Chez Nous–Paolo Favaretto

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Paolo Favaretto A cura di Alice Iuri, Taja Luxa, Francesca Romano


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Paolo Favaretto

Nasce a Padova nel 1950 e si laurea in architettura a Venezia. Nel 1973 fonda il proprio studio di progettazione, attualmente Favaretto&Partners. Attivo come designer e consulente per l’industria, ha collaborato con prestigiose aziende italiane ed estere, ottenendo importanti premi e riconoscimenti. È past president della Delegazione Veneto e Trentino Alto Adige dell’ADI-Associazione per il Disegno Industriale, è stato fondatore e presidente dell’IIDD Istituto Italiano Design Disabilità (ora DFA-Design for All) e attualmente rappresenta l’ADI al BEDA Bureau of European Design Associations.


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Conversazione sul design

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Formazione

Ho studiato come architetto, anche perché all’epoca non c’erano scuole di design, ma ho sempre avuto un grande interesse per i giochi per bambini, le invenzioni, i lavori di falegnameria e d’officina. Il mio primo progetto di design realizzato risale a quando ero ancora studente, nel 1973: si tratta della sedia Agorà, che è tutt’ora in produzione. Come architetto, invece, ho disegnato alcune case, ma non mi piace la burocrazia e le connessioni politiche che questo ambiente implica. ll design, infatti, è una disciplina più libera dell’architettura e allo stesso tempo più complessa, poiché è messa alla prova dal mercato: il fatto che il prodotto venga progettato non per un committente privato ma per essere venduto ad un vasto pubblico presuppone un esercizio progettuale complesso e necessariamente multidisciplinare. In architettura con un progetto soddisfi un solo cliente, nel design, invece, devi capire il mercato.

Rapporti lavorativi, comunicazione, estetica, funzionalità.

Nel 1975 ho iniziato a lavorare con l’estero, e nel 1980 con un’azienda canadese, la Kinetics, con la quale ho prodotto Power Beam, la prima scrivania al mondo cablata. Con questa stessa azienda ho portato avanti molti progetti, fino a diventarne direttore artistico, tra i quali la prima seduta per ufficio al mondo interamente in plastica: i movimenti che quella sedia permetteva e le posizioni che faceva assumere alla schiena sono ora normativa. Fui uno dei primi designer a collaborare con aziende straniere e questo mi garantì molta più visibilità sul mercato internazionale che nazionale, anche se limitata poiché la progettazione di prodotti per ufficio è meno pubblicizzata di altri campi del design. La comunicazione oggi è molto importante, molto più che in passato, ma non è sufficiente. Oggi ci sono troppi designer che fanno gli artisti: o sei artista o sei designer. Mentre un artista può permettersi di tutto, un designer no, poiché i parametri per valutare un oggetto devono essere oggettivi. Se l’estetica è soggettiva, la funzionalità è oggettiva: i prodotti devono parlare del designer, non il designer di loro. Purtroppo oggi la comunicazione è fondamentale: ha il ruolo di pubblicizzare i prodotti, renderli piacevoli e stimolanti, anche se non sempre lo sono.


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“Se l’estetica è soggettiva, la funzionalità è oggettiva.”

Sedia Venezia, libreria Marciana



“La comunicazione non deve essere predominante nel presentare un prodotto, l’oggetto può essere presentato certamente molto bene, ma innanzitutto dev’essere un buon prodotto.”


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“Progettare con l’azienda significa concepire il design come una scienza all’interno dell’azienda.” Sedia Bishop


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Venezia, Gruppo Sintesi, 2006. Polipropilene rinforzato con fibre di vetro.

Cs America, Press Kinetics Furniture, 1983. Sedia per ufficio, struttura in nylon rinforzata con fibre di vetro.

System 39, Comforto, 2006. Sedia per ufficio. Struttura in nylon rinforzato, tubo metallico, alluminio e poliuretano espanso.

Bishop, Interior Beltramini, 2011. Base in metallo cromato, scocca in rovere o faggio.


