Amori consacrati. Testimonianze di suore, frati e preti omosessuali in Italia

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AMORI CONSACRATI Testimonianze di suore, frati e preti omosessuali in Italia

a cura di Franco Barbero

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2019 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 mail: info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-401-1 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Stampa

Grafica Veneta spa, Trebaseleghe (PD), Ottobre 2019


INDICE

Prefazione, di Franco Barbero

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Presentazione

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Genesi e metodi

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L’incoraggiamento di padre John McNeill 24 Don Giuseppe: in pace con un’identità plurale

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Scoprirsi (gay): un cammino d’approfondimento spirituale 27 La reazione del mondo clericale: confessori e vescovi impreparati

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“Pensavo di essere l’unico”: l’importanza del gruppo di preti gay

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Libertà e “adultità” nella fede

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Prete gay: una responsabilità

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Nell’eternità non saremo più cristiani, saremo tutti in Dio 38 Vocazione e relazione 39 La bellezza della sessualità 40 Sul matrimonio 41 Suor Rossana: il coraggio di rivelarsi

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L’arrivo delle francescane in paese 45 Il lavoro in fabbrica

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La vocazione

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Il noviziato 51 La paura di parlare, il desiderio di capire, il bisogno di confronto

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Non sapere dare un nome

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Il peso del silenzio 55 La confessione 56 Dalla psichiatra 58 I cristiani omosessuali di Gionata: un nuovo mondo si apre clandestinamente

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Coscienza o obbedienza? 63 Padre Arnaldo: frate ribelle tra i ribelli

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Il Padre Eterno

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Puzzare di pecore: dolori, affettività, sessualità 67 L’HIV 70 L’importanza del dubbio e la sintesi

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Cresciuto con l’idea che i froci vanno impalati

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L’ideale 76 La paura fra i preti gay

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Famiglia, benedizione e matrimonio 79 In cerca di dibattito

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Essere amministratore della misericordia, non della condanna

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Uno sguardo sull’universo monastico odierno 83 Maria: 20 anni suora e poi…

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L’infanzia: figurine dei calciatori e primi incontri con Gesù 87 L’università e la chiamata di Dio 90 Il noviziato: primi passi francescani e primi amori sconosciuti 91 La gioia dei voti perpetui e la pesantezza del quotidiano 93 La suora e l’agnostica

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Un nuovo volto di Dio 99

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Fiumi di lacrime e notti di preghiera 102 L’uscita dopo 20 anni: paure e liberazione interiore 104 Fra’ Edoardo: romantico in estrema periferia

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La mia vocazione di ballerino

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Vivere per Dio 111 Una piccola vita parallela

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“Mi innamorai perdutamente”

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Due anni fuori dal convento

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Il rientro 118 L’omosessualità come filo rosso, la castità come percorso 120 I tabù in convento

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Il femminiello e i ragazzi della periferia 123 Sono figlio di Dio così come sono

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La paternità responsabile di Dio e qualche sogno per la vita consacrata

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Francesca: dalla vocazione religiosa a quella umana

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Il convento: proposta alternativa alle esigenze del mondo 129 L’aiuto degli studi teologici e il conforto della comunità

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In cerca di integrità umana per non essere solo un vestito 133 Un grigiore di vita

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Soffocare in convento o approfondire la vita e la verità di sé

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Dai margini, per una nuova spiritualità 139 Sulla castità

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La vita di coppia e il gruppo di donne omosessuali credenti 143

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Don Elia: prete gay per una vita piena

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La vocazione e la sublimazione positiva

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In parrocchia: la solitudine in mezzo alla gente

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Dal ruolo alla persona

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La svestizione e la rinascita

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Falsità e solidarietà 155 Dallo psicologo e dal vescovo

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“Con lui fare l’amore era veramente pregare”

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La morte dell’amato

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Gesù Cristo incarnato

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La Chiesa non è un tribunale

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La Chiesa non è Dio 166 Sara: dalle Agostiniane al matrimonio con Lisa

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Affettività, amore, angoscia 169 Innamorarsi ancora e di nuovo dallo psicologo

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“La Chiesa non ascolta la verità delle persone”

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Coscienza e magistero

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Gesù parlava con tutti

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Raimondo: il Signore mi chiama ad essere felice

