Digitalic n.14 - Credito all'innovazione

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EDITORIALE

Credito vuol dire “buon nome”, “pubblica stima”, significa insomma fiducia. È su questo che si basa, alla fine, la finanza. Che cosa è lo spread se non la misura di quanto il mondo ha fiducia nelle capacità di un Paese? Tradizionalmente le istituzioni titolate a dare fiducia – quella sostanziosa fatta di finanziamenti, di soldi – sono le banche. Soprattutto in Italia, dove il risparmio delle famiglie è sempre finito in massa nelle casse degli istituti bancari; a queste realtà è stato demandato il compito di finanziare le imprese e le innovazioni. Ma le cose stanno cambiando. Abbiamo scoperto (dolorosamente) che le banche sono imprese e sbagliano (anche clamorosamente) e possono chiudere come qualunque altra attività. Abbiamo scoperto che oggi raccolgono dai risparmiatori meno denaro di quello che spendono (o investono) e hanno quindi chiuso i cordoni della borsa e si preparano a stingerli ancora. Ma non cambiano le regole che hanno sempre guidato il credito. La fiducia è tutto, diventa più complesso conquistarla. Dopo averla regalata un po’ a tutti, oggi i criteri diventano estremamente selettivi, ma al contempo nascono nuove forme di finanziamento, dal crowdfunding ai business angels, dagli incubatori ai gruppi d’acquisto, fino agli interventi della Comunità

europea. In questo numero trovate molti spunti per capire come stia cambiando il mondo del credito e come potersi muovere. Il fatto che sia diventato più difficile non vuol dire che sia impossibile: le buone idee (sostenute da ottimi business plan) trovano il carburante economico per spiccare il volo. Il mondo ha superato crisi come quella che stiamo vivendo e ha costruito sistemi di business e infrastrutture portentose, anche in tempi molto difficili; lo ha fatto dando fiducia, credendo che il mondo potesse cambiare, nonostante tutto. Per questo la nostra copertina si ispira agli antichi certificati bancari, perché molti anni fa i nostri nonni, i nostri bisnonni, hanno costruito in tutto il mondo cose incredibili trovando la fiducia (e il credito per farlo). Forse è quello spirito che oggi manca, quella capacità di vedere non solo i problemi (che sono tanti) ma anche le opportunità. Siamo più pessimisti e come noi lo sono le banche, gli investitori: non abbiamo fiducia e non abbiamo credito, ma non è un’equazione perfetta, per fortuna. Ci sono molti casi – e ne trovate diversi in questo numero – che dimostrano come lo spirito, il cuore dei pionieri non si è estinto, ma pulsa ancora, in molte realtà (anche finanziarie).

Francesco Marino Direttore Responsabile Digitalic francesco@digitalic.it

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SOMMARIO

Anno 2‚ numero 14‚ gennaio 2013 www.digitalic.it

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Registrazione Tribunale di Milano n. 409 del 21/07/2011 ROC n. 21424 del 3/08/2011 Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica per il periodo 1/10/2011-31/12/2011

62 AVVIO Photo Il quadrato sensibile

TECNOLOGIA 6

Geografia 8 Ottimismo e prodotto interno lordo

Classifiche Un anno di flop…

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DGTalk Ritorno al personal computer

50

Trend Finanza europea

10

Creative Park I colori della salute

60

White Paper Elogio delle idee, del cuore e della passione

12

DGMode Scordatevi il VoIP, le nuove comunicazioni si vendono così

62

Punto G Un tifone silenzioso si abbatte sul green

66

MERCATO Previsioni 21 Prove tecniche di futuro. Ecco cosa vedremo nel 2013, forse…

WEB SOCIAL CLUB

DGTalk Credito per l’innovazione

22

DGReport C’è del cloud sul canale…

Management Finanziare l’innovazione tecnologica con il crowdfunding

38

Marketing Side 76 Cosa mai sarà questo Pinterest che si vede ovunque?

ITalians Brevi e i suoi “fratelli d’Italia”

44

2Social Startup: l’importanza del team

70

Direttore Responsabile: Francesco Marino - francesco@digitalic.it Caporedattore: Marco Lorusso - marco@digitalic.it Responsabile di Produzione: Raffaella Navarra - produzione@mmedia.info Hanno collaborato: Amir Baldissera, Luca Bastia, Barbara Bonaventura, Antonio Dini, Alessio Ferri, Sara Fevola, Paolo Gila, Girl in the Cloud, Matteo Ranzi, Valerio Rosano, Marco Sampietro, Daniela Schicchi, Antonella Tagliabue, Elena Veronesi. Progetto grafico e impaginazione: Davide Spagnuolo/BluLapis s.n.c. Pubblicità e Pubblicità Web Ufficio Traffico: adv@mmedia.info Ufficio Abbonamenti: abbonamenti@mmedia.info Una copia euro 3,90 - Arretrato euro 7,80 Abbonamento annuale (11 numeri) Italia euro 33,00 - Estero euro 66,00 http://www.digitalic.it/wp/abbonati Stampa: A.G.F. Italia srl Via Milano 3/5 - 22068 Peschiera Borromeo (MI) Cellophanatura: NUOVA EFFEA s.r.l. v.le Lombardia, 51/53 - 20861 Brugherio Mi

78

SHUTDOWN Girly Tech La regina dei makers

Periodicità: 11 numeri Tiratura media:15.250 copie Diffusione media:14.450 copie Certificato CSST n. 2011/2247 del 27/02/2012 Società di Revisione: REFIMI

80

MMEDIA s.r.l. via Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB) tel. 039.2301393 - fax 039.2326449

Mad4It 82 Migliore attore… non protagonista

Agile Telecom 7 Alias 11 Arjowiggins Creative Papers III cop Assocarta 73 Aten 20 Brevi 18 - 19 - 57 Charme & Relax 53 - 55 Computer Gross - J.Soft - Adobe 41 Dell 17 Emc 27 - 29 Emilplast IV cop Evolution 15

Fortinet Fujitsu Technology Solutions Ibm Idc Incomedia iStockphoto Pi-Emme Snt Technologies Systematika - Nutanix Visio Italia V-Valley - Emc ZyXEL

25 59 5 63 43 75 II cop 48 47 68 - 69 31 - 32 - 33 37

Informativa ex D.Lgs 196/3 (tutela della privacy) MMedia s.r.l., Titolare del trattamento, tratta, con modalità connesse ai fini, i suoi dati personali, liberamente conferiti al momento della sottoscrizione dell’abbonamento od acquisiti da elenchi contenenti dati personali relativi allo svolgimento di attività economiche ed equiparate per i quali si applica l’art. 24, comma 1, lett. d del D.Lgs n. 196/03, per inviarle la rivista in abbonamento od in omaggio. Potrà esercitare i diritti dell’ art. 7 del D.Lgs n. 196/03 (accesso, cancellazione, correzione, ecc.) rivolgendosi al Responsabile del trattamento, che è il legale rappresentate di MMedia s.r.l., presso MMedia s.r.l., nella sede operativa di via Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB). Gli articoli e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Tutti i diritti sono riservati; nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in nessun modo o forma, sia essa elettronica, elettrostatica, fotocopia ciclostile, senza il permesso scritto dall’editore. L’elenco completo ed aggiornato di tutti i Responsabili del trattamento è disponibile presso l’Ufficio operativo, Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB). I Suoi dati potranno essere trattati da incaricati preposti agli ordini, al marketing, al servizio clienti e all’amministrazione e potranno essere comunicati a società esterne per la spedizione della Rivista e per l’invio di nostro materiale promozionale. Annuncio ai sensi dell’art 2 comma 2 del “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio della attività giornalistica”. La società MMedia s.r.l., editore della rivista Digitalic rende noto al pubblico che esistono banche dati ad uso redazionale nelle quali sono raccolti dati personali . Il luogo dove è possibile esercitare i diritti previsti dal D.Lg 196/3 è l’ufficio del responsabile del trattamento dei dati personali, presso la sede operativa delle segreterie redazionali (fax 039.2326449).

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PHOTO PER VEDERE I CONTENUTI AGGIUNTIVI DI QUESTA PAGINA SCARICA LA APP DI DIGITALIC PER IOS E ANDROID.

Twine è un cubetto di gomma che trasforma qualunque cosa in un oggetto intelligente collegato al Web. Insomma, il sogno dell’Internet delle cose alla portata di tutti e di qualunque dispositivo domestico. Costa dai 129 ai 199 dollari (a seconda dei sensori che si decide di montare) e proprio grazie ai sensori di temperatura, umidità e posizione, può avvisarvi se a casa fa freddo o se bisogna far partire

T

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l’impianto d’irrigazione, ma non solo. Le possibilità sono illimitate visto che si può facilmente programmare. Twine è anche un mirabile esempio di crowdfunding, ovvero di finanziamento da parte della massa. Sul sito www.kickstarter.com ha raccolto più di 500.000 dollari da migliaia di finanziatori che volevano vedere realizzato il prodotto. David Carr e John Kestner, i suoi creatori, ne avevano chiesti solo 35.000… Si può acquistare Twine collegandosi al sito http://supermechanical.com/.



GEOGRAFIA -0,2 1,6 Svezia

-0,4 1,4 Regno Unito

-0,1 1,6 Finlandia -0,5 1,4 Danimarca

Crescita del prodotto interno lordo (GDP) fonte: Grant Thorton

Eurozona Unione Europea Stati vicini a EU

-1,0 1,6 Olanda 2,5 3,2 Polonia

-1,5 1,9 Irlanda

2012 2013-16

-0,6 1,3 Germania -0,4 1,7 Belgio

-0,4 1,4 Svizzera -0,5 1,4 Francia

3,5 4,4 Turchia

-7,4 1,9 Grecia

3,5 4,3 Georgia

3,6 4,2 Armenia -1,9 1,0 Spagna -1,7 0,9 Italia

Credito significa fiducia. Si dà credito quando si ha fiducia in un’azienda, in un progetto, in una nazione, supportati ovviamente dai numeri, ma alla fine è una questione di stima. Per quanto riguarda le economie, il dato che influenza maggiormente è la previsione di crescita. Guardando alle analisi di Grant Thorton l’Italia ne esce male. La previsione di crescita del

C

8


Investimenti aziendali Percentuale di aziende che pensano di aumentare gli investimenti nei successivi 12 mesi

Stabilimenti e macchinari

38

32

Q2 2012

Q3 2012

Ricerca e sviluppo

25 Q2 2012

23 Q3 2012

84 % bi

le

ra

78

Un

%

0%

i8

it

Armenia

Ottimismo delle aziende a giugno 2012 (primi e ultimi 10 al mondo)

iA

at

Georgia

Ci

Mes

fonte: Grant Thorton

% a 84

ine

pp ir

Percentuale di aziende ottimiste sull’andamento economico dei successivi 12 mesi (inizio 2012)

Perù 91%

wan

Bots

i Fil Em

La fiducia tedesca

Al settimo cielo il Perù, Giappone rassegnato

sic

o7 8%

78 52

India

68%

46

Turchia

20

Polonia

Brasile 66%

-16%

ia 60%

-16% Grecia

Armen

da ana

54%

-20%

-22

C

%T aiw -2 an 4% It al ia

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Oland

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4%

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-64%

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8%

-4

gna

Spa

Anche l’ottimismo scarseggia, ma ci sono stati altri momenti con dati simili – almeno nelle previsioni – come il 1993 e il 2000, seguiti poi da anni migliori rispetto alle attese diffuse. L’Italia è più pessimista riguardo al proprio futuro rispetto alla media europea, ma comunque molto più fiduciosa di Spagna, Finlandia e Francia.

one -65% Giapp

prodotto intero lordo per i prossimi tre anni è la più bassa d’Europa con il suo +0,9%; anche la Spagna fa meglio con il suo +1% tra 2013 e 2016, mentre la Grecia (dopo un -7,4%) è prevista in crescita al 1,9%. Più ci si sposta ad est e più i dati migliorano: in Polonia è prevista una crescita del GDP del 3,2% in tre anni, in Turchia del 4,4%.

Belgio

-4

Danimarca

12

to

Uni

%R

-12 Germania

o egn

9


18,7 9,6 11,0 6,4 34,5 10,4 17,0 14,2 29,9 15,3 1,3 1,8

Esito della domanda di prestito bancario Richiesto e ottenuto Richiesto e rifuitato dalla banca Richiesto e ottenuto in parte (1% e 74%)

Richiesto e ottenuto in parte (74% e 99%) Non risponde Richiesto e rifiutato per i costi

28,3 13,9 14,2 21,4 3,1 7,6 27,7 18,5 10,7 16,3 7,1 9,0 28,8 17,0 17,8 8,6 5,4 5,2

10

Europa

Austria

Rep. Ceca

Danimarca

Finlandia

Francia

Germania

Grecia

Italia

Polonia

Portogallo

Spagna

Svezia

Regno Unito

29,4 11,9 24,4 12,2 3,2 1,9 12,5 17,7 7,8 9,9 19,6 5,6

62,9 10,9 9,5 7,5 5,5 3,7

84,4 -,5,5 4,0 3,0 3,0

67,2 16,9 1,6 7,4 2,5 4,4

59,0 18,0 5,7 6,3 9,4 1,6

90,7 -,-,2,7 5,1 1,4

76,4 9,3 3,8 7,0 2,1 1,4

71,9 5,9 6,6 5,7 7,5 2,4

29,2 21,8 29,2 9,7 2,8 7,2

60,6 10,6 13,9 8,6 3,5 2,8

70,4 8,6 3,5 1,9 10,5 5,0

48,8 17,6 20,3 4,1 4,5 4,6

53,7 10,8 15,7 8,7 6,0 5,0

84,6 3,3 3,7 1,7 6,7 -,-

48,4 17,5 8,4 10,8 4,7 10,2

27,5 13,8 13,3 9,4 11,0 9,7

Austria Rep. Ceca Danimarca Finlandia Francia

17,5 15,3 16,1 16,0 20,2 9,3

Germania

13,7 27,9 7,2 17,2 16,3 5,1

Grecia

I

Italia

Il credito è uno dei problemi più urgenti delle piccole e medie aziende europee. La ricerca svolta dalla Commissione europea mostra come questa sia un’urgenza molto sentita in Italia, dove il 14,2% delle imprese lo giudica il problema più importante. In questo il nostro Paese mostra dati non dissimili da UK (13,3%) e Francia (16,1%). Il tema è invece più sentito in Spagna (per il 24,4% delle imprese il credito è il problema principale). Ma come si comportano le banche quando un’azienda richiede un prestito? In Finlandia dicono di sì e per l’intero importo richiesto nel 90% dei casi, quindi sostanzialmente sempre. Ben diversi i numeri italiani: le imprese tricolore si sono viste rifiutare totalmente le richieste nel 10,6% dei casi e solo il 60,6% è stata esaudita totalmente.

Polonia

25,4 19,6 13,0 11,9 7,3 7,1

Portogallo

25,1 16,8 11,5 9,9 12,0 3,7

Spagna

21,9 17,7 6,6 7,7 27,9 7,9

Svezia

Trovare clienti Competizione Accesso al credito Costo del lavoro e della produzione Personale qualificato Normative

24,1 14,6 15,1 12,2 13,6 7,7

Regno Unito

I problemi più urgenti delle Pmi europee

Europa

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WHITE PAPER 12

ELOGIO DELLE IDEE, DEL CUORE E DELLA PASSIONE Daniela Schicchi “Schicchina, tu farai la giornalista”. Così ha avuto inizio tutto, credo. 26 anni, appena laureata in una materia che non c’entrava nulla con il giornalismo, con un direttore fantastico al quale devo molto (Sergio Meda) e una totale inesperienza. Da lì sono passati 12 anni. Ho bazzicato tra testate di sport e fitness, gossip, digital printing, beauty, salute, sanità e un’agenzia di comunicazione per arrivare – infine – al Grande Salto. Quello nella Rete e nella consulenza della libera professione. Un percorso fatto di incontri, apprendimento, curiosità, risate e parecchie arrabbiature. Ho scoperto che le parole possono essere fantastiche. Ho toccato con mano la bellezza di supporti unici e portenti della tecnologia in grado di realizzare “quasi” tutto. Ho imparato che per comunicare bisogna andare al passo con i tempi e che, per stare al passo con i tempi, bisogna rimettersi in gioco tutti i giorni.

1 o 14? Non importa se vogliamo considerare questo numero di Digitalic il primo del 2013 o il quattordicesimo dall’inizio dell’innovation experience di più di un anno fa. Si tratta solo di numeri, ma la dedizione, il pensiero e la passione dietro ogni

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uscita del nostro magazine non sono cambiate. Anzi, forse sì, ma in un crescendo di esperienze che hanno arricchito tutti noi di talmente tante idee e conoscenze da poter riempire copertine e pagine per molto tempo. Ed eccoci ripartire dopo la pausa natalizia con una nuova sorpresa. Un attestato di

ARJOWIGGINS CREATIVE PAPERS Arjowiggins Creative Papers, produttore e leader nel settore delle carte creative, commercializza brand ben noti quali: Conqueror, Opale, Inuit, Curious Collection, Keaykolour, Rives e Pop’Set. Carte per rendere unica qualunque applicazione. I prodotti sono certificati FSC con un’offerta di carte 100% riciclate premium, oltre al fatto che la gamma Conqueror è classificata CarbonNeutral in molti Paesi. L’attenzione per il mondo dei creativi è supportata da “The Blank Sheet Project”, la piattaforma che aggrega la comunità creativa invitandola a lasciare il segno nel mondo in modo responsabile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Iniziativa che continua a ispirare nuove idee grazie ad ambasciatori di fama internazionale. www.arjowigginscreativepapers.com

conoscenza, innovazione e creatività che si fa idea stessa. E di nuovo al nostro fianco amici, partner, tecnici, appassionati e sognatori. Arjowiggins Creative Papers con le sue carte creative, Pi-Emme con le nobilitazioni a noi tanto care ed Emilplast con i suoi effetti speciali. Siete pronti? E allora si aprano le danze.

EMILPLAST Da oltre venticinque anni Emilplast affianca creativi e stampatori per nobilitare e arricchire cataloghi e stampati. Assieme alla consociata Vepa S.r.l. l’azienda offre supporto tecnico per lavorazioni di serigrafia, verniciatura Uv offset, plastificazione e accoppiatura, incapsulatura, stampa a caldo e floccatura. Aggiungiamo che Emilplast, oltre all’esperienza nelle lavorazioni tradizionali, è da sempre all’avanguardia nell’ambito delle nuove tecniche. Ecco perché le due aziende sono in grado di studiare, suggerire e realizzare quegli effetti poli-sensoriali che stimolano in modo innovativo vista, tatto e olfatto trasformando un semplice stampato in opera d’arte. Lo sanno bene le aziende di cui siamo partner, che anche grazie al nostro supporto hanno ottenuto premi internazionali di grande prestigio. www.emilplast.com/


Quasi un nome in codice per questa carta che va a impreziosire la prima cover del nuovo anno. Si tratta di Conqueror CX22 Cream da 320 grammi. CX22 è una carta dal tatto ultra liscio e dall’effetto vellutato. La superficie liscia e compatta, garantisce una grande nitidezza e un’ottima definizione di stampa. Con un forte investimento in R&S, Conqueror è stato sottoposto a un’operazione di “rejuvenation”, confermandosi prodotto di fascia premium, dall’alto contenuto tecnologico, capace di offrire garanzie di qualità e sostenibilità. I suoi nuovi colori dalle tonalità forti e decise nelle finiture liscio e vergato e la tecnologia Print Excellence che riduce i tempi di asciugatura e garantisce una resa di stampa impareggiabile, consolidano il suo posizionamento come carta di riferimento per designer, stampatori e aziende leader. Senza dimenticare, ovviamente, che è certificata FSC, in linea con la politica ambientale della cartiera. Tali caratteristiche l’hanno resa la “signora” indiscussa di questa copertina che meritava un

PI-EMME Nata nel 1988, è in breve diventata una delle aziende leader nel settore della stampa a caldo per tutta l’Europa. Proprio in virtù di ciò, PI-EMME è il partner ideale di tutti coloro che, operando nelle arti grafiche, necessitano di avere prodotti arricchiti e nobilitati dalla stampa a caldo. La pluriennale esperienza maturata permette a PI-EMME di offrire la massima qualità ai propri clienti, così come le numerose macchine presenti in azienda uni-

supporto elegante, ma caldo. Dal colore “antico”, ma dalle caratteristiche perfette per firmare l’innovazione 2013.

Curiosando tra i dettagli Come consuetudine, proseguiamo nel farvi toccare e conoscere i particolari della nostra cover. Ci sono due elementi fondamentali. Il primo è la testata Digitalic, che rappresenta il nostro mondo. Il secondo, invece, è un particolare di questo numero: parliamo del timbro che trovate in basso a sinistra, simbolo importante a garanzia di idee e creatività. Per dare la giusta importanza a dettagli, che poi tanto dettagli non sono, Pi-Emme ha realizzato un rilievo a secco, che possiamo chiamare anche sbalzo,

te alla competenza tecnica degli operatori, le consentono di poter soddisfare, quotidianamente, ogni esigenza nell’ambito delle graphic arts. www.pi-emme.com

per garantire un effetto dimensionale e profondità. Il tatto, infatti, sarà stimolato a passare e ripassare le dita sui piccoli particolari che cattureranno l’attenzione di lettori e osservatori.

Emilplast E ritroviamo, con gioia, anche Emilplast. Azienda che fa della nobilitazione un vero mestiere. Ed ecco i passaggi realizzati sulla copertina. Il primo riguarda la testata di Digitalic che è stata stampata con oro solvente per una resa di massima brillantezza e grande realismo. A seguire troviamo il nero UV lucido che rende la scritta Digitalic (in corsivo nero), le firme della redazione e la scritta “credito per l’innovazione” estremamente lucide, quasi come se fossero in rilievo. Infine, un terzo passaggio, come tocco di classe, con un effetto rugoso satinato sui due bollini negli angoli del certificato (quelli con la scritta 100, giusto per intenderci) e su alcuni dei numerosi filetti azzurri che si intrecciano nella cornice del nostro bel certificato.Tanti dettagli per un risultato che parla di un’abilità eccezionale.

RISORSE

CX22, formula chimica… di carta!

www.grafitalia.biz Dal 7 all’11 maggio, nei padiglioni di Fieramilano a Rho, si terrà l’appuntamento con Grafitalia, momento di incontro fondamentale per le aziende del mondo della comunicazione. La vocazione di Grafitalia a farsi mostra di sistema e la conseguente scelta a favore dell’integrazione, si è rivelata lungimirante e proficua. Ci saremo anche noi di Digitalic: non mancate!

www.hp.com HP ha avviato una partnership con il famoso designer Karim Rashid al’Heimtextil di Francoforte (la fiera del tessile e della decorazione di interni più famosa al mondo) per dimostrare così le possibilità offerte dalla stampa digitale agli interior designer proiettati verso il futuro. Karim ha infatti disegnato la lounge area del padiglione HP a Heimtextil non solo per ispirare i visitatori, ma anche per mostrare ciò che HP realizza per la stampa digitale.

www.redstripe.net Creatività ed etichette innovative? Trasformare un momento di shopping in un’esperienza unica è l’operazione musicale della birra giamaicana Red Stripe che ha trasformato un tranquillo corner shop londinese in un locale reggae. Ogni cliente sul punto di afferrare una bottiglia avvia un circuito elettronico che, grazie a una operazione ad arte, fa suonare tutto il negozio.

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NEWS

Il retail rimane uno dei suoi più importanti cuori pulsanti, ma il focus – nel prossimo futuro – sarà sempre più spostato sui progetti complessi, sul mondo aziendale, su termini come virtualizzazione, cloud… sul valore, insomma e sul canale. Parla chiaro, come sempre, Aldo del Bò, sales & marketing director in Italia di Kaspersky Lab. «Il mondo retail è in forte contrazione. Dati GfK alla mano, il mercato italiano, nell’ambito del software pacchettizzato a scaffale, è passato da 1.700.000 pezzi del 2010 a 1.324.000 nel 2011 fino alle 1.120.158 scatole del 2012. In questo canale abbiamo comunque mantenuto bene la nostra quota con una descrescita (-14%) inferiore rispetto a quella dei competitor. Il futuro però per noi sarà sempre più sul mondo enterprise, dove vantiamo un ottimo trend (+22%), con un incremento del 4% delle vendite online, mese per mese. Il portfolio di prodotti B2B sarà completamente rinnovato il 30 gennaio 2013, con un lancio a New York seguito da eventi locali in Europa (in Italia si parla dell’11 febbraio), ma le certificazioni e la formazione per il canale sono già partite».

“Reimagine the InnovaTion” cioè iniziare con una vision, sfidare le assunzioni, rompere le regole, fare domande, assumere deliberatamente un punto di vista diverso, gestire il rischio. Questo il tema del Microsoft Symposium 2012, un nuovo appuntamento dedicato al mondo dei Cio e degli addetti IT, un’occasione di confronto e approfondimento. Aprendo i lavori, Fabio Fregi – direttore della divisione Enterprise e Partner di Microsoft Italia – ha enfatizzato l’importanza dei partner «nel processo d’innovazione del Paese offrendo consulenza mirata e soluzioni ad hoc per rispondere alle specifiche esigenze delle realtà che fanno parte del tessuto economico nazionale». «Per ripensare all’IT e aprirsi ai nuo-

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Il successo di TP-LINK (+38% nel primo quarter del 2012 nel settore wireless e +32% nel mercato broadband) ha radici profonde imputabili a una serie di fattori che, come un puzzle, continuano a incastrarsi alla perfezione. La produzione indipendente, gli investimenti costanti in R&D, ad esempio, fanno sì che si possa monitorare severamente il processo di controllo qualità di ogni singolo componente, mantenendo al contempo i costi. Una scelta, questa, apprezzata negli oltre 120 Paesi in cui oggi TP-LINK è presente. Brady Sun, country manager TP-LINK Italia, ha illustrato in conferenza i risultati con orgoglio: «Siamo impegnati a migliorare performance e utilizzo dei prodotti, in sintonia con le esigenze degli utenti e i nuovi stili di vita». Sempre in movimento e mai ferma, l’azienda si è posta un obiettivo strategico: la penetrazione capillare nel settore retail italiano, peraltro già iniziata positivamente con accordi stretti con grandi nomi della GDO.

vi scenari dell’innovazione – ha proseguito Fregi – le aziende di qualsiasi dimensione e settore possono fare affidamento sulla competenza degli oltre 25.000

operatori che fanno parte del nostro network e che possono guidare progetti IT e offrire soluzioni personalizzate negli ambiti social enterprise & collaboration, business analytics & Big Data, cloud, data center & applications e workstyle».



