Freaks#2 Fe-Male

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#2 2013/ FREEMAGAZINE /

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FE-MALE

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Maria Adriana Prolo, definita da qualcuno “fon-

datrice di musei”, donna rigorosa e severa, ci accompagna in occasione del secondo numero di Freaks, all’inaugurazione del nostro personalissimo e malizioso museo universale del cinema dedicato alla parte femminile oscura e inesplorata, la donna Fe-Male. In primis, dopo aver omaggiato con devozione l’icona immortale di Theda Bara, ci inoltriamo curiosi nei meandri affascinanti di questo universo complicato e veniamo immediatamente rapiti dalla bellezza a tratti perversa che ci circonda; la benda inquietante di Elle Driver ci accoglie all’ingresso indicandoci il voluttuoso rapporto a distanza tra Tallulah Bankhead e Bette Davis, poi il Diavolo ci mette la coda insidiando le anime delle attrici alle prime armi, ma alcune vecchie conoscenze d’oltralpe come Isabelle Huppert e Emmanuelle Seigner l’hanno venduta già da tempo, tuttavia, per campanilismo o solo per la sua misteriosa bellezza il nostro cuore batte forte vedendo Monica Vitti che ci sorride sorniona… Ma cosa c’entrano Tarzan e Lina Volonghi in questo luogo di perdizione? Come al solito a Steve Della Casa l’ardua sentenza… Uno sguardo al cielo e tutto si fa liquido con la pallida Margaret in una coloratissima orgia postpunk, e infine il gran finale pirotecnico a stelle e strisce; senza opporre alcuna resistenza terminiamo la nostra visita nel tourbillon erotico e gioioso delle amazzoni deliranti di Russ Meyer! Buona visione. Stefano Delmastro / Roberto Melle

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/Copertina: Dario Quatrini

Alla regia di FREAKS #2 /Editore: HI-MEDIA di Giancarlo Musto via Cernaia 25 - Torino /Direttore responsabile: Antonio Verteramo /Regia: Roberto Melle, Stefano Delmastro /Aiuto regia: Pierpaolo Bottino /Collaboratori: Filippo D’Arino, Matteo Emme, Mario Fassio, Mauro Melis, P. Palù, Gabriele Peirolo, Dario Quatrini, Giorgio Rubbio, Selvaggia Scocciata, Francesca Trinca. /Ringraziamenti: Guido Catalano, Steve Della Casa, FIP Film Investimenti Piemonte, Fondazione Sandretto Re Rebaudendo, Vintage Movie Collection, Vitaliano Crispo. /Con la collaborazione di

http://www.miraggiedizioni.it http://www.guidocatalano.it

/Pubblicità: HI-MEDIA: emotional communication via Cernaia 25 - Torino - tel. +39 011 6694724 P.I. 10194980016 commerciale@freaksmagazine.it /Seguici e contattaci su: www.facebook.com/FreaksZine oppure cercaci e scaricaci su: www.issuu.com/freaks_mag scrivici a: redazione@freaksmagazine.it

/Stampa: GRAFART Corso Novara 35 • 10078 Venaria Reale (TO) • tel: 011 4551433

Autorizz. del Tribunale di Torino n° 14 del 21/05/13 Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione.

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29_Freaks inside PH. by Vitaliano Crispo

13_Le carte in tavola G. Catalano

28_Lyrics

FREAKS Poetry

FREAKS Concept

INDEX

24_Seigner: ovvero della Boheme in tinta sadomaso A. Verteramo

10_Altro Mondo Studios R. Melle

6_Theda Bara P. PalĂš

4_Maria Adriana Prolo Emanuele Tealdi - AMNC

18_Eva contro Eva F. Trinca

16_Kill Elle F. d’Arino

8_Fa male al cuore P. Bottino

26_Il senso di Isabelle per la nevrosi M. Fassio

12_Someday my prince will come G. Peirolo

22_Soul for sale S. Scocciata

21_Ladies in the dark S. Della Casa

14_Vintage Movie Collection

20_Tutto parla di te

FREAKS Concept

FREAKS Interview (FIP)

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MARIA ADRIANA PROLO VISIONARIETÀ E DETERMINAZIONE FEMMINILE di Emanuele Tealdi - Associazione Museo Nazionale del Cinema

Per quelli della nostra generazione, che si sono accostati al cinema a Torino negli anni Duemila, uno dei più grandi crucci è stato quello non aver avuto la possibilità di conoscere, dal vivo, quella che si può tranquillamente annoverare tra le donne più importanti del cinema italiano:

Maria Adriana Prolo, la fondatrice del Museo Nazionale del Cinema. Donna rigorosa e severa, riservata ma a proprio agio con i grandi del cinema mondiale

(da Henri Langlois a Francesca Bertini, da Hitchcock a Fellini). In pochi potevano permettersi di darle del tu, ne sa qualcosa Gianni Comencini, presidente della Cineteca di Milano: “Restiamo al voi, la sua Cineteca è una cosa, il mio Museo un’altra”.

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Questo mix di visionarietà, di indomabilità ed intuito femminile fa di Maria Adriana Prolo una voce unica nel panorama cinematografico italiano. Qualcuno l’ha definita fondatrice di musei (suo anche il Museo Etnografico nel sua Romagnano Sesia), ma la grandezza di Maria Adriana Prolo va ricercata soprattutto nella visionarietà di tale progetto, la visionarietà di una signorina, poco più che trentenne, che nell’estate del 1941 annota sul suo taccuino il famoso “Pensato il Museo”. Pensiero che attraverserà una guerra mondiale, le difficoltà del periodo della ricostruzione, la precarietà dei finanziamenti pubblici, senza mai perdere fiducia. Tra ossessivi contatti con grandi collezionisti di tutto il mondo (“Non ha avuto una vita facile, con tutte la maledizioni che gli ho mandato!” disse di un collezionista reo di non averle venduto una macchina da presa pregiatissima e introvabile) e umili recuperi di materiali e pezzi di pellicola nei mercati di Porta Palazzo o tra le vie del Balôn. Quella piccola annotazione diventerà una grande realtà italiana quando, 17 anni anni dopo, verrà inaugurato il Museo Nazionale del Cinema, nelle sale di Palazzo Chiablese prima e in quelle della Mole Antonelliana poi. Visionaria e, a discapito del classico soprannome tipico dei piemontesi bogia nen, volitiva, dinamica e freneticamente attiva. Come quando, nel 1961, venne a sapere che a Parigi avrebbero demolito un edificio in cui vi erano situati gli uffici di un noto produttore francese: immediatamente partì, con una Fiat 600 e con Roberto Radicati alla guida, diretti alla capitale francese. Giunsero a Parigi, individuarono l’edificio, riempirono la 600, con foto, dossier, sceneggiature e documenti vari, e ritornarono in Italia. Questo mix di visionarietà, di indomabilità ed intuito femminile fa di Maria Adriana Prolo una voce unica nel pa-

norama cinematografico italiano, creatrice e paladina della memoria storica cinematografica e non, personalità di cui è un dovere morale mantenerne vivo il ricordo; infine una donna che tutti noi non avremo mai ringraziato abbastanza.

