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Mensile di attualità e cultura. Anno II n°5 Maggio 2011 - distribuzione gratuita


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LA CULTURA DELL’INFORMAZINE Anno II n°5 Maggio 2011

Complici

DIRETTORE RESPONSABILE: Santina Giannone direttore@taleweb.it Iscrizione al Tribunale di Siracusa Reg. Trib. di Siracusa n. 7/2010 del 15 Luglio 2010 Distribuzione gratuita Articolo 2, comma 2, n. 4, DPR n. 633/1972 EDITORE: Arti Grafiche Fratantonio REDAZIONE: Via Cassar Scalia, Pachino Tel. 339 7047770 Email: redazione@taleweb.it

Martina Barone Inutile darle un orario per un appuntamento... arriverebbe puntuale per puro sbaglio! C’è sempre qualche cosa da fare che spunta proprio all’ultimo secondo, ma la sua vita è così, come dice Biagio Antonacci, «la parola chiave è casualità!» e lei la adora per questo... Che vita sarebbe senza imprevisti?, una vita vuota senza mille impegni? E scrivere per un giornale è il prossimo che si vuole prendere…

CAPOREDATTORE & DIRETTORE CREATIVO Sebastiano Diamante sdiamante@taleweb.it GRAFICA E IMPAGINAZIONE: Francesco Colombo www.francescocolombo.it STAMPA: Arti Grafiche Fratantonio s.p. Pachino - Noto (SR) Tel. 0931. 594360 Fax 0931. 591599 PUBBLICITÁ: Cell. 0931. 594360 AMMINISTRAZIONE: C.da Cozzi Pachino (SR) Tel. 0931. 594360

Francesco Colombo Innamorato dell’odore della carta stampata ed appassionato di fotografia, ha una sola certezza nella vita: non potrebbe vivere senza il mare. E tra le partite di calcetto del giovedì sera, qualche accordo di chitarra ed il rombo della Ducati, si occupa dell’impaginazione e della grafica di Talè ed è l’unico che alle incalzanti richieste del direttore risponde “già fatto”. Serafico.

www.taleweb.it Talè è su

cercaci!

Hanno collaborato a questo numero: Giovanna Alecci, Martina Barone, Alessandra Brafa, Johnny Cantamessa, Enzo Cicero, Maria Teresa Di Blasi, Rosangela Muni, Simona Incatasciato, Paolo Interlando, Ignazio Spadaro, Frakie Terranova, Emanuela Tralongo FOTOGRAFI: Valentino Cilmi, Francesco Di Martino, Cosimo Di Guardo, Angelo Fruciano, Giulia Mazzone, Vincenzo Papa FOTO DI COPERTINA: Sebastiano Diamante Si ringrazia: Peppe Nappo - “Accademia di Biliardo” Manoscritti, foto, disegni o altro materiale inviato non verranno restituiti, anche se non pubblicati.

Ignazio Spadaro Caparbiamente aggrappato alla speranza di una Sicilia diversa, il suo amore per quella che ha è pari solo all’affezione per la sua diletta Ispica, da cui di tanto in tanto fa qualche breve ma fruttuosa sortita, letteraria o giornalistica. Incorreggibilmente interessato al mondo che lo circonda, si consola al pensiero che «se un uomo non è disposto a rischiare qualcosa per un’idea, o non vale niente l’idea o non vale niente l’uomo».


CAMERA CON VISTA Week end di primavera di Maria Teresa Di Blasi

ON di Santina Giannone

FERMO IMMAGINE

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L’annuncio della buona novella sulle tele degli artisti siciliani di Santina Giannone 34

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TALÉ CHE STORIA

I LETTORI CI SCRIVONO Giovanni Roccuzzo

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CULTURA

Editoriale

Troppa benificenza? I fedeli si ammutinano

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di Ignazio Spadaro

IN COPERTINA

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Full barocco

AGENDA

di Sebastiano Diamante e Santina Giannone

Appuntamenti mensili per cogliere il meglio del sud-est Redazione Talè 38

MADE IN SICILY Scrivere per mestiere, scrivere per passione di Santina Giannone

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ARTE Chiamalamatta di Frankie Terranova

MUSICA

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Petrolio e chitarre distorte

OCCHIO SUL TERRITORIO

di Johnny Cantamessa

Musei, gemme preziose sulla via della storia

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SPORT Serie “B”, missione possibile per gli azzurri di Ugolotti

di Emanuele Tralongo

di Paolo Interlando

54

LIBRI 1) Da qui vedo la luna 2) Vita privata di una sconosciuta 3) Le Beatrici di Rosangela Muni

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OFF 25

Tempo meridiano e pensiero filosofico di Enzo Cicero 58



N O

editoriale

Ventitre secoli separano Aristotele, il pensatore greco maestro di Alessandro Magno, da

Max Weber,

economista, sociologo e storico tedesco del Novecento.

Quanti bastano per tramutare la politica da “arte di governare la polis” all’ “aspirazione al potere e monopolio legittimo dell’uso della forza”. Tra i due estremi ci sta in mezzo tutta la storia dell’uomo.

Serpeggiando tra i secoli la politica ha denudato sé stessa e i suoi meccanismi

di ogni capacità di essere per l’altro.

E’ giunta a noi come una donna di dubbi costumi che con le vesti stracciate e logore non ricorda più il piacere di sentirsi arrossare le gote. Si è servita di mezzi e parole nobili - “servizio”, “comunità”, “bene

comune”, - per intessere le macchie d’unto

di quella patina di cui oggi la sociologia parla come una sottile velatura del nucleo profondo dell’uomo. Ha messo in campo facce spiacevoli,

confidando sul fatto che la logica del “male

minore” sarebbe prevalsa.

E che, anche tra gli onesti cittadini, il richiamo a

“turarsi il naso”

avrebbe continuato a lenire l’olezzo che proviene da un ameno lago imputridito a stagno. Così è stato.

Parole così sembrano cedere il passo alla rassegnazione. Niente affatto. Sono la spietata e reale analisi necessaria per avere il coraggio di guardarsi allo specchio, riconoscersi mostruosi, levare via la mano dal naso e respirare a pieni polmoni la puzza di marcio. Solo inondandoci i sensi dell’aria pungente che ci sta attorno potrà iniziare il riscatto. Potremo prendere panno

e sapone per detergere via la patina. Mettere mano alla scopa perché, finalmente, la casa di tutti potrà tornare a essere anche casa mia. Scegliere senza accontentarsi, perché ci meritiamo il meglio, e solo quello vogliamo. Chi governa, del resto, sosteneva Hobbes, deve sapere leggere dentro di sé il genere umano. Del resto, proprio Aristotele lo diceva già ventitre secoli fa:

”L’uomo è un animale politico”.

E nel rivendicare questa natura non ci sentiamo unti, sporchi, compromessi, ma

liberi, consapevoli, determinanti.

Sono le persone che fanno la differenza, sono le persone alla guida della comunità che dobbiamo avere il coraggio di scegliere.

Senza spruzzare profumi su parrucche infeltrite di pidocchi, ma facendoci custodi attenti e severi di chi è chiamato a custodirci.

Santina Giannone DIRETTORE RESPONSABILE

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FERMO

IMMAGINE

FILOTTETE E ANDROMACA AL XLVII CICLO DI RAPPRESENTAZIONI CLASSICHE SIRACUSA (s.g.) Sono iniziate le prove di Filottete e Andromaca, le due tragedie in cartellone per il XLVII Ciclo di Rappresentazioni Classiche dell’Istituto nazionale del Dramma antico in scena al Teatro Greco, a giorni alterni, dall’11 maggio al 19 giugno. I due registi, Gianpiero Borgia (Filottete) e Luca De Fusco (Andromaca), insieme ai musicisti Pacecco e Di Pofi, ai coreografi Vasily Lukianenko e Alessandra Panzavolta, sono già al lavoro con i 90 interpreti che si muoveranno sul palco antico del colle Temenite, mentre stanno per essere ultimati presso i laboratori della Fondazione le scene e i costumi disegnati da Maurizio Balò. Tra i protagonisti Sebastiano Lo Monaco (Filottete) e Laura Marinoni (Andromaca). In entrambi i cori degli spettacoli saranno utilizzati anche i 20 allievi dell’Accademia del Dramma antico, sezione “Giusto Monaco”, diretta dal Sovrintendente Balestra.