NEWS Un condensato di innovazione… in un codice. Collegatevi ai nostri coloratissimi QR code con tablet, smartphone, ecc. e scoprite gli esclusivi reportage video, audio e di testo realizzati dalla redazione di Digitalic

La guida di Microsoft Italia ha finalmente un nome: Carlo Purassanta Da quando Pietro Scott Jovane aveva salutato per approdare in Rcs era una delle cariche più ambite. Come però prevede la rigida etichetta delle multinazionali, il silenzio è calato intorno alle grandi manovre della filiale italiana del colosso di Redmond e i rumors – come è normale – hanno raggiunto livelli altissimi… Allla fine l’ha spuntata Carlo Purassanta: grande esperienza estera, soprattutto in Francia, e profonda conoscenza del cloud. Scopri chi è e quali saranno i suoi obiettivi.

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MHT e la magia del 18… «la crisi si affronta con intelligenza e investimenti» Di mestiere fanno da sempre gestionali… Erp, Crm. Il motore, insomma, il cuore pulsante di aziende a ogni latitudine. Un lavoro complesso che MHT affronta a testa alta dal 1997 grazie a una concretezza e a una operosità profondamente “venete” e, soprattutto, alla capacità di «fare miracoli» con Microsoft Dynamics… Scopri come e soprattutto i casi di successo di questo dinamico operatore di canale.

Dall’ipotesi alla dimostrazione. Università di Firenze e Intel insieme per prestazioni da record Collegati e scopri tutti i dettagli di un bell’esempio di collaborazione tra Università e industria che vede protagonisti il Centro di Ricerca sulle Turbomacchine e i Sistemi Energetici (Ce.R.Tu.S) di Firenze e Intel.

Italsel e Shareprise.it, il cloud dei record sul canale Da 0 a 100 in pochissimi secondi. Solo poco tempo fa, Italsel, distributore IT nostrano, annunciava la nascita dell’innovativa piattaforma di servizi cloud Shareprise.it. Un lancio che ha trovato terreno fertile sul canale dato che, nel giro di poco, un brand di primo piano come Panda Security ha annunciato la disponibilità dei suoi servizi Cloud Protection e Cloud Systems Management proprio attraverso la piattaforma firmata Italsel. Scopri i dettagli grazie al QR code.

Aruba, «ecco il nostro canale!» A tu per tu con Stefano Sordi, il nuovo direttore marketing della società attiva nei servizi di Web e nel cloud. «Per noi il canale rappresenta un tassello importantissimo per veicolare i nostri servizi sul mercato – afferma il manager – ed è per questo che la nostra strategia sarà sempre più volta a facilitare al massimo l’operatività dei nostri partner, soprattutto sulla parte infrastrutturale».

Backup, cloud ed efficienza, ecco la strada di Western Digital Luca Marrazzi, country manager Italia di Western Digital, racconta i punti chiave e le prospettive della società. Fin dall’inizio Western Digital ha raccolto, infatti, la sfida della gestione efficace dei dati critici, ponendosi come azienda leader nell’ambito dello storage e del backup con dispositivi piccoli, potenti, efficaci e affidabili.


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© 2012 Dell Inc. Tutti i diritti riservati. Dell, il logo DELL, il marchio DELL, PowerEdge e OpenManage sono marchi di Dell Inc. Nel presente documento possono essere utilizzati altri marchi e nomi commerciali in riferimento sia alle società titolari dei marchi sia ai nomi dei rispettivi prodotti. Dell non rivendica alcun diritto di proprietà su marchi e nomi depositati da terzi. Il presente documento ha scopo puramente informativo. Dell si riserva il diritto di apportare modifiche, senza preavviso, a qualsiasi prodotto descritto. Il contenuto viene fornito “così com’è”, senza garanzie espresse o implicite di alcun tipo. Intel, Intel logo, Xeon e Xeon Inside sono marchi registrati da Intel Corporation in U.S. e negli altri Paesi.


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MERCATO Vale un po’ per tutti ma… nel mondo dell’innovazione e della tecnologia parlare di ciò che verrà è quasi una sorta di “droga”, una forma acuta di dipendenza che affligge ogni minimo ingranaggio di un mercato mai come di questi tempi alla ricerca dell’insperato “gancio in mezzo al cielo” per rilanciarsi, risollevarsi e puntare dritto – manco a dirlo – verso il futuro… Così, anche Digitalic non ha saputo resistere a questa irrefrenabile dipendenza e ha provato a stilare un piccolo elenco (nel mezzo di mille scenari e possibili futuri) di alcuni dei principali trend ai quali potremmo assistere nei prossimi mesi targati 2013.

V

La rivoluzione del secondo schermo I dati parlano chiaro: oltre l’80% di coloro che posseggono uno smartphone o un tablet usano questi device mentre guardano la tv. Il 51% di questi interagisce con i social per discutere di ciò che sta guardando, anche al cinema… Insomma, nei prossimi mesi, è lecito aspettarsi che brand, media companies e operatori di mercato intendano sviluppare una strategia molto più aggressiva sul versante dell’interazione tra tv e schermi secondari: smartphone e tablet (o nuovi device… perché no?). Tra le prime a lanciare la volata c’è stata Nintendo con la nuova versione della sua console Wii U, dotata di controller-tablet, ma più in generale ora numerosi servizi come Shazam, Zeebox, Viggle o GetGlue stanno cercando di sviluppare la loro offerta proprio per aiutare gli utenti a collegare l’esperienza video-televisiva con le attività svolte sugli small-screen.

Big Data più… maturi Secondo scenario, più che atteso e annunciato, è quello che vede la definitiva maturazione dei Big Data e, più che altro, del loro utilizzo sistematico. Ora, spiegano gli analisti, le aziende hanno ben chiaro il peso e il ruolo di una corretta analisi delle informazioni strutturate e, soprattutto, non strutturate. Le aziende si fidano dei Big Data e investiranno sempre di più in tal senso. Questo, secondo i principali analisti, ci porterà ad avere tra le mani prodotti migliori, previsioni migliori, analisi migliori, comunicazioni molto più verticali e in target, ecc. La fine della privacy Meno rassicurante invece la previsione della fine definitiva della privacy. È in arrivo una marea montante di servizi e soluzioni online, spiegano gli esperti, che ci chiederanno con sempre maggior insistenza di condividere informazioni su ciò che pensiamo, facciamo,

su dove siamo, perché… e sarà sempre più complicato evitare di rendere pubblici dati e dettagli sulla propria vita privata. Probabilmente, si spinge a prevedere qualcuno, assisteremo al diffondersi massiccio di digital-jamming tools, ovvero software capaci di rendere invisibili, di non essere localizzati e di far sì che non siano rintracciabili i loro strumenti. Le stampanti 3D Altro fenomeno in attesa di esplosione è poi quello delle stampanti 3D (vedi Digitalic di ottobre e dicembre). Le persone ancora non hanno ben chiaro l’impatto dirompente che queste soluzioni potrebbero avere sulle loro vite, ma certo il debutto di una stampante 3D nelle catene retail, a un prezzo sotto i 2.000 dollari, rappresenta davvero una svolta. Schermi flessibili… finalmente Il 2013 potrebbe essere l’anno in cui vedremo finalmente debuttare un display flessibile su tablet, smartphone e forse sui tv. Non è dato sapere chi per primo farà la mossa, ma dovremmo esserci: la stessa BBC, sul finire del 2012, ha spiegato che Samsung sta pensando di lanciare, con il marchio registrato YOUM, intorno alla metà del 2013, nuovi cellulari con schermo Full HD flessibile. Non resta che attendere… poco, per fortuna!

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DGTALK

Paolo Gila

TECNOLOGIE RIVOLUZIONARIE, NUOVI MODELLI DI BUSINESS DALL’IMPATTO POTENZIALMENTE DIROMPENTE SU CLIENTI E FORNITORI… NON SERVE CERCARLA, L’INNOVAZIONE NON E’ MAI STATA COSI’ INCALZANTE E PRESENTE NELLA VITA E NEL BUSINESS DI AZIENDE A OGNI LATITUDINE. IL TEMA NON E’ DUNQUE IL COSA MA IL COME E, SOPRATTUTTO, ATTRAVERSO QUALI STRUMENTI FINANZIARI… VIAGGIO AL CENTRO DI UN MONDO, QUELLO DEL CREDITO E DELLE BANCHE, CHIAMATO OGGI PIU’ CHE MAI A CREDERE E A TORNARE A SCOMMETTERE, NONOSTANTE TUTTO, NELL’UNICO MOTORE CAPACE DI RILANCIARE IL SISTEMA PAESE

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Inutili i giri di parole, le metafore e tantomeno le perdite di tempo… Il punto è, e continua a essere, soprattutto uno: il credito, l’accesso ai finanziamenti e l’affidabilità di un mercato, quello dell’innovazione, che sembra aver smarrito l’appeal che un tempo esercitava su banche grandi e piccole. I cambiamenti, tecnologici e organizzativi, sul piatto sono tanti, profondi e anche allettanti, ma senza la spinta e il supporto di un adeguato sistema di credito, soprattutto le terze parti rischiano di soffrire più di quanto non stiano già facendo. La crisi sta scatenando pesanti ripercussioni sul tessuto produttivo e l’intera filiera industriale è infatti contagiata da un diffuso clima di incertezza che mette a dura prova anche i fornitori di servizi, i consulenti e i rivenditori. La difficile congiuntura presenta anche l’amaro conto sotto l’aspetto delle insolvenze, che secondo il Crif sono cresciute del 20% rispetto al 2011. Non è immune da questa febbre nemmeno il settore dell’Information & Communication Technology, dove i tempi di pagamento si allungano e le forniture allo Stato e all’amministrazione pubblica presentano aree di criticità ancora più robuste rispetto al passato. Il canale indiretto dell’offerta, collocato a metà strada tra i produttori e gli utilizzatori finali, che in passato come cerniera vitale fungeva

I

da banca e da volano per l’intero sistema, è ora in difficoltà e si interroga su come proseguire il cammino e su quali obiettivi puntare per traghettarsi verso lidi migliori. Molti rivenditori, system integrator e tutti gli operatori dell’intermediazione di know how strategico stanno – più o meno compattamente – spingendo la cultura della gestione dei dati sulla rarefazione virtuale delle banche dati e dei processi, convinti, giustamente, che i modelli organizzativi stiano mutando pelle e anima. Per seguire – anzi, per anticipare – la trasformazione in atto, questo mondo costituito da agenti della business intelligence evoluta sta investendo denaro, risorse umane e tecnologiche… Molti operatori si sono indebitati con le banche, altri hanno investito mezzi propri pur di presentarsi puntuali all’appuntamento con offerte credibili, lungimiranti, efficaci. E invece di sedersi al banchetto, oggi rischiano di limitarsi a leccarsi le ferite dovute a una dura battaglia contro la recessione, il credit crunch, le difficoltà derivanti dal rientro degli investimenti richiesto dagli istituti di credito. Secondo il Bollettino mensile pubblicato da Bankitalia il 10 dicembre del 2012, «nel corso dell’ultimo anno le erogazioni di prestiti alle imprese sono calate del 2,9%». E le prospettive per il futuro non sono affatto rosee. Tanto che Franco Bassanini, presidente della Fondazione Astrid, commentando a caldo

la fotografia scattata da Palazzo Koch, ha evidenziato che «il sistema del credito, in Italia come in molti altri Paesi europei, è destinato a contrarsi ancora in futuro. Per questa ragione si dovranno andare a reperire altrove i capitali che servono all’economia reale». Perciò si dovranno pensare nuovi strumenti di credito e nuove formule di raccolta dei capitali per distribuirli poi agli operatori.

Alessandro Profumo

Ripensare le regole Da qui la necessità di ripensare le regole, i meccanismi e i rapporti tra le aziende, al fine di evitare un’implosione che farebbe male a tutti. Come finanziare il mercato e le imprese? Come ridare ossigeno e fiducia agli operatori, in modo che la macchina produttiva e dei servizi si rimetta in moto? Il mondo bancario, da parte sua, erige al momento una barriera difensiva. «Il rapporto tra impieghi e raccolta nel sistema del credito in Italia – precisa il neo-presidente del Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo – presenta un dato medio pari al 131%. Significa che le banche hanno dato e stanno dando al mercato più denaro di quanto riescano a raccoglierne attraverso i depositi dei risparmiatori. E siccome le tendenze in atto mostrano che ben difficilmente la raccolta potrà aumentare nel corso dei prossimi mesi, il sistema del credito dovrà orientarsi sia a ridurre le esposizioni a rischio, sia a contrarre i costi». In sostanza, i palazzi

Carlo Sangalli

del denaro fanno capire che la ristrettezza di liquidità potrebbe continuare, anche se nel frattempo le banche si sono abbeverate alla fonte della Banca Centrale Europea con ingenti rifinanziamenti all’1% grazie all’operazione definita LTRO, Long Term Refinancing Operation. Così, detto in soldoni, le banche che si sono esposte a investimenti finanziari di dubbia qualità e oggi si trovano con difficoltà nei conti, hanno chiesto e ottenuto denari freschi dalla BCE, ma anziché investirli sul mercato, premiando i capaci e i virtuosi, preferiscono agire su altre strade per migliorare conti e stato patrimoniale. Ma la sostanza non cambia: per gli operatori non ci sono soldi.

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DGTALK Che fare? Come affrontare la situazione? «Occorre ripensare il modello complessivo dei rapporti tra operatori e condurre il mercato verso un piano di efficienza più elevato – precisa Dante Laudisa, senior partner di Ifiit Europe, l’istituto che segue gli investimenti in innovazione

Carlo Stocchetti

Dante Laudisa

tecnologica –. Finora si è pensato a reperire capitali per sostenere la diffusione sul mercato di sistemi e soluzioni informatiche, senza preoccuparsi della qualità degli utilizzatori finali. Per fare una metafora, diciamo che sono state fornite cisterne di risorse idriche indistintamente a vari operatori senza valutare il tipo di terreno che sarebbe stato poi innaffiato. Bene, questo modello è arcaico e deve essere ripensato, nel senso che prima si devono individuare i terreni da irrigare e le piante da coltivare e poi si calibrano le quantità di acqua da fornire». Insomma, la cultura del finanziamento deve spostarsi dai prodotti innovativi tout court, alle aziende che vogliono perseguire l’innovazione. Si deve cioè puntare a erogare credito verso le società che innovano e queste decideranno a chi destinare le varie quote di risorse, secondo le specifiche caratteristiche dell’offerta. Spostando l’attenzione dal mondo dell’erogazione del credito attraverso la valutazione dei rischi, alle potenzialità delle imprese con l’utilizzo di opportuni indicatori di tipo qualitativo si verrebbe a semplificare la filiera della fiducia.

Che ruolo avrebbero quindi i dealer, gli operatori della rivendita? Franco Bassanini

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Per loro si tratterebbe di gestire un passaggio epocale, che li vede trasformarsi da

venditori di casse in consulenti tecnologicofinanziari, in quanto anche un rivenditore di stampanti di rete sarà chiamato a fornire informazioni e indicazioni economiche, siano esse di risparmio energetico, di ammortamento o di analisi strutturale dei costi. Il tema dell’investimento, dell’erogazione di credito o, se si vuole, del puro prestito, dovrà d’ora in poi essere sempre riferito all’utente finale, perché i conti si dovranno fare con l’oste e con le sue effettive capacità. In tal modo i commerciali indiretti non avranno più prodotti in magazzino da collocare a tutti i costi (e per avere i quali si sono magari dissanguati…), ma idee di offerta e progettazione di soluzioni, studiate dal punto di vista economico e della loro struttura contabilefinanziaria. Chi fornirà questo valore aggiunto uscirà vincente dalla crisi e si presenterà al mercato e alla clientela con una capacità professionale addizionale. Sull’affermazione di questo trend si stanno già adeguando i vari Confidi. Per Massimo Nobili, presidente di Eurofidi (una realtà che in Italia concede prestiti grazie a un patrimonio di garanzie per oltre 25 miliardi di euro) «alle aziende non è necessario solo il credito. Occorre infatti un sistema di filiera intorno alle imprese, che faccia superare le difficoltà di breve e medio termine in modo che venga potenziato il loro processo di sviluppo». L’acquisizione di innovazione tecnologica, macchinari, strumentazioni, servizi e consulenze, come

del resto brevetti e licenze, deve insomma rientrare in un “programma di innovazione” e questo strumento, al pari delle garanzie, potrà e dovrà essere presentato alle banche e ai Confidi per ottenere credito, il quale servirà a pagare, senza distorsioni e nei tempi giusti, tutti gli operatori e gli intermediari che intervengono nella costruzione dei progetti di maggiore produttività, che peraltro è una delle priorità fissate nell’agenda del governo per il recupero della competitività dell’intero sistema produttivo italiano. «Il Confidi di prossima generazione – sottolinea ancora Nobili – sarà il soggetto che potrà affiancare le imprese nella ricerca di finanziamenti, rilasciando garanzie che consentano così un flusso diretto di mezzi finanziari». Su questa traiettoria vanno a collocarsi anche proposte come quella lanciata dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, secondo il quale «tutte le imprese e soprattutto quelle legate alle tipiche attività commerciali, devono orientarsi alla creazione di opportuni mini-bond per reperire liquidità dai mercati, anche se non sono quotati. Anche il crowdfunding potrebbe essere una soluzione da perseguire, col vantaggio che permette ai piccoli risparmiatori di comprare quote azionarie delle imprese, le quali provvedono a finanziare i loro piani di sviluppo». Queste formule sarebbero utili non tanto e non solo per



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Massimo Nobili

Victor Massiah le startup, ma anche per le “implementazioni tecnologiche” di molte altre imprese, magari già affermate e di medie o grandi dimensioni. Un’industria che debba migrare da un modello organizzativo a un altro merita credito e sostegno anche perché contribuisce a migliorare il livello della competitività del Paese e del suo sistema produttivo. E in questa visione i fornitori giocano un ruolo strategico: ecco perché devono essere sostenuti con un piano programmatico che non comprenda ciechi incentivi a pioggia, ma precisi rapporti con il mondo delle banche e delle istituzioni in grado di erogare credito. In quest’ottica si possono comprendere alcune iniziative

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come T2 Territorio per il territorio, un vero e proprio programma di sviluppo pensato da UBI Banca per le imprese aderenti ad Assolombarda. «Con un plafond di 37 milioni di euro – spiega Victor Massiah, amministratore delegato di UBI Banca – il piano prevede l’erogazione di finanziamenti per progetti di reti di impresa, di ricerca e innovazione, di incremento del circolante per facilitare la dinamica tra aziende e fornitori. I singoli finanziamenti potranno avere un importo compreso fra i 25.000 e i 500.000 euro, avranno una durata massima di 48 mesi e potranno essere richiesti fino al 31 maggio del 2013». In particolare, la definizione del plafond segue la fase di collocamento a un prestito obbligazionario per la quotazione sul MOT, il Mercato Obbligazionario Telematico della Borsa valori di Milano.

Nuove formule Tra le varie formule finanziarie che in futuro si potranno adottare per allocare risorse tecnologiche nelle imprese e nei processi produttivi c’è sicuramente il leasing, ma anche contratti di licenza d’uso per il software, se agganciati a singoli brevetti. Non si devono poi dimenticare i fondi europei per la ricerca e l’innovazione, che molto spesso in Italia vengono snobbati per ignoranza. Per fortuna da qualche tempo esiste un’associazione, Assomec, che aggrega a

livello nazionale le imprese della filiera meccanica che hanno scelto di puntare sui bandi di finanziamento per innovare e far crescere le attività. Capitanata da Barbara Pigoli, Assomec opera al servizio di 350 imprese manifatturiere come un soggetto indipendente e intermedio sul mercato delle politiche di sviluppo e di reperimento dei capitali per l’innovazione. In tal modo l’associazione agisce anche come un gruppo d’acquisto sul mercato ICT, proponendo ordini collettivi e dunque economie di scala: in tal modo i fornitori di hardware e software, ma anche di sistemi e servizi dedicati, possono trovare un unico interlocutore e spuntare accordi sicuri in quanto la prospettiva è che Assomec diventi anche un consorzio di garanzia del credito. Su questa scia si sta muovendo anche il gruppo Intesa Sanpaolo, attraverso Mediocredito Italiano. A seguito della creazione da parte del Ministero dello sviluppo Economico del FNI, il Fondo Nazionale dell’Innovazione, Mediocredito Italiano ha stilato una serie di piani programmatici per agevolare il finanziamento di progetti innovativi. I primi passi hanno riguardato la tutela e la valorizzazione di marchi, brevetti, design e modelli, ma in prospettiva c’è l’ambizione di entrare nel merito di credito all’ingegnerizzazione di processo, all’informatizzazione dell’organizzazione e alla digitalizzazione dei servizi. Almeno questa sembra essere l’idea su

cui si muove la strategia di sviluppo perseguita da Carlo Stocchetti, direttore generale di Mediocredito Italiano, per il quale si deve «potenziare la presenza sul territorio e offrire agli operatori industriali e commerciali le competenze distintive e le strutture specialistiche presidiate da ingegneri, tecnici ed esperti di contabilità industriale, in grado di analizzare i progetti di innovazione presentati dalle imprese agli sportelli attraverso il punto di vista tecnico, a complemento della tradizionale analisi di merito di credito». Anche questo è un segnale che conferma quanto il rilancio delle attività di tutta la filiera produttiva dipenda dal modo in cui si potranno integrare progetti di sviluppo, capitali per l’innovazione e contabilità industriale. Una cultura di cui anche i fornitori di ICT dovranno armarsi, per essere a loro volta propositori di idee, consulenze, programmi d’azione ad ampio raggio perché all’interno di un’organizzazione, indipendentemente dal comparto che si prende in esame, l’attività di innovazione rappresenta il processo centrale.



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Una materia complessa, difficile, che rischia però di riservare brutte sorprese a chi, di mestiere, fa il fornitore di servizi IT. Quello della responsabilità fiscale in caso di appalto è un tema che chiama in causa direttamente il canale IT in tempi di grandi difficoltà nei pagamenti. Un tema sul quale non ha esitato a far sentire la

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sua voce e, soprattutto, a richiamare l’attenzione, un distributore a valore come Achab. Nella video intervista disponibile collegandosi al QR code che vedete, è Andrea Veca in persona – numero uno della società milanese – a chiamare in causa un esperto in materia per approfondire il tema e dare qualche utile consiglio ai rivenditori. «Nel Decreto Sviluppo è stata aumentata la responsabilità fiscale in

caso di appalto – spiega nel blog aziendale Andrea Veca, timoniere di Achab –. Questa norma riguarda, tra gli altri, chi eroga servizi IT per cui abbiamo deciso di chiedere lumi a un professionista come il dottor Jacopo Doveri e consigliamo anzi a tutti gli operatori di canale di mettersi in contatto con i propri professionisti per stabilire il piano di azione. La materia è in divenire – continua Veca – ma la sintesi è che procede la tendenza dell’Agenzia delle Entrate a coinvolgere i contribuenti nell’opera di lotta all’evasione. Una sorta di crowdsourcing a fini di controllo fiscale. Imposto però… Nella fattispecie se ci si rivolge a fornitori truffaldini che non pagano Iva e ritenute, si può essere chiamati in causa con sanzioni che vanno dai 5.000 ai 200.000 euro. Ripeto, il cliente può essere chiamato in correità per mancanze del fornitore. Per dormire sonni tranquilli il cliente può pretendere

dal fornitore una prova che quest’ultimo sia in regola con i versamenti. Questa prova può anche essere una autocertificazione. Attenzione: la responsabilità del cliente comincia nel momento del pagamento. Quindi il cliente è legittimato a non pagare la fattura relativa ai servizi ricevuti fino a quando non è in possesso della prova che il fornitore ha pagato l’Iva e le ritenute per i dipendenti che hanno contribuito all’erogazione del servizio (se il servizio è erogato appoggiandosi a subfornitori, ad esempio consulenti informatici, il discorso si complica ulteriormente ma non lo affrontiamo qui). Pertanto è consigliabile inviare questa autocertificazione con Pec o simili, per evitare che clienti fantasiosi aggiungano questa scusa al già nutrito ventaglio di giustificazioni per i mancati pagamenti. Se non arrivano chiarimenti dall’Agenzia è necessaria una autocertificazione per ciascuna fattura emessa. Il che naturalmente provoca una complessità operativa mostruosa: per questo reitero l’esortazione a consultare il proprio commercialista o il proprio legale per decidere la strategia da seguire. Ultima nota: oltre a essere fornitore, chi eroga servizi IT è anche cliente. Attenzione quindi ai fornitori di servizio che scegliete voi: la buona fede non vale più».