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“Non bisogna pensare a progettare oggetti per i disabili, ma bisogna progettarli in modo tale che siano utilizzabili da tutti.� Sedia Uniqa


Comunicazione e prodotto

La comunicazione è fondamentale a tal punto da far pensare che cose di poco conto siano eccezionali. Credo che la comunicazione invece non debba essere predominante nel presentare un prodotto, l’oggetto può essere presentato certamente molto bene, ma innanzitutto dev’essere un buon prodotto. Ad esempio, penso che Philippe Starck sia un ottimo progettista, al di là del suo modo spettacolare di presentarsi, ma ciò che è pericoloso è il proliferare di finti Philippe Starck. Bisogna passare dal carino alla consistenza.

Etica, progettare con l’azienda

L’etica è importantissima nella progettazione e nei rapporti interpersonali. Questo è uno dei motivi per cui lavoro ancora con le aziende con cui ho iniziato negli anni 70, perchè i rapporti interpersonali tra aziende e designer sono positivi e la serietà nei rapporti permette di selezionare i clienti con cui lavorare e mantenere i contatti negli anni. In quel che progetto non c’è un mio segno distintivo perché quando progetto, progetto con l’azienda. Come dico agli studenti durante i workshop, ci sono tre modi di progettare: per l’azienda, con l’azienda o contro l’azienda. Nel primo caso il designer ha un progetto e lo fa produrre all’azienda che gli sembra più adatta; nel terzo caso il designer progetta per sé e per la sua fama, in modo egoistico e danneggiando a volte così l’azienda. Progettare con l’azienda significa, invece, concepire il design come una scienza all’interno dell’azienda, e il designer come un ponte tra l’azienda e il consumatore.

Design for all

L’etica nella progettazione mi ha portato ad essere tra i fondatori di Design For All Italia. Il design for all tiene presente l’uomo in tutte le sue circostanze di vita, in tutte le modalità, poichè non si tratta di una progettazione di nicchia, ma estesa, che permette un utilizzo più agevole degli oggetti per tutti. Non bisogna pensare a progettare oggetti per i disabili, ma bisogna progettarli in modo tale che siano utilizzabili da tutti, comprese alcune categorie di utenti con disabilità. Spesso è il progettista che rende le persone handicappate.

Futuro del design

Il design ha due strade. La prima è legata alla crescita dei paesi in via di sviluppo (BRICS). La seconda è una spinta a cambiare direzione, a capire che è necessario che il design cambi perché lo chiede l’uomo. Siamo una generazione sempre più anziana e non dobbiamo dimenticare che stiamo distruggendo il pianeta, per questo bisogna smetterla di fare del design stile “lista di nozze”, ma bisogna progettare oggetti funzionali, poiché l’uomo si troverà sempre di più in situazioni di difficoltà. Design for all significa progettare per l’uomo in tutto il suo arco di vita, dalla nascita alla morte, ricordando che l’uomo normodotato non esiste, che lo standard non esiste. Il design for all è importante anche nella comunicazione: per non dimenticare nessuna categoria di persone.

Cambiare il mondo con il design

Il design potrebbe cambiare il mondo: il mondo lo si cambia con le scelte progettuali. Gli oggetti entrano nella vita delle persone cambiandone le abitudini, più delle leggi politiche o delle ideologie ambientaliste fini a se stesse.

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Assisa, Steelcase Press, 1986. Acciaio e polipropilene. Premio 5 stelle ADI Tecnhotel, 1987.

Issima, COM, 1996. Acciaio, poliammide. ADI Design Index 1998/99.

Basilissa Bisanzio, Guilami Estel, 2005. Acciaio e legno curvato a caldo.

AgorĂ , Emmegi, 1974. Alluminio, metallo, legno, plastica, tessuto.


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“Gli oggetti entrano nella vita delle persone cambiandone le abitudini, piĂš delle leggi politiche o delle idee ambientaliste fini a se stesse.â€?

Sedia Dallas


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