Il custode del settimo sigillo

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Adriano Cioci

il custode del settimo sigillo prefazione FRANCo di mARe 1


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Adriano Cioci

IL CUSTODE DEL SETTIMO SIGILLO Romanzo

Prefazione

FRANCO DI MARE

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© Il Segno dei Gabrielli editori 2013 Via Cengia, 67 − 37029 S. Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail: info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-183-6 Prima edizione: maggio 2013 Stampa Litografia de “Il Segno dei Gabrielli editori’’, San Pietro in Cariano (VR)

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A Carlo, mio figlio, compagno di viaggio e di suggestioni in terre straordinarie

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Questa è una storia di fantasia, I PERSONAGGI SONO IMMAGInARI. ogni riferimento a persone e situazioni è casuale.

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PREFAZIONE Franco Di Mare

Difficile stabilire i confini tra realtà e fantasia. Soprattutto quando le linee di demarcazione passano non soltanto sui terreni della storia, ma si spingono oltre, verso la narrazione popolare e la leggenda. Se a questo si aggiungono altri elementi, legati alla sfera della religione e al desiderio di scoperta di alcuni enigmi irrisolti sin dall’alba dell’uomo, allora l’operazione si può ritenere impossibile. Oggi molta letteratura, legata al filone del thriller teologico, viene spesso impostata sulla volontà di inquietare il lettore, quasi si avvertisse latente la necessità di avvolgerlo in un groviglio di ansie e di paure. Come se non bastasse, per raggiungere lo scopo, si scomodano trame, personaggi e organizzazioni, di frequente slegati tra di loro, in un miscuglio eterogeneo e frammentato, dagli esiti sempre più esilaranti, tanto da far sorridere persino il più azzardato degli scrittori fantasy. Altro è l’indagine, seppure romanzata, intorno alla “verità”, che è comunque sete di conoscenza, desiderio di scoprire se davvero quella linea sottile che attraversa i testi delle nostre cronache antiche, ufficiali e non, venga interrotta oppure, nonostante le nebbie dei secoli, riesca ancora a condurre l’uomo alla propria, vera, dimensione. Ed è su questo sentiero, alquanto accidentato, che va individuato il senso narrativo del romanzo di Adria7


no Cioci, attraverso un viaggio che vede i protagonisti, mai rassegnati, alla ricerca di una “verità” che reale non è – per stessa ammissione dell’autore – ma che potrebbe esserlo. Matteo, un giovane archeologo italiano, impegnato anche sul fronte personale e intimo dell’analisi del proprio passato, viene incaricato di indagare su una delle più suggestive leggende della tradizione cristiana e islamica: quella dei Sette Dormienti. Ovvero i sette personaggi partiti da Efeso nel III secolo e giunti, forse, in Africa Settentrionale per sfuggire alle persecuzioni dell’imperatore romano Decio. È un viaggio lungo e pieno di insidie il suo, che lo condurrà, insieme ad un frate francescano e ad un’affascinante archeologa, a toccare alcuni significativi luoghi dell’area mediterranea, dalla Tunisia alla Turchia, dalla Palestina alla Siria e alla Giordania, passando per la Città Eterna e approdando infine a Chartres dove, all’interno della imponente Cattedrale, la intricatissima storia potrebbe trovare il suo epilogo. In questo itinerario compaiono altri personaggi, spuntano fuori documenti inediti, pronti ad ammonire e presagire intorno alle sorti dell’umanità. E quando tutto sembra ricomporsi, accade sempre l’imprevisto che rimette tutto in gioco. L’impianto narrativo de “Il Custode del Settimo Sigillo” è robusto, eppure viene sempre da pensare alle circostanze, alle possibilità che tutto possa cadere in frantumi, se solo per un attimo si mettesse in dubbio che quel castello di carta, proprio perché di documenti antichi si tratta, sia in parte inventato. Ma non sempre è così. Perché se la narrazione è spesso frutto della immaginazione, i riferimenti bibliografici – vangeli canonici, 8


apocrifi ed altri testi – sono tutti, o quasi, verificabili. Fanno eccezione le pagine di un archivio segreto forse inesistente, ma non del tutto improbabile. E allora la tensione che muove il romanzo sale sempre, e con essa – nonostante l’imbarazzo dei personaggi davanti a sconcertanti rivelazioni sulla cristianità – sale anche quell’approccio positivo e disinibito verso i pilastri della religione. Così il lettore potrà trovare qualche spunto in più, non soltanto sugli itinerari della storia e della fede ma anche, e soprattutto, per interrogarsi sul proprio destino.