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La vocazione fin dall’infanzia 181 La formazione e il tabù della sessualità 185 Cercare l’onestà, trovare la falsità

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Uscire per non mentire

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“I gay non sono figli di Dio: sono come la marijuana, sono la perdizione” 192 Amadeo: ex-prete arrabbiato

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La conversione fulmine e il seminario 195

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Consiglio ai seminaristi: fallo, prega e taci

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Formatori incapaci di far crescere le persone

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L’ordinazione, la solitudine e l’inizio della doppia vita

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Lasciare il sacerdozio per coerenza e onestà

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La Chiesa dei farisei 204 I preti spaccati in due e la lobby gay

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La vita di coppia alla luce del sole

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Annalisa: innamorata di Dio e di una donna 211 La scelta della consacrazione e la scoperta di sé

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La rabbia contro Dio 213 Il venire meno dell’immagine di sé

215

“Innamorarmi mi ha salvata”

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Samuele: allargarsi alla vita in Cristo fuori dalle ristrettezze del convento

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Adolescenza siciliana: i gruppi cattolici, il primo ragazzo e l’entrata dai francescani

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Un saggio padre gesuita e un’amicizia erotica

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L’inserimento nel programma d’aiuto psicologico della Gregoriana 226 Il prezzo della verità, l’amore totale e i voti perpetui 228 Il Cristo dentro e fuori convento la nausea della superbia del clero

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Pluralità della chiamata: sì alle vie del Signore

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Valeria: la vita claustrale per scoprirsi donna

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Le clarisse: modello di donne senza trucco né tacchi

237

La scoperta della propria femminilità

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Innamoramenti inconsci

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Dio come presenza

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Testimonianza di normalitĂ e dolore di essere esclusa dal sacramento

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PREFAZIONE

Dietro e dentro le pagine che ti accingi a leggere, ti verranno incontro storie vere di persone reali, in un cammino spesso lacerante ma infine liberante, in cui l’amore e la fede trovano il modo di intrecciarsi e sostenersi. Così le persone fioriscono e la fede manifesta la sua potenzialità liberatoria, portatrice di pace e di felicità. Da quasi 60 anni ascolto ed accompagno persone omosessuali che, nella ricerca di essere se stesse, hanno fatto esperienza di una chiesa istituzionale molto spesso estranea, ostile o addirittura persecutoria del loro percorso. Qui vengono alla luce testimonianze di suore, frati e preti omosessuali in Italia: una realtà che emerge raramente, se non per suscitare spettacoli e discorsi pruriginosi e costruire scenari da scoop. In queste pagine così documentate e rigorose non si trovano, anche attraverso il grido di dolore e di protesta, se non itinerari di persone che vogliono essere se stesse nella loro vita individuale, relazionale, amorosa ed ecclesiale. C’è di più: è la fede, finalmente scoperta e praticata come relazione di fiducia totale in Dio, che sostiene e spinge queste persone a trovare il coraggio di manifestare la loro identità, di sentirsi nell’abbraccio di Dio anche dentro luoghi istituzionali inaccoglienti. Persone che, radicate nella fiducia in Dio, trovano la libertà di amare secondo ciò che si è, fuori o dentro un convento, una canonica o un monastero. Il libro presenta percorsi e scelte diverse, ma sempre sostenute dalla stessa passione per l’onestà, con tutta la fatica di chi depone la maschera o di chi rimane dentro l’istituzione ecclesiastica ormai libero dagli insegnamenti e dalle regole proibitive, omofobiche e sessuofobiche tuttora vigenti nella chiesa. Circa 40 anni fa, nel convegno europeo su “Fede cristiana e omosessualità”, svoltosi ad Agape nei pressi di Pinerolo,