SERVIZI DI VALORE

EMC GLOBAL FINANCIAL SERVICES Il passaggio dal vecchio al nuovo anno è stato inevitabilmente dominato dagli interrogativi economici. I comportamenti dei consumatori, le attese delle aziende, le politiche che riguardano il settore sono condizionate da una crisi economica che, peraltro, in Italia è ulteriormente esacerbata dall’avvitarsi della situazione politica. Oggi più che mai le aziende, per poter essere sempre più competitive sul mercato italiano ed internazionale, devono essere in grado di ricorrere ad una continua innovazione. Per questo, un nuovo ruolo si prospetta per le aziende che operano nel mercato IT, come “propulsori di innovazione”, supportati da tecnologie e strumenti finanziari flessibili e consistenti. Emc Global Financial Services – GFS - è la divisione di Emc dedicata ai Servizi Finanziari e di Asset Management che offre ai clienti Emc e ai server provider un’ampia gamma di soluzioni finanziarie personalizzate, convenienti e flessibili oltre a modalità di acquisizione che garantiscono una completa gestione degli asset informatici e massimizzano il ritorno degli investimenti sulle soluzioni EMC. Le principali soluzioni comprendono:

EMC OPENSCALE: l’obiettivo di tutte le organizzazioni, come ben sappiamo, è poter tenere sotto controllo i costi IT, ma anche rispondere prontamente alle nuove esigenze aziendali. EMC OpenScale consente di risolvere entrambi i problemi senza dover cedere il controllo delle proprie risorse IT; questa soluzione offre infatti tutti i vantaggi di un’infrastruttura all’avanguardia, combinati con costi basati sull’effettivo utilizzo. Ideale per le aziende con installazioni a più terabyte in crescita e con processi di acquisto complessi, EMC OpenScale è una partnership ibrida di finanziamento e approvvigionamento. Fornisce una capacità di storage di base concordata (cash o finanziata) ed un “buffer” di capacità aggiuntivo, che può essere attivato istantaneamente, non appena necessario. Il buffer non ha alcun costo finché non viene utilizzato: il monitoraggio dei consumi relativi avviene da parte EMC e si traduce nelle formule “pay-asyou-grow” o “pay-as-you-go”. EMC VELOCITY FINANCE: con l’evoluzione continua del mercato e delle tecnologie di storage, il successo delle organizzazioni è strettamente correlato all’aggiornamento delle infrastrutture di storage. Così com’è rapida l’evoluzione delle tecnologie informatiche, altrettanto rapida deve essere la risposta delle aziende. GFS offre soluzioni di finanziamento personalizzate e flessibili per le piccole e medie imprese, ideali per rispondere alle esigenze delle aziende con problematiche di complessità crescente, risorse limitate e vincoli di costo. Le soluzioni di finanziamento proposte sono semplici e veloci a tassi competitivi. Flessibilità dei termini, pratiche semplificate e decisioni rapide sul credito rendono il finanziamento tramite GFS una scelta conveniente ed intelligente. EMC Global Financial Services vanta anni di esperienza nell’assistere i clienti nella gestione dei costi relativi alle infrastrutture di storage e nell’implementazione delle tecnologie più recenti. Nel dettaglio, le offerte GFS per il finanziamento totale delle soluzioni offrono alle piccole e medie imprese: • Massimizzazione del flusso di cassa grazie al finanziamento al 100% di hardware, software e servizi • Protezione dall’obsolescenza delle apparecchiature • Flessibilità nelle opzioni di acquisto e rinnovo • Conservazione del capitale e del credito • La comodità di un unico pagamento mensile per l’intera soluzione. PARTNER E RIVENDITORI: il programma EMC di finanziamento per i partner Velocity supporta le esigenze dei clienti finali consentendo il finanziamento completo delle soluzioni. Il finanziamento non è mai stato così semplice: hardware, software e servizi vengono infatti finanziati in un unico pacchetto. Il finanziamento totale delle soluzioni non solo consente di individuare metodi per realizzare risparmi economici, ma conduce anche alla gestione totale delle risorse dell’infrastruttura di storage. Grazie alla flessibilità delle opzioni di finanziamento e a strumenti finanziari innovativi, il programma di finanziamento per partner Velocity può essere adattato alle esigenze dei clienti finali, consentendo ai partner di migliorare la propria value proposition e quindi l’efficacia delle attività di vendita. EMC Global Financial Services non è parte di un centro di profitto indipendente o di una società finanziaria dipendente. GFS opera, infatti, con l’obiettivo di offrire soluzioni e condizioni più adatte per consentire alle aziende di rispondere alle proprie esigenze di infrastruttura informativa e non invece con lo scopo primario di trarre profitto dalle attività di finanziamento. Con quasi 4 miliardi di dollari di attività finanziate e al servizio di quasi l’80% delle aziende incluse nella classifica Fortune 500 tra i propri clienti, oltre ai più importanti clienti italiani GFS vanta una lunga tradizione nell’offerta di soluzioni di valore.

EMC Italia Via Spadolini, 5 - Edificio A - 20141 Milano Tel 02-40908.1 - www.italy.emc.com


ATTUALITA’

Il grande appuntamento di IBM Software per i partner quest’anno si svolge a Roma, il 24 e 25 gennaio, e si tiene presso l’Hotel Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotels & Resorts. Un momento unico in cui Big Blue presenta le strategie e le novità per il 2013. Una due giorni intensa fatta di formazione e momenti di networking. Dalla Business Analitycs allo smarter commerce, fino al mondo social. IBM spiega le aree di attività della divisione Software con Alessandro La Volpe, manager of Channels

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Tutti i partner, tutte le novità, tutte le strategie. La divisione Software di IBM si riunisce a Roma per preparare un 2013 d’impatto Francesco Marino

Software IBM Italia. Gli strumenti social sono una grande opportunità per le aziende, sia a livello interno per generare nuove modalità di comunicazione, sia esternamente per entrare in contatto in modo nuovo con i clienti. «Noi siamo un’azienda che fa software enterprise – spiega Paolo Degl’Innocenti, vice-president IBM Software Group –. Non facciamo giochi, non ci occupiamo di La prima volta si è svolto nel 2012 e, visto il grande successo dell’evento, IBM Software Network è subito diventato un appuntamento annuale. Da Milano si trasferisce a Roma e coinvolge non solo i tecnici, ma anche il reparto marketing e gli imprenditori del canale indiretto. Ciascuno, nella due giorni romana, ha momenti dedicati di formazione. «È il nostro momento – ha sottolineato Alessandro La Volpe, manager of channels IBM Software Group Italia – per confrontarci, misurarci e insieme ai nostri partner programmare l’anno avendo a disposizione tutti i brand leader delle varie soluzioni IBM».

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pubblicità, non realizziamo software consumer. I nostri 35.000 sviluppatori hanno un target unico: soddisfare i bisogni delle aziende. Questa è una garanzia per tutte le imprese». Per spiegare nel dettaglio le nuove opportunità, IBM ha realizzato un’agenda di prestigio e un’area espositiva ricca di appuntamenti e possibilità di confronto, ma non manca l’occasione per vivere una serata di grande divertimento… Il pomeriggio del 24 gennaio si svolge la sessione plenaria, per fare il punto sulle operazioni di business e soprattutto per condividere le priorità e le principali aree di investimento dei clienti IBM per il 2013, sia in

Paolo Degl’Innocenti, vice-president IBM Software Group

termini di “smarter solutions” sia di middleware. Paolo Degl’Innocenti è il padrone di casa e insieme a tutti i Brand Leaders Software Group è il punto di riferimento per i partner. Nella mattinata del 25 gennaio vengono approfondite le tematiche discusse durante la prima giornata con sessioni parallele dedicate alle figure professionali commerciali, tecniche e di marketing. I partner possono effettuare test gratuiti di certificazione commerciale. Al termine del primo giorno non manca l’occasione per trascorrere la serata insieme e condividere un momento di networking. Ci si può iscrivere a questo link: http://tinyurl.com/ IBMsNr.


Digitalic per V-Valley

AL SERVIZIO DEI PARTNER

V-VALLEY-EMC, UN CANALE SICURO E AFFIDABILE NEL MARE DEL CLOUD E DEI BIG DATA

IL DISTRIBUTORE A VALORE E LA MULTINAZIONALE AMERICANA LEADER NEL MONDO DELLE INFORMAZIONI SCOMMETTONO SU UN PERCORSO FATTO DI SPECIALIZZAZIONI, SERVIZI DI SUPPORTO, FORMAZIONE E TECNOLOGIE ALL’AVANGUARDIA Sfide decisive, cambi di pelle vitali e necessari. L’esplosione di fenomeni epocali come cloud e Big Data pone gli operatori di canale di fronte alla necessità inderogabile di scegliere una direzione, un’idea, un mezzo per navigare al meglio in un mare ricco di opportunità, ma anche di insidie formidabili. V-Valley e Emc, grazie a uno storico e rinnovato rapporto di partnership, si candidano a interpretare nel migliore dei modi il ruolo di solido punto di riferimento e di supporto costante in questa fase di trasformazione.


I MERCATI E LE STRATEGIE AL CENTRO DELLA NUOVA ERA

LA SCOMMESSA PIÙ GRANDE NELLA FASE 2.0 DI V-VALLEY Più vicini e speciali per i partner. È iniziata da poche settimane la fase più ambiziosa e decisiva nella breve, ma intensa, vita di V-Valley. Nato il 25 gennaio 2011, in soli due anni il distributore a valore lanciato dal Gruppo Esprinet ha bruciato le tappe e punta ora forte sui suoi partner storici per guidare il canale attraverso la grande trasformazione del cloud e dei Big Data

Luca Casini, direttore commerciale di V-Valley

Ogni minuto vengono caricati su YouTube circa 72 ore di filmati, ogni minuto milioni e milioni di informazioni viaggiano a velocità siderali lungo reti e attraverso device di ogni forma e dimensione, in ogni luogo possibile del globo… Non servono moltissime parole per capire e toccare con mano la portata epocale di fenomeni veri, concreti e presenti come i Big Data. Una marea montante di informazioni, dati, video, audio, ecc. che le aziende, a ogni latitudine, si trovano oggi forzatamente ad affrontare sulla scia di trend altrettanto inarrestabili come il Bring your own device e, soprattutto, il cloud computing. La posta in palio è altissima: per chi sarà in grado di “mettere il naso” in questo mare magnum cogliendo le informazioni critiche come, quando e dove servono, c’è la possibilità di raggiungere livelli di competitività quasi impareggiabili; per chi si farà trovare impreparato, le conseguenze potrebbero essere molto gravi. Il momento è di quelli decisivi e, sul campo, le varie formazioni stanno cercando di allestire le squadre migliori. Tra queste, VValley, distributore a valore nato nel cuore del Gruppo Esprinet il 25 gennaio 2011, ha da tempo messo a punto una nuova e ambiziosa fase 2.0 che punta dritto proprio su cloud e Big Data e mira a sviluppare un rapporto sempre più completo con i rivenditori in ottica non solo di vendita ma an-

che di stimolo della domanda e di approccio specializzato e diretto del territorio. Una strategia precisa che affonda le sue radici anche e soprattutto nel rinnovamento dei rapporti consolidati con partner storici come Emc. «Emc è uno dei nostri partner di riferimento sui quali si basa il disegno di V-Valley – conferma Luca Casini, direttore commerciale di V-Valley –. Un vendor che, nel corso degli anni, ha modificato la propria strategia nei confronti del canale indiretto riconoscendo ai partner un ruolo sempre più importante e strategico chiamato a fornire “valore” nei confronti dei clienti. Valore che, unito al focus su aree come storage e backup, rappresenta un mix fondamentale per affrontare le sfide dei Big Data e del cloud. I rivenditori cercano competenze e strumenti concreti per cogliere tali opportunità e nel corso del 2013 il nostro impegno sarà rivolto in questa precisa direzione». Le opportunità per il canale «Del resto – continua Casini – cloud e Big Data sono fenomeni reali e presenti, non meri strumenti di marketing. Con le imprese che passano dalla logica dei server a quella del cloud e del data center, continua infatti inevitabilmente ad aumentare la domanda di storage e di una virtualizzazione che permetta alle infrastrutture IT di slegarsi dai limiti fisici dei prodotti tradizionali. Un

recente studio Idc, sponsorizzato da Emc, ha inoltre dimostrato come il tasso di crescita del mercato dei Big Data sia vicino al 40% annuo. Big Data che arrivano dalle fonti più disparate quali social media, dispositivi mobile, ma non solo, perché un flusso crescente di informazioni critiche è infatti in arrivo dai sensori che sempre di più fanno parte del nostro vivere quotidiano. Si pensi ad esempio a un mercato in fermento come quello della videosorveglianza dove la convergenza su protocollo IP sta portando all’interno delle infrastrutture IT una mole enorme di dati e informazioni delicate che vanno gestite, archiviate e analizzate con grande attenzione. Su questo lato i partner, grazie al canale che unisce V-Valley a Emc, possono presentarsi al mercato in qualità di consulenti di fiducia con competenze e soluzioni complete come Isilon, una soluzione di scale-out Nas che permette di mantenere prestazioni avanzate, commisurando gli investimenti alle reali possibilità aziendali, consentendo quindi di raggiungere efficacia ed efficienza nella gestione dei dati».


EVOLUZIONI NATURALI

BIG DATA ED OPPORTUNITÀ DI BUSINESS PER I PARTNER EMC Per rispondere alle necessità dei clienti e guidarli verso tecnologie innovative, i rivenditori devono specializzarsi puntando su vendor e distributori affidabili e con una visione chiara del mercato. Bernardo Palandrani, Director Channel Sales di Emc Italia illustra il cammino strategico per muoversi nel mondo dei Big Data “I Big Data rappresentano oggi sia un problema sia un’opportunità per le organizzazioni”. Idee chiare, tono deciso: è così che esordisce Bernardo Palandrani, Director Channel Sales di Emc Italia quando ci parla di Big Data.“ Un problema, perché la loro grande mole e costante crescita pone una serie di questioni legate alla loro archiviazione, gestione e protezione. In particolare i costi operativi legati alla gestione di queste informazioni non possono crescere con le stesse regole dei dati tradizionali, altrimenti il business case non reggerebbe assolutamente. Dall’altra parte si tratta di una grande opportunità, in quanto la capacità di correlare i dati che si hanno a disposizione, di integrarli con quelli provenienti da fonti esterne, di analizzarli continuamente ed in tempo reale, e di estrarre da questi indicazioni utili per il business può davvero fare la differenza”. Non è scontato, però, che le aziende sappiano approcciare questo nuovo paradigma. Una recente indagine condotta da Emc ha evidenziato come solo un terzo delle aziende intervistate si sia dichiarato fiducioso sulle capacità di prendere decisioni di business sulla base dei dati disponibili, e più in generale soddisfatto di come i dati vengano utilizzati a livello aziendale. La risposta Emc a questo nuovo scenario è un approccio ampio ed innovativo, che si basa su nuove architetture storage, applicazioni di business intelligence e tecnologie di cloud computing. “Il cammino strategico che Emc propone a partner e clienti”, con-

tinua Palandrani, “individua tre distinte fasi evolutive: la prima legata all’infrastruttura, che deve essere flessibile e scalabile, oltre che ovviamente in grado di gestire, analizzare ed elaborare quantità enormi di dati; la seconda legata all’individuazione di una nuova figura, chiamata ‘data scientist’ in grado di effettuare analisi approfondite dei dati utilizzando tutti i tool di condivisione e collaborazione disponibili; la terza legata all’industrializzazione della componente predittiva a livello aziendale, integrando le capacità di analisi direttamente nella componente applicativa permettendo l’analisi dei dati come parte integrante dell’iter decisionale a livello produttivo”. I Big Data porteranno con sé al-

cune significative evoluzioni: nuove professionalità e competenze, strumenti collaborativi più efficaci ed immediati, architetture per l’archiviazione e la gestione dei dati più flessibili, più veloci e legate alle necessità di business. Però, in ordine di priorità, serve la consapevolezza, da parte dei rivenditori EMC, della necessità di un approccio esteso, che consideri la questione a livello aziendale/strategico, senza liquidarlo come un problema specifico dell’IT. Chi adotterà questo approccio, idealmente appoggiandosi a chi, come EMC, ha fatto della gestione e protezione dei dati la ragione primaria di business, non mancherà di raggiungere benefici concreti e misurabili.

Contatti V-VALLEY Energy Park – Edificio 04 Via Energy Park 20 20871 Vimercate (MB) Tel. 02 40.496.1 Fax 02 40.496.800

Bernardo Palandrani, Director Channel Sales EMC Italia

Contatti EMC ITALIA Via Spadolini, 5. Edificio A 20141 Milano www.italy.emc.com


ATTUALITA’ dimensioni dell’infrastruttura IT. Queste innovazioni sono pensate per gli ambienti virtualizzati, cloud e di conservazione dei Big Data e comprendono le nuove offerte HP 3PAR StoreServ Storage, HP StoreAll Storage e HP StoreOnce Backup.

Le nuove soluzioni

«Stiamo cambiando molto, profondamente, ma abbiamo la voglia e la passione giusta per farlo e, soprattutto, abbiamo le migliori tecnologie sul mercato a disposizione». La voce è quella autorevole di Stefano Venturi, timoniere di HP in Italia. Una HP che ha deciso di piazzare sul mercato un ruggito di quelli decisi, che sta scaldando

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operatori e aziende infreddoliti da temperature polari e, soprattutto, da una fase economica non proprio esaltante. Il colosso di Palo Alto, infatti, da tempo nel pieno di una fase di trasformazione e ridefinizione della propria organizzazione e offerta, ha scelto il periodo natalizio per fare un regalo significativo a clienti e partner, mettendo sul piatto una serie di annunci di grande spessore. Su tutti

il lancio di una rinnovata offerta in ambito storage, uno dei mercati su cui punta maggiormente la società. Anticipati nel corso dell’atteso appuntamento con Discover a Francoforte, a vedere la luce sono una serie di innovazioni introdotte nel portafoglio Converged Storage, lanciato nel 2011, che eliminano la complessità e le inefficienze grazie a un’architettura unica, indipendentemente dalle

Semplice, scalabile, pronto per affrontare sfide come cloud, Big Data, mobility. HP fa sul serio in ambito storage e alza il sipario su una serie di annunci destinati a lasciare il segno. Così afferma Stefano Venturi: «Stiamo cambiando, siamo pronti per accompagnare partner e clienti verso la nuova era dell’IT» Marco Lorusso e Sara Fevola

Un evento di grandissimo successo e un annuncio chiave per il futuro di HP, entrambi in un piccolo QR code. Collegatevi a questo pratico link e, in esclusiva per Digitalic, toccate con mano le novità, le voci e le emozioni dello Yellow Christmas di HP

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HP 3PAR StoreServ 7000 Storage è una piattaforma di fascia media con tecnologia quad-controller che offre la disponibilità dello storage di Tier 1 e funzioni di Qualityof-Service a un prezzo accessibile per le medie imprese, e va a completare la famiglia StoreServ che comprende anche soluzioni di taglio enterprise. HP StoreAll Storage è invece una piattaforma altamente scalabile e performante per l’accesso a oggetti e file, che offre un ambiente semplificato per gli archivi dei Big Data e lo storage su cloud, riducendo la necessità di amministrazione o hardware aggiuntivi. HP StoreOnce 2000 and 4000 Backup, con supporto per il software HP StoreOnce Catalyst, offre la movimentazione efficiente dei dati e la deduplica ad alte prestazioni per ridurre i costi della protezione dei dati nelle sedi remote. «Infrastruttura, software, servizi, soluzioni, questi sono i pilastri che guideranno la trasformazione di HP – ha aggiunto Venturi nel corso del lussuoso evento milanese di lancio delle nuove soluzioni storage –. Siamo ben posizionati, abbiamo fatto acquisizioni strategiche come quella di Autonomy, senza dubbio la migliore tecnologia


Stefano Venturi, managing director di HP Italia

Yari Franzini, storage business unit and sales manager di HP Italia

Nora Cecini, storage product marketing manager di HP Italia

Enrico Toson, enterprise group marketing manager di HP italia

in tema di dati». «Per HP Storage – ha aggiunto Yari Franzini, storage business unit and sales manager, HP Italiana – questo annuncio è una rivoluzione sia dal punto di vista del portfolio sia della strategia. Polymorphic e simplicity sono le due parole chiave che contraddistinguono i nuovi annunci. Polymorphic per la capacità fondamentale di adattarsi alle esigenze dei clienti smb ed enterprise e a tutte le tipologie di dati. Simplicity perché andiamo a razionalizzare il solution portfolio focalizzandoci su due architetture di riferimento. Quella di primary storage, è scalabile non solo dal punto di vista capacitivo ma anche delle performance, e ha

funzionalità pensate per gli ambienti cloud e virtualizzati. La seconda è invece un’architettura dedicata sia all’information protection che all’information retention, che vuol dire parlare di Big Data, di grande scalabilità e di capacità di reperire informazioni, aggregarle e renderle disponibili al business nel minor tempo possibile. Per le aziende il risultato è un triplice ritorno dell’investimento: trovare l’informazione giusta tra milioni all’istante, per prendere decisioni veloci e mirate; razionalizzazione infrastrutturale e dunque taglio dei costi; minori spese di management grazie alla disponibilità di un’unica e più efficace piattaforma di controllo e gestione».

Non solo storage, ovviamente, nel presente e nel futuro di HP. Dal recente appuntamento tedesco con Discover sono infatti in arrivo moltissime novità di grande importanza. La prima relativa all’offerta cloud, la seconda alle soluzioni Big Data. HP ha infatti esteso le soluzioni di Converged Cloud ad ambienti tradizionali, privati, gestiti o pubblici, introducendo migliorie e upgrade di sistema. HP CloudSystem e HP Cloud Service Automation (CSA) 3.1 favoriscono la gestione di cloud sicuri, a costi contenuti e con un’architettura aperta ed estensibile, anche per macchine kernel-based. HP Continuous Delivery Automation (DA) 1.1, invece, favorisce la gestione automatizzata delle applicazioni cloud. Novità anche per il cloud pubblico HP Cloud Services, con offerte e implementazioni nell’ambito storage, PaaS e compute. Non dimentichiamo, infine, le due soluzioni HP Cloud Solutions for Communication Service Providers (CSP) che permettono di far funzionare ambienti di cloud pubblico per conto di grandi aziende e Pmi, trasformando così i CSP in broker di servizi cloud. Per sfruttare al meglio il valore dei Big Data, HP lancia sul mercato nuove soluzioni di Information Optimization. Per supportare i clienti nella gestione delle informazioni, HP lancia la suite Autonomy Legal and Compliance Performance, una soluzione end-to-end per rilevare i segnali di rischio e basata su Idol. Interessante anche HP Proactive Care for Sap per un’analisi più rapida di grandi volumi di dati. HP Vertica Analytics Platform 6.1 permette di ottimizzare i Big Data con pacchetti analitici, migliorare le prestazioni e interagire con Hadoop. HP Telco Big Data and Analytics, invece, apre ai CSP la gestione, l’analisi e l’utilizzo di dati strutturati e non strutturati. Infine, la suite Autonomy Marketing Performance, basata su Idol, permette ai marketing manager di trovare strategie di coinvolgimento dei propri clienti grazie a strumenti innovativi nel campo della Customer Experience, Marketing Optimization e Multichannel Analytics.

Un ruolo centrale per HP «Questi annunci – racconta Enrico Toson, enterprise group marketing manager, HP italiana – fanno parte di una strategia che vede HP diventare sempre più un partner decisivo per canale e utenti finali che intendono affrontare sfide come cloud,

Big Data e mobility. Sfide ma anche opportunità uniche in cui la tecnologia IT riveste un ruolo decisivo di motore del cambiamento. HP mira a far diventare, con soluzioni e servizi unici, l’IT manager e i CIO un punto di riferimento vitale per le aziende che intendono migliorare business e processi».

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ATTUALITA’

«Eravamo abbastanza convinti che la strada fosse quella giusta, ma la recente convention ci ha confermato un successo davvero incredibile e soprattutto che la crisi accelera ogni cambiamento e bisogna saper essere pronti». Dovrebbero renderlo obbligatorio, quasi un passaggio accademico, una visita guidata… Per conoscere, toccare con mano lo spirito, il Dna e il sapore del canale indiretto italiano non servono molte parole, basta farsi un giro dalle parti di Empoli ed entrare in contatto con Var Group. Una società storica, ampia, complessa del mercato tecnologico nostrano, una società che nel tempo ha sempre saputo dettare i ritmi dei cambiamenti tecnologici e strategici più profondi con sorprendente preavviso. Come lo scorso maggio, quando Giovanni Moriani, amministratore delegato di Var Group, decise di alzare il sipario su My Var. «Siamo da sempre stati convinti che l’offerta tecnologica deve seguire l’organizzazione dell’economia reale – affermò lo stesso Giovanni Moriani –. L’Italia è organizzata per distretti industriali e noi ci siamo sempre strutturati per essere speculari

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A pochi mesi dal lancio di My Var, nuovo e rivoluzionario modello di business diviso per community, Var Group saluta il raggiungimento di importanti risultati, soprattutto lato cloud, e si appresta a rilanciare il suo focus sul territorio, sulle startup e sulla condivisione delle competenze

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a questa struttura, siamo un distretto industriale virtuale. Abbiamo deciso quindi di sovrapporre alle modalità tradizionali di produzione di soluzioni e servizi per il mercato verticale, un nuovo disegno dell’offerta, per comunità». A pochi mesi di distanza, nel corso della recente convention organizzativa, il timoniere di Var Group è apparso quasi imbarazzato dal successo raccolto da un simile progetto. «La risposta del territorio è stata davvero importante – ha sottolineato Moriani –. In tempi di crisi è proprio vero che le necessità di cambiamento subiscono un’accelerazione ed è a questo punto che gli operatori di canale devono farsi trovare pronti. Noi con

Guarda e ascolta l’intervista esclusiva di Digitalic con Giovanni Moriani, amministratore delegato di Var Group, per toccare con mano lo spirito e le strategie di questa dinamica società

My Var abbiamo sposato una strategia aperta in cui Isv e system integrator sono impegnati a produrre e fornire servizi e soluzioni da condividere. Una linea che permette di contattare clienti giusti nel momento giusto e di fare incontrare due strutture che hanno skill ad hoc per rispondere alle esigenze delle aziende. Ci siamo chiesti quali stimoli ci dava il mercato e, in base a questi, abbiamo costituito sette comunità in cui è radunata la nostra offerta: My Cloud Network, My Solution Value, My Media People, My Collaboration, My Engineering, My Italian Style e My App Store». Il risultato è tutto nella partecipazione di clienti finali e operatori di canale alla convention dello scorso mese di novembre. «Fare community vuol dire – ha continuato Moriani – che una Pmi o una media impresa non può pensare di affrontare le sfide della globalizzazione contando solo sulle proprie forze e competenze. Bisogna muoversi in direzione dei distretti virtuali, solo così per le aziende italiane è possibile reagire al cambiamento epocale in atto… solo così è possibile conquistare nuovi mercati in maniera efficiente. Fare community vuol dire esaltare le eccellenze territoriali e fare grande attività di scouting. Per questo come Var Group ci siamo concentrati su un progetto di espansione e abbiamo intensificato i contatti con università e i loro incubatori proprio per entrare in contatto con nuove idee, startup e il risultato è davvero interessante».