Maria Adriana Prolo inaugura un’ala nuova del “suo” museo

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Testi e layout: P. Palù

Inchinatevi, voi devoti peccatori in celluloide! Siete di fronte a dove tutto ebbe inizio… Potete finalmente vedere chi ha

indicato la strada della proiezione dissoluta e tentatrice che ha reso per sempre schiavi gli occhi di malcapitati spettatori inconsapevoli. Senza di lei non esisterebbero Brigitte Helm, Tura Satana e tutte le altre Vamp della storia del cinema; lei è stata la prima e lo sarà per sempre, provate a chiederlo a Bela Lugosi che della sua figura ne fece malattia mai corrisposta. Lei è il simulacro della “Morte Araba” che corrompe lo spirito più puro, la femmina fatale, l’icona Fe-Male primigenia, e noi ci prostriamo ai suoi piedi senza opporre resistenza.

Lode a te quindi Theodosia Burr Goodman, o Theda Bara, come preferite…

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ALLINA? RUGHE DA SHAR P G I D E P EI? ZAM L E L R O T S S I O P I T P T O A D L E E A N SCELLE ?

OVA MANT

Pagina pubblicitaria a cura della redazione. Il soggetto è di pura fantasia.

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Fa male al cuore ammetterlo, ma non è credibile pensare che le donne del cinema siano solo uno stereotipo mieloso, ammiccante e sottomesso ad un epilogo a lieto fine con il ragazzo della porta accanto. Ad ascoltare le ragioni del cuore, sarebbe una noia mortale. Le donne lo sanno bene: il cinema più intenso al femminile è delineato da sfumature ben più complesse e torbide. Il punto è che (il cuore) non può battere per abitudine, monocorde, senza perdere mai un colpo. Perlomeno nei sentimenti, s’intende. Nella realtà è ben altro quello che ci aspetta: se lo si ascolta in silenzio, con attenzione, racconta tutto lo spettro emotivo, senza inganni di sorta.

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Il cuore esplode sul grande schermo in Kill Bill parte seconda, per mano della seducente Uma Thurman.

Un solo colpo, anzi in una tecnica, quella dell’esplosione con i cinque colpi delle dita. Per farla finita, per ridurre lo spazio tra vendetta e sentimento, tra scontri impossibili al sapore di spaghetti Western e Kung Fu, sotto l’occhio attento di un superlativo Tarantino. Le sue donne rivelano una forza inimmaginabile, in grado di superare le leggi della ragione e della fisica, attraversano la soglia della morte alla ricerca della redenzione. Un parto doloroso per dimenticare il passato, per vendicare il frutto di un amore negato, per riappropriarsi della vita, della propria figlia. Un ritorno alla carne, che cela tutta la fragilità di una donna innamorata. ”Io sono la donna più letale al mondo. Ma adesso, ho paura per il mio bambino.”

Il cuore racconta, attraverso la voce disperata, la

donna nel cinema e nella realtà. Il tormento traccia il percorso della grandissima Anna Magnani, regina del neorealismo italiano; la sua voce è un tuono che scuote l’anima, che incanta e trasmette tutte le inquietudini. Una “voce umana” racconta l’addio all’amore. Quella voce umana, scritta per mano di Jean Cocteau, che nella solitudine di una stanza travolge ogni silenzio. In occhi cerchiati da passioni turbolente, si leggono angoscia ed emotività sempre forti e contrastanti. Annarella amò strenuamente i suoi uomini e il suo lavoro, cercando di colmare quel vuoto che probabilmente una profonda insicurezza le imponeva. Le cronache raccontano di una memorabile sfuriata di gelosia, con relativo lancio di scarpa, dopo la premier del film “L’amore”, ai danni di un ignaro Roberto Rossellini, che per una Miss America di troppo (peraltro anche lei nel cast) si procurò un ematoma all’occhio. Una scena degna delle sue migliori interpretazioni, come se la vita sconfinasse nel grande schermo.

Il cuore è un fuoco per Monica Vitti, quella passione che la spingerà a diventare attrice. Una pulsione irre-

il cuore batte per i sogni, i tormenti e le verità che le donne irrequiete nel cinema, attraverso il tempo,

Infine hanno saputo donare.

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Testi: Pierpaolo Bottino

sistibile incendia la sua vita, una vera e propria “Avventura”, la dirige nel mondo del cinema. Quella fiamma brucia, arde e si nutre dell’approvazione della gente, dell’amore degli altri, di piacere; accende l’azione ed è smaniosa di sottoporsi a nuovi giudizi e a nuovi esami. Muta lo stile recitativo, da drammatico a comico, senza paura, per uno spirito sempre in continua evoluzione. Monica Vitti ne è conscia, ed ecco perché è l’emblema di questo fuoco. La sua bellezza folgorante, forse anche imperfetta, attraggono lo spettatore, lo ammaliano; in realtà c’è qualcosa di più. Una scintilla parte da due occhi azzurri, innesca la vampa del cuore, e fuoriesce roca dalla bocca. Una vera passione si sprigiona, il suo essere donna e le sue istrioniche doti di attrice sono il risultato di questa seduzione.