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dopo una lunga preparazione avvenuta negli anni 1975-1979, e anche mentre presentavo a Roma il volume di John McNeill, fu per me decisivo lo scritto in cui lanciai il manifesto “Senza chiedere permesso”. Oggi vedo fiorire nei vari luoghi istituzionali questa libertà e responsabilità. Si tratta di persone adulte che finalmente sanno vivere appieno la libertà evangelica fuori dai sensi di colpa e dall’ombra del peccato. Come le pagine documentano si tratta sempre di un lungo e faticoso cammino di liberazione interiore, attraversato da mille dubbi e dall’inquietudine di un futuro incerto. Forse solo chi ha vissuto all’interno di una qualche istituzione cattolica può capire appieno il peso del pregiudizio che regna in certi ambienti e il continuo invito a mascherarsi, a vivere nella doppiezza, gli infiniti sensi di colpa che vengono coltivati: il tutto mescolato ad una sessuofobia che si taglia con il coltello, che si respira giorno dopo giorno... Sento di condividere con chi ha raccolto queste testimonianze due proposte per la felicità delle persone e la conversione delle nostre chiese. Prima di tutto vorrei notare che i vescovi e i formatori delle varie istituzioni ecclesiastiche brillano, in grandissima misura, per la loro ignoranza e per la loro incapacità di porsi in ascolto delle persone. Spesso superiori religiosi, madri superiore e addetti alla formazione non posseggono nemmeno il vocabolario che attiene all’omosessualità. Si tratta di un problema rilevantissimo perché la comunità cristiana, in tutti i suoi spazi ecclesiali, se non diventa ascolto reciproco, crea infantilismo, sensi di colpa, ipocrisia, infelicità. L’ultima annotazione. Che cosa ci stiamo a fare nel mondo come cristiani e teologi se non per dire e testimoniare in mille modi che Dio e l’amore stanno sempre bene insieme? Queste donne e questi uomini l’hanno capito e vivono su questo sentiero nel pieno abbraccio di Dio. La loro preziosa testimonianza va raccolta. Tutte le testimonianze di questo libro sono anonime. Devono esserlo perché queste persone possano sopravvivere negli ambienti di Chiesa dove vivono. Le suore, i preti e i frati che in

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questo libro hanno parlato, se lo avessero fatto a viso scoperto, andrebbero incontro a problemi nelle loro comunità religiose e nelle loro parrocchie – dall’ostracismo all’esclusione. Alcuni di loro sono stati mandati dallo psichiatra, altri hanno perso i loro incarichi per il semplice fatto di essersi aperti sul proprio orientamento sessuale ai superiori: tentativi di parola coraggiosi, ma inutili. Anche il fatto che i due curatori restino anonimi deriva dalla situazione di queste persone che non possono rivelare la loro identità senza compromettere il loro impegno ecclesiale. Sono quindi nella stessa condizione delle persone che hanno testimoniato. Questa situazione è in sé specchio della realtà ecclesiale odierna. Come introduttore ed estimatore delle persone che hanno raccolto queste testimonianze, ho ben compreso e condiviso la scelta dell’anonimato, perché vogliono rimanere membri attivi di questa comunità ecclesiale, evitando la curiosità, per nulla utile ad un dialogo sereno. don Franco Barbero contatto: librotestimonianze@gmail.com

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PRESENTAZIONE

Le voci qui raccolte parlano a chiunque si sia mai fatto delle domande sulla sessualità, sulla normalità e sulla norma, sulla coscienza nel suo rapporto con l’autorità, a chiunque abbia vissuto la solitudine, il peso del silenzio, l’impossibilità di parlare e l’assenza di dialogo, a chiunque voglia sentire voci da sempre messe a tacere. Sono voci di chi ha compiuto un cammino di scoperta di sé e di libertà stando dentro un’istituzione di massima rigidità. Una scoperta e una liberazione di sé al di là dell’educazione e degli schemi ricevuti, del senso di colpa e dei pregiudizi. Questa raccolta di testimonianze coglie la diversità nel cuore della Chiesa cattolica: suore, frati e preti raccontano l’essere diversi in una struttura di estrema normalità, testimoniano l’essere omosessuali e consacrati, spiegano il cammino difficile che, da paure, tabù e giudizi giunge alla libertà e alla pace interiori davanti a Dio. In queste pagine, suore, frati e preti raccontano il loro percorso umano e spirituale dalla vocazione religiosa alla vita consacrata; le loro crisi vocazionali, spirituali e sentimentali, i loro rapporti con i superiori (vescovi, maestri dei novizi, priori, madri e padri generali), con il confessore e con i confratelli, con le persone di cui si sono innamorati. Lungo questi racconti viene affrontata un’immensa varietà di temi, senza paura né tabù, con spirito critico e cristiano, acuta sensibilità e spiritualità, quindi anche il tema del corpo e della sfera sessuale. Queste voci parlano a chiunque si sia mai posto delle domande sulla sessualità, importa relativamente poco se omosessualità o eterosessualità: sui bisogni e desideri, sulla vita affettiva come complemento alla vita spirituale, sull’astinenza e sulla castità. Queste suore, questi frati e preti sono andati alla scoperta di sé e hanno scelto di mettere al primo posto Dio e la preghiera