Digitalic per ZyXEL

TECNOLOGIA E SOLIDARIETÀ

ZYXEL TOUR, 10 ANNI PER L’ITALIA

Valerio Rosano, sales & marketing manager di ZyXEL

Centinaia di città, oltre 10.000 rivenditori incontrati. In dieci anni ZyXEL ha girato l’Italia con i suoi appuntamenti di formazione e business. Quello del 2012 è stato un tour particolarmente importante, non solo per il traguardo dei 10 anni in Italia. «Abbiamo presentato una nuova strategia – ha spiegato Valerio Rosano, sales & marketing manager di ZyXEL – basata sulle soluzioni verticali, pensate e realizzate per specifici settori, dal warehouse all’hospitality fino all’education. Si tratta di soluzioni che non solo integrano la migliore tecnologia networking, ma contengono anche le esperienze delle aziende che l’hanno utilizzata, per poi fornire un insieme completo e immediatamente applicabile alle imprese delle diverse realtà italiane». Con i vari appuntamenti organizzati nelle città italiane e con la capacità di fornire soluzioni adatte ai vari distretti industriali, ZyXEL ha dimostrato una grande attenzione alle realtà locali. «Questo approccio territoriale – ha proseguito Valerio Rosano – è un motivo di orgoglio. Siamo vicini ai nostri dealer, alle loro città. Anche nella realizzazione dei prodotti teniamo conto delle indicazioni che arrivano dai partner di canale: ascoltiamo e siamo pronti a intervenire». Questa attenzione ha portato la società a realizzare un

grande progetto di solidarietà a Finale Emilia, epicentro del terribile terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio 2012. ZyXEL ha fornito tutta la tecnologia necessaria al collegamento Internet nelle scuole, permettendo che l’anno scolastico iniziasse regolarmente, anche perché i docenti hanno potuto utilizzare i registri elettronici e le lavagne interattive, ormai al

centro dell’insegnamento. Per capire l’impatto che questo intervento ha avuto sui ragazzi e sulle istituzioni di Finale Emilia, forse le parole non sono sufficienti, ma le immagini posso fare di più. Guardate il video in cui il sindaco di Finale Emilia e gli insegnati spiegano che cosa ha significato per loro, collegandosi a questo link: http:// tinyurl.com/ZyXELf.

Collegandovi a questo QR code potrete vedere il video con la testimonianza del sindaco di Finale Emilia sul progetto ZyXEL per le scuole

Contatti ZyXEL Tel. 800.99.26.04 sales@zyxel.it www.zyxel.it


MANAGEMENT 38

FINANZIARE L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA CON IL CROWDFUNDING Marco Sampietro SDA Bocconi Professor della Unit Sistemi Informativi della SDA Bocconi School of Management. Responsabile del corso Project Management nei Sistemi Informativi. Faculty Member all’MBA ed al Global Executive MBA. Professore a contratto presso l’Università Bocconi per i corsi Informatica per l’Economia, IT Management e Project Management. Cofondatore di The Base - Project Management Consultancy.

CROWDFUNDING NON SIGNIFICA CHE PROGETTI SENZA VALORE VENGANO FINANZIATI. IL PUNTO DI FORZA E’ AVERE UN CANALE PIU’ SNELLO E MENO COSTOSO.

Finanziare le attività aziendali, in generale, e quelle legate all’innovazione basata su tecnologie informatiche, in particolare, non è affatto semplice. I tradizionali canali bancari hanno ridotto la quantità di finanziamenti e normalmente ragionano più in logica di garanzia che di investimento sull’idea di business (il supporto è più legato alle disponibilità patrimoniali che alla valutazione della robustezza del progetto per cui i fondi vengono richiesti). D’altro canto, le diverse forme di private equity non hanno capacità infinita e si focalizzano su progetti ad alto impatto di innovazione e di dimensioni non

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Il Reward Based stabilisce che, a fronte dell’offerta di fondi, il donatore possa ricevere in cambio dei beni o dei servizi tipicamente

correlati con i risultati del progetto. Per esempio, a fronte dei fondi reperiti per lo sviluppo di un software, è possibile offrire ai contributori delle licenze gratis/scontate o l’accesso anticipato rispetto al lancio sul mercato. In questo modello, lo scambio di denaro è vietato poiché per operare in regime di finanziamento tradizionale (ricezione di interessi sulla somma prestata) è necessario avere l’autorizzazione a procedere da parte della Consob ed essere sottoposti al suo controllo. Con questo modello, verosimilmente, si possono attendere somme di alcune migliaia di euro in quanto lo schema Reward Based spinge a offrire piccoli contributi. Il modello Donation si basa sul concetto di donazione vera e propria, quindi, chi dà del denaro, non si deve attendere nessun tipo di beneficio economico. Dal punto di vista dell’ICT, questo modello può essere ragionevolmente perseguito in caso di progetti che hanno un impatto sociale positivo o che supportano categorie disagiate. Anche in questo caso, le somme che si possono attendere sono dell’ordine di alcune migliaia di euro. Il modello Equity Based si basa sul concetto che, chi offre fondi, riceve in cambio delle azioni della società finanziata. In questo caso, la selezione dei progetti da inserire nella

piattaforma di crowdfunding è molto attenta e quindi il gestore della piattaforma ha un ruolo molto attivo di valutazione preliminare. Questa maggiore selettività porta però a finanziamenti che non di rado superano i centomila euro. Infine, il modello di Social Lending si basa sul principio che chi offre denaro verrà ricompensato attraverso un tasso di interesse che può variare in funzione del profilo di rischio desiderato. In analogia al modello Equity Based, il ruolo dell’operatore di crowdfunding è molto attivo in quanto è suo interesse avere in portafoglio progetti con buone possibilità di riuscita e alti ritorni dell’investimento. Anche in questo caso, le somme su cui si può sperare possono essere elevate. È opportuno fare alcune considerazioni conclusive. Crowdfunding non significa che progetti senza valore vengano finanziati. Il punto di forza è avere un canale più snello e meno costoso rispetto a quelli tradizionali e avere una più elevata probabilità di poter proporre le proprie idee al giudizio di un’ampia platea. È comunque fondamentale che il progetto sia ben spiegato e, soprattutto nei modelli Equity Based e Social Lending, abbia anche una dettagliata e credibile valutazione economicofinanziaria. In sostanza, chi ha dei buoni progetti da proporre ha un’arma in più per vederli realizzare; chi non ha nulla di sensato da offrire, difficilmente riceverà attenzione e, cosa più importante, fondi.

RISORSE

trascurabili. Negli ultimi anni si è sviluppata una nuova modalità di reperimento fondi denominata crowdfunding che, seppur non nata specificatamente per l’ICT, trova nei progetti basati sulle tecnologie informatiche un interessante campo di applicazione. Crowdfunding letteralmente significa “finanziamento attraverso la folla” e consiste nel finanziamento di un progetto da parte di un numero elevato di soggetti, tendenzialmente non attivi a livello professionale nel settore finanziario. Sebbene il termine crowdfunding non implichi in automatico l’interazione attraverso il Web, nella pratica la maggior parte dei progetti di crowdfunding si poggiano su Internet e si basano su piattaforme specializzate in questo settore. Esistono fondamentalmente quattro modelli di crowdfunding: • Reward Based; • Donation; • Equity Based; • Social Lending.

http://tinyurl.com/boohth9 Report sullo stato del crowdfunding in Italia con indicazione delle piattaforme attive nel nostro Paese.

http://tinyurl.com/cgwwwx7 Scott Steinberg, Rusel DeMaria, Jon Kimmich, Eric Migicovsky The crowdfunding Bible: How to Raise Money for Any Startup, Video Game or Project. Libro gratuito in formato Kindle che spiega il crowdfunding e offre consigli su come approcciarlo.

http://tinyurl.com/cna6w4c Articolo che approfondisce, con esempi internazionali, il concetto di Equity Based nel crowdfunding.

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ATTUALITA’ In questo esclusivo reportage video, Fabio Rizzotto – IT Research Director Idc Italia – racconta i risultati, le evidenze e le emozioni vissute nel corso del recente Idc Cloud Transformation Roadshow

Le nuvole, certo, l’innovazione come servizio ma anche spiegata porta a porta, sul territorio, a casa di aziende e manager alla ricerca di risposte ed esperienze concrete. Il cloud computing in salsa italiana è, e sarà, necessariamente così, prendere o lasciare. Lo sa bene un analista da tempo sul “pezzo” come Idc che proprio sul finire del 2012 ha voluto fortemente organizzare un evento territoriale, a tappe, destinato a spiegare la “cloud transformation” a tutte le aziende italiane. Il roadshow, organizzato in collaborazione con Assintel e con la partnership di Dell, Emerson Network Power, Intel e VMware, ha portato gli analisti di Idc in cinque province italiane nei mesi di novembre e dicembre: Roma, Bologna, Bari, Torino, Padova. Semplice, ma tremendamente efficace (500 gli iscritti e 300 i partecipanti totali) il piatto forte studiato appositamente per l’evento: il confronto diretto tra Cio e manager sui casi concreti raccontati da aziende come Amadori, ASL Roma E, Bompani, BrainCare, De Agostini Editore, Fracarro Radioindustrie, Gruppo Limoni, Iveco, La Perla, Patrizia Pepe, Stevanato Group e Vestas Italia. «Il risultato – racconta Fabio Rizzotto, IT Research Director Idc Italia – è un successo al di sopra delle aspettative. Nelle 5 tappe, tra gli oltre 300

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partecipanti, abbiamo colto molta sensibilità e grande voglia di partecipazione». Il tratto distintivo dell’evento è stato senza dubbio il desiderio di condividere timori, idee ed esperienze e, nonostante la fase difficoltosa in cui si trovano, la grande vitalità di aziende italiane che vogliono affrontare il 2013 con i migliori strumenti a disposizione. Cio e manager presenti erano alla ricerca di indicazioni e consigli pratici sulla strada da imboccare per cercare di far percepire al meglio il valore di una simile trasformazione a tutto il management. Secondo uno studio Idc su un campione di 1.118 aziende italiane, infatti, i servizi IT cloud vengono percepiti ancora in modo piuttosto differente a seconda della funzione aziendale interna. Se infatti il cloud è ritenuto dal dipartimento IT come un tema di “notevole importanza” nell’81% dei casi, tale livello

percentuale cala in maniera piuttosto evidente a mano a mano che ci si sposta nella piramide organizzativa: la “notevole importanza” del fenomeno viene avvertita dal 57% delle linee di business (Lob) e addirittura soltanto dal 28% del top management. «I dati raccolti da Idc evidenziano quanto lavoro dobbiamo fare, noi operatori del settore, per far comprendere al top management il contributo che le nuvole tecnologie IT possono portare in termini d’innovazione alle aziende» ha spiegato Filippo Ligresti, country manager di Dell Italia. «Per affrontare al meglio la transizione al cloud è necessario adeguare la propria infrastruttura fisica, conoscere il proprio sistema IT, pianificarne il cambiamento rapido e gestire i consumi» ha aggiunto Cristina Rebolini, channel sales director di Emerson Network Power. «La possibilità, grazie a incontri sul territorio, di illustrare i vantaggi tangibili che piccole e grandi realtà imprenditoriali del nostro Paese possono ottenere da questo nuovo approccio ha rappresentato per Intel un’occasione strategica per una maggiore sensibilizzazione dei vantaggi competitivi che il cloud può offrire» ha aggiunto Carmine Stragapede, regional business manager Intel Italia e Svizzera. «Mentre in passato ci si interrogava su cosa fosse il cloud, oggi la domanda è come fare cloud e come trarne beneficio» ha concluso Luca Zerminiani, systems engineer manager di VMware.

Il quadro e la direzione sono abbastanza chiari, ora resta da capire come, attraverso quali strumenti e, soprattutto, quali saranno i benefici concreti. Il cloud computing entra nella fase più delicata e decisiva, quella della prova su strada e dell’esperienza diretta. I risultati e i dati raccolti da Idc nel corso del suo recente roadshow Marco Lorusso

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Digitalic per Adobe

SEMPLICE E IMMEDIATO DA VENDERE

ADOBE CREATIVE CLOUD FOR TEAMS… L’UNIONE FA LA FORZA

UNA VENDITA PIÙ SEMPLICE GRAZIE AL PIANO VIP

Valore, innovazione, supporto. Il canale che unisce Adobe a un distributore a valore come J.Soft, Business Unit di Computer Gross, porta sul territorio una nuova e fondamentale opportunità di business per i rivenditori. Adobe Creative Cloud for teams è infatti una soluzione che offre ai dealer la possibilità di proporre l’intera raccolta di strumenti e aggiornamenti esclusivi CS6 e funzionalità che consentono di semplificare al massimo la collaborazione e la gestione delle licenze, il tutto a un’unica e conveniente quota mensile

VIP (Value Incentive Plan) è il nuovo programma multilicenza di Adobe disponibile in abbonamento che semplifica la vendita, l’acquisto, la gestione e l’assegnazione di autorizzazioni per l’utilizzo di software e servizi targati Adobe in base a numeri ID utente dichiarati. VIP utilizza una semplice procedura di iscrizione per l’avvio dell’abbonamento a Creative Cloud e il team può implementare il software mentre l’acquisto è in fase di elaborazione. Verrà fornita una console di amministrazione che consente di visualizzare cos’è stato acquistato e implementato e dove, il tutto da un’unica interfaccia di facile utilizzo. Inoltre, l’abbonamento consolida le unità e i prodotti in un unico contratto e conteggia in modo automatico e proporzionale tutte le unità aggiuntive introdotte dopo l’acquisto iniziale, semplificando la gestione delle licenze.

Collaborazione, condivisione, competitività. Argomenti sensibili, argomenti di vendita decisivi che, oggi più che mai, i rivenditori Adobe hanno la possibilità di “spendere” sul loro territorio e di fronte ai loro clienti grazie ad Adobe Creative Cloud for teams. Una soluzione che mette a disposizione delle équipe di lavoro l’intera raccolta di strumenti e aggiornamenti esclusivi CS6, nonché funzionalità specifiche per il lavoro in team che consentono di semplificare al massimo la collaborazione e la gestione delle licenze, il tutto a un’unica e conveniente quota mensile. Una soluzione innovativa che il canale di Adobe potrà presentare agilmente ai propri clienti grazie al supporto capillare di un distributore a valore come J.Soft, Business Unit di Computer Gross. «Con una simile soluzione – spiegano dal colosso dell’imaging e della gestione documentale – tutte le applicazioni desktop Adobe Creative Suite 6, oltre ad Adobe Muse, Photoshop Lightroom 4, Acrobat XI, Adobe Edge Tools & Services e altre opzioni, possono essere messe a disposizione di ogni membro di un team che, a sua volta, potrà accedere immediatamente a nuove applicazioni e funzionalità fin dal momento del loro rilascio. Con i servizi di publishing

inclusi in Adobe Creative Cloud è possibile creare, ospitare siti Web e diffondere straordinarie App digitali sui dispositivi iPad, sfruttando molte altre opzioni». Vantaggi concreti dunque per i responsabili IT aziendali che potranno ora gestire tutte le operazioni di acquisto e amministrazione in modo centralizzato e riassegnare facilmente le unità man mano che il team cresce e si evolve. «I team di lavoro inoltre

potranno accedere al servizio di supporto professionale di Adobe. I membri del team possono infatti consultare direttamente gli esperti di Adobe pianificando una sessione individuale. Per ogni membro sono ammesse fino a due sessioni all’anno. La possibilità di lavorare serenamente è poi garantita da tecnologie di sicurezza e cifratura leader di settore». Una soluzione perfettamente in linea con la marea montante della consumerizzazione, visto che permette di utilizzare i file in ufficio, da casa o sul tablet in maniera molto semplice, attraverso il salvataggio nella cartella File Creative Cloud, che si sincronizzerà con i 100 GB di spazio riservati a ogni abbonato per l’archiviazione su cloud, «permettendo di iniziare a condividere le risorse tra i dispositivi e i membri del team oppure con i clienti».

Contatti: ADOBE SYSTEMS ITALIA C. Dir. Colleoni - Pal. Taurus A3, Viale Colleoni, 5 20041 Agrate Brianza (MB) Tel. 039 65501 Fax 039 655050 www.adobe.com/it/

Contatti COMPUTER GROSS ITALIA SPA Via del Pino, 1 50053 Empoli (FI) Empoli tel. 0571 9977 Milano tel. 02 21001 www.jsoft.it www.computergross.it


ATTUALITA’

«Semplice, aperto, flessibile e potente», preciso e diretto come sempre Luca Venturelli, direttore divisione server & cloud di Microsoft Italia, riassume in queste quattro parole magiche lo spirito vincente di Windows Azure, «una soluzione che è parte di CloudOs, una piattaforma moderna per applicazioni globali», un public cloud grazie al quale il colosso di Redmond punta a mettere nelle mani dei partner strumenti utili per costruire valore e, soprattutto, realizzare la migliore strada possibile per le aziende che mirano verso le “nuvole”. Obiettivi ambiziosi che sembrano ora trovare riscontri positivi molto concreti nelle parole di un canale che sta cominciando

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Microsoft e otto casi di successo per raccontare una piattaforma che sta convincendo anche il canale Daniela Schicchi

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a sviluppare progetti interessanti. «Nel 2012, per quanto concerne Windows Azure, sono stati fatti numerosi passi avanti sia sul fronte infrastrutturale, sia su quello applicativo. In virtù dell’evoluzione della piattaforma, le aziende possono combinare Windows Azure con il nuovo Windows Server 2012 e adottare System Center 2012 per andare oltre la virtualizzazione, mettendo in esercizio e gestendo applicazioni e servizi in ambienti organizzati secondo paradigmi orientati al cloud – prosegue Venturelli –. Questa flessibilità d’implementazione dell’IT

Luca Venturelli, direttore della divisione server & cloud di Microsoft Italia

rappresenta la risposta più funzionale alle moderne dinamiche di business e al processo di crescita delle aziende. Windows Azure offre l’affidabilità di 8 data center e fa leva su un modello d’implementazione che abilita l’upgrade senza tempi di interruzione del servizio. La piattaforma fornisce patch automatiche e funzionalità di business continuity e disaster recovery con uno SLA (Service Level Agreement) mensile del 99,95%. È scalabile, interoperabile e aperta, visto che supporta molteplici linguaggi e codici anche open source». Queste funzionalità, come anticipato, sono alla base dell’adozione, sempre più convinta, da parte dell’ecosistema dei partner Microsoft. Partendo da Azure, aKite può per esempio offrire il primo servizio software “POS & In-Store” per organizzazioni retail. Diamante ha invece sviluppato Fatturiamo. it, che supporta la gestione quotidiana delle microimprese che si avvalgono del commercialista per la contabilità. GX Italia ha poi pensato, con GX Note, ai team che si occupano di assistenza e manutenzione, per cui la pianificazione rappresenta una leva competitiva. K Group, con QOOB, ha dato vita a una piattaforma per la realizzazione di progetti e servizi finalizzata alla gestione di contenuti multimediali in ambiti come il content management e il digital asset management. Più focalizzato sul tema video, invece, un altro partner come Vetrya, con Eclexia video cloud, una piattaforma di distribuzione multiscreen che consente di gestire end to end la diffusione video live e on-demand da ogni sorgente e su qualsiasi device. Per gli operatori del turismo, Vivido ha invece realizzato RateFinder-Hotel, che fornisce allo staff degli alberghi informazioni sulle tariffe applicate dai competitor. In linea con l’attenzione crescente per il tema Smart City, Tempestive ha creato Big Data Collector, una piattaforma nata per gestire i sensori, i macchinari e i dispositivi che rendono intelligente una città. Infine, per il data entry fiscale, Wolters Kluwer Italia ha messo a punto WebDesk, per raccogliere i dati utili alla compilazione della dichiarazione dei redditi, fornendo la possibilità di inserire i dati online.



IT ALIANS di punti vendita più ampia d’Italia e grazie a una simile struttura abbiamo messo a segno una crescita di oltre 30% nella numerica dei rivenditori, con un trend positivo anche a livello di fatturato, anno su anno. Oggi è in atto una forte selezione sul canale: ci sono realtà in difficoltà e rivenditori che cercano punti di riferimento affidabili. Il rafforzamento della rete di Cash & Carry è la nostra risposta e anche la scommessa più ambiziosa».

I volti, le storie, i successi… su strada

Una rete, fitta, capillare, forte… gettata a piene mani su tutto il territorio italiano proprio nel momento più difficile. Il momento delle grandi complessità, delle scelte e delle sfide decisive per aziende, rivenditori e clienti. Nel 2013 Brevi – il distributore IT che, come pochi altri, incarna visceralmente alla perfezione i tratti e il Dna tipici del canale indiretto di casa nostra – si appresta a tagliare il traguardo dei 30 anni di vita. Un’era geologica se associata alle dinamiche siderali del mercato. Un compleanno che la società bergamasca intende festeggiare regalando ai suoi rivenditori, ancora una volta, forse uno dei beni più concreti e preziosi in questo momento: la prossimità, il

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supporto, la vicinanza. Valori che hanno preso ancora più forma grazie alle ultime aperture di Arezzo, Roma 2 e Udine, consegnando a Brevi il titolo ufficiale di rete di Cash & Carry più ampia d’Italia. Si parla infatti di qualcosa come 28 punti vendita sparsi su tutto lo Stivale. Una rete che, non è un mistero, in quel di Bergamo, puntano a portare a breve a quota 30, anche per rendere ancora più unico questo compleanno. «In un momento in cui il canale chiede competenze e supporto concreto – racconta Giambattista Brevi, fondatore e timoniere storico della società – Brevi risponde puntando molto sulla prossimità e sul valore delle relazioni attraverso il rafforzamento della sua rete di Cash&Carry. Oggi sul territorio abbiamo la rete

Entra nei Cash & Carry Brevi insieme a Digitalic e tocca con mano la storia e i segreti della rete più ampia d’Italia. Collegati a questo pratico QR code e vivi l’esclusivo reportage

Fin qui le parole, gli annunci, i dati snocciolati con la proverbiale precisione dal “signor Brevi”… ma chi sono e come operano realmente sul territorio gli uomini dei Cash & Carry che vanno a comporre una rete così fitta e così importante per questa azienda e per il canale IT italiano in generale? Per rispondere a simili domande e, soprattutto, per toccare con mano lo spirito che anima i punti vendita Brevi, abbiamo scelto due delle realtà più rappresentative del network Brevi. La prima è quella più “di casa”, ovvero la sede storica di Bergamo, forse la “punta di diamante” di tutta la rete. Inaugurato nella primavera del 2009, in via Cassinone a Seriate, il cash&carry di Bergamo si sviluppa su circa 1.400 mq di superficie e vanta quasi 3.000 referenze a stock. Si tratta del Cash & Carry più “vicino” al cuore del distributore bergamasco, a pochi minuti dalla sede Brevi e dal suo magazzino centrale,con evidenti benefici dal punto di vista logistico, in particolare rispetto alla disponibilità di materiale. Una struttura che non a caso, è stata affidata alle mani sapienti di un manager che incarna sorprendentemente il Dna di questa società. Diego Pasinetti, 45 anni, di cui oltre 20 di onorata militanza tra le file del team Brevi, è sempre il primo a varcare la soglia del “suo” punto vendita e l’ultimo a tornare a casa… «Circa tre anni fa abbiamo lasciato la vecchia sede di via Zanica per arrivare qui e confermarci come punto di riferimento storico sulla piazza di Bergamo e provincia – racconta Pasinetti –. Siamo al fianco di tutti gli operatori IT del territorio: dealer, computer shop, installatori… questo non è solo un punto vendita ma anche uno spazio di confronto, consulenza, dialogo. Proprio per favorire la conoscenza di nuovi prodotti, soluzioni e opportunità di business


abbiamo recentemente anche cambiato l’organizzazione interna della struttura disegnando un nuovo percorso di acquisto per il visitatore». «Non ci sono segreti particolari – continua Pasinetti – ma credo che uno dei nostri “tratti distintivi” sia il rapporto e la relazione con il cliente. E’ uno dei cardini del “modello Brevi” e personalmente uno degli aspetti cui tengo di più: al di là di prodotti e prezzi, ognuno dei nostri clienti sa di poter contare su persone a sua disposizione per assisterlo e supportarlo in tutti gli aspetti del suo lavoro: informazioni, opportunità di acquisto, gestione dell’ordine, post-vendita, aspetti finanziari e mille altri argomenti che fanno parte del suo day by day. Il rivenditore deve poter guardare in faccia il suo fornitore e interagire con lui». «Per quanto concerne le dinamiche che osserviamo – continua Pasinetti – le difficoltà economiche si sentono e si toccano con mano. Il rivenditore cerca di rispondere allargando il proprio raggio di azione e affacciandosi su nuovi mercati, ad esempio videosorveglianza e unified communication; si tende a fare poco magazzino Diego Pasinetti, responsabile del Cash & Carry Brevi di Bergamo

per paura di non vendere la merce. I tablet si stanno dimostrando un segmento molto dinamico ma che deve ancora esprimere appieno le sue potenzialità. Pc, anche desktop, notebook e networking rappresentano ancora le aree di maggiore importanza sul nostro territorio. In generale comunque oggi è molto difficile che le aziende programmino gli investimenti e strutture come la nostra devono essere in grado di rispondere a esigenze stringenti che nascono sul momento e hanno bisogno di essere soddisfatte in tempi sempre più stretti».

