Napulammore

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FRANCESCO CINQUE


Giggino, Corso Umberto I, angolo con Mezzocannone

“E iamme, facci un piccolo sconto. Vuoi dire che a due belle guaglione come noi non le fai sparagnare nemmeno un poco?” La ragazza agitava il cd falso di Gigi Finizio sotto il naso di Giggino ridendo maliziosa quando lui si accigliava con aria ebete. Ritto davanti alla sua bancarella con i cd e dvd piratati, Giggino non capiva. Aveva fatto già uno sconto coi fiocchi alla sua schizzinosa cliente, dato che da quattro euro era sceso a due, ma quella ancora non si accontentava. Forse lei e la sua degna compagna volevano avere gratis i suoi cd solo perché pensavano di aver a che fare con un ritardato. Giggino era il primo ad ammettere di non essere molto sveglio in tante occasioni, in ogni caso non era così ritardato da regalare la sua merce, soprattutto a due vrenzole antipatiche. Il sole mattutino illuminava la scalinata dell‟università di Napoli, uno spicchio di Mezzocannone era percorso dai soliti studentelli trasandati vestiti con stracci di marca. Dall‟altra parte della strada lo fissava severa la statua di un tizio vestito all‟antica che Giggino non aveva mai capito chi era. “Mi state facendo perdere tempo. Mi fate perdere i clienti.” Le due ragazze risero come se trovassero ridicolo che un individuo come lui parlasse con il tono di un imprenditore. Si davano un mucchio di arie, ma si vedeva a occhio nudo che erano due vrenzole vasciaiole. Forse la davano via per pochi soldi in qualche vicolo della Ferrovia, anche se parevano più le tipe che si spacciano per studentesse per allietare le notti di qualche costruttore mafioso più ignorante di loro. “Ti do nu bellu vaso se mi dai il cd per un euro. Vai, che l‟affare lo fai tu.” Le due ragazze risero per la faccia intontita che Giggino sapeva di avere sul viso. A quel punto capì che le sue due svogliate clienti di quella mattina, più che a incrementare la loro conoscenza della produzione musicale di Gigi Finizio, erano interessate a prenderlo in giro


come facevano quasi tutti quelli che si ritenevano più intelligenti di lui, cioè la quasi totalità della popolazione napoletana. Le vasciaiole continuarono a parlare, mentre lui non perdeva di vista lo spicchio di via Mezzocannone situato alla destra della sua bancarella. Intuì che ridevano di lui quando mostrò di non aver afferrato il significato di alcune parole difficili che gli avevano detto. Comunque era meno stupido di quanto credevano le sue interlocutrici, perché pure nelle sue condizioni capiva che le parole che conoscevano quelle due vrenzole ignorantelle non potevano poi essere così difficili. Infine arretrò di un passo quando una delle ragazze, prima lo accarezzò sotto il mento mostrandogli la lingua e quindi, guardandolo provocante negli occhi, gli disse: “Sei troppo serio, bello, ci vulesse qualcuno che ti fa levare chisto musso sotto ca tieni. Forse ti ci volesse na guagliona come me.” La vasciaiola scambiò una risata con l‟amica che ghignava persino più volgare di lei. “Che ne diresti se divento la guagliona tua?”. “Non mi serve la ragazza.” Risate ancora. Condite da pacche sulle spalle. “Non sarai mica uno di quelli là?” A Giggino non dava fastidio venire preso in giro con quella sguaiataggine, solo non gli pareva corretto che le due scostumate, continuando a starnazzare davanti alla sua bancarella, allontanassero i clienti. Dopo un primo sguardo alla merce, un paio di signori con l‟aria di turisti se l‟erano filata di gran carriera nell‟evidente timore di diventare i prossimi bersagli dei lazzi sguaiati delle vasciaiole. Inoltre c‟era un inconveniente ancora peggiore in quella situazione. Quell‟assurda conversazione, lo distraeva abbastanza da fargli perdere di vista il pezzo di via Mezzocannone che teneva sempre sotto controllo. “Quelli là chi?” disse senza togliere gli occhi dal pezzo di strada che gli interessava. “Quelli toccati di recchia.” Le ragazze gesticolarono come femminielli dell‟avanspettacolo partenopeo e gli chiesero se la sera lui non dava via il culo dalle parti della vecchia Manifattura del Tabacco. “Guardate che vi sbagliate. Io ho la ragazza.” “Dici ‟o vero?” La ragazza più aggressiva e cattiva aveva deposto il cd di Gigi Finizio come se avesse rinunciato a qualsiasi contrattazione in merito. Scambiò un‟occhiata con la sua amica, che non smetteva di ghignare. “E come è fatta, questa tua „nnammurata?


