GiroTonno 2015

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a 13 edizione

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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

Carloforte . 30 maggio . 2 giugno . 2015

ofďŹ cial magazine

Le meraviglie del Sulcis Iglesiente

I grandi artisti ospiti del Girotonno 2015

La storia di Carloforte

I 6 Paesi in gara Giappone

Olanda Francia

Italia

PerĂš Argentina



30 Maggio / 2 Giugno 2015 / 13a Edizione

Carloforte / Isola di San Pietro

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indice 7

SULCIS IGLESIENTE: Mare, storia e cultura in un territorio dal grande fascino

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13a

edizione

Tanti popoli, un unico Re

45 girotonno 2015: che la festa abbia inizio! Una kermesse unica nel suo genere

Calasetta

Programma

Portoscuso e le tonnare

Mappa

I Comuni del Sulcis

Tuna Competition Gara internazionale di tonno, sei i paesi protagonisti

Miss Zafferano Sonia Peronaci guiderà la giuria di esperti

16 Guasila

Le feste e i riti di un luogo dalle tradizioni secolari

I conduttori Andy Luotto ed Eliana Chiavetta

18 Carloforte

L’isola della felicità

San Pietro? Nel nome dell’isola il primo mistero

La giuria Un palato esperto per un giudizio d’eccezione

I Paesi in gara Argentina Francia Italia Perù Giappone Olanda

Una storia piena di segreti La crociata dei fanciulli Granatieri di Sardegna, una storia lunga 350 anni Carloforte, le storie nella storia

San Pietro, isola della libertà Cultura e tradizioni uniche Un paese di luce e splendore

Girotonno Live Cooking Grandi chef internazionali per alti momenti di cucina d’autore

67 tuna village

Dove il mare racconta storie affascinanti

Vip, turisti e viaggiatori scelgono Carloforte

Il trionfo del tonno e dei sapori sardi

68 Ludo Kids

Le vacanze carlofortine del re di Sardegna

Sport e giochi per bambini

70 Villaggio dello sport

Pegli, la radice storica dei Carlofortini

Un paesaggio vario e sorprendente

Volley, basket e attività acquatiche ma anche zumba e parkour

I 5 sensi di Carloforte

72 Girotonno live show

Da tutto il mondo a Carloforte per promettersi amore eterno

I tesori archeologici nelle viscere di Carloforte

Fedez

Un mondo da scoprire ai confini del mare

Francesco De Gregori

Francesco Renga

Renzo Arbore e l’Orchestra italiana

77 come arrivare a carloforte 78 numeri utili

39 Estate a Carloforte Concerti, tornei di sport, degustazioni, proiezioni cinematografiche, danze, lezioni di cucina e di astronomia

Ha contribuito alla realizzazione: Feedback (ideazione e progettazione grafica, redazione testi e impaginazione). I testi della sezione dedicata a Carloforte, alla sua storia e cultura e alle sue tradizioni sono stati interamente curati dal professore Nicolo Capriata. Si ringraziano l’AIS Sardegna e l’Istituto Alberghiero G. Ferraris di Iglesias. Foto per gentile concessione di Nando Buzzo, Carlo Lilliu, Ninni Saba e Antonio Torchia.

>FEEDBACK Ideazione / Organizzazione / Comunicazione Integrata / P.R. / Ufficio stampa / Sponsoring | www.feedback.it

Sponsor

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REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

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PROVINCIA DI CARBONIA IGLESIAS

COMUNE DI CALASETTA

COMUNE DI GUASILA

COMUNE DI CONSORZIO TURISTICO PORTOSCUSO DEL COMUNE DI CARLOFORTE


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Girotonno 3.0 un indovinato cocktail di razionalità e follia Quando pensammo al Girotonno fui certo che, essendo idea nuova, fragorosa e devastante, non sarebbe stata accettata con facilità.

Sono occorse numerose edizioni, il superamento di anni bui e la forza di rinnovarla evitando cristallizzazioni sul format del passato e utilizzando,

al massimo delle nostre possibilità, sagacia, pazienza e quella determinazione indomita tipica delle genti sardo liguri, necessaria a far sì che Girotonno si posizioni in maniera stabile ai vertici dell’immenso mercato del mondo turistico enogastronomico. Tutto ciò richiede scelte che a volte potrebbero sembrare spavalde, invece altro non sono che il risultato di un indovinato cocktail di razionalità e follia che permette, a chi decide di investire il proprio tempo libero nella nostra kermesse, di rientrare alla vita di tutti i giorni, con quella serenità che solo chi ha vissuto giorni unici, può avere. Benvenuti a Carloforte e felice Girotonno 3.0 Marco Simeone Sindaco di Carloforte

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Carloforte / Isola di San Pietro

Girotonno un’eccellenza della Sardegna Sull’isola di San Pietro il cibo esprime e racconta un territorio.

Carloforte e il suo Girotonno, un’eccellenza della Sardegna. Un appuntamento giunto alla 13esima edizione ma già divenuto un ‘classico’ nel panorama degli eventi sostenuti dalla Regione, in quanto evocativo e celebrativo di storia, cultura e tradizione di un affascinante angolo della nostra terra. Nonché occasione di promozione per tutto il Sulcis, un territorio sofferente ma dalle potenzialità turistiche notevoli e non ancora del tutto espresse. Il Girotonno è la perfetta esemplificazione di come possa essere pienamente valorizzato il turismo enogastronomico. Ma non solo, è anche manifestazione simbolo di trasversalità tra varie attrazioni (naturalistiche, culturali, artigianali, di spettacolo), che rappresentano altrettante motivazioni al viaggio nell’Isola. Nel caso specifico, isola nell’Isola. Grazie a queste caratteristiche, l’evento si inserisce perfettamente nell’attività di promozione dei prodotti turistici da parte della Regione, ossia verso una loro completa strutturazione e integrazione, per supportare e completare il turismo marino - balneare. L’Amministrazione comunale ha saputo cogliere i vantaggi della valorizzazione e promozione degli aspetti più prettamente identitari che caratterizzano il territorio, per creare attorno un programma che completi e ‘diversifichi’ il soggiorno dei visitatori. In quattro giorni si concentrano, infatti, decine di attrattori che fanno

da corollario al focus dell’evento, la pesca del tonno di qualità (il ‘tonno di corsa’) e la sua ‘trasformazione’, elemento distintivo tra le attività economiche della comunità tabarchina. Quattro giorni di appuntamenti musicali, artistici, sportivi ed enogastronomici (show e live cooking), per celebrare l’antica tradizione delle tonnare, dei ‘rais’ e dei ‘tonnaroti’. Mai come nel caso dell’isola di San Pietro, il cibo esprime e racconta un territorio. È fondamentale mettere in mostra gli aspetti che più caratterizzano un territorio: tra questi il ‘food’ è sicuramente uno di quelli più significativi. Per entrare nello specifico della resa del prodotto tematico enogastronomico, basti pensare che la spesa media di un turista interessato alle tradizioni culinarie delle località che visita è quasi doppia rispetto alla media generale. Un valore aggiunto che la Sardegna deve saper cogliere soprattutto ora, in occasione di Expo. Il tema dell’Esposizione universale è ‘Nutrire il pianeta’, il focus è proprio il cibo: un’occasione straordinaria per presentare al meglio la nostra terra, La Sardegna, Isola della qualità della vita, promuove come una delle sue quattro dimensioni qualificanti proprio le produzioni agroalimentari d’eccellenza. Carloforte e le sue produzioni tipiche, derivate dalla pesca del tonno, e più in generale della gastronomia mediterranea, saranno protagonisti in occasione del Girotonno e, su larga scala, grazie all’attività promozionale della Regione Sardegna, anche all’Expo di Milano, evento degli eventi nel 2015. Francesco Morandi Assessore del Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Sardegna

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SARDEGNA, NATURALMENTE.

Spiagge di sabbia finissima, boschi di querce secolari, graniti scolpiti dal vento. Una cultura fra le più antiche del Mediterraneo dove la luce, la gente, i profumi e i sapori regalano un’esperienza che dura per sempre. In Sardegna, la qualità della vita è la vita di tutti i giorni. Vieni a scoprirla.

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bandiere blu assegnate dalla FEE

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spiagge segnalate da Legambiente

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tra le 10 spiagge più belle d’Italia

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Il Sulcis Iglesiente

Mare, storia e cultura in un territorio dal grande fascino Straordinari tesori, tra cui il patrimonio minerario, tutelato dall’Unesco, ma anche spiagge mozzafiato, cultura e tradizioni millenarie. Un viaggio nel Sulcis Iglesiente, nel suo cuore ed in superficie, dall’oscurità alla luce, è una continua scoperta.

Con la sua millenaria geologia, la regione conserva una ricchezza del sottosuolo che ne ha fatto per secoli l’area più importante del Mediterraneo. I numerosissimi siti archeologici e reperti nuragici, fenici, romani e bizantini rendono il Sulcis Iglesiente un vero paradiso per gli appassionati di storia. Meritano una visita l’antichissima reggia nuragica di Seruci (Gonnesa) o la più importante necropoli di domus de janas (antiche tombe, scavate nella roccia, che risalgono a circa 5000 anni fa, le cosiddette “case delle fate” o “delle streghe” della Sardegna meridionale) che si trova a Villaperuccio, località Montessu. Molti siti raccolgono testimonianze dell’insediamento punico nella regione, come la fortezza fenicia di Pani Loriga nei pressi di Santadi e, soprattutto, la città di sant’Antioco, ex Sulcis (da cui questo territorio ha preso il nome), che raccoglie anche numerosi reperti di epoche successive. Nel Sulcis, inoltre, si concentra l’area più estesa per varietà e diffusione delle attività minerarie svolte negli ultimi secoli. Le diverse miniere non più sfruttate a fini estrattivi rappresentano oggi degli importanti esempi di archeologia industriale adibiti a centri di diffusione culturale. Ad Iglesias, oltre al Museo Minerario, è possibile rivivere

l’esperienza della miniera visitandone gli imponenti resti con visite guidate svolte proprio dagli ex minatori che qui lavoravano, e che raccontano per esperienza diretta, la storia, le fatiche e la vita quotidiana delle miniere. Altra tappa da aggiungere all’itinerario è la miniera di Rosas a Narcao, attiva dal 1851 al 1980 o la miniera di Malfidano dove è possibile visitare la Galleria Henry, dalle dimensioni monumentali per consentire il passaggio di una locomotiva a vapore. Gli amanti del trekking e dell’archeologia industriale possono fare una passeggiata a Nebida per visitare la splendida Laveria Lamarmora, immersi nella macchia mediterranea, di fronte al mare. E poi la natura e il mare. Magnifici nel loro splendore. Paesaggi selvaggi e incontaminati caratterizzano questo territorio sardo, dal Parco naturale del Sulcis al celebre Pan di Zucchero vicino a Iglesias, dalla pineta di Porto Pino al Golfo di Palmas, dalle saline di Sant’Antioco all’Isola di San Pietro, chiamata “isola verde” per la sua natura rigogliosa. Il mare smeraldo bacia 200 km di costa mediterranea estremamente variegata, lontana dagli itinerari più battuti. C’è solo l’imbarazzo della scelta, tra acque più cristalline che mai, dal golfo di Gonnesa alla spiaggia di Portixeddu,

meta favorita dai surfisti ma anche dagli appassionati di kitesurf, windsurf o vela che qui, zona ricca di venti, trovano il loro paradiso. Fra una visita a un tempio cartaginese, una passeggiata in un parco minerario, un giro in barca e un bagno a mare, i visitatori potranno assaggiare le prelibatezze gastronomiche della regione, come il tonno, l’olio, il pecorino, il carciofo e il miele, accompagnati da un buon bicchiere di Carignano Doc del Sulcis. Gli amanti dell’artigianato non vorranno andare via, infine, senza aver portato con sé almeno un esemplare dei bellissimi arazzi, tappeti, gioielli e coltelli che una tradizione millenaria di filatura di tessuti e lavorazione dei metalli sa produrre con grande maestria.


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Il Sulcis Iglesiente

calasetta

Calasetta è uno dei due comuni dell’Isola di Sant’Antioco, la maggiore dell’arcipelago del Sulcis, collegata sin dall’epoca romana da un istmo all’isola madre, la Sardegna. Il territorio comunale occupa la parte Nord-occidentale dell’isola sulcitana ed è caratterizzato da spiagge di sabbia bianca e fine alternate da scogliere che si affacciano su un mare d’acqua cristallina, mentre all’interno il verde rigoglioso della macchia mediterranea si alterna con le coltivazioni. L’abitato fu fondato nel 1770 da una comunità di coloni di origine genovese provenienti dall’Isola di Tabarca, in Tunisia – per questo detti Tabarchini - dove avevano vissuto per due secoli, dedicandosi alla pesca e al commercio, in particolare del corallo. Le origini di Calasetta, comuni a quelle di Carloforte, sono ancora oggi evidenti nell’onomastica, nella parlata, nelle tradizioni e nella gastronomia. I cori locali, le manifestazioni legate ai vari cicli dell’anno, quelle religiose, i piatti tradizionali come il cascà (cus-cus), il pilau (fregola sarda al sugo di crostacei), la capunadda (particolare insalata di verdure, tonno salato e pane biscottato) fanno di una visita a Calasetta un’esperienza unica, indimenticabile, come sospesa nel tempo. È luogo privilegiato per chi cerca una vacanza ideale per famiglie, amanti della natura e del relax. Gli abitanti si dedicano in buona parte alla viticoltura e alla pesca. Il vitigno caratteristico è il Carignano franco di piede, rilanciato e coltivato in modo estensivo dai piemontesi che nel Settecento si aggiunsero alla popolazione tabarchina. A Calasetta si trova la più antica cantina sociale della Sardegna, che ancora oggi produce vini di ottima qualità, quali il Piede Franco, il Tupei, l’Áina,

molto apprezzati anche all’estero. La pianta dell’abitato, tipico castrum romano, disegnata dall’ingegnere savoiardo Pietro Belly, il porticciolo turistico, quello commerciale dal quale partono e arrivano i traghetti per l’isola di San Pietro, la piazza principale, la piazzetta con la chiesa dall’aspetto orientale, il piazzale su cui a metà del Settecento fu eretta la torre sabauda per la difesa del Canale di San Pietro, la via Roma con le caratteristiche palme sono contorno e scenario di una vita dai ritmi dolci e itinerario per piacevoli passeggiate. La bellissima spiaggia di Sottotorre, raggiungibile facilmente a piedi, la bassa scogliera dove si trova il cosiddetto Scöggiu da Zabétta, fanno da corona all’abitato. A pochi chilometri si raggiungono le spiagge di Salina e Spiaggiagrande, caratterizzate dalle bianche dune sabbiose coperte di ginepri. Lo stagno della Salina offre periodicamente ospitalità a diverse specie di uccelli (fenicotteri, aironi, cavalieri d’Italia, garzette). Poco distante si trova la cosiddetta zona del Labirinto, un vero e proprio giardino botanico naturale dove sono presenti moltissime specie della macchia mediterranea (ginepro, lentisco, mirto, oleastro, rosmarino, alloro, corbezzolo, erica, ginestra, cisto). In questa zona in particolare è possibile ammirare splendide fioriture, soprattutto di diverse varietà di orchidee selvatiche. Sulla punta di Spiaggiagrande, luogo privilegiato per gli amanti del surf, si trova l’antica tonnara, ormai inattiva. A poca distanza, sull’isolotto di Mangiabarche sorge

il caratteristico faro. Oltre Spiaggiagrande la linea di costa si solleva in una lunga e maestosa falesia sulla quale durante le mareggiate invernali le onde vanno ad infrangersi in modo spettacolare. Calasetta è il luogo ideale per vacanze en plein air in tutte le stagioni. Si possono fare lunghe passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike a diretto contatto con la natura, scoprendo anche ciò che resta di un antichissimo passato (nuraghi, insediamenti punici). “Calasetta si candida a diventare una meta turistica a tutto tondo –dice il sindaco Antonio Vigo - anche grazie alla imminente riqualificazione dell’area portuale e alla sempre crescente attenzione per i servizi turistici. Il nostro obiettivo è quello di incrementare il flusso turistico senza stravolgere ciò che è tipico di questo paese, in particolare conservando la semplicità e i ritmi di vita di una comunità così caratteristica, assai simile a quella di Carloforte, come sarà possibile verificare in occasione dell’importante e pregevole manifestazione del Girotonno”.

Antonio Vigo, Sindaco di Calasetta La torre sabauda per la difesa del Canale di San Pietro


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Il Sulcis Iglesiente

portoscuso e le tonnare

Era il 1570 quando fu calata la prima tonnara a Portoscuso autorizzata dalla Reale Casa Spagnola. Le tecniche originali, basate su materiali, attrezzi rudimentali e capacità umane, hanno subito grandi modifiche così che ogni attività ora si svolge con sistemi moderni e meno faticosi. Mentre in passato si ripeteva ogni anno, ai primi di aprile, la chiamata degli ottanta tonnarotti-operatori per il lavoro manuale di messa a punto di reti, cordami, ancore, galleggianti, arpioni e barche, per poter calare le prime ancore entro la fine del mese, col tempo tante sono state le variazioni: il precedente sistema è stato sostituito dall’ingaggio di un manipolo di giovani amanti del mare che, sotto la guida di un rais, si attivano per allestire la tonnara e calarla nel braccio di mare intorno alla costa tra Capo Altano e Su Scogliu Mannu, in attesa che le masse di tonni si avvicinino e vengano catturate. Fino a qualche decennio fa la pesca del tonno assumeva un gusto romantico, quasi un rito, una celebrazione di morte: lotta dell’uomo con i giganti del mare, che allora erano di grande mole e in numero elevato. Quella lotta-spettacolo cruento diventava sicuro sostegno per numerose famiglie del paese, allora di poche risorse ma di grandi speranze. Nell’avvenimento stagionale era coinvolto tutto il paese per il lavoro e per offrire ospitalità ai visitatori che, numerosi, soggiornavano per assistere alla pesca, incuranti del sole bruciante, del disagio nel tragitto e del sangue schiumeggiante dei tonni

arpionati. Era una festa grande per tutti: pescatori, concessionari, famiglie, visitatori. Adesso si è perso il gusto per lo spettacolo cruento: i tonni, di dimensioni più ridotte rispetto al passato, non sono più arpionati e uccisi in mare, ma vengono guidati verso i vivai. Tuttavia ancora oggi è vivo l’interesse per lo spettacolo della pesca del tonno, benché spartita con altre tonnare: essa non è più cruenta, ma si rinnova in una festa con grande entusiasmo, aspettativa di lavoro, di confronto, progresso tecnico, folklore. A testimoniare l’importanza della pesca del tonno nel paese, nato nel 1594 proprio in seguito a quel primo evento, rimangono i monumenti che sono la testimonianza di una cultura plurisecolare: l’arsenale detto “Su Pranu” con il portone che si apre sulla piazza chiesa in una importante struttura architettonica che si affaccia sul mare e offre una panoramica visione dell’arcipelago sulcitano. Degne di ammirazione sono le sue arcate a sfidare i venti, le baracche dei pescatori, adibite oggi a salette museali, saloni per convegni, botteghe artigianali e la chiesa all’interno dedicata a Sant’Antonio, patrono dei tonnarotti, da qualche anno riabilitata al culto. Altre testimonianze storiche di eccellenza sono la Torre, datata 1594, posta sull’altura detta “Monte Scudo” che si erge sulla baia di Portupaleddu dominando dall’alto il paese. Esse venne costruita come fortezza contro

gli attacchi pirateschi. “Su Marchesu”, villetta nobiliare del 1912 voluta dal Marchese Salvatore Pes di Villamarina come pied-àterre per l’imbarco verso l’Isola Piana di sua proprietà, dove ogni anno si calava la tonnara denominata appunto Tonnara dell’Isola Piana. Oggi “Su Marchesu” è un centro dove hanno vita diverse attività sociali ed è sede dell’associazione culturale “Seconda e terza età”. La pesca del tonno dunque è ancora occasione di lavoro, tradizione che continua e richiamo turistico: con il mare, la posizione geografica e il clima, Portoscuso offre magnifiche possibilità di soggiorno. Particolarmente apprezzabile è il paese durante le numerose sagre, feste di piazza, l’annuale fiera del sud-ovest, la manifestazione “Monumenti Aperti” e le feste patronali della Madonna d’Itria e di Sant’Antonio. Proprio il 13 giugno, festa del patrono dei tonnarotti, si celebra annualmente la sagra del tonno, a conclusione della stagione di pesca. Il tonno, specialità gastronomica locale, diventa protagonista dei festeggiamenti conviviali e si gusta ancora oggi nelle tradizionali ricette portoscusesi che sono ricordo del passato che vive realisticamente il presente. Tutti i monumenti e i siti citati, legati inscindibilmente alla tradizione ed alla pesca del tonno saranno visitabili gratuitamente durante tutto il Girotonno e vi invitiamo a venire a Portoscuso per visitarli.

Giorgio Alimonda, Sindaco di Portoscuso La tonnara dell’Isola Piana

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I comuni del Sulcis Iglesiente

i comuni del sulcis Eccovi un piccolo “assaggio” del Sulcis, in un viaggio tra i 23 comuni della provincia di Carbonia-Iglesias.

Piazza Roma

onde lunghe, simili a quelle oceaniche. Dal vicino altopiano di Pranu Sartu si gode di uno splendido panorama sulla cittadina, incastonata tra due promontori tappezzati da una rigogliosa vegetazione. A poca distanza dal centro abitato si può raggiungere la spiaggia di Cala Domestica, una delle più belle e visitate dell’Isola, quella di Portixeddu, famosa per le dune di S. Nicolò. Da visitare anche l’entroterra nella zona di Gutturuppala, dove si possono ammirare boschi di lecci, oleandri e felci con pareti di rocce alte fino 350 metri. Altra zona interessante per gli appassionati di archeologia si trova a Grugua, prossima al paese, dove sono visibili i resti di un cimitero romano. Da assaggiare i piatti locali a base di pesce e crostacei, sempre freschissimi, tra cui la famosa zuppa.

il Canale Malfidano

tipiche della Sardegna prenuragica, presenti nel territorio. Una vasta area di interesse archeologico con una necropoli fenicio-punica e un tophet è il Parco archeologico di Monte Sirai: da qui si può godere anche un panorama mozzafiato sul golfo di Palmas. Di grande interesse naturalistico la vicina laguna di S. Antioco, in cui è possibile ammirare da vicino fenicotteri rosa, aironi e folaghe. Interessante anche una visita alle antiche miniere, ormai dismesse, tra cui il complesso di Serbariu, che oggi ospita il Centro Italiano della Cultura del Carbone, con il Museo del Carbone che illustra la storia del carbone, delle miniere e dei minatori e la possibilità di visitare la galleria sotterranea. Gli amanti dello jogging o le famiglie possono organizzare una gita a Monte Rosmarino, un piccolo colle inglobato nella città o raggiungere l’area ambientale della valle del rio Anguiddas, con lecci secolari o ancora l’oasi naturalistica di Is Pireddasm con tanta vegetazione mediterranea. Le caratteristiche climatiche, paesaggistiche e geologiche fanno del comune di Carbonia un luogo del tutto particolare, un mix di ambienti che dall’alto dei suoi rilievi permette la vista di ampi paesaggi collinari e pianeggianti, e in lontananza del mare. Grazie alla sua posizione geografica è un ottimo punto di partenza per la visita dell’intero Sulcis in qualsiasi periodo dell’anno, con le sue bellissime spiagge, le montagne, le grotte, i percorsi di trekking, e tutto ciò che è natura.

Domusnovas Sorge ai piedi del monte Marganai, nella valle del Cixerri. Il paese, abitato fin dai tempi antichi, vanta il possente complesso nuragico di Sa Domu e S’Orku, fra i più grandi dell’isola. Nella zona denominata

Carbonia

Buggerru Sorge sullo scenografico sbocco a mare di un’impervia valle, il Canale Malfidano, che ha dato il nome alla più importante miniera della zona. Caratterizzato da casette disposte a ventaglio, Buggerru venne fondato nella seconda metà dell’Ottocento come centro minerario. Visse il suo periodo più florido all’inizio del secolo scorso quando venne ribattezzato “petite Paris”,

(piccola Parigi) in quanto i dirigenti minerari che si erano trasferiti nel borgo con le rispettive famiglie vi avevano ricreato un certo ambiente culturale. La cittadina è nota per l’eccidio di Buggerru, ovvero l’uccisione di tre minatori da parte dei soldati inviati dal governo Giolitti, il 4 settembre 1904, che diede vita al primo sciopero generale nazionale in Italia. È meta di turisti per i tanti siti minerari ormai inattivi, ma principalmente per le coste incontaminate e il mare frequentato da surfisti, che amano

Come suggerisce lo stesso nome, la città venne fondata, negli anni Trenta del Novecento, per ospitare le maestranze impiegate nelle miniere di carbone, avviate in quegli anni nel territorio dal regime fascista. La città, oggi capoluogo di provincia con Iglesias, venne costruita in un biennio a ridosso della miniera di Serbariu. Dopo la chiusura delle miniere, la città si è riconvertita verso il terziario e l’industria, grazie alla vicina area industriale di Portovesme, nel comune di Portoscuso. Da non perdere una visita alle numerose grotte e domus de Janas, strutture sepolcrali preistoriche costituite da tombe scavate nella roccia

S’Arcu de Sa Duchessa si trova l’omonima miniera, all’interno di un’incantevole oasi naturale ai piedi del Marganai. Ricca sin dai tempi più antichi di rame e zinco, oggi ricopre un importante ruolo storico, architettonico e turistico. La chiesa di Santa Barbara, situata nel centro antico e storico del paese, merita una visita per la particolarità del suo stile medievale. Al suo


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I comuni del Sulcis Iglesiente Giba Adagiato su dolci colline, Giba si affaccia sul Golfo di Palmas dove oltre alla spiaggia di Porto Botte, dalla sabbia finissima, si trova una bella zona palustre dove si possono osservare con relativa facilità i fenicotteri rosa, gli aironi, le garzette, le avocette, i cavalieri d’Italia, il timidissimo e riservato pollo sultano ed il raro falco di palude. Un altro posto che merita una visita è il lago artificiale di Monte Pranu, nato negli anni 50 per scopi irrigui, dove vi si può praticare in tutta tranquillità la pesca d’acqua dolce: le sue acque sono popolate da trote, carpe e gattucci. Da assaggiare i vini Doc, soprattutto quelli ottenuti dall’uva Carignano del Sulcis. L’artigianato esiste a livello familiare e, informandosi opportunamente, si possono acquistare bellissimi tappeti, preparati ancora coi vecchi telai, coltelli, cestini e altri oggetti interessanti. Ad agosto, a Giba, si svolge la Sagra del Pane, in cui rivive l’antico rito della panificazione, con tanto di allestimento nella piazza principale dei tradizionali forni costruiti con i mattoni in fango, i cosiddetti “ladiri”.

Gonnesa Fluminimaggiore, tempio di Antas interno custodisce un’acquasantiera in pietra con immagini decorative. Sempre nel centro storico, si consiglia la visita alla parrocchiale di Santa Maria Assunta, costruita nella seconda metà del diciottesimo secolo, dalla facciata in pietra. A circa tre chilometri dal centro abitato si trova la grotta naturale di San Giovanni, la più nota e una delle più lunghe in Europa, un traforo naturale transitabile, fino a qualche anno fa, anche in auto. All’interno della grotta sono visibili stalagmiti e stalattiti. Accanto all’ingresso si trova una bellissima sorgente, oltre alla cappella campestre dedicata a San Giovanni, la cui festa si svolge il 24 giugno, con una processione di antichi carri trainati da gioghi di buoi (is traccas). Altra grotta interessante è la grotta Abisso Paradiso. Nella vallata di Oridda è possibile visitare la miniera di Arenas e il museo di Minerali e Fossili. Nel periodo dell’Assunta, cioè a Ferragosto, la tradizionale festa religiosa si protrae per quindici giorni. In questo periodo si svolge anche la particolare usanza de “Su carrù e sa Linna”, carro che anticamente i “bagadius” (gli scapoli) realizzavano in onore della Madonna.

concrezioni, i laghi pensili, i suggestivi giochi di luce. Il territorio della cittadina vanta un’ampia zona naturalistica ricca di boschi con angoli e paesaggi stupendi, rare essenze vegetali e una fauna varia che comprende l’aquila, il cervo, il cinghiale. La manifestazione religiosa più importante è quella in onore di Sant’Antonio da Padova il 13 giugno; suggestivi anche i festeggiamenti del Carnevale, in ogni quartiere si appicca un grande falò.

Sorge nella gola di Gutturu Carboni, ai piedi del Monte Uda e di un gruppo collinare facente parte dei rilievi dell’Iglesiente. Il territorio di Gonnesa offre non solo mare e spiagge incontaminate e di rara bellezza, ma anche una interessantissima flora e fauna, villaggi minerari dismessi immersi in verdi colline, importantissimi siti archeologici, e tanti altri luoghi di interesse. Tra questi la reggia nuragica di Seruci e la grotta di S. Barbara, nella miniera di S. Giovanni, con le pareti rivestite da cristalli di barite bruno scuro, alte e splendide colonne di stalattiti

a Gonnesa, sono quelli dedicati alla Madonna di Trattalias, a maggio: per pregare dinanzi al simulacro della Vergine – trasportato in passato da un giogo di buoi seguito da carri con le donne e gli uomini in costume – arrivano migliaia di fedeli da tutto il Sulcis Iglesiente.