Il caso di Nova Milanese Se Seriate rappresenta un punto vendita storico nella rete Brevi, per la nostra seconda visita abbiamo scelto Nova Milanese, che rappresenta forse il caso di maggiore successo degli

ultimi anni. Un Cash & Carry che “a causa” dei continui trend di crescita ottenuti, proprio a metà settembre 2011 è stato “costretto” a lasciare la sede storica di via dell’Assunta per sbarcare, sempre a Nova Milanese, in via Garibaldi 87/A, in ottima posizione rispetto alle principali direttrici stradali. Una sede di grande impatto che si sviluppa su una superficie di circa 700 metri quadri, con oltre 300 metri lineari di esposizione e più di 2.500 referenze a scaffale, accompagnate da un evoluto sistema di etichette elettroniche. Motore di un simile fenomeno è un giovane manager chiamato da circa 4 anni a prendere le redini del punto vendita. Giuseppe Savino è alla guida di una squadra capace di mettere a segno un fatturato 2012 di circa 12 milioni di euro per un totale di 860 anagrafiche attive. «Siamo una realtà giovane – racconta Savino – che ha cercato nel tempo di sviluppare un approccio più ampio possibile al mercato. Seguiamo con grande attenzione sia i rivenditori IT tradizionali sia clienti direzionali e grandi var, grazie a competenze e attività di supporto consolidate e sviluppate nel tempo. In una situazione come

quella attuale, il rischio principale è sempre quello dei pagamenti, che a volte penalizza inevitabilmente le possibilità di vendita; noi rispondiamo cercando di aumentare la numerica dei clienti, che magari non equivale a una immediata crescita del fatturato ma nel tempo sicuramente porta in questa direzione. Inoltre continuiamo a puntare forte sulle competenze. Non a caso negli ultimi mesi abbiamo investito sul team di persone del punto vendita e oggi la nostra squadra conta un totale di 7 persone. Per quanto riguarda le dinamiche di acquisto posso dire che, oltre ai prodotti “classici” tipo i notebook, stiamo vendendo molti upgrade a Windows 8, networking e moltissimi dischi esterni. Bene pure i pc, anche fissi, con soluzioni a valore come WinBlu che continuano a darci segnali importanti e grandi soddisfazioni».

Giuseppe Savino, responsabile del Cash & Carry Brevi di Nova Milanese

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ATTUALITA’ Collegati a questo pratico QR code e tocca con mano le ultime novità di casa Huawei

«Il business enterprise è la base stessa della strategia e dello sviluppo del gruppo, cresciuto del 57% in un anno centrando un fatturato di 1,5 miliardi di dollari a livello mondiale. L’obiettivo è una divisione enterprise 2015 con un business di 15 miliardi di dollari mondiali, di cui 200 milioni italiani». Ambiziosa, mastodontica, dinamica… Huawei è una multinazionale dai tratti unici che, proprio in questi giorni, sta lanciando le sue grandi sfide al mondo degli smartphone con annunci a raffica. Una realtà che, nel suo Dna, vede sempre più crescere la voglia e la decisione di affermarsi nel mondo enterprise anche passando da un mercato sul quale da sempre punta tantissimo come quello italiano. Basti pensare che nel 2011 Huawei ha inaugurato a Milano Due il Global Microwave

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Sergio Gianotti, head of enterprise sales di Huawei Italia

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Competence Center, il primo centro di competenza globale delocalizzato al di fuori della Cina… Del resto, poi, il virgolettato sopracitato è dell’italianissimo Roberto Loiola, Vp Western Europe, chiamato a commentare un anno e mezzo di vita della “sua” divisione enterprise in Italia. Una divisione che sta macinando importanti risultati e che proprio nel corso del

2012 appena chiuso ha reclutato Sergio Gianotti (ex Cisco) in qualità di head of enterprise sales di Huawei Italia. «Gli obiettivi sono ambiziosi – racconta a Digitalic Gianotti – ma sappiamo che in questo mondo arriviamo come follower. Una posizione che però ci ha permesso di studiare con grande attenzione le mosse di chi ci ha preceduto e soprattutto pregi e difetti di ciascuno. Di fatto – continua il manager – siamo molto indipendenti all’interno di Huawei e abbiamo nostri gruppi di marketing, vendite, supporto tecnico, servizi professionali e gestione partner. Siamo in

Il colosso delle telecomunicazioni ha debuttato circa un anno e mezzo fa in Italia con la sua divisione enterprise e ora punta a un ruolo da protagonista grazie al supporto di partner a valore e di un’offerta molto ampia Marco Lorusso

grado di dialogare con tutti i clienti italiani, attuali e potenziali, attraverso team specializzati per settore: pubblica amministrazione (sia Pal che Pac), finanza, utilità (grandi e locali), manifatturiero, sanità ed energia. Altro punto chiave è poi il ruolo del canale. Per noi i partner non sono semplici rivenditori utili per aumentare il volume delle vendite; grazie a una struttura dedicata cerchiamo partner selezionati e capaci di sviluppare vero valore aggiunto». Collaudato e soddisfacente anche il team dei distributori. «Computerlinks, Edslan e V-Valley-Esprinet rappresentano – afferma Gianotti – un team molto efficace che ci permette di sviluppare al meglio sul territorio il nostro portafoglio in continua espansione». Per il presente e il prossimo futuro, il colosso delle telecomunicazioni punta forte, a livello enterprise, su tematiche di riduzione dell’impatto ambientale, green, tecnologie di collaborazione, «networking, cloud (ora le aziende hanno le idee molto più chiare…), collaborazione, video, mobility, data center…». «In generale – continua il manager – noi non arriviamo come un vendor puntuale di una singola tecnologia che poi magari sparisce dopo poco tempo. Abbiamo una posizione più vasta, integrata e privilegiata. Siamo end to end e vantiamo una presenza tale nel mondo che ci permette di costruire il migliore dei futuri possibili basandoci sul confronto e sulle esigenze dei nostri clienti».


Digitalic per Systematika Distribution

NUOVI CANALI, NUOVI MERCATI

SYSTEMATIKA APRE A NUTANIX, «ECCO LA DATACENTER NEXT GENERATION» Il distributore a valore accelera nuovamente sul mondo della virtualizzazione portando in Italia un brand di grande prospettiva come Nutanix. La sfida è quella di virtualizzare interi data center senza l’utilizzo di San

Franco Puricelli, Systematika Distribution sales manager & business development

Alan Campbell, Emea sales director Nutanix

Nuove strade, nuove soluzioni, nuove nicchie e opportunità di business a valore. Il piatto forte insomma per un distributore come Systematika, tra i primissimi a portare VMware in Italia anni fa, e oggi più che mai alla ricerca di nuove interessanti opportunità di business per i suoi rivenditori. Ultimo in ordine di arrivo l’accordo con un vendor di grande prospettiva come Nutanix, di cui da oggi Systematika è l’unico distributore in Italia. Le soluzioni Nutanix permettono di virtualizzare interi datacenter senza l’utilizzo di San e ben si sposano con i progetti che riguardano end-user computing oltre che private cloud, Big Data, ecc. «Siamo molto soddisfatti dell’accordo raggiunto con Nutanix – racconta Franco Puricelli, Systematika Distribution sales manager & business development –. Si tratta di una tecnologia molto innovativa che risponde in maniera efficace a un’esigenza molto puntuale delle imprese di oggi, ovvero estendere in maniera strategica la virtualizzazione a tutta l’infrastruttura data center, alle postazioni client, al cloud… Le soluzioni Nutanix hanno infatti chiare ed evidenti differenze a livello di architettura rispetto alle infrastrutture tradizionali presenti oggi sul mercato e rappresentano un’ottima soluzione per tutti i progetti che riguardano end-user computing, private cloud, Big Data. Come già avvenuto per altri brand in passato, crediamo molto nelle po-

tenzialità e nell’assoluto valore di questa soluzione che trova soprattutto negli utilizzatori e nei produttori di tecnologie di virtualizzazione i principali sponsor». «Il mercato italiano si sta dimostrando molto interessato e ricettivo verso le nostre soluzioni, siamo dunque veramente contenti di questo accordo con un distributore così esperto e famoso nel mercato della virtualizzazione – ha commentato Alan Campbell, Emea sales director Nutanix –. Systematika è infatti un interlocutore chiave per noi grazie alla sua competenza e alla sua capacità di recepire il nostro approccio integrato alla virtualizzazione delle infrastrutture data center. Consideriamo questo distributore come una naturale e diretta estensione della nostra forza vendite in Italia. Un mercato che in principio era considerato lento nel virare verso la virtualizzazione, ma che ora, sulla spinta dei grandi cambiamenti economici che stanno interessando diversi mercati europei e mon-

diali, si sta dimostrando molto recettivo verso tematiche come la riduzione dei costi energetici, infrastrutturali, ma anche come la competitività e la capacità di affrontare comunque sfide globali. La nostra piattaforma di virtualizzazione cambia le regole perché permette di superare il tradizionale design multi-tier dei data center (computing e storage) e di trasformarlo in un singolo canale capace di eliminare lo storage e San nonché di distribuire in maniera efficace workload virtualizzati che possono essere virtual desktop, cloud computing, macchine virtuali tradizionali, ecc. Una soluzione che pensiamo possa avere un impatto decisivo proprio nelle strategie di trasformazione delle postazioni desktop e nella diffusione del cloud computing in un mercato come quello italiano».

Scopri i vantaggi di Nutanix in 90 secondi, collegati a questo pratico QR code ed entra nella nuova era della virtualizzazione

Contatti SYSTEMATIKA DISTRIBUTION Via Luigi Sampietro, 110 21047 Saronno (VA) Tel. 02 96410.282 Fax 02 9670.3113 info@systematika.it www.systematika.it



TECNOLOGIA Un sacco di cose buone sono successe quest’anno in ambito tecnologico: Apple ha lanciato l’iPhone 5, Google ha rilasciato il suo tablet Nexus 7, Amazon il Kindle Fire. Samsung ha immesso sul mercato il Galaxy S III, Gmail finalmente funziona sull’iPhone. Ci sono stati, però, anche diversi flop tech, dei tonfi tecnologici che non scorderemo facilmente. Qui ne trovate 9.

collegamento alla schermata di avvio, il che significa che gli utenti sono costretti a lasciare il desktop solo per lanciare un’App che li porta subito al desktop.

Maps App Ha sostituito, di punto in bianco, Google Maps per iOS, ma si è rivelata un disastro: imprecisa, lacunosa, fuorviante. Tim Cook si è dovuto scusare con una lettera.

Lightning cable Dopo la sua presentazione, la serie Lightning ha riscosso numerose critiche da parte degli utenti, non soltanto per il prezzo elevato dei vari adattatori, ma anche per la presenza di un chip di identificazione incorporato che potrebbe rendere assai difficoltosa la produzione di accessori compatibili nonApple…

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“Start” Dopo che Microsoft ha rilasciato in anteprima l’attesissimo Windows 8, gli utenti sono rimasti sorpresi nello scoprire che, anche se il nuovo sistema “desktop” classico era praticamente identico a quello di Windows 7, mancava “il menu di avvio”, il famoso tasto “Start”. Microsoft ha sostituito il menu con un

BlackBerry 10 Dopo una breve dimostrazione di “BlackBerry 10” a BB World in maggio, RIM ha rimandato il rilascio del sistema operativo fino al 1° trimestre del 2013 e subito dopo ha tagliato 5.000 posti di lavoro. Non è un periodo fortunato per RIM…

Facebook Sbarca (malissimo) alla Borsa di New York. Venerdì 18 maggio 2012: Facebook si quota in Borsa, con un’Offerta Pubblica Iniziale fissata a 38 dollari. Si pensava a un clamoroso boom, ma ci

siamo trovati davanti a un incredibile flop. Dopo non molto le azioni hanno iniziato a crollare fino a toccare i 17 dollari. Ultrabook Promettevano faville, ma non sono decollati. Si tratta dei notebook ultrasottili ideati da Intel per ridare slancio alle vendite dei computer portatili. Sono stati investiti nel progetto 300 milioni di dollari e imposte ai produttori specifiche restrittive, ma gli utenti li snobbano. Eee pc Netbook Asus ha annunciato la fine della produzione dei netbook Eee pc. Dopo una breve stagione di successi, i netbook si sono rivelati inadeguati alle esigenze degli utenti e sopraffatti dai tablet. Flashback Virus Mac Il cavallo di troia Flashback, ha infettato oltre 600.000 computer Mac, sfruttando una vulnerabilità Java. Apple ha rimediato con aggiornamenti Java e strumenti di rimozione malware. Un flop per la sicurezza di Mac OS.

iPad Mini Flop o top? Il nuovo tablet della casa di Cupertino lascia forti dubbi a riguardo. Cook ha dichiarato: «I clienti in tutto il mondo amano il nuovo iPad mini…». Per qualcuno queste dichiarazioni sono un bluff per proteggere un flop. Molte fonti affermano che il mini iPad non si vende e che il suo più grande fan, Cook per l’appunto, non voglia ammettere la sconfitta. La lista potrebbe ancora continuare con l’elenco dei prodotti che “Sembravano delle buone idee, ma non lo erano per niente”… Ma insomma questi sono abbastanza rappresentativi, ovviamente auguriamo ora a tutti i “flop” di rifarsi prontamente nel 2013, perché nell’hi-tech tutto si misura in flop e grandi successi, non esistono mezze misure… — Il Testardo

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Alessio Ferri e Marco Lorusso

CONSUMERIZZAZIONE, VIRTUALIZZAZIONE, CLOUD, MOBILITY, DEVICE DALLE MILLE FORME… NEL CUORE, ESATTAMENTE AL CENTRO DI RIVOLUZIONI MAI COSÌ EPOCALI E MAI COSÌ PROFONDE IL PC, DATO A PIÙ RIPRESE PER SPACCIATO, PROVA OGGI A RITAGLIARSI ANCORA IMPORTANTI SPAZI PER NUOVE E IMPREVEDIBILI FORME DI VITA. UNA SFIDA APPASSIONANTE I CUI ESITI SONO TUTT’ALTRO CHE SCONTANTI. VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL FUTURO DI UNA DELLE PIÙ STUPEFACENTI E LONGEVE DECLINAZIONI POSSIBILI DELL’INNOVAZIONE IT

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Il pc è morto… viva il pc! Dato a più riprese per spacciato, sepolto, superato, dimenticato il vecchio caro pc, il personal computer, il desktop, la workstation, il notebook da scrivania, il “ferro” insomma – almeno stando ai vezzeggiativi ricorrenti nei salotti “bene” del mondo IT – è oggi alle prese con la più appassionante tra le innumerevoli sfide fin qui affrontate. Cloud, consumerizzazione, virtualizzaione, tablet, phablet, smartphone ultra potenti, margini e prezzi in caduta libera… ci sono mille buoni motivi per pensare che le vecchie postazioni di lavoro, così come le abbiamo sempre viste e pensate nelle nostre aziende, siano destinate a un rapido tramonto. Ma è davvero così? C’è ancora spazio

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per un ritorno al futuro del pc nelle aziende e nelle offerte degli operatori del canale indiretto? Domande per nulla banali e scontate visto il peso specifico che da sempre un segmento simile ha sulle sorti di ogni angolo della filiera. Domande alle quali abbiamo cercato di rispondere guardandoci intorno e tentando di scattare un’istantanea di quel moto inarrestabile che oggi è in atto…

C’erano una volta i GHz Andiamo però con ordine e vediamo innanzitutto cosa è cambiato nel cuore dei pc… Quando in origine l’informatica era soprattutto cosa per pochi, fattore distintivo per un computer era la potenza. Oggi le prestazioni del processore, pur restando fondamentali, sono solamente uno degli elementi da tenere in considerazione. «I GHz erano principalmente il modo in cui si rispondeva a un’esigenza precisa dell’utente, quella della potenza di calcolo e della velocità di elaborazione – esordisce Gabriele Vassilich, responsabile della divisione pc di CDC –; quando però il collo di bottiglia si è trasferito alla gestione del flusso dei dati, sono diventate strategiche altre componenti: memorie RAM, hard disk, ecc.». In principio era dunque una macchina da


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calcolo che, nel tempo, è stata costretta a trasformarsi in strumento polivalente. «Negli ultimi anni l’aspetto multimediale ha assunto una notevole rilevanza – spiega Simona Cazzani, sr. sales manager component channel di AMD –. Insieme alla pura potenza di calcolo del processore, sono infatti diventate sempre più importanti le prestazioni del comparto grafico». Nel frattempo, la competenza degli utenti è aumentata. «La frequenza della CPU resta ancora nella mente degli utilizzatori come sinonimo di potenza di calcolo, però le sigle dei processori stanno entrando nella conoscenza degli utenti – aggiunge Primo Bonacina, business manager - professional/B2B market di Acer –. Quindi termini come Core i3, i5 e i7 vanno pian piano sostituendo il fatidico valore della frequenza».

Più che le prestazioni oggi per gli utenti contano i compiti da espletare… «Tutto parte dalla necessità reale – riassume Daniele Buttafava, South Europe regional director, open platform business group di AsusTeK –; a seconda della funzione specifica saranno più importanti determinate componenti rispetto ad altre. I desktop in questo dimostrano ancora una flessibilità molto vantaggiosa… basti pensare che, a parità di memoria installata, la prestazione di una stessa scheda video varia fino al 75% passando semplicemente dall’utilizzo di memorie DDR3 a memorie DDR5».

quotidiana una componente di flessibilità alla quale anche il computer da tavolo riesce ad adattarsi e trovare posto contrariamente a tante previsioni funeste. «Notebook con docking station anche via wireless – sottolinea Livio Pisciotta, client marketing manager di Dell –, tablet e dispositivi di nuova generazione, dotati di complementi esterni collegati a monitor, periferiche e rete aziendale. Si tratta a tutti gli

effetti di postazioni mobili, con il vantaggio di poter essere utilizzate anche in ambito aziendale. Il confine tra desktop tradizionale e postazione mobile non è più così netto». «Dispositivi touch e portable hanno permesso di essere sempre aggiornati anche fuori dall’ufficio – puntualizza Bonacina –, ma l’operatività pratica di ogni giorno legata alle soluzioni di produttività individuale e al software

Sarà vera estinzione? Evoluzioni, nuove competenze, qualche vantaggio… ma i pc sono o meno in grado di affrontare la nuova era dell’IT? «La questione è diversa, la vera evoluzione consiste nell’affiancare al pc nuovi dispositivi utili a integrarne e a svilupparne maggiormente le potenzialità – riflette Vassilich –. Il computer resta ancora il più comodo, immediato e affidabile strumento di lavoro e il più valido complemento per smartphone, tablet e postazioni cloud». L’avvento della mobility ha infatti introdotto nell’attività

Alberto Bullani VMware

Daniele Buttafava Asus

Fabrizio Falcetti Fujitsu

Gabriele Vassilich CDC

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Se il futuro del pc non è ancora segnato, una delle ragioni principali è perché ci troviamo agli albori di un’importante fase di trasformazione, al termine della quale i dispositivi come li abbiamo conosciuti dalla nascita fino a oggi saranno completamente diversi. La convinzione è di quelle da tenere in considerazione, non solo perché traccia uno scenario del tutto nuovo e ancora in parte da disegnare, ma soprattutto perché arriva da Justin Rattner, Cto di Intel nel corso del CES a Las Vegas. A differenza dei più recenti dispositivi come smartphone e tablet nati sulla scia di Internet, il pc ha fatto il percorso inverso. È infatti nato prima della Rete e questa si è semplicemente aggiunta alla conformazione iniziale, desktop o laptop che sia. Per questo, la convinzione è che sia necessario un passaggio generazionale per arrivare a qualcosa più strettamente vincolato al mondo Internet. Dalle parti di Intel è convinzione diffusa che i prossimi dodici mesi in questo campo saranno segnati da qualcosa di molto vicino a una vera e propria rivoluzione. Una prima importante evoluzione arriverà sotto il profilo esteriore, con la progressiva scomparsa di mouse e tastiere a favore anche in questa categoria di interfacce tattili, vocali e gestuali. Un altro aspetto dal quale è lecito attendersi importanti passi avanti è l’autonomia dei dispositivi. A detta di Intel, non sarà più necessario accontentarsi di batterie che garantiscono quattro ore di piena operatività. Funzionalità capaci di assicurare un rapido passaggio in stand-by e una veloce ripresa del lavoro permetteranno di sfruttare meglio la carica disponibile nelle batterie e arrivare a fine giornata senza preoccupazioni. Di conseguenza, cambierà anche il modo di lavorare con un pc, grazie alla possibilità di considerarlo sempre pronto all’uso. Così come cambierà l’aspetto. I notebook per esempio esisteranno ancora ma saranno composti da sue schermi; oltre a quello tradizionale, un secondo prenderà il posto della parte inferiore, ricoprendo anche il ruolo di tastiera virtuale.

gestionale richiede ancora la presenza prevalente dei computer di tipo tradizionale, dove velocità e efficacia operative sono fattori particolarmente rilevanti». In concreto, insomma, sembra che i vari smartphone e tablet vadano ad ampliare il possibile raggio d’azione, senza necessariamente sostituire abitudini radicate. «Dipende dalla realtà aziendale che si prende in considerazione – riprende Tiziana Lullo, category manager commercial desktop di HP –. Esistono aziende e aree di business con esigenze che possono essere soddisfatte solo dai desktop e in cui mantengono la propria produttività. Penso per esempio alla pubblica amministrazione e alle grandi industrie manifatturiere». Per quanto attraente, la prospettiva di lavorare in libertà non è poi così scontata e soprattutto conveniente. «Siamo poi sempre in movimento? – si domanda Buttafava –. Per compiti gravosi o che non richiedano necessariamente di essere espletati in aereo, in treno o dalla piazza di una città turistica, non

si può negare come il pc fisso rimanga la soluzione ideale in termini di fruibilità, capacità di calcolo, storage, compatibilità, multitasking». «È innegabile che il desktop classico stia risentendo e risentirà sempre di più dei nuovi modelli di fruizione della tecnologia – commenta Marcello Molinari, marketing manager di Brevi Spa –. Ciò premesso, ritengo che non sia affatto destinato all’estinzione, perché rimane un prodotto con una sua specifica ragion d’essere in diversi contesti d’uso e con alcune peculiarità che gli altri device non posseggono. E aggiungo: con vantaggi specifici per il rivenditore che lo commercializza. Per quanto ci riguarda direttamente, il nostro marchio di personal computer Winblu conferma queste sensazioni: è un prodotto che, pur con le inevitabili considerazioni legate all’attuale congiuntura economica, continua a tirare e a sviluppare importanti volumi di vendita». Insomma no all’estinzione, anzi, c’è qualcuno che parla di nuova era dei pc… «Ne siamo convinti, il pc ha ancora un ruolo centrale, anzi, in Lenovo si parla di “era pc+”. Un’era in cui il personal è presente, ma affiancato da nuovi device (smartphone, tablet e smart tv) tutti accomunati dall’accesso ai servizi nel cloud», racconta Marco di Matteo, channel product sales at Lenovo.

Miniera inesauribile per il partner Justin Rattner, Cto di Intel

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Quindi produttori e rivenditori bene faranno a continuare a investire sui desktop. «Certo



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Livio Pisciotta Dell

Marcello Molinari Brevi

Massimiliano Grassi Citrix

Primo Bonacina Acer

Simona Cazzani AMD

Tiziana Lullo HP

che conviene, proprio perché sia i pc, sia le workstation hanno un proprio mercato preciso – puntualizza Lullo – che non è volatile e trae vantaggio proprio dall’utilizzo di tali soluzioni e dalla facilità di inserimento all’interno di una rete aziendale». «Il dato di fatto è che i pc tradizionali venduti diminuiscono molto lentamente – aggiunge Pisciotta –. Le grandi aziende vi restano fortemente legate e ben sappiamo che i cambiamenti tecnologici in contesti vasti sono piuttosto lenti e graduali. Inoltre il client è sempre più l’argomento giusto per approcciare temi diversi con i clienti quali l’innovazione del data center, virtualizzazione

e cloud, sicurezza, gestibilità e soprattutto servizi». Il mercato quindi resiste. Sono invece drasticamente cambiati negli anni i margini e nel frattempo si sono affacciate nuove esigenze. Chiamato a far combaciare tutto questo è chi lavora a contatto con il cliente finale. Il primo passo è mettere bene a fuoco contesti ed esigenze. «Nelle piccole e medie aziende, molto spesso è il proprietario a fare da referente unico sulle decisioni legate al rinnovo del parco IT – constata Fabrizio Falcetti, business program manager di Fujitsu –. Si tratta di una figura interessata ai vantaggi concreti delle nuove tecnologie, attenta a

soluzioni che vanno verso il Green IT, per i potenziali risparmi sui costi energetici. Per le aziende di dimensioni maggiori, l’interlocutore è uno specialista. In questo caso resta ancorato alla soluzione se, e solo se, sono presenti vantaggi legati alla sicurezza e se il pc porta con sé innovazioni che danno risultati immediati e benefici ai vari comparti aziendali». «Stiamo assistendo anche a un ritorno degli early adopters – aggiunge Buttafava –. Dopo aver

esplorato il terreno del mobile, decidono di legare tra loro le proprie periferiche sulla base di un computer fisso che funge da hub multimediale o da base di lavoro comoda e veloce». Il secondo passo, più delicato, è riuscire a mantenere i necessari margini. «Se focalizziamo la nostra analisi sul mondo professionale, ritengo ci sia ancora un buono spazio per il mercato deskbound – constata Falcetti –. In molte aziende la postazione di lavoro è alla scrivania e non serve mobilità. La marginalità è però garantita se la vendita è accompagnata da servizi a corredo, come per esempio il supporto per installazione, configurazione, sicurezza, monitoring». «Vendere pc e workstation è ancora conveniente – conferma anche Di Matteo di Lenovo –, soprattutto alle medie aziende che hanno a cuore la produttività e la gestibilità del proprio parco macchine. Imprese di questo tipo sono disposte ad acquistare modelli più affidabili e ricchi di funzionalità, pur di avere vantaggi in termini di produttività. Per le workstation questi aspetti sono ancora più importanti, visto che dalle workstation e dalle soluzioni Cad nascono i prodotti che determinano il successo o meno dell’azienda sul mercato».