Giggino non ebbe difficoltà a confessare che era la più bella femmina di tutta Napoli. La sua ragazza aveva classe e stile da vendere. Quando camminava si voltavano a guardarla sia uomini che donne. Metteva sottosopra tutto il Rettifilo da piazza Borsa ai Quattro Palazzi. “Non ti offendere, ma la mia guagliona è assaie meglio di te.” Le ragazze ora si sbellicavano spingendo con poco garbo il loro confuso interlocutore. Una si grattava le tette con poca o nulla raffinatezza e l‟altra faceva gesti uno più sconcio dell‟altro che si concludevano sempre verso le sue parti basse. Le ragazze si agitavano tanto che un paio di volte avevano rischiato di capovolgere la bancarella. Era chiaro dal loro atteggiamento che ritenevano più probabile che una di loro diventasse la prossima regina del ricostituito Regno delle Due Sicilie che uno scemo come Giggino avesse una ragazza e che questa fosse addirittura una bella donna. “E‟ anche molto più intelligente di tutte e due voi messe insieme”, aggiunse Giggino con orgoglio, anche se ormai pure un individuo tardo come lui aveva compreso che le sue interlocutrici avrebbero creduto pure di meno a questa sua seconda affermazione. Infatti le vasciaiole ora non mettevano alcun freno alla loro ilarità scomposta. Era chiaro che avevano trovato il loro spasso della mattinata e che non se ne sarebbero andate facilmente da lì. Tuttavia le risate si interruppero di botto mentre il lungo autobus R2 superava l‟incrocio con Mezzocannone e un‟ombra minacciosa si proiettava sulla bancarella. “Chesti doie „nguacchiuselle, ti danno fastidio, Giggì?” disse una voce cupa che pareva prodotta da un alabardiere gigante della facciata del Palazzo Reale. Un lampo di preoccupazione passò sui volti delle ragazze mentre fissavano la sagoma inquietante di Marittiello, che aveva lasciato temporaneamente incustodita la bancarella vicina piena di accessori falsi per telefonini, borse finte alla Gucci e qualche quadro della vecchia Napoli fatto da un suo amico pittore, un anarchico barbuto che puzzava e parlava strano. Marittiello era alto e grosso ed era stato in galera alcune volte per rissa aggravata e percosse alla moglie, o comunque sempre per reati collegati al suo temperamento violento. Una volta aveva spezzato le gambe a un tizio che l‟aveva accusato di barare al gioco e aveva beneficiato di quasi tutti gli indulti dell‟ultimo ventennio. Anche senza conoscere il suo curriculum giudiziario, le ragazze ritennero di doversi