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Ho appena ricevuto la telefonata attesa da anni; una casa editrice mi ha appena dato un anticipo per realizzare il sogno di una vita. Scrivere la biografia postuma di un genio incompreso della regia di tutti i tempi, ovvero Russell Albion Meyer. Al secolo Russ Meyer.

questo mondo nuovo del tutto simile al nostro, la chiave corrisponde ad un alloggio che poi scoprirò molto confortevole situato in un villaggio sullo stile della serie “The Prisoner” ma in questo caso io non sono il numero 6... Una volta stabilito dove vivrò questa mia nuova vita nell’altro mondo comincio a prendere confidenza con questa mia nuova condizione, i soldi non servono, tutto è a disposizione secondo necessità, basta chiedere! Non ci sono differenze di razza o religione, tutti sono sereni, gentili e fanno quello che vogliono. Io decido di fare lo stesso e memore dello scopo della mia missione da vivo, decido di portarla a termine anche da morto; comincio così a cercare Russ Meyer ma non è facile, passo le mie giornate incontrando persone passate a miglior vita parlando con loro e continuo nella mia ricerca, mi sono anche chiesto se questo è il Paradiso oppure se esiste l’Inferno, il primo non è di sicuro perché oggi ho incontrato Bin Laden... Comunque sia, le mie ricerche hanno avuto successo, oltre ad Osama oggi ho incontrato anche Steve McQueen che mi ha detto dove trovare il mio uomo! Incredibile vero? Io mi ci sto abituando. Mi ha detto che esistono gli “Altro Mondo Studio’s” dove chi faceva cinema può continuare a coltivare la sua passione, lui invece va in moto tutto il giorno, fantastico! Ci vado subito ed è meraviglioso, incontro Louise Brooks che mi saluta cordialmente ma non sa come aiutarmi, poi vedo Marcello Mastroianni che invece mi accompagna in un capannone che sembra un circo dove mi dice che Russ Meyer sta collaborando con Fellini! Questo è troppo anche per me, l’emozione mi travolge ma essendo già morto, non mi viene un colpo. Come d’incanto eccoli che arrivano; passeggiano lentamente e parlano amabilmente dei loro prossimi progetti, Fellini gesticola e mima qualcosa di incomprensibile mentre Russ Meyer ride di gusto tirando da un sigaro ormai spento. Alla fine ce l’ho fatta, anzi direi che sono andato oltre, posso parlare direttamente con lui e fare insieme la sua biografia facendomi narrare tutte le curve femminili su cui ha indugiato con passione erotica attraverso la sua camera a mano, tuffandomi insieme a lui nei suoi ricordi da regista maniaco e maniacale, saltellando su enormi seni di ogni genere, ballando insieme alle Vixen sul suono delle onnipresenti e amate radioline a transistor anni ‘60... Che giornata ragazzi, è arrivata anche Bettie Page! Ma non è finita, la vera sorpresa è il sodalizio nato con Federico Fellini, infatti Russ Meyer sta pensando di fare un remake de “La Città delle Donne”, mentre Fellini, altrettanto cultore delle forme generose si è innamorato di “Lorna” e ne farà a sua volta una sua personalissima e come al solito onirica versione. Adesso si che sono in Paradiso, mio intimo e meraviglioso Eden per l’eternità! Tornando verso la mia nuova casetta vedo un campetto dove sta giocando il Grande Torino insieme a George Best e tanti altri campioni trapassati, si divertono e corrono come bambini...

I bagagli sono pronti in un attimo e con il primo aereo che riesco a prenotare -spendendo una follia- parto per Los Angeles. La prima meta è la casa dove morì nel 2004 trasformata ora in museo, poi ho intenzione di andare a San Leandro dove nacque nel 1922 per raccogliere testimonianze sulle sue origini, quindi devo intervistare Johon Waters il regista che considera “Faster, Pussycat! Kill! Kill!” il miglior film della storia del cinema... Poi Quentin Tarantino, Hugh Hefner e tutti i personaggi autorevoli da lui influenzati; chi ha lavorato con lui, le attrici che lo hanno ispirato diventando muse immortali come Tura Satana, che ahimè non potrò più intervistare, e un sacco di altri fenomeni a lui legati. Per ultimo voglio tenermi l’incontro con Julian Temple per fare chiarezza una volta per tutte sulla controversa faccenda del film “The Great Rock’n’Roll Swindle” il film sui Sex Pistols che Russ Meyer cominciò a girare nel 1980 per poi lasciare il lavoro incompleto abbandonando il set non senza problemi. Il progetto fu portato a termine da Temple tra diatribe legali e scuse ufficiali fatte poi allo stesso Meyer per delle presunte calunnie sul suo modo lavorare diciamo così, poco ortodosso... E se lo dice chi ha poi diretto Johnny Rotten sarei curioso di capire cosa successe veramente in quell’occasione. Detto questo, mentre sul volo diretto in California annoto minuziosamente tutta la monumentale serie di contatti ed incontri da fissare una volta arrivato, una turbolenza più decisa delle altre mi sveglia dal dolce torpore dei miei pensieri rivolti al meraviglioso lavoro che mi apprestavo a cominciare; uso il passato con cognizione di causa, perchè la turbolenza di cui sopra si è rivelata fatale, e dato che partire è un po’ morire, l’aereo su cui gioiosamente viaggiavo è caduto e io sono morto senza neanche accorgemene precipitando nell’oceano... Ora non chiedetemi se ho visto una luce o altre cose simili, l’unica cosa certa di tutta questa storia è che adesso mi trovo in una bellissima e confortevole sala d’aspetto di quello che potrebbe sembrare un hotel di lusso ma che in realtà non saprei definire con precisione, sedute con me ci sono altre persone che aspettano, nessuno parla ma ci guardiamo un po’ stupiti nell’attesa di vedere cosa succederà adesso. Sono sereno e consapevole di essere deceduto ma non sono triste, sono solo impazientemente curioso! Sono vestito in maniera diversa di quando sono partito, ma anche questa cosa mi sembra normale, nell’ordine naturale delle cose. Poi improvvisamente una signora si presenta come dal nulla e ci invita a seguirla verso una grande reception o qualcosa di simile, il suo atteggiamento è cordiale, i suoi modi squisiti e per nulla di circostanza; si rivolge a noi chiamandoci per nome e questo lo trovo invece strano ma anche divertente. Ad ognuno viene data una chiave con un numero, d’ora in poi vivremo in

Forse sto esagerando, spero di non svegliarmi...

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Testi: Roberto Melle

Bingo!