DGTALK Margine di sicurezza con i servizi La vendita dell’hardware vero e proprio rappresenta quindi una parte minima del potenziale guadagno, finalizzata soprattutto alla conquista della posizione all’interno dell’organizzazione del cliente. Non molto diversamente da quanto avviene con i margini minimi sulle stampanti, ampiamente compensati dal materiale di consumo. «Il grosso dei costi legati a un pc non sono quelli di acquisto hardware ma quelli di gestione, controllo, assistenza – conferma Pisciotta –. Partendo dal prodotto, il nostro focus è su robustezza, design e affidabilità come per esempio l’utilizzo di periferiche facilmente

Claudia Bonatti, direttore divisione Windows presso Microsoft Italia

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rimuovibili, certificazioni all’avanguardia e bassi consumi elettrici. Grande importanza viene data inoltre alla produttività legata alla versatilità di utilizzo dei vari fattori di forma tra cui gli all-inone con tecnologia touch screen».

Nuove forme di vita. Una rivoluzione virtuale per i client Il delicato equilibrio raggiunto dal pianeta pc rischia però di essere nuovamente messo in discussione dalle prospettive legate alla tecnologia più attesa del 2013. «Sebbene i desktop rimangano sempre componenti importanti di un sistema informativo, gli utenti sono sempre meno propensi ad avere il

Tra i grandi sostenitori della lunga e nuova vita del pc c’è ovviamente Microsoft che, proprio nella seconda parte dello scorso anno, ha messo sul piatto lo strumento destinato, nei piani dell’azienda, a donare nuova vita proprio ai personal computer. «Windows 8 è una grande opportunità per rilanciare il mondo dei pc – racconta Claudia Bonatti, direttore divisione Windows presso Microsoft Italia –. Un grande strumento che rappresenta la sintesi perfetta tra mondo touch e mondo dei pc e può imprimere una svolta decisiva alla produttività di ogni tipo di azienda. Con Windows 8 i tablet entrano davvero in ambito aziendale e permettono di migliorare la produttività perché diventano veri e propri pc. I nuovi device touch poi fondono addirittura il meglio dell’esperienza pc e il meglio dell’esperienza del tablet in un solo strumento di produttività».

proprio ambiente operativo necessariamente o soltanto sul pc dell’ufficio – spiega Grassi –. Per abilitare questa richiesta di flessibilità, le aziende sono sempre più orientate verso l’adozione di desktop virtuali. I benefici sono evidenti in quanto a incrementata sicurezza, ottimizzazione della gestione e dell’update delle applicazioni, nonché di riduzione dei costi di gestione dei client durante il loro ciclo di vita». Più delle soluzioni portatili, la vera sfida per il desktop sarà dunque quella di saper andare incontro anche a una nuova conformazione della postazione fissa e dell’intera infrastruttura IT. «La consumerizzazione, le esigenze di avere maggior flessibilità operativa e la mobility stanno ridefinendo il ruolo che tradizionalmente i desktop hanno avuto – afferma Massimiliano Grassi, marketing manager di Citrix –. Se a questo aggiungiamo la riduzione dei costi di gestione durante il ciclo di vita di un pc, la maggior flessibilità e velocità di deploy e la maggior sicurezza degli ambienti virtualizzati rispetto a quelli standard, capiamo perché le aziende sono sempre più orientate verso l’adozione di desktop virtuali». «Solo quattro anni fa, nel 2008, i carichi di lavoro virtualizzati erano il 25%,

mentre oggi sono il 60% – conferma in una recente intervista Alberto Bullani, regional manager di VMware Italia –. Non abbiamo più solo applicazioni monolitiche orientate al desktop, ma piccole App specializzate che parlano anche con i tablet e gli smartphone, che allora erano agli albori. Il quadro è molto più ampio e va oltre la questione della vita dei pc. Per far fronte a questa rivoluzione, serve un nuovo data center, di tipo software defined, nel quale i server siano slegati dall’hardware». Una direzione che società da poco sbarcate nel nostro Paese sembrano intenzionate a seguire con decisione. «Il desktop e la postazione client in azienda hanno un ruolo ancora centrale ma è tutto il mondo intono a loro che sta cambiando – racconta Alan Campbell, Emea sales director Nutanix –. Oggi, per esempio, noi intendiamo puntare su una piattaforma di virtualizzazione che cambia le regole perché permette di superare il tradizionale design multi-tier dei data center (computing e storage) e di trasformarlo in un singolo canale capace di eliminare lo storage e San e di distribuire in maniera efficace workload virtualizzati che possono essere virtual desktop, cloud computing, macchine virtuali tradizionali, ecc.».


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Il campione della rivoluzione degli apparecchi postpc, la Apple, fa l’85% del suo fatturato con iPhone e iPad. Ma continua a crescere in doppia cifra anche nel settore dei personal computer con i suoi Macintosh (oggi più semplicemente iMac, Mac mini e per i portatili MacBook), sia in ambiente domestico che nel mercato aziendale. Per la precisione, da sei anni ogni trimestre cresce più del mercato. A giocare a favore di Apple tre fattori: l’evoluzione dieci anni fa del sistema operativo da Mac OS 9 a Mac OS X; la successiva scelta di utilizzare un hardware basato su architettura Intel; la creazione, infine, di prodotti di fascia alta che però hanno un forte appeal sia per “arredare” gli spazi di lavoro ed espositivi, che per soddisfare la tendenza alla consumerizzazione da parte degli utenti, cioè all’uso di tecnologie tipicamente casalinghe anche sul posto di lavoro. È stata quest’ultima la chiave di volta. Secondo uno studio commissionato da Google, il 60% dei dipendenti si sente più produttivo utilizzando sul lavoro la propria dotazione

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IL PC E’ DUNQUE ANCORA VIVO MA E’ ALTRETTANTO INDUBBIO CHE L’ERA POST-PC E’ INEVITABILMENTE GIA’ INIZIATA… E ALLORA? ABBIAMO SCHERZATO? NIENTE PAURA C’E’ GIA’ CHI CON QUESTA RIVOLUZIONE CONVIVE DA TEMPO E, ANZI, SE NE CIBA, SENZA DIMENTICARE I PERSONAL COMPUTER E, PER GIUNTA, CON GRANDE GUSTO. PROVATE A INDOVINARE CHI E’… Antonio Dini

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informatica casalinga. Apple ha tratto vantaggio, più di molte altre aziende, da questa tendenza. Sia dal punto di vista della diffusione dei suoi telefoni cellulari (commercializzati dal 2007) e dei suoi tablet (dal 2010), che dei suoi computer. A cominciare dai portatili, a lungo attraenti per design e potenti, ma che soprattutto negli ultimi tre anni hanno anche rivoluzionato il settore. Il MacBook Air ha generato la nuova categoria degli ultrabook, i portatili sottili due centimetri e con schermo da 13 o 11 pollici. E gli ultrabook hanno cancellato dal mercato i più piccoli, ma molto meno performanti, netbook. La capacità di Apple di vendere Mac, sia da scrivania che portatili, alle aziende e alla PA (soprattutto negli Usa), è stata la novità di questi ultimi due anni segnati invece dalla costante emorragia di vendite del comparto. Nel 2012, ad esempio, il mercato dei pc ha registrato crescita zero. Il campione di quest’area, la Microsoft con il suo sistema operativo Windows, dal 2001 al 2012 ha lasciato in Borsa l’85% del suo valore. Tablet, smartphone e gli altri apparecchi mobili hanno rimesso in discussione la centralità del pc così come era stato standardizzato da

IBM nel 1981. L’idea degli apparecchi post-pc vorrebbe la scomparsa quasi completa dei personal, più costosi, lenti e meno flessibili. I Mac invece stanno vincendo nella loro nicchia di mercato grazie alla certificazione degli hardware e del sistema operativo, agli investimenti su nuovi materiali e processi produttivi e, infine, alla realizzazione di un sistema di distribuzione centralizzata del software e dei suoi aggiornamenti (l’App Store) che per le aziende ha la potenzialità di ridurre i costi di manutenzione, primo centro di spesa per la dotazione IT. In conclusione, Apple nel mercato americano sta facendo una mossa che potrebbe consegnarle il primato rispetto ad HP e agli altri avversari: il colosso di Cupertino riapre la prima fabbrica per assemblare i Mac mini negli Usa e così inverte la tendenza all’esternalizzazione che lei stessa ha aperto quindici anni fa. I suoi prodotti si potranno fregiare di nuovo dell’etichetta “Made in USA” anziché “Designed in California, Assembled in China”. Pare una piccola cosa, ma in tempi di crisi potrebbe essere uno dei fattori che fanno la differenza sia per il pubblico di casa che per quello aziendale, aiutato magari da incentivi fiscali per gli acquisti delle produzioni nazionali.



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I COLORI DELLA SALUTE Elena Veronesi Laureata in comunicazione d’impresa, è consulente di comunicazione visiva e direttore creativo della Creative Park Srl. Lavora nel settore comunicativo da oltre 10 anni e nella sua carriera ha collaborato con numerose agenzie pubblicitarie in tutta Italia. Da alcuni anni, al ruolo di consulente aziendale ha affiancato quello di formatrice, tenendo corsi sul marketing e la comunicazione visiva presso enti e aziende. È relatrice Smau, dove tiene workshop dedicati al Web design e alla comunicazione efficace e cura un blog nel quale parla di creatività, design e visual communication: www.elenaveronesi. com.

Mangereste della pasta blu? Vi sentireste a vostro agio con della carta igienica rossa? Spesso non ci facciamo caso, ma il colore influenza profondamente la nostra vita quotidiana. La tonalità degli oggetti che ci circondano dice molto sulla loro natura e su ciò che possiamo aspettarci da essi. Il bianco, ad esempio, da secoli viene associato al concetto di igiene e proprio per questo caratterizza tutto ciò che ha a che fare con la pulizia. Questa sua connotazione nasce storicamente da esigenze pratiche: gli indumenti a contatto con il corpo – come biancheria, lenzuola, ecc. – venivano lavati spesso e in acqua bollente; tale procedimento portava alla perdita del colore e quindi utilizzare stoffe bianche (incolori) garantiva la qualità del capo nel tempo. Nei secoli la connotazione della pulizia si è estesa anche agli “strumenti” dell’igiene, come vasche da bagno, accessori per la toeletta e sanitari in generale. In campo alimentare il colore ha un forte potere persuasivo: le tonalità scelte

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per gli alimenti non soltanto li rendono più desiderabili ma rappresentano anche un indizio visivo su gusto e appetibilità. Se il rosso suggerisce il sapore alla fragola nelle caramelle, lo stesso accade quando si tratta di medicinali, laddove uno sciroppo per la tosse diventa più gradevole se colorato con la stessa tonalità.

Una spremuta di colore Volti rosei, gote colorite e pelle ambrata sono spesso sinonimi visivi di “sana e robusta costituzione”. Ma in campo farmaceutico la nostra salute viene protetta e curata da una palette di colori decisamente diversa: alle morbide tinte pastello si sostituiscono densi blu, rossi accesi e arancioni ipervitaminici. Il bianco è la tinta che caratterizza i packaging farmaceutici: è sinonimo di igiene, di purezza e di assenza di imperfezioni. I punti di colore si ritrovano in genere nei testi, nel logo e negli eventuali elementi decorativi presenti sulla confezione. Le tonalità vengono scelte in base a un preciso intento comunicativo, ad esempio: • il blu, per il suo fisiologico potere rilassante, viene spesso impiegato per

calmanti, sonniferi e farmaci contro i disturbi dell’ansia; • il giallo e l’arancione sono tonalità solari, calde, che suggeriscono attività e movimento, e caratterizzano le confezioni di vitamine, complessi ricostituenti e tutta la gamma di prodotti per il miglioramento delle prestazioni sportive; • il verde è sinonimo di medicina naturale per la sua comunanza con il mondo vegetale; lo si ritrova in molte confezioni di tonici a base d’erbe, di capsule con estratti di piante e in generale per tutti i medicinali legati all’ambito naturale; • il rosso è il colore sanguigno per eccellenza; quando si unisce al bianco suggerisce potere e forza, per questo diventa il tramite cromatico per dare l’idea di efficacia di un medicinale. Lo si trova in antibiotici, colluttori, sciroppi per la tosse e anche negli integratori di ferro e nei farmaci legati ai problemi del sangue. Nelle tonalità più tenui e rosate diventa sinonimo di dolcezza e appetibilità (ricorda il sapore di frutti come il lampone e la fragola, utilizzati spesso come aromi per sciroppi e pastiglie per bambini).

Colori che fanno bene L’università di Mumbai ha condotto un’interessante

ricerca per indagare la relazione tra farmaci e colori. Le conclusioni sono state pubblicate sull’International Journal of Biotechnology: «Circa 600 volontari sono stati coinvolti in un’indagine che aveva lo scopo di individuare quali elementi rendessero un farmaco più efficace rispetto a un altro. Con grande stupore dei ricercatori, quasi i tre quarti degli intervistati (75%) considerava un farmaco “più efficace” rispetto a un altro a seconda del colore e della forma. Osservando nel dettaglio le varie riposte, alcuni colori rendono i farmaci più o meno attraenti, per esempio per il 14% dei volontari le pillole di colore rosso o rosa vengono ritenute più dolci mentre altri colori come il giallo sono associati a sapori salati. L’11% degli intervistati associa il colore bianco e blu a farmaci amari, mentre nel 10% dei casi l’arancione è sinonimo di acidità. Il colore che in assoluto ispira più fiducia, soprattutto tra le persone di mezz’età e le donne, è il rosa». Che si tratti di pastiglie o sciroppi, i pazienti sono sempre sottoposti a esperienze sensoriali. La percezione visiva può influenzare il modo in cui le persone “vedono” l’efficacia del trattamento. Il colore è un elemento comunicativo che influenza profondamente il comportamento e guida le nostre decisioni di acquisto. Imparare a utilizzarlo è un passaggio obbligato per progettare una comunicazione efficace.

RISORSE

LA PERCEZIONE VISIVA PUO’ INFLUENZARE IL MODO IN CUI LE PERSONE “VEDONO” L’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO. IL COLORE E’ UN ELEMENTO COMUNICATIVO CHE INFLUENZA PROFONDAMENTE IL COMPORTAMENTO E GUIDA LE NOSTRE DECISIONI DI ACQUISTO.

http://www.colourlovers.com Colour Lovers, la comunità creativa in cui le persone di tutto il mondo creano, condividono tavolozze e discutono sulle ultime tendenze del mondo. Da non perdere la sezione “Tools”, con utili suggerimenti su software e App per il colore.

http://blog.pantone.com Il blog di Pantone, un’ottima fonte di idee e ispirazioni su colori, accostamenti e trend nel campo cromatico firmato dal più importante brand del settore. Date un’occhiata alla sezione “Events” per scoprire gli ultimi avvenimenti legati al tema del colore.

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DGMODE Collegati a questo pratico QR code e partecipa alla prima esclusiva puntata di DGMode, il nuovo spazio a valore aggiunto nella galassia Digitalic. In questa demo-live Silvestro Ascione, area manager area Nord Ovest di Wildix, ci racconta perché le nuove comunicazioni su IP sono un buon affare per il canale

Il VoIP? «Una tecnologia superata», le Unified Communication? «Dipende»… Silvestro Ascione, area manager area Nord Ovest di Wildix, racconta in questa prima puntata del DGMode perché vendere le soluzioni Wildix è un buon affare per il canale. «Il motivo è semplice, Wildix è innanzitutto una solidissima realtà italiana con un’offerta ampia e completa di soluzioni di comunicazione IP, dai centralini Pbx al VoIP fino ad arrivare a quello che è il nostro vero fiore all’occhiello. Grazie a una tecnologia semplice e di facile implementazione, siamo infatti in grado di superare il semplice concetto di Voice over IP aprendo la strada delle comunicazioni integrate e abilitate ai processi di business. Entrando nel concreto, offrire soluzioni per comunicazioni abilitate ai processi di business vuol dire permettere ai partner di vendere una tecnologia Web based clientless, sviluppata in HTML5. Una tecnologia che risponde al nome di CTIConnect WMS2.0 che consente di installare le applicazioni direttamente sul Pbx, senza la necessità di utilizzare hardware aggiuntivo. Tutti gli utenti potranno utilizzare dunque gli applicativi di comunicazione unificata attraverso l’interfaccia Web del CTIConnect PRO e questo vuol dire offrire ai processi aziendali la possibilità di fare un salto di qualità importante. Il punto chiave di una simile tecnologia è che, una volta installata sull’infrastruttura aziendale, ogni utente abilitato, dotato di una qualsiasi connessione a Internet tramite tablet, notebook, Silvestro Ascione, desktop o anche smartphone area manager area potrà accedere ai servizi di Nord Ovest di Wildix

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comunicazione unificata come fax, chat, comunicazioni vocali, dati e anche video in maniera totalmente indipendente rispetto ai sistemi hardware. Il servizio Zero Distance, per esempio, permette di organizzare in tempo reale una videochiamata con un determinato utente della nostra rete aziendale e condividere eventuali documenti senza dover installare nessuna componente aggiuntiva sul pc. Scegliere una soluzione Wildix permette, a nostro avviso, ai partner di avere una tecnologia da proporre che è già pronta per il futuro, che offre un vero valore aggiunto e che non ha un forte impatto sull’infrastruttura poiché non necessità di particolari elementi hardware aggiuntivi di supporto».

Wildix è un’azienda multinazionale orgogliosamente nata in Italia, a Trento. Presente sul territorio italiano e francese attraverso una rete di partner e installatori, Wildix produce e sviluppa soluzioni di comunicazione integrata, le cui massime potenzialità vengono espresse dalla comunicazione unificata.

Il quartier generale di questa azienda è a Trento, ma dal gennaio 2102 c’è anche una sede commerciale a Parigi. Il cuore pulsante di Wildix però è a Odessa, in Ucraina, dove presso un innovativo Noc operano ben 40 esperti che hanno il compito di raccogliere i feed back dal mercato e dagli utenti per poi trasferirli nei progetti e nelle soluzioni che progettano e sviluppano. Wildix ha finora installato oltre 4.000 impianti di cui segue l’andamento e dispone di 140 partner certificati sul territorio a cui viene offerta una formazione obbligatoria per assicurare installazioni di successo ai clienti finali.


BIG DATA CONFERENCE 2013

Big Data, Big Opportunities: cogliere il reale valore dei dati per dar vita all’Intelligent Enterprise

20 Febbraio 2013 ¡ Milano, Hotel MeliĂ Il 2012 ha chiaramente evidenziato quanto possedere adeguate competenze sul tema dei Big Data rappresenti una delle massime prioritĂ per le organizzazioni IT aziendali. Per i CIO, e per tutta la funzione IT, dimostrare di poter estrarre un reale valore dai dati significa accelerare l’evoluzione aziendale e salvaguardare il proprio ruolo di abilitatori dell’innovazione. IDC Italia presenta la “Big Data Conference 2013â€? con l’obiettivo di affrontare questa tematica e di fornire risposte a sfide cruciali, in particolare: t

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"MM FWFOUP QBSUFDJQFSBOOP HMJ BOBMJTUJ EJ *%$ F J $*0 EFMMF QJĂĄ JNQPSUBOUJ B[JFOEF JUBMJBOF QFS confrontarsi sul tema dei Big Data e analizzare casi aziendali, best practice e linee guida utili all’implementazione di un’adeguata strategia di gestione, governance e analisi dei dati secondo la declinazione delle 4V (Volume, VelocitĂ , VarietĂ , Valore). La partecipazione è gratuita per le aziende utenti finali. La disponibilitĂ di posti è limitata. Per informazioni e le registrazioni: Nicoletta Puglisi Conference Manager, IDC Italia 0228457.317 npuglisi@idc.com http://www.idcitalia.com/events/events.jsp


ATTUALITA’ Ci sono dei settori particolari in cui avete più successo? «No, la tecnologia è cross e anche dal punto di vista dimensionale abbiamo una diffusione molto capillare sia nello small and medium business, sia a livello enterprise; inoltre siamo presenti anche nella PA locale e nella sanità».

Dati, dati e ancora dati. Non si parla, giustamente, d’altro e per gli operatori di mercato che sapranno farsi trovare pronti, sul piatto ci sono importanti opportunità. Mettere il naso e avere la capacità di cogliere cosa serve nel mare in tempesta dei Big Data è un valore incalcolabile, per il quale aziende di tutto il mondo

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sono disposte a pagare e non poco. In questo senso si trova in una posizione estremamente favorevole una società come QlikTech, produttore del software QlickView, che – non a caso – opera nella Business Discovery, la Business Intelligence di tipo user-driven, e che nel 2011 ha raggiunto un fatturato di oltre 320 milioni di dollari. Non solo, nell’ultima edizione della classifica BI Survey 12, si è aggiudicata il primo posto nelle categorie analisi visuale, innovazione, agilità e più breve durata di un progetto. Per capire qualcosa di più di un simile fenomeno, durante la tappa italiana del Business Discovery World Tour abbiamo scambiato qualche parola con Massimo San Giuseppe, Ceo di QlikView Italy. Qual è oggi la realtà italiana di QlikTech? «Oggi in Italia siamo in 42 persone; quando sono entrato io in QlikTech, nel 2002, erano in 40 a livello worldwide e ora sono 1.400. Nel nostro Paese otteniamo ottimi risultati: nel 2011 siamo cresciuti più del 20% e anche nel 2012 stiamo crescendo a due cifre con un 2 davanti».

Massimo San Giuseppe, Ceo di QlikView Italy

Collegati a questo pratico QR code e guarda la demo delle soluzioni QlikView

Il successo nel mercato italiano e i punti di forza dell’offerta di una azienda che si trova nel pieno di uno dei mercati a maggior tasso di dinamismo in questa difficile fase economica Luca Bastia

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Operate esclusivamente tramite partner? «Abbiamo un modello go-to-market misto. Facciamo sempre riferimento ai partner per quanto riguarda il deploy, però su certi clienti andiamo in accounting diretto poiché taluni richiedono la presenza del vendor. Siamo molto focalizzati sulle partnership, specialmente sulla piccola e media impresa perché necessitiamo di tanti player dislocati sul territorio, con expertise verticali; attualmente abbiamo più di 100 reseller attivi in Italia e abbiamo relazioni di partnership con realtà come Reply, HP, Kpmg. I nostri clienti ci chiedono di avere relazioni con partner che siano in grado di aiutarli a mettere a frutto in tempi rapidi l’investimento, per cui tutti sono dei value added reseller». In un momento di difficoltà economica diffusa cosa spinge le aziende a investire nelle vostre soluzioni? «Maggiore comprensione, maggiore possibilità di accesso alle informazioni, capire un fenomeno mentre sta nascendo, andando subito al sodo, sono i nostri drive. Paradossalmente per noi la crisi è un aiuto: siamo la soluzione per i tempi di crisi, progetti brevi che danno risposte immediate». A fine 2011 avete lanciato il Social Business Discovery. Come è stato recepito in Italia? «Il Social Business Discovery è il Tag marketing di qualche cosa nato molto prima. Noi abbiamo sempre creduto nella condivisione delle informazioni e nel fatto di poter sherare facilmente l’esperienza analitica; la necessità di condividere un’esperienza positiva ci ha portato al social e alla collaborative analysis e questo sarà il leitmotiv anche per gli sviluppi futuri. In Italia è molto ben accettato perché la tecnologia può effettivamente aiutare la socializzazione e la democratizzazione del dato. Le aziende hanno capito che senza un’informazione diffusa il business non gira».


Da LittleBits a GoldieBox, il mondo dell’elettronica va incontro ai giovanissimi con kit colorati e semplificati. Ma non sono solo cose da bambini, rappresentano il primo passo (per chiunque) verso il mondo dei Makers Francesco Marino

Colorati, magnetici, facili da usare. LittleBits (http:// littlebits.cc/) è l’elettronica a portata di bambino, ma non solo, anche per gli adulti inesperti. I mattoni fondamentali di tutta la tecnologia che usiamo sono diventatati colorati e divertenti grazie a Ayah Bdeir, ingegnere del MIT di Boston, che un anno fa ha fondato una nuova società con lo scopo di rendere l’elettronica appassionante anche per i bambini. LittleBits è un insieme di componenti,

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dall’alimentazione ai sensori, dal cablaggio ai controller, che permettono di creare praticamente qualsiasi cosa. L’assemblaggio è facilitato dai colori e dai magneti che attraggono i moduli compatibili. È una sorta di Lego per l’elettronica, un Arduino per bambini. Per molti la tecnologia è incomprensibile e poco affascinante nella sua costruzione; tutti sono pronti a usufruire dei vantaggi che dà, ma ben pochi ne capiscono le logiche e la complessità. LittleBits facilita il compito, rende divertente creare tecnologia e consente di

condividere questa passione, grazie anche alla sua comunità online in cui i vari utenti caricano i video e i tutorial delle loro creazioni: dagli ornamenti di Natale animati alla macchinina telecomandata, fino al vestito che si illumina. Il progetto è open source, per cui chiunque può scaricare gli schemi dei componenti ed eventualmente modificarli o migliorarli. A partire da 29 dollari si può ordinare un kit oppure si possono ricevere i singoli moduli che interessano; il tutto arriva in una allegra scatola verde e viola che sembra quella dei cioccolatini. L’obiettivo

più nobile è quello di creare una nuova generazione di ingegneri, che sappia pensare in modo diverso, che veda nella creazione di nuovi prodotti un gioco divertente e utile a tutti. Per favorire questo atteggiamento ci sono concorsi che premiano le migliori realizzazioni. Il movimento dei Makers, insomma, abbassa l’età di ingresso e punta ai bambini, ma anche alle bambine, con gioghi hi-tech in stile Barbie come GoldieBox (http:// www.goldieblox.com/), che è un “libro animato” con una trama, personaggi, ma anche ingranaggi, circuiti, e nastri che fanno da cinghia… il tutto può essere montato per creare una vera storia animata. L’inventrice, Debbie Sterling, è una studentessa di ingegneria a Stanford che ha dichiarato: «È vero che a noi donne piace il rosa, ma ci piacciono tante altre cose». GoldieBox risponde all’aspirazione “ingegneristica” delle bambine, senza dimenticare il loro lato femminile e, appunto, rosa. Il video che descrive GoldieBox merita la visita: http:// youtube/y-AtZfNU3zw.