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PERSONAGGI

Matteo Benedetti, giovane archeologo romano Karim, giovane archeologo tunisino Yassine, anziano saggio del villaggio di Chenini (Tunisia) Bertrand, ex ufficiale dell’esercito francese Ben Ammar, commissario di polizia di Tataouine (Tunisia) Aicha, giovane archeologa tunisina Padre Alberto, frate francescano, custode del Santuario di Meryem Ana (Turchia) Nazif, dipendente del Museo Archeologico di Izmir (Turchia) Suor Serena Rizzo, suora francescana, esperta di lingue antiche Ariel Aubert, studioso francese di testi antichi Yadin, tenente della polizia di Gerusalemme Padre Fabian, frate francescano, fratello di Ariel Aubert Padre Aurelio Bontempi, frate francescano, studioso di testi biblici De Luca, ispettore del commissariato di Roma Padre Filippo, frate francescano, custode della Casa di Anania a Damasco Nadir, guida araba nel deserto del Wadi Rum (Giordania) 13


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1. Chenini (Tunisia), giugno 2011 d.C.

Yassine stava seduto in terra, sopra una coperta di lana blu. Una gamba ripiegata sotto il bacino e l’altra a formare un triangolo, nascosta dalla tunica chiara. Nella mano sinistra, tesa, spuntava un mozzicone di sigaretta ormai spento. Il volto rosso scuro, inciso da profonde rughe e ricoperto da una corta barba, sembrava eternamente volgere verso il cielo, a carpire lo scintillio delle prime stelle. − Avete deciso di tornare, dunque − pronunciò alla loro vista, senza voltarsi e facendo cenno con la mano di accomodarsi davanti a lui. Esitarono un momento, forse per individuare il punto preciso dove sedersi. − Abbiamo avvertito − esordì Matteo − la necessità di un colloquio con lei... prima di procedere all’apertura della tomba... −. − Il cielo, quando si lascia osservare − parlò il vecchio sopra le ultime parole di Matteo, − diventa un libro aperto. Ogni stella ha un suono, ogni costellazione ci manda un preciso messaggio. Una lettura che è come un racconto, senza mai fine... −. I due restarono in silenzio, per il timore di interrompere l’austerità di quel monologo. − Eppure − continuò Yassine, − non si tratta di interpretazione, come voi potreste pensare, ma solo di una semplice traduzione che non lascia spazio a dubbi. La volta celeste racconta la storia dell’intera umanità... Ma − si scrollò − non è per questo che siete venuti. Parlate, vi prego −. Adesso era ancora più difficile, per loro, fare domande. Karim si fece animo: − Siamo stati incaricati dalle nostre rispettive università di scoprire cosa custodiscono le sepolture... e, ancora prima, di indagare intorno 15


ad una delle più suggestive leggende della tradizione cristiana e islamica: quella dei Sette Dormienti, ovvero i sette personaggi partiti da Efeso nel III secolo e sbarcati chissà dove per sfuggire alle persecuzioni. Trovarono rifugio in una grotta e si addormentarono per trecento anni... −. − Sì − lo interruppe il saggio, − questo me lo avete già detto l’altra sera. Conosco la ragione che vi ha portato qui. So anche che oggi vi siete fermati, ad un passo dall’apertura −. − Siamo stati costretti a rimandare − si intromise Matteo − a causa del caldo insopportabile, poi per il vento fortissimo che si era alzato. Abbiamo pensato che sarebbe stato meglio concederci una pausa −. − Il cielo... − pronunciò a bassa voce il vecchio. − Ma lei, Yassine − riprese Matteo, eludendo la sua ultima parola, − cosa sa sulla leggenda dei Sette Dormienti? Delle tombe oblunghe che sono ai piedi della piccola moschea? Sulla relazione che intercorre tra le due cose, se pure vi fosse un legame? −. − Tante domande insieme! − fece notare l’anziano berbero. − Ha ragione − si scusò Matteo. − Molti anni fa − riprese Yassine, − subito dopo la guerra, si presentò a Chenini un uomo, un ex colonnello dell’esercito francese, il quale asseriva di essere entrato in possesso di un documento eccezionale, redatto in greco ellenistico: il primo riferimento, in assoluto diceva lui, intorno ai Sette Dormienti... −. − Sta alludendo al famoso testo greco disperso − si inserì Karim, − quello tramandato da Metafraste, sul finire del decimo secolo, non è così? −. − No, secondo quanto riferito dall’ufficiale! Anche se su questo argomento non è stato generoso di particolari. Ho riflettuto a lungo sul resoconto del francese e sono giunto a due ipotesi. La prima: Metafraste potrebbe non aver tramandato alla lettera il testo greco 16