Testi e Layout: Gabriele Peirolo

Margaret, Margaret... cipria bianca sul volto emaciato, eroina naturalista eroinomane, fanciulla in pena post-punk, questa favola sci-fi ha in serbo per te un finale felice. Al prossimo ballo a corte, accompagnato da una tradizionale performance electro, le tue grazie attrarranno l’ennesimo aguzzino. Questa volta pagherà a caro prezzo la sua violenza.

La “piccola morte” che offrirai loro, ci penserà il principe a trasformarla in morte tout court. Scrittori junkie, professori pateticamente hippie, figli di papà della west coast e perfino Adrian, la minuta spacciatrice lesbica che ti sei scelta come fidanzata. Tutti periscono e svaniscono in un orgasmo di effetti speciali ottici e chimici.

Sulla tua vita pericolosamente newyorkese ora veglia infatti un principe sceso da una lontana stella. Qualche strega siderale lo ha mutato in frisbee, ma a suo vantaggio: può atterrare indisturbato sul tuo attico e da lì infilzarli, i bruti che ti offendono. Non con spade fatate ma con cristalli che attraversano cervella e cranio.

E se il fascino androgino che ti hanno cucito addosso non sortisce l’effetto sperato con l’altrettanto androgino Jimmy, nemesi-quasi-sorellastra, puoi prendere una volta tanto l‘iniziativa. I cortigiani di Manhattan ne hanno viste troppe per impressionarsi di fronte a una fellatio pubblica. O di fronte a un cadavere che si disintegra.

La sorpresa per queste morti prodigiose lascerà gradualmente spazio alla consapevolezza e infine alla complicità, quando sarai tu stessa ad attrarre gli ex-carnefici, ora vittime, nell’attico vista Empire State Building che tanto ricorda le soffitte delle sguattere con finestra affacciata sul Palazzo.

L’ultima violenza dovrai usarla a te stessa, un atto d’amore estremo. Niente mele avvelenate né pugnali. Dedica al tuo principe l’unica estasi che può provare una principessa anorgasmica, quella dell’eroina. Sarai felice e contenta negli attimi che precedono la vaporizzazione. liquidskythemovie.com

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Le carte in tavola Ho visto donne uscire in lacrime dal proprio parrucchiere maledicendo tinte, messe in piega, tagli, colpi di sole sbagliati ho sempre pensato che i cessi pisciati sia colpa dell’uomo finché una donna mi ha confessato che per non sedersi esse sono in grado di farla stando intrespolate in piedi sulla tazza e spisciazzando tutto ho visto donne strapparsi l’odiato vello dai loro corpi morbidi utilizzando tecniche degne di un inquisitore medievale soffrendo in silenzio ho visto gambe traballanti su tacchi inauditi sfidare le leggi della gravità dell’equilibrio e del buon senso ho avuto più volte la certezza che le borse delle donne siano portali dimensionali verso la sfera dell’entropia quasi tutte le donne si guardano di nascosto su qualsivoglia superficie riflettente ogni qual volta si presenti l’occasione per vedere se sono belle se la tua donna non lo fa mai preoccupati potrebbe essere una vampira

da quando sul mio blog ho messo una poesia che si intitola “io ho visto le donne nude” ho ricevuto - ad oggi - 18.414 visite di gente che cerca su google “donne nude” contro 18.290 che cerca il mio nome e cognome la poesia è stata inserita sei mesi fa il blog è stato aperto cinque anni fa immagino che chi cerca “donne nude” su internet all’alba del 2011 non possa avere più di dodici o tredici anni se io avessi avuto internet a dodici-tredici anni mi sarei devastato di seghe garantito al limone verde, signori mi spiace di essere andato fuori tema la poesia era iniziata bene comunque giuro che se leggerò ad alta voce questa poesia davanti a delle persone davanti a delle persone sensibili o a bambini non dirò seghe ma pippe o pugnette come fanno alla tele io per avere quasi quarant’anni ho visto pochissime donne nude vere pochissime ne ho baciate pochissime ci ho fatto l’amore le tette in assoluto è la mia parte preferita sessuale gli occhi quella che cambia le carte in tavola

da “Ti amo ma posso spiegarti” di Guido Catalano, http://www.guidocatalano.it Miraggi Edizioni

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Testi: Filippo D’Arino / Layout: Mauro Melis

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Elle Driver è membro dell’organizzazione criminale D.V.A.S (Deadly Viper Assassination Squad) sotto il nome in codice di California Mountain Snake. (1)

Spietata, avida, cinica, sadica, Elle risulta essere particolarmente a proprio agio nelle azioni in cui è fondamentale possedere una totale assenza di compassione verso il prossimo. Nel massacro ai Due Pini nella cappella di El Paso, Elle è stata capace di prendere a pugni e calci “La Sposa” (incinta all’ottavo mese), prima che il colpo di pistola alla testa sparato da Bill cercasse di finirla. A confronto, il crudele avvelenamento del maestro di arti marziali Pai-Mei (che le aveva cavato l’occhio destro dopo essersi sentito apostrofare come “miserabile stupido vecchio”) e la velenosa “sorpresina” riservata a Budd (in cambio della spada di Hattori Hanzo-) sono state ben poca cosa. (2)

(3) Perché tanto odio per “La Sposa”? Perché Beatrix Kiddo (aka Black Mamba, aka The Bride, “La Sposa”) sembra essere capace, sia da viva, sia da morta, di minacciare la possibilità di Elle di continuare ad essere la favorita di Bill, la sua discepola prediletta. In effetti, c’è chi uccide per molto meno.

Il tentativo fallito di praticare una iniezione letale alla sposa (finita in coma per 4 anni dopo il massacro ai Due Pini di El Paso) rimane uno dei più grandi rimpianti di Elle. La possibilità di eliminare definitivamente la propria rivale sfuma dopo una breve telefonata di Bill, che si pente improvvisamente della sua stessa decisione. Elle è sul punto di uccidere La Sposa, ma deve rinunciare. Frustrante, no? (4)

Particolarmente abile nelle arti marziali e nell’uso della katana, Elle è stata sottoposta (proprio come La Sposa) ad un durissimo addestramento da parte del maestro Pai-Mei (v.2). Le spade da samurai sono la sua ossessione. In special modo quelle fabbricate da Hattori Hanzo-. Un’ossessione che le costerà un occhio della testa. Anzi, due. (5-7)

Elle rimane l’unica vendetta incompiuta sulla lista della sposa, la Death List Five. Tutti gli altri membri della D.V.A.S sono stati fatti fuori. Vernita Green (nome in codice Copper Head) è morta. Oren I-shii (nome in codice Cottonmouth) è morta. Budd (nome in codice Sidewinder) è morto. Bill (nome in codice Snake Charmer) è morto. Lei, Elle, il California Mountain Snake, invece no. Dopo il (6)

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feroce e torrido combattimento con La Sposa nella roulotte di Budd, Elle si ritrova completamente cieca (La Sposa vendica il suo maestro Pai-Mei e le cava anche l’occhio sinistro), ferita, sul punto di essere uccisa dallo stesso mamba nero da lei “riservato” a Budd, ma ancora viva.