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PUNTO G 66

UN TIFONE SILENZIOSO SI ABBATTE SUL GREEN Antonella Tagliabue Amministratore delegato della società di consulenza strategica di direzione Un-Guru, esperta di sviluppo sostenibile. Laureata in Scienze Politiche, con specializzazione in Storia e Istituzioni dell’America Latina. Si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e grandi gruppi italiani. Da anni si occupa di Green Economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “Penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile. Quando parlo del Pianeta lo faccio con la P maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. Leggo, viaggio e scrivo per passione. Camus diceva: “Sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione’. Per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”

Piangeva Naderev Sano. Piangeva per i 540 morti, gli 827 dispersi e i 5,4 milioni di persone colpite dal tifone Bopha nelle Filippine lo scorso dicembre. Piangeva mentre parlava al summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Doha, in qualità di capo delegazione delle Filippine, proprio nel momento in cui nel suo Paese si tornava a morire di pioggia e fango. E forse sono state quelle lacrime l’unico contributo per riempire il bicchiere. Sì perché, come ha dichiarato il nostro ministro dell’Ambiente Corrado Clini: «Il bicchiere di Doha è per tre quarti vuoto e per un quarto pieno». Il 2012 è stato un anno di grandi appuntamenti per l’ambiente. Prima, durante l’estate, la Conferenza di Rio+20, venti anni dopo il primo vertice per la Terra che in Brasile stabilì che cosa dovesse intendersi per sviluppo sostenibile, impegnando i governi e la società civile in uno sforzo comune per non sacrificare le possibilità di futuro delle prossime generazioni. Poi, a dicembre, due settimane di negoziati a Doha, con

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194 Paesi impegnati in una conferenza sui cambiamenti climatici che aveva l’obiettivo di stabilire cosa farne del Protocollo di Kyoto, ovvero l’accordo che dovrebbe disciplinare le emissioni in atmosfera di gas a effetto serra e decidere, in buona sostanza, dell’aria che respiriamo. Un’intesa non si è trovata e la crisi è stata la ragione invocata da tutti coloro che un accordo, di fatto, non lo volevano. Non si è nemmeno giunti

SECONDO I CLIMATOLOGI DELLE NAZIONI UNITE, PER MANTENERE IL RISCALDAMENTO SOTTO I DUE GRADI, LE EMISSIONI DEI VARI GAS SERRA DEVONO SCENDERE A 44 MILIARDI DI TONNELLATE ENTRO IL 2020. OGGI SIAMO GIA’ A CIRCA 50 MILIARDI E SENZA INTERVENTI ARRIVEREMMO A 58 MILIARDI NEL 2020.

a una votazione finale. Si sono adottati dei testi con un metodo “inusuale”: una dichiarazione del presidente della conferenza, Abdullah al-Attiyah, mentre il delegato russo batteva la bandiera sul tavolo per protesta. Il risultato ottenuto è che il Protocollo di Kyoto sopravvive, ma versa in condizioni gravissime. Tra i Paesi che non lo hanno mai ratificato e quelli che si sono sfilati nel corso degli anni restano fuori dall’accordo i grandi inquinatori. Sia nazioni sviluppate come Usa, Canada, Giappone e Russia, che quelle emergenti come Cina (il primo Paese anche nella classifica degli inquinatori), India, Brasile, Messico e Sud Africa. L’impegno a ridurre le emissioni resta valido per l’Unione Europea e qualche altra nazione, una minoranza pari a circa il 15-20% del totale delle emissioni prodotte. E non ci sono veri passi in avanti perché il Kyoto2 – firmato da Unione Europea, Australia, Svizzera e Norvegia – stabilisce che la misura dei tagli dei gas serra per il periodo 2013-2020 sarà decisa solo nel corso


RISORSE

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Il tifone Bopha che ha colpito duramente le Filippine, visto dai satelliti spaziali

del 2013. C’è una sorta di dovere morale a trovare un accordo più ampio nel 2015 per gli impegni successivi al 2020. La crisi internazionale è stata il motivo per fare un passo indietro anche, e soprattutto, su questioni di soldi.

L’illusione della prosperità I Paesi più poveri reclamavano il rispetto degli impegni presi oltre tre anni fa, quando ancora vivevamo nell’illusione della prosperità senza fine, che prevedevano fondi per oltre 100 miliardi di dollari come aiuto per investimenti in energie pulite e per combattere l’innalzamento del livello del mare e, più in generale, gli impatti dei cambiamenti climatici. Era un’offerta generosa

anche se non si arrivò mai a stabilire come quei fondi sarebbero stati effettivamente erogati. A Doha i Paesi europei hanno messo sul tavolo otto miliardi di dollari, ma rimane l’indeterminatezza su come e chi deve spendere questi soldi. La diplomazia si conferma essere un’arte complessa. Ma la situazione è piuttosto semplice. Secondo i climatologi delle Nazioni Unite, per mantenere il riscaldamento sotto i due gradi, le emissioni dei vari gas serra devono scendere a 44 miliardi di tonnellate entro il 2020. Oggi siamo già a circa 50 miliardi e senza interventi arriveremmo a 58 miliardi nel 2020. Gli impegni internazionali presi a oggi valgono una riduzione di un solo miliardo. Un accordo

globale è inevitabile. Non si tratta di una questione filosofica, o di un generico discorso sulla qualità della vita. L’aumento dell’intensità e della frequenza di eventi climatici estremi in tutto il pianeta è evidente. Catastrofi che colpiscono sia nazioni ricche sia povere. E che sono sempre più imprevedibili negli effetti, nonostante alle previsioni meteo siano dedicati i più grandi supercomputer al mondo e una potenza di elaborazione dei dati che non è paragonabile a quella utilizzata per altre applicazioni, altrettanto vitali e “mission critical”. Piangeva Naderev Sano a Doha e intanto chiedeva: «Per favore, basta ritardi e basta scuse». In cambio ha ottenuto un applauso.

Risparmio, Rinuncio, Rinvio Secondo il Rapporto Censis 2012 il crollo dei consumi degli italiani è causato dalle nuove tre R: Risparmio, Rinuncio, Rinvio. Si spiega così la riscoperta dell’orto e dell’autoproduzione, il ritorno ai mezzi pubblici e alla bicicletta. Se si incrociano i dati con il “Termometro della sostenibilità” (di WWF Italia e Grow The Planet) si vede che la sobrietà si sposa con l’ambiente. Si bada di più alla provenienza e alla sicurezza degli alimenti; si torna a comprare – meglio se biologico – dai produttori e nei mercati cittadini e si diffonde la consapevolezza che per vivere bene “basta il giusto”.

Cloud pulito? Piuttosto che innovare – o rinnovare – anche nella produzione di energia le imprese IT sembrano preferire la “dirty energy”. Lo sostiene Greenpeace in un’analisi dedicata al cloud computing, secondo la quale i big del settore tendono a concentrarsi in cluster in alcune aree geografiche, facendo aumentare il ricorso a carbone e nucleare. L’associazione ha pubblicato (in inglese, su greenpeace.org) la guida How clean is your cloud, un’analisi sugli attuali consumi di una tecnologia affamata di energia e una serie di consigli per rendere più verdi le nostre nuvole.

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Digitalic per Visio

NUOVE FRONTIERE PER LA COMUNICAZIONE VISIVA

UN PODIO, MILLE EFFETTI, UN SOLO SOFTWARE

Innovativo ma immediato nell’utilizzo, 3DStar di Visio Italia è il software sviluppato dall’azienda di Jesi (An) per catapultare chiunque lo desideri verso l’ultima frontiera della comunicazione visiva stampata.

Dalila Aquilanti, titolare di Visio Italia

Quando una monoposto si classifica ai vertici mondiali nelle gare di F1, vincendo sia le corse sia il campionato costruttori, diventa un’icona al top nell’immaginario del pubblico e dei tifosi sportivi. Il team tecnico, meccanico, sportivo e tutte le scelte operate in fatto di materiali e di tecnologie sono passate al vaglio, giudicate e imitate come sinonimo di qualità. Passateci il paragone, ma per il lenticolare è la stessa cosa. Ultimamente vi abbiamo fatto sognare introducendovi in questo spettacolare mondo. Un mondo che, grazie

ad una scuderia d’eccezione, oggi vede sul podio della comunicazione a godersi il suo momento d’oro, la società Visio Italia. Un’eccellenza tutta italiana nata da una intuizione di Stefano Aquilanti e guidata oggi dalla giovane titolare Dalila Aquilanti. Con loro abbiamo fatto il punto sullo stato dell’arte e degli effetti oggi disponibili. Il risultato che ne è emerso? Emotivamente accattivante. Questa tecnica di stampa ha saputo ri-attualizzarsi sul mercato presentandosi con nuove forme ed effetti di qualità, tagliando il traguardo della

vittoria e stupendo un pubblico vasto ed eterogeneo, già abituato a risoluzioni HD e per questo poco incline a compromessi diversi da questo standard. Ma non è solo merito di forme ed effetti. Ogni vittoria ha il giusto motore alle spalle. Anche per il lenticolare è così: il suo si chiama 3DStar, ed è un software di gestione dell’immagine sviluppato dai tecnici di Visio Italia per dare a chiunque l’opportunità di diventare campione e di spruzzare sui propri lenticolari una maxi “magnum” di spumante. Dall’immagine al lenticolare: il segreto di una trasformazione Parlarvi di 3DStar da un punto di vista squisitamente IT sarebbe riduttivo, perché non è solo un software. È un’idea di valore. È la vision di un’azienda: Visio Italia,


che ha riconosciuto proprio nella “popolarità” del lenticolare e nella sua capillarità di diffusione il suo punto di forza. Perché, allora, non mettere sia l’utente amatoriale sia quello professionale nelle condizioni di crearsi in casa le proprie immagini lenticolari? Ecco l’intuizione che ha portato alla scrittura di 3DStar, una suite di image management che si compone di due distinti moduli: 3DStar Lenticular e 3DStar Converter. Vediamoli insieme. 3DStar Lenticular: la libertà di cambiare forma alle immagini Cosa potete trovare nel pack di 3DStar Lenticular? Il valore di un software che sa essere immediato e professionale. Non poca cosa, insomma. Oltre a questo, il programma permette la creazione di immagini lenticolari con effetti 3D, Flip (alternanza tra due immagini) e Moving (una breve animazione). A seconda delle esigenze, Visio Italia lo propone in quattro release diverse: Compact, per immagini lenticolari fino al formato A4; Standard, per progetti di dimensioni sino a 60x60 cm; Professional, per i professionisti dei grandi formati, consente poi di trattare immagini di grandezza fino a 2GB; Professional Plus, per un approccio al lenticolare su dimensioni illimitate, grazie alla funzione di frazionamento dell’immagine. Comune a tutte le versioni, la massima automazione nella gestione dell’immagine. Una volta caricata quest’ultima, infatti, il software provvede a elaborare i parametri del file lenticolare a seconda della lastra e della stampante utilizzata.

di caricare le immagini nei formati più comuni: JPEG, TIF, PSD. Grazie a tools specifici dedicati e a un’interfaccia intuitiva e usabile, il software guida l’utente nella selezione delle aree/oggetti presenti sull’immagine e a disporli nei livelli di profondità desiderati. Per personalizzare maggiormente il risultato, si può intervenire aggiungendo al progetto un marchio oppure oggetti grafici non presenti sull’immagine di partenza. Inoltre, grazie alla funzione Cubo 3D, è possibile avere un’anteprima tridimensionale della scena, potendo anche cambiare punto di vista nello spazio. Dopo aver esportato il progetto in 3DStar Lenticular Free e controllato il risultato con gli appositi occhialini tridimensionali, l’ultimo passaggio, il più emozionante: l’ultimo clic che porta alla stampa del file e alla visualizzazione finale sovrapponendo all’immagine la lastra lenticolare, allineandola. Et voilà, il gioco è fatto. Più facile a farsi che a dirsi!

Da foto a lenticolare 3D in sei semplici clic! 3DStar Converter è il prodotto di riferimento per chi desidera convertire le proprie foto in immagini lenticolari tridimensionali. La semplicità di utilizzo (sono solo sei i passaggi da effettuare) è il suo punto di forza, unitamente alla qualità dello stampato finale. Il programma, che include anche 3DStar Lenticular Free, permette

Una value proposition chiamata lenticolare Rendere il lenticolare un prodotto per tutti ha portato Visio Italia a creare un circuito di valore del proprio know-how. L’offerta del player marchigiano, infatti, non si esaurisce con la vendita del programma, ma comprende anche corsi di formazione specifici sul suo utilizzo, proprio per venire incontro ai diversi gradi di compe-

tenza dei clienti finali. La fornitura dei materiali speciali (come le lastre da sovrapporre all’immagine stampata per ottenere l’effetto desiderato) e, non meno importante, la stampa diretta per i grandi formati e offset per soddisfare grandi numeri, completano il profilo di un partner di sicuro valore.

VISIO ITALIA

Contatti VISIO ITALIA Via Moriconi, 4 60035 Jesi (AN) Tel. e fax 0731.616051 www.visioitalia.com posta@visioitalia.com


DGREPORT Il cloud oggi non è più una questione di cosa, di definizioni, di chiarimenti e di comprensione: la questione è come, attraverso quali strumenti e, soprattutto, con quali risultati e riscontri. Il cloud è ormai una concreta realtà di business per le aziende italiane anche “grazie” a una crisi economica che spinge imprenditori, manager e rivenditori a tentare con più convinzione nuove strade e nuove possibilità di guadagno. Certo il mercato italiano non perde e non perderà la sua peculiare attitudine al rapporto diretto, alla necessità di digerire, sul territorio, anche le più vantaggiose innovazioni. Che si tratti di cloud, nuvole, virtualizzazione o software

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Luca Bastia e Marco Lorusso

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CLOUD, VENDOR, DISTRIBUTORI, RIVENDITORI, NUOVI MODELLI DI BUSINESS E NUOVE STRATEGIE. NON E’ PIU’ UNA QUESTIONE DI COSA E QUANDO, MA SOLO DI COME E ATTRAVERSO QUALI STRUMENTI. VIAGGIO NELLA FILIERA CHE CAMBIA FORMA SULLA SPINTA DI NUOVE OFFERTE E DI NUOVI MODELLI DI BUSINESS. LA SECURITY SEMBRA GUIDARE LA VOLATA.

as-a-service, le Pmi hanno insomma la necessità di essere coinvolte e convinte personalmente dell’efficacia del modello. Una sfida complessa, avvincente, con la quale – soprattutto in questa fase di transizione da un anno all’altro – si stanno misurando praticamente tutti i principali vendor del mercato IT, a partire dalla security, da sempre uno dei più recettivi e reattivi nel mettere su strada nuovi modelli di erogazione delle soluzioni.

La strategia di IBM: «Ripensiamo l’IT» Inevitabile far cominciare questa piccola inchiesta proprio da chi, come IBM, è da tempo proiettata verso le nuvole. Big Blue proprio in questo periodo ha fatto il punto della situazione tracciando le linee guida

sulla propria strategia cloud e sulle modalità di diffusione sul mercato di un simile paradigma. «Social business, mobile, analytics… tutto questo non può non appoggiarsi a una piattaforma di delivery ICT che ha le caratteristiche del cloud computing perché deve poter gestire grandi volumi e grande variabilità a un costo che sia contenuto. Per questo il cloud è un modello di delivery da cui non si può prescindere date le tendenze del mercato attuale» esordisce Eva D’Onofrio, vice president global technology services di IBM, che poi illustra i dati di una recente indagine che ha coinvolto più di 1.550 Ceo e Cio, dalla quale risulta che due terzi dei rispondenti pensano di investire oltre il 10% del loro budget IT nelle 4 aree citate: mobile, social business,


analytics e cloud. I Ceo, spiega, hanno capito che con il cloud possono guadagnare in agilità, in velocità e possono ottimizzare le spese e anche migliorare le relazioni con i propri clienti attraverso quegli strumenti che sfruttano la “nuvola”, come il social business e le analytics. Il cloud, prosegue Eva D’Onofrio, sfrutta le potenzialità delle nuove tecnologie e abilita sei fattori che sono i “game

changer” del business: flessibilità di costi; scalabilità del business; adattabilità al mercato; complessità filtrata; variabilità in base al contesto; connettività dell’ecosistema. «Da qui lo slogan IBM: “Ripensare l’IT e reinventare il business”. Cioè attraverso il cloud portare più standardizzazione, automazione e un’offerta industrializzata dell’IT, così da poter creare dei nuovi business model alimentati dal fatto che si possa avere un miglior time to

market». Non solo. Come sottolinea Alessandra Brasca – cloud leader – con le soluzioni orientate verso la nuvola, IBM promette di ridurre da giorni a minuti il tempo che va dalla creazione del codice sino al suo rilascio. «L’offerta IBM in questo ambito – riferisce Mauro Bonfanti, director industri solution – è caratterizzata da un’architettura aperta e da un modello as-a-service. Tre sono gli elementi principali: i sistemi hardware

integrati PureSystems, i Managed Cloud Service e le Cloud Business Solution. Il portafoglio IBM SmartCloud – conclude Bonfanti – è organizzato in tre aree fondamentali: SmartCloud Foundation, un insieme integrato di tecnologie e servizi per trasformare il proprio data center realizzando cloud private o ibride; SmartCloud Services, la piattaforma IBM per l’erogazione di servizi (IaaS e PaaS) public cloud, di classe enterprise, resi disponibili in modalità “as-a-service” e basati sulle tecnologie SmartCloud Foundation; SmartCloud Solutions, ovvero le soluzioni di sicurezza, soluzioni di business e d’industria vertical sul cloud, offerte in modalità SaaS».

I casi McAfee e Symantec Venendo poi, come anticipato, al caso specifico del mercato della security e alle opportunità in arrivo per gli operatori di canale, numerosi sono i casi di aziende che da tempo hanno rotto gli indugi varando una serie di novità strategiche di grande interesse, ultime in ordine di arrivo McAfee e Symantec. Proprio McAfee in questi giorni ha infatti annunciato il potenziamento

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DGREPORT del programma Managed Service Provider (MSP), che fornisce ai partner formazione, strumenti e risorse per guidarli nel percorso per diventare un fornitore di servizi di sicurezza vincente. Che si tratti di servizi di sicurezza on-premise o basati su cloud, McAfee offre una soluzione di sicurezza scalabile e coerente “payas-you-go” in abbonamento mensile e in grado di soddisfare le esigenze di tutti clienti, con un occhio di riguardo per le piccole e medie imprese. «Dal nostro punto di osservazione privilegiato stiamo assistendo a una grande crescita nel mercato dei servizi gestiti, alla base della quale vi è l’esigenza dei clienti di semplificare la complessità dell’IT e di ridurre i costi

Gastone Nencini, senior technical manager di Trend Micro Italia

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– ha dichiarato Cristiano Voschion, channel development director Emea di McAfee –. McAfee ha un’esperienza più che decennale nel settore dei servizi gestiti e da questa esperienza è nato il nuovo programma Msp che consente ai nostri partner di accedere al più ampio e innovativo portafoglio del settore di servizi di sicurezza gestiti basati su cloud e on-premise tramite un solido programma globale, completo e scalabile». «Con questa offerta – ha aggiunto David Baldinotti, direttore della divisione J.Soft di Computer Gross ltalia, tra i primi in Italia ad aderire con entusiasmo al programma MSP – ci rivolgiamo in particolare a quei rivenditori che operano Il cloud certo, la virtualizzazione, ma soprattutto la protezione puntuale ed efficace dei dati critici. Il successo di questi nuovi paradigmi tecnologici passa soprattutto dalla capacità che il mondo IT avrà di far fronte all’inevitabile proliferare di minacce di ultima generazione che questi nuovi trend stanno alimentando. «Dobbiamo essere sempre avanti di un passo rispetto a chi mette in pericolo i nostri dati e il nostro lavoro» allerta Gastone Nencini, senior technical manager Trend Micro per l’Italia. Oggi nascono 6.000 nuovi malware all’ora, ma non solo; oggi infatti i cyber criminali si sono evoluti nelle forme di attacco ed esiste una nuova tipologia che secondo una ricerca della società colpisce circa il 70% delle reti aziendali nel mondo. «Noi lo definiamo Advanced persistent threat (Apt) – prosegue Nencini –, un insieme di strumenti di social engineering e capacità tecniche, non facile da contrastare con le

LE PICCOLE E MEDIE AZIENDE AFFRONTANO LE STESSE PROBLEMATICHE DI SICUREZZA DELLE AZIENDE DI PIÙ GRANDI DIMENSIONI, MA NON POSSONO DISPORRE DELLO STESSO NUMERO DI RISORSE DEDICATE CHE LE AIUTINO A MANTENERSI PROTETTE nel segmento delle Pmi, dandogli la possibilità di offrire ai loro clienti lo stesso livello di protezione delle grandi aziende per desktop e rete, ma con soluzioni su misura che diminuiscono la complessità e abbassano i costi, un aspetto molto sentito in questo contesto economico. Le piccole e medie aziende affrontano le stesse problematiche di sicurezza delle aziende di più grandi dimensioni, ma non possono disporre dello stesso numero di risorse dedicate che le aiutino a mantenersi metodologie tradizionali». «Se prima l’attenzione veniva data al “fortino”, cioè tutto stava all’interno di un network da proteggere con firewall, antivirus, ecc. – puntualizza Nencini –, oggi invece abbiamo una forte propensione verso un mondo dinamico (mobile, vitualizzazione, cloud), quindi dal fortino verso l’esterno; così abbiamo dovuto adattare la nostra sicurezza a questo grande cambiamento». Secondo Gastone Nencini, Trend Micro ha individuato diverse fasi di questa tipologia d’attacco. La prima consiste nello studio di chi si considera il punto debole dell’organizzazione, analizzandone i comportamenti, gli interessi e gli hobby, attraverso i social network, quindi gli si invia una mail relativa a questi interessi contenente un malware. Da qui il virus circola nella rete aziendale alla ricerca dei suoi obiettivi primari, dati sensibili rivendibili, sfruttando il fatto che normalmente la sicurezza si concentra sull’analisi

protette, per questo siamo pronti a supportare il canale degli MSP attraverso la nostra competenza e gli investimenti che Computer Gross (vedi la realizzazione di un data center proprietario – ndr.) ha fatto in ambito cloud con il programma Arcipelago. net». Anche Symantec, da tempo impegnata in ambito cloud e virtualizzazione, punta forte sul canale indiretto proprio per affermare e diffondere il verbo delle nuvole anche nel difficile territorio delle Pmi. Piccole e medie imprese alle del traffico che proviene dall’esterno, ma meno attenzione viene data ai movimenti interni e verso l’esterno. Il modello di sicurezza proposto ora da Trend Micro si concentra sia sui dati in entrata sia su quelli in uscita con una soluzione denominata Smart Protection Network, attualmente alla seconda release. La soluzione, per esempio, invia automaticamente gli allegati sospetti a Deep Discovery perché li analizzi in sandbox definiti dall’utente e inoltre manda aggiornamenti personalizzati ad altri layer di sicurezza presenti nel network aziendale e mette in correlazione le informazioni rilevate in azienda con l’intelligence globale di Trend Micro che non si basa esclusivamente su e-mail reputation e Web o file reputation, ma lavora sulle White List, sul controllo exploit di vulnerabilità, sulla reputation delle App e sulle regole di accesso ai dati: un’analisi complessiva su circa 1,5 miliardi di file al giorno, per 6 Terabyte di traffico, e circa 10 miliardi di Url.


e n o i z a m r o f n i 100 % ù i p n i e t s e r o f i d % 30

e t n e m l a r u t Na a t r a c io la Le foreste europee sono il 30% in più rispetto al 1950*. In pratica, ogni anno sono cresciute dell’equivalente di 1 milione e mezzo di campi da calcio. Inoltre la fibra di cellulosa può essere riciclata fino a 7 volte. E con 2.000 chili riciclati al secondo**, la carta è il materiale più riciclato in Europa. Lunga vita alla carta!

* elaborazione Two Sides su dati FAO 2010;

(Le foreste europee forniscono l’88% del legno usato per fare la carta in Europa)

** fonte ERPC 2010

Two Sides è un’iniziativa della comunicazione su carta e promuove la produzione e l’uso responsabile della carta e della stampa.

Per saperne di più visita: www.twosides.info/it

il lato verde della carta


DGREPORT

quali da circa un anno, non a caso, la multinazionale ha dedicato una intera divisione che opera sul territorio solo ed esclusivamente attraverso il canale.

Una clinica virtuale… «Il ruolo dei partner è decisivo con Pmi che hanno grandi esigenze e piccoli budget e risorse da dedicare all’IT. Per loro il rivenditore deve essere un consulente al quale affidarsi senza timore – spiega Marina Fantini, responsabile marketing Symantec Smb mediterranean region –. Cloud e virtualizzazione non sono tematiche di appannaggio solo delle grandi aziende, ma sono paradigmi che stanno interessando sempre più da vicino anche le Pmi che sentono la necessità di nuovi strumenti per affrontare una competizione globale anche nel piccolo della loro struttura. Al momento la percezione di cloud e soprattutto virtualizzazione per le Pmi riguarda soprattutto l’ottimizzazione dell’hardware e il taglio dei costi, ma attraverso il canale puntiamo a diffondere una maggiore consapevolezza dei vantaggi e della maggiore competitività che simili strumenti offrono

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quando non riguardano solo applicazioni semplici ma anche temi come il backup e il disaster recovery. Anche per questo abbiamo deciso di mettere a disposizione del canale uno strumento come la Virtualization Clinic, un portale online in cui le aziende, una volta profilate sulla loro preparazione in termini di virtualizzazione, potranno ricevere consigli da Symantec e soprattutto dal partner di fiducia su come procedere nel proprio cammino di adozione della virtualizzazione e del cloud».