creduto originario, revisionandolo al punto da snaturarlo. La seconda: che ci sia davvero una versione della leggenda dei Sette Dormienti ancora più antica, quella, appunto, capitata tra le mani dell’ufficiale −. − Potrebbe esserci una terza ipotesi − insinuò Matteo. − Che il nostro colonnello abbia bleffato −. − La letteratura sull’argomento è vasta e diverge su molti particolari. Se mettiamo a confronto le versioni più note, appaiono molte discordanze, sia nei contenuti che nei luoghi di provenienza e di arrivo dei nostri personaggi. Il loro denominatore comune è il sonno in funzione dell’attesa per giungere alla verità −. Matteo, a quel punto, iniziò a chiedersi chi fosse veramente Yassine. Il saggio del villaggio, nel pensiero comune, è colui che detiene la conoscenza del luogo, la custodia delle tradizioni, il mezzo per tramandarle, uniti ad una filosofia semplice ed arcana. Yassine incarnava questi aspetti, e persino l’argomento sul linguaggio del cielo e delle stelle poteva rientrare in tale ottica, ma le sue espressioni, compiute e profonde, il modo di parlare erudito, le molte citazioni sull’argomento dei Dormienti, ne tradivano il ruolo. Probabilmente anche Karim stava rimuginando quei pensieri, perché quando il vecchio riprese a disquisire, i due archeologi si scambiarono uno sguardo di intesa che non lasciava dubbi. − Gregorio di Tours ambienta la narrazione in Gallia, al tempo dell’imperatore Diocleziano, legando i sette santi alle popolazioni degli Unni e dei Sassoni. I protagonisti effettuarono un pellegrinaggio in Terrasanta e al loro ritorno sprofondarono in un lungo sonno, al termine del quale vennero seppelliti. Jacopo da Varazze ambienta la vicenda, ma non è il primo a farlo, ad Efeso, al tempo dell’imperatore Decio Massimo, tra il 249 e il 251. Costui aveva imposto ai cristiani di Efeso il riconoscimento degli dèi pagani, pena la morte. Fu così che i Sette decisero di rifugiar17


si sul Monte Celion, in una grotta che gli stessi aguzzini di Decio murarono. Qui caddero nel sonno per circa centoventi anni. Al loro risveglio, al tempo di Teodosio, il cristianesimo era diventato, ormai, la religione dell’Impero −. − Questi sono tutti elementi che abbiamo approfondito prima di venire qui − disse Matteo, − ma la prego, continui a parlare del colonnello francese... −. − Un momento − si inserì Karim, − stiamo dimenticando due tappe importanti: i contenuti dell’omelia di Giacomo di Sarug e quelli del Corano. La versione cristiana del primo è ritenuta tra le più accreditate, oltre che tra le più antiche. Nella Sura coranica XVIII ci sono molti altri particolari che farebbero pensare ad una connessione con Sarug... −. − Non volendo − lo interruppe Yassine, − ti stai avvicinando ad alcuni elementi contenuti nel racconto del Colonnello, anche se siamo ancora molto lontani dalla verità. Bertrand, questo è il suo nome, mi disse che aveva effettuato lunghe comparazioni tra il manoscritto in suo possesso, i testi degli autori prima citati e i versetti della Sura, al fine di capire se qualcuno degli estensori avesse avuto conoscenza del testo in greco ellenistico, con lo scopo di tentare di dipanare l’intricato groviglio su una possibile decifrazione dei luoghi. Probabilmente, dalla sola lettura del testo originale, il francese non era venuto a capo di questo enigma. Asseriva, come è giusto, che soltanto un riferimento geografico certo poteva aprire la porta ad una seria ricerca sul campo. Da dove erano partiti i Sette, o meglio dove abitavano all’inizio della storia? E mi spiegò che Efeso, citata dal Varazze, poteva essere riconducibile al testo del Corano, seppure non se ne faccia cenno. Però una serie di elementi favorirebbe l’ipotesi che Efeso sia stata veramente la città dei Sette: il clima religioso che si viveva nel primo cristianesimo, gli abbondanti riferimenti a imperatori, vescovi ed altri personaggi −. 18