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per la loro crescita come persone. Sono andati oltre le barriere poste dall’istituzione perché la persona possiede una verità che va oltre qualsiasi istituzione. Hanno osato interrogare Dio nel fondo del loro essere al di là degli insegnamenti della Chiesa rimanendo nella Chiesa, nel suo seno, anzi nel cuore di essa. Hanno osato interrogare Dio a partire dalla loro esperienza e quindi a partire dalla loro verità per scoprire che, se un figlio di Dio ha trovato la verità sul Dio cristiano, non ha mai in tasca la verità sull’uomo, essere complesso e in parte sempre misterioso. Queste suore, questi frati e preti, interrogandosi a partire dal loro vissuto e dalle loro emozioni, anche fisiche, non hanno più avuto paura di guardare in faccia ciò che era sempre stato presentato loro come tabù e cioè la sessualità, oggetto di paure e quindi di silenzio all’interno della Chiesa cattolica. Quanti hanno intrapreso il cammino verso la scoperta di una parte importante di sé, al di là del coperchio che la Chiesa metteva sopra questo aspetto, hanno provato sulla propria pelle la bellezza della dimensione sessuale nella vita dell’essere umano (penso a don Elia e al suo grande amore, oggi scomparso, quando dice “con lui fare l’amore era veramente pregare”). Alcuni hanno quindi approfondito la nozione di castità come percorso e non come regola imposta; altri, invece, sperano di incontrare l’anima gemella per completare il loro ministero; altri ancora hanno trovato e stanno in una relazione stabile, seppure segreta, che li aiuta nel cammino. Molti hanno anche riflettuto sulla differenza tra amicizia e amore e sulla differenza tra sesso e amore (penso alla saggezza di don Giuseppe “se uno si abitua troppo a fare sesso, rischia poi di non saper più fare l’amore”). Tutti hanno dovuto fare i conti con la scoperta di essere diversi, di rappresentare una minoranza, di uscire dall’unico canone proposto dall’educazione dominante, specialmente cattolica e da una buona parte della società italiana e fare i conti con ciò che è stato loro presentato da sempre come devianza o, per alcuni, malattia. Perciò queste voci parlano anche a chiunque si sia mai inter-

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rogato sulla norma e la sua trasgressione, sulla normalità e la distanza critica da saper prendere dai modelli proposti/imposti. Le suore, i frati e i preti, tutti, hanno dovuto interrogarsi in modo particolarmente acuto per sopravvivere e confermare la loro scelta di appartenere a un’istituzione che nega una parte del loro essere. Quindi hanno dovuto distanziarsi dall’educazione ricevuta, rivedere i loro modelli, capire che quello che ieri era stato presentato loro come depravato, oggi appartiene al vissuto di loro stessi. Hanno dovuto imparare la decostruzione dell’immagine negativa che avevano sempre avuto sotto gli occhi per potersi costruire (padre Arnaldo, con la sua arte della formula d’impatto, lo dice bene “se i froci vanno impalati era meglio essere altro”). Hanno dovuto edificare una loro personalità senza un modello di riferimento (don Giuseppe ricorda: “Si vedeva sempre Biancaneve baciata dal principe, che me ne facevo io?”). Hanno dovuto superare il senso di colpa elaborato fin dall’infanzia (frate Edoardo: “Dentro di te, fin da piccolo, senti che la tua diversità è una cosa da tenere nascosta”). Hanno avuto quindi il coraggio di mettere in luce ciò che volevano a tutti i costi nascondere prima di tutto a loro stessi (sempre padre Arnaldo: “Era meglio non dire a se stesso di esserlo”). Questa scoperta di sé hanno dovuta farla in un ambiente in cui parlarne era impossibile (Annalisa rammenta: “Spesso capitava, ad esempio, a tavola di sentire parlare dell’omosessualità in modo molto negativo, e dentro di me dicevo: ‘Stanno pensando questo di me’. Vivevo con un sentimento di solitudine e di abbandono”). Tutte le persone intervistate per questa raccolta hanno dovuto doppiamente fare i conti con la norma: la norma della vita religiosa o sacerdotale (castità e obbedienza) e della società (in modo particolare della società italiana che non è certo quella americana, svedese, spagnola o olandese). Sono state doppiamente messe ai margini ma, nonostante tutto, il loro percorso interiore ha fatto scoprire loro, come non potrebbero mai essere altro da ciò che sono. Hanno scoperto che Dio li