L’esperienza concreta di Centro Computer e gli effetti del terremoto Per dare ancora più concretezza al proprio annuncio, Symantec ha recentemente invitato a parlare con la stampa un corporate dealer come Centro Computer con sede a Ferrara. Un’azienda che conta un organico di circa 150 persone e ha raccontato di come gli effetti del terremoto abbiano portato le imprese emiliane a comprendere molto da vicino come i dati possano e debbano essere protetti non solo all’interno delle mura fisiche della propria azienda e di come virtualizzazione

e cloud in questo siano strumenti davvero efficaci. «Il terremoto dello scorso mese di maggio ha di fatto evidenziato quanto sia critico il tema della sicurezza, non solo degli immobili ma anche delle infrastrutture IT e di come la protezione delle informazioni critiche non possa più essere demandata solo alle infrastrutture fisiche aziendali – racconta Roberto Vincenzi, vice presidente, direzione servizi di Centro Computer –. Non abbiamo mai parlato così tanto di disaster recovery, di alta affidabilità e di backup come dopo il terremoto. Ora più che mai occorre fare passi decisi in direzione di una nuova tipologia di

parallelo ai servizi cloud. Le resistenze però non sono poche e il peso del cloud, a fronte di molto interesse per noi, è ancora relativo e riguarda soprattutto imprese medio grandi che sono già allo step 2 della virtualizzazione. Da parte nostra stiamo comunque facendo tutto il possibile, a partire dall’adesione ad Assocloud, iniziativa promossa da Esprinet, che rappresenta una opportunità molto interessante di avvicinarsi a questo mercato per noi rivenditori». «Si tratta di una questione di tempo e di dialogo – rassicura però Massimiliano Bossi, Symantec distribution and Smb manager Italy –.

GLI EFFETTI DEL TERREMOTO HANNO PORTATO LE IMPRESE EMILIANE A COMPRENDERE MOLTO DA VICINO COME I DATI POSSANO E DEBBANO ESSERE PROTETTI NON SOLO ALL’INTERNO DELLE MURA FISICHE DELLA PROPRIA AZIENDA; IN QUESTO, VIRTUALIZZAZIONE E CLOUD SONO STRUMENTI DAVVERO EFFICACI fruizione dell’IT (protezione dei dati compresa) e di alta affidabilità in cloud… ma certo parliamo di un territorio in cui la fibra ottica è arrivata da poco tempo. Il passaggio è critico e non scontato anche per chi, come noi, di mestiere ha sempre rivenduto soluzioni fisiche. Occorre che anche i nostri sales manager siano educati a un nuovo tipo di vendita. Per questo abbiamo creato un team appositamente dedicato alla vendita del cloud. Formare i nostri venditori sul tema non è comunque facile e al momento portiamo avanti la vendita tradizionale in

Da una parte l’utente finale ha difficoltà a spostare i propri dati sul cloud, dall’altra i rivenditori e in particolare i loro venditori temono di perdere il controllo di alcuni processi che prima erano loro territorio esclusivo di conquista. Occorre fare cultura e spiegare a entrambi che il modello del cloud è vantaggioso sia per le aziende che lo comprano sia per chi lo vende, il quale manterrà comunque un ruolo imprescindibile sulla nostra filiera, soprattutto a livello di gestione e proposizione di servizi a valore».



MRKTNG SIDE THE 76

COSA MAI SARÀ QUESTO PINTEREST CHE SI VEDE OVUNQUE? Matteo Ranzi Negli anni ’80 scopre la sua passione per la pubblicità e sogna di avere da grande un’agenzia propria. Mette quel sogno nel cassetto. Negli anni ’90 Università, snow-board e vendita di auto per passione. Ad ottobre del 2000 arriva la laurea in Bocconi. Specializzazione Marketing. Viene chiamato in Ingram Micro. In 3 anni diventa Business Manager. La sua passione lo porta alla guida del Marketing Communication e poi del Trade Marketing. Una sera di Marzo del 2009 riapre il cassetto chiuso negli anni ’80 e ritrova il suo sogno. Riascoltando il famoso discorso di Steve Jobs, capisce che è arrivato il momento di dare sfogo al suo lato foolish e hungry. Fonda Mille Ottani, l’agenzia marketing di cui è titolare. Fa della sua passione una professione e si lancia nella nuova avventura. Ogni giorno le sue riflessioni sul marketing vengono seguite nei social network da oltre 3.000 marketeers.

Erano le 23.00 circa di una sera di fine agosto e le mie ferie stavano giungendo al termine. Nell’appartamento di La Villa, Val Badia, girava da un paio di giorni una rivista. No, non Digitalic ma Grazia. Così, da markettaro curioso, incominciavo ad avventurarmi nella lettura delle pubblicità. In numerose pagine di noti brand fashion era presente

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un simbolo con una P che accompagnava le classiche F, T e G+ dei social network più diffusi. «Cosa diamine è questa “P” presente ovunque???», pensavo tra me e me. «Come faccio a non conoscerla, dato che passo la mia vita immerso nel marketing?». Così è iniziato l’approfondimento che mi ha fatto conoscere il social network che cresce di più in assoluto e che rappresenta la quarta fonte di traffico Web a

livello globale. Si tratta di una piattaforma social di image sharing: le immagini sono la cosa più condivisa nei social network, quindi l’ingrediente principale per il successo in Pinterest c’è di sicuro. Nel mondo ci sono oltre 119 milioni di pinner, gli utenti di Pinterest; in Italia sono più di 500.000, in crescita ogni minuto. Non si postano solo le proprie foto, ma si condividono numerose immagini di prodotti. Ci sono sempre più aziende, non solo fashion, che stanno avendo impatti positivi sulle vendite grazie a Pinterest e questo attira nuove imprese. La passione per questo recente social network cresce a vista d’occhio e ce n’è per tutti i gusti, anche per quelli del tuo business. Per questo ho voluto approfondire l’argomento insieme a Paola Sangiovanni di Pinterest Italia.

Paola Sangiovanni di Pinterest Italia

Pinterest ha raggiunto 119 milioni di utenti nel mondo in pochissimi mesi e sempre più aziende inseriscono il “bottone social” sui loro siti e nella pubblicità. Come si spiega un successo così veloce e rilevante? «Sono state due le intuizioni alla base del successo della piattaforma creata da Ben


Silbermann, Evan Sharp e Paul Sciarra, i fondatori di Pinterest. Da maniaci del collezionismo, hanno sentito l’esigenza di trovare un modo per catalogare e condividere facilmente gli oggetti che occupavano le loro case. Del resto, come ha spiegato Sharp nel suo intervento al DEF 2012 di Venezia, la catalogazione è elemento essenziale per la diffusione della conoscenza: basti pensare ai cataloghi dei musei e delle biblioteche. In secondo luogo, prima di fondare Pinterest, Silbermann e Sharp avevano sviluppato Tote, un’applicazione per mettere in contatto negozianti e consumatori. L’App non ebbe successo, in quanto gli utenti non acquistavano, ma amavano salvare i prodotti e condividerli con gli amici. Pensarono quindi di sfruttare l’insight acquisito, attraverso lo sviluppo di una nuova piattaforma che con un solo clic permettesse di salvare nel proprio profilo qualsiasi immagine (prodotti, foto, libri, ecc.), inserire una breve descrizione e condividerla con i propri follower. A ciò si aggiunge il design della piattaforma, il cui successo è fin troppo imitato: la griglia che permette lo scorrere infinito di immagini di diverse dimensioni è una continua ispirazione per gli utenti». È una scelta valida solo per imprese B2C o anche per chi opera nel B2B? «Non penso che ci sia una risposta univoca a tale domanda: l’utilizzo di Pinterest va inserito all’interno di una precisa strategia. Se, ad esempio, si decide di sfruttare i social network nell’ottica di

internazionalizzazione dell’impresa e puntare al mercato statunitense, Pinterest potrebbe essere uno strumento utile vista la diffusione che ha negli USA». Un brand ICT che vantaggi potrebbe trarre da una presenza in Pinterest? «Proviamo a guardarla dal punto di vista degli utenti: perché dovrebbero seguire un’azienda? Dato per scontato che il profilo sia costruito secondo le regole base di una buona comunicazione del brand su Pinterest (prima di tutto la cura delle immagini, delle descrizioni e dei link ai quali riportano i pin), ci sono due motivi per cui, secondo me, un utente segue un brand: o è interessato ai prodotti che vende e alle immagini che utilizza per raccontarli o è interessato alle informazioni che filtra e che organizza nelle sue board. In linea di massima, solitamente i profili aziendali sono concentrati o sul prodotto, in questo caso l’obiettivo di Pinterest può essere portare gli utenti al proprio sito o e-commerce, o sulla costruzione di leadership nel settore di competenza». Anche un rivenditore di hardware e software può trarre vantaggi dalla presenza in Pinterest? «Basta dare un’occhiata a Pinterest per rendersi conto che l’hi-tech è un argomento tutt’altro che di nicchia. Potrebbe essere interessante inserirsi nelle conversazioni degli appassionati di hi-tech dimostrando la propria competenza, la capacità di innovare, la qualità dei propri prodotti. Pinterest è una

piattaforma che favorisce più di altre l’incontro tra consumatori e venditori: basti pensare che il 69% dei clienti online ha trovato su Pinterest prodotti che hanno prima desiderato e poi acquistato (contro il 49% di Facebook), mentre il 43% utilizza Pinterest per collegarsi a un brand o a un retailer nel quale si identifica (contro il 24% di Facebook). L’elemento fondamentale è sempre decidere l’obiettivo che si desidera raggiungere in base al target di riferimento». Perché un’azienda che già è su Facebook dovrebbe fare un account in Pinterest? «Pinterest e Facebook sono due mondi completamente diversi. Facebook è un social network chiuso dove gli utenti condividono le esperienze personali con la propria cerchia di amici. Pinterest è un social network aperto (né i profili, né le board possono essere privati, almeno per ora) dove gli utenti attraverso il sistema del following (come in Twitter) condividono passioni e interessi. Insomma, i due social network rispondono a obiettivi di comunicazione completamente diversi. A mio parere Pinterest riesce a fornire un’immediatezza nella percezione del brand che difficilmente altri social network riescono a dare perché, se da un lato la griglia della homepage si arricchisce continuamente di nuovi pin, dall’altro il profilo permette all’utente di percepire in maniera completa e assolutamente “inspiring” la storia che il brand ha deciso di narrare attraverso Pinterest».

RISORSE

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http://pinterestitaly.com/che-cose-pinterest/ Che cos’è Pinterest esattamente e come funziona? Ecco una breve guida a cura di Pinterestitaly.

http://pinterest.com/ Vuoi fare quattro passi in Pinterest? Ottima scelta! Buona passeggiata… inizia dalla home page, iscriviti e comincia il tuo viaggio.

http://pinterest.com/hpcreate/ HP Create, un esempio di pinner del mondo IT. L’azienda segue molto da vicino questo social network e la ricca bacheca lo dimostra.

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2SOCIAL

STARTUP: L’IMPORTANZA DEL TEAM Barbara Bonaventura Si laurea con lode a Padova e, dopo un periodo di ricerca per l’Università di Venezia, inizia a dedicarsi professionalmente al marketing strategico tradizionale e digitale. Dal 2004 è alla Direzione Marketing di Mentis, società di consulenza italiana dedicata all’innovazione aziendale. Dal 2005 è vicepresidente di AICEL - Associazione Italiana Commercio Elettronico. Amir Baldissera Insegna Gestione d’Impresa all’Università di Padova. Laureato in Scienze Cognitive con uno dei primi lavori italiani sulla Vita Artificiale. Dal 2004 è Direttore Operativo di Mentis e si occupa di progetti di innovazione strategica e marketing. Membro del consiglio direttivo dei Giovani Imprenditori di Padova, segue i rapporti con l’università e le startup.

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Spesso la squadra operativa è qualcosa che si sottovaluta e nasce più per caso che per strategia, eppure si tratta di uno degli elementi più delicati delle prime fasi di vita di una startup. Una volta individuata un’idea potenzialmente vincente e passati alla fase di execution, sia essa la realizzazione concreta del prodotto, lo studio del business model più adatto o la definizione delle migliori strategie di marketing, l’esecuzione vera e propria sarà nelle mani del team scelto dai fondatori e solo le loro competenze, la loro motivazione e i loro sforzi potranno trasformare un’idea brillante in un’azienda di successo.

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E il solo-play? In molti casi succede che il team manchi in toto. Il fondatore, dopo aver avuto l’idea, parte direttamente a cercare capitali che gli permettano di realizzarla in autonomia. Questa è una scelta molto pericolosa e tendenzialmente destinata al fallimento. Creare una startup è un percorso lungo, complesso e faticoso, molto


difficilmente perseguibile da una sola persona. Le ragioni sono molte.

Fluidità La prima è la tensione tra staticità e cambiamento. La vita di una startup è costellata di tentativi e trasformazioni. Il lancio di un prodotto o servizio innovativo è un processo fluido, che avviene in un contesto poco conosciuto, dove bisogna prestare molta attenzione ai feedback di clienti, partner e competitor, per capire la rotta corretta. È pertanto necessario essere pronti a cambiare velocemente direzione, cogliendo le occasioni che si presentano e rispondendo alle reazioni del mercato. Quando si è soli questa fluidità risulta compromessa. Quando si è soli si rischia di arroccarsi sulla propria idea originale, di innamorarsene e finire con l’essere insensibili ai segnali lanciati dal mercato. Oppure, al contrario, si è troppo influenzati dal giudizio altrui. Quando ci si muove nei territori inesplorati dell’innovazione capita di provare incertezza o insicurezza sulle mosse da compiere e spesso gli amici sono pronti a darci i loro consigli e suggerimenti. Soprattutto quando scoprono che vogliamo fondare una startup. In quei casi è normale sentire tutto e il contrario di tutto: ciascuno avrà la sua propria visione di come dovremmo fare e di cosa dovremmo assolutamente evitare. Ascoltare e assecondare tutti porterebbe a uno stallo ancora peggiore dell’essere bloccati su una singola idea.

UN MANTRA RECITA: “CINQUE SONO LE COSE IMPORTANTI PER UNA STARTUP: IL TEAM, IL TEAM, IL TEAM, IL PRODOTTO E IL MERCATO”. Creatività La seconda ragione è la forza creativa. Avete mai provato a fare un brainstorming da soli? È semplicemente impossibile. Manca il necessario confronto, l’apporto creativo e critico dato da menti e punti di vista diversi. Per quanto possa essere brillante l’idea iniziale, non potrà mai essere completa fin da subito, dovrà venir arricchita, modificata e con il tempo si presenteranno difficoltà che andranno affrontate con soluzioni nuove. Avere nella squadra persone diverse, con competenze, esperienze e background differenti rende disponibili dei bagagli di conoscenze molto più ampi di cui si può approfittare quando bisogna trovare soluzioni creative.

Resistenza Una terza ragione è l’energia (e dunque la motivazione). Un vecchio proverbio dice: da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano. Fare startup è un processo stancante, fatto di attimi di esaltazione e di momenti difficili in cui tutto sembra perduto. Affrontare tutto questo da soli è logorante e, nel medio periodo, il rischio di abbandonare tutto è forte. Bisogna avere una determinazione incrollabile per riuscire a sopportare

tutte le difficoltà senza cedere. In squadra, invece, ci si può aiutare a vicenda: ci saranno momenti in cui qualcuno rallenterà perché accuserà la stanchezza, allora saranno gli altri a spingere permettendogli di rifiatare e così, a turno, il team si supporterà senza mai mollare e continuando a far avanzare il progetto.

Credibilità Un quarto motivo, più sottile, ma vitale se si vogliono ottenere capitali, è la credibilità. Un qualunque investitore cui presenterete il vostro progetto si domanderà, se l’idea è tanto brillante, come mai nessuno abbia deciso di venire con voi. La completezza del team è uno dei parametri principali che vengono valutati dagli investitori quando analizzano una startup.

RISORSE

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http://tinyurl.com/b7ju4sg Chiedilo a Jay. 71 puntate, praticamente un video corso tenuto da Jay Adelson (fondatore di Equinix, Digg, Revision3, SimpleGeo) che demistifica molti dei luoghi comuni che riguardano le startup.

Skills Ultimo, ma non meno importante motivo per costruire un team, sono le competenze. Il Rinascimento è finito e Leonardo da Vinci è morto da un pezzo. Oggi, in un epoca di fortissima specializzazione nelle discipline, una singola persona non può essere in grado di ricoprire in maniera efficace tutti i ruoli richiesti nell’avvio e nella gestione di un’azienda. Una startup deve eccellere in ogni suo aspetto: deve avere un ottimo prodotto, un business model efficace e la giusta strategia commerciale. Capite cosa siete davvero bravi a fare e cercate di concentrarvi su quello, lasciando che siano altri ad affrontare gli aspetti che vi riescono meno bene.

http://tinyurl.com/avxfmx5 Brainstorming, (tempesta celebrale), è un metodo che iniziò a diffondersi nel 1957, grazie al libro Applied Imagination del pubblicitario Alex Faickney Osborn.

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GIRLY TECH 80

LA REGINA DEI MAKERS Girl in the Cloud Cammino sempre sollevata da terra – sia per i tacchi sia perché ho la testa fra le nuvole – e adoro la tecnologia perché rende la vita più interessante. Ho imparato a usare il computer da bambina, impallando diverse volte quello del papà, ma sono cresciuta facendo shopping con la mamma. Così, da sempre, lotto perché quello tra tecnologia e femminilità sia riconosciuto come un matrimonio felice.

Dall’altra parte dell’oceano, una pragmatica ragazza dai capelli fucsia si è inventata un business da 4,5 milioni di dollari all’anno, meritandosi la nomina di “imprenditrice del 2012” da parte della rivista Entrepreneur (www. entrepreneur.com). L’idea geniale non è – come molti potrebbero facilmente pensare – una nursery o una nuova linea di abbigliamento, ma la produzione e vendita online di kit hardware open source per la creazione fai da te di oggetti come un

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caricabatterie contenuto in una scatola di mentine (Mintyboost), o un robot in grado di disegnare su oggetti di forma sferica (Egg-bot). Limor Fried, alias Ladyada (http://youtu.be/ SpYMgScKRwk), è una donna che passa il suo tempo disegnando circuiti

elettronici con CadSoft Eagle e che non potrebbe mai fare a meno del suo sofisticato saldatore. Laureata in ingegneria elettrica, ha fondato Adafruit Industries nel 2005. L’azienda, con sede a New York in un loft di 12.000 metri quadri a Soho, conta ora 35 dipendenti.

L’IDEA DI LIMOR FRIED E’ QUELLA DI FORNIRE DELL’HARDWARE OPEN SOURCE AI “BRICOLEUR” DELL’ELETTRONICA (MAKER), QUELLE PERSONE CHE, PER LO PIU’ PER HOBBY, AMANO VEDERE CIRCUITI PRENDERE VITA SOTTO LE PROPRIE MANI. «LA MIA MISSIONE E’ QUELLA DI INSEGNARE L’ELETTRONICA ALLA GENTE E MOSTRARE QUANTO SIA DIVERTENTE».


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saper assemblare hardware può assumere un fascino inaspettato.

Per continuare a parlare di numeri, Adafruit ha distribuito più di mezzo milione di kit e i ricavi sono raddoppiati anno su anno negli ultimi tre. Il fulcro del business è il sito Web www.adafruit.com, sul quale sono in vendita centinaia di kit di materiale elettronico corredati da disegni, tutorial, foto e video per assemblarli. Guidata passo dopo passo, la realizzazione di piccoli oggetti di elettronica di consumo viene resa semplice e accessibile anche per chi non ha confidenza con circuiti e chip.

Divertirsi con l’elettronica L’idea di Limor Fried è quella di fornire dell’hardware open source ai “bricoleur” dell’elettronica (maker), quelle persone che, per lo più per hobby, amano vedere circuiti prendere vita sotto le proprie mani. «La mia missione è quella di insegnare l’elettronica alla gente e mostrare quanto sia divertente», dichiara ripetutamente nelle sue interviste.

Certo, di primo impatto, è facile dire che questa affermazione possa essere apprezzata e compresa solo dai nerd più convinti. Mi è difficile inoltre pensare che una dichiarazione del genere sia stata pronunciata dalla bocca di una donna che, invece di preoccuparsi di come abbinare scarpe e borsa, trova interessante e divertente programmare microcontroller. Da un lato però penso a quanto hardware accompagna la nostra vita quotidiana e a quanto alle volte sia poco comprensibile per la maggior parte delle persone. Dall’altro non trovo difficile condividere che «il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore», come sosteneva Pirsig in Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Ecco allora che anche per me, che guardo e guarderò sempre con sospetto e distacco le piastre verdi ornate da fili di rame, comprendere e

A parte le molteplici versioni di Arduino, piattaforma open source di Physical computing – ossia un piccolo computer che si può programmare e far interagire con altri dispositivi – da cui prende forma tutta l’elettronica doit-yourself, Adafruit mette a disposizione anche kit prettamente ludici. Non è infatti stimolante poter costruire un elefante in grado di camminare da solo grazie a un movimento meccanico? Uno dei kit più curiosi è “Kinetic Creatures”, un set di tre animali in cartone – Elly l’elefante, Rory il rinoceronte e Geno la giraffa – composti da tessere di cartone da assemblare con la colla e animati da un piccolo motore elettrico e ingranaggi di legno. Ladyada applica l’elettronica anche ai vestiti: il fondamento di questa progetto è Flora, una piattaforma hardware dotata di fili conduttori che può essere indossata e lavata. I suoi utilizzi possono essere molteplici: dall’applicazione sui tessuti di led che cambiano colore, al collegamento di sensori Gps che individuano la posizione. Un tocco femminile: iNecklace, un pendente luminoso che raffigura il pulsante di accensione e spegnimento dei dispositivi elettronici. Hardware rigorosamente open source, da studiare e modificare.

RISORSE

Oggetti interessanti

http://tinyurl.com/66pk9e R. M. Pirsig, Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi. Un viaggio attraverso l’America in motocicletta, con protagonisti un padre e suo figlio, diventa il punto di partenza per riflessioni filosofiche sulla tecnologia e la metafisica della Qualità. Tutto parte da una domanda: qual è la differenza fra chi viaggia in motocicletta sapendo come la moto funziona e chi non lo sa?

Qualcosa di cui parlare Tutti i sabato alle 9.30 ET è on air l’Electronics Show and Tell promosso da Adafruit. Tutti gli appassionati di elettronica che ritengono di avere una creazione da mostrare, possono farlo via G+ on air Hangouts. Da riguardare su Youtube (http://www.youtube.com/ watch?v=vffKRhS6gfY).

http://www.makersitaly.it/ C’è un vero e proprio movimento culturale contemporaneo composto da coloro che utilizzano la tecnologia per il bricolage, realizzando dispositivi elettronici, robotici, stampati 3D, apparecchiature a controllo numerico. Il punto di incontro in Italia è Makers Italy, a novembre alla nuova fiera di Milano.

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MAD4IT

Un po’ come alla notte degli Oscar, alla fine arriva spesso il protagonista o, meglio, il “non protagonista” che meno ti aspetti, quello che porta via la statuetta al favorito di turno, quello che strappa più sorpresa che applausi, quello con il volto meno “spendibile” e “marketing” di tutti… Una parte che all’appuntamento più atteso di questa alba di 2013, il roboante Ces di Las Vegas, i personal computer hanno deciso di accaparrarsi a piene mani. Già, proprio i pc, quelli che in questi anni hanno consumato più e più volte le famose nove vite dei gatti, quelli sepolti e dati per spacciati praticamente a ogni inizio trimestre… Intendiamoci, come prevedibile e giusto che fosse, l’onore della ribalta della kermesse made in Usa è stato tutto o quasi per smart tv, definizioni stupefacenti come il 4K, tablet, schermi ultrasottili (anche flessibili), smartphone, ecc. Meno prevedibile era però trovarsi, nel pieno della più attesa e innovativa fiera tecnologica al mondo, di fronte a una serie di annunci e presentazioni che vedevano proprio il vecchio caro pc interpretare il ruolo da protagonista o, alla peggio, da onestissimo co-protagonista. «Ci troviamo agli albori di una fase di trasformazione, al termine della quale i dispositivi come li abbiamo conosciuti fino a oggi saranno altra cosa. Spariranno mouse, tastiere… ma sarà una nuova era per il personal computer che rimane il più efficace punto di contatto per dispositivi, cloud…», questo il parere di Justin Rattner, che di mestiere fa il Cto di Intel. «Malgrado l’appeal di nuovi dispositivi come gli smartphone, il pc non è certo destinato a scomparire – ha affermato Yuanquing Yang, numero uno di Lenovo –. Chi parla di era post-pc sono le aziende che non hanno innovato la loro offerta e non sanno adattare al cambiamento i loro computer». Più di una nomination insomma. Sarà un’impressione o saranno gli effetti del Byod… ma stupisce davvero notare come, proprio dalla manifestazione più “consumer” del pianeta, in realtà, arrivi forse il messaggio a più alto tasso di valore e stimolo per un segmento che ha fatto Marco Lorusso la storia anche del mondo professionale e del Caporedattore Digitalic canale indiretto. Schermi che all’occorrenza si marco@digitalic.it staccano e diventano tablet, nuovi form factor, maggiore potenza di calcolo, migliore capacità di integrarsi negli ambienti cloud e virtuali… I margini sono sicuramente in calo e con essi i prezzi, ma il ferro è ancora un metallo in grado di regalare non poche soddisfazioni a chi saprà interpretare un mercato che sta cambiando tuttavia, forse, in maniera meno radicale e distruttiva di quanto si possa sospettare.

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