus, tema che le «interessa in particolare», poiché Lei lo trova «antropologicamente rilevante», significa: siamo tutti Giuseppe. Ma è proprio giusta quella sua segnalazione di rilevanza, che io getto sul tavolo questa nuova paternità. I padri dunque sarebbero tutti Giuseppe, in quanto “putativi”: e “putativi” in quanto affidati alle “intenzionalità” della madre per esser creduti tali (cioè, padri) da parte dei figli. Le madri, per parte loro, sarebbero parimenti tutte Madonne: ossia ragazze/madri perennemente oscillanti fra codice sessuale (o sponsale) e codice parentale (o materno). Diego carissimo, mi sta forse dicendo che in questo mio lavoro do a vedere di preferire un Gesù decisamente più tranquillizzante, che abbia iniziato magari il ministero dopo aver felicemente concluso un’analisi pluridecennale (i diciott’anni di vita nascosta?) sotto la guida d’un Giuseppe padre esemplare e, perché no, di un Giuseppe psicoterapeuta ante litteram? Ma il percorso analitico, dico io, non ci aiuta forse nel cammino di ricerca in direzione di un padre certo? E lasciare inalterato il padre incerto non sarebbe ben più rassicurante, dal momento che ci lascerebbe nelle beate sicurezze infantili legate alle promesse della madre, anche se destinate a diventare poi gl’incubi della vita adulta, quando saremmo costretti a scoprire la realtà da cui la madre ci proteggeva? Ma Lei mi dice anche un’ultima cosa, che cioè tutti i figli sono Gesù: Gesù dediti a sostituire il pater sempre incertus col pater certus che sta nell’Alto dei Cieli, o nel profondo di un chiostro, nelle foreste, nei deserti, o per mare come per Telemaco. Dovunque si trovi o la si vada a cercare questa certezza del padre, Lei mi fa osservare che le “cose del Padre mio” (quello certo: per questo “mio”) consistono appunto in un tentativo da parte dei figli-Gesù di ridurre l’angosciata incertezza circa il padre-Giuseppe (incertezza prodotta più o meno consapevolmente dalla madre-Maria) alla purissima certezza del Padre-Assoluto (certo, «perché sottratto alle ambiguità di mogli-madri-figlie»). Giunti a questo punto, la soluzione è nelle ultime pagine – 14 –


del mio lavoro, che grazie al suo intervento è diventato almeno in parte un thriller. Rispetto poi all’ironia del «resto ammirato della sua sapienza teologale» e del «ma so bene che queste, come tante altre paroline sussurrate o magari urlate da “padri incerti”, non toccano neppure alla lontana il maestoso “silenzio assoluto” di cui lei è un testimone certo», visto che è l’incertezza a creare lo spazio della ricerca, ed altrettanto fa il silenzio, è chiaro che ciò che fa veramente danno è l’arroganza delle certezze (materne) e la “maestà” del silenzio (paterno). Con questo mio lavoro, invero non molto “sapiente”, forse non a torto ritengo di aver cominciato a rompere un «maestoso silenzio», lasciando spazio a chi “urla”: che sia nel deserto degli ascolti, o in un sussurro di brezza leggera. Con affetto Lino Signori

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