azzittire all‟istante. Non ebbero alcuna difficoltà a scusarsi con Giggino quando il nuovo venuto ordinò loro di farlo. Presero alcuni cd dalla bancarella e pagarono senza fiatare il prezzo chiesto dal proprietario, che era significativamente più alto di quello patteggiato pochi minuti prima. Infine ebbero il buon senso di tacere e darsela a gambe quando si sentirono apostrofare da Marittiello con un linguaggio pure più sboccato del loro. Guardando la fuga scomposta delle due vasciaiole, Marittiello disse che avrebbe voluto essere come Giggino. Niente lo sfiorava, niente lo amareggiava. “Ma come fai a essere sempre così tranquillo?” “So‟ tranquillo pecché so‟ cuntento.” “E cos‟è che ti fa essere accussì cuntento?” Giggino smise per un momento di sorvegliare le strade di quella parte di Napoli per allargare sul viso un sorriso a forma di sole. “E‟ un segreto.” Ringraziò il suo vicino di bancarella per l‟aiuto e Marittiello ovviamente gli ricordò che era lui a essere in obbligo, aiutare il figlio di don Vincenzo Martusciello era un onore. Il padre di Giggino lo aveva salvato dai debiti pagando lo strozzino da cui aveva preso dei soldi per affittare la casa. Lo strozzino aveva accumulato un interesse stratosferico, ma aveva rinunciato a ogni surplus illecito quando aveva notato che la sua controparte economica aveva assunto le sembianze di don Vincenzo Martusciello. *** Eccola! Giggino non credeva ai suoi occhi anche se quel miracolo che dimostrava l‟esistenza di Dio accadeva diverse volte a settimana in quel lembo di strada. Erano le due del pomeriggio. Il traffico del Rettifilo si era un po‟ allentato, le auto avevano smesso di strombazzare o di infilarsi nella corsia preferenziale destinata agli autobus. Giggino aveva consumato una veloce colazione qualche minuto prima a base di pane e melanzane alla parmigiana. Si era quasi convinto che quella giornata sarebbe stata sprecata, come in effetti accadeva spesso, perché la sua testaccia bacata non era ancora riuscita a capire quali erano i giorni giusti in cui lei passava. Poi era accaduto l‟evento che fantasticava da


quando aveva aperto gli occhi quella mattina nel letto della sua casa. Anzi l‟evento di cui fantasticava ogni santa mattina. Adele ‒ aveva scoperto il suo nome alcuni mesi prima quando una sua conoscente l‟aveva chiamata per strada ‒ era apparsa come una visione dal vicolo che portava a via Marina. Non c‟era dubbio che dovesse parcheggiare la macchina in qualche posto tra piazza Municipio e la Facoltà di Lettere e Filosofia. Ah, che splendore era mentre oltrepassava corso Umberto dopo una breve attesa al semaforo. Indossava un gonna leggera e una giacca classica di quelle che a volte Giggino aveva sentito definire sciancrate. Aveva scarpe con tacchi alti, ma procedeva sicura ed elegante come poche donne. I voluminosi capelli castani si gonfiavano per qualche folata di vento proveniente dal mare e quando incontravano un raggio di sole rifulgevano come se fossero l‟aureola di una santa. Tuttavia Adele non era una santa, soprattutto perché le sante che Giggino aveva visto raffigurate sulle immagini sacre usate da sua madre erano molto meno attraenti. Giggino sentì il cuore battere a mille mentre la figura elegante procedeva sicura e leggera nella sua direzione. Non aveva fatto molte scuole: dopo l‟incidente che gli aveva cambiato la vita aveva avuto grandi difficoltà a concentrarsi e a riflettere e, dopo una più che faticosa licenza media, sua madre aveva deciso che la scuola era una pura perdita di tempo per uno lento come lui. Eppure prima dell‟incidente aveva fatto in tempo a sentire parlare la sua professoressa di italiano dell‟eroina di un poema tedesco o nordico che ti faceva innamorare a prima vista. La donna del poema era una guerriera che usava la spada come un omaccione. Giggino dubitava che Adele sapesse menare fendenti con la spada, Dubitava persino che una donna che sembrava un guerriero risultasse attraente, ma era certo che la creatura al centro dei suoi pensieri non avesse nulla da invidiare a nessuna femmina letteraria o no. Cercò di occultarsi quanto più possibile dietro la bancarella di cd falsi mentre Adele gli passava accanto. Si vergognava di farsi scorgere a scrutarla con l‟aria da ebete che non lo abbandonava mai. Non sapeva cosa avrebbe dato per rubare per un attimo la smorfia intelligente dei tanti professoroni o studenti universitari che sciamavano di lì. Gli intelligenti stanno con gli intelligenti, lo sapeva. Gli stupidi con gli stupidi. Una volta aveva sentito dire una cosa del genere pure al dottor House,