Iglesias È capoluogo di provincia, con Carbonia e sorge ai piedi della montagna del Marganai. Il centro abitato è tra le più importanti testimonianze medievali della Sardegna, con le cinte murarie, la torre Pisana e il castello di Salvaterra. Iglesias è conosciuta per le innumerevoli chiese. Meritano una visita la cattedrale di Santa Chiara, del XIII secolo, eretta in stile romanico-gotico per volontà del conte Ugolino della Gherardesca, ma anche le chiese della Madonna delle Grazie e di San Francesco, con il convento risalente al Sedicesimo secolo. Il territorio di Iglesias è particolarmente ricco di miniere, riconosciute dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità, e di aspetti legati alla loro millenaria attività. Alcune di queste sono visitabili, come quelle di Masua, San Giovanni e Monteponi. Da non perdere il museo dell’Arte Mineraria e quello delle Macchine. Di grande bellezza è il complesso naturalistico del Monte Marganai, un bosco che custodisce una ricchissima flora. Particolarmente suggestivi sono nella città i riti della settimana Santa di Pasqua e il Corteo storico medioevale, che si svolge il 13 di agosto con oltre 500 figuranti. La manifestazione si svolge nel cuore della cittadina medioevale tra le vie del centro storico: i partecipanti sfilano accompagnati dal suono dei tamburi, delle chiarine e da evoluzioni molto particolari

Fluminimaggiore Sorge nella valle del rio Mannu, che scorre dentro il paese. Il centro nacque come borgata agricola, ma verso la fine dell’Ottocento fu riconvertito in centro minerario al servizio dell’attività estrattiva delle montagne dell’Iglesiente. Vale un tuffo la bella spiaggia di Portixeddu, mentre dal promontorio di Capo Pecora si gode di un bel panorama. La principale attrazione nei dintorni, a una decina di chilometri a sud, è un celebre santuario nuragico, il tempio di Antas con reperti punici e romani. Collegate al tempio anche da una antica strada romana poco distante ci sono le grotte di Su Mannau. Attrezzate e rese turistiche per le visite guidate, costituiscono un meraviglioso spettacolo per le loro

Gli stagni costieri a Masainas

Un edificio storico di Iglesias e stalagmiti e fini arabeschi di aragonite: un meraviglioso gioiello della natura, ancora intatto e incontaminato. Splendida la costa, caratterizzata da un lunghissimo arenile di sabbia finissima formato da tre spiagge dotate di ampi parcheggi e servizi: Fontanamare, Spiaggia di Mezzo e Porto Paglia. Il territorio offre al visitatore la possibilità di passeggiare su verdi colline, correre in bici e a cavallo e fare dei rilassanti spuntini. Inoltre, tra il verde, è possibile ammirare e visitare gli interessanti villaggi minerari abbandonati di Monte Onixeddu e Seddas Moddizzis dove è agevole, con la memoria, ricostruire i ritmi del tempo passato e di una vita economica-sociale cessata da qualche decennio. I festeggiamenti più suggestivi,

degli sbandieratori. Di grande interesse storico anche la Festa di Sancta Maria di Mezo Gosto, conosciuta in città come la Processione dei Candelieri in onore dell’Assunta. La manifestazione storica di origine medievale si svolge il 15 agosto e vede sfilare i Candelieri, grandi macchine votive alte 4 metri che hanno bisogno di 16-20 persone per essere trasportati.

Masainas Sorge a ridosso del Golfo di Palmas e le ultime propaggini dei Monti del Sulcis, ammantati da fitti cespugli e alberi dai tipici profumi mediterranei. È un piccolo centro dalle origini molto antiche, probabilmente risalenti al Neolitico. Il territorio è ricco di


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I comuni del Sulcis Iglesiente esposti al museo archeologico di Cagliari. Di notevole interesse sono poi le miniere Rosas, un suggestivo complesso di archeologia industriale. La miniera iniziò l’attività estrattiva nel 1851 con un atto firmato da Vittorio Emanuele II e la concluse nel 1978. Il centro abitato è caratterizzato da numerose case costruite con i mattoni crudi e decorate con numerosi murales, dipinti da artisti locali, riproducenti alcuni momenti della vita in miniera. La parrocchiale è intitolata a San Nicola e la festa in suo onore viene celebrata ogni anno dal 12 al 16 agosto. Il simulacro del Santo viene portato in processione per le vie del paese dove sfilano le “traccas”, carri a buoi addobbati a festa. Narcao a livello artistico è molto famosa per il suo festival blues conosciuto in tutto il mondo dagli amanti del genere. La musica del diavolo, così come viene definita, qui è di casa.

• BUGGERRU

FLUMINIMAGGIORE • • IGLESIAS

• GONNESA

• DOMUSNOVAS • MUSEI • Villamassargia

Nuxis

• CARBONIA • PERDAXIUS San Giovanni Suergiu •

• Tratalias

• Sant’Antioco

numerose testimonianze archeologiche risalenti al periodo nuragico e romano. Sono presenti più di dieci nuraghi ma il sito più interessante è il Nuraghe Is Fais, costituito da quattro torri disposte a croce. Tra Masainas e Giba sono stati ritrovati anche dei resti di una fabbrica di utensili e terracotta di epoca romana. Come i vicini villaggi di Giba e Villarios, anche Masainas fu interessata, a partire dal Millecento, dalla predicazione dei monaci benedettini giunti in Sardegna: tracce e testimonianze sono i numerosi conventi, detti gunventus, presenti ancora oggi nella zona. Il centro abitato si sviluppò nel diciottesimo secolo, attorno alla chiesa dedicata a S. Giovanni Battista, una delle mete turistiche, come, nel periodo estivo, la spiaggia bianca di Is Solinas, circondata da ginepri. Tutto il litorale è di grande pregio naturalistico con la presenza di un sistema di stagni costieri e dune. Il 28 marzo si svolge la Sagra del carciofo, ai primi di ottobre si festeggia la Madonna della Salute.

• SANTADI • PISCINAS

• MASAINAS • Sant’Anna Arresi

Compagnia di Gesù.

Narcao Il suo territorio copre una superficie che si estende dal monte Tamara al monte Nieddu e confina con le foreste di Pantaleo e Rosmarino. È uno dei centri più antichi della zona con insediamenti umani a partire

Musei Il Comune di Musei, che fino al diciassettesimo secolo si chiamava Villa di Prato, si trova nella piana del fiume Cixerri, ricca di reperti archeologici di epoca punica e romana, a testimonianza della fertilità dei terreni irrigati dalle sue acque e dei suoi affluenti. L’odierno centro abitato è nato attorno alla chiesa e al convento della Compagnia di Gesù, che risalgono al diciassettesimo secolo. La chiesa, in stile tardo-barocco, è resa particolare dal portone ligneo decorato nella parte superiore da un bassorilievo. Ricco l’interno che ospita, tra gli altri: un crocifisso ligneo risalente ai primi anni del ‘700 raffigurante San Sebastiano Martire e un simulacro di San Lussorio. Il patrono di Musei è S. Ignazio di Loyola – la cui festa ricorre il 31 luglio – ovvero il fondatore della

• GIBA

• NARCAO • NUXIS • Villaperuccio

La chiesa di San Leonardo

dal neolitico. Nei pressi di Narcao si trova la necropoli di Montessu e, circondate dalla macchia mediterranea, ci sono le preistoriche “domus de janas”, grotte scavate nella roccia con funzione funeraria, come quella di Su Bucculu (con suggestive stalattiti, vicino alla frazione di Terraseo, dove si trova anche un tempio punico dedicato a Demetra) e di Su Maiu, i cui reperti sono

Il piccolo centro, dal fiorente artigianato, è racchiuso da due corsi d’acqua mentre sono una decina le miniere dismesse che vi sono intorno. Deve il suo nome alla dominazione aragonese. Le principali mete turistiche della zona sono la chiesa campestre bizantina di S. Elia di Tattinu, a pianta cruciforme, e il Pozzo sacro di Tattinu risalente all’epoca nuragica. I visitatori apprezzeranno le creazioni dell’artigianato locale, tessuti, filati, cestini, coltelli, strumenti musicali o attrezzi da lavoro ormai dimenticati. La

festa più sentita, a fine giugno, è quella in onore del patrono S. Pietro.

Perdaxius Abitato sin dall’epoca nuragica, si trova nel pieno centro del bacino minerario del Sulcis, su un terreno pianeggiante circondato da rilievi collinari tra cui monte


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I comuni del Sulcis Iglesiente Narcao e monte S’Orcu ed è attraversato dal rio Monte S’Orcu che sfocia nel lago artificiale di Monte Pranu. La zona è ricca di piombo argentifero estratto dalle miniere di Peppixedda e di San Simplicio ora abbandonate. Il nome della cittadina ha una probabile origine dal vocabolo latino Petrarium che significa “luogo pietroso”, forse suggerito dal massiccio roccioso di monte s’Orcu. Nel suo territorio si trovano i nuraghi di Monte S’Orcu e Camboni. Sempre di età nuragica le tracce di sepolture in cavità naturali nella località di Su Moinu de Perdaxius. Le testimonianze artistiche più rilevanti sono due chiese romaniche costruite in cantoni di bruna pietra vulcanica: San Giacomo, nell’abitato, e San Leonardo, ai margini della città tra ulivi secolari. Tra i monumenti spicca l’antico convento benedettino “Su Corrali.

Piscinas Prende il nome dall’omonimo fiume che ne attraversa il territorio, il rio Piscinas. Le sue origini sono molto antiche, basti pensare che nella vicina grotta di Su Benazu sono state ritrovate testimonianze risalenti al Neolitico. Tra gli edifici di particolare interesse il palazzo patrizio della famiglia Salazar (feudatari del XVI secolo), noto pure come villa Bice, che ospita eventi culturali. Circondato da un rigoglioso ed esteso giardino, il palazzo venne edificato alla fine dell’Ottocento. Nelle fortificazioni di Pani Loriga, costruite per difendere gli insediamenti rurali dalle incursioni esterne, si trovano invece reperti ascrivibili alle civiltà fenicia e cartaginese. Piscinas è rinomata per la produzione artigianale di stuoie di canne sarde realizzate con filo zincato. Le feste più caratteristiche sono il Carnevale contadino, la festa della Madonna della neve il 5 agosto e, nello stesso mese, la Sagra dell’allevatore e della pasta, che attira un buon numero di visitatori. Di grande bellezza la spiaggia di Piscinas,

Le saline di San Giovanni Suergiu per bestiame e pastori. Oggi il comune è costituito da quattro centri principali: San Giovanni, Palmas, Matzaccara e Is Urigus e una sessantina di centri abitati di piccole dimensioni, noti come “medaus”. Nel suo territorio sono numerosi i nuraghi tra cui l’imponente costruzione di Craminalana, diverse tombe di giganti e pozzi sacri. Dal punto di vista naturalistico vi sono zone molto suggestive da visitare dove è possibile osservare uccelli acquatici, come fenicotteri e aironi. Tra le feste più sentite, a maggio quella della Madonna delle Grazie e il 24 giugno quella patronale, in onore di

San Giovanni Battista. Ulteriori festeggiamenti del Santo, sempre accompagnati da manifestazioni civili, il 29 agosto. Durante la festa si vendono e si possono assaggiare gustosi dolci tradizionali come i “piricchittus” ed i “pistoccus de crobi”.

agosto si svolge il “matrimonio mauritano”, che secondo tradizioni secolari, non è solo la celebrazione delle nozze (cattoliche) di due sposi, ma anche il ricordo delle popolazioni africane che sbarcarono nei lidi sulcitani e furono ospiti delle terre santadesi.

Santadi

Sant’Anna Arresi

La sua denominazione deriva dal periodo medievale, quando questo importante centro agricolo, che sorge al centro di una fertile piana, si chiamava Sant’Agata o Santa Ada de Sulcis. Il territorio è stato abitato sin dall’epoca preistorica. Di notevole interesse l’insediamento fenicio-punico di Pani Loriga, che risale al VII sec. a.C., le “domus de janas”, strutture sepolcrali di epoca pre-nuragica, e una Tomba dei Giganti, scoperta di recente. Piuttosto note nel territorio sono le grotte di Is Zuddas: su un percorso di 500 metri si possono ammirare imponenti concrezioni, stalattiti e stalagmiti, colonne, stalattiti a formazione tubolare, cannule e soprattutto le rare aragoniti aghiformi, concentrate in una unica sala e chiamate dagli speleologi “fiori di grotta”. Questi ciuffi di cristallo bianco si sviluppano in ogni direzione, contro la legge di gravità, in spettacolari formazioni filiformi, rendendo unica la grotta. Merita una visita anche la foresta di Pantaleo, nota per i sugheri e le querce. Durante la prima domenica di

Deve il suo nome alla santa patrona e al nome (Arresi) con cui è identificato un nuraghe in pieno centro abitato. È nota per la sua bellissima spiaggia di Porto Pino dall’omonimo e verde promontorio - con chilometri di sabbia bianca, al confine col Comune di Teulada, frequentata da migliaia di turisti nel periodo estivo. Tutta la zona è molto suggestiva con dune sabbiose, stagni e una grande pineta spontanea che si affaccia direttamente sulla spiaggia, lunga circa 4 km. Nella parte orientale della spiaggia di Porto Pino, nel territorio di Teulada, si trovano le splendide e imponenti dune “Is Arenas Biancas” (Le Sabbie Bianche), o talvolta anche monti di sabbia secondo un vecchio uso locale, prodotte dall’azione combinata del maestrale, della fitta vegetazione di ginepro (le cui radici trattengono i granelli di fine sabbia bianca della spiaggia) e dalla conformazione fisica del luogo. Nella cittadina sono due le chiese dedicate a Sant’Anna, la cui festa si celebra il 26 luglio, con una processione in cui la statua Musei, panorama

Scena da un matrimonio Mauritano situata in una zona isolata e di grande bellezza naturalistica, lungo l’arenile della Costa Verde. La spiaggia è circondata per qualche chilometro da dune altissime, ancora vive e modellate dal maestrale, e, verso l’interno, da ginepri e vecchi olivastri che diventano dei piccoli boschetti. Nelle sue profondità si trovano tracce del relitto di una nave inglese che, carica di piombo e armata di un cannone, riposa tra la sabbia da qualche centinaio di anni. Il sito è particolarmente amato dai surfisti che, soprattutto in inverno, possono praticare il loro sport grazie alla consueta presenza delle lunghe ed alte onde.

San Giovanni Suergiu Centro della pianura del basso Sulcis, circondato dal verde e dai vigneti, San Giovanni Suergiu s’affaccia sulla laguna di Sant’Antioco. Il paese è nato dalla progressiva unione di numerosi singoli insediamenti abitativi sparsi denominati “furriadroxius”, che in origine erano rifugi


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I comuni del Sulcis Iglesiente

Le barche costruite ancora oggi dai maestri d’ascia verde, turchese ed è punteggiata da spiagge favolose, cala Lunga, Saline, Turri, Capo Sperone, angoli che fanno innamorare. Per gli amanti della pesca subacquea c’è il paradiso delle isole Vacca e Toro, con acque cristalline e trasparenti. Negli scavi dell’area archeologica sono stati rinvenuti reperti fenicio-punici risalenti all’ottavo secolo a.C., conservati nel museo archeologico comunale “Ferruccio Barreca”, la principale meta turistica assieme alla basilica minore di Sant’Antioco Martire, dove si trovano le uniche catacombe paleocristiane sarde. Ancora oggi, in quest’isola, sopravvivono maestri d’ascia e piccole aziende a carattere familiare, specializzate nella costruzione di barche. Nell’isola si trova un Tophet, santuario fenicio e punico all’interno del quale venivano conservate urne contenenti le ceneri dei defunti. È uno dei più belli della Sardegna, insieme a quello di Tharros. Nell’isola, inoltre, viene coltivato il Carignano Doc del Sulcis su terreni sabbiosi, di fronte al mare. Qui si trovano ancora oggi le rarissime vigne su piede franco, non innestate, e viti di oltre150 anni. Suggestivi i riti della Settimana Santa e, quindici giorni più tardi, l’antichissima sagra di Sant’Antioco che si svolge con la sfilata di costumi tradizionali che accompagna la processione del 23 aprile, in cui per l’occasione le donne realizzano un particolare pane bianco detto “Coccois de su santu”.

Tratalias Uno degli ulivi secolari di Villamassargia è accompagnata dai gruppi folcloristici provenienti dai paesi vicini. L’evento più noto che si svolge nel Comune è la rassegna “Ai confini tra Sardegna e jazz”, che ha risonanza nazionale ed internazionale, con la partecipazione di nomi di grido. Da segnalare, ad agosto, anche la sagra dell’allevatore e la sagra del pesce con la frittura in piazza di pesce in una grande padella.

Sant’Antioco È il centro principale dell’omonima isola, quarta in Italia per grandezza, dove si è sviluppato sulle pendici del colle del castello. Si affaccia nel bellissimo golfo di Palma e si trova sul sito di una delle più antiche fondazioni fenicie della Sardegna, poi centro romano e successivamente Municipium noto col nome di Sulci. Prende il nome dal santo nero, protettore della Sardegna, di

cui sono conservati i resti. Forse giunto dalla Mauritania, Antioco era un predicatore cristiano e un medico che l’imperatore Adriano aveva ordinato di gettare in mare, ma riuscì ad approdare, spinto dal vento, alle coste di quest’isola dove, secondo la tradizione, morì nel 127 d. C. L’isola di Sant’Antioco è la maggiore isola sarda per estensione; costituita da rocce calcaree e vulcaniche è circondata da un mare di colori molteplici, blu,

Le sue origini risalgono all’anno mille. I primissimi insediamenti, comunque, sono anche più antichi, come testimonia Is Meurras, un nuraghe ancora oggi in ottime condizioni. Il principale luogo da visitare è il vecchio borgo medioevale di Santa Maria che comprende la Chiesa Monumentale di Santa Maria di Monserrat e, tutt’intorno le più significative costruzioni del vecchio paese, per il resto interamente demolito a seguito della costruzione del nuovo abitato avvenuta a partire dal 1970. La Chiesa, in stile romanico pisano, ma con influssi gotici presenta tre navate e un tetto a capriate lignee. Un altro luogo di interesse è il lago


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I comuni del Sulcis Iglesiente artificiale di Monti Pranu e la splendida pineta attrezzata che distano appena un chilometro dal centro abitato. Situato sulle sponde del lago si può visitare il villaggio nuragico di Is Meurras ed il nuraghe omonimo, formato da un bastione e quattro torri, unite da un camminamento, di cui una sola quasi intera su due piani. Nei pressi del nuraghe sono ancora chiaramente leggibili i resti del villaggio (forse due, di epoche differenti). Poco distante il nuraghe Carroccia e la Tomba dei Giganti, in località Carroccia. Il primo, insieme al nuraghe Meurra, costituiva un valido sbarramento nella gestione delle acque e delle risorse economiche e soprattutto dell’asse viario lungo la valle, dove, quasi certamente, a quei tempi il fiume era navigabile. Il secondo, posto a sud est rispetto al nuraghe omonimo, appartiene al tipo di tombe di giganti “a filari”. I visitatori possono seguire gli itinerari tracciati nel territorio dal Gal Sulcis che permettono di raggiungere i siti archeologici di maggiore interesse facendo delle belle passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike. La santa patrona di Tratalias viene festeggiata quaranta giorni dopo la Pasqua, in occasione dell’Ascensione, con una festa popolare che dura una settimana.

Villamassargia Raggiunse il massimo splendore in epoca medioevale, quando era capoluogo della Curatoria del Cixerri ancor prima di Iglesias, sotto la protezione del Castello di Gioiosa Guardia, oggi ormai in rovina. Il suo nome ha origine dal latino “villamassaius”, cioè città di massai e agricoltori e sorge nella valle del fiume Cixerri, nei pressi della sorgente di acque oligominerali di “Picculu Malu”. Dal punto di vista ambientale di notevole interesse sono gli ulivi secolari, più di settecento che costituiscono il museo a cielo aperto di “S’Ortu Mannu”. Istituito come parco comunale, l’uliveto storico ha un’estensione di circa dodici ettari. Innestati fra il 1300 e il 1600 gli ulivi hanno dei tronchi che si contorcono robusti e nodosi. Fra questi è di grande interesse quello chiamato “Sa Reina” (la Regina), che ha un

fusto con circonferenza di ben 16 m, vero e proprio monumento della natura per imponenza e importanza storica. Un altro sito di notevole importanza è senza dubbio la miniera di Orbai, immersa nella foresta da cui prende il nome. Abbandonata negli anni ‘60, rimane una testimonianza storica, culturale e architettonica votata alla valorizzazione turistica. A pochi metri dal parco comunale di “S’Ortu Mannu” si trova la strada che conduce alle rovine del castello di Gioiosa Guardia. Costruito durante il periodo di dominazione pisana dell’Isola, divenne possedimento dei Gherardesca e assunse il controllo e la difesa di tutta la vallata del Cixerri. Nella zona mineraria di Orbai dove è possibile visitare il vecchio villaggio dei minatori, tra fitti boschi di lecci si può praticare il trekking. Villamassargia è anche un paese dalle grandi tradizioni tessili. Ancora oggi sono presenti numerosi laboratori artigianali che producono tappeti, arazzi, copriletti, asciugamani e cuscini. Notevole anche la produzione di lavorazioni in ferro battuto e in legno. Anche l’enogastronomia regala interessanti proposte, dai formaggi, al pane, ai dolci, alle famose olive che danno vita alla produzione di un ottimo olio. Fra le tradizioni popolari, quelle religiose vedono grande partecipazione da parte della popolazione. La festa della Madonna del Pilar si svolge ai primi di settembre. La Madonna della Neve viene invece festeggiata la seconda domenica di ottobre. L’ultima domenica di ottobre, ogni anno, si svolge la sagra delle olive presso la suggestiva località de “S’Ortu Mannu” con degustazione di pane e di olio novello.

Villaperuccio Ha origini molto antiche che risalgono al neolitico, tanto che ancora oggi si possono trovare nella campagna che circonda il centro abitato punte di frecce in ossidiana e particolari pietre forate, utilizzate probabilmente per la caccia. È un centro importante dal punto di vista archeologico, trovandosi nel suo territorio la più vasta necropoli a domus de janas di tutta la Sardegna meridionale, la necropoli

Taratalias, cattedrale di Montessu che presenta tombe dalla planimetria assai varia, spesso di dimensioni molto differenti. Tra tutte si distinguono due sepolture particolarmente belle. La prima è la “tomba delle spirali”, decorata all’interno con denti di lupo, numerose spirali (simboleggianti gli occhi o i seni della dea madre), motivi a candelabro e una falsa porta sul fondo ad indicare il passaggio verso l’aldilà. La seconda tomba è detta “delle corna” perché presenta, scolpite sulla volta e sul gradino all’ingresso, numerose corna di varia foggia, alludenti al dio toro. Non lontano dalla necropoli si possono vedere anche alcuni giganteschi menhir, tra cui il più grande è il monolito di Su Terrazzu, alto quasi

sei metri e mutilato da un fulmine della parte superiore, noto col nome di Luxia Arrabiosa. Le campagne di Villaperuccio presentano anche altri motivi di interesse. Il medau o furriadroxiu (caratteristico agglomerato rurale di piccole dimensioni del Sulcis) di Is Meddas, a pochi chilometri dal paese, è particolarmente grazioso perché conserva la struttura originaria, con la corte centrale a pianta quadrata, su cui si affacciano le basse abitazioni dei contadini ed il palazzotto del proprietario della zona. Tra le tradizioni popolari spicca la festa patronale della Madonna del Rosario, il 20 agosto, con le celebrazioni che si svolgono nell’omonima chiesa.

La tomba delle spirali


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Le feste e i riti di un luogo dalle tradizioni secolari

Guasila

Qualunque sia il punto di partenza, quando si arriva nelle sue vicinanze non si può non scorgerla e iniziare ad ammirarla. Sorta su un complesso di colline, coperte di vigneti e soprattutto da campi di grano e cereali, Guasila, superstite e rifugio di piccoli villaggi ormai estinti, è dominata da un maestoso tempio dedicato alla beata vergine assunta. Talmente bello e grande che davvero stupisce qualunque visitatore. Perché Gaetano Cima, uno dei più grandi architetti della Sardegna del XIX secolo, abbia ideato un tempio simile per un paese che oggi sembra confondersi tra i tanti, dice tanto della storia di Guasila e della

personalità dei suoi abitanti. Gente fiera di ciò che ha, orgogliosa per ciò che riesce a costruire, desiderosa di migliorarsi e condividere le proprie conquiste. È grazie al lavoro delle roadie, alla tenacia e al sacrificio di contadini, pastori, muratori, mendicanti, cittadini ricchi ma soprattutto poveri che il progetto del famoso architetto è diventato realtà. Ancora oggi è in ogni guasilese un attaccamento viscerale a questo tempio, nato grazie a sangue e sudore dei propri avi e di recente assunto a Santuario mariano diocesano. Intorno alla chiesa primitiva (della quale sopravvive il campanile) e al maestoso tempio in stile neoclassico che la sostituì a fine ‘800, si è sviluppata la vita sociale e culturale di Guasila, scandita dai rintocchi delle campane, dai ritmi dei campi e dalle tante feste religiose. La festa della patrona, la Beata vergine assunta, è “sa festa manna”, il culmine della vita del paese. Solennizzata il 15 agosto in un tripudio di celebrazioni e manifestazioni pubbliche, occupa in realtà gran parte dell’anno. Durante la messa della domenica di Pasqua il parroco rende ufficiale la nomina del comitato, ancora costituito da un priore e una priorissa, una coppia di sposi, da quattro ragazzi celibi, isobredis, e tre ragazze nubili, ispriorisseddas. Subito dopo la mietitura, inizia “sa circa” ovvero

la questua con “satracca”, carro (oggi motorizzato) addobbato e preparato per la raccolta, a suon di musica, del grano e delle offerte. E mai presentarsi alla porta di qualcuno senza il beneaugurante saluto “Santa Maria s’abisitada” (Santa Maria vi visiti) e con la tradizionale risposta “Beni benida Santa Maria” (Benvenuta Santa Maria). Nonostante la solennità e il fatto che sia aperta al pubblico, intima commozione genera, il 13 agosto, la vestizione del simulacro della santa, la dormiente, secon-

paese ad invitare tutta la popolazione a partecipare a questo evento, indicando con una formula precisa e arcaica luogo e orario e ricordando che anche questo serve (dal cristianesimo in poi) a “Fai onori a sa santa” (a onorare la santa). L’origine della caccia alla giovenca, “sa cassa ‘e s’acchixedda” si perde nei secoli. Un rito di passaggio? Di buon augurio? Un rito scaramantico o con funzioni esorciste? Molte sono le ipotesi e ancora in corso diversi studi, fatto sta che è impensabile non assistervi almeno per una volta. Per i guasilesi lo è non parteciparvi ogni anno. È un evento talmente atteso che i giovani hanno da tempo preso l’abitudine di passare la notte prima svegli, per non rischiare di non alzarsi in tempo. Abitudine che negli ultimi anni si è trasformata nella not-

Un momento della caccia alla giovenca do il rito ortodosso: preparato dalle mani esperte delle donne, proprio come accade nella preparazione del corpo di una defunta, viene lavato, profumato e vestito con gli abiti e gioielli migliori, in vista di una sepoltura che, per l’assunzione in cielo di Maria, non avverrà mai e diviene dunque vestizione per la gloria eterna. Nei giorni precedenti la festa, si assiste a un vigoroso intreccio dei riti religiosi con un rito dal sapore decisamente profano: l’alba, una caccia, una giovenca, cavalli e cavalieri. Secondo la tradizione, gli obrieri passeranno qualche giorno prima per le vie del

te bianca guasilese, chiamata “Aspettando S’Akkiscedda”, evento collaterale e preparatorio alla caccia vera e propria e che consiste in genere in una degustazione, in concerti e vari eventi culturali e artistici che intrattengono chi veglia fino all’alba. Ed eccola, l’alba del 14 agosto. A gruppi, sui trattori, con le bici, a piedi ci si reca nel luogo previsto, negli occhi i colori dorati della campagna che pian piano si risveglia e nelle narici l’odore aspro del foraggio reciso e imballato. Arrivano anche i cavalieri, i giovani cacciatori rigorosamente in camicia bianca perché si distinguano dagli adulti, gli

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ammogliati, che svolgono il compito di giudici e custodi della gara. E infine arriva la protagonista, S’Acchixedda, che liberata inizia la sua fuga verso la libertà. Cosa rappresenta questa giovane vacca? L’età adulta che deve iniziare, una vergine, un simbolo del male o chissà… La tradizione dice che il giovane che riuscirà a prenderla si sposerà entro l’anno. Per questo si pensa a un rito di passaggio dall’età giovane a quella adulta, quella in cui si fanno le scelte, si diventa responsabili, anche costruendo una nuova famiglia. Ma l’impresa non è semplice: la giovenca deve essere presa al lazo (sa soga), racchiudendovi solo le corna e nessun’altra parte come, per esempio, le orecchie (a corruslimpius) e mentre l’animale si sta muovendo. Al vincitore viene regalato un fazzoletto (da regalare alla promessa sposa) che, legato su un’alta canna fresca, è usato come vessillo di vittoria durante il corteo trionfale. Mentre la giovenca, ormai prigioniera, è issata sul carro, i cavalieri e tutti i partecipanti brindano con “su laticinu”, bevanda a base di anice e gassosa. A questo punto il rito si intreccia ancora con usanze pagane e religiose: la giovenca è portata in corteo fino alla casa del priore e, mentre tutti si rifocillano, è lavata e ornata con vari addobbi tradizionali, tra i quali uno specchio sulla fronte, rami di mirto, limoni nelle corna. Appena pronta è finalmente condotta davanti al santuario: tutti i cavalieri e partecipanti ricevono la benedizione per passare poi lungo le vie quasi a volerle così ripulire da eventuali presenze malefiche, perché siano degne del passaggio della dormitio virginis nella processione del tardo pomeriggio. Infine, nel passato, la giovenca veniva macellata e le sue carni erano distribuite alle famiglie povere del paese. Tradizione che il benessere ha cancellato e spesso trasformato in un’ulteriore degustazione nell’ottava della festa. La processione del 14 agosto è una delle più partecipate della zona, con il rosario in dialetto cantato alternativamente da uomini e donne con una melodia completamente diversa. Altro evento di rilevanza, sempre legato a questa festa, è il palio di Santa Maria, che si svolge nell’ippodromo comunale nel pomeriggio del 15 agosto. Le scuderie di diversi comuni si contendono, oltre che un interessante montepremi, il drappo dipinto e finemente ricamato che sarà custodito dal comune vincitore fino a pochi giorni precedenti la gara dell’anno successivo. Il palio dei vicinati è un intermezzo divertente e appassionante, in cui i cavalieri rappresentanti i nove vicinati di Guasila, gareggiano infervorando il pubblico che si scatena in un tifo da stadio sventolando bandiere con i colori di appartenenza: un piccolo palio di Siena in Sardegna. Di festa in festa, Guasila percorre i suoi tempi: la festa di settembre, collegata all’apertura dell’anno agrario, dedicata alla Madonna del rimedio con il sempre attuale albero della cuccagna che chiude i festeggiamenti; la festa della Vergine d’Itria, subito dopo Pentecoste, che si svolge nelle campagne in cui sorgeva un tempo il villaggio di Bangiu; il Carnevale, con il recupero della farsa del processo a canciofali; i riti della settimana santa, S’incontru il mattino di Pasqua. Feste che uniscono una comunità, rafforzano il senso di appartenenza e sviluppano la condivisione di legami familiari, vicinali e sociali e che, allo stesso tempo, aprono all’accoglienza e all’offerta a tutti del proprio vivere.