A quel punto Matteo non ebbe più esitazioni e, senza uno sguardo d’intesa con il collega, pronunciò con garbo: − Queste sue conoscenze, alquanto erudite, sono proprie di uno studioso... sì, di uno specialista in materia... −. Ma l’interlocutore, come preparato a quella osservazione, non vi badò e riprese: − È sul punto di arrivo dei Sette che il ragionamento di Bertrand, sconclusionato e fantasioso quanto vi pare, mi dette da pensare. Ascoltate bene: al versetto 9 della Sura, mi ricordò il colonnello, c’è un nome, quello di ar-Raqim... −. − Ar-Raqim? Cosa c’entra? − chiesero all’unisono i due archeologi. − Vi è una strana consonanza tra un nome riportato sul testo in greco ellenistico riferito da Bertrand e quello sul Corano. Non è poco, visti gli scarsi riferimenti che emergono dalle varie versioni della leggenda... −. − Di Raqim − intervenne Matteo − si fa menzione nel versetto 18. L’allusione, però, sembra essere al cane che era al seguito dei nostri personaggi −. − Quella − riprese il saggio − è una delle ipotesi. Le altre rimandano al nome di un possibile fiume o, meglio, alla iscrizione posta all’ingresso della caverna ove i Sette, o quanti essi siano stati in verità, entrarono per cadere nel sonno. Nel qual caso, ar-Raqim potrebbe essere il nome stesso della caverna −. − Continuo a non capirci più nulla − fece Karim, scuotendo la testa e cercando conforto nell’espressione dubbiosa del collega. − Ar-Raqim, riportato nella Sura, potrebbe non significare nulla e allo stesso tempo lasciare il campo aperto a molte interpretazioni. Tutto questo se il testo, presunto originario, in mano a Bertrand, gli fosse giunto integro. Mancava, mi disse, di un piccolissimo lembo prima del prefisso ar-. Una convincente ricostruzione, come lui dice di aver fatto, potrebbe aver cambiato la leggenda in storia −. 19


− Non la seguiamo più − disse Matteo ormai disarmato. − Più che giustificabile. Ma vi prego di fare attenzione, perché questo è il primo elemento di un certo rilievo nel racconto di Bertrand. Nel piccolo lembo mancante vi è giusto lo spazio per altre due lettere che il nostro ufficiale ipotizzò in ks. Se uniamo queste lettere ad ar- abbiamo la parola ksar, e la zona dove noi ci ritroviamo è ricchissima del toponimo ksar che, come sapete, è assai antico e vuole dire granaio. Già dal tempo del possibile sbarco dei Sette in Tunisia i granai si ricavavano perlopiù dalle grotte... −. − E la grotta − si illuminò Karim − è uno dei punti nodali della Sura coranica XVIII e non solo di essa! −. − Certo − riprese Yassine. − Ma non basta, perché nella zona vicino a Chenini, proprio accanto a noi, un tempo vi era un granaio che portava il nome di Rakim, assai simile al Raqim del versetto 9, che è anche il nome che Bertrand giura di aver tradotto dal testo greco originario in suo possesso. L’assonanza è a dir poco sorprendente, non vi pare? −. Karim passò la mano sulla fronte imperlata di sudore: − Una storia sconcertante, su questo non vi è alcun dubbio. Ma lei crede a tutto quello che ci ha riferito? −. − Perché non crederci? − rispose Yassine con naturalezza. − D’altra parte, la storia o la leggenda dei Sette Dormienti deve pure avere una sua genesi, una fonte primaria, un punto di partenza, dal quale gli estensori successivi hanno attinto e poi effettuato varianti a loro piacimento. Il fatto che questa fonte sia stata ritrovata, o capitata casualmente nelle mani di un ex ufficiale, non mi turba affatto −. − Vorrei − intervenne Matteo, nel tentativo di fare chiarezza − fissare alcuni punti: il primo è che intorno a questa leggenda, o chiamiamola come ci pare, vi è un groviglio di versioni. E su questo siamo perfettamente d’accordo. Il secondo è che questo miste20


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