IL SISTEMA MUSEALE ALLA SETTIMANA DELLA CULTURA NOTO. (s.d.) Si è discusso del sistema museale nel sud est siciliano a Noto, in corrispondenza con la Settimana della Cultura. A parlarne in una conferenza svoltasi nel Collegio dei Gesuiti giovedì 14 aprile tecnici e dirigenti del settore, tra cui Lorenzo Guzzardi, Gianfranco Zanna e Vincenzo Belfiore. L’incontro si è chiuso con l’esposizione dei capitelli trasportati dai volontari di Legambiente e Club Val di Noto 4x4 nella sala medievale del Museo Civico.

PROTOCOLLO TRA SOPRINTENDENZA E INPDAP, VISITE GUIDATE E INCONTRI CULTURALI SIRACUSA (s.g.)Terza età stagione del riposo? Niente affatto. Sempre più spesso oggi la terza età si confronta con esigenze e desideri di wellness che non prescindono dall’attività fisica e culturale. Seguendo questo trend, lunedì 11 aprile, è stato firmato a Siracusa un protocollo d’intesa tra Sovrintendenza e Inpdap, finalizzato all’organizzazione per gli iscritti e i pensionati Indpdap di organizzazione di visite guidate e incontri culturali, realizzando un’azione di promozione innovativa e contribuendo all’educazione alla conoscenza, allo sviluppo di capacità e di competenze individuali.

IL MEETING DE “L’ARSENALE”, TRA MUSICA E CULTURA PALERMO. (g.a.) “Una terra riscopre la propria dignità quando comincia a pensarsi come espressione di una cultura originale e autonoma. Quando fa della propria identità un progetto di futuro aperto. Quando fa dei propri bisogni un capolavoro”. Con questo auspicio l’associazione culturale regionale “L’Arsenale”, libera federazione di musicisti, arti e mestieri, ha organizzato un meeting per presentarsi e per raccogliere le forze propositive della musica e della cultura siciliana pronte a lanciarsi nella sfida di valorizzare la propria terra. Ad alternarsi sul palco a Palermo il 29 e il 30 aprile sono stati i grandi nomi della musica siciliana tra cui Cesare Basile, Dimartino, Entourage, Feldmann, Gentless3, Hank, Improvvisatore Involontario, Marlowe, Orchestra Instabile Dis-accordo, Sonia Brex, Ultravixen, Waines e Zuma.

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I lettori ci scrivono

Gentile direttrice,

se. Anche se parla più re con molto interes mp se go leg la e a ist riv curata, libera da ogni mi piace molto la sua nso che sia molto ben pe ia, inc ov pr a mi lla gomenti che tratta. del siracusano che de e e dinamica per gli ar nt sa es er i int , ca ric , litico leggere il servizio su condizionamento po bastanza deluso nel ab to as mca rim no un ss so o ne tiv nza Proprio per questo mo llo scorso numero. Se Sicilia pubblicato ne in li tta la Sicilia per ua tu sq in a pa i os nt fam me è festeggia re che Ispica ta no le far di ti at inf ta zitutto, ci sono le panilismo, mi consen Settimana Santa. An lla de i ios lig re e i tic ris a delle Palme, negli i festeggiamenti folklo salemme la Domenic ru Ge a sù Ge di ivo ll’arr coli che il Mercoledì rappresentazioni de occhia. E poi, sono se rr pa a ni og i as qu da te etta rupestre di Sant ultimi anni organizza notturna, dalla chies is uc dal Cr a 63 Vi 19 l ale ne ta ion diz grazia fat notte si tiene una tra iore, in ricordo della gg a Ma ss ria me Ma ta a sta nt è Sa a cui testa Maria della Cava fino remoto del 1963, e la ter il a un mò in fer ta e ch rta a, po ies tua è crocifisso di quella ch forse saprà, questa sta me Co . lla na da lon e Co ri) a va all “cà isto nel simulacro del Cr zata dai “cavàri” (non Giovedì Santo, organiz il la processione ne do sio an es qu oc dì, pr ve sa grandio mattina del gio La a. nit ter fra on cic Ar , per qualche selocale, antichissima sano dentro correndo er riv si eli fed di aia gli e restano lì fino alla arriva nella chiesa, mi ne “raputa rè porti”, len so la sa c’è na pe ap n no del pomeriggio. Stes condo ancora al buio, poi per la processione e a, . tu SS sta lla lla de de ia no ch ior parroc “scinnuta” di mezzog no organizzati dalla so i nt me i gia tor at teg e fes ch i an cu i no cosa il Venerdì Santo, esta processione ci so ciconfraternita; in qu Ar contro con la Vea su l’in lla me da co e is a uc iat cr via lla Annunz de i nt me di, ni a cavallo e mo riempiono di stendar vestiti da soldati roma i i giorni, le strade si mb tra , en rla In pa e. ne nn se Do n Pie esca, e nell’articolo no ronica e quello colle è una cosa molto pittor e: at lor co e sa unica! Il Giovedì pp ca e i mantell me se fossero una co co na . En di e nit ter nfra i spettacoli pirotecnici si parla solo delle co sera ci sono bellissim la e tte na Tu tti a. ma nn ua do sq Ma Pa tro del Risorto con la sera, la Domenica di ne, c’è il festoso incon e e non solo. Io infi , din na ta tti cit e ma a nd nic ba me lle E la do lla musica de da te na meag mp co ac ll’a no umere, ne rticolo queste processioni so qui solo potuto riass ho e o ch mi i, e e ion nt diz de tra on te o corrisp penso che tutte ques piace che il suo brav dis Mi di hi. le rig ma tre re di rla pa ritavano un poco di più to quando si tratta di aro, che è tanto atten ad n ha scritto niente Sp io no , az e” Ign iut no mp sa co “in e er compae op e o an glio se che non funzion le, che è vanto e orgo Ispica scrivendo di co e folkloristica pasqua ion diz tra la me co lla su una cosa molto be a! din ta cit a della mi i saluti. nzione e porgo cordial La ringrazio per l’atte Ispica, 11 aprile 2011 Giovanni Roccuzzo

Gentile lettore, le chiedo venia se la tradizione pasquale ispicese, che personalmente conosco molto bene, è uscita un po’ “mortificata” dall’articolo che abbiamo pubblicato nel numero di aprile. Il nostro intento, tuttavia, era di uscire dai ranghi strettamente territoriali per dare spazio e visibilità a tradizioni anche di altre province. Riteniamo infatti che, sebbene la nostra sia una rivista strettamente radicata sul territorio da cui prende voce, sia anche nostro compito quello di alzare lo sguardo per allargare l’orizzonte di informazione e approfondimento. Per questo abbiamo affidato la redazione dell’articolo non all’egregio corrispondente ispicese, che con le sue critiche acute e sempre fondate dimostra veramente di amare il suo territorio, ma ad una docente che di tradizioni pasquali si occupa in tutta la Sicilia. Sono certa che avremo modo di rimediare. Magari dedicando, il prossimo anno, un intero servizio che descriva il pathos che si respira nelle vostre magnifiche celebrazioni. S.G. redazione@taleweb.it



Copertina di Sebastiano Diamante e Santina Giannone

Foto di: Francesco Di Martino e Giulia Mazzone (docusud.it)

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BAROCCO

alla conquista di palazzo Ducezio

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Elezioni amministrative 29-30 Maggio

C

icero pro domo sua. E ciascuno, in fondo, a difesa della propria casa si sarebbe scagliato come a difesa della propria identità. Abitazione e personalità, in effetti, coincidono e spesso le quattro mura in cui abitiamo parlano di noi più di quanto ciascuno se ne renda conto. Tra gli oggetti che ci circondano, in fondo, tracciamo la nostra storia, lasciando segni indelebili non solo del nostro gusto estetico, ma anche delle nostre convinzioni, delle nostre idee, dei nostri difetti. Così, per parlare della sfida a cinque che si annuncia nella città barocca a fine maggio, abbiamo chiesto ai candidati di aprire le porte della loro casa ai lettori di Talè. Per intervistarli, saperne di più di programmi e aneddoti personali. Ma anche per coglierne sfumature sopite nell’ambiente che hanno saputo e voluto ricostruire intorno a sé. E’ questo quadro che oggi sottoponiamo ai lettori. Un quadro fatto di uomini e cose, dove i primi hanno lasciato segni evidenti di sé nelle seconde che così, scrigni preziosi di segreti e passioni, hanno tanto da raccontare.