CULTURA FEDE TRADIZIONE STORIA ARTIGIANATO

G U A pubblicità S I L A

13 AGOSTO VESTIZIONE SIMULACRO

ASPETTANDO S’AKKISCEDDA

14 AGOSTO CACCIA ALLA GIOVENCA PROCESSIONE SOLENNE

15 AGOSTO FESTA DELLA B.V. ASSUNTA

P A L I O SANTA MARIA

8 SETTEMBRE FESTA DELLA MADONNA DEL RIMEDIO COMUNE 070 983791 info@comune.guasila.ca.it SANTUARIO B.V. ASSUNTA 070 986010 info@parrocchiaguasila.it PRO LOCO 346 2115475 prolocoguasila@virgilio.it MUSEO SCRINIA SACRA 070 9837927 - 070 986861 museo@comune.guasila.ca.it MISERICORDIA 070 986767


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L’isola della felicità Carloforte: l’isola di San Pietro

Migranti, esploratori e viaggiatori: sono in tanti a scegliere San Pietro come meta di viaggio o per viverci.

L’isola non è solo un’entità geografica, una porzione più o meno grande di terra circondata dal mare come già s’impara nei primi anni di scuola. L’isola, tutte le isole (o meglio quelle che vengono indicate per la loro limitata estensione come “isole minori”) sono molto di più di questa semplice e antica definizione. Le isole, ogni isola è un universo a sé, con una propria storia, ricca e originale, spesso intrisa di mistero, con suo esclusivo campionario naturalistico quasi sempre unico e variegato, e poi al di sopra di ogni altra cosa ogni isola è un concentrato di palpitante umanità, dove tutti si conoscono e le vicende che accadono, liete e triste che siano, ogni isolano le vive e le percepisce sentendosi parte integrante di quell’umanità. Le isole sono anche, nell’immaginario collettivo (ma forse anche al di fuori del vagheggiato), il luogo della felicità. Non è forse nelle mitologiche “isole dei beati” che le anime dopo il ciclo delle reincarnazioni si riuniscono secondo Pindaro? E ancora è nella paradisiaca isola di Ogigia che Ulisse trascorre con la ninfa Calipso sette anni di gioie e

di beatitudini per approdare poi nell’isola dei Feaci, altra omerica terra di sublime felicità e giungere alfine nell’amata e indimenticata Itaca. Ecco, il viaggiatore Ulisse raffigura le aspirazioni e le attese di tutti i veri viaggiatori che sono poi il contatto con altre genti e l’appagamento delle proprie curiosità. Il vero viaggiatore va proprio alla scoperta dell’isola, o meglio, come Ulisse, delle isole perché pur nella loro uguaglianza sono diverse (non nella psicologia e nell’umanità ovviamente perché in ciò sono molto similari, ma nella natura, nella storia e nella cultura). Il viaggiatore visita, conosce, recepisce ma non si ferma, continua la sua ricerca, anche se cova il sogno, inizialmente vago, quasi sfuggente, di ritornare un giorno nei luoghi che ha visitato; ma poi, quasi naturalmente, il desiderio fantasticato prende forma e l’esploratore sceglie (esplorare i luoghi è anche come esplorare se stessi) e ritorna nel posto che più gli è congeniale, che più lo ha affascinato. E alla fine molti di questi viandanti ritornano a San Pietro, si fermano, ci vivono. Negli ultimi dieci anni

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“…Se la metempsicosi non fosse solo un’idea religiosa o filosofica ma esistesse davvero, io nella nuova vita vorrei rinascere in un’isola e, se potessi, sceglierei San Pietro. Sarebbe il non plus ultra…” sono almeno una settantina le famiglie che hanno scelto di vivere stabilmente a Carloforte e tantissime altre vi trascorrono buona parte dell’anno. Perché? Cosa li spinge a lasciare il loro paese d’origine, gli amici, i costumi, senza comunque spezzarne i legami, per approdare in questo “scoglio” di appena 50 chilometri quadrati per continuare la loro quotidiana esistenza? La risposta non è semplice anche perché obiettivamente non è facile lasciarsi dietro le spalle, senza particolari motivi, il proprio vissuto. Sarà per la bellezza dell’isola o per l’architettura dei suoi luoghi o molto più semplicemente sarà per la sua rinomata e gustosa cucina? O forse ancora sarà (e ci sembra la motivazione più logica) per il suo ambiente inteso nel termine più ampio del termine? Chissà! Forse è per tutto questo insieme di cose, o anche per nessuna di queste, ma per altre ancora, che tanti “esploratori” hanno piantato le tende a San Pietro. Probabilmente una vera spiegazione non sanno darla neppure loro. “Abbiamo girato e visitato tutte le isole del Mediterraneo — hanno sostenuto quasi in coro Bruno e Marzia Giordano lombardi doc — ma San Pietro è la più bella e la più vivibile di tutte”. Altro non sanno dire. Gli fa eco il trentino Claudio Marron “Se la metempsicosi non fosse solo un’idea religiosa o filosofica ma esistesse davvero, io nella nuova vita vorrei rinascere in un’isola e, se potessi, sceglierei San Pietro. Sarebbe il non plus ultra”. In fin dei conti le isole, non solo geograficamente, sono un po’ il principio e la fine delle cose. Jean Jacques Rousseau in “Fantasticherie di un passeggiatore solitario” quando pensa ad una terra della felicità narra di un’isola che si chiama Saint-Pierre. Semplice omonimia o misteriosa e rivelatrice coincidenza? Nicolo Capriata


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Carloforte: i misteri dell’Isola di San Pietro

San Pietro? Nel nome dell’isola il primo mistero Tante le leggende, da quella al Santo apostolo che sull’isola fece naufragio a quella legata ai falchi che la popolavano.

Enosis. Forse più attinente e corretta fu la denominazione del grande astronomo e geografo Tolomeo che la indicò traducendo perfettamente dal fenicio YNSM nell’ellenico “Hieraconnesos” che appunto in greco ha lo stesso significato di “Isola degli sparvieri”. Lo seguirono anche i latini per i quali l’isola diventò “Accipitrum insula”. E qui ci fermiamo, perché più o meno dalla caduta dell’impero romano e per tutti i “secoli bui” che ne seguirono non si hanno notizie sull’isola e tanto meno del suo nome. Almeno fino al 1050 circa quando, in un documento inerente le vicende della permanenza pisana in Sardegna, si legge che una flotta si fermò “…all’isola dei Falconi ora detta di San Pietro”. Questo documento scritto nel primissimo volgare è sicuramente interessante perché riporta insieme l’antico nome dell’isola, stavolta tradotto dal latino in italiano, ma anche la nuova denominazione. L’intitolazione dell’isola all’apostolo Pietro si affermerà definitivamente con il “Compasso de navegare” che è il primo portolano scritto in volgare e datato tra 1250 e il 1265 in cui l’isola viene indicata tantissime volte come “Sancto Pietro” e talora con lo spagnoleggiante “San Pedro”. Tralasciando le leggende, perché appunto sono leggende, da dove è saltato fuori questo nuovo nome dopo che per secoli Fenici, greci e romani pur nella loro lingua l’hanno chiamata sempre allo stesso modo? Non si sa e forse non si potrà mai sapere. È una sorta di mistero. Tuttavia un’ipotesi formulata recentemente da alcuni studiosi sull’origine della “moderna” denominazione c’è e va ricercata nell’assonanza di accipitrum con Pietro che durante i secoli bui per quei processi che rimangono sempre sconosciuti o quantomeno inspiegabili, avrebbe favorito la trasformazione in “Isola di San Pietro”. Forse l’idea potrebbe reggere, ma la toponomastica è un terreno infido per il linguista ricercatore. Cosicché, al di là delle storie e delle congetture, l’enigma sull’origine del nome rimane. E questo è il primo dei tanti misteri sull’isola e la sua storia.

Nell’immaginario collettivo, ma frequentemente anche nella realtà, ogni isola serba in sé una serie di misteri più o meno grandi che ne aumentano il fascino. Per l’isola di San Pietro il primo, dei tanti arcani, è il suo nome. Tante le leggende che ne danno spiegazione. La più accreditata (si fa per dire) racconta che il Santo Apostolo, durante un viaggio che dall’Africa lo doveva condurre a Roma facendo scalo a Cagliari, a causa di una tempesta dovette riparare sull’isola che, da allora, prese il suo nome. A raccontare questa storia fu nel XVI secolo un teologo-giurista cagliaritano, tale Dionigi Bonfant, al quale fece eco un altro cagliaritano pressoché contemporaneo, lo storico Gianfrancesco Fara che sostenne che l’isola “traeva il suo nome dalla chiesa ivi eretta” riferendosi erroneamente al piccolo tempio elevato intorno al 1230 per ricordare la sciagurata vicenda della “Crociata dei fanciulli”, altro enigma che contorna la storia dell’isola. Come a volte succede storia e leggenda si mescolano e si sovrappongono.

E allora qual è l’origine di questo toponimo? Occorre fare un passo indietro di qualche millennio e per l’esattezza arrivare al IV e III secolo A.C. quando l’isola si chiamava YNSM. Ecco, quasi sicuramente, da quando esiste la scrittura, è questo il primo nome col quale venne indicata l’isola. Furono i Fenici a battezzarla così, con quelle quattro consonanti (senza vocali perché nelle lingue semitiche non esistono) che si pronunciano inosim e che si traducono con “Isola degli sparvieri”. Quel nome le fu dato a causa dei numerosi falchi che allora la popolavano. Questo primo toponimo fu trovato nelle iscrizioni di due tavolette, la prima rinvenuta a Cagliari nel 1877 e la seconda reperita poco dopo a Cartagine. Ma, come ha scritto qualcuno, i toponimi sono come l’acqua di fonte che inizialmente ha il sapore della roccia da cui sgorga, però cammin facendo acquisisce quello dei terreni che attraversa. Così per Plinio il Vecchio, il nome dell’isola rifacendosi alla terminologia fenicia divenne

Il Faro di Caposandalo Cippo fenicio-punico che riporta la scritta YNSM, primo nome conosciuto attribuito all’isola


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Carloforte: la chiesa dei Novelli Innocenti

una storia piena di segreti L’intitolazione più o meno misteriosa dell’isola a San Pietro ha, a sua volta, generato un altro piccolo mistero, riguardante l’origine e la denominazione di una chiesetta eretta nel tardo Medioevo che si pensava fosse dedicata al Santo Apostolo anziché ai bambini, come sembra appurato, che parteciparono alla crociata dei fanciulli.

La chiesa, sul sommo della regione “Fontane”, fu davvero edificata intorno al 1230 da Papa Gregorio IX per rendere omaggio ai giovani crociati periti durante il naufragio sull’isola di San Pietro mentre si recavano in Terra Santa? La domanda se la sono posta in molti, studiosi di chiara fama e semplici appassionati, scrittori e giornalisti. La risposta dovrebbe essere affermativa, valutando i tanti indizi che fanno risalire la costruzione del piccolo tempio al XIII secolo. La prima notizia sull’esistenza della chiesetta dedicata ai Novelli Innocenti ci viene fornita dal Chronicon del monaco Alberico delle Tre Fontane, scritto tra il 1230 e il 1240. Il frate, dopo aver ricordato che due delle sette navi partite da Genova a causa di una tempesta affondarono nei pressi dell’isola di San Pietro trasportando nel gorgo tutti i crociati fanciulli, aggiunge “E, come si dice, dopo alcuni anni Papa Gregorio IX fece erigere in quell’isola la chiesa dei Nuovi Innocenti”. La conferma di quanto scrive Alberico, non sulla sua origine ma sulla presenza della chiesa sull’isola nel XIII secolo,

ci viene data dal Compasso da navigare, che è il primo portolano scritto in volgare intorno al 1265, nel quale, tra le altre cose, vi si legge della presenza sull’isola di una piccola chiesa. E ancora una ulteriore convalida sui tempi di costruzione della chiesa ci viene data dalla relazione che scrisse Agostino Tagliafico durante la sua vista nell’isola nel 1737 “…e in alcune pietre di detta chiesa si leggono inscrizioni in lettera gottica”. La chiesa dei Novelli Innocenti, seppure piccola e semplice nei suoi addobbi, è ricca di significato storico. Innanzitutto perché è l’unica tangibile testimonianza di uno degli avvenimenti più noti e dibattuti, ma soprattutto straordinari della storia medioevale: la crociata dei fanciulli. In secondo luogo perché le sue lapidi ricordano fatti e personaggi che hanno caratterizzato la storia dei tabarchini e principalmente perché custodisce le spoglie di Agostino Tagliafico, principale artefice della colonizzazione dell’isola di San Pietro. Da aggiungere che il piccolo tempio ha anche un certo fascino per i grandi o piccoli misteri come la provenienza

della bellissima statua di San Pietro (per i carlofortini San Péasetàu, San Pietro seduto) della quale non si sa nulla di certo. La chiesa si trova sotto la giurisdizione della parrocchia di San Pietro, è catalogata come monumento nazionale e si trova sotto la tutela della Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici e Storici delle province di Cagliari e Oristano. Nel 1984 fu sottoposta ad un nuovo intervento di restauro, venne cambiata la pavimentazione e furono meglio individuate le tombe dei tre fratelli Porcile (Andrea, Agostino e Vittorio) e quella di Agostino Tagliafico loro nonno. Durante la demolizione dei vecchi intonaci venne alla luce, nella nicchia sinistra dietro l’altare un affresco nel quale sono raffigurati un ponte sopra un ruscello e sullo sfondo un castello. L’affresco rinvenuto non è completo e non si sa quando e da chi fu dipinto. Nel corso di questi lavori furono anche scoperte tracce di una preesistente fondazione e di un grosso masso lavorato di forma pentagonale. Il che fa supporre che il piccolo tempio sia stato edificato sopra una preesistente costruzione.

Carloforte: la chiesa dei Novelli Innocenti

La crociata dei fanciulli Una vicenda che ha affascinato studiosi e artisti tra cronaca e mistero.

Estate dell’anno 1212, pieno Medioevo. Le cronache del tempo raccontano che un improvviso e spontaneo fervore religioso si impossessò di tanti fanciulli. Una irresistibile frenesia collettiva investì i giovani di mezza Europa che si misero

in cammino, pregando e cantando verso il Santo Sepolcro, affrontando pericoli e difficoltà di ogni genere: briganti, fame, freddo, stanchezza. Due furono le stazioni, per così dire, di partenza e le guide di questo movimento: la prima a Cloyes,

un villaggio della Francia centro-settentrionale, condotta dal pastorello Stefano e la seconda fu nella città di Colonia in Germania, capeggiata da un altro fanciullo, Nicola. Senza entrare nel merito delle vicende che le contraddistinsero, le due spedizioni finirono in malo modo: i “fanciulli” francesi scampati al naufragio presso l’isola di San Pietro furono venduti come schiavi, mentre quelli tedeschi non raggiunsero mai la Terra Santa e si dispersero in lungo e in largo per l’Italia tra stenti e sofferenze. Ma erano tutti davvero fanciulli? Nelle cronache medievali i partecipanti a queste “crociate” vengono definiti puer che nel latino classico significa “bambino, preadolescente”. Nel latino medievale, invece, il termine assume anche altre accezioni soprattutto di tipo sociologico: pueri nasconde anche significati di povertà e basso livello sociale. Sostanzialmente quelle crociate erano costituite da ragazzi e ragazze ma non mancavano gli adulti, uomini e donne e tra questi ladri e truffatori che vedevano nell’unirsi al movimento un modo per tirare a campare. È difficile nella storia della crociata dei fanciulli discernere la verità dalla leggenda. I fatti vengono riportati da diverse cronache medievali ma i dati non sempre sono precisi e non sempre sono concordi. C’è tuttavia da aggiungere che la crociata dei fanciulli ha affascinato e ispirato in tutte le epoche artisti di ambiti diversi: scrittori, musicisti, pittori e fumettisti. Bertolt Brecht, Gabriele D’Annunzio, Gustavo Dorè e Giacomo Puccini sono (forse i più eclatanti) alcuni dei tantissimi artisti che dalla crociata dei fanciulli hanno trovato idee e stimolo per le loro opere.

La statua settecentesca di San Pietro custodita dentro la Chiesa dei Novelli Innocenti La crociata dei fanciulli



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I Granatieri di Sardegna

Granatieri di Sardegna, una storia lunga 350 anni

La nascita del corpo più antico dell’esercito si deve a Don Bernardino Genovese, duca di San Pietro

A don Bernardino Genovese, duca di San Pietro, si deve la nascita di quella che è diventata una delle brigate più motivate e impegnate dell’Esercito italiano, i Granatieri di Sardegna. Era il 10 luglio 1744 quando il nobile sardo arma il Reggimento Sardegna Fanteria, dal quale poi nasce questo corpo speciale. Uomini destinati alle imprese più rischiose, sempre in prima fila in tutte le battaglie. Il duca di san Pietro, considerato il padre putativo di questo corpo, è particolarmente caro ai carlofortini: a lui si deve la colonizzazione dell’isola da parte dei pescatori pegliesi. Don Bernardino permise infatti la fondazione di Carloforte finanziando la nuova colonia, procurando l’oro, le coralline per la pesca e altri preziosi sostentamenti. Si deve al figlio, don Alberto Genovese, nel 1776, una cospicua donazione pari a 120.000 vecchie lire di Piemonte per il Reggimento e perché fosse in futuro celebrata una messa in suo suffragio, negli anniversari della sua morte. Da allora questa tradizione continua. Il 18 febbraio di ogni anno, giorno della morte di don Alberto, i Granatieri sfilano in alta uniforme e nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli viene officiata una solenne funzione religiosa, alla presenza anche del sindaco di Carloforte, con la quale la Brigata, oltre al generoso duca, commemora anche il sacrificio di tutti coloro che, in più di tre secoli di storia, sono caduti nell’adempimento del loro dovere, fregiandosi del distintivo dei Bianchi Alamari, simbolo dell’Unità.

La storia del Corpo più antico dell’Esercito Conta più di tre secoli di storia e discende dal “Reggimento delle Guardie” dell’Armata Piemontese fondato a Torino il 18 aprile 1659 dal Duca Carlo Emanuele II, che, sciogliendo le milizie mercenarie allora esistenti nel Regno, formò un esercito nazionale costituito da Reggimenti “di ordinanza”, di 1500 uomini ciascuno, suddivisi in 12 compagnie. Di tali Reggimenti “di ordinanza” il primo ad essere costituito fu il “Reggimento delle Guardie”, così chiamato perché composto dagli uomini più valorosi e fisicamente più forti cui erano affidati, in pace e in guerra, particolari compiti di onore e di prestigio rispetto alle altre Unità dell’Esercito Piemontese: occupava i posti più pericolosi e decisivi in guerra, quale riserva eroica da lanciare nella lotta nei momenti decisivi; forniva la scorta d’onore al Capo dello Stato, in pace, quale Unità più rappresentativa dell’Esercito. Fedeli alle loro tradizioni di valore e di prestigio, i “Granatieri di Sardegna” hanno costellato la loro trisecolare storia di fulgidissimi eroismi, ovunque fosse stato loro ordinato di combattere,

e mantenuto immacolata, attraverso i secoli, la fede purissima negli ideali più nobili e più alti, talché ancor oggi essi sono considerati i continuatori ed i depositari della più antica tradizione militare dell’Esercito. I Granatieri si trovano a doversi confrontare - oggi - con eventi importanti che hanno inciso marcatamente sullo scenario della vita politica e sociale di popoli, nazioni ed in chiave globale, sulla grande strategia, proponendo la valutazione di nuove ed anche imprescindibili problematiche in materia di difesa e di sicurezza. Innovazioni e revisioni dello strumento militare, spesso non indolori, si sono imposte conseguentemente soprattutto nell’organizzazione e nei compiti delle forze terrestri. La specialità Granatieri, erede di tradizioni di non poco rilievo radicate nel passato vicino e lontano della componente militare della Nazione, deve trovare collocazione, la più congeniale possibile alle sue attitudini ed alle sue potenzialità umane e morali, nell’ordinamento del nuovo esercito, in fase di adeguamento alle istanze di un cambiamento a valenza epocale.


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Carloforte: la storia

Carloforte le storie nella storia

Buonarotti e i carolini in una medaglia di Giulio Picciotti

Nel passato dell’isola una vera e propria saga tra migrazioni, pirati e schiavitù.

La storia di Carloforte è una storia mirabile. I tanti che la conoscono ne sono affascinati, e chi man mano la va scoprendo ne rimane sbalordito, per la straordinarietà delle tante vicende che la contraddistinguono. Non a caso più di un intellettuale ha pensato di cucirvi sopra un romanzo o un film di epopea. La saga dei carlofortini o dei tabarchini - che dir si voglia - è in effetti la storia di due emigrazioni. La prima, intorno al 1540, da Pegli e dintorni verso Tabarca per praticarvi la pesca del corallo e per esercitare il commercio tra il Maghreb e la Liguria. La seconda è una sorta di esodo dall’africana Tabarca alla sarda isola di San Pietro, allora disabitata. Il trasferimento, nel 1738, portò alla fondazione di Carloforte e all’inizio di una nuova storia ancora più ricca di avvenimenti, che se fosse riportata ai tempi nostri occuperebbe ogni giorno la prima pagina di giornali, tg e talk-show di tutte le emittenti. A parte l’esito positivo dell’insediamento dei tabarchini nella nuova isola, che tutti gli storici considerano in assoluto il miglior esempio di colonizzazione avvenuto nel corso del Settecento, numerosissimi sono stati gli avvenimenti di grande rilievo che l’hanno caratterizzata, tra i quali si annoverano l’istituzione della prima costituzione repubblicana in territorio italiano durante l’occupazione francese, la feroce incursione barbaresca che fece quasi mille schiavi nel ‘700 e l’incredibile sviluppo

socio-economico e le prime forti lotte sociali avvenute in Sardegna nell’800. Per studiosi e appassionati cultori della storia, di materiale per appagare le loro curiosità ce n’è e ne avanza. Anche perché all’interno di ogni vicenda si originano e si sviluppano altri eventi non meno considerevoli.

“…la storia di Carloforte è avvincente fino alla seduzione…” Spesso la storia è un fiume che si dirama in tanti defluenti. Si prenda, ad esempio, l’episodio dell’invasione barbaresca: dopo aver saccheggiato per due giorni la città i barbareschi rapirono circa 950 carlofortini che per cinque anni, dal 1798 al 1803, patirono la schiavitù in Tunisia in attesa che le grandi potenze europee - compreso il papa Pio VI e soprattutto il grande Napoleone - riuscissero a riscattarli. Ma al di là degli interventi e delle trattative intraprese per la loro liberazione in quei cinque lunghi anni tra i carlofortini in cattività si svilupparono altri avvenimenti che appaiono, ancora oggi, straordinari. Tra queste risalta la vicenda della schiava carlofortina Francesca Rosso che assomiglia più alle

favole stile Perrault che alla realtà. Durante la schiavitù fu mandata a servizio in casa della sorella del Bey di Tunisi. L’abitazione era frequentata anche dal fratello minore del Bey, Sidi Mustafà che s’innamorò perdutamente della schiava carlofortina. Il giovane Mustafà (era più grande di tre anni di Francesca) dovette superare, per conquistarla, gli ostacoli della madre, che non vedeva di buon occhio la passione del figlio per la bella cristiana e le resistenze della fanciulla. Alle insistenti dichiarazioni d’amore Francesca cedette a condizione che venisse sposata e che Mustafà rinunciasse solennemente alla poligamia. Così nel 1806 all’età di 17 anni da schiava diventò principessa e prese il nome arabo di Jenet Lela Béia. Da questa unione, che non vacillò mai, alla fine dello stesso anno nacque Ahmed , divenuto a sua volta Bey e che per le sue origini fu soprannominato il sardo. Forse meno eclatante, ma ugualmente affascinante e sicuramente più misteriosa,

San Pietro isola della libertà A Carloforte nacque la prima costituzione repubblicana d’Italia.

Tra i vari e interessantissimi episodi della storia isolana va senz’altro annoverato lo sbarco dei francesi a Carloforte che avvenne nel gennaio del 1793 in seguito alla rottura dei rapporti diplomatici tra la repubblica francese e il regno piemontese. Fu in quella occasione che Carloforte si diede una costituzione repubblicana, la prima, in assoluto, sorta sul territorio italiano e l’isola fu ribattezzata Île de la liberté, isola della libertà. Al seguito della spedizione francese era giunto, infatti, anche il rivoluzionario Filippo Buonarotti che ebbe modo di mettere in pratica i principi di libertà a cui erano informati i suoi convincimenti di ispirazione rousseauiana redigendo assieme ai carlofortini una nuova costituzione. Di questo fatto ne dà testimonianza lo stesso Buonarotti nella sua autodifesa al processo per la congiura di Babeuf nel 1796. “Fu soprattutto all’isola di San Pietro,

chiamata in seguito isola della libertà, che raccolsi i più dolci frutti delle mie predicazioni. La Costituzione democratica che i suoi abitanti si diedero è un monumento eterno della loro saggezza”. Questa costituzione repubblicana, ad onta dello stesso Buonarotti, andò smarrita e molti storici di chiara fama si prodigarono inutilmente per ritrovarla in vari archivi e commentarla. Ma allora non c’era internet gli scambi e le comunicazioni erano lente e limitate. C’è un volume, infatti, dello storico Delio Cantimori edito negli anni Quaranta del secolo scorso che riporta la trascrizione di un manoscritto del Buonarotti datato 1793, conservato presso la Biblioteca nazionale di Francia che si intitola “Costituzione politica d’ogni repubblica italiana” che con buone probabilità potrebbe essere la costituzione che si diedero i carlofortini nel 1793. Ecco un altro capitolo ancora da approfondire e che dimostra che quando si dice che la storia di Carloforte è affascinante fino alla seduzione, non si esagera affatto.

è la storia di Anna Porcile, un’altra schiava carolina. Anna Porcile, pronipote di Agostino Tagliafico, capo indiscusso dei coloni tabarchini, doveva essere una bella e affascinante giovane perché fu contesa da diversi consoli stranieri accreditati a Tunisi. A conquistarla fu il console americano William Eaton che anticipò per la sua liberazione, senza il consenso dello stato americano, 5000 dollari. L’azione fu allora oggetto di discussione al senato americano e di più di un intervento del presidente Jefferson. Oggi quella storia è raccontata in un libro, “The Pirate Coast” di Richard Zacks,che è diventato un best-seller dell’editoria americana. Ma tra le tante storie della storia della schiavitù dei carolini quella più clamorosa è sicuramente il ritrovamento di una Madonnina nera. Il simulacro fu rinvenuto da un giovane schiavo appena quindicenne, tale Nicola Moretto, mentre visitava cavalcando una mula il giardino di un parente del suo padrone in prossimità di una spiaggia. Ad un tratto la mula si rifiutò di proseguire il suo cammino e il giovane vide sospesa, senza alcun sostegno- tra un albero di limoni ed uno di datteri- la statua della Madonna che prese con sé e consegnò a Don Nicolò Segni, anche lui schiavo carolino. La notizia di quel ritrovamento si sparse velocemente tra la comunità carolina in cattività, che da allora si riunì in gran segreto per invocare ai piedi di quella statua, che fu subito ribattezzata Madonna dello Schiavo, la libertà tanto agognata. Quando nel 1803 i tabarkini furono liberati portarono con loro quella statua, realizzata in tiglio massiccio e che presumibilmente era la polena di una nave, e vi eressero per opera di Nicolò Segni un piccolo tempio dove tuttora si trova ed è venerata. Il 15 novembre di ogni anno il simulacro viene portato in processione seguito da tutti, credenti e non credenti. È un’intera popolazione che al di là dei suoi valori religiosi crede anche nella sua storia. Non c’è che dire: la storia di Carloforte è avvincente fino alla seduzione. Lo è sia nel suo aspetto generale sia nelle sue vicende particolari. E queste storie nella storia dell’incursione barbaresca ne sono una dimostrazione.


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Carloforte: la storia

Cultura e tradizioni uniche Le tante peculiarietà dell’isola: nelle chiese una speciale preghiera alla Madonna e i girotondi “francesi” dei bambini.

Tra i tanti primati che detiene, o le tante singolarità che dir si voglia vanta Carloforte, vi è anche quella che è forse l’unico paese nel mondo cattolico dove tutte le messe officiate (non fa differenza se mattutine o solenni) terminano con una preghiera locale, l’invocazione rivolta alla Madonna dello Schiavo. È un’orazione religiosa e storica insieme perché riporta anche alla memoria il ritrovamento della statua della Madonnina nera avvenuto oltre due secoli fa in Tunisia dove quasi un migliaio di carlofortini vi erano stati tradotti in schiavitù. È questa una delle tante dimostrazioni di come la cultura carlofortina - intesa nel senso più ampio del termine – sia parte integrante del Dna di ogni singolo individuo appartenente alla comunità, è come un marchio, un tatuaggio che ogni isolano si porta addosso e del quale va fiero. Se chiedete ad un bambino o ad un centenario di parlarvi della loro isola e della loro città, statene certi, vi risponderà esaurientemente e

soprattutto con orgoglio. Altri segnali di questo singolare aspetto si ritrovano nei giochi infantili. Ancora oggi in occasioni di particolari feste, bambini e adulti si esibiscono in un girotondo gestuale e divertente che si esegue sui versi di un’antichissima canzone francese “Savezvous planter les choux” tabarchinizzata in “Siam bevuti da lescia” che non è altro che un retaggio dell’occupazione francese avvenuta alla fine del Settecento. E prima dell’avvento della civiltà dell’informatizzazione i bambini giocavano a “Gli schiavi”, un gioco di gruppo che affonda le radici, sia nel nome che nell’esecuzione, nella schiavitù patita dagli antenati. La cultura di Carloforte affascina i “forestieri” non solo per i suoi molteplici aspetti, storia, lingua, cucina e tradizioni ma anche per come è sentita e vissuta dagli stessi isolani. Già incantati dalla storia questo (per così dire) atteggiamento, aggiunge simpatia nel visitatore. Ed è anche così che nasce l’amore per l’isola bella.