Se queste indicazioni non ti suscitano granché o non ti suggeriscono nulla; se non hai idea di che cosa sia il massacro ai due Pini di El Paso; se non conosci dettagliatamente le circostanze sulla vendetta della sposa o su quella di Pai-Mei; se ti stai chiedendo che faccia abbiano Bill, O-Ren Ishii, Vernita Green, Budd o Hattori Hanzo- e se nonostante ciò stai ancora leggendo queste righe, in tal caso la domanda che rimane è una soltanto: che ***** ci fai qui?


“I have three phobias, which could I mute them, would make my life as slick as a sonnet, but as dull as ditch water: I hate to go to bed, I hate to get up and I hate to be alone.” È tardi, ma è presto per scivolare nel sonno; se mi assopisco ora, potrei rischiare di risvegliarmi senza neanche più sapere chi sono. Ho ancora un goccio di bourbon per scaldare la notte e la bottiglia vuota ascolterà questa amara confessione. Non potrei parlare con altri che un oggetto; non oso offrire questa voce a cuore umano. Oh, questa faccia consumata mi dà sui nervi, non resta altro che carne macilenta! Odio questo sguardo acceso solo da ombretto nero. Sono stanca, esausta delle mie parole eccessive, dei miei siparietti. Ho passato anni a cercare la perfezione e troppo spesso sono franata sui miei passi; il respiro mi ha soffocata, mi ha reso prigioniera di un ruolo ormai consunto. Restano le foto appese qui intorno a ricordarmi chi sono, se mai sono stata. Ho amato tanto e malamente, soprattutto me stessa, pur sempre innocente. Nata per mostrarmi, nello sguardo altrui si è definito il mio essere. Regina dello specchio, dea del mondo riflesso, magma bruciante. Scorrono nella mente i copioni… perché non mi lasciano in pace tutte quelle battute? Ombra della mia beltà, è ora di affondare lieve nel nero. Quanti mondi meravigliosi, però, ho evocato! Mille vite concentrate in una sola mirabile opera! Tanto è stato possente il mio esistere da illuminare persino il tuo pur lodevole successo, perché - senza di me - non saresti mai stata Margo.

Bette, ti sei mossa bene sul palco, hai talento e tecnica, ma la luce che emano è infinita, lo sai, e quel bagliore è giunto fino a te. Spartiamo equamente la gloria, dunque, perché - è cosa nota - quel film brilla tutto del mio estro! È la nostra storia, in fondo, io e te, Eva Contro Eva, due stelle di tempi andati che osservano appassite, se pur scalcianti, la sete di fama di bramose attricette. Per loro giunge l’alba, noi accarezziamo il buio. Creature primordiali, eravamo accese di vanità. Fintamente nemiche, ci ritroviamo a guardare da lontano la stessa scena, in cui non siamo né protagoniste, né comparse. È quasi consolante riposare dietro le quinte, adesso che non dobbiamo più temere che qualcuno ci spodesti… l’ha fatto il tempo! Niente più dannazioni, ci attende il lusso della quiete. Rami secchi, nessuno ci taglierà; è ancora concesso qualche lamento, mentre scorrono i titoli dei nostri trionfi e le sequenze di vecchie pellicole gettano barlumi gelidi sul domani. Tallulah Bankhead

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Testi: Francesca Trinca


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TUTTO PARLA DI TE

ALINA MARAZZI RACCONTA IL SUO FILM a cura di FIP - Film Investimenti Piemonte

Tutto parla di te non parla di femme fatale, piuttosto di mamme fatale: il nuovo film di Alina Marazzi, infatti, è una storia di donne – a metà tra documentario e fiction – alle prese con quello che resta un mistero immenso e affascinante: la maternità.

Non la maternità della pubblicità, tutta sorrisi e pannolini, ma quella travolta da un evento che porta con sé enormi responsabilità, che spesso non si ha la forza e la capacità di affrontare. “Ogni madre conosce quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare, perché va contro il senso comune di quel legame primordiale”.

sentendo rinascere dentro di lei la voglia di prendersi cura di qualcuno. Tra alti e bassi, incontri e scontri, Pauline ed Emma troveranno conforto l’una nell’altra, maturando la consapevolezza di una nuova identità di madre e di donna. Questa è la storia di finzione. Nella trama, però, s’intersecano interviste reali, foto d’epoca, filmati di repertorio, Super8 casalinghi, che oltre

“Con questo film ho voluto raccontare l’ambivalenza del sentimento materno e la fatica che si fa ancora oggi ad accettarla e affrontarla”.

Le parole della regista Alina Marazzi, che ha presentato il film presso la sede della Film Commission Torino Piemonte, aiutano a comprendere meglio un film complesso, ricco di contenuti e sfaccettature. Partiamo dalla storia: Pauline (Charlotte Rampling) ritorna a Torino dopo una lunga assenza. Ritrova Angela, una vecchia amica che dirige un Centro maternità, per raccogliere materiale e testimonianze. Qui conosce Emma (Elena Radonicich), una giovane mamma in difficoltà. Pauline vorrebbe aiutarla,

La regista Alina Marazzi

ad approfondire il tema, arricchiscono il film anche dal punto di vista artistico “Per restituire la complessità di questo sentimento ho voluto integrare la fiction con materiali diversi: filmati d’archivio, animazioni, elementi documentari, con i quali evocare i vari livelli emotivi che questa tensione muove in chi la vive...” spiega la regista. Emblematico è il frammento animato disposto dentro una ibseniana “casa di bambola”, in cui la Rampling rivive l’orrore e la paranoia di un evento tragico che ha coinvolto la sua famiglia in gioventù. I personaggi in plastilina e l’utilizzo delle riprese