ed era stata la sola frase che aveva capito in ore di telefilm. I sette stanno con i sette, i quattro con i quattro, aveva proclamato il dottor House osservando una coppia di fidanzati molto diversi nell‟aspetto e nell‟intelligenza: di sicuro uno dei due o entrambi si erano presi qualche brutta malattia che facevano accoppiare i re di fiori con le scartine. Adele era senz‟altro una regina di picche. Non lo avrebbe notato nemmeno se si fosse sdraiato nudo sul marciapiede che lei percorreva abitualmente. Infatti nemmeno stavolta lei gli dedicò uno sguardo. Però non era necessario che lo guardasse. Poteva farlo lui per tutti e due. Anche gli stupidi potevano guardare. E anche gli stupidi potevano fantasticare a occhi aperti, forse persino più delle persone normali, perché Dio quando ti toglie una cosa con una mano, così gli aveva detto una volta don Giacomo il prete della parrocchia, te ne concede un‟altra con l‟altra mano. Come al solito Adele si fermò un minuto a sbirciare la bancarella di libri usati una decina di metri più avanti. Le interessavano soprattutto i classici o i libri d‟arte, aveva notato Giggino. Giovanni, l‟uomo della bancarella dei libri usati pensava che lei fosse una specie di giovane professoressa di storia dell‟arte o di roba poetica dei tempi di Dante. Giggino aveva pensato nei primi tempi di mettersi a vendere pure lui libri usati per cercare di attirare l‟interesse della splendida creatura che l‟aveva stregato. Ma poi si era reso conto che avrebbe fatto ridere mezza Napoli, se un ritardato come lui si fosse fatto vedere vicino a volumoni di cui non riusciva a leggere nemmeno il titolo. In tutti i modi lui non voleva avere contatti con Adele. Gli stupidi stanno con gli stupidi. Riteneva più o meno che l‟avrebbe sporcata con la sua inadeguatezza se avesse avuto a che fare con lei. Non era degno di parlarle, o di alzare gli occhi verso una tale creatura. Era come se in quello spezzone di strada napoletana si recitasse una commedia di Scarpetta. Lui era solo una comparsa di quella rappresentazione teatrale, il suo ruolo era di adorare a distanza, invisibile e silenzioso, la donna che lo aveva stregato. Gli pareva un gran bel ruolo, forse il migliore di tutta la commedia. Adele era ancora ferma a osservare un libro cartonato che pareva un‟edizione classica. Era bella pure di spalle e la sua snella figura emanava ondate di fascino anche a quella distanza. Giggino meditò di abbandonare la sua postazione e di raggiungere Adele per parlarle come non aveva mai fatto finora. Scartò quasi subito quell‟ipotesi perché non