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Carloforte: racconti di poeti e scrittori

Un paese di luce e splendore Dal tedesco Jünger al francese La Graviere, i viaggiatori incantati dall’isola bella.

È sempre stato così (e lo è ancora): chiunque vi sia giunto se ne è ripartito con il magone nel cuore, con quel senso di triste malinconia che pervade chi lascia un amore. Perché, in ogni epoca, chi ha visitato l’isola di San Pietro se ne è innamorato. Vuoi perché ammaliato dal fascino primitivo e inimmaginabile insieme delle sue coste, vuoi perché ammirato dalla singolare e armoniosa architettura del suo unico centro abitato, Carloforte, o ancora perché colpito dalla laboriosità e dalla civiltà del suo popolo. Tanti scrittori e altrettanti giornalisti hanno esternato e immortalato queste sensazioni nei loro scritti. Ernst Jünger, il più grande scrittore tedesco del Novecento gli dedicò un intero volumetto perché “solo rari luoghi del nostro continente danno ancora un sentimento di solitudine quale si gode qui”. L’ammiraglio francese La Graviere descrive la sua costa anche negli angoli più reconditi con gli occhi di un visitatore ammaliato dalle sue bellezze. “…affascinati dalla magnificenza dello spettacolo — racconta giungendo in una piccola insenatura — prendevamo possesso di questo palazzo di fate. Il mare tuonando veniva a rinfrangersi sulle rocce, ma sembrava rispettare il nostro asilo incantato”. I tanti viaggiatori inglesi, francesi e tedeschi dell’Ottocento che l’hanno visitata ne hanno ugualmente decantato la sua bellezza, e tutti felicemente sorpresi, da sembrare quasi che si fossero messi d’accordo, di trovarsi in un luogo davvero “diverso”. È stato così per Claude Antoine Pascal detto Valery, bibliotecario di Francia, e per il “convalescente” John Warre Tyndale, come per il cartografo Henry Smith e per il cappellano Joseph Fuos, e per tanti, tanti altri ancora. Tutti hanno magnificamente celebrato l’isola, la città, la gente. E quando dall’isola sono ripartiti per proseguire le loro “esplorazioni” hanno provato un tangibile dispiacere. “Trascorsi a San Pietro tre giornate piacevoli e la lasciai con rimpianto”, scrisse nel 1893 a conclusione della sua permanenza sull’isola, l’inglese

Charles Edwards, che descrive l’isola con dovizia di particolari nel suo “La Sardegna e i sardi”. Si potrebbe, mettendo insieme i loro scritti, tutti estremamente positivi, compilare una vasta ed esaltante antologia. Se poi la raccolta si volesse estendere al Novecento i volumi da riempire andrebbero ad occupare più di un intero scaffale. Perché tanti valenti narratori e altrettanti noti cronisti venuti a Carloforte nel secolo scorso, soggiornandovi sia per poche ore che per intere settimane hanno “dipinto” con tratti impareggiabili luoghi o aspetti della comunità: “Qui vissi beatamente per due mesi interi”, commentò nel suo “Bacco e sirene”, lo stravagante letterato e principe russo Michail Semenov al termine della sua permanenza, nel 1914, a Carloforte. “Candido paese di calce viva nell’afa che brucia la gola”, scrisse Elio Vittorini che visitò Carloforte in un pomeriggio di fine estate del 1932. “Le stradine a ciottoli sono imbiancate anch’esse. Risaliamo alle alture che sono di scoglio. Un abbagliante viottolo come d’ossi di seppia vi si snoda e passa al di là, fra il pietrame di vino cotto”. Carloforte è un paese di luce e splendore anche per Virgilio Lilli, indimenticato giornalista di viaggi: “Tutto bianco da accecare il paese. Pulito fino alla rabbia, paese di tonni”. Altri prestigiosi giornalisti hanno colto altri volti straordinari e impensabili dell’isola e della cittadina come Luigi Barzini jr, Giovanni Ansaldo autore di un fine e bellissimo articolo intitolato “Le dieci bellezze di Carloforte” o Mario Appelius, giornalista di punta del Popolo. Una sintesi virtuale di tutti questi ricordi potrebbe essere quella fatta da Sandro Veronesi che nel suo ultimo libro “Viaggi e viaggetti”, edito da Bompiani, scrive “a mia memoria Carloforte è uno dei posti più belli dove sono stato nel mondo. E questo per due motivi: la qualità del mare e delle spiagge e la veramente insuperabile stratificazione di nuovo, di civiltà che affiora in ogni aspetto della vita locale, dalla lingua alla cucina, dall’architettura all’economia”.

“…Si potrebbe, mettendo insieme i loro scritti, tutti estremamente positivi, compilare una vasta ed esaltante antologia…”

Carloforte: lo scoglio più bello del mondo

Dove il mare racconta storie affascinanti La testimonianza del giornalista Dino Sanna.

A volte bastano poche frasi per trasmettere e soprattutto per far recepire ad altri un’idea, un concetto. E a volte quelle poche frasi che si scrivono, se sentite profondamente, si trasformano quasi inconsciamente in poesia, fanno venire la pelle d’oca, scuotono le corde dell’animo. Magia delle parole. Il breve “pezzo” che di seguito si riporta ne è sicuramente un’attestazione. Ma è anche una testimonianza

di quanto sia coinvolgente l’amore per Carloforte. Fu scritto da Dino Sanna, giornalista di Rai3 e pubblicato nell’ottobre del 1981 su “L’altro giornale” un quotidiano ben confezionato ma di breve durata, a presentazione di un paginone dal titolo “Carloforte lo “scoglio” più bello del mondo” “Carloforte e l’intero “scoglio” come lo chiamano da quelle parti ha la misura giusta per

stare nel cuore: abbastanza grande per trovare un posto dove stare da solo, abbastanza piccola per conoscere tutto di tutti e tanto bella da poterla sognare quando si alzano le ondate di malinconia. Nel pensiero dei suoi marinai l’isola di San Pietro è emersa in tutti i mari del globo. È comparsa all’orizzonte nei tramonti dell’oceano, si è stagliata nella memoria nello sfondo della tempesta. Ma il suo fascino non è soltanto nella nostalgia; a Carloforte i vecchi stanno bene coi ragazzi, insieme cantano canzoni corali di concordia non solo musicale e filastrocche maliziose e sorridenti. A Carloforte puoi ascoltare i racconti dei lupi di mare, puoi vedere la corrida del mare, puoi scoprire le corazze dei tonni lameggianti di sole come armature fratte dopo una battaglia medievale. Per tutto questo e per tanto d’altro chi la visita non la dimentica. E chi può anche dai paesi più lontani viene a viverci. E quando si è soli si può ascoltare la voce del mare che racconta storie affascinanti. E allora il tempo e gli anni e la condizione non contano ed è come diventare pesci liberi nell’immenso”.


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Carloforte: il turismo

Vip, turisti e viaggiatori scelgono Carloforte Oggi l’isola è uno dei maggiori poli di attrazione turistica della Sardegna.

Turismo e turista sono vocaboli che sono entrati nel linguaggio comune solo dopo la seconda guerra mondiale. Precedentemente si usava l’espressione “villeggiante” per indicare chi per un certo tempo cercava riposo e svago lontano dalle città. E prima ancora si parlava di visitatori e viaggiatori. Sinonimi simili ma non identici. Del resto le tre voci, coniate in epoche diverse, raffigurano tre modi differenti con i quali gli individui si sono

rapportati con la loro voglia di svagarsi e di conoscere nuovi luoghi. E Carloforte ha vissuto tutti questi diversi momenti. A partire da neanche 60 anni dalla sua fondazione, dalla fine del Settecento quindi, e per tutto l’Ottocento la città divenne una delle mete dei tanti viaggiatori tedeschi francesi ed inglesi, ma anche italiani che unanimamente decantarono il nitore della città e la civiltà dei suoi abitanti. Nello stesso periodo sbarcarono sull’isola diversi naturalisti di fama nazionale per studiarne la flora e la fauna. Il fatto, allora, forse passò inosservato, invece, col senno di poi, si è rivelato importantissimo e non solo dal punto di vista scientifico. Poi con l’inizio del Novecento a Carloforte giunsero, provenienti soprattutto dal cagliaritano e dall’iglesiente, i villeggianti, per lo più liberi professionisti e funzionari

“…il turismo vero non è fatto di finzioni, non smania di divertimento sfrenato e fine a se stesso, non mira alla mondanità.…”

amministrativi. Il fenomeno, di una certa intensità, si andò ad intersecare a partire dalla fine degli anni Cinquanta, fino a confondersi del tutto con il turismo vero e proprio. Oggi Carloforte e la sua isola sono, in Sardegna, uno dei maggiori poli di attrazione turistica. Carloforte piace, di ogni suo angolo si può farne una cartolina; l’isola è bella, ogni tratto della sua costa seduce, il suo mare è limpido che più limpido non si può, il suo interno è verde e dai mille profumi selvatici. E il turista apprezza tutto quanto fino ad esserne ammaliato. Ma non è solo questo che strega il visitatore, che lo fa innamorare. Carloforte, al di là delle incomparabili bellezze della sua isola, è anche un’oasi culturale di pregevole valore, dove lingua, cucina, storia e tradizioni davvero singolari quanto straordinarie concorrono

a formare una identità più unica che rara. E tutto questo il turista lo percepisce e lo porta, se non ad identificarsi, a voler far parte della comunità che lo ospita. Ecco dunque il turismo vero che non è fatto di finzioni, che non smania di divertimento sfrenato e fine a se stesso, che non mira alla mondanità. A Carloforte trascorrono le vacanze tanti big dello spettacolo, della politica e dell’alta finanza, ma nessuno lo sa. O meglio, i media non ne parlano. Ed è giusto che sia così: ognuno deve vivere le proprie vacanze libero e senza fingimenti. Ecco dunque il turismo sostenibile, quello che viene coinvolto nell’ambiente piuttosto che stravolgerlo, come è accaduto, e purtroppo continua ad accadere in molte parti. C’è da aggiungere che l’isola, per i suoi endemismi e la varietà e particolarità dell’avifauna stanziale e migratoria che la popola, è diventata un punto di ritrovo per tanti naturalisti provenienti da tutte le parti del mondo. E infine, non ultimo, è da ricordare che alla luce di recenti scavi sta prendendo preponderanza anche un inatteso aspetto archeologico. L’isola offre scenari di impareggiabile bellezza, una eccezionale natura e un’altrettanta eccezionale cultura. Un turista può chiedere di più?

Carloforte: il turismo

Le vacanze carlofortine del re di Sardegna Per tre anni consecutivi la famiglia reale scelse l’isola per la villeggiatura.

Forse in pochi lo sanno o quanto meno lo immaginano: la vocazione turistica di Carloforte è antica, vecchia quasi quanto la cittadina. I primi vacanzieri dei quali si ha sicura notizia giunsero sull’isola oltre duecento anni fa. E che turisti! Era il maggio del 1809 quando il Re di Sardegna Vittorio Emanuele I, la Regina Maria Teresa d’Austria con le loro figlie (Maria Beatrice e le gemelline Maria Teresa e Maria Anna) e tutto il codazzo di dame, aiutanti, guardie e scudieri giunsero a Carloforte per trascorrervi due settimane

di vacanza. Allora non c’erano, com’è immaginabile, hotel a cinque stelle e i reali furono alloggiati in quella che allora doveva essere la più bella dimora della cittadina: il palazzo “Rombi” conosciuto anche come “palassiuvegiu” (palazzo vecchio) costruito nel 1771 proprio in riva al mare. La popolazione, che allora ammontava a poco più di duemila abitanti, accolse festosa gli illustri ospiti e s’impegnò per rendere piacevole sotto ogni aspetto il loro soggiorno. L’“albergo” fu addobbato con i migliori mobili dei notabili del paese, si costruirono degli “archi trionfali” e durante la notte il paese veniva illuminato a giorno con torce e falò. Quando, alla fine di maggio, se ne ripartirono, come accade ancora oggi con la maggior parte dei vacanzieri a Carloforte, lo fecero con tanta nostalgia ma anche con una promessa da parte della Regina: ritornarci nella prossima primavera. Carloforte era entrato nel

cuore dei reali, e quando entrano nel cuore, Carloforte e la sua isola difficilmente ne escono. Così puntualmente nella primavera del 1810 i reali di Sardegna con tutto il loro seguito ritornarono sull’isola. Stessa generosa ospitalità, stessa calorosa accoglienza, e un feeling (come si dice ora) davvero corrisposto. Il re aveva precedentemente accordato a Carloforte il privilegio di “Città” e la regina, in quella sua venuta, donò 1000 scudi per la costruzione del forte della “Sanità”, chiamato anche “Santa Teresa” in suo onore. La città isolana era diventata per i reali il luogo amato ed esclusivo della loro villeggiatura. Per raggiungerla da Cagliari, dove la corte in quegli anni si trovava in esilio, dovevano

affrontare più di un disagio considerati i tempi. Evidentemente i fastidi e le scomodità ben valevano un bel soggiorno a Carloforte dove ci ritornarono nel 1811 per il terzo anno consecutivo. Raccontano le cronache del tempo che “Nel 4 maggio 1811 giunsero in Carloforte LL.MM. Vittorio Emanuele I colla sua consorte e la figlia Maria Beatrice e se ne ripartirono il 22”. Fu quella l’ultima volta che la famiglia reale trascorse le vacanze sull’isola. Nella pri-

mavera dell’anno successivo la regina si trovava in dolce attesa e non se la sentì di intraprendere il lungo viaggio che avrebbe potuto avere conseguenze su di lei e la creatura che portava in grembo. Poi nel 1814 ci fu la restaurazione e tutta la corte si trasferì definitivamente a Torino. Raccontarono le sue dame di compagnia che spesso la regina ricordava Carloforte e le felici giornate primaverili che vi aveva trascorso. Forse la Regina fu la prima “turista” ad innamorarsi dell’isola e della sua cittadina, sicuramente non l’ultima a provarne nostalgia: ancora oggi ogni turista che l’ha scoperta, quando ne è lontano la ricorda con quei sentimenti dolci e tristi insieme che fanno tanta malinconia.


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Carloforte: le similitudini con Pegli

Pegli, la radice storica dei Carlofortini

...Un bellissimo rapporto che si è Pegliesi furono la maggior parte dei pescatori inviati, intorno al 1542, instaurato e che ha dalla famiglia genovese dei Lomellini, sulle coste tunisine per la pesca permesso a queste del corallo; si insediarono sull’isola di Tabarka e la loro comunità rimase comunità costanti su quel lembo di Africa per due secoli, tra alterne disavventure politico- rapporti di amicizia a commerciali, mantenendo intatte nel tempo, radici, dialetto e usanze. tutti i livelli...

Negli archivi delle parrocchie di Pegli e Multedo sono numerose le testimonianze di lettere tra i tabarkini e le chiese madri (ad esempio per la richiesta di autorizzazioni ad unioni matrimoniali). Una parte di loro nel 1738, tramite il Re Carlo Emanuele III di Savoia, lasciò Tabarka e venne a colonizzare la disabitata isola degli Sparvieri, oggi isola di S.Pietro, fondando Carloforte. Sarà anche per la conformazione del territorio, ma “u Pàize” ricorda Pegli. I rapporti tra Pegli e Carloforte non si sono mai interrotti, ma intorno alla metà del secolo scorso si sono maggiormente rinvigoriti inizialmente per merito delle rispettive parrocchie con scambio di visite legate alle festività. La parrocchia pegliese di S.M. Immacolata possiede copia della statua dedicata alla Madonna dello Schiavo che viene festeggiata annualmente con la partecipazione di fedeli carlofortini. La stessa festa di S.Pietro a Carloforte, oltre a richiamare presenze pegliesi, vede alternarsi la partecipazione delle Confraternite genovesi con i caratteristici “Cristi”. Nel 1986 anche nel mondo scolastico si sono intrapresi contatti epistolari tra alunni delle scuole medie delle due cittadine, culminate poi con visite reciproche degli studenti ospitati dalle famiglie. Della delegazione scesa a Carloforte nel 1987, faceva parte anche un pegliese di adozione, ma grande studioso della storia tabarkina e delle realtà di Carloforte e Calasetta che le definì “Liguria

d’oltremare”: Mario Emanuelli. Egli contribuì a diffondere questa specificità storica nelle scuole di Pegli tanto che, a pochi anni dalla sua scomparsa, gli è stato intitolato un plesso scolastico nelle scuole elementari di Pegli, mentre il museo di Carloforte ha raccolto molte delle sue opere pittoriche in una sala a lui dedicata. Fu sua l’idea di istituire nel 1991 la “Giornata Storica Pegliese”, realizzata in collaborazione con l’Associazione Rinascita di Pegli che ricordava la partenza da Pegli dei coloni alla volta di Tabarka ed in tale occasione venne posta una targa ricordo presso il Palazzo Lomellini oggi Grand Hotel Mediterranée. Chiese poi al Circolo Culturale N.Sopranzi, editore anche del mensile “Il Ponentino”, di rendere annuale l’appuntamento. Così è stato ed infatti quest’anno se ne celebrerà la XXV edizione. Ugualmente il giornale “Il Ponentino” ha sempre prestato attenzione alle realtà tabarkine dedicando mensilmente una pagina a Calasetta e Carloforte e pubblicando eventi, articoli, storie e poesie di collaboratori locali. Gli stessi studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado delle due realtà isolane hanno più volte partecipato ai concorsi indetti dal giornale in concomitanza delle Giornate storiche. Un bellissimo rapporto che si è instaurato e che ha permesso a queste comunità costanti rapporti di amicizia a tutti i livelli. Giorgio Fuiano, giornalista


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Carloforte: la natura

Un paesaggio vario e sorprendente Un litorale paradisiaco nella sua bellezza e l’interno con valli, colline e una ricca vegetazione mediterranea.

La morfologia di un territorio dipende dalle modalità e dalla natura della sua formazione. L’isola ha un’origine vulcanica, si è formata tra i 18 e 16 milioni di anni fa in seguito ad una intensa attività magmatica e faceva parte di una più vasta platea dalla superficie di circa 250 kmq comprendente l’intero arcipelago sulcitano, allora saldato alla terraferma. A partire da circa 1, 8 milioni di anni fa, in seguito a movimenti tettonici e geodinamici si ebbe la separazione dalla costa sarda di vaste aree con la conseguente formazione dell’isola di San Pietro. I centri di emissione di queste manifestazioni vulcaniche erano dislocati nella parte occidentale dell’isola di San Pietro ed erano costituiti da lave che i geologi definiscono “acide”, che hanno la caratteristica

di raffreddarsi e solidificarsi subito dopo la loro fuoriuscita e quindi non hanno il tempo di adagiarsi e uniformarsi al terreno preesistente. Si spiega così il paesaggio interno dell’isola costituito da numerose colline (bricchi), aspre e irregolari nella forma ma poco elevate (il punto più alto dell’isola è Guardia dei Mori che giunge appena a 211 metri sopra il livello del mare) alternate a tante piccole valli (canò) spesso impenetrabili per la folta vegetazione a macchia mediterranea. Lo scenario dell’interno isolano, al pari delle sue coste, è vario e sorprendente. Se il litorale è paradisiaco nella sua bellezza, l’interno è un incanto per la sua disarmonia di profili e configurazioni dei bricchi, ora sagomati a globuli come il Bricco Patella e le Montagne di Ravenna ora spigolosi ed appuntiti come il Bricco di

L’isola un museo a cielo aperto I botanici hanno contato oltre 520 specie vegetali, alcune molto rare.

Fare trekking per i sentieri dell’isola è salutare per il fisico ma è anche balsamico per la mente e per lo spirito. A sostenerlo, o quanto meno a farlo intendere è il grande scrittore tedesco Ernst Jünger che a Carloforte, che amava profondamente, trascorse in anni diversi le sue vacanze. “Quante volte – scrive su Cacce sottili – ho percorso questa isoletta, questa manciata di terra, lungo sentieri pietrosi. Non ci fu passeggiata in cui non facessi nuove scoperte. Nei lunghi inverni studiavo con impazienza la sua carta pretoriana, il foglio 232 della carta d’Italia, che era appeso nella mia stanza; c’erano sempre nomi di punte e di campi sconosciuti. Ero già stato al Bricco del Polpo,al Paradiso, alla Mandria?” Lo scrittore-filosofo (forse sarebbe meglio aggiungere anche naturalista) percorse l’isola in lungo e in largo, anche attraverso mulattiere poco praticabili, per scoprire e per godere insieme della natura dell’isola. Appassionato cultore dell’entomologia in ogni anonima stradina che percorreva tendeva l’occhio con la speranza di scorgere la Cicindela campestris saphyrina, il rarissimo coleottero (perché in tutto il mondo lo si trova solo sull’isola di San Pietro) dalla corazza di un bellissimo colore brillante confinante tra il blu e l’azzurro. Purtroppo Jünger non lo trovò mai (e un po’ dispiace) ma in compenso godette, lui conoscitore tra le tante cose anche di flora e di fauna, delle numerose scoperte che fece e delle intense visioni che lo appagarono. Perché i cinquanta chilometri quadrati o poco più del territorio isolano, per la maggior parte incontaminati, sono una sorta di museo a cielo aperto, popolato com’è da piante e animali. I botanici hanno contato oltre 520 specie vegetali, alcune molto rare,

come l’acchiappamosche che fiorisce solo nelle isole minori sarde e nell’arcipelago delle Baleari, e una addirittura esclusiva dell’isola. È l’Astragalus maritimus moris che vive e vegeta in poco più di due ettari e che gli stessi studiosi hanno cercato di trapiantare altrove senza però riuscirvi. Il che ha reso ancora più prezioso questo particolare endemismo. È facile inoltre incontrare, tra avvallamenti e alture, pinete di pino d’Aleppo o piccoli insediamenti di ginepro coccolone (zenàive) o di ginepro fenicio (sàina) che si ergono qua e là quasi

Nasca, il Bricco delle Scimmie. Tutti rilievi, o meglio piccole protuberanze che nonostante la loro limitata altezza sono faticosamente accessibili per l’asprezza della loro conformazione. A questi quasi inviolabili bricchi fa eccezione quello di Guardia dei Mori dalla cui sommità si gode una vasta vista che si perde nel mare che circonda l’isola. Non a caso il suo toponimo deriva dal fatto che i pirati barbareschi, quando l’isola non era stata ancora colonizzata, si portavano su quella sommità per osservare il passaggio delle eventuali imbarcazioni da predare. Altrettanto suggestive, e spesso altrettanto impervie, sono le strette e profonde vallate (cané) distribuite a raggiera soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. La loro magia quasi primordiale sta a volte già nel loro nome: Canale dell’inferno (canò dell’infernu) Canale della sepoltura (canò da sepurtüa). A questi toponimi fanno da contraltare, anche quasi a dimostrazione della varietà del paesaggio i nomi “felici” di luoghi e regioni quali Paradiso, Gioia, o distensivi come Lago e Vivagna (che significa sorgente). Non

come sentinelle a protezione delle piante più piccole. E poi l’isola, a parte la cicindela, è un luogo di felicità per gli ornitologi, perché qui possono osservare e studiare tantissime specie dell’avifauna appartenenti a famiglie sistematicamente distanti grazie alla varietà degli ambienti che caratterizzano l’isola: si va dalle zone umide delle saline agli habitat rocciosi delle coste a falesia, regno quasi incontrastato dei falchi ed in particolare del falco della regina (Falco eleonorae) per il quale proprio sull’isola esiste la più importante, a livello mondiale, stazione di osservazione. Tra i molti che si sono innamorati dell’isola tanti l’hanno scoperta perché richiamati non da patinati depliant turistici ma dalle sue rarità faunistiche e floristiche. Ernst Jünger è stato forse il primo viaggiatore naturalista a scoprirla e ad esserne affascinato. L’hanno seguito uno stuolo numeroso di appassionati che hanno provato poi le sue stesse emozioni. E dall’isola sono stati conquistati.

mancano infatti nell’isola superfici, per così dire “distensive”, o meglio pianeggianti, seppure limitatissime, che interrompono il morfologico andamento quasi sinusale del territorio. Tra queste spiccano gli stagni dei Pescetti e della Vivagna, appunto nella parte orientale dell’isola, che erano delle antiche paludi marine, ma soprattutto lo stagno di Cala Vinagra, circondato da bricchi e folte pinete. Di notevole interesse paesaggistico, quasi da assurgere a monumento territoriale è il fungo di pietra in località Memmerosso che purtroppo, recentemente, ha subito una ferita per il crollo parziale del suo cappello. Formatosi a causa del fenomeno che i geologi definiscono “erosione selettiva” è nelle sue vicinanze contornato da funghi “minori” per grandezza e visibilità. Come le 18 miglia del litorale sono da gustare lentamente tra promotori e insenature, così i 50 kmq della superficie isolana sono da esplorare senza fretta ma piuttosto indugiando sulla visione d’insieme e soffermandosi sui mille particolari di inusitata bellezza che il paesaggio offre al visitatore.

“…Tra i molti che si sono innamorati dell’isola tanti l’hanno scoperta perché richiamati non da patinati depliant turistici ma dalle sue rarità faunistiche e floristiche…” Il falco della regina (Falco eleonorae)


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Carloforte: l’isola dei 5 sensi

I 5 sensi di Carloforte Le sinestesie di un’isola che non finisce di stupire La vista È quella che si offre al visitatore quando il traghetto si avvicina all’isola di San Pietro. Dapprima intravede un’isola collinosa ma ancora confusa nei contorni. Più dappresso comincia ad accorgersi che le colline è come se fossero dipinte di un verde vivo che è il colore delle pinete e che qua e là vi si adagiano tante casupole che ricordano il presepe. Poi, più ci si avvicina e più tutto prende forma e diventa più bello. Ma il bello ancora deve venire. Inizia quando il traghetto sta giungendo nel porto che si apre con due dighe che sembrano due lunghe braccia protese, pronte per accogliere e abbracciare il visitatore, per farlo partecipe del luogo. A quelle prime sensazioni si aggiunge la meraviglia quando dal ponte della nave il visitatore scorge una bella, lunga e alberata marina, da sembrare una cartolina inviata dalla riviera ligure. Una volta sbarcato si accorge che tutto il paese ha l’aspetto di una grossa e bella borgata molto somigliante alle cittadine rivierasche della Liguria e non solo perché come queste si adagia sul mare, ma anche perché con i centri liguri ha un’evidente somiglianza per lo stile architettonico delle case, le decorazioni delle facciate, i caratteristici tratti delle vie, chiamate anche qui carruggi. Qui nella parte bassa del centro storico gli antichi costruttori man mano che innalzavano un nuovo fabbricato ebbero l’accortezza e il buon gusto di far sì che l’edificio, pur diverso nei tratti e nelle sfumature architettoniche di quelli preesistenti, si inserisse perfettamente nell’ambiente circostante in modo armonico e omogeneo facendo diventare ogni via una piccola opera d’arte. Ma poi il visitatore, addentrandosi nella parte “alta”, è felice di sorprendersi ancora una volta, cambia l’idea che s’era fatto inizialmente del borgo perché qui cambia nuovamente l’architettura che è qualcosa di misto tra arabo e mediterraneo, ma ancora omogenea nel suo sviluppo strutturale nel quale scalinate e ballatoi concorrono a formare angoli suggestivi che all’improvviso si affacciano ai suoi occhi stupiti. Pur non essendoci degli spazi propriamente verdi (impossibili per la sua configurazione) questa parte del borgo è anche un verdeggiante e rigoglioso giardino per le piante che ogni abitante sistema e cura al limitare delle case. Se la parte bassa si presta a gradevoli passeggiate, quella “alta” è il luogo ideale (ed è frequentemente

adoperato) per manifestazioni culturali quali mostre di quadri, recite di monologhi e poesie, esecuzioni di brani musicali. Così, se ancora ce ne fosse bisogno, la magia della suggestione aumenta fino a raggiungere le stelle.

in campo linguistico. Sono stati molti, infatti, gli studiosi ad occuparsi di questa lingua. Tra i primi Luciano Bonaparte, nipote del grande Napoleone, e tralasciando tutti gli altri per saltare ai giorni nostri, si scopre che il tabarchino è studiato da numerosi linguisti oltreché italiani, magiari, spagnoli, sloveni e francesi, quasi a sottolinearne un’importanza internazionale. D’altronde è significativo, oltre che bello, che l’85% della popolazione parli correntemente e in ogni occasione il tabarchino. Tant’è che nelle sedute pubbliche del consiglio comunale si può intervenire in vernacolo e durante i matrimoni civili gli sposi possono pronunciare (molti lo fanno) la formula per il fatidico sì in tabarchino. Tutte situazioni normali per gli abitanti, ma straordinarie per i visitatori non solo perché possono ascoltare solo qui (e nella vicina Calasetta) questa rarità linguistica ma anche perché tra tutte le lingue minori è di gran lunga la più diffusa se si considera il rapporto tra i suoi parlanti e la popolazione dell’area in cui la lingua è divulgata. Alla meraviglia si aggiunge meraviglia.