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passo uno permettono di raccontare l’ “indicibile” con nitidezza, ma senza la pesantezza che potrebbe gravare in una situazione di questo tipo: “In alcune terapie junghiane viene utilizzata la pratica del sand play – spiega la Marazzi - si invita il paziente a creare dei racconti per immagini tramite l’uso di piccoli oggetti e personaggi posizionati su di una superficie sabbiosa. In questo modo, i pazienti, spesso bambini, riescono a visualizzare gli eventi traumatici che hanno vissuto. Nel film, Pauline, alle prese con il vecchio gioco, torna momentaneamente bambina e mette in scena la quotidianità della sua famiglia; idealmente l’animazione a passo uno svolge la funzione di quella che è la tecnica della sand play nel percorso di riparazione affrontato da Pauline”. Il film è stato girato a Torino nell’autunno del 2011, grazie al sostegno della Film Commission Torino Piemonte e del fondo FIP - Film Investimenti Piemonte che lo ha in parte finanziato. Il cast: Charlotte Rampling Elena Radonicich Valerio Binasco Maria Grazia Mandruzzato

Pauline Emma Valerio Angela


Se uno pensa alle dark ladies del cinema, l’immagine preva-

Testi: Steve Della Casa

lente è sicuramente quella di una bionda dall’aria misteriosa e dal coefficiente di seduzione e di pericolosità veramente molto alto. Tutto questo però nel cinema girato a Torino non è tanto presente. A ben pensarci, l’unica vera dark lady che si sia mai vista aggirarsi nelle vie di Torino rimane Lana Turner: proprio lei, la bellissima che negli anni Cinquanta divenne famosa per la sua relazione con il gangster Johnny Stompanato e per un oscuro caso di cronaca che la vide protagonista. Ma come? Direte voi: scorrendo e riscorrendo le filmografie dei film girati a Torino, nessuno ma proprio nessuno vede la partecipazione dell’affascinante bionda. Eppure Lana Turner è stata a Torino, e per un fatto davvero non secondario. Siamo nel giugno del 1953 e le cronache torinesi in quell’anno registrano quello che può essere tranquillamente descritto come uno dei matrimoni del secolo. Nel municipio di Torino si sposano, infatti, Lex Barker e Lana Turner: lui con una giacca che sottolinea la sua notevole mole muscolare, lei vestita di rosa. Dopo il matrimonio, cui assiste una piccola folla e per il quale gli uffici di via Palazzo di Città di fatto si paralizzano, perché gli impiegati non vogliono perdersi l’avvenimento, la coppia hollywoodiana si trasferisce in una villa sopra Moncalieri per un pranzo di nozze davvero hollywoodiano, soprattutto se si pensa a come era costituita l’alimentazione di una famiglia media italiana negli anni Cinquanta. Lo sposo mangia solo carne, la sposa solo insalata. Ma entrambi non disdegnano i superalcoolici con i quali innaffiano un po’ a sorpresa il pranzo dietetico. Per Lex Barker, che in America era famoso come Tarzan e che a Torino stava girando alla FERT di corso Lombardia due piccoli film salgariani, I misteri della giungla nera e La vendetta dei Thugs, con scenografie piuttosto ridotte e risultato finale che non sarà certo memorabile, è quasi un anticipo del suo ruolo italiano più famoso, il divo americano perennemente ubriaco nel capolavoro La dolce vita di Fellini. Per Lana è una breve parentesi, anche perché il matrimonio dura un anno e non lascerà molta traccia nella sua biografia. Una dark lady senza cinema, quindi. Per il cinema torinese, la dark lady più tipica è sicuramente la bravissima (ma non certo bellissima) Lina Volonghi, grande nome del teatro e della televisione italiana che in La donna della domenica di Luigi Comencini interpreta una signora della Torino bene, che abita in collina e conosce le buone maniere ma che poi non esita, qualora necessario, a diventare una spietata assassina. Nessuno come lei poteva interpretare il personaggio creato da Fruttero e Lucentini e adattato per il cinema da due grandi sceneggiatori come Age e Scarpelli: lei ha un disperato bisogno di soldi e per ottenerli uccide. Uccide, ma con classe: e anche quando guida la sua macchina (una Fiat, naturalmente, una 131 Mirafiori ancora funzionante ma un po’ ammaccata), la sua classe non si nasconde...

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Testi: Selvaggia Scocciata / Layout: Giorgio Rubbio


Kim aveva trattato fino all’ultimo ed era riuscita a strappare delle ottime condizioni. Ci sapeva fare, lei. L’avevo incontrata per sbaglio in un bar, la notte prima, dove cercavo qualche pollo disperato da spennare. Quando l’ho vista ho pensato “perché no?”. »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »»

Ok Kim, adesso andiamo là dentro e ci prendiamo la parte. E come la metti con la favorita? Ma chi? La cavallona mascellona? Ahahah… Insomma… è una newyorkese. Al massimo può fare commedie per Woody Allen. E se per caso non va per il verso giusto cosa succede? Chiariamo una cosa, va sempre nel verso giusto con me. Ok? Sono un professionista. Perché sei venuto proprio da me? Perché mi sembravi disperata. Non sono disperata, ho solo bisogno di un po’ di fiducia. Senti, avrai tutto quelle che mi hai chiesto. Tu hai fatto un affare, io ho fatto un affare. Siamo tutti contenti, o no?

Mi stavano innervosendo tutte quelle domande. E poi ho un’avversione particolare per le persone insicure, anche se devo ammettere che è grazie a loro che mi guadagno da vivere. »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »»

Ok, ma almeno aiutami a ripassare le battute. Meglio di no, mi innervosisce. Ma fa stare tranquilla me, visto che il provino devo farlo io. Tu pensa che, quando tutto questo sarà finito, la tua vita cambierà. Non è la mia vita che mi preoccupa. È più la mia morte. Ma fammi il piacere… Cosa mi succederà dopo? Dopo cosa? Lo sai! Ieri sera non mi sembravi così interessata alla faccenda. Così mi spaventi. Ok, scusa. Non so se voglio ancora il tuo aiuto. È un po’ tardi per pentirsi, non trovi? Io non voglio più. E con la firma come la mettiamo? Non ha nessun valore legale quel contratto. Ah sì? Quale parte di “accetto di vendere l’anima al diavolo” non trovi propriamente legale? Sta’ zitto! Come vuoi, ma questo non cambierà le cose. Tu avrai la parte, io la tua anima: il business è business. Cosa ho fatto? Che c’è? Preferivi andare a letto col regista?

In quel momento si aprì la porta. Era il momento di Kim, il suo turno, la sua opportunità. Ovviamente non fu sprecata. Pochi minuti dopo uscì con gli occhi pieni di lacrime e con il copione definitivo. »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »»

Ho avuto la parte. Bene, le nostre strade si dividono. No davvero, cosa mi capiterà? Senti, perché vuoi pensarci adesso? Quando sarà sarà. E per quel che ne so sarà tra molto tempo. Quindi… E adesso? Guarda un po’ di tv, fai un giro, una corsa. Per piacere non ingozzarti di gelato. Ma io... Niente ma, so che lo fai... Senti, voglio solo sapere cosa succederà. No Kim, fidati, non lo vuoi sapere. Ora devo andare, durante la tua audizione ho conosciuto una certa Isabella che vuole fare la protagonista nel film di un certo Link, Lynck, Lync... h... bah!

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Testi: Antonio Verteramo

SEIGNER: OVVERO DELLA BOHEME IN TINTA SADO-MASO. Se è vero che ci si innamora delle città come delle donne, allora Parigi è la femme fatale per eccellenza: libri e film hanno contribuito a creare il mito di città dell’amore e degli innamorati, ma se ad accompagnarci lungo i boulevard de la Ville Lumiére è la Emmanuelle Seigner protagonista di Frantic e Luna di Fiele, allora non aspettiamoci una romantica storia a lieto fine.

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Emmanuelle Seigner non

ha certo la bellezza e la classe di Audrey Hepburn in Sabrina e nemmeno la simpatia di una Meg Ryan in French Kiss, ma il suo fascino ingenuo e perverso si lega indissolubilmente alle strade di Parigi, costruendo un immaginario visivo e concettuale che, pur partendo da canoni riconosciuti, si allontana prepotentemente dalle trite cartoline turistiche parigine. Merito naturalmente di Roman Polansky, che attraverso questi due film girati tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, costruisce una sorta di “dittico parigino”, che ha nella compagna Seigner il vero “trait d’union”. Proprio come il dottor Walker nelle scene iniziali di Frantic entriamo in Parigi, in sottofondo la musica di Morricone intrisa di malinconia e disperazione, Parigi ci accoglie grigia e triste, la Tour Eiffel è sullo sfondo, in primo piano i camion della raccolta rifiuti, che saranno un leit motiv di tutto il film. Inutile soffermarsi sui riferimenti hitchcockiani presenti nel film, già ampiamente analizzati, e d’altronde Polansky, insieme a De Palma, è uno degli eredi riconosciuti del grande maestro inglese.

Torniamo invece per le strade di Parigi: dall’Intercontinental dove alloggiano il dottor Walker e la moglie Sondra si vede l’Opera, ma è l’ultima concessione “turistica”, perché da quel momento il viaggio disperato del medico alla ricerca della moglie rapita, è allo stesso tempo un’immersione nell’anima meno conosciuta della capitale francese. A cominciare dal Blue Parrot, il locale dove incontriamo per la prima volta Michelle - Emmanuelle Seigner - in un conturbante abitino in pelle nera, con tanto di cappello androgino. Nei luridi bagni del locale, il dottor Walker scopre che la “bianca signora” che gli viene offerta non è la moglie, bensì cocaina, ed è persino costretto a sniffarla... Man mano che conosciamo la storia di Michelle, non possiamo fare a meno di identificarla con la Boheme in versione fine ‘900. Anche lei senza soldi e disposta a tutto pur di guadagnarne, anche lei, come da tradizione, vive in una mansarda, al sesto piano senza ascensore. E i celebrati tetti di Parigi diventano protagonisti di una delle scene clou del film. Il riferimento a Intrigo Internazionale di Hitchcock è evidente, ma è interessante come Polansky, nato a Parigi, si diverta a togliere ogni fascino a una delle immagini più identificative del panorama parigino. Anche Michelle, come Mimì, è malata: ma non è la tisi a condurla verso il suo destino tragico, bensì la solitudine. “Tienimi con te” chiede insistentemente al dottor Walker. L’idea di una vita “regolare”, senza sotterfugi, al fianco di qualcuno che ti ama... ma non è questo il destino di una bohemienne come Michelle, che nell’ultima scena

sembra quasi cercare l’incidente che ponga fine alla sua vita complicata. Parigi, ancora una volta osserva grigia e altera: siamo sul Quai sotto il Ponte di Grenelle, al centro del fiume c’è una copia in forma ridotta della Statua della Libertà, la Tour Eiffel è a due passi, ma lontanissima dall’alba tragica che travolge i protagonisti del film. Luna di Fiele è la pellicola immediatamente successiva a Frantic, del quale appare a posteriori come un chiaro sviluppo delle tematiche amorose, anche per la palese continuità rappresentata dai personaggi interpretati nei due film da Emanuelle Seigner, ma soprattutto ennesimo archetipo cinematografico dell’oscuro oggetto del desiderio. Anche qui Parigi si rivela “città fatale”: Oscar (Peter Coyote) e Mimi (torna ancora la Boheme...) si vedono per la prima volta su un autobus dalle parti di Montparnasse, si ritrovano nel più classico dei bistrot parigini, mentre in sottofondo gigioneggia la fisarmonica di una tipica musichetta francese. Lui è un ricco scrittore americano, lei una cameriera. Fosse una commedia americana, tipo Arianna di Billy Wilder, sarebbe il punto di partenza per una spassosa commedia degli equivoci con inevitabile happy end finale. Invece, per Polansky è l’inizio di una passione malata e totalizzante, una relazione dalle tinte sadomaso che si consuma nel naturale scenario caro agli scrittori americani in cerca di fama letteraria, ovvero a Parigi. Anche in Luna di Fiele la Seginer è una “femme fatale”, ma atipica, prima dominata, poi dominatrice, in un rapporto che in nuce racchiude una fatalità distruttiva che porterà all’inevitabile tragico finale. Così come in Frantic, anche in Luna di Fiele l’eccesso di passione - eccesso di vita - non può sopravvivere, e Parigi, sia nella versione fredda, grigia e inospitale di Frantic, che in quella più riconoscibile di Luna di Fiele, si rivela ancora una volta come lo scenario ideale per raccontare la storia uomini e donne fatali destinate a soccombere.

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IL SENSO DI ISABELLE PER LA NEVROSI

Dal nulla, come un ectoplasma parigino, sullo schermo cominciano a materializzarsi destini e ruoli femminili a cui non eravamo abituati, interpretati con grande sprezzo del pericolo da una ragazza con i capelli rossi, la pelle lucente e tante lentiggini. L’immaginario europeo fa la conoscenza di Isabelle Huppert. Una figura minuta, uno sguardo lontano - per non dire indifferente - un viso delicato ed enigmatico. Oggi, a più di 35 anni dal suo debutto ne La merlettaia di Claude Goretta (era un’ingenua parrucchiera diventata folle per amore), con i lineamenti più sottili e quel viso da eterna adolescente invecchiata, Huppert è davvero la reincarnazione europea, intellettuale e vagamente psycho della dark lady. Appena un regista immagina un personaggio femminile inquieto e maledetto, la borderline oppure la grande perversa, pensa a lei. E lei, generosamente, si concede, con professionalità e intelligenza. Per Claude Chabrol, per dire, è stata un’avvelenatrice (Violette Noziére), una procuratrice di aborti clandestini (Un affare di don-

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ne), una postina killer (Il buio nella mente), un’imprenditrice svizzera che immagina omicidi (Grazie per la cioccolata), una sadica truffatrice (Rien ne va plus) e Madame Bovary. Ma nella sua galleria di donne al limite non mancano la cortigiana ottocentesca morta di tisi (La storia vera della signora delle camelie), una scrittrice nevrotica che muore tra le fiamme (Malina), una madre incestuosa (Ma mère), una zitella buffa e infelice (Otto donne e un mistero), una sadomasochista frustrata e anaffettiva (La pianista), un’attrice cattolica integralista con figlia in coma (Bella addormentata). Ogni film una sfida, ogni ruolo un abisso, ogni autore un’esperienza artistica: Isabelle Huppert è la più brava, la più premiata, la meno diva. Sconvolge ma non scandalizza. Appare sullo schermo e non puoi fare a meno di ammirarla. Un po’ perché vuoi afferrare il segreto nascosto dietro il suo sguardo opaco. Un po’, forse, perché spesso ci concede il beneficio del dubbio, un motivo per perdonare l’orrore delle sue cupe eroine imperfette.

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Testi: Mario Fassio / Layout: matteo emme

Testi: Mario Fassio / Layout: Matteo Emme

Dal nulla, come un ectoplasma parigino, sullo schermo cominciano a materializzarsi destini e ruoli femminili a cui non eravamo abituati, interpretati con grande sprezzo del pericolo da una ragazza con i capelli rossi, la pelle lucente e tante lentiggini. L’immaginario europeo fa la conoscenza di Isabelle Huppert. Una figura minuta, uno sguardo lontano - per non dire indifferente - un viso delicato ed enigmatico. Oggi, a più di 35 anni dal suo debutto ne La merlettaia di Claude Goretta (era un’ingenua parrucchiera diventata folle per amore), con i lineamenti più sottili e quel viso da eterna adolescente invecchiata, Huppert è davvero la reincarnazione europea, intellettuale e vagamente psycho della dark lady. Appena un regista immagina un personaggio femminile inquieto e maledetto, la borderline oppure la grande perversa, pensa a lei. E lei, generosamente, si concede, con professionalità e intelligenza. Per Claude Chabrol, per dire, è stata un’avvelenatrice (Violette Noziére), una procuratrice di aborti clandestini (Un affare di donne), una postina killer (Il buio nella mente), un’imprenditrice svizzera che immagina omicidi (Grazie per la cioccolata), una sadica truffatrice (Rien ne va plus) e Madame Bovary. Ma nella sua galleria di donne al limite non mancano la cortigiana ottocentesca morta di tisi (La storia vera della signora delle camelie), una scrittrice nevrotica che muore tra le fiamme (Malina), una madre incestuosa (Ma mère), una zitella buffa e infelice (Otto donne e un mistero), una sadomasochista frustrata e anaffettiva (La pianista), un’attrice cattolica integralista con figlia in coma (Bella addormentata). Ogni film una sfida, ogni ruolo un abisso, ogni autore un’esperienza artistica: Isabelle Huppert è la più brava, la più premiata, la meno diva. Sconvolge ma non scandalizza. Appare sullo schermo e non puoi fare a meno di ammirarla. Un po’ perché vuoi afferrare il segreto nascosto dietro il suo sguardo opaco. Un po’, forse, perché spesso ci concede il beneficio del dubbio, un motivo per perdonare l’orrore delle sue cupe eroine imperfette.


fre aks ly ri cs Peut-être bien qu’ailleurs, Une femme a le cœur Eperdu de bonheur Comme moi... Et que d’un geste heureux Elle soulève un peu Le rideau de soie bleue, Comme moi... Pour regarder en bas Son amour qui viendra La prendre dans ses bras, Comme moi... Elle attend son amour, Les yeux de son amour, Les bras de son amour, Comme moi... Peut-être bien aussi, Qu’à l’instant, elle vit, Le meilleur de sa vie, Comme moi... Et qu’en fermant les yeux, Elle abandonne un peu Sa main dans ses cheveux, Comme moi... Peut-être qu’à son cœur, Elle épingle une fleur Et puis regarde l’heure, Comme moi... Et pense à son amour, Aux yeux de son amour, Aux bras de son amour, Comme moi...

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Peut-être bien encore Qu’elle entendra plus fort Son cœur battre et qu’alors, Comme moi... Elle voudra crier En entendant monter Un pas dans l’escalier, Comme moi... Comme moi dans l’instant Où mon cœur en suspens Se retient un moment, Contre toi... Et puis meure, mon amour, Dans tes yeux, mon amour, Dans tes bras mon amour, Mon amour...


Š PH. Vitaliano Crispo

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Vitaliano Crispo, scenografo e fotografo,lavora nel campo cinematografico e televisivo da oltre 10 anni. Insieme a Gianni Direnzo e Pau Villar gestisce l’Ass. Culturale StarringFilm, via Monte Albergian 19, 10139 Torino, tel. 011 9385834, mail starringfilm@gmail.com, www.stsrringfilm.it


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