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Corrado

Bianca 54 anni, responsabile ente formazione Enfap Sicilia

L

a strada è tutta in salita e Corrado Bianca lo sa. Però, aspettando in cima alle scale ripide che introducono al suo appartamento, quasi a simboleggiare l’ardua inclinazione che il Partito Democratico netino dovrà percorrere per portare a casa un buon risultato, sorride accogliente, sereno nella sua sicurezza che, poco dopo, durante l’intervista ci svelerà in tono saggio:”Mi sono reso disponibile perché penso che ci sia bisogno di rappresentanza per una certa voce dell’elettorato. Non mi piace pormi la vittoria come traguardo assoluto e ossessivo,sebbene, inutile negarlo, ci proveremo con tutte le forze”. La casa di Corrado Bianca parla di una vita vissuta con tranquillità, senza troppi sfarzi, votata un po’ alla malinconia della tradizione. Marmo scuro a terra- lucidissimo, la signora Maria Carmela, moglie di Bianca che ci ha accolto all’ingresso, pare curarsene con dovizia- color pesca alle pareti, mobili scuri, cristallerie dentro la credenza che fa bella mostra di sé in salotto. La linda semplicità dell’appartamento si specchia poi nell’abbigliamento del candidato, che ci riceve in giacca verde scuro, pantalone rigorosamente blu, camicia azzurra su cui si affaccia come uno sberleffo irriverente una cravatta rossa.

La migliore garanzia per il futuro è la storia del proprio passato. Il “cattosocialista” che adora stare dietro ai fornelli, alla seconda consiliatura da consigliere comunale, è stato scelto dal Centrosinistra per sfidare Corrado Valvo. Corrado Bianca nella sua elezione vorrebbe sfatare il modello del “più si è amorfi più va bene” e getta uno sguardo al proprio passato ed alle scelte fatte dalla coalizione che lo sostiene. Sei anni in seminario, impegnato nel sindacato e poi

responsabile di un ente di formazione. Da sempre socialista e “Pertiniano” ha seduto sugli scranni dell’aula consiliare di palazzo Ducezio nel 2002, eletto con il contrassegno dei DS durante l’amministrazione Accardo e poi nel 2006 eletto nelle fila del Pd. Qual è il problema più urgente da risolvere in città? È quello dell’occupazione. Questa è una città che ha delle potenzialità di sviluppo enormi legate al territorio ed al turismo,


grazie all’enorme giacimento dei beni culturali, ma bisogna vedere innanzitutto cosa si vuole fare del territorio e di che turismo si vuole parlare. Bisogna creare occasioni di sviluppo in favore dei giovani Un voto all’ amministrazione Valvo Insufficiente perché Valvo era partito con tanti programmi e si era proposto come il sindaco che si sarebbe sganciato dalle trame dei partiti e dai singoli consiglieri comunali. In realtà è diventato loro ostaggio. E l’errore principale è stato aprire le porte della sua amministrazione a consiglieri solo alla ricerca di potere e posti di sottogoverno. E poi ha curato molto e solo l’immagine, infatti non esiste una sola opera pubblica di rilievo, a parte via Ducezio fatta con un mutuo a carico dei cittadini. Perché ha deciso di candidarti? Ho dato la mia disponibilità perché crediamo che bisognava dare un messaggio chiaro di alternativa all’amministrazione Valvo e non a Corrado Valvo. Siamo stati tra i pochi ad essere coerentemente all’opposizione, rispettosi del mandato elettorale, la democrazia si traduce in questo. Con chi ha sostenuto Valvo non è possibile intavolare alcun tipo di rapporto, perché non saremmo credibili agli occhi degli elettori. Perché gli elettori dovrebbero scegliere Bianca?

Credo che possano scegliere Bianca perché Noto ha bisogno di normalità e di amministratori che conoscano i veri problemi della città. Sono un figlio del popolo, per questo la mia candidatura trova poco spazio in certi ambienti cittadini. Rappresenta un elemento di rottura rispetto ad una continuità che c’è sempre stata a Noto. Esiste il voto di scambio a Noto? Non so se esiste. Negli anni passati si sono verificati fenomeni clamorosi, ma ritengo che siano episodi marginali e non tali da inficiare il voto. Il problema è che a Noto ogni voto è clientelare perché si basa sullo scambio del piccolo favore, il clientelismo si consuma su ciò che dovrebbe essere un diritto per i cittadini. E penso che qualcuno dovrebbe certificare perché e come spende decine di migliaia di euro in una campagna elettorale. Chi spende tutti quei soldi non merita di essere votato per due motivi: o non ha a cuore la gestione del proprio patrimonio, e quindi nemmeno la gestione del patrimonio pubblico. O sto facendo un investimento, ma non si può investire in politica. Noi diremo no, perché è qualcosa che rifugge dal nostro modo di pensare e faremo la campagna elettorale con la sottoscrizione popolare. È un messaggio che si deve dare: moralizzare la spesa. Consentirà che nelle tue liste siano candi-

dati condannati o inquisiti? No, nel modo più assoluto. Quale è il libro che ha sul comodino? L’ultimo che ho letto è “La mafia e la chiesa” di Vincenzo Ceruso regalato da mia figlia. Mi piace leggere Camilleri, Sciascia ma un autore i cui libri bisogna sempre avere sul comodino è Ignazio Silone. Quale è la scelta che non rifarebbe? Lavorare nella formazione professionale. Ho dei rimpianti legati agli studi e poi ho perso una grande opportunità: ho vinto un concorso nel 1989 al ministero del Lavoro ma mio figlio aveva 4 anni e non me la sono sentita di lasciare la famiglia e il bimbo che era legatissimo a me. Quale è la pietanza a cui non riesce a dire di no? Riesco a dire di no a tutto tranne a cucinare. Su cosa è incentrato il programma? Il Piano regolatore comunale, il risparmio ed i tagli alle spese inutili. C’è una bolletta telefonica che grida vendetta e non è possibile spendere 300 mila euro l’anno di telefono. Penso anche che una cosa che non va a Noto è che ci sono pensionati che vivono con 450 euro al mese in 30 metri quadrati e pagano 200 euro di Tarsu l’anno, mentre per i luoghi di culto non è prevista alcuna tassazione. Servono un riequilibrio delle tasse. Maggio 2011

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Corrado

Bonfanti 45 anni, bancario

P

ochi dubbi rimangono sulla professione di Corrado Bonfanti, già all’ingresso del suo appartamento ampio e luminoso. Ad accoglierci, infatti, un quadro con tantissimi modelli di vecchie lire, dalle più antiche a quelle più recenti., contornato poi da tanti altri quadri, molti dei quali delineano bene, con le loro cesellature d’argento, lo stile della casa. In salone fanno bella mo-

stra cristalli e argenti specchiati e lucidi. Le tende morbide sulle ampie finestre addolciscono la pienezza della stanza. Ceste di vini (“Me ne regalano tantissime”) presentano il candidato come un discreto intenditore della buona tavola. Jeans nero, camicia azzurra temperata da una cravatta blu si perdono nell’abbraccio della giacca di lana verde con screziature bianche. Le due toppe ai gomiti sottolineano una disinvoltura che la conversazione seguente porterà con se a tratti.

Ha preso il posto di Corrado Valvo alle guida del Noto calcio, adesso vuole proseguire la staffetta ideale sedendo sulla poltrona più alta di palazzo Ducezio. Bancario, sportivissimo e neofita della politica, Corrado Bonfanti ha fatto dello slogan “costruiamo insieme la città che vogliamo” il suo cavallo di battaglia per proporsi come alternativa all’attuale sindaco della città barocca. Qual è il problema più urgente da risolvere in città? Ce ne sono diversi. Quello più impellente è tentare di creare un ente comunale efficiente, in collaborazione con tutti i dipendenti municipali. Il nostro obiettivo è quello di fare squadra per organizzare un comune che possa mettere al centro il cittadino attraverso la riorganizzazione burocratica e l’informatizzazione. Punteremo la nostra attenzione su tutto ciò che riguarda il reperimento di risorse a livello comunitario per dare risposte ai cittadini, diminuendo la tempistica nel consentire l’avvio di nuove attività commerciali. Dobbiamo avere una macchina che sia in grado di dare risposte continue e veloci e per fare questo bisogna mettere mano alla riorganizzazione dell’ente. Un voto all’amministrazione Valvo Insufficiente. Il modo di amministrare di Valvo è diametralmente opposto al modo in cui vorremmo farlo noi. Vogliamo fare sistema e adoperarci per rendere il nostro intervento molto più pragmatico. Valvo ha privilegiato una solitudine amministrativa, una valorizzazione dell’immagine e non del risultato in se stesso. La mia cultura è aziendalistica e punta al coinvolgimento per ottenere risultatio. Il solista non ha la possibilità di emergere. Perché ha deciso di candidarsi? Parte dal basso la mia candidatura, voluta da un gruppo di persone e poi posta al tavolo della discussione nella coalizione. Un progetto trasversale, che mette insieme forze di provenienza diversa proprio perché siamo convinti che mettendo al primo posto il progetto si possono ottenere risultati concreti per la città. Perché gli elettori devono scegliere Bonfanti? Sono conosciuto come una persona disponibile al dialogo e sono vicino alla gente di estrazioni diverse. Quando il cittadino deve fare una scelta elettorale deve guardare ai propri interessi e se riesce a capire che il federalismo municipale sta portando prosciugando le casse degli enti locali, allora è necessario che ci sia qualcuno che abbia una visione un po’ più manageriale e meno politica. Ecco perché i cittadini devono guardare ai loro interessi. L’efficienza della gestione, 14

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Raffaele

Leone 57 anni, avvocato

N un bilancio prudente, perché la mancanza di razionalizzazione dei costi con il tempo porterà al collasso del sistema finanziario. Esiste il voto di scambio a Noto? Non ho esperienza diretta del fenomeno. Il voto di scambio comporta sborsi finanziari, perchè significa acquistare i voti e al di là dell’illegalità già è un servizio quello che vorrei andare a fare alla città, in termini di tempo libero di disponibilità finanziarie e di tempo da dedicare alla famiglia. Un servizio per i miei concittadini che ha un costo così alto che non sono disposto a qualsiasi tipo di compromesso. La mia non è una candidatura per una vittoria a tutti i costi, ma una candidatura di servizio. Consentirà che nelle sue liste siano candidati condannati o inquisiti ? No, abbiamo un codice etico interno alla coalizione ma è anche previsto nei moduli di adesione delle candidature. Da questo punto di vista sono intransigente. Quale è il libro che ha sul comodino ? “Regole” di Roger Abravanel e Luca D’Agnese. La scelta che non rifarebbe ? Non mi sono mai pentito delle scelte che ho fatto. Penso che sia giusto non farlo Quale è la pietanza a cui non riesce a dire di no? Sono amante della pasta, col nero di seppia con le seppie dentro Su cosa è incentrato il programma ? Bisogna tornare a parlare di sviluppo, quindi indirizzeremo gli sforzi dell’attività amministrativa anche ad una buona politica di rilancio per intervenire con il micro credito e per dare un aiuto finanziario alle attività che nascono, aiutando la formazione. Si deve puntare sul turismo senza trascurare le attività tradizionali, come le aziende vitivinicole e gli oleifici. È necessario dare una speranza ai nostri concittadini, agevolando la fantasia dei giovani. Il netino deve trovare nella società in cui vive un piccolo aiuto.

el cuore del piano alto di Noto il palazzo dove abita Raffaele Leone sorveglia le antiche pietre barocche. Una costruzione massiccia, forte, con le mura spesse e resistenti come le idee di quest’uomo. Che tra una riunione politica e l’altra ci apre le porte di casa e ci accoglie in un ampio salone dove tutto parla di contemplazione del passato. Un ambiente spartano con qualche lusinga concessa agli affetti, incorniciati in bella vista sui mobili, ed una strizzatina d’occhio all’arte, con un viso di donna avvolta in un mantello (una Madonna probabilmente) che occhieggia puntando gli occhi in quelli del visitatore, mentre sotto il caminetto, oramai cedute le armi alla primavera incombente, tace. Le volte colorate del soffitto ricurvo parlano di antichi fasti e splendori. Ma ammutoliscono dinanzi ai gesti composti ma incisivi di Raffaele Leone, jeans e golfino rosso.

Se dovesse rinascere non rifarebbe politica. Forse in un’altra vita, però, perché in questa Raffaele Leone è già stato due volte consecutive primo cittadino della città barocca e due volte ha seduto tra gli scranni del consiglio comunale di palazzo Ducezio. “Faccio politica da quando avevo 14 anni – ha detto -, mi sono iscritto alla Gioventù liberale e ci sono rimasto dentro, al Partito liberale, fin quando le vicende della prima rRpubblica non lo hanno cancellato dalla scena politica”. Da tutti considerato dalla “forte” personalità, è uno che non si stanca mai di candidarsi “ma prima o poi arriverà il momento”. Con lo slogan “Una Noto diversa è possibile” ha deciso di rimetterci la faccia per sfidare ancora una volta Corrado Valvo e sedere per la terza volta sulla poltrona di sindaco. Qual è il problema più urgente da risolvere in città? Il lavoro. Questa è una città nella quale c’è quasi il 30 per cento di disoccupazione e quei pochissimi imprenditori che ci sono soffrono terribilmente il problema della crisi e degli spazi lavorativi. Quindi anche il problema dello sviluppo economico a cui è legato il Piano regolatore generale. Sono il fulcro delle esigenze che ha Noto in questo momento, ma ci sono anche problemi alla scarsa efficienza dell’amministrazione ed alla carenza di legalità. Un voto all’amministrazione Valvo Due, perché non ha affrontato i problemi della città, nemmeno quelli per cui si è spesa a parole, come l’inquinamento dell’ambiente: dal 1994, quando ero sindaco, ho dovuto imporre un divieto di balneazione di 2/3 della nostra costa perché era inquinata. Quando ho finito il mandato, nel 2002, l’intera costa era totalmente pulita e balneabile. Mentre nel 2009 e nel 2010 il sindaco ha dovuto imporre la balneazione in un tratto limitato. Un problema strutturale che si sta ripresentando. L’amministrazione Valvo è fallimentare anche rispetto ai suoi cavalli di battaglia. Come il turismo, per cui non c’è Maggio 2011

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stata adeguata attività promozionale, tanto è vero che tra le imprese danneggiate ci sono anche quelle turistiche. Perché ha deciso di candidarsi? Sulla spinta dell’opinione pubblica e degli amici fortemente insoddisfatti dell’attuale situazione. Dal malcontento popolare che ha fatto emergere l’amministrazione Valvo. Perché gli elettori devono scegliere Leone? Spero che gli elettori facciano una scelta politica. Io sono alternativo a Valvo per la mia storia, perché in questi 5 anni sono stato sempre all’opposizione con il mio movimento e poi perché c’è una oggettiva diversità di programmi politici. Valvo ha avuto 5 anni per mettere mano al Prg e non l’ha fatto. È un’amministrazione che è stata contro le imprese e la mia coalizione, invece, punterà sul lavoro. In questo momento si potrebbe fare ingannare dalle promesse di lavoro solo uno sciocco, perché non si può sperare più che sia la mano pubblica a darlo. A sostegno del lavoro, invece, c’è sicuramente l’insediamento delle imprese a cui Valvo ha creato ostacoli. Dalla polemica, a mio avviso pretestuosa, relativa alle

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trivellazioni, al regolamento che ostacola l’ insediamento delle imprese che producono energia pulita. Sono stato sempre favorevole alle trivellazioni perché ritengo non sia vero che deturpino il territorio o lo danneggino. Abbiamo avuto una trivella realizzata negli anni 70 e che è stata attiva

fino a qualche anno fa, e nessuno se ne è accorto. Ha portato delle royalty al comune e non ha danneggiato l’ambiente, non c’è alcun riscontro negativo. Ma non sarò io né il consiglio comunale a prendere le decisioni, proporrò un referendum popolare e lascerò libertà ai cittadini di scegliere. Esiste il voto di scambio a Noto? Può esistere come esiste in tutte le altre parti d’Italia Consentirà che nelle sue liste siano candidati condannati o inquisiti? Assolutamente no. Quale è il libro che ha sul comodino? Il sangue dei vinti di Giampaolo Pansa La scelta che non rifarebbe? Se dovessi rinascere non rifarei politica. Sono molti i prezzi che si pagano, in tutti i sensi. Quale è la pietanza a cui non riesce a dire di no? La salsiccia Su cosa è incentrato il programma? Sviluppo economico, le infrastrutture, Piano regolatore comunale, la legalità e la lotta all’inquinamento.


Amare Noto

Corrado

Italia

Valvo

R

itta dinanzi all’ospedale, quasi a sancire granitica la posizione in tema di sanità difesa strenuamente durante gli ultimi mesi di efferate battaglie, sta la casa del sindaco uscente Corrado Valvo. Un pezzetto di paradiso calato sulla parte alta di Noto, un’ ampia costruzione scura circondata di verde che parla di amore per la natura e per la bellezza. Dall’ampia finestra del soggiorno-cucina in cui Corrado Valvo ci accoglie, lo sguardo declina sulle campagne e contrade netine, spingendosi quasi fin ad arrivare nelle sue zone più popolate. La severità del colore esterno è immediatamente controbilanciata a colpo d’occhio, dai colori naturali e caldi che all’interno ne fanno un vero gioiello di design contemporaneo, dove l’abbraccio bianco immacolato delle pareti si sposa con le sfumature più scure- tutte rigorosamente naturali- e con spruzzi di verde che si posano ora sui cuscini, ora sulle candele, ora sulle stoffe. E la casa del sindaco Valvo parla di una ricerca estetica armoniosa ma insistente, di un gusto equilibrato

“Le idee di un uomo e quello che ha fatto si vedono nel tempo e non nell’immediatezza”. Ha detto di avere modellato una città a propria immagine e somiglianza e non ha alcuna intenzione di abdicare dallo scranno più alto di palazzo Ducezio. Corrado Valvo è l’uomo da battere, sindaco uscente di Noto che tornerà a correre per “completare un percorso che è stato già intrapreso in una rivoluzione culturale, cominciata nel 2006”. Già assessore comunale alla Cultura durante l’amministrazione guidata dall’ex sindaco Michele Accardo e consigliere comunale nelle fila di Alleanza nazionale nel governo cittadino capeggiato da Raffaele Leone, Corrado Valvo intende continuare ad essere alla guida della città barocca puntando sull’accrescimento di un orgoglio tutto netino da parte dei cittadini. Qual è il problema più urgente da risolvere in città? Il lavoro, come in tante altre città. Bisogna smuovere quanto più possibile un’economia asfittica che deriva da una crisi notevole. C’è una grande difficoltà nell’edilizia privata, che è ferma e questo indica un indotto generale di grave disagio sociale. Un voto all’amministrazione Valvo Otto. Un voto sicuramente migliorabile perché nonostante le gravi difficoltà e nonostante oggi sia un uomo diverso, che fino a 5 anni fa pensava di essere un don Chisciotte e di cambiare da solo il mondo, mi sono reso conto che ci sono delle condizioni esterne e, soprattutto, interne all’amministrazione che non rendono il lavoro facile ma si può

47 anni, avvocato senza rinunciare a tocchi di bizzarria, di un amore per l’arte che si rispecchia nel design dei mobili, ma anche nelle suppellettili, misurate, precise, mai accozzate insieme, poste sui mobili. L’ambiente è tutto un gioco di delicati equilibri: tra i mobili pacati si notano delle tendenze alla verticalizzazione con candele, vasi, lunghi stelo di fiori. E in questa aspirazione si riassume bene la personalità di Corrado Valvo, un netino Doc che on riesce a dire di no al vino, con la vista però sempre oltre i confini naturali della città. Jeans e giacca blu, con stivaletti marroni ai piedi, a sancire uno stile disinvolto, elegante ed informale, così Corrado Valvo ci apre le porte di casa sua.

migliorare ancora. Lo sforzo è stato immane ma se oggi Noto ha una sua identità è un fatto che probabilmente qualche anno fa non avveniva ed è merito non solo mio ma di un insieme di soggetti, tra cui tanti giovani, che hanno voluto scommettere e sono diventati punto di riferimento di una rivoluzione culturale. Non è una caso che Noto sia stata scelta come vicepresidenza delle città dell’Unesco, perché la città ha acquisito un valore internazionale di alto livello. Questo ci deve fare riflettere quanto Noto sia diventata una città importante. Penso che questo sia un processo irreversi-

bile e che nessuno potrà scardinare. Perché ha deciso di candidarsi? Per completare un percorso che è stato già intrapreso in una rivoluzione culturale che c’è stata in questa area, in cui Noto è la punta di diamante di un idea di sviluppo molto chiara. Se avessi avuto la certezza che l’eventuale mio successore avesse proseguito nella mia stessa direzione sarei stato molto più rilassato. La mia paura è che quello su cui si è investito in cinque anni e che ha avuto tanti proseliti tra i cittadini, potrebbe essere vanificato, perché nelle altre coalizioni si punta a modelli di sviluppo Maggio 2011

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differenti e che questo territorio non merita. Perché gli elettori devono scegliere Valvo? Perché credo che la città è cambiata e la visibilità di Noto è diventata nazionale ed internazionale, c’è stato un processo evolutivo non da poco conto e credo che oggi è sotto gli occhi di tutti il fatto che tanti ragazzi vogliono rimanere qui, perché credono in questa città. Oggi Noto in qualche modo ricalca la mia personalità. E questa è una cosa che mi fa molto piacere perché si identifica anche con il mio modo di essere e di pensare che, a prescindere dal fatto che possa essere condiviso o meno, è un fatto oggettivo. Il mio modello di una città culturale che sta puntando molto sull’ambiente e sulla cultura, con un insieme di novità ed innovazioni è una mia idea progettuale che sono riuscito a portare avanti con tutte le difficoltà che ci sono state. Esiste il voto di scambio a Noto? Si ed è una delle piaghe che non riguarda soltanto Noto. Non solo con il denaro ma con la promessa facile del lavoro. Tante sono in questo periodo le promesse che vengono fatte e tanta gente è ancora legata a questi meccanismi, perchè c’è da una parte un grande disagio e dall’altra anche la voglia delle persone di volerci credere. Anche perchè c’è chi cerca ancora cerca una sistemazione anziché aspirare ad un posto di lavoro e tutti vogliono l’amico politico per farsi fare la cortesia o il favore. Questo io lo chiamo voto di scambio. Consentirà che nelle sue liste siano candidati condannati o inquisiti ? Stiamo guardando alle persone e non ce ne sarà nemmeno uno. Anzi, spero di potere avere tanti giovani e tante donne al mio fianco. E non è molto facile perché la gente è disamorata della politica. Quale è il libro che ha sul comodino? “Il cuore e la spada” di Bruno Vespa La scelta che non rifarebbe? Nessuna. Ma se dovessi pensare a qualcosa non avrei più quella leggera convinzione di poter cambiare il mondo con facilità, forse dettata dall’ingenuità e dalla passione di buttarti in una esperienza differente da quella che si immaginava. Quale è la pietanza a cui non riesce a dire di no? Mozzarella in carrozza ed i piatti tipici dei luoghi che visita. Su cosa è incentrato il programma ? Continueremo a sviluppare quello che è stato fatto nei cinque anni. Punteremo sul 18

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dire “no” alle trivellazioni, su una sanità migliore nella zona sud, sulla valorizzazione dell’ambiente, il parco degli Iblei. Chiederemo un piano paesaggistico che deve prevedere delle peculiarità ma rispettare anche le caratteristiche del territorio. Una incentivazione della collaborazione con il teatro ed il Cumo, Consorzio universitario mediterraneo orientale, e la stretta collaborazione con associazioni culturali e sportive. Credo di essere stato più un uomo di sinistra che un uomo di destra, alla luce di quello che ho fatto. E forse oggi sono stato vicino più a uomini di sinistra perché non ho pensato a fare investimenti elettorali. Alla base del mio progetto c’è l’ amore per questa città. Un giudizio sugli altri candidati. Tutte persone degnissime. Bonfanti è un mio caro amico, siamo cresciuti insieme abbiamo condiviso gioie e dolori e persino la stessa stanza all’Università. Una persona in gamba forse rispetto agli altri ha un po’ più di ingenuità politica, quella che avevo io qualche anno fa. Leone ha una grandis-

sima personalità. Non condivido la sua durezza molte volte, ma ha un’ottima preparazione culturale e professionale. La grande diversità è che non condividiamo lo stesso modello di sviluppo. Pensiamo che la città debba avere un percorso totalmente diverso. Bianca è una persona onesta e seria, coerente con le sue azioni. Nonostante abbiamo avuto sempre scontri in consiglio comunale, sono stati sempre di carattere politico e solo nel modo di approcciarsi alle cose. Ma con grande correttezza. Adamo è una persona di altissimo profilo e sono sicuro che sarebbe in grado di dare un grande contributo a questa città. Si sta confrontando pensando che utilizzare il concetto “ospedale” da solo sia sufficiente, tentando di raccogliere i voti degli scontenti ma non mi sembra sufficiente anche se è una persona in gamba, molto testarda al punto che l’ho voluto al mio fianco come consulente per difendere l’ospedale “Trigona”. Credo occorra mettere qualcosa in più per fare il sindaco.


Vincenzo

Adamo 61 anni, medico

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a politica è l’arte dei colpi di scena. Mentre andiamo in stampa apprendiamo che al quartetto di candidati, noto già da tempo, si è aggiunto un outsider. si tratta del medico Vincenzo Adamo, 61 anni, che ha deciso di correre per la poltrona di primo cittadino puntando sulla battaglia per l’ospedale Trigona. Poco prima di mandare in stampa il giornale lo abbiamo intercettato per porgli alcune veloci domande.

Al grido di “Forza Noto” e con l’obiettivo di tutelare l’ospedale “Trigona”, Vincenzo Adamo ha deciso di misurarsi con l’elettorato. Medico, primario di Ortopedia dell’ospedale Trigona di Noto da 25 anni, a 61 anni non ha avuto mai esperienze politiche alle spalle, proprio come tutti i candidati al consiglio comunale della lista “Forza Noto”. Adamo è stato impegnato di recente in una battaglia al fianco di Corrado Valvo a difesa dell’ospedale “Trigona” di Noto, che potrebbe essere vittima dei tagli alla sanità della Regione. Qual è il problema più urgente da risolvere in città? La difesa di tutto ciò che Noto possiede, delle strutture sanitarie, degli uffici di collocamento e di quelli finanziari. Necessita tutelare tutto ciò che è struttura che eroga servizi e non possiamo lasciare che si trasferiscano in altre città vicine. Bisogna stimolare la crescita demografica e superare i 30 mila abitanti, per ridiventare punto baricentrico della zona sud. Un voto all’amministrazione Valvo Sette per l’impegno dimostrato a tutela dell’ospedale “Trigona”, una sufficienza per l’attività amministrativa globale. Ho lavorato a fianco di Corrado Valvo e sono stato nominato membro della commissione super partes a tutela dell’ospedale di Noto, per difendere la struttura sanitaria. Questo sindaco ha dimostrato di avere le qualità per combattere una battaglia importante come quella sanitaria. Perché ha deciso di candidarsi? Penso ci sia una carenza di impegno politico vero, soprattutto fatto in maniera disinteressata e da persone non “telecomandate”. Perché gli elettori devono scegliere Adamo? Perché gli altri candidati, pur essendo persone degnissime, hanno l’unico grande difetto di essere asserviti ad un padrone che non è notinese. Esiste il voto di scambio a Noto? E’ esistito da ciò che ho saputo dalle cronache. Può essere combattuto non vendendosi, eliminandolo alla radice. Ed educando i cittadini a non essere in vendita e ridare a ogni singolo cittadino la dignità da svincolarsi da padroni che vengono da altre città. Consentirà che nelle sue liste siano candidati condannati o inquisiti? Assolutamente No Quale è il libro che ha sul comodino?

Obama. Una storia della nuova America di David Remnick. Un libro che mi ha entusiasmato perché è riuscito a far convergere sulla persona del presidente degli Stati uniti d’America, Barak Obama, l’entusiasmo ed il desiderio di novità che era dentro ogni cittadino americano. Vorrei realizzare la stessa cosa, portare dentro ogni famiglia, ogni casa, ogni anima il desiderio di riacquistare la dignità di essere cittadini di Noto e padroni della propria città. La scelta che non rifarebbe? Nessuna. Ridarei l’anima, così come l’ho data, per l’ospedale di Noto, perchè sono convinto che tante volte il dare ripaga più del ricevere. E farsi “fregare” il reparto di ortopedia sarebbe il mio rimpianto più grande. Quale è la pietanza a cui non riesce a dire di no? Ravioli di ricotta con la carne di maiale Su cosa è incentrato il programma? Difendere quello che abbiamo. Abbiamo già perso il tribunale in passato e ora stiamo perdendo anche l’ospedale. Maggio 2011

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Amministrative, Ragusa grande di nuovo… o ex novo? Il sindaco uscente Nello Dipasquale

A cinque anni dalle ultime elezioni amministrative, anche per i Ragusani torna a sentirsi l’odore delle urne, che il 29 e 30 maggio prossimi vedranno un’affannosa corsa a tre. Il sindaco uscente Nello Dipasquale, di professione presso lo Iacp di Ragusa, eletto nel 2006 al secondo turno con il 53% delle preferenze ed autosospesosi dal 2009 dal Popolo delle Libertà a causa di conflitti interni, dopo cinque anni ci riprova, al suono dello slogan “Ragusa grande di nuovo” e forte del sostegno di Pdl, Udc, Fli, Forza del Sud (il partito del fuoriuscito Gianfranco Miccichè) e altre sei liste, tutte appartenenti all’area centrodestra. Dalla sua ha anche l’essere stato per molti un “sindaco del popolo”, spesso nelle piazze, insieme ai suoi concittadini, in prima linea contro i tagli a istruzione, sanità e infrastrutture. Sono però in due, e molto agguerriti, ad aspirare alla sua poltrona. Si tratta del tecnico analista Salvatore Battaglia, ex consigliere provinciale dei Comunisti Italiani e ora fedelissimo del governatore Raffaele Lombardo, sostenuto da Mpa e Api, e di Sergio Guastella, ribattezzato dai Ragusani come l’«anti-Dipasquale» per l’accanita animosità della sua campagna, è un giovane e rampante avvocato con al suo fianco sette liste di centrosinistra, tra cui Pd e Idv. Dopo qualche tiepida schermaglia della prima ora, in queste settimane è entrato nel vivo lo scontro, serrato come sempre. E, come sempre… vinca il migliore! di Martina Barone e Ignazio Spadaro

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Salvatore Battaglia

Sergio Guastella


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CHIA

Arte di Frankie Terranova

A sinistra: “Monnamatta” Sotto: Foto scattata da Vincenzo Belfiore A destra : “La matta viola”

Doriana è nata sul Lago di Garda, in provincia di Brescia, da padre bresciano e madre netina. Ha vissuto e studiato a Torino, all’accademia Albertina delle Belle Arti. Da lì ha iniziato un viaggio itinerante per l’Italia con la professione di arredatrice e di artista, con un’ultima tappa di diversi anni in Toscana. Poi la scelta di trasferirsi in Sicilia, prima a Modica e da meno di un anno a Noto.

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o un dono e una voglia, entrambi miei compagni di viaggio direi da sempre, la mia voglia in realtà si chiama angioma, è posizionata sulla mia tempia destra ed è rossa. Il dono è quello del disegno, e del senso artistico. Malgrado quella chiazza rossa fosse posizionata sul mio viso io , crescendo…e magari nelle turbe dell’adolescenza, mai ne ho avuto un pensiero o un problema. Oggi l’adoro, trovo questa imperfezione un segnale, un segno, un privilegio. Mi piace la sua forma e il suo colore. Per quanto riguarda il dono, così lo chiamavano da piccola… sono certa oggi di portarlo addosso come unica via che caratterizza il mio punto di vista. Il mio senso estetico si espande in più direzioni e si riassume con la precisa predisposizione a vedere il bello sempre e a non considerare il brutto. Nelle cose e nelle persone. Oggi accetto di essere chiamata artista. Mi sono convinta. “volevo essere Picasso o niente” Rincorrere il supremo estetismo…percorso intimo e mai condividibile… sola con la mia profonda intransigenza. Questo mi ha tenuto lontana dall’esporre e dall’espormi per molto tempo. Ma non esistono i migliori e i peggiori…e poi l’arte decide di accoglierti come figlio senza chiederti il permesso, e quindi…eccomi.” Doriana Pagani

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MALAMATTA RICHIAMI D’ARTE di Doriana Pagani “Un giorno – qualche tempo fa – la Matta è arrivata. Mi ha guardata. E si è stabilita da me”. Così comincia il racconto di Doriana Pagani quando la incontro. La Matta è una donna di età imprecisata. Con un cappello. La Matta è un viso spigolosoche ti guarda. E ogni volta che appare – improvvisa - dalla tela, da un pezzo di carta, finanche da un tovagliolo ti guarda in modo diverso. Ti guarda come ti guarda uno specchio: ti guarda affinché tu ti guardi! Abbiamo continuato a parlare a lungo (e vi assicuro che si tratta di una esperienza straordinaria) ma dopo tante parole ho capito che proprio in quella frase iniziale è già contenuto tutto. La Matta è la metafora di Doriana Pagani: della sua vita e della sua arte, inestricabilmente intrecciate. “La Matta è arrivata”. Doriana l’ha accolta, non l’ha creata. Doriana quando dipinge non “dà forma” all’inconscio, non si ostina a guardarsi “dentro” per portare “fuori”. Non è maieutica la sua arte. Doriana si limita a segnalare quello che accade. Lei è l’artista nel posto giusto al momento giusto. Più semplicemente lei è una persona con un dono (come ama definire lei stessa il suo essere artista) che sa trasformare in linee e colori le emozioni che accadono e i fatti che stanno intorno. Tutti dati sensibili che però, nella sua opera, si trasfigurano, si smaterializzano ed evaporano lasciando il posto a figure colorate che sono il frutto dell’addensarsi di passione e sentimento. Doriana Pagani, per dirla in altro modo, sa “ordinare velocemente” quanto accade intorno e lo sa mettere in relazione: infine ci mostra le cose come sono… a patto che si sappia guardare da un’altra prospettiva. Quella più vera. “La Matta mi ha guardata”. La Matta rivela anche altro dell’artista; rivela la donna e il suo modo di vivere e di esistere. Lo sguardo è la cifra essenziale della Matta. E lo sguardo è “relazione”. Lo sguardo è “incontro” Lo sguardo è il momento in cui ci si apre all’altro. Così è la vita di Doriana: capacità di “accogliere” e di mettersi in gioco. Lei è innamorata della gente e dei loro “affanni”. E questo amore lo vive da tutta la vita. Lo ha vissuto in giro per l’Italia e per il mondo. Lo ha vissuto “esplorando” le ragioni della vita. Lei stessa è frutto di un “incontro” un po’ bizzarro: il padre è del Nord, ma ha il profilo mediterraneo, la mamma, dai colori mitteleuropei, è del Sud. Così è lei: ordine e sregolatezza, calma e velocità. Contraddizione. “La Matta si è stabilita da me”. Doriana non è gelosa della sua “amica” Matta. La segue. (O la precede, a seconda dei casi). Ma soprattutto la “condivide” con tutti coloro che hanno voglia di guardare la vita da un altro punto di vista. Richiami d’arte, la mostra/evento da lei organizzata dal 10 al 21 maggio nei bassi di Palazzo Ducezio è certamente l’occasione giusta per conoscerle: Doriana e la Matta. Non credo sarà la solita mostra, piuttosto una esperienza da fare e da vivere. Un’esperienza nella quale ciascuno diventa protagonista. Io ci andrò. Invito anche voi ad andare. Infine un invito anche per Doriana: Trova un “luogo” stabile per te e la Matta dove la gente possa incontrarvi: magari per acquistare un quadro, per sapere come arredare una casa o anche semplicemente per raccontare una storia. E trovalo a Noto questo posto! Maggio 2011

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Occhio sul territorio / 1 di Emanuela Tralongo

MUSEI, gemme preziose

sulla via della storia La riscoperta delle vicende territoriali si muove sempre più attraverso la cura dei Musei, che fioriscono nel sud est della Sicilia, votati soprattutto alla ricostruzione di un passato più o meno remoto. Talè è andato a visitare due strutture: quella di Avola, dedicata alla cultura agricola e quella di Modica, che ci parla di un personaggio illustre del territorio. L’odore del passato tra i tini di mosto Rivive la tradizione contadina della vite nella ricostruzione del Museo “Palmento e Frantoio Midolo” ad Avola, per leggere il presente anche tra le righe del passato.

Foto di: Francesco Di Martino Nel trappitu nel tempo della vendemmia e, subito dopo, della raccolta delle olive, si lavorava giorno e notte utilizzando antiche tecniche.

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el varcare l’uscio di quel portone di via Villafranca 31 si viene travolti da un cumulo di emozioni. Si ha quasi la percezione di tornare indietro nel tempo; e di ritrovarsi, improvvisamente, nei lontani anni ’30. Quando l’uva, dentro i cuveddhi ri càrricu, veniva trasportata con i carretti al palmento. Nello scrutare quelle tre finestre con cornici lapidee ad arco ribassato, opportunamente riadattate, sembra quasi di scorgere i grappoli riversarsi nei tirrazzi, ovvero nelle vasche di pigiatura. Se si chiudono gli occhi e ci si abbandona all’immaginazione, si ha persino l’impressione di annusare l’odore emanato dalla racina mentre i pistaturi, impegnati nell’operazione della pigiatura, si tengono stretti alle corde appese al soffitto. Se solo si volta lo sguardo a sinistra dell’ingresso si può avvertire nell’aria l’entusiasmo e la soddisfazione provate dai nostri antenati nell’incidere, sul muro, con delle punte metalliche, delle piccole tacche. Incise verticalmente una accanto all’altra, insieme a dei numeri, esse servivano a memorizzare il quantitativo in ettolitri del mosto prelevato dal fossu. Dalle vasche, il mosto si estraeva. E, versato negli otri di olona, si trasportava nelle sedi dei vari proprietari, dove, travasato nelle botti e a dimora nelle fresche cantine, completava la fermentazione divenendo infine vino. L’antico opificio dove, oggi, ha sede il Museo Palmento e frantoio Midolo è davvero uno spazio che permette di assaporare l’essenza delle nostre radici culturali. Le gigantografie, gli arnesi da lavoro antichi e la dovizia di particolari forniti dalle schede sono una preziosa testimonianza della funzionalità di un luogo ricco di storia. Un posto in cui la fatica dell’uomo e quella dell’animale si fondevano per eseguire, giorno e notte, le stesse procedure. Il visitatore che mette piede in questa piccola e meravigliosa struttura museale ha la possibilità di rivivere, per qualche istante, la giornata tipo dei nostri avi. Quelli che consideravano la vite e l’ulivo la propria ragione di vita, l’unica fonte di guadagno. Ad Avola, la viticoltura, è stata praticata intensamente. La vite era allevata “a bassa ceppaia”, metodo che “vuolsi venutoci dai Greci”, come tramanda il botanico avolese Giuseppe Bianca. La sua coltivazione esigeva assidue cure. La vendemmia si effettuava da fine agosto alla seconda metà di settembre. Le olive, invece, raccolte da ottobre a dicembre mediante l’abbac-

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Sullo sfondo della foto una gigantografia che immortala il lavoro nei frantoi tradizionali. Un modo per far rivivere al visitatore i gesti e i metodi antichi.

Due donne, un’idea: così il Palmento ha preso vita

«Se si chiudono gli occhi e ci si abbandona all’immaginazione, si ha persino l’impressione di annusare l’odore emanato dalla racina mentre i pistaturi, impegnati nell’operazione della pigiatura, si tengono stretti alle corde appese al soffitto».

chiatura, venivano scutulati con lunghe pertiche e fatte cadere a terra o su teloni stesi sotto gli alberi. Poi venivano riposte in sacchi di tela grezza e trasportate, con i carri, al trappeto. La màcina delle olive si avvaleva di un currituri di pietra lavica. E non appena lo sguardo del visitatore si posa sulla mola olearia, alta 90 centimetri e con un diametro di tre metri, sembra quasi di sentir ragliare il mulo, mentre traina l’asta di ferro ricurva in legno inserita nel foro centrale della mola suprana. Nell’osservare l’imponenza della mola olearia a trazione animale non si può far a meno di pensare al ruolo assunto, nel processo di macinazione, dal masciu ri pala, il quale coordinava il tutto e stabiliva, infine, anche quando le olive, ridotte in pasta, erano pronte per essere pressate nel torchio. E’ anche il documentario audiovisivo sul lavoro nei frantoi realizzato da Rosario Acquaviva nel 1992 a dotare il linguaggio di comunicazione della struttura museale “museograficamente vivo”. Da una sensazione, quasi surreale, suscitata dal filmato che ripropone i gesti antichi ed operosi degli anziani di un tempo, si passa poi ad un’altra percezione. Stavolta inebriante. A provocarla è l’odore di gelsomino e i raggi di sole che si insinuano, timidamente, all’interno della stanza. Con lo sguardo rivolto 26

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verso il basso si segue il percorso tracciato dai fasci luminosi. E si giunge sul retro, dove, in un orticello, sono stai messi a dimora un ulivo, una vite e il gelsomino. Un ultimo sguardo, ammaliato, consente quindi di cogliere la memoria dei sapori e degli odori di un’antica terra che vuole comunicare la sua storia.

E’ quando due donne si guardano, si stimano, lottano e si impegnano per raggiungere un unico obiettivo che riescono a fare qualcosa di veramente grande. Nel caso della realizzazione del Museo “Palmento e Frantoio Midolo” di via Villafranca, la città dell’Esagono ha avuto la fortuna di far incontrare la storica d’arte, Francesca Gringeri, e l’assessore pro tempore, Stefania Tiralongo. Loro si sono guardate, si sono stimate, hanno lottato e si sono impegnate, notte e giorno, per donare ad Avola un luogo che funga da memoria storica per le nuove generazioni. Affiancate, in questa impresa, da un sindaco, Tonino Barbagallo, che ha deciso di intraprendere un percorso ben preciso: e cioè quello di mettere a disposizione degli spazi che, interagendo tra loro, consentiranno ai fruitori di conoscere la storia millenaria di questa città. Una storia fatta di legami, di dialogo, ma soprattutto di senso del dovere. Tutti ingredienti, questi, che le hanno permesso di confrontarsi con gli altri paesi del Mediterraneo e della comunità europea. E’ stata la complicità, la fiducia e la straordinaria interazione venutasi a creare fra queste due donne che ha permesso di raggiungere un simile risultato. L’apertura di un museo delle radici, ad Avola, è stato un vero traguardo.

La storica d’arte, Francesca Gringeri, e l’ex assessore alla Cultura, Stefania Tiralongo. E’ stata la sinergia tra queste due donne a far sì che Avola godesse di un posto che racconta la sua storia millenaria.


Occhio sul territorio / 2 di Simona Incatasciato

ECCO, vi spiego come si guariva coi fumi

Una realtà museale atipica a Modica, dedicata allo scienziato Tommaso Campailla, ci svela i percorsi della medicina settecentesca.

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ino ai primi decenni del Novecento la città della Contea rappresentava un centro di primaria importanza per la cura della sifilide. Il “genio” Tommaso Campailla”, filosofo, scienziato e medico modicano del ‘700, fu infatti capace di scoprire una cura per contrastare la malattia. Ne è prova di ciò il Museo “Tommaso Campailla” di Modica, di recente riaperto al pubblico e gestito dall’Associazione Culturale “IngegniCulturaModica”. Esso si trova all’interno di uno stabile del XVII sec. edificato per accogliere il primo ospedale della città, il “Santa Maria della Pietà”, poi divenuto Sifilicomio Campailla e, infine, Ospedale Campailla. Sino agli anni Quaranta, la gente accorreva da ogni dove per beneficiare delle preziose terapie. In seguito, la scoperta e l’uso della penicillina ne sancì il progressivo declino fino alla definitiva chiusura negli anni Settanta del secolo appena trascorso. L’itinerario all’interno della struttura si snoda lungo quattro sale espositive: la Stanza delle “Botti”, lo Studio Medico, il Teatro Anatomico

Tavolo Anatomico

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Museo “Tommaso Campailla” Modica Indirizzo: Ex Ospedale Campailla – Piazza Campailla – Modica (RG) Orari: Da martedì a sabato ore 10,00 – 13,00 / 16,00 – 19,00. Domenica e festivi ore 10,00 – 13,00 Recapiti: Ass. Cul. IngegniCulturaModica: Tel./Fax. +39 0932763990 – Cel. +39 3384873360 – +39 3333301656 e-mail: cultura@ingegnicultura.it Sito web: http:// ingegniculturamodica.ning.com/ HYPERLINK “http://www.ingegnicultura.it” http://www.ingegnicultura.it Biglietto: Intero € 2,00 – Ridotto € 1,00 Accoglienza del pubblico a cura della Società Cooperativa “Progresso Ibleo”. Gestione a cura dell’Associazione Culturale “IngegniCulturaModica”.

Sopra: Museo T. Campailla - Veduta Stanza delle Botti Sotto: Museo della Medicina - Maschera per cloroformio

e il Museo della Medicina. La Stanza delle “Botti” è la parte più antica e preziosa di tutto il percorso, ove l’angoscia lasciava spazio alla speranza. In questo luogo venivano sottoposti ai benefici della cura i sifilitici. E qui si trovano tre stufe mercuriali, chiamate appunto “botti”, in cui il malato vi accedeva seduto su uno sgabello. Due piccoli fori, in alto e alla base, permettevano di monitorare il processo e inserire la dose di cinabro e incenso dentro il braciere ardente, cosicché le fumigazioni esalassero nell’aria la sostanza curativa. Oltrepassando un corridoio si giunge nello Studio Medico, un ambiente in stile ottocentesco che offre uno spaccato delle consuetudini terapeutiche di allora. Al suo interno una preziosa libreria contenente alcuni volumi specialistici del ‘700 e ‘800. Al piano inferiore si trova il Teatro Anatomico, uno dei pochi esempi in Italia. Una stanza dalle volte a botte, al centro della quale si trova il tavolo anatomico. Esso è collocato ai piedi di due scalini che portano su un piano rialzato ove presumibilmente trovavano posto gli studenti o i medici intenti a veder dissecare il cadavere di turno. Chiude la visita il Museo della Medicina, una 28

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preziosa collezione di strumenti medici e chirurgici dell’Otto e Novecento. Inoltre, il percorso è corredato da alcune testimonianze fotografiche del decorso della malattia. Dà un’idea del valore custodito dal museo il recente riconoscimento attribuitogli dall’associazione “I world” che, in coerenza con l’art. 2 della Convenzione Unesco, ha inserito la “Scuola Medica Modicana e Le Botti di Tommaso Campailla” all’interno del “Libro dei saperi” del Reil, il Registro delle Eredità Immateriali di Interesse Locale. L’Associazione “IngegniCulturaModica” è impegnata, altresì, nel più ampio progetto di promozione e valorizzazione turistico-culturale dei siti Unesco del Val di Noto. Fra i destinatari di questa quotidiana opera

di sensibilizzazione e informazione figurano anche le scuole dislocate su tutto il territorio nazionale e non solo. L’associazione, infatti, in convenzione con l’Ufficio Scolastico provinciale di Ragusa e tramite il progetto “Uno di noi sul posto”, ha elaborato un’articolata serie di proposte didattiche con lo scopo di avvicinare gli studenti alla storia e alle tradizioni di un popolo per mezzo di visite, laboratori didattici e iniziative che contribuiscono a svelare la vera essenza del territorio. Di riflesso, la guida turistica “La scuola promuove il Val di Noto”, presentata con successo alla Borsa Internazionale del Turismo, comprende un ampio numero di itinerari tematici e vuole essere solo il primo di una serie di contributi per la conoscenza del ricco patrimonio culturale di una terra tanto affascinante quanto ancora poco nota.


Camera con vista di Maria Teresa Di Blasi

Week end

di primavera

Acicastello, Acitrezza e Santa Maria la Scala, tra castelli, granite e profumo di limoni

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dealmente il nostro percorso dovrebbe iniziare dall’Ognina, suggestivo borgo marinaro di Catania citato dal Verga nel primo capitolo del romanzo I Malavoglia: “Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare…”. L’aspra costa catanese, nera per la presenza di roccia lavica, non è più, per fortuna, teatro di miseria e solitudine ma meta di un turismo giovane e modaiolo attratto dalle sirene dei locali notturni e dei moderni stabilimenti balneari. Il sabato sera, infatti, un’ininterrotta fila di automobili collega, senza soluzione di continuità, il centro di Catania con il lungomare detto “la scogliera” dove si alternano: ristoranti di pesce, discoteche hollywoodiane, locali messicani e variopinte rivendite di dolci e gelati. La prima tappa è la piazza Castello ai piedi del maniero normanno di Acicastello; oltre

Santa Maria la Scala Maggio 2011

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L’alba di Acitrezza Maggio 2