avrebbe potuto sopportare l‟imbarazzo, il fastidio, o perfino l‟ironia con cui una donna di quella levatura avrebbe accolto l‟impaccio con cui lui si esprimeva. Il maledetto incidente di anni prima gli aveva talmente imbalsamato la lingua che solo due o tre persone in tutta Napoli, tra cui sua madre, capivano interamente ciò che diceva. Gli altri tiravano a indovinare, riuscendoci spesso perché i suoi pensieri non erano mai così difficili da intuire. Bene, Adele aveva deciso per l‟acquisto. Porse una banconota a Giovanni e ripose nella borsa il libro che aveva esaminato. Quindi con un sorriso radioso prese a salire la scalinata dell‟Università Federico II, presumibilmente per raggiungere la facoltà in cui insegnava. Saliva le scale con la sicurezza di una prima donna del varietà di lungo corso, senza però nessuna ostentazione. Sciorinava una grazia innata che spingeva gran parte degli occhi presenti in quel trafficato tratto di strada a voltarsi verso lei. Bene, la giornata era finita, decise Giggino. Erano solo le due e qualche minuto del pomeriggio, ma l‟evento più significativo di quello e di altri giorni era già accaduto. Non gli restava che tornarsene a casa e cercare di trattenere il più a lungo possibile nella mente l‟immagine della femmina straordinaria passatagli davanti. L‟indomani si sarebbe presentato alla sua bancarella di mattina e avrebbe atteso fino a quell‟ora, sperando che nessuno si accorgesse che a lui di vendere dischi falsi e accessori per cd che non gliene importava proprio nulla. Aveva aperto una bancarella in quell‟angolo di via Mezzocannone solo per avere un motivo plausibile per trovarsi lì ogni volta che passava Adele. Lei lo faceva solo tre volte a settimana, ma Giggino era costretto a recitare la parte del venditore ambulante tutti i giorni per non destare sospetti. E anche perché non aveva mai afferrato con precisione quali fossero i tre giorni in cui la dea di Mezzocannone si palesava ai suoi occhi commossi. Stava quasi per sbaraccare quando si accorse che la giornata aveva una coda. Un uomo chiamava a gran voce il nome di Adele mentre camminava trafelato sul quel tratto di marciapiede. Era ben vestito, elegante e bello, indossava un soprabito di ottima fattura, come quelli degli avvocati o dei professionisti di quel genere. Per un po‟ parve che non dovesse succedere nulla. Poi i richiami del nuovo arrivato produssero i loro effetti. In cima alla scalinata dell‟università, fece capolino la


figura di Adele, più bella che mai e con un largo sorriso raramente mostrato in quei paraggi. Il sorriso, si accorse Giggino era dovuto all‟uomo ben vestito, il quale salì in fretta le scale per abbracciare la donna chiamata come se fosse un suo vecchio conoscente o meglio il suo innamorato. Giggino osservò senza indispettirsi il lungo abbraccio della sua musa ispiratrice con l‟uomo vestito da avvocato. Non era geloso, non lo fu nemmeno quando vide le labbra dei due innamorati toccarsi per un bacio rapido, ma appassionato. Aveva già visto Adele accompagnarsi ad altri uomini con cui pareva in rapporti confidenziali o intimi. Era immune dalle gelosie e dalle piccolezze degli altri esseri umani perché sapeva di non essere all‟altezza della donna ispiratrice delle sue fantasie sentimentali. Anzi in qualche caso era stato soddisfatto quando aveva visto Adele felice in compagnia di uno di quegli uomini. Ogni sorriso o risata di Adele, in qualunque modo fosse stato ottenuto, non poteva che procurargli gioia, perché lui l‟amava. L‟amava senza riserve. E senza interesse. L‟amava e basta. L‟amava anche se si rendeva conto che non capiva del tutto la parola amore. In ogni caso anche uno ritardato come lui sapeva che quando ami davvero una persona ciò che vuoi è solo il suo bene. Però stavolta non era soddisfatto mentre Adele abbracciava l‟uomo vestito da avvocato. Non capiva perché. Forse non gli piaceva la faccia del nuovo venuto, pure se l‟aveva vista solo di sfuggita mentre gli passava davanti. No, non era neppure questo. Era che a lui quella faccia pareva di conoscerla. Bah, e anche se così fosse stato? Perché avrebbe dovuto provare antipatia per un uomo che conosceva? Stava diventando pure lui come uno di questi meschini uomini normali prigionieri della gelosia? Ebbe la risposta a quella domanda quando l‟uomo, dopo l‟ultimo intenso bacio con Adele, si voltò mostrandogli per un attimo i suoi lineamenti in perfetta luce. Capì che conosceva quell‟uomo e ricordò pure dove lo aveva visto. Due sere prima nello scantinato che Annarella usava come casa per il suo amore a pagamento. L‟innamorato di Adele era il figlio di puttana che aveva quasi ucciso Annarella a pugni e calci. Quell‟uomo era un mostro, uno che godeva a fare del male alle donne. E ora quel mostro era entrato nella vita di Adele. Gli parve che il mondo si fermasse come il suo cuore.


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