L’udito È ciò che ode l’ignaro visitatore che giunge sull’isola, il quale non può fare a meno di sorprendersi per gli echi della parlata dei carlofortini. Anzi a volte questo stupore inizia quando si imbarca sul traghetto che lo porta a Carloforte, ascoltando i discorsi dei tanti passeggeri isolani. Ma la meraviglia che spesso diventa anche ammirazione il viaggiatore la concretizza camminando per le strade dove tutti (proprio tutti) parlano il tabarchino, una sorta di genovese risalente al XV secolo ma con prestiti arabi, francesi, siciliani e turchi ma anche infarcito di vocaboli liguri più recenti e di qualche sardismo. Il tabarchino è una parlata davvero radicata negli isolani perché lo si parla per le strade, nei negozi, a scuola, negli uffici. Ed è bello per i turisti provenienti dai lidi italiani più disparati sentirlo dai bambini mentre giocano, ascoltarlo dagli anziani quando raccontano le loro avventure di tonni e di mare. Molti liguri giunti in vacanza sono stati strabiliati dalla parlata tabarchina, evocatrice, e per questo affascinante, di antichi ricordi, di un tempo che per loro sembrava trascorso ma che invece non è passato, in questo angolo ligure della Sardegna. E per Giovanni Ansaldo, il grande giornalista genovese questa parlata antica e cadenzata è “la seconda bellezza di Carloforte”, come scrisse in un famosissimo articolo di sessant’anni fa. Il tabarchino sicuramente stuzzica l’interesse e le curiosità del turista ma riveste anche una notevole importanza

Il gusto Sono le tante squisitezze, autentiche delizie del palato, che solo chi giunge a Carloforte può assaporare ed apprezzare. Perché la cucina carlofortina prima ancora di essere gustosa e caratteristica è unica, nell’accezione più corretta del termine. Un viaggio nella cucina isolana è un viaggio tra sapori esclusivi, dove nobilissime pietanze gareggiano per conquistarsi il primato della prelibatezza. Primo fra tutti il tonno, dai carlofortini confezionato con procedimenti semplici e antichi e cucinato in mille modi e in mille salse. Alcuni piatti della gastronomia carolina sono solo e tutto tonno. Così è per il bélu, stomaco di tonno prima bollito, poi rosolato e cotto a spezzatino con patate e cipolle; così è per i gurézi l’esofago e le branchie preparate ugualmente a spezzatino. E poi il tonno alla carlofortina fritto e poi rosolato con alloro, tonno lessato scabécciu, tonno salato, tuniña cotto in tegame. Ma prima ancora gli antipasti: büttàiga (uova di tonno salate e pigiate con delicatezza), cö (cuore cotto nel sale), musciamme filetto di tonno salato, capunadda gallette marinare rammolite con acqua e olio e tuniña, o figatéllu lattume di tonno lessato o impanato. E l’elenco ancora continua perché il tonno è come il maiale, nulla si getta. Tutte pietanze che in una sorta di vocabolario gastronomico si troverebbero sicuramente nella voce “introvabili” perché al di fuori di Carloforte non si “scovano” e tanto meno si possono gustare. Ma se il tonno è il sovrano della cucina carlofortina, egli è un re attorniato da nobilissime pietanze altrettanto peculiari, altrettanto gustose. Sicuramente alla sua corte occupa un posto di gran dignitario il cascà, altro piatto di squisitezza ineguale, oltre che piatto storico essendo una variante del couscous magrebino e quindi retaggio del trascorso tabarchino. Ma vantano poi uguale blasone tanti altri cibi e contorni originali, spesso esclusivi della cucina isolana. Che dire per esempio della bóbba, la tradizionale minestra “povera”, preparata con fave secche, sgusciate messe in ammollo e cotte poi a fuoco lento, ottenendo una soprana cremosa e dal gusto inimitabile? O della facussa, un cetriolo sottile allungato e ritorto, tipico del Maghreb i cui semi furono dai coloni tabarchini portati a Carloforte e trapiantati negli orti isolani, dal sapore fresco e delicato che è il comune ingrediente delle insalate estive a base di tonno? Per elencare tutte queste saporite singolarità non basterebbe un trattato. La cucina carlofortina che è pure il riflesso della storia e delle tradizioni della comunità è il paradiso del palato, il nirvana dei buongustai.


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Carloforte: l’isola dei 5 sensi L’olfatto

Il tatto

Diciamolo subito, l’olfatto è il senso meno utilizzato e forse anche il meno sviluppato dell’uomo. La sua percezione, a parte odori fortemente sgradevoli o gradevoli, spesso non è immediata come per gli altri sensi, ha bisogno di più tempo, e poi gli odori sono come le “età”, ognuno ha la sua stagione. Per “aiutare” questo senso il visitatore può addentrarsi nell’interno dell’isola per cogliere i tanti aromi che una macchia mediterranea integra e incontaminata come quella isolana può offrire al suo odorato. Ci sono tante piante che emanano deliziosi profumi come la menta pulegium conosciuta come erba di San Giovanni perché colta per il rito del comparatico, una volta molto sentito dagli isolani, nella notte del 23 giugno. Ma c’è una pianta in particolare, che cresce rigogliosa in ogni angolo della macchia isolana e soprattutto lungo la fascia costiera, che effonde un forte profumo selvatico e gentile insieme. Si tratta dell’helicrisum microfilum, conosciuta come tufu a Carloforte, una pianta perenne con tanti fiorellini giallognoli, che proprio per questa sua “virtù odorosa” veniva utilizzata dai vecchi pescatori carlofortini per abbrustolirvi i polpi da usare come esca nelle nasse: si diceva che il mollusco tostato con questa pianta acquisiva un profumo da favorire il brumeggio dei pesci. Ma l’effluvio che forse (anzi senza forse) più di ogni altro aroma è presente non solo nella sua essenza ma anche nella mente dei carlofortini, perché al solo pronunciarlo evoca piacevoli sensazioni è l’arzillu. Il termine tabarchino è unico (il Casaccia, il più affidabile vocabolario genovese, già lo relega a metà dell’Ottocento tra i vocaboli arcaici) e intraducibile nella lingua italiana con un solo lemma. L’arzillu è il fragrante e davvero toccante profumo marino facile a percepire sulle scogliere isolane tra il tardo autunno e l’inizio della primavera, o davanti ad un cesto di crostacei e frutti di mare appena pescati. L’arzillu è profumo di erbe e di ricci, di alghe e patelle, di mare e di scogli, inconfondibile e inimitabile, che ancora a Carloforte con il suo mare terso e incontaminato è possibile cogliere per far sbalordire e gioire le sensazioni olfattive.

È l’ultimo dei sensi e non solo nell’elencazione che s’impara nei primi anni di scuola, ma lo è stato (oggi viene rivalutato) anche nelle considerazioni delle scienze fisiologiche. Eppure tra tutti i sensi è quello più sinestetico perché la percezione tattile spesso genera l’insorgenza di altri stimoli sensoriali. Lo sanno bene i tanti turisti che durante l’estate in San Pietro si stendono sulle sue spiagge dalla sabbia leggera come piuma, soffice e fine come il borotalco o sulle lisce scogliere, quasi che fossero levigate, della “Conca”, di “Guidi” e di altri litorali, senza nomi specifici e magari situati in luoghi reconditi, ma che il vacanziere curioso e dinamico quasi sempre scopre. Così sdraiati ed

Carloforte: l’isola delle nozze

ad occhi chiusi,il palpabile contatto con la tiepida e morbida sabbia o con la liscia e calda roccia attiva gli altri sensi: suscita visioni colorate di mare cristallino, amplia e rende arcano il suono dello sciabordare sulla riva e, mescolando e confondendo, combina in un tutt’uno il profumo e il sapore del mare. È la vittoria e l’esaltazione dei sensi che partendo, quasi timidamente, dal tatto, come in un finale di uno spettacolo pirotecnico li fa esplodere forti e tutti insieme parossisticamente. È anche da qui che nasce l’empatia per l’isola, ossia quella capacità dell’uomo di sentirsi in armonia con l’ambiente e di cogliere, facendole proprie, le emozioni e gli stati d’animo che questo suscita.

Da tutto il mondo a Carloforte per promettersi amore eterno “L’amore è… sposarsi sull’isola di San Pietro”.

Forse alle tante vignette dell’amore semplice e romantico di Kim Grove che furoreggiarono a partire dagli anni Settanta (ricordate? capelli lunghi e lentiggini lei, occhi accondiscendenti lui) ci sarebbe da aggiungerne una con questa dicitura. Certo il significato (ma solo a prima vista) non avrebbe valore universale, tuttavia la frase sarebbe in perfetta armonia con almeno alcune centinaia di coppie. Tanti infatti sono gli sposi (il riferimento è limitato agli ultimi dieci anni) che hanno scelto di pronunciare il fatidico sì sull’isola di San Pietro. Sono giunti, accompagnati da uno stuolo di invitati ,da tutte le parti d’Italia, dalle grandi città, Milano, Palermo, Torino, Napoli, Trieste, perfino da Venezia, da sempre una delle mete più ambite dai novelli sposi, come dai piccoli centri che a volte si fa fatica a trovare sulla carta geografica e a ricordarne il nome. E naturalmente dalle città della Sardegna, Cagliari, Sassari, Quartu Sant’Elena. Restando però solo nell’ambito, per così dire, del “circuito” nazionale. Giacché per giurarsi scambievolmente eterno amore a San Pietro sono arrivati anche da molto lontano: dall’Ungheria, da Londra e da Dublino, e addirittura dalle

stesse città più coppie e in anni diversi. Perché, vien da chiedersi, tanta gente spesso con mentalità e abitudini di vita tanto diverse ha eletto l’isola di San Pietro a teatro delle loro nozze? Perché persone come Barbara Serra la famosa e quotata giornalista collaboratrice della BBC e conduttrice di Al Jazeera English che ha girato il mondo in lungo e in largo ha deciso di dichiarare il gioioso e impegnativo “sì, lo voglio” proprio sull’isola di San Pietro? Una risposta ci dovrebbe pur essere se in tanti, tanto distanti geograficamente e soprattutto tanto differenti tra loro in quanto ad abitudini, vissuto e cultura, hanno avuto la stessa idea, rendendo così l’amore per l’isola un qualcosa di universale. Ma una vera spiegazione è difficile se non impossibile da trovare. San Pietro, che ha già di per se stesso il fascino naturale che è proprio di tutte le isole, possiede in più anche quel quid percettibile ma indefinibile insieme, una sorta di sex appeal che la rende seducente e indimenticabile. Forse questo “dire/non dire” è l’unico modo, l’unico responso accettabile per spiegare il perché San Pietro sia anche l’isola delle nozze felici.

Nicolo Capriata


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STORIA E CULTURA TABARCHINA

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE SAPHYRINA

Asdsociazione capriata

“San Pietro”, il libro di Jünger alle stampe. Per la prima volta il volume è tradotto in italiano La prossima iniziativa dell’Associazione Culturale saphyrina quasi sicuramente uscirà dagli stretti ambiti locali per proiettarsi in campo nazionale. Si tratta della pubblicazione di un libro di Ernst Jünger (che è già in corso di stampa) intitolato “San Pietro” nel quale il grande scrittore tedesco descrive l’isola, Carloforte, la sua gente negli anni cinquanta del secolo scorso. L’opera, e questo è il merito dell’associazione, non era mai stata tradotta in italiano. C’è da scommettere che il libro, oltre a tanti carlofortini, avrà anche tanti lettori sparsi in ogni luogo d’Italia, essendo l’autore tedesco - morto a 103 anni nel 1998 - ancora molto letto e seguito.

L’Associazione Culturale saphyrina è stata costituita da un gruppo di appassionati della storia e della cultura tabarchina: è apolitica, aconfessionale e non persegue alcun scopo di lucro. La fase di gestazione ha avuto origine nel 2009, ma è stata legalmente istituita il 28 marzo del 2011. Tra gli scopi statutari della saphyrina vi è quello di organizzare manifestazioni e spettacoli, concorsi e conferenze, convegni e dibattiti, corsi, mostre e incontri a qualsiasi livello sia nazionali che internazionali, di promuovere e favorire gli scambi e gli incontri fra le comunità storicamente e culturalmente legate a Carloforte (Pegli, Tabarca, Nueva Tabarca, Calasetta) e naturalmente incoraggiare e facilitare i contatti e gli scambi di esperienze con tutte le realtà culturali di Carloforte. Oltre, infine, a sensibilizzare e sostenere la salvaguardia dei beni storici, culturali e ambientali. Diverse sono state le iniziative e le attività intraprese dall’associazione, tutte molto seguite e apprezzate, in questo breve lasso di tempo: incontri culturali, mostre, pubblicazioni, organizzazione di manifestazioni ecc. Ricca l’attività in poco più di quattro anni di vita: 60 gli incontri culturali e le conferenze; 10 sono state le presentazioni di libri; 6 le mostre etnografiche organizzate sulle tradizioni tabarchine; 6 le pubblicazioni realizzate tra le quali spicca l’opuscolo “L’Italia, Carloforte e il Risorgimento”, curato per conto del Comune di Carloforte per i festeggiamenti del 150° dell’Unità d’Italia e la pubblicazione del

manoscritto dell’ing. Enrico Maurandi che è, a tutt’oggi, il libro di storia carlofortina più completo ed attendibile. Nel 2013 l’associazione ha curato ed organizzato per il Comune i festeggiamenti per il 275° anniversario della fondazione di Carloforte. Infine, nell’ottobre del 2013 ha curato e organizzato il trasporto della Medaglia d’Oro Giacomo Parodo dal cimitero di Tolone a quello di Carloforte, creando un evento al quale ha partecipato tutta la popolazione e alte autorità civili, militari e religiose oltre a numerosissime associazioni del Sulcis e del Cagliaritano. Fiore all’occhiello dell’associazione è la pubblicazione di una propria rivista, “Quaderni Tabarchini” che tratta ovviamente tutti gli aspetti dello scibile tabarchino compresa le peculiarità naturalistiche dell’isola di San Pietro. La rivista, alla quale collaborano anche docenti universitari, è riccamente illustrata con foto, spesso inedite, come spesso inediti sono i tanti argomenti trattati. Al momento sono stati pubblicati cinque numeri, tutti richiestissimi. C’è perfino chi li considera, al di là del loro valore culturale, oggetti da collezione. All’associazione è stata affidata, inoltre, la gestione del museo civico di Carloforte. La saphyrina è iscritta all’albo provinciale delle associazioni Provincia di Carbonia Iglesias. L’associazione è su Facebook e ha anche un sito internet il cui indirizzo è: sites.google.com/site/saphyrina, ma si può cliccare semplicemente saphyrina ed entrarvi con facilità.


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Carloforte: Nuraghi, tombe cartaginesi e necropoli

I tesori archeologici nelle viscere di Carloforte L’isola di San Pietro fu abitata fin dal neolitico antico (VI millennio a.C.).

A parte la presenza di resti sparsi qua e là per il territorio isolano, presumibilmente risalenti a quell’epoca preistorica, c’è una testimonianza certa: la presenza di manufatti in diaspro provenienti senza alcun dubbio dai giacimenti del Becco, sull’isola di San Pietro appunto, ritrovati e distribuiti in diversi siti neolitici del Sulcis e finanche a 80 km di distanza, nelle vicinanze di Terralba.

Bricco del Polpo e l’altro sopra la piana del Macchione. Ma il primo vero e sistematico studio sui monumenti nuragici isolani appare su una tesina del 1978 (pubblicata nel 1983) del prof. Renato Monticolo che rileva i resti di tre costruzioni nuragiche e un recinto fortificato (castra nuragico). Dieci anni più tardi, nel 1988, il prof. Giovanni Lilliu, tra i massimi esperti della civiltà nuragica, compie un sopralluogo sulla “Pappassiña” in regione Tanche e individua un nuraghe “di pianta complessa perché alle primitive torri si addossano murature sussidiarie intervenute successivamente”. Infine nel 2003 il prof. Zucca fa risalire le vestigie nuragiche presenti sull’isola all’età del bronzo medio e tardo, ossia tra il 1500 e il 1000 a.C. Le prime notizie, invece, sugli insedia-

nel 1943 durante la costruzione di un rifugio antiaereo vennero alla luce alcune tombe, non ci furono studi o eseguiti scavi per documentare la presenza fenicio-punica sull’isola. Almeno fino al 1961. In quell’anno l’archeologo Francesco Barreca individuò presso la torre di San Vittorio (allora sede di una stazione astronomica) i ruderi di una cinta fortificata e l’anno seguente Gennaro Pesce, Sovrintendente alle Antichità, eseguì degli scavi di ricognizione e, sempre nei pressi del forte di San Vittorio, trovò le fondamenta di un tempio fenicio-punico dedicato al dio Baalshamin della grandezza di 26 metri per 14. Gli studi su questo insediamento furono in parte portati avanti da Paolo Bernardini e Raimondo Zucca, che nel 1998 scoprirono diversi reperti di età fenicia

“…Le prime notizie sugli insediamenti fenicio-punici risalgono addirittura agli ultimi decenni del Settecento...” Insediamenti archeologici a Carloforte

Nuraghi  Acquedotti  Strade  Monumenti funerari  Altre strutture

Disegno delle tombe romane trovate dal Crespi nel 1878 Il che fa presuppore un sistema di sfruttamento e di circolazione di questa risorsa litica, ma anche una rete di scambi poiché sull’isola, a sua volta, sono state rinvenute frecce di ossidiana provenienti dal monte Arci, come hanno documentato alcuni autori (Lugliè - Vacca- Zara) nel 2004 a Firenze in un convegno sulla preistoria italiana. Molto più antica è invece la conoscenza della presenza di costruzione nuragiche sull’isola. Il primo a parlarne fu il canonico Giovanni Spano nel 1862. Probabilmente però questa sua segnalazione fu più per “sentito dire” che per propria esplorazione sui luoghi. Molto en passant l’ingegnere Michele Taricco nel 1933 nel suo “Geologia dell’isola di San Pietro – Capo Sperone” fa cenno alla presenza di due nuraghi, uno sul

menti fenicio-punici risalgono addirittura agli ultimi decenni del Settecento. Le riporta il cappellano tedesco Joseph Fuos che, nel suo “Lettere dalla Sardegna”, rileva la presenza di tombe a camera cartaginesi. Nel 1828 Henry Smith, capitano della marina inglese nella sua opera “Relazione sull’isola di Sardegna” documentò il rinvenimento di un’anfora, nei pressi delle saline, piena di monete cartaginesi di bronzo. Ma forse la scoperta più interessante riguarda il ritrovamento nel 1877 a Cagliari di un cippo votivo risalente al III/IV secolo a.C., ora conservato presso il museo archeologico cagliaritano, la cui iscrizione fu subito decifrata dall’esperto Francesco Elena e nella quale compare il primo nome dell’isola: YNSM. Ma in definitiva, a parte ritrovamenti fortuiti come quando

(una trentina) e un frammento di una tazza greca. Sugli insediamenti fenicio-punici sull’isola di San Pietro è stata attualmente attivata una nuova campagna di studi e di scavi su una necropoli ubicata a pochi passi dal centro abitato. La missione, che è guidata dall’archeologo Wissam Khalil dell’Università libanese di Beirut, ha lo scopo di portare meglio alla luce le tombe già individuate e di scoprirne di nuove cercando di stabilire quale sia la loro tipologia, il tipo di inumazione e cremazione e la cronologia della necropoli stessa. Ma la prima vera e ufficiale campagna di scavi archeologici eseguita sull’isola di San Pietro venne effettuata nel lontano 1878 dall’allora “soprastante” (così si diceva) alle antichità, Vincenzo Crespi, che portò alla

luce una necropoli di epoca romana in località Spalmatore di Fuori, non molto distante dalla spiaggia de “La Caletta”. Ma quantunque sull’isola esistono qua e là varie vestigia risalenti all’epoca romana, da allora non sono state fatte ricerche sul piccolo pagus che in epoca imperiale esisteva sull’isola. C’è in ultimo da sottolineare, anche alla luce di quanto detto, l’enorme potenziale archeologico dell’isola che è stata popolata in tutte le età, dal neolitico all’epoca romana. È una risorsa che può avere grandi ripercussioni sia sul piano culturale che su quello turistico. La campagna di scavi iniziata nel 2011 dall’Università del Libano, e che tuttora sta proseguendo darà, sicuramente, dei frutti che fino a qualche anno fa erano impensabili.



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Carloforte: ai confini del mare

un mondo da scoprire ai confini del mare Natura, storia e cultura nel Proposal Museale per Torre San Vittorio.

L’isola di SanPietro, un gioiello nel cuore del Mediterraneo, è da sempre crocevia di uomini, navi, culture e tradizioni. Le sue vicende si dipanano ai margini - e al centro - di avvenimenti epocali, capaci di cambiare la geografia e la storia del bacino mediterraneo. Fin dall’antichità uno snodo strategico di rotte di navigazione, la sua collocazione geografica la rese punto di riferimento di importanti direttrici commerciali e influssi culturali. Scopo della civica amministrazione, dei suoi interlocutori scientifici e culturali, dei suoi referenti istituzionali e dell’associazionismo che caratterizza la popolazione tabarchina, è quello di progettare e realizzare una valorizzazione complessiva degli elementi esistenti sull’isola, ma spesso non conosciuti. A partire da queste premesse, e per via del forte legame della città di Genova con la comunità tabarchina, nel 2014 è stato siglato un protocollo d’intesa tra il MuMA - Istituzione dei musei del Mare e delle Migrazioni - e il Comune di Carloforte. L’intesa ha come fine la valorizzazione del

Un progetto a cura di MuMA, Istituzione Musei del Mare e delle Migrazioni di Genova, Comune di Carloforte


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La vista dalla terrazza del museo

Carloforte: ai confini del mare territorio dell’isola di San Pietro, attraverso il racconto di una “storia nella storia”: quella dell’isola e dei suoi valori. Nell’ottica di un turismo responsabile ed eco sostenibile, gli elementi della valorizzazione vanno cercati nell’esistente, siano essi beni ambientali e paesaggistici, storici e architettonici, o urbanistici. Secondo questo approccio, è dalla catalogazione dell’esistente che nascono le linee guida di una vera promozione culturale. Il punto di partenza della valorizzazione è pertanto identificato nell’edificio simbolico e suggestivo della Torre San Vittorio, già sede di un osservatorio astronomico di straordinaria importanza. Il luogo si presta - come nessun altro - ad abbracciare con lo sguardo e la mente il paesaggio e le vicende di un’isola fuori dal comune . A partire dal fascino dell’edificio stesso, sede del centro espositivo del progetto, il visitatore compie un viaggio nella storia isolana e nei suoi rapporti con la Sardegna e le culture continentali, per uscire poi dalle sale del museo motivato a seguirne le

Una delle sale del museo (rendering)

tracce sul territorio, godendo al contempo di una natura rigogliosa e spesso intatta, gustandone i sapori unici e scoprendo una ricchezza inimmaginabile. Il percorso di visita, articolato per grandi epoche storiche e supportato da avanzate soluzioni multimediali e strategie narrative, è infatti capace di un coinvolgimento emozionale; parallelamente, grazie a stretti collegamenti con luoghi altamente rappresentativi, il pubblico è incentivato a visitare il territorio locale in modo ancora più consapevole ed esaltante. La visita comincia a partire dal piano interrato della Torre, dove il visitatore entra in contatto con la paleogeografia e i primordi dell’antropizzazione a San Pietro, grazie ai suggerimenti - proposti come possibili spunti di ricerca – relativi al periodo prenuragico. Soluzioni touch e interattive approfondiscono il tema delle prime frequentazioni dell’isola in relazione alla preziosissima ocra, largamente presente sull’isola e impiegata fin dalle epoche più remote come elemento sacrale nei riti di

sepoltura. Il percorso museale prosegue al piano rialzato per affrontare il periodo nuragico attraverso l’individuazione delle testimonianze presenti sul territorio. Un video-wall interattivo propone la storia, le suggestioni e le ipotesi relative ai nuraghi. Il pubblico può quindi esaminare le testimonianze relative all’età fenicio-punica, tra le meglio documentate sull’isola. Fulcro della sezione sono la documentazione e i reperti provenienti dagli scavi recentemente condotti a Carloforte, con l’esposizione dei più significativi ritrovamenti (idoli miniaturistici ed elementi di oreficeria). Non è tutto: il visitatore può sperimentare direttamente la visita all’interno di una delle tombe della necropoli carlofortina di largo Giacomo Parodo, attraverso il passaggio alla realtà virtuale. Grazie a simulazioni 3D, di notevole impatto e coinvolgimento, si potrà “prendere parte alla scoperta”, esplorando un antro sconosciuto dal punto di vista dell’archeologo e immedesimandosi emotivamente nell’azione.

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Comune di Carloforte

FESTA DE

SAN PÉ

CARLOFORTE 27.28.29GIUGNO2015

L'antica processione a mare, i giochi della tradizione, musica e spettacoli. Tre giorni di festa tra devozione, luci e colori.


CONSORZIO TURISTICO DI CARLOFORTE, OBIETTIVO LA PROMOZIONE DEL TURISMO NELL’ISOLA

Il Consorzio è stato costituito nel 1976 - ai sensi della vecchia legge comunale e provinciale del 1934 - tra il Comune di Carloforte, la Provincia di Cagliari (di recente sostituita dalla Provincia di Carbonia-Iglesias), la Camera di Commercio di Cagliari e il Credito Industriale Sardo (ora Banca CIS s.p.a.). Il fine istituzionale principale, così come risulta dallo Statuto, è l'attività di promozione dello sviluppo turistico, sociale ed economico dell’isola di San Pietro. Non ha quindi mai assunto i connotati di un ente con attività economicamente rilevanti, dovendosi limitare a favorire attività e manifestazioni turistiche o culturali, che potessero determinare anche un ritorno sotto l'aspetto turistico. Gli amministratori, è bene precisarlo, hanno sempre assolto i propri compiti senza alcun compenso. In base allo Statuto il Consorzio per lo sviluppo turistico del Comune di Carloforte ha lo scopo di promuovere, favorire ed incoraggiare tutte le iniziative utili per lo sviluppo turistico dell'intero territorio comunale di Carloforte.

A tal fine provvede in particolare: •

• •

agli studi, ai progetti, alle proposte per promuovere lo sviluppo turistico, in modo particolare quello di natura sociale nel comprensorio, ed alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche ed ambientali del territorio comunale; all'acquisizione, anche in concessione, delle aree ed immobili occorrenti per l'impianto delle singole aziende turistiche e per i servizi comuni; all'esecuzione e alla gestione di opere, di attrezzature e di servizi di interesse o di uso comune; a vendere o cedere in uso ad imprese turistiche le aree e gli immobili che il Consorzio abbia a qualsiasi titolo acquisito; a promuovere l'espropriazione di aree ed immobili necessari ai fini dell'attrezzatura della zona e della localizzazione turistica; al coordinamento, nell'ambito delle facoltà consentitegli dalle disposizioni vigenti, di tutti i servizi pubblici e privati concernenti il territorio interessato; ad assumere qualunque iniziativa idonea al raggiungimento dei fini istituzionali; all'amministrazione dei contributi, ordinari e straordinari, degli enti consorziati nonché dei fondi e dei proventi che gli possono pervenire a qualsiasi titolo.

CONSORZIO TURISTICO DEL COMUNE DI CARLOFORTE


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Carloforte: Gli eventi dell’estate

l’estate carlofortina

È ricco il calendario dell’estate carlofortina. Concerti, tornei di sport, degustazioni, proiezioni cinematografiche, danze, lezioni di cucina e di astronomia riempiranno le giornate dei mesi più caldi dell’anno. Eventi ed iniziative per grandi e bambini che non dimenticano le antiche tradizioni legate alla cultura carlofortina. Un programma per tutti i gusti all’insegna del divertimento e dell’allegria.

MAGGIO GIROTONNO

30 maggio > 2 giugno

GIUGNO 6 Giugno - ore 21 / EXME

MAURO SABBIONE

in concerto Tastierista dei Mattia Bazar e dei Litfiba, Sabbione è un musicista eclettico, curioso e sempre attratto da nuove produzioni. Personaggio estroverso, ama attraversare il mondo musicale attraverso tutti gli stili possibili, le contaminazioni e gli spazi non ortodossi, per riportare il dialogo musicale ad intrecciarsi alla vita, all’architettura, alla società.

21 Giugno

FESTA DELLA MUSICA EUROPEA

Anche Carloforte fa parte del circuito della festa della musica europea. Concerti di musica dal vivo si svolgono ogni anno, il 21 giugno, in tantissime città europee, principalmente all’aria aperta, con la partecipazione di musicisti di ogni livello e di ogni genere. Tutti i concerti sono gratuiti e sono all’insegna della spontaneità, la disponibilità e la curiosità che abbraccia i diversi generi musicali. È una festa aperta a tutti, appassionati ed amatori, che desiderano esibirsi tra piazze e

carruggi del paese. Per il terzo anno consecutivo la Festa europea della musica di Carloforte vedrà esibirsi le band locali rock, pop e jazz, pronte a regalare al pubblico la loro musica in concomitanza con tutte le altre città europee.

23 Giugno

LA NOTTE DI SAN GIOVANNI

Festa folk sulla promessa d’amore dei fidanzati. La festa di San Giovanni è un’antica ricorrenza, assai sentita fra i tabarchini. È chiamata anche festa degli innamorati in quanto, nella notte fra il 23 e il 24 giugno, gli innamorati consacravano il loro affetto reciproco scambiandosi un giuramento. Con un rito suggestivo e poetico le coppie raccoglievano le erbe di San Giovanni e eleggevano i “Compari di San Giovanni Battista”. Oggi, la notte di San Giovanni non è festeggiata che simbolicamente da qualche gruppo folk locale che si esibisce in canti della tradizione, spostandosi per le vie del borgo di Carloforte.


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18/04/2015 11.01.10


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Carloforte: Gli eventi dell’estate

26 > 28 Giugno

POSIDONIA FESTIVAL

Festival internazionale di arte, ambiente e sviluppo sostenibile. Posidonia Festival è un Eco-Festival internazionale di arte, natura e sviluppo sostenibile. Musica, cinema, visual arts, educational e conferenze celebrano la difesa dell’ambiente naturale costiero e, allo stesso tempo, un’opportunità per lo sviluppo sostenibile, culturale e turistico. Il Festival è infatti l’occasione per sperimentazioni e riflessioni che connettono in modo innovativo i mondi dell’ecologia, dello sviluppo sostenibile e dell’arte. La Posidonia oceanica

è un elemento fondamentale per l’equilibrio del Mar Mediterraneo e degli ecosistemi costieri: rappresenta quindi appieno lo spirito e le finalità del Festival. Durante il fine settimana si alternano conferenze, tavole rotonde, esibizioni di gruppi musicali, teatro, proiezioni a carattere ambientale e workshop per bambini.

29 Giugno

FESTA SAN PIETRO

La festa di San Pietro, dedicata al Santo apostolo patrono dell’isola e dei pescatori, è una delle feste più sentite e partecipate di Carloforte. Da non perdere la

scenografica processione di San Pietro: la statua del Santo è condotta attraverso le strade della città, sino al mare: qui è accolta su di una imbarcazione, che, seguita da numerosissime altre barche, compie il perimetro del porto, mentre, sui moli e sul lungomare, la gente prega, e nella rada le navi onorano trionfalmente il patrono con i fragorosi fischi delle loro sirene. Da alcuni anni partecipa anche un gruppo di pegliesi che arricchisce il corteo con le sue croci. La festa di San Pietro ha luogo in un momento molto particolare dell’anno, cioè quando vengono raccolti i frutti della mattanza del tonno: un tempo questo periodo significava una certa ricchezza per la locale comunità. Oltre ai momenti legati alla religione si organizzano giochi per bambini e degustazioni.

LUGLIO Un mese di luglio ricco di iniziative per il Comune di Carloforte. Tanti gli eventi che animeranno l’estate carlofortina. Musica, balli e divertimento sotto le stelle con le serate danzanti in piazza Repubblica e in piazza Angelo Aste e le serate musicali in piazza Pegli. Ad esibirsi ci sarà anche Ethnodance, un gruppo folk sulcitano. È dedicata alla pittura, invece, la mostra-concurso sul tema “Il mare dell’isola di San Pietro”, mentre per gli appassionati dei fornelli c’è la seconda edizione del concorso gastronomico “La cucina tabarchina”. In programma anche incontri

dedicati alla cucina di piatti tradizionali di diverse culture e all’astronomia, per imparare ad usare i telescopi. Non mancherà l’appuntamento con il Guitar festival, il Festival di chitarra classica “Fabrizio Ferraro”, dedicato alla musica classica, agli appassionati della chitarra e della bella musica. Il Festival è l’occasione per ascoltare la magia della chitarra classica dalle mani prodigiose di Fabrizio Ferraro e company. Venerdì 31 luglio si chiude con il cinema all’aperto nel cortile delle scuole elementari.

AGOSTO Il mese più caldo dell’estate sull’isola di San Pietro accoglie turisti e visitatori con un calendario che spazia dalla musica allo sport, dal cinema alle stelle del firmamento. Anche per il mese di agosto musica, balli e divertimento sotto le stelle con le serate danzanti in piazza Repubblica, in piazza Angelo Aste e in piazza Pegli. Gli appassionati di musica non possono perdere la terza edizione del Carloforte music festival: tre giorni all’insegna della musica classica in collaborazione con il Conservatorio di Musica e Andrea Tussaci. Piazza della Repubblica sarà anche il palcoscenico per il concerto della Banda musicale Città di Carloforte che si esibirà nel concerto d’estate. Cinema all’aperto nelle scuole elementari nei giorni 5, 7, 12, 14, 19, 21, 26 e 28 agosto. Scoprire il cielo e la magia delle stelle


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Carloforte: Gli eventi dell’estate sarà possibile durante la serata astronomica che sarà l’occasione per osservare i corpi celesti con i telescopi, mentre a ferragosto tutti con i nasi all’insù per ammirare la bellezza dei fuochi d’artificio al porto. Al lungomare si potrà godere dello spettacolo che illumina la notte del giorno più atteso dell’estate. Dove la luce, la musica e i colori faranno gli onori di casa. In piazza Repubblica in programma un torneo di basket 3 contro 3, mentre per conoscere meglio le specialità della cucina locale c’è l’appuntamento con la “Capunadda”. Tra le iniziative anche l’“Incontro col turista”: racconti, impressioni e consigli dei turisti che visitano l’isola e la 19\esima edizione del festival internazionale “L’isola dell’isola di una penisola”: teatro, musica, cinema, prelibatezze gastronomiche e passeggiate notturne a suon di fanfara caratterizzeranno anche quest’anno il fine agosto tabarkino.

SETTEMBRE 2 Settembre

CINEMA ALL’APERTO.

Proiezioni nel cortile delle scuole elementari.

5 Settembre

CARLOFORTE CORRE “A GAMBE PAI CARUGGI”

Gara podistica con la partecipazione di atleti regionali. Venite a correre a Carloforte per scoprire l’atmosfera della magica estate settembrina che con i suoi colori, i giochi di luce e gli scorci suggestivi rendono la cittadina una location unica nel suo genere. La gara podistica si svolge nel cuore del centro storico di Carloforte. Gli atleti percorrono l’originale percorso dei caruggi attraverso atmosfere secolari che ricordano i centri storici liguri.

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Girotonno 2015

Che la festa abbia inizio! Grandi chef internazionali, esperti di cucina, giornalisti e opinion leader si danno appuntamento a Carloforte per celebrare lo scambio tra culture mediterranee che ancora mantengono viva la millenaria tradizione della pesca dei tonni.

Dal 30 maggio al 2 giugno a Carloforte torna il Girotonno. Momento centrale dell’evento è la gara gastronomica internazionale, l’International Tuna competition, alla quale parteciperanno chef provenienti da Argentina, Francia, Giappone, Italia, Olanda e Perù che prepareranno ricette a base di tonno cotto e crudo. A giudicare i piatti ci sarà una giuria tecnica, formata da giornalisti ed esperti, presieduta da Sonia Peronaci, cuoca, scrittrice, presentatrice e blogger italiana, fondatrice del sito internet di cucina Giallo Zafferano. Ad assaggiare e votare anche una giuria popolare, composta dai visitatori della manifestazione che potranno assaggiare i piatti e votare con palette numerate. A condurre tutti gli appuntamenti sul palco l’attore e chef italo-americano Andy Luotto e la showgirl Eliana Chiavetta. Grandi chef e pasticceri internazionali sono i protagonisti dei Girotonno live cooking. Sul palco si esibiranno dal vivo proponendo le loro migliori ricette che saranno poi degustate dal pubblico in platea. Alti momenti di cucina d’autore con gli chef “stellati” Claudio Sadler, chef di fama internazionale con 2 stelle Michelin, Igles Corelli, chef del ristorante Atman di Pescia (Pistoia) e Giancarlo Morelli, patron del ristorante Pomiroeu a Seregno (Mi), entrambi una stella Michelin. Tra i protagonisti anche il simpatico e vulcanico Andy Luotto, il giapponese Hirohiko Shoda,

detto Hiro, protagonista su Gambero Rosso Channel del programma “Ciao sono Hiro” e i migliori chef sardi, Luigi Pomata e Stefano Deidda. Al Girotonno anche le dolcezze di uno dei maggiori pasticceri italiani, Maurizio Santin. Il Tuna Village è il villaggio gastronomico della rassegna. Sulla banchina Mamma Mahon è possibile degustare tante specialità a base di tonno insieme ai piatti tipici del territorio: tris di cous cous (verdure, carne, pesce), pasta al forno al tonno, pasta al forno in rosso, insalata di riso di mare, insalata di riso di terra, tonno alla carlofortina, tonno

al Carignano, spezzatino di tonno, cappunadda di tonno, insalata mista, pane/galletta, frutta, gelato e vino bianco o rosso. (ticket 15 euro) Piazza Pegli si trasforma invece nella Piazza dei sapori della Sardegna dove a trionfare sono le migliori specialità dell’isola: malloreddus alla campidanese, assaggi di formaggi, vitella arrosto, un gelato Sammontana, un bicchiere di vino Cantine Meloni o una birra Ichnusa o una bottiglietta d’acqua San Giorgio. (ticket 15 euro). Sul lungomare e lungo le stradine del centro storico di Carloforte (Banchina Mamma Mahon, corso Cavour, piazza Repubblica) l’expo village offre ai visitatori la possibilità di fare shopping tra le specialità agroalimentari locali e i prodotti dell’artigianato sardo. Il villaggio espositivo rimane aperto tutti i giorni con orario no-stop fino a mezzanotte. Anche i visitatori più piccoli potranno divertirsi al Girotonno. Ai bambini è dedicata infatti l’area “Ludo kids” in piazza Pegli, dove giocare e divertirsi ogni giorno, dalle ore 11 alle ore 22. Al villaggio dello sport, aperto ogni giorno dalle 10 alle 18, si può giocare a beach volley, a basket, divertirsi con lo skate, i tappeti elastici e il parkur, un gioco di movimento ad ostacoli. Grandi artisti in concerto al Girotonno. Ogni sera al Campo sportivo di Carloforte si esibiranno grandi star della musica italiana, da Renzo Arbore, accompagnato dall’Orchestra italiana, al cantautore Francesco De Gregori che proporrà i suoi indimenticabili successi a Fedez, amato dal pubblico più giovane, che regalerà entusiasmo ed energia ai suoi fan. Farà tappa a Carloforte anche il Tempo reale Extra tour di Francesco Renga. che dopo aver conquistato oltre quaranta teatri italiani a colpi di sold out, aprirà il suo Tempo reale Extra tour proprio da Carloforte. Il nuovo spettacolo estivo vede in scaletta le canzoni di “Tempo reale” e i successi della sua carriera.


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Girotonno: l’evento

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Una kermesse unica nel suo genere Quattro giorni di appuntamenti, degustazioni, concerti e live cooking alla scoperta della cultura di tonni e tonnare.

A Carloforte, dal 30 maggio al 2 giugno torna il Girotonno, alla tredicesima edizione. L’antica e caratteristica città tabarkina ospita un evento unico nel suo genere che vede protagonista il tonno rosso del Mediterraneo, una delle specie più pregiate di questo grande pesce pelagico che da secoli si pesca sull’isola di San Pietro. La rassegna, nata nel 2003, è diventata, nel corso degli anni, un appuntamento internazionale dedicato ai gourmet e agli estimatori del tonno di qualità. Il progetto del Girotonno nacque allora per promuovere un vero e proprio angolo di paradiso sconosciuto però dal panorama turistico e per valorizzare e rilanciare la tradizione della tonnara di Carloforte, prima nel Mediterraneo per quantità e la più pescosa al mondo, con un’attività ininterrotta dal 1738, anno di fondazione della città. Carloforte conquista il titolo di Capitale mondiale del tonno di qualità e la manifestazione si impone nel panorama più qualificato degli eventi enogastronomici italiani, vincendo anche il prestigioso Premio nazionale dedicato al giornalista Luigi Veronelli, promosso da Class editori. Il progetto della manifestazione valorizza non soltanto le eccellenze agroalimentari del territorio ma dà spazio

anche alla cultura, lo spettacolo, alla musica. Negli anni si sono alternati sul palco Almamegretta, Agricantus, Mauro Pagani della Premiata Forneria Marconi, Enzo Avitabile e i Bottari di Portico, gli Stadio e Demo Morselli e la sua orchestra. Ma anche vip e personaggi dello spettacolo hanno scelto di prestare il loro volto e il loro estro a sostegno della manifestazione, Ficarra e Picone, lo chef Gualtiero Marchesi; le conduttrici televisive Tessa Gelisio e Donatella Bianchi; gli speaker di Radio Rai Due, Fede&Tinto; i giornalisti enogastronomici Davide Paolini e Paolo Marchi, il critico Enzo Vizzari; Beppe Bigazzi; Anna Moroni, il professore Carlo Cannella, e tanti altri. Con il Girotonno Carloforte si è candidata a diventare il centro di un mare unico al mondo, che unisce anziché dividere; il luogo dove raccontare uomini, storie e sapori che si snodano sulle rotte del tonno per dare lustro ad un’isola che merita un vero rilancio. Questa la storia di un evento, la storia di un successo.


BISOGNA BERE CON I SOGNI NEL CUORE.

Antiche vigne “a piede franco” affacciate sul mare. Uve cullate dal sole tra il profumo del sale e della macchia mediterranea. Un terroir unico e una cultura antica. Dentro ogni bottiglia c’è un’Isola che da millenni parla al cuore degli uomini. Godetevi la sua storia lentamente, sorso dopo sorso.

MESA. LA CANTINA DI GAVINO SANNA.



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Programma Tutti i giorni > Expo / Food / Recreation h 10 > 19

h 12 > 15 | h 19 > 21.30 | h 23.30 > 2

VILLAGGIO DELLO SPORT

TUNA VILLAGE (1) Degustazione di specialità a base di tonno ai sapori carlofortini Banchina Mamma Mahon

Beach volley, basket e giochi per bambini Corso Battellieri h 11 > 22

Da sabato 30 maggio a lunedì 1 giugno h 12 > 24 Martedì 2 giugno h 10 > 24

Piazza Pegli

PIAZZA DEI SAPORI DELLA SARDEGNA (1)

EXPO VILLAGE

Villaggio gastronomico delle specialità sarde a cura del Comune di Guasila Piazza Pegli

In mostra i prodotti dell’agroalimentare e dell’artigianato sardo Banchina Mamma Mahon Corso Cavour Piazza Repubblica

LUDO KIDS

h 20 > 2.30

h 13 / Palco - Corso Battellieri

h 13 / Palco - Corso Battellieri

h 13 / Palco - Corso Battellieri

h 12 / Palco - Corso Battellieri

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

Tonno in crosta con pomodoro secco, basilico e cipolle in agrodolce. Talk food con degustazione dello chef Andy Luotto

Tonno, pistacchio e pesca. Talk food con degustazione a cura dello chef Stefano Deidda

h 17.30 / Palco - Corso Battellieri

h 17.30 / Palco - Corso Battellieri

Panzanella di pomodori, tonno marinato e leggermente affumicato, perle morbide di caprino. Talk food con degustazione dello chef Giancarlo Morelli

TUNA COMPETITION (3) Gara internazionale di tonno 2a Semifinale

h 19 / Palco - Corso Battellieri

h 14 / Palco - Corso Battellieri

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

h 21 / Palco - Corso Battellieri

h 19 / Palco - Corso Battellieri

TUNA COMPETITION (3)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

Rossini di tonno e Cannonau. Talk food con degustazione dello chef Luigi Pomata

h 19.30 / Palco - Corso Battellieri

TUNA COMPETITION (3) Gara internazionale di tonno 1a Semifinale h 21.30 > 22.30 / Palco - Corso Battellieri

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE Il sindaco di Carloforte dà il benvenuto e presenta la rassegna al pubblico. Diretta su Videolina.

Girotonno Live Show h 21.30 / Campo Sportivo - Pino Solitario (4)

Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana

h19.30 / Palco - Corso Battellieri

TUNA COMPETITION (3) Gara internazionale di tonno 3a Semifinale

Girotonno Live Show h 21.30 > 22.30 / Palco - Corso Battellieri

TALK SHOW h 21.30 / Campo Sportivo - Pino Solitario (4)

Fedez

Girotonnando e Caffè Viennese: dolci interpretazioni del tonno. Talk food con degustazione del pasticcere Maurizio Santin

Finale della gara internazionale di tonno

Tonno affumicato con salsa all’uovo, bottarga e macedonia verde croccante. Talk food con degustazione dello chef giapponese Hirohiko Shoda di Gambero Rosso Channel

Risotto ai fichidindia con tartare di tonno e caviale di cous cous nero. Talk food con degustazione dello chef Claudio Sadler

Tonno circolare. Talk food con degustazione dello chef Igles Corelli h 21 / Palco - Corso Battellieri

Girotonno Live Show h 22 / Palco - Corso Battellieri Premiazione del Tuna Competition h 21.30 / Campo Sportivo - Pino Solitario (4)

Francesco De Gregori

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

Era uno spaghetto con arsella e bottarga. Talk food con degustazione dello chef Luigi Pomata

Girotonno Live Show h 21.30 / Campo Sportivo - Pino Solitario (4)

Francesco Renga

h 24 / Molo

Spettacolo pirotecnico


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a 13 edizione

Tanti popoli, un unico Re (1) Degustazione pubblica a pagamento. Il costo del biglietto del Tuna Village è di 15 euro e comprende un vassoio composto da: un tris di cous cous, pasta al forno al tonno e in rosso, insalata di riso di mare e di terra, tonno alla carlofortina, tonno al carignano, spezzatino di tonno, cappunadda di tonno, insalata mista, pane/ galletta, frutta, gelato Sammontana ed un bicchiere di vino bianco o rosso da 0,25 cl delle Cantine Meloni, o una birra Ichnusa o una bottiglietta d’acqua San Giorgio. Il ticket per la degustazione presso la Piazza dei sapori della Sardegna è di 15 euro e comprende: malloreddus alla campidanese, assaggio di formaggi, vitella arrosto, un gelato Sammontana ed un bicchiere di vino bianco o rosso da 0,25 cl delle Cantine Meloni, o una birra Ichnusa o una bottiglietta d’acqua San Giorgio. (2) Gli appuntamenti del Girotonno Live Cooking sono a pagamento. Il costo del biglietto è di 15 euro. Il ticket dà diritto ad una degustazione (servita a tavola) di una ricetta preparata da uno chef stellato ed un bicchiere di vino. È previsto il servizio al tavolo. Fino ad esaurimento posti. (3) Gli appuntamenti del Tuna Competition sono a pagamento. Il costo del ticket è di 25 euro e dà diritto ad un posto in platea per assistere alla gara internazionale di tonno e degustare le ricette dei paesi in gara. Ogni partecipante avrà diritto a far parte della giuria popolare ed a votare i piatti degustati. Fino ad esaurimento posti. (4) I concerti presso lo stadio sono a pagamento. È possibile acquistare il ticket o presso l’info point o presso la biglietteria dello stadio fino ad esaurimento posti. I ticket dei concerti sono in vendita anche on line su www.girotonno.it

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Tuna Competition Gara internazionale di tonno, sei i paesi protagonisti Grandi chef si confrontano in cucina per una sfida all’ultimo piatto.

La tradizione gastronomica di sei paesi a confronto. Il Tuna competition è un momento prezioso di scambio tra culture. A sfidarsi quest’anno saranno sei paesi: Argentina, Francia, Giappone, Italia, Perù e Olanda, in cui è forte la cultura della pesca e della cucina del tonno, vero protagonista della rassegna. Gli chef proporranno in degustazione ricette a base di tonno cotto e crudo. A giudicare i piatti ci saranno due giurie, una tecnica - formata da giornalisti ed esperti di gastronomia - e una popolare. La giuria di esperti sarà presieduta da Sonia Peronaci, cuoca, scrittrice, presentatrice e blogger italiana, fondatrice di giallozafferano.it, oggi primo sito di cucina in Italia. La giuria popolare è formata invece dai visitatori della manifestazione che potranno partecipare alla competizione, assaggiare i piatti in gara e votare il proprio preferito. Mentre il voto della giuria tecnica rimane segreto per lasciare la suspence sul vincitore proclamato dal panel degli esperti, il voto della giuria popolare si esprime subito dopo la degustazione attraverso palette numerate. Il pubblico potrà dunque divertirsi ad assaggiare le ricette dei grandi chef internazionali in gara ed essere protagonista di una sfida entusiasmante che si svolgerà in diretta sulla banchina Mamma Mahon. La sfida finale tra gli chef è in programma lunedì 1 giugno alle ore 21, giornata in cui si svolgerà la premiazione dei vincitori sul palco. La giuria tecnica assegnerà anche due premi speciali: uno per la migliore presentazione del piatto e uno per l’originalità della ricetta. A condurre tutti gli appuntamenti l’attore e chef italo-americano Andy Luotto e la showgirl siciliana, Eliana Chiavetta.

Palmares 2005

Giappone

2010

Italia

2006

Libano

2011

Brasile

2007

Perù

2012

Colombia

2008

Marocco

2013

Giappone

2009

Italia

2014

Francia

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Miss Zafferano Sonia Peronaci guiderà la giuria di esperti. La fondatrice di Giallo Zafferano presidente del panel tecnico.

È cuoca, scrittrice, presentatrice e blogger, fondatrice del sito Internet di cucina Giallo Zafferano. Fonda con il marito Francesco Lopes , nel 2006, Giallo Zafferano che, in breve tempo, ottiene un grande successo, diventando il blog di cucina più amato dagli italiani raggiungendo più di 6 milioni di utenti unici al mese (Dati AudiwebView, Total Audience – Giugno 2014). Inizia diverse collaborazioni con mensili e portali online – come Grazia e Donna Moderna – e dal 2011 porta i suoi consigli e le sue video ricette anche in televisione. Partecipa a programmi televisivi come Masterchef e In Cucina con Ale e, dal 2013, ha una trasmissione dedicata sul canale FoxLife. È stata testimonial della Kraft ed è stata scelta da Lavazza come testimonial della miscela Qualità Oro. Ha vinto nel 2010, 2011 e 2012 il premio

“Miglior sito Food” dei Macchianera Blog Awards e nel 2013 il premio “Italia a Tavola” come Opinion Leader. Sonia è autrice di alcuni libri di cucina per Mondadori, tra cui Le mie migliori ricette (2011) e Divertiti cucinando (2012). Nel 2014 è uscito il suo primo ricettario pensato per i genitori alle prese con difficili gusti dei bimbi: Guarda che buono!

“…La giuria di esperti sarà presieduta da Sonia Peronaci, cuoca, scrittrice, presentatrice e blogger italiana, fondatrice di giallozafferano.it, oggi primo sito di cucina in Italia…”

I conduttori

Andy Luotto Da trent’anni sulla cresta dell’onda, è un talento naturale: attore, conduttore e cuoco italiano, nato a New York, naturalizzato statunitense, ma cittadino del mondo.

La sua passione per la cucina nasce per esigenza. La madre, scienziata e pluri-laureata, tra insegnamento e ricerche non aveva tempo per cucinare. Trasferitosi in Italia, al liceo lo soprannominano the cook (il cuoco). Torna in America nel 1969 dove, in tre anni e mezzo, si laurea in Scienze della comunicazione all’Università di Boston mantenendosi gli studi cucinando nelle case dei ricchi. Gira il mondo dall’Inghilterra al Sudan, dal Giappone alle Galapagos, realizzando più di 150 documentari, la maggior parte didattici, commissionati dai Ministeri dell’Educazione. Ricchissima la filmografia e significativa la presenza anche in televisione, con partecipazioni ad alcuni programmi cult della Rai, come L’altra domenica e Quelli della notte con Renzo Arbore, suo primo pigmalione, e più di recente sul canale tv di Alice, in coppia con Marisa Laurito per l’ironica trasmissione Pasta, Love e Fantasia. Dopo il diploma all’istituto alberghiero delle Grotte di Castellana, a 32 anni, apre un ristorante a Sutri (Viterbo) e poi a Frascati Il naso in cucina. Da allora comincia a cucinare ovunque e per

tutti: capi di stato, tuareg nel deserto, star internazionali e pigmei in Africa. La sua passione per la cucina è diventata anche un divertente ricettario dal titolo Faccia da chef e un libro, Padella story. Ricette e storie di un cuoco sotto le righe dove racconta come è approdato al mondo della cucina.

Eliana Chiavetta Giovane showgirl siciliana, è il volto femminile che affiancherà Andy Luotto nella conduzione del Girotonno.

Nel 2006 ha vinto il titolo di Miss Sicilia e ha partecipato allo storico concorso di Miss Italia, approdando alla finale. Oltre a un curriculum ricco di esperienze come modella su prestigiosi set fotografici e come presentatrice di diverse manifestazioni tra cui il Cous Cous Fest, il Festival internazionale dell’integrazione culturale di San Vito Lo Capo, Eliana è stata la co-conduttrice, per sette anni di Tgs Studio Stadio, il programma televisivo calcistico più visto in Sicilia. È speaker di Radio Action.


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La giuria

Giornalisti italiani e stranieri, esperti di enogastronomia, saranno i componenti della giuria tecnica del Girotonno. Al loro giudizio di esperti è affidato il compito di giudicare le ricette in gara all’International Tuna Competition. Accanto al giudizio degli addetti ai lavori ci sarà quello della giuria popolare, formata dai visitatori della manifestazione.

Nicola Dante Basile

Akanegakubo Tetsuro

È nato a Maebashi in Giappone nel 1939. È corrispondente del Shakai Shimpo di Tokyo dal 1977. Attualmente scrive anche su “Mappa Mondo del Gusto”, sul giornale economico giapponese Nikkei. È socio dell’Associazione Stampa Estera a Roma dal 1977 ed è membro fondatore del Gruppo del Gusto.

Francesca Ciancio

Giornalista professionista e videomaker. Si occupa di vino e cibo da un decennio scrivendone sulle più influenti testate - cartacee e on line - di riferimento. Scrive di viaggi e lifestyle, ama la fotografia e la lettura. Documentarista e sommelier, innamorata del vino sopra ogni cosa.

Giornalista e scrittore, dal 1978 lavora a “Il Sole-24Ore” prima come praticante poi come cronista raccontando l’impresa che progetta, investe, produce e vende la “tavola” italiana nel mondo. Oggi scrive anche per il blog “TerraNostra” de “ilsole24ore. com”. È autore di una quindicina di saggi pubblicati con Il Sole-24Ore. Per i tipi di BCDalai ha pubblicato “New Menu Italia, la rivoluzione che ha cambiato la tavola degli italiani” e “Olio& Vino, eccellenze d’Italia prima e dopo la crisi” (premio “Libri-daGustare, Salone del Libro 2012).

Pio D’Emilia

Corrispondente per l’Asia Orientale di SkyTG24 -collaboratore dell’Espresso, il Manifesto e del Fatto Quotidiano, dove firma la rubrica “Oriente Furioso” - da oltre 30 anni vive e lavora in Giappone. Per SkyTg24 ha coperto eventi come la guerra di Georgia, l’emergenza nucleare in Corea del Nord, le rivolte popolari in Thailandia e Birmania, intervistando personaggi come Aung San Suu Kyi, il Dalai Lama, Ai Wei Wei ed Wuer Kaixi, uno dei protagonisti di Tien Anmen. E’ stato tra i primi giornalisti ad entrare nella “zona proibita” di Fukushima dopo l’incidente nucleare del 2011.


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Elena Postelnicu

Isabella Fantigrossi

Piacentina, classe 1985. Laureata in Lettere moderne all’Università degli Studi di Milano e diplomata nel 2011 alla scuola di Giornalismo Walter Tobagi, dal 2012 scrive per il Corriere della Sera dove si occupa, tra gli altri temi, di cibo e cucina sia per il quotidiano che per il canale online cucina. corriere.it.

Carla Icardi

Architetto, da cinque anni dirige Italian Gourmet, divisione food di DBInformation Spa, a cui fanno capo quattro riviste di settore tra cui il magazine Grandecucina, una ricca produzione di libri ed eventi specializzati.

Da oltre 20 anni lavora per Radio Romania, la radio nazionale del paese. Ha studiato alla Facoltà di Giornalismo a Bucarest per poi seguire diversi corsi di specializzazione. Dal 2007 è inviata in Italia e segue i principali eventi di politica, economia, sport, cultura e tradizioni del nostro paese. Ama l’Italia e le piace raccontare il suo paese “adottivo” nel suo paese di nascita.

Hans Van Der Lugt

È giornalista, scrittore ed esperto d’Asia Orientale. Già presidente della Stampa Estera di Tokyo. Dopo aver vissuto circa dieci anni in Giappone, lavorando come corrispondente per l’autorevole quotidiano olandese Nrc Handelsblad e la radio-tv pubblica Nos, è tornato in Olanda. Attualmente è inviato speciale dello stesso giornale, specializzato sui temi dell’ambiente, dell’alimentazione e dell’agricoltura. Ha scritto tre libri sull’Asia. È sposato con tre figli.

Elena Pouchkarskaia Christina Höfferer

È giornalista per il servizio pubblico austriaco ORF, Radio di Cultura, dal 2002. Avendo studiato relazioni internazionali a Bologna e storia a Vienna e Roma, si è poi specializzata sull’Italia. Nel 2011 è uscito il suo libro “Bella Arcadia. L’Italia degli scrittori ed artisti” e nel 2015 “Viaggio letterario a Roma. Dalla dolce vita alla grande bellezza”.

Violina Hristova

Corrispondente da 5 anni del più importante quotidiano bulgaro “24 ore” dove si occupa di vino, cibo, turismo, cinema, moda. Laureata in Giornalismo all’Università di Sofia, ha lavorato per 10 anni come corrispondente a Roma della radio BBC World Service di Londra.

Gianmario Marras

Fotografo professionista, collabora con Bell’Italia, Bell’Europa, In Viaggio, Class, Gioia, La Cucina Italiana, Touring Club Italiano, in Germania con ADESSO edita da Spotlight Verlag e per il web con il magazine on line The Travel News. È inoltre collaboratore della trasmissione di viaggi, musica e cultura “l’Atlante”, in onda ogni settimana su Radio Classica.

Milica Ostojic

Corrispondente della stampa serba per il quotidiano “Novosti” - “Zivot plus” e le varie riviste specializzate che trattano di made in Italy e particolarmente di cultura ed enogastronomia. Già corrispondente dell’agenzia statale serba “Tanjug” e della tv statale. Ha lavorato a Rai International dal 1999 fino al 2007.

Nasce a Mosca dove si laurea all’Università Statale. Arriva in Italia nel 1995 come corrispondente dell’Agenzia di informazione russa Ria Novosti. Dopo 6 anni, alla fine del contratto, torna a Mosca per poi ritornare in Italia due anni fa come inviata della casa editoriale Kommersant, la più grande in Russia. Scrive di politica, economia e società, cultura e moda. Ama il teatro, sopratutto il balletto, i libri, il cinema, ma soprattutto i viaggi. Ha una figlia, praticamente cresciuta in Italia.

Selin Sanlin

Turca di nascita, Italiana d’adozione. Classe 1976, adora fare da ponte tra i due Paesi. È la corrispondente della Tv nazionale turca (TRT Turk), scrive per il quotidiano Milliyet (La Nazione), collabora con la rivista Food in Life. Ha anche un suo blog in italiano, www.selin-news.it.

Dea Verna

Nasce a Pescara nel 1975. Giornalista professionista dal 1997, ha frequentato la Scuola per la Formazione al giornalismo Carlo De Martino di Milano. Negli anni Novanta ha condotto trasmissioni di musica, cinema, costume su Videomusic e Tele+, poi è passata alla carta stampata. Dal 2000 al 2006 ha scritto di costume e spettacolo per Anna, infine è approdata al settimanale Oggi, dove scrive soprattutto di televisione, cinema, celebrities e food. Vive a Milano con un marito olandese, il figlio Niccolò di tre anni e un gatto.

Hedvig Von Mentzer

Giornalista free lance e docente. Mangia, beve e scrive di food and wine ma è anche beauty editor, dal 2002 di Elle e di diverse altre testate del settore. Vive a Stoccolma, ma viaggia molto spesso e altrettanto frequentemente mangia fuori. Il suo blog è msenplace.ellematovin.se.


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Girotonno: i Paesi in gara

Argentina In squadra il “re della griglia” e l’esperto di cucina sana. L’Argentina sarà rappresentata al Girotonno dalla coppia di chef formata da Claudio Colombo Severini e Rodrigo Rivarola, re della griglia e storica anima del ristorante milanese Don Juan, considerato uno dei migliori ristoranti argentini in Italia. Claudio Colombo Severini, lombardo di Legnano, è uno dei massimi esperti di cucina sana ma gourmand. Ha studiato per sette anni a fianco della dottoressa Daniela Morandi, guru nel mondo della nutrizione moderna e creatrice della filosofia “nutri – gourmet”, discepola e ora collaboratrice del Dottor Barry Sears, meglio conosciuto come ideatore della “dieta a zona”. Nel suo curriculum esperienze in Italia, con Claudio Sadler, ma anche in Europa e in Giappone presso un ristorante italiano a Yokohama, due libri dati alle stampe (Cocktail e finger

food di Giunti e Pane e pani di Gribaudo), la fondazione di Teatro 7 (dove la preparazione dei piatti, grazie ad uno show cooking di grande effetto, diventava una delle esperienze sensoriali proposte agli ospiti del ristorante), oltre al lavoro al Don Juan, a fianco di Rodrigo Rivarola, nato a Cordoba (Argentina), in forza al ristorante dal 2007. Aperto nel maggio 2000, il Don Juan fu una rivoluzione nel panorama gastronomico milanese: allora l’autentica cucina argentina era praticamente sconosciuta in città. Il ristorante propone la migliore carne delle pampas rigorosamente selezionata e cotta secondo il metodo tradizionale dallo chef argentino. In dodici anni sono fioccati i successi e riconoscimenti da parte della critica, con recensioni e segnalazioni in tutte le maggiori guide, ma soprattutto di pubblico. Negli anni, poi, il locale è diventato anche sinonimo di innovazione gastronomica in linea con i valori della cucina argentina. Rodrigo, diplomato alla Scuela Integrale Gastronomica a Cordoba (Argentina), prima di approdare in Italia, ha lavorato in diversi ristoranti nel suo paese, Jhonny b good, Rockefellers, Grand Boulevard. Re incontrastato della griglia, Rodrigo è un maestro nella cottura delle carni argentine, suo cavallo di battaglia.

Girotonno: i Paesi in gara

Francia Ai fornelli Guillame dalla Senna e Fabrizio da Versailles. Guillaume Hirselberger è chef di cucina dal 2011 all’O Restaurant, gestito dal gruppo Bertrand, il più grande ristorante sull’acqua in Europa che vanta una terrazza impressionante con 150 posti sulla Senna, nel quartiere parigino di Levallois-Perret, a 6 chilometri dal centro della città. Il luogo è unico perché il ristorante “galleggia” su una chiatta di circa 600 metri ormeggiata sulla Senna e vanta una vista eccezionale sul fiume. Il ristorante ha anche un arredamento di grande design, firmato dall’architetto francese François Lamazerolle che si è ispirato, nel suo concept, agli elementi naturali. Nel menu del ristorante tutti prodotti di stagione. Guillaume propone una cucina pulita in cui il prodotto rimane sempre al centro, valorizzato nella sua freschezza. Con Guillaume in squadra al Girotonno c’è lo chef di origini italiane, Fabrizio Cosso,

esecutive chef dal 2013 al ristorante La petite Venise Castello di Versailles. Nato a Sassari, Fabrizio ha diverse esperienze in Sardegna, prima di partire per Londra, dove lavora al ristorante Cappuccino, in giro per l’Italia a Rimini, Livigno e Bologna per poi approdare in Svizzera, a Ginevra, dove è responsabile, dal 1997 al 2002,

della cucina italiana e della formazione al Crowne Plaza Hotel 5 stelle. Dopo una parentesi romana dove organizza, tra gli altri, la festa del’1 giugno 2003 con un buffet per 3.600 invitati nei giardini della Presidenza della Repubblica, approda in Francia, a Parigi dove lavora all’hotel Lotti fino al 2012.



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Italia Pulina e Cubeddu, dalla Sardegna parte la sfida al “mondo”. Gianfranco Pulina è chef al ristorante Golden Gate di Bortigiadas, immerso completamente nel verde nella regione della Gallura, in provincia di Olbia-Tempio. La passione della cucina nasce per caso durante il servizio militare. Nel 2002 lo sbarco al locale dello chef Gigi Sini, mentre la sua formazione prosegue frequentando i corsi dello chef carlofortino Luigi Pomata. Appassionatissimo del suo mestiere, è amante della cucina mediterranea. La cucina dello chef ploaghese rappresenta la cucina della Sardegna ed in particolare è un crocevia fra la Gallura, la Riviera del corallo di Alghero e l’Anglona, facendo incontrare

le eccellenze di questi territori e rivisitandoli con un tocco di creatività. È particolarmente attento alla selezione delle materie prime dando vita a piatti ricchi di personalità. È stato ospite di diverse trasmissioni televisive tra cui Tg2 Insieme, su Rai2. Con lui in squadra a rappresentare l’Italia c’è Sandro Cubeddu, chef al ristorante Torre bianca a Torralba (Sassari). I suoi primi passi in cucina li muove tra ristoranti e pizzerie della zona, cercando di apprendere il più possibile manualità e conoscenza dell’arte bianca. Lavora e studia contemporaneamente diplomandosi e cominciando gli studi universitari. A 24 anni la decisione di lasciare l’Università per dedicarsi totalmente alla sua passione. Comincia a frequentare corsi e a studiare, approfondendo in particolare il mondo dei lievitati. A Thiesi inizia la svolta: decide di mettersi in gioco prendendo una pizzeria in gestione a Torralba, dove attualmente, insieme a un gruppo di giovani, cerca di proporre delle nuove idee riguardanti il mondo dei lievitati ed in particolare la lavorazione del lievito madre.

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Perù

Percy, una passione per la cucina che nasce da piccolo. Percy Manuel Plaza nasce a Ucayali (Perù) nel 1986 e si trasferisce in Italia all’età di 7 anni Il suo primo approccio al mondo della cucina inizia nei fornelli di casa, curiosando e aiutando la madre. La passione per questo mestiere e la voglia di apprendere l’arte culinaria lo porta a scegliere la scuola alberghiera Tor Carbone di Roma dove, nel 2005, si diploma operatore dei servizi di ristorazione. Durante gli anni scolastici ha diverse esperienze di stage in grandi strutture alberghiere come l’Hotel Lord Byron (5 stelle) e l’Hilton ed in altri ristoranti di Roma. Nel 2008 comincia a lavorare a tempo pieno in un ristorante della capitale per 4 anni. Nel 2012 dopo aver concluso un corso di aggiornamento di cucina “A tavola con lo chef” l’opportunità di lavorare per 7 mesi come commis nel ristorante del Castello di Fighine Heinz Beck Seasons -1 stella Michelin - a San Casciano dei Bagni, prima esperienza importante che gli cambia completamente il modo di

interpretare il cibo. Nel 2013 entra nella cucina del ristorante Metamorfosi di Roma - 1 stella Michelin - dove riesce ad approfondire e apprendere nuove tecniche culinarie e ha la possibilità di collaborare con molti chef nazionali e internazionali. Nel marzo del 2014 si trasferisce per 8 mesi a Mallorca in Spagna nel ristorante dell’hotel Ibersol Son Caliu Mar 4 stelle. L’ultima esperienza, nel febbraio di quest’anno, è a Londra per poter imparare la lingua e continuare ad alimentare la sua passione. Oggi è chef de partie al The Royal Exchange Grand Cafè Sauterelle, nel cuore della city. In gara presenterà un ceviche di tonno rosso crudo con gel al frutto della passione e aria al pisco sour.

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Giappone In gara Yoshi, un maestro del sushi. A rappresentare la squadra giapponese al Girotonno sarà lo chef Yoshinobu Kurio, classe 1970, coadiuvato da due aiuti chef. Nasce in Giappone ad Osaka. Dopo un breve stage in Europa - a Berlino presso il ristorante Sapporo kan e al Sushi bar vox, il ristorante dell’hotel Gran Hyatt - torna nel paese del Sol levante dove comincia a lavorare prima ad Osaka e poi a Tokyo. Dal 2001 si “lega” alla catena Nobu, lavorando presso i loro vari ristoranti, Armani a Milano, Londra e New York. Infine nel 2008 apre a Milano, in via Giuseppe Parini, il suo ristorante, “Yoshi”, definito “giapponese autentico”. Yoshinobu Kurio, detto Yoshi dagli habitués, si sveglia presto al mattino per andare a comprare il pesce al mercato. Essendo un professionista del sushi, sa distinguere tra il pesce d’allevamento, quello pescato

a rete e quello pescato artigianalmente a canna, riuscendo quindi a selezionarlo con grande cura. Tutto questo mantiene alto il livello del suo prodotto. A pranzo Yoshi offre il Bento box, la tipica scatola giapponese divisa in diversi compartimenti gastronomici il cui contenuto cambia ogni giorno seguendo l’ispirazione giornaliera dello chef. La cena Yoshi oltre ad offrire il menù standard presenta al cliente anche un menù del giorno selezionando il miglior pesce della giornata arrivato direttamente dal mercato.

Girotonno: i Paesi in gara

Olanda Foto: Brambilla - Serrani

Eugenio Boer, una cucina di “essenza”. Nato a Rapallo, figlio di un olandese e di una ligure-siciliana, Eugenio Boer rappresenta la squadra olandese in gara. Si è formato alla corte di importanti chef quali Alberto Rizzo dell’Osteria dei Vespri di Palermo, Kolja Klebeerg del Vau di Berlino (1 stella Michelin), Gaetano Trovato dell’ Arnolfo di Colle di Val d’Elsa (2 stelle Michelin), Filippo Saporito della Leggenda dei Frati a Firenze e Norbert Niederkofler del St.Hubertus a San Cassiano Alta Val Badia (2 stelle Michelin). All’inizio del 2012 è chiamato a Milano come chef di Enocratia, il governo del vino dove lavora fino al 2013. La svolta all’inizio di quest’anno quando lo chef apre un suo ristorante gourmet a Milano, in via Marghera, Essenza, che lo porta a riscoprire ciò che di essenziale ha lasciato il segno durante la sua formazione in giro per l’Italia e a Berlino, da Gaetano Trovato a Norbert Niederkofler. La sua cucina oggi

è una cucina fatta di ricordi, di persone, di ingredienti, di storie, elegantemente mixate senza diventare mai effimera. Guardando il passato in funzione del futuro. “Quando creo un piatto – spiega lo chef gioco tra gli incroci e le suggestioni dei miei ricordi, delle mie esperienze, dei miei incontri umani sia a livello culinario che di vita”.


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SITG E T R O F O CARL E R U G I L A T I R E H S.MARG

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Come to Sea


info e programma Comune di S.Margherita Ligure



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Girotonno Live Cooking

L’alta cucina è Live! Grandi chef internazionali per alti momenti di cucina d’autore. Chef e pasticceri stellati sul palco del Girotonno.

Grandi chef e pasticceri internazionali sono i protagonisti dei Girotonno live cooking. Sul palco allestito sul corso Battellieri si esibiranno dal vivo proponendo le loro migliori ricette a base di tonno che saranno poi degustate dal pubblico in platea. I visitatori potranno così assistere alla preparazione dei piatti seguendo tutte le fasi della realizzazione della ricetta, tra consigli, curiosità e piccoli segreti svelati da parte di chi della cucina ne ha fatto una vera e propria arte. Tutti i piatti saranno in abbinamento ad una selezione delle più prestigiose etichette sarde. Claudio Sadler, chef di fama internazionale 2 stelle Michelin, Igles Corelli, chef del ristorante Atman di Pescia (Pistoia) e Giancarlo Morelli, patron del ristorante Pomiroeu a Seregno (Mi), entrambi una stella Michelin. Tra i protagonisti anche il simpatico e vulcanico Andy Luotto, Hirohiko Shoda, il volto della trasmissione “Ciao, sono Hiro” su Gambero Rosso Channel e i migliori chef sardi, il carlofortino Luigi Pomata, chef del ristorante Da Nicolo a Carloforte e del Luigi Pomata a Cagliari, celebrati tra i primi ristoranti della Sardegna e Stefano Deidda, chef del ristorante “Dal Corsaro” a Cagliari. Al Girotonno anche le dolcezze di uno dei maggiori pasticceri italiani, Maurizio Santin, conosciuto come il cuoco nero.

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Alti momenti di cucina con gli chef stellati Igles Corelli Dalla Romagna una stella della cucina internazionale. Rispetto per la tradizione e creatività per una cucina eclettica ma armoniosa

Molte delle ricette di Igles Corelli sono diventate dei classici della cucina italiana d’autore e si trovano, variamente interpretate, nei menu di molti ristoranti di tutta Italia. Lo chef, dallo scorso anno, è Presidente dell’Unione Italiana Ristoratori. Ha cucinato per il presidente USA, durante il summit di Firenze, per la Regina di Svezia a Ferrara e per il Principe Ranieri di Monaco nella prestigiosa cornice dello Yacht Club di Montecarlo, per il Presidente della Repubblica Cossiga, per il Premier Romano Prodi, per Massimo D’Alema, per artisti come Mario Schifano, Tono Zancanaro, Miguel Berrocal ed Ernesto Treccani. La frequente partecipazione a trasmissioni televisive sul canale satellitare del Gambero Rosso Channel e a varie trasmissioni Rai (Uno Mattina Estate nel 2001 e nel 2008, Italia sul 2, Linea Verde) e Mediaset ha contribuito ad accrescere la popolarità dello chef anche tra il grande pubblico, che apprezza in lui la simpatia e la semplicità con cui sa spiegare anche le ricette più complesse. Direttore dei corsi di cucina alla Città del Gusto, è anche autore di diversi libri di cucina: nell’ultimo libro, Igles 3, raccoglie i pensieri e le ricette di trentacinque anni di carriera.

Mar 2 giugno - h 19

esperienze lavorative in alcuni dei migliori ristoranti sia in Italia, con gli chef Antonino Cannavacciuolo, Claudio Sadler e Riccardo Camanini, che in Spagna, nei paesi baschi, dove lavora nel ristorante del famoso Martin Berasategui. Viaggiare e conoscere nuove realtà è stato fondamentale per la sua formazione, permettendogli di conoscere nuovi sapori e mentalità diverse di interpretare la cucina. Oggi è a capo di una brigata giovane e affiatata, il lavoro di squadra è alla base del successo di questa cucina. Deidda è stato votato in contemporanea Chef emergente 2010 dalla guida del Sole 24 Ore e da quella del Touring, dopo aver vinto a mani basse il premio per il Miglior brodetto al Festival internazionale del medesimo di Fano nelle Marche. La cucina di Deidda, oggi tra i docenti di Alma, è oggi anche al Fork, un bistrot gourmet accessibile a tutti.

Andy Luotto Lo chef e attore per uno show da non perdere

Stefano Deidda Il Corsaro sardo

Classe 1955, è chef patron del ristorante Atman, la Romagna in Toscana. È un cuoco eclettico che crea ricette originali e armoniose, grazie al rispetto per la tradizione, all’abilità tecnica e alla mancanza di pregiudizi che lo porta a continue sperimentazioni. La sua fama internazionale nasce negli anni ’80, quando si trovò alla guida della cucina del ristorante Il Trigabolo di Argenta (Ferrara), considerato dalla critica uno dei tre migliori ristoranti italiani, il primo sul piano dell’avanguardia culinaria. Qui consegue i maggiori riconoscimenti della critica gastronomica italiana e internazionale, tra i tanti: 2 stelle Michelin, 3 forchette Gambero Rosso, 4 templi su 5 dell’Accademia Italiana della Cucina, 2 toques su 3 Pirelli... posizionando il locale tra i primi 3 in Italia. Per quanto sia considerato tra gli esponenti di spicco dell’avanguardia gastronomica italiana, Igles Corelli ha le proprie radici solidamente piantate nelle tradizioni della propria terra d’origine: la provincia di Ferrara. Predilige gli ingredienti freschi, freschissimi, ancora intrisi del profumo della terra o del mare. Ciò non gli impedisce di utilizzare, divertendosi per la libertà creativa che consentono, anche ingredienti esotici. Per molti colleghi è indiscutibilmente un “maestro”.

Sab 30 maggio - h 13 Dom 31 maggio - h 13 È chef del ristorante “Dal Corsaro”, nel cuore del centro storico e commerciale di Cagliari, ad un passo dal porto. Frequenta l’Alma, l’Accademia internazionale di cucina italiana diretta da Gualtiero Marchesi, tappa fondamentale che gli permette di apprendere le basi dell’alta cucina dai migliori maestri. Completato il corso superiore ha avuto

Ha cucinato dappertutto in giro per il mondo, dai deserti ai palazzi reali, per capi di Stato, tuareg nel deserto, star internazionali e pigmei in Africa. Ha realizzato oltre 150 documentari sulla cucina, dall’Inghilterra al Sudan, dal Giappone alle Galapagos. A Carloforte il vulcanico Andy Luotto, chef e attore italo-americano, proporrà un tonno in crosta con pomodoro secco, basilico e cipolla in agrodolce. La sua ricetta sarà condita con la simpatia che lo contraddistingue. Sarà un vero e proprio show tra cucina e sorrisi.


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Girotonno Live Cooking Giancarlo Morelli Una cucina che è energia dirompente Lun 1 giugno - h 13

Giancarlo Morelli è chef al Pomiroeu, il ristorante aperto vent’anni fa in un’antica corte a Seregno (Milano), premiato con una stella Michelin e inserito nel circuito “Associazione Le Soste”. Bergamasco, classe 1959, ha nel suo curriculum studi, viaggi e giri per il mondo, dove va a contatto con i grandi esponenti della cultura e dell’arte, incontra e si confronta con i simulacri dell’alta cucina, sperimenta fornelli esotici, assaggia, prova, affina il palato e la tecnica, trova la sua strada, la sua filosofia, la sua idea di bellezza. Il punto di partenza è il rispetto della materia prima, e da qui Giancarlo parte per creare assonanze inattese, generare equilibri sorprendenti, talvolta spiazzanti, ma mai alienanti. Ha una sua teoria: il cibo va toccato poco, la purezza dei prodotti controllata. La cucina del Pomiroeu è visionaria e concreta, sofisticata e genuina, autentica e immaginifica, decodificabile, che non si rivolge solo agli iniziati. Il mondo lo vuole e lo chiama a partecipare a grandi eventi internazionali come “LoMejor de la Gastronomia” in Spagna e alla “Mistura 2012”, a Lima il congresso culinario più importante nel Sud America. Il suo nome varca i confini e la sua fama diventa internazionale. Viene scelto da Bulgari e San Pellegrino all’evento “Wine&FoodNoble Night” a San Pietroburgo per la presentazione della nuova etichetta creata dalla Maison. La sua cucina è energia dirompente, sensibilità geniale, concretezza visionaria, autenticità realista, che creano una “firma” eclettica e inconfondibile. Tra i fornelli non smette di stupire: creativo e appassionato, si rivela per quello che è, una persona pura dal palato sopraffino e dal gusto raffinato, uno chef che non dimentica il proprio passato e le proprie origini, un uomo generoso che mantiene fede alla propria genuinità. Al Girotonno lo chef presenterà una ricetta di Panzanella di pomodori, tonno marinato e leggermente affumicato, perle morbide di caprino.

Esperienza che gli consente di rievocare nelle sue ricette quel tocco di “esotico” con nuovi gusti senza abbandonare i sapori tradizionali. Luigi ama, infatti, la cucina tradizionale del territorio ma rivisitata nella preparazione e presentazione. È perennemente impegnato, da una città all’altra, ma lavora sempre con passione e piacere. Esigente con se stesso, lo è anche con gli altri. Tra i riconoscimenti il primo posto nel premio Bocuse D’Or, l’Art Of Menù al Gualtiero Marchesi Award. È docente presso diversi Istituti di cucina per professionisti. La notorietà verso il grande pubblico arriva con la partecipazione alla “Prova del cuoco” su Rai1, la trasmissione condotta da Antonella Clerici. Chiamato lo “chef del tonno” Luigi ha all’attivo un’ampia varietà di ricette che hanno il tonno come base. D’altronde non poteva che utilizzare l’ottima materia prima della sua terra per creare, o meglio per comporre ricette che mantengono il sapore della tradizione e la qualità della materia prima. Al Girotonno lo chef presenterà un “Rossini di tonno e Cannonau” e la ricetta “Era uno spaghetto con arsella e bottarga”.

Claudio Sadler Cucina moderna in evoluzione

30 maggio Luigi Pomata Sab h 17.30 lo chef del tonno Mar 2 giugno h 21

Carlofortino, è chef del ristorante Da Nicolo a Carloforte e del Luigi Pomata a Cagliari, celebrati tra i primi ristoranti della Sardegna. La famiglia Pomata è nella ristorazione da tre generazioni, da quando il nonno Luigi, agricoltore, ma con una forte passione per la cucina, decise di prendere in gestione il ristorante dell’Hotel Riviera. Affina le proprie tecniche girando il mondo nei migliori ristoranti stellati.

Mar 2 giugno - h 14 È probabilmente questa la definizione che meglio descrive la filosofia culinaria di Claudio Sadler, chef di fama internazionale insignito di 2 stelle Michelin. Milanese di nascita e per spirito, classe 1956, Claudio Sadler inizia la sua

carriera nella ristorazione dopo gli studi all’istituto alberghiero aprendo a Pavia la “Locanda Vecchia Pavia”. Il debutto a Milano è nel 1986, quando apre l’Osteria di Porta Cicca in Ripa di Porta Ticinese dove, nel 1991, conquista la sua prima Stella Michelin. Nel 1995 il locale si trasferisce in via Troilo, sempre nella zona dei Navigli, dove riceve la seconda stella Michelin. Nel 2007 si trasferisce in via Ascanio Sforza 77, a poca distanza dal precedente locale. A settembre, apre il Ristorante stellato poi affiancato da un secondo locale, Chic’n Quick Trattoria Moderna, dedicato a una ristorazione più informale e veloce, ma sempre nello stile del grande chef. Nello stesso anno aprono anche i due ristoranti all’interno del nuovo polo fieristico di Rho: “Chic’n Quick”, che offre un pranzo ricercato a chi non ha molto tempo, con piatti originali e gustosi ma con servizio rapido; e “Sadler in Fiera”, vero e proprio ristorante, luogo ideale per una pausa pranzo di autentico relax e piacere. Dal 1996 porta il suo nome anche un servizio di banqueting. La stessa cultura italiana è stata portata dallo chef a Tokyo, dove è stato aperto un ristorante che porta l’insegna Sadler. Nel 2008 approda a Pechino dove, in piazza Tienanmen, apre il suo ristorante coadiuvato da due validi collaboratori. Tra i fondatori di “Jeunes Restaurateurs d’Europe” (JRE), associazione che riunisce giovani chef di comprovato talento e abilità con l’obiettivo di stimolare solidarietà e amicizia. È docente in corsi per professionisti e appassionati. Nel corso degli anni, riceve incarichi di consulente gastronomico da parte di diverse aziende, tra cui Autogrill e McDonald’s e da riviste di settore. È stato inoltre Presidente dei ristoratori milanesi e, dal 2012, è Presidente dell’Associazione “Le Soste”. A firma dello chef anche sei grandi libri di ricette, editi dalla Giunti, che permettono ai suoi estimatori di riprodurre nella cucina di casa le preparazioni degustate in ristorante. Alla costante ricerca dell’armonia, della semplicità e della leggerezza tra fedeltà alle tradizioni della cucina regionale italiana e reinterpretazioni illuminate dalla sua creatività, lo chef proporrà al Girotonno un “Risotto ai fichidindia con tartare di tonno e caviale di cous cous nero”. “Buono, bello, moderno e leggero sono gli obiettivi che mi spingono a sfruttare le mie conoscenze e la mia creatività – spiega lo chef -. Mi piace definire la mia cucina ‘moderna in evoluzione, perché la considero un contributo al rinnovamento. Infatti, non mi piace cucinare soltanto piatti tradizionali, ma anche quelli moderni: due estremi che, se sapientemente dosati dall’estro e dalla sensibilità artistica, possono regalare gusti unici e innovativi pur mantenendo il rispetto per la tradizione” - dichiara Claudio Sadler. “Lo considero un modo per salvaguardare il patrimonio culinario nazionale accompagnandolo nella contemporaneità; in altre parole parto dalle radici della cucina nostrana e “trasgredisco” in qualche modo le regole per ottenere un risultato più accattivante. Il percorso per la realizzazione di un piatto è molto lungo e complesso; a volte sono necessari mesi prima che un piatto entri a far parte del menu e svariati tentativi perché Claudio Sadler si consideri soddisfatto. Le ricette, in genere, nascono prima a tavolino con disegni a pastelli che consentono allo chef di studiare il corretto bilanciamento della cromaticità degli ingredienti, e poi arrivano in cucina. “Nel mio computer conservo tutti i vecchi menù e i disegni dei piatti che li hanno originati”- spiega Sadler. “Spesso mi sono utili anche nella formazione delle nuove leve: quando in cucina arrivano aspiranti chef, il disegno può diventare una buona maniera per spiegare loro come assemblare correttamente una pietanza.”


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Girotonno Live Cooking Maurizio Santin Le dolcezze del grande Santin a Carloforte

il disegno, ne segno gli elementi che lo compongono e le loro possibili varianti in consistenza”. Arriva così il momento della prova in laboratorio; prima i singoli elementi, magari in diverse texture, poi gli accostamenti, le stratificazioni e l’insieme. A questo punto la ricetta viene scritta e l’idea iniziale viene fermata con un’immagine. Un suo divertissement? Declinare il dolce nelle diverse possibili versioni: torta, verrine, monoporzione, cioccolatino, macaron.. Per Maurizio la pasticceria è un’arte da condividere. Ama comunicare il suo lavoro attraverso i molti strumenti che con il tempo sono diventati sempre più familiari. La televisione, gli eventi, i corsi, la radio, i social network.

Hirohiko Shoda Dal Giappone all’Italia seguendo l’amore per la cucina

Lun 1 giugno - h 19 Uno dei maggiori pasticceri italiani sarà a Carloforte per proporre una ricetta speciale, ideata appositamente per il pubblico del Girotonno, un dolce di cioccolato e bottarga dal titolo “Girotonnando e caffè viennese: “dolci” interpretazioni del tonno”. Maurizio Santin, conosciuto come il “Cuoco nero”, per il colore della divisa che indossa, è figlio di un grande chef: la pasticceria è nel suo Dna. Una passione che è diventata un lavoro a cui si dedica attraverso studio, applicazione e attenzione a quanto accade nel mondo della grande pasticceria. Finito il liceo linguistico inizia la sua formazione professionale in Francia, Olimpo della ristorazione e della pasticceria; anni e anni di esperienze che hanno rafforzato la consapevolezza che nella vita sarebbe diventato un pasticcere. Rientrato in Italia inizia a creare i suoi dolci, i suoi dessert, che sempre più si fanno riconoscibili e distintamente rappresentativi del suo modo di vivere la pasticceria. Dopo un lungo periodo di lavoro presso il ristorante di famiglia (Antica Osteria Del Ponte – Cassinetta di Lugagnano - 3 stelle Michelin), alternato a consulenze in Italia e all’estero, inizia la collaborazione con Gambero Rosso: prima come Executive Chef presso la Città del Gusto di Roma, poi con una trasmissione televisiva quotidiana di cui è il protagonista indiscusso. Dal 2005 diventa il volto “dolce” di Gambero Rosso Channel con “Dolcemente”, “Dolcemente con…” e “Dolci di Casa”. Inoltre, è anche ospite della “Prova del cuoco”, su Rai1. Non solo tv. Maurizio, infatti, tiene corsi in tutta Italia sia professionali (presso le Città del Gusto del Gambero Rosso) che amatoriali. L’editoria rappresenta un altro canale di comunicazione con il suo pubblico. “I dolci di Maurizio Santin”, edito da Gambero Rosso, “Pasticceria Le mie ricette di base”, “Frollini” e “I dolci di casa mia” editi da Guido Tommasi Editore, sono libri pensati per condividere il suo modo di fare pasticceria. Ampi ed articolati progetti editoriali futuri che porteranno in libreria nuovi volumi. Accanto ad essi concretizza anche la collaborazione con importanti riviste professionali di settore tra cui “Il Pasticcere” di Italian Gourmet. Due volte “Pasticcere dell’anno” (nel 1998 e nel 2008), Santin è stato anche giudice al World Chocolate Masters (2013) e Pastry Chef per World Pastry Stars (2014). “L’idea di un dolce – spiega il pasticcere - nasce da una sensazione, da un ricordo, da un viaggio, dalla vista di un ingrediente, da tutto ciò che può suscitare un gusto, i suoi possibili abbinamenti in nuance e per contrasto. E poi i grandi classici, un gioco stilistico che lo diverte molto, dimostrazione che la grande pasticceria non ha tempo, si reinventa, si reinterpreta per stupire sempre. Un esempio su tutti il suo tiramisù destrutturato. L’idea è quasi sempre improvvisa, “quante volte mi sono trovato a prendere un pezzettino di carta per schizzarla o a svegliarmi durante la notte per appuntarmela”. Dalla mente alla vista: “ne schizzo

Mar 2 giugno - h 12 Detto Hiro, nasce a Nara, in Giappone, dove studia la cucina italiana fin da adolescente. Simpatico, allegro ed estremamente curioso, per oltre dieci anni lavora nell’alta ristorazione italiana in Giappone come capo chef, per poi trasferirsi nel 2006 in Italia dove finalmente concretizza il suo sogno di conoscere e lavorare nel Paese adorato fin dalla tenera età. Fa quindi esperienza nelle cucine più prestigiose d’Italia, unendo la sua predisposizione naturale per il crudo con l’amore per la tradizione gastronomica italiana.

Conduce su Gambero Rosso Channel il programma “Ciao sono Hiro” dove ha la possibilità esaltare il concetto di crudità, proponendo tutte ricette senza l’utilizzo dei fornelli come ad esempio i gamberi marinati, la granita di melograno, una tartare di dentice con salsa al pistacchio e foglie di ostriche, carpaccio porcini e tartufo oppure una zuppa di frutta con finocchi. La filosofia di Hiro è semplice: “Amo la natura e la purezza dei suoi frutti – dice -. Amo il contatto diretto con gli ingredienti naturali, basici, freschi, di stagione. Amo cercarli, sceglierli, sapere dove sono nati e cresciuti. Ed ecco che nella mia mente nasce un’immagine che disegno e poi realizzo, accostando sapori e colori con armonia, come in un concerto. Uso le mie mani come strumento principale, non voglio che il protagonista sia lo chef, ma il cibo, io sono soltanto il tramite tra natura e colui che mangia il piatto finale. È protagonista anche del programma Geo, su Rai 3. Al Girotonno lo chef proporrà un tonno affumicato con salsa all’uovo, bottarga e macedonia verde croccante.


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Girotonno: le degustazioni pubbliche

Il trionfo del tonno e dei sapori sardi Menu per tutti i gusti al Girotonno. Grande protagonista sua maestà il tonno, proposto in tantissime ricette sulla banchina Mamma Mahon oltre ad alcuni piatti tipici carlofortini. Al villaggio dei sapori della Sardegna, invece, spazio alle specialità della cucina isolana.

I due villaggi gastronomici

Tuna Village Piazza dei sapori della Sardegna Le migliori ricette a base di tonno.

Il Tuna Village è il villaggio gastronomico del Girotonno. Ogni giorno (dalle 12 alle 15, dalle 19 alle 21.30 e dalle 23.30 alle 2.00) la banchina Mamma Mahon si trasformerà in un maxi villaggio dedicato al tonno, il vero protagonista della manifestazione. Qui sarà possibile degustare tante specialità a base di tonno insieme ai piatti tipici del territorio: tris di cous cous (verdure, carne, pesce), pasta al forno al tonno, pasta al forno in rosso, insalata di riso di mare, insalata di riso di terra, tonno alla carlofortina, tonno al Carignano, spezzatino di tonno, capunadda di tonno, insalata mista, pane\galletta, frutta, gelato e vino delle Cantine Meloni (o una birra Ichnusa o acqua San Giorgio). Il ticket per la degustazione costa 15 euro.

Esplode il gusto dell’isola.

Piazza Pegli in occasione del Girotonno si trasforma nella Piazza dei sapori della Sardegna dove a trionfare sono le migliori specialità dell’isola. Nel menu malloreddus alla campidanese, assaggi di formaggi, vitella arrosto, frutta, gelato e vino. Il ticket per la degustazione costa 15 euro.


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Carloforte / Isola di San Pietro

Ludo kids

Shopping e giochi per i bambini Ludo Kids, le attività dedicate ai più piccoli

Genitori senza pensieri al Girotonno: anche i bambini avranno il loro spazio durante la rassegna. Mentre gli adulti si godono il programma della manifestazione, i più piccoli possono divertirsi in piazza Pegli. Ogni giorno per loro, dalle ore 11 alle ore 22, ci sono infatti i “Ludo kids”. In piazza Pegli, a pochi passi dal lungomare di Carloforte, i vostri bambini troveranno tanti giochi gonfiabili dove trascorrere il loro tempo in allegria. Tra salti, risate e giochi la giornata volerà via in un baleno e i genitori avranno la possibilità di avere un po’ di tempo per il loro relax.

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Expo village

Degustazioni e shopping all’expo village

Sul lungomare e lungo le stradine del centro storico di Carloforte (Banchina Mamma Mahon, corso Cavour, piazza Repubblica) l’expo village offre ai visitatori la possibilità di fare shopping tra le specialità agroalimentari locali e i prodotti dell’artigianato sardo. Shopping ma anche degustazioni delle eccellenze dell’isola, dai grandi vini ai torroni artigianali. Il villaggio espositivo rimane aperto tutti i giorni con orario no-stop fino a mezzanotte. Sarà una piacevole passeggiata alla scoperta di quanto di meglio offre la regione, un viaggio multisensoriale tra colori, sapori e suggestioni di un’isola dal patrimonio invidiabile.

Martedì 2 giugno h 10 > 24

Da sabato 30 maggio a lunedì 1 giugno h 12 > 24

Banchina Mamma Mahon Corso Cavour Piazza Repubblica

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Villaggio dello sport

Villaggiodello sport, al via il divertimento Volley, basket e attività acquatiche ma anche zumba e parkour.

Per i ragazzi c’è il villaggio dello sport dove divertirsi tutti i giorni con un programma pieno di iniziative, condito anche dalla musica del dee-jay Pier di Carloforte. Gli amanti dello sport potranno partecipare a partite di beach volley e calcetto umano, divertirsi con lo skate, i roller e le Bmx. Al villaggio dello sport anche il basket 3 contro 3 con l’organizzazione di due tornei, di cui uno dedicato agli atleti disabili. Si potrà fare anche crazy jump, ovvero saltare su grandi tappeti elastici, fare surf con una struttura gonfiabile o giocare con il toro meccanico. Spazio anche a tante attività acquatiche in piscina: dalle esibizioni di pallanuoto a quelle di nuoto sincronizzato, in collaborazione con la Rari Nantes di Cagliari, dall’acqua fitness con l’istruttrice Francesca Casula, alle esibizioni di canoa, organizzate con la Canottieri Ichnusa di Cagliari che organizzerà delle esibizioni ma anche delle lezioni sulla sicurezza in acqua. In collaborazione con alcune associazioni locali i bambini potranno anche avvicinarsi allo sport della vela, facendo delle prove gratuite su un Optimist, con la guida esperta di istruttori federali abilitati. Se non sapete cosa è la giovane attività del Sup, lo Stand up paddle, potrete scoprirlo sempre qui: in programma esibizioni di questa nuovissima variante del surf in cui si sta in piedi su una tavola (più lunga del surf e più piccola del windsurf tradizionale) e ci si sposta utilizzando una pagaia. L’area della piscina sarà dedicata, oltre che alle attività acquatiche, anche al relax, con un’area attrezzata con tavolini,

foto: Marco Fazio

foto: Marco Fazio


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Villaggio dello sport

ombrelloni, moquette, ed un bar. Durante il Girotonno lezioni anche di Parkour, un gioco di movimento ad ostacoli e di Street WorkOut, una sorta di allenamento (WorkOut) da strada (street), a cura di istruttori dell’Asd Aint No Gravity. Gli appassionati di movimento e musica, invece, potranno partecipare alle lezioni di zumba. Dopo il successo dello scorso

anno torna l’esibizione spettacolare dello stuntman Michele Serra, in arte Hell Mike che, con la sua moto da strada Kawasaki, eseguirà tre esibizioni, di mezz’ora ciascuna, di moto free style. Parteciperà col suo Quad anche Gianpaolo, uno stuntman che accompagnerà ed aiuterà Hell-Mike coinvolgendo il pubblico in uno show da non perdere.

Programma Sabato 30 Maggio h 12 / Apertura Villaggio dello Sport e Dj Set continuo h 12 > 18 Uso pubblico delle varie strutture disponibili.

Lunedì 1 Giugno h 10 / Apertura Villaggio dello Sport h 10.15 / Inizio tornei Basket (CGP Carloforte) e Beach Volley (APD Carloforte)

h 16 / Prove ed organizzazione tornei Basket (CGP Carloforte) e Beach Volley (APD Carloforte)

h 10.30 / Skate, Bmx, Parkour, WorkOut (Asd Aint no Gravity)

h 17.15 / Lezione acqua fitness

h 12 / Lezione Acqua Fitness

h 18.15 / Lezione di Zumba h 19 / Chiusura Villaggio dello Sport

h 11 / Lezione di Zumba h 13 / Attività di Pallanuoto – Sup – Vela sino alle 16.30 h 17.15 / Lezione Acqua Fitness

Domenica 31 Maggio h 10 / Apertura Villaggio dello Sport e Dj Set continuo h 10.15 / Inizio tornei Basket (CGP Carloforte e Olimpia Onlus) e Beach Volley (APD Carloforte) h 10.30 / Skate, Bmx, Parkour, WorkOut (Asd Aint no Gravity) h 11 / Lezione di Zumba h 12 / Lezione Acqua Fitness h 12.30 / Esibizione Nuoto Sincronizzato (Rari Nantes Cagliari) h 13.15 / Attività di Pallanuoto – Sup – h 15 / Attività canoa Polo (Canottieri Ichnusa Cagliari) h 16.35 / Lezione pratica Parkour e WorkOut (Asd Aint no Gravity) h 17.15 Lezione di Acqua Fitness h 18.15 / Lezione di Zumba h 20 / Chiusura Villaggio dello sport

h 18.15 / Lezione di Zumba h 19 / Esibizione Hell Mike - Moto free style, Gianpaolo Quad h 20 / Chiusura Villaggio dello Sport

Martedì 2 Giugno h 10 / Apertura Villaggio dello Sport h 10.15 / Inizio tornei Basket (CGP Carloforte) e Beach Volley (APD Carloforte) h 10.30 / Skate, Bmx, Parkour, WorkOut (Asd Aint no Gravity) h 11 / Lezione di Zumba h 12 / Lezione Acqua Fitness h 12.30 / Esibizione Hell Mike - Moto free style, Gianpaolo Quad h 17.15 / Lezione di Zumba Acqua Fitness h 18 / Esibizione Hell Mike - Moto free style, Gianpaolo Quad h 19 / Chiusura Villaggio dello Sport

NOTE: Il pubblico potrà partecipare ai tornei ed usufruire delle strutture gratuitamente. L’uso dei tappeti elastici, del toro meccanico e il surf meccanico sono a pagamento. Gli orari dei tornei di Beach volley e di Basket 3 contro 3 verranno stabiliti in base al numero dei partecipanti e comunicati durante l’evento.



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Girotonno Live Show

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Sab 30 maggio / h 21.30

Renzo Arbore e l’Orchestra Campo Sportivo Pino Solitario

italiana

L’artista-personaggio più eclettico e carismatico nel mondo dello spettacolo, della musica e dell’intrattenimento radiofonico-televisivo in Italia.

Autore, conduttore e regista di programmi televisivi, showman, regista cinematografico, musicista-interprete, autore e compositore di canzoni, giornalista e critico musicale, inventore di nuovi generi, nonché infallibile scopritore di talenti (televisivi, musicali e cinematografici, uno per tutti: Roberto Benigni) a lui è riconosciuto il merito di aver creato uno stile e un linguaggio proprio, “arboriano”, per una radio/

televisione “altra”, una radio/televisione “d’autore”, divertente e al tempo stessa intelligente, mirata al gradimento sincero da parte del pubblico.

L’intervista

Renzo Arbore e l’Orchestra italiana un patrimonio della musica popolare italiana, un matrimonio che dura da 25 anni e che non finisce mai di stupire e piacere...Qual è il segreto del vostro successo? È semplice ed elementare, noi offriamo al nostro pubblico qualcosa di più di quello che si aspetta, dando il massimo. E alla gente piace, si diverte. Ogni esibizione è un mix tra canzoni napoletane, musiche di altri paesi, influenze cubane, brani folk, jazz, racconti, canzoni: quello che un tempo si definiva spettacolo di arte varia. E poi, non ultima, la bravura dei miei musicisti che erano già bravi quando li ho scelti e adesso sono bravissimi. È un’orchestra professionale con fior di musicisti dove ognuno ha il suo spazio. «...e pensare che dovevo fare il dentista... » è la sua ultima fatica musicale, un doppio album che propone i classici della canzone registrati live in tutto il mondo con l’Orchestra italiana. Un titolo che è tutto un programma? Com’è nato? Il titolo di questo album sarebbe potuto essere “Il meglio dei miei incontri” o “Le mie glorie”, o “Disco traguardia” o qualcosa di simile, considerato che raccoglie alcune punte di diamante della mia carriera, forse i più prestigiosi live in giro per il mondo con la mia orchestra - esibizioni che ci hanno visto all’Olympia di Parigi, alla Piazza Rossa di Mosca, al Madison Square Garden o alla Carnegie Hall di New York - ma sarebbe stato qualcosa di troppo presuntuoso, spocchioso. Ecco allora un titolo decisamente più ironico ed emblematico: mio padre era dentista e il mio destino era abbastanza tracciato. Mi ha dato però una chance: una sorta di anno sabatico. E per fortuna me lo sono giocato bene. Dalla famosissima ‘Pigliate ‘na pastiglia’ a ‘Do you know what it means to miss New Orleans’, passando poi per le

popolari ‘Maruzzella’ o, ancora, ‘Comme facette mammeta?’, questo album racconta la canzone italiana, amata ed apprezzata non solo nel nostro grande Bel Paese ma anche e soprattutto in Europa e oltre Oceano. In un repertorio così vasto come è avvenuta la scelta dei brani? Sono stato il primo dee-jay della storia della musica italiana. La scelta della musica io ce l’ho nell’anima. Nella selezione ho pensato non soltanto a quello che a me piace ma a ciò che poteva emozionare anche un pubblico più giovane. Ci sono canzoni del Novecento che sono diventate eterne, altre che sono diventate specchio di un’epoca, altre ancora che sono state solo delle meteore. Un disco con tanti «ospiti» importanti, eccezionali duetti, interpretazioni inedite... I vostri live sono uno spettacolo che resta impresso nei ricordi degli spettatori in tutto il mondo, cosa proponete quest’anno? Il nostro non è un vero e proprio concerto, ma uno show. A differenza di molti artisti che organizzano i tour soltanto per vendere i dischi, noi superiamo le aspettative della gente. Che sono sempre piuttosto alte. E poi c’è l’improvvisazione. Un canovaccio è indispensabile per fare musica ma poi l’umore, il posto, le influenze del pubblico fanno il resto. Un aggettivo per definire i vostri concerti? Potrei definirli con un altro sostantivo, sono eventi. Chi esce dai nostri concerti vuole tornarci, io do il massimo, i miei musicisti anche e viene fuori un evento spettacolare, sia che il nostro palcoscenico sia una festa popolare che un teatro importante, un auditorium o altro ancora. Lei, oltre che un grande musicista, è anche un simbolo dell’intrattenimento radiofonico e televisivo. Com’è cambiato il mondo della tv da ’L’altra domenica’ a ’Quelli della notte e ’Indietro tutta’? La televisione si è industrializzata. Se prima era artigianale, adesso ha perso un po’ di caratteristiche artistiche che me la facevano inseguire, adorare.

Oggi domina l’incubo dell’audience, è diventata commerciale, quasi abbandonando le velleità artistiche che aveva prima. Potremmo dire che è diventata un prodotto usa e getta, un fast food invece che uno slow food. In questa epoca di cambiamenti radicali ho deciso di dare vita alla mia personale televisione su renzoarborechannel.tv utilizzando la rete web. Una canzone che vorrebbe cantare ogni giorno? È una vecchia canzone americana, Polvere di stelle. Mi emoziona sempre. Ma nella mia “capa” ci sono pure tante canzoni leggere... 8) La radio invece non tramonta mai... La radio è un mezzo agile, duttile, che riesce ad adattarsi ai cambiamenti con molta facilità. La sua immediatezza la rende vicina al suo pubblico che può interagire mandando sms, via whatsapp o telefonando in diretta dal proprio cellulare. In questo modo riesce a proiettarsi di più verso il futuro. Anche la radio in qualche modo, però, si è massificata, industrializzata. Ai tempi in cui lavoravo in radio ero io a scegliere i brani da mandare on air. Oggi ci saranno soltanto 5 o 6 deejay in Italia che possono farlo, tutti gli altri hanno play list pre-confezionate. Conosce la Sardegna? Ho fatto diversi concerti nell’isola, vi ho fondato un’orchestra swing e vi ho trascorso anche delle belle vacanze. Ci sono tanti musicisti sardi che sono miei amici, tra cui Paolo Fresu, un genio della musica jazz. Ho un ottimo rapporto con la Sardegna, sì. Infine, le piace il tonno? Mi piace molto e lo mangio abitualmente. So che quello pescato a Carloforte è uno dei più buoni e pregiati. E so anche che i giapponesi amano il nostro tonno. Ricordo che al mercato di Tokyo tutto quello che vendevano era di provenienza italiana. Lo assaggerò, quindi, sicuramente.


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Fedez Girotonno Live Show

Il “diversamente rapper” che ha preso il volo.

Il rapper e cantautore italiano, in giro per l’Italia con il suo Pop-hoolista tour, regalerà entusiasmo ed energia ai suoi fan. Il tour, che lo vede sul palco insieme alla sua nuova band, è un viaggio introspettivo nel populismo che racconta la società attraverso parole, musica e immagini.

afia

Discogr

c’è che non nduto Penisola o disco da ve im 2011 Il mio pr rte di ash - L’a w in a r Sig. B ntare 2013 acconte olista Pop-Ho 2014

Dom 31 maggio / h 21.30 Campo Sportivo Pino Solitario

L’intervista

Undici dischi di platino e quattro d’oro, ottenuti grazie a due album e sette singoli. Quale è il segreto del suo successo? Il successo non ha segreti. Anzi, l’unica certezza è proprio che quando arriva il successo di segreti non ne puoi più avere. Quello che ho ottenuto l’ho ottenuto soltanto grazie a me stesso e al mio pubblico, che è cresciuto lentamente ma esponenzialmente dai centri sociali ai social network. Quel che è certo è che mi sento un artista libero perché non devo dire grazie a nessuno. Forse è questa la vera chiave del successo. La prima partecipazione ad X Factor si è chiusa con il trionfo di uno dei suoi concorrenti. Alla faccia delle nuove tecnologie e di quello che succede nel resto del mondo, in Italia sembra che il talent sia l’unico modo per lanciare un giovane. Ma spesso si tratta di meteore che dopo qualche anno scompaiono. Cosa ne pensa del fenomeno dei talent show? Il talent show è sano nella misura in cui non crea illusioni e falsi divi. E ha di bello il fatto di essere improntato sul merito. Sulle nuove tecnologie però non sono d’accordo: anche in Italia oggi, e io ne sono un esempio, è possibile farsi notare proprio grazie al web e a tutti quegli strumenti democratici (e meritocratici) che la rete mette a disposizione. In questo ultimo album affronta tematiche politiche e di critica sociale scegliendo di raccontare i fatti attraverso la commistione di generi e linguaggi diversi. Come descriverebbe la società di oggi? La società di oggi è una meta-società. Sembra che la sua rappresentazione e la forma dei suoi rappresentanti sia più importante della società stessa. Il cittadino è disorientato, smarrito, incazzato. E talvolta succube complice di questo andazzo. Nell’album, pur cercando di alleggerire il tono attraverso il filo conduttore dell’ironia e del sarcasmo, ho cercato di dare voce ai tanti paradossi di un Paese in bilico fra grottesca tragedia e commedia dell’assurdo. Pensa mai al suo “diversamente rap” come una nuova forma di comunicazione, di dialogo con il suo pubblico? Come è cambiato questo genere dai suoi esordi? Io mi definisco diversamente rapper proprio perché non voglio rimanere incatenato a una categoria e a una definizione. Il rap è cambiato tantissimo, poi le diverse sfumature le possiamo chiamare come vogliamo. Però se per rap si intende quella scena autoreferenziale in cui tutti si sentono in dovere di rispondere a meccanismi automatici e a paradossali giochi di invidie e potere, in cui sembra un vanto sia ostentare il non essere mainstream che il guadagnare un sacco di soldi, sono contento di essere percepito come un rapper anomalo. Poi, al di là delle etichette, quello che conta per me sono la parola e il messaggio. Il resto è forma, e ha un valore relativo. In un’epoca piena di stimoli in cui spesso i giovani “bruciano le tappe” cosa continua ad emozionarla oggi? Tante cose e nessuna al tempo stesso. L’emozione non è categorizzabile. Ci sono cose che per spontaneità e “purezza” ti emozionano. Ma è difficile codificare un sentimento.


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Lun 1 giugno / h 21.30

Girotonno Live Show

Francesco De Gregori Campo Sportivo Pino Solitario

Il cantautore e poeta che continua ad incantare.

Uno dei più grandi artisti della musica italiana fa tappa al Girotonno con il suo Vivavoce tour, che prende il nome dall’ultimo il doppio album, già disco di platino, in cui rivisita con arrangiamenti inediti 28 tra i più importanti e significativi brani del suo repertorio.

L’inseparabile cappello calcato in testa, gli occhiali scuri, la chitarra imbracciata e una fisarmonica che spunta di tanto in tanto. Vedremo così Francesco De Gregori a Carloforte dove proporrà il live «Vivavoce tour» con il quale il cantautore presenta dal vivo l’omonimo doppio album, già doppio disco di platino con 28 tra i suoi brani più importanti rivisitati e riarrangiati. Un viaggio che regala emozioni e fa palpitare il cuore... La scaletta del “Vivavoce tour” è molto varia. Mi sono tenuto abbastanza fedele alla tracklist di quest’ultimo disco, che già nasce con l’intenzione di mettere certe canzoni piuttosto che altre. Ci sono però anche altri pezzi che non rientrano in “Vivavoce”; sono brani semisconosciuti che ho voluto recuperare perché mi piacciono e per far sentire al pubblico pezzi che magari non si aspetta. E poi la sua voce. Sembra migliorare con il tempo, una maturazione artistica che lascia piacevolmente sorpresi VivaVoce è quello che mi dovevo come artista, visto che ho passato una lunga parte della mia vita a veder cambiare queste canzoni sotto le mie mani e sotto quelle dei musicisti che mi accompagnavano. E questo cambiamento volevo testimoniarlo. (E qui vorrei ringraziarli tutti, questi musicisti, sia quelli che hanno suonato in questo disco sia quelli di cui ho perso le tracce: anche loro, in qualche modo, ci stanno dentro). Questo disco lo dovevo a me, quindi. Ma anche al pubblico che ha il diritto, se vuole, di vedere da che parte sto andando

Il «nuovo» De Gregori si definisce «in riappacificazione con se stesso» e pronto a quelle che lui stesso chiama «stravaganze», comprese le ospitate in programmi televisivi «pop» come X Factor o «E poi c’è Cattelan». Cosa è successo? Credo che il segreto sia quello di avere sempre l’animo disposto alla leggerezza. Non mi sono mai sentito così bene, sono più saggio, ho fatto pace con me stesso e ho meno problemi a parlare con i giornalisti. Dei talent penso che siano uno dei tanti mezzi odierni per avvicinare i giovani alla musica, una nuova possibilità che ai miei tempi non esisteva, visto che curare l’immagine era quasi una bestemmia mentre mi rendo conto che ora è necessario quanto vantaggioso. Insomma, tutto il bene possibile a queste nuove opportunità, l’importante è che non si pensi che siano l’unica strada possibile. Alice del 1973, La donna cannone del 1983 o Rimmel del 1975 sono tra i brani più cantati dal pubblico. Anche da quelli che non erano ancora nati, quando i brani sono stati pubblicati. Cosa rende queste canzoni evergreen? Quando qualche anno fa ho cominciato a pensare ad un disco come VivaVoce mi sono chiesto come avrebbe potuto prenderla una parte del mio pubblico. So che in molti sono affezionati a quelle che chiamiamo le “versioni originali” delle canzoni che amiamo, anche a me capita a volte con le canzoni degli altri: un certo suono in un punto, una certa inflessione della voce. Qualcosa che è scolpito nella nostra memoria di una giornata passata, di quando magari

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Theoriu s Camp us (con An tonello 1973 Venditt Alice no i) n lo sa eravamo molto diversi, più giovani. 1974 Frances Però, però: ho anche pensato che co De G 1975 regori questo nuovo disco non sottrae Rimme l nulla al passato. Non è come se, 1976 Bufalo Bill diciamo, Picasso si aggirasse di 1978 De Greg notte a casa di quelli che hanno ori 1979 comprato i suoi quadri e glieli Viva l’It alia ritoccasse contro la loro volontà 1982 Titanic cambiando un segno o un colore 1983 La donn qua e là, o magari anche solo a canno 1985 ne sostituendogli la cornice. Scacchi e taroc chi 1987 Tra gli ultimi impegni di De Gregori, Terra d i nessu che il 4 aprile ha festeggiato 64 no 1989 Mira M are 19.4 anni, anche l’audiolibro America 1992 .89 C anzoni (Emons Audiolibri), in cui l’artista d ’a m ore 1996 rilegge il libro di Kafka e il libro Prende re e las “Francesco De Gregori, Guarda ciare 2001 Amore che non sono io” (Edizioni nel pom eriggio SVPRESS) di Silvia Viglietti e 2002 Il fischio del vap (con Gio or Alessandro Arianti che racchiude vanna M e 2005 la sua storia musicale. arini) Pezzi 2 0 06 Ca L’idea dell’audiolibro mi lypsos incuriosì molto quando, P 2 e 0 r brevit 08 due anni fa, mi chiesero à chiam artista ato di realizzare “Cuore di 2012 Sulla st tenebra” di Conrad. Il rada 2014 più recente “America” di Vivavoc e Franz Kafka ho suggerito io di farlo, perché è un romanzo che mi era piaciuto molto quando lo lessi la prima volta da ragazzo. D’altronde mi piace fare cose strane, mica posso restare sempre da solo con la chitarra in mano”. Il libro di Arianti è invece fotografico. Lui è il mio tastierista, ed è praticamente una vita che suona con me, quindi ha iniziato a fotografarmi già parecchi anni fa. È un libro nato in famiglia e ho accettato perché lo ha fatto lui, mi sono affezionato al progetto, che è venuto davvero molto bene. 1972

L’intervista

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Mar 2 giugno / h 21.30

Francesco Renga L’artista con la Sardegna nel cuore.

Il debutto come frontman dei Timoria e poi la carriera solista con la pubblicazione di cinque album che hanno segnato altrettante fasi della sua carriera. Rock, melodia, tensione espressiva ed improvvise aperture orchestrali caratterizzano oggi la sua musica. Una voce che non ha uguali nel panorama italiano e che da sempre viaggia su altezze e intensità poco frequentate.

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Campo Sportivo Pino Solitario

L’intervista Animale rock dei Timoria, poi “romantico maledetto” dei primi album da solista e poi ancora lirico: sono tante le anime di Francesco Renga. Ce n’è una in cui oggi si riconosce di più? O piuttosto sono tutte dimensioni che convivono in lei? Che definizioni! Sicuramente sono molte, poi come ho detto più volte credo sia importante mettersi sempre in gioco, non restare fermi. Ancora oggi è questa la sfida che m’interessa maggiormente. Dopo aver conquistato oltre quaranta teatri italiani a colpi di sold out, tornerà live con Tempo Reale Extra Tour, che a giugno ripartirà da Carloforte. Immaginava un tale riscontro? Cosa ci dobbiamo aspettare da questo tour estivo? Naturalmente sono molto felice e non smetterò mai di ringraziare tutti coloro che dall’uscita di Tempo Reale non hanno più smesso di seguirmi, abbiamo fatto un bel viaggio insieme. Nei concerti dell’estate sentirete le mie

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canzoni, quelle del mio repertorio e quelle di Tempo Reale, ho con me una band pazzesca, vedrete sarà una bella festa! Una carriera in continua ascesa: “Il mio giorno più bello nel mondo” ha conquistato il doppio platino, “Vivendo Adesso” il quarto posto a Sanremo. Attualmente anche “giudice” al talent più amato e seguito d’Italia, Amici. Come definirebbe questo momento artistico e professionale? È proprio un bel periodo e, come ho detto prima, per me è importante anche percorrere strade nuove, per non smettere mai di imparare e di mettersi in gioco. Le origini sarde di suo padre hanno influenzato il suo vissuto e la sua musica? Se sì, come? La Sardegna è una terra così potente e ancestrale che se le tue origini arrivano da lì, il suo cuore si fa sentire in tutto quello che senti e che fai, dai gesti della vita quotidiana alla musica.


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Come arrivare a Carloforte In nave Collegamenti giornalieri da Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli verso i porti di Cagliari, Olbia e Portotorres

SASSARI

ALGHERO

In auto Per chi arriva a Cagliari: Direzione Iglesias SS 130, in corrispondenza del Km 44 prendere la deviazione per Villamassargia e Carbonia. Al bivio di Carbonia-Sirai è possibile proseguire per Portovesme o deviare per Calasetta. Cagliari > Portovesme Km 80 Cagliari > Calasetta Km 110 Per chi arriva da Portotorres o Olbia: Direzione Cagliari SS 131, dopo Sanluri deviare per Sammassi-Vallermosa fino ad arrivare all’incrocio con la SS 130 per Iglesias, quindi proseguire seguendo le indicazioni precedenti per chi arriva da Cagliari.

In autobus o taxi Per chi arriva a Cagliari: Dal porto di Cagliari dovrete raggiungere Portovesme o Calasetta, da dove partono i traghetti per Carloforte Per chi arriva da Portotorres o Olbia: Arrivare in treno a Cagliari e proseguire (vedi indicazioni punto precedente)

NUORO MACOMER

ABBASANTA

ARBATAX

ORISTANO

VILLAMASSARGIA IGLESIAS

MURAVERA

CARBONIA PORTOVESME

Collegamenti Saremar e Delcomar Da Calasetta o Portovesme della durata di circa 30/40 minuti, giornalieri e notturni, prenotabili (vedi tabelle a fianco)

OLBIA

PORTOTORRES

CALASETTA

CAGLIARI

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Numeri utili GUARDIA COSTIERA UFFICIO CIRCONDARIALE MARITTIMO 0781 854023-855955

COMUNE DI CARLOFORTE 0781 8589200 - FAX 0781 855808 CARABINIERI 0781 854022

SAREMAR 0781 854005

POLIZIA MUNICIPALE 0781 855716 - 0781 854441

DELCOMAR 0781 857123 - 345 3683626

L.A.VO.C. Associazioni volontari antincendio e protezione civile H24 0781 855940 339 2773196 - 342 0020515 - 331 4699042

PRO LOCO (UFFICIO TURISTICO) 0781 854009 GUARDIA COSTIERA UFFICIO CIRCONDARIALE MARITTIMO PORTOSCUSO 0781 509114 - 328 0484875

CROCE AZZURRA Servizi di emergenza 118

GUARDIA COSTIERA UFFICIO CIRCONDARIALE MARITTIMO CALASETTA 0781 88930

PRONTO SOCCORSO - GUARDIA MEDICA 0781 855666

Traghetti Il meteo Linea Carloforte – Portovesme (E VICEVERSA) DA CARLOFORTE

DA PORTO VESME

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07.00

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09.00

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Linea Carloforte – CALASETTA (E VICEVERSA) DA CARLOFORTE

DA CALASETTA

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MT GB CONTE - Linea Carloforte – CALASETTA (E VICEVERSA) Da Carloforte

NAVE

Da Calasetta

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