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ha creati così, li ama così e che questo loro essere è una delle tante diversità del creato, una delle tante possibilità e bontà di ciò che è, essendo buono tutto ciò che Dio ha creato. Hanno scoperto quindi che in questa Chiesa e in questa società hanno un loro posto. Hanno capito che l’importante non è tanto con chi si fa l’amore, ma come lo si fa, che la bontà dell’essere risiede in come vive la sua umanità nelle sue relazioni con gli altri, come e cosa sa dare, come e cosa sa ascoltare. Hanno capito che per essere degni del ruolo affidato loro nella Chiesa e nella società non conta tanto se hanno una relazione ufficialmente proibita, né con chi hanno questa relazione, ma dipende da come ascoltano e accolgono gli altri, da come incarnano la misericordia e il perdono di Dio, da come riescono a riconciliare e dare pace alle persone. La loro sessualità riguarda la loro vita e coscienza: come dice padre Arnaldo, “su di me che ho peccato molto […], la misericordia di Dio fluisce in abbondanza”. È questa misericordia, questo perdono, questo ascolto che i preti omosessuali di questo libro vorrebbero dare ai fedeli, cercando a più livelli di includere e non escludere, accogliere e non condannare, sia nel confessionale sia dal pulpito. Continua...

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DON GIUSEPPE: IN PACE CON UN’IDENTITÀ PLURALE

Mi chiamo Giuseppe, don Giuseppe per molti, o semplicemente “il don”. Vorrei cominciare con la fine. Avere fatto pace con la realtà omosessuale mi ha aiutato a comprendere tutta la mia vita in senso positivo: una vita complessa, un’identità insieme unica e molteplice. Nel momento in cui mi sono detto “Giuseppe sei gay”, mi sono anche detto “non sei solo questo, sei una pluralità di realtà”. È stato come dire Giuseppe è biondo, e quindi senza che questo generi ansia. L’ho integrato nella mia vita: io sono anche questo. Finalmente questa parte di me non era più un capitolo a parte. Per la mia generazione non è semplice. Ho 46 anni e sono prete da 20. Averlo integrato mi ha reso felice e lo sento come una risorsa, anche per il mio ministero, anche quindi per il mio essere prete, perché l’affettività e la sessualità non sono delle cose da nascondere, ma sono delle grandi risorse spirituali e pastorali. Il modo in cui ho riscoperto, amato e quindi vissuto l’affettività e la sessualità non più come qualcosa di pericoloso ma come una parte di me, ne fanno una risorsa. E visto che faccio il prete avere integrato la sessualità nella mia personalità è una fonte di libertà che si comunica alle persone. Se fossi montatore di caldaia avrebbe un impatto sulle relazioni diciamo minore, ma visto che il mio mestiere è di mettere in relazione il vangelo con la vita, ha un impatto forte sulle persone. Scoprirsi (gay): un cammino d’approfondimento spirituale La pace tra il cammino cristiano e l’essere omosessuale è stato rivitalizzante da un punto di vista spirituale: ho contemporaneamente scoperto i gruppi di cristiani omosessuali e riscoperto la Parola, scoperto me stesso come un tutto complesso

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ed organico e riscoperto la Parola di Dio per me. Ricordo una notte di Natale quando ascoltando il testo della liturgia che diceva “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”, avvertii la profonda sensazione che era per me, quel popolo ero io. In quel momento ho sentito una parola vera, come in un momento di estasi. Un’altra volta, mentre leggevo il vangelo al mattino presto, mezzo addormentato davanti alle signore anziane della messa feriale, ho trovato questo passo “bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato”. Subito mi sono detto, “vero!”. Io avevo chiesto di essere liberato dai pensieri impuri, di essere guarito dall’omosessualità ecc. e Dio mi ha detto: “sì risponderò alla tua preghiera, ma non come la pensi tu. Ti darò io cose buone”. E così sento che Dio mi ha dato degli amici nuovi, altri preti gay con cui confrontarmi, una consapevolezza, un accettare quello che sono, ma non passivamente. Sento di aver ricevuto da Dio molto di più di ciò che avevo chiesto. Quando ho cominciato a frequentare i gruppi di credenti omosessuali, la prima cosa che volevo era cominciare a conoscere persone come me, poi in un secondo tempo è nato il desiderio di vivere fisicamente la sessualità. Prima della mia consapevolezza vivevo la mia affettività come una scatola chiusa e solo con me stesso. Avere una relazione era per me una cosa totalmente estranea e impossibile come andare sulla Luna. Quindi mi ero messo il cuore in pace. Ma a partire dal mio cambiamento ora sentivo un gran bisogno di scoprire tutto e di riempire di senso le cose che stavo capendo. Perciò ho iniziato a frequentare i gruppi, a incontrare altri preti gay, a incontrare persone come me. Meno male che Dio non ha ascoltato le mie preghiere quando gli chiedevo di “guarire” dalla mia omosessualità! Dio è proprio un padre che dà cose buone perché Lui sa di cosa hai realmente bisogno. Questa scoperta mi ha molto promosso come prete e come uomo. All’interno della Chiesa chi vive l’omosessualità in maniera integrata, anche se a volte ancora in maniera problematica, come è per me, è quasi “costretto” a evolversi spiritualmente

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per raggiungere una maggiore libertà e ”adultità” nella fede. Il bambino è colui che deve chiedere in tutto il permesso alla maestra, anche per prendere la penna o uscire dall’aula. Tanti cristiani omosessuali, così come tanti preti, rischiano di vivere più come bambini invece che da adulti la loro vita di fede ed ecclesiale, aspettando sempre che sia il Magistero a dare l’ok per le coppie omosessuali. E finché la Chiesa non produrrà un documento o un permesso, restano solamente a livello di paura o di critica, rimangono, a mio avviso, succubi di loro stessi e fanno rimanere succubi gli altri. Poi però si riservano spazi separati di sfogo della loro affettività e sessualità. Ma tutto questo non fa crescere né loro stessi, né la Chiesa. Ho iniziato ad affrontare tutto questo a 30 anni passati, e fin da subito ho sentito di dover crescere come persona umana. È facile uscire, sfogarmi in qualche pulsione, poi confessarmi e rientrare come se niente fosse. Ma io non ci riesco perché questa sarebbe davvero una doppia vita. Invece la sintesi mi costringe a crescere come cristiano e come prete. Dopo essermi scoperto omosessuale, ho avuto subito la necessità di comunicare la mia nuova consapevolezza alle persone a me care. Sono di una famiglia molto credente e molto aperta: l’ho detto subito alle mie sorelle, a mio fratello e ai miei cognati. Non hanno manifestato problemi nei miei confronti ma al contrario una piena accoglienza, e mi hanno chiesto di aiutarli a capire perché era una realtà che non conoscevano o conoscevano poco. L’ho detto anche agli amici più vicini, e qualcuno dopo questo si è aperto di più sulla sua vita di coppia eterosessuale. L’apertura genera apertura. Di questo sono convinto. L’ho vissuto e lo vivo in famiglia ma anche nel mio lavoro pastorale, con giovani e anziani, eterosessuali ed omosessuali. È nell’anno 2000, l’anno del Giubileo e della Porta Santa, che ho iniziato a vivere questa liberazione dal sapore biblico. Il profeta Isaia scrive nel suo libro al capitolo 9: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”, un cammino che per me è stato travagliato e che è ancora in corso, ma che mi fa sperimentare la luce e la guida di Dio. Quando ho

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varcato questa “porta santa” della mia vita che pensavo fosse invalicabile, mi sono sentito in pace. Ho accettato quello che sono e questo mi ha anche fatto scoprire di più l’essere “uomo”. Uno dei motivi dell’omofobia è che l’omosessualità sembra rimettere in questione l’essere uomo o donna. Nella mia generazione c’erano pochi modelli: l’idea è che tutti i maschi giocassero a calcio e l’omosessuale fosse solo un depravato ed un “non uomo”. Ma poi si scopre che non è proprio così e che l’essere uomo non dipende né dall’amare il calcio né dall’orientamento sessuale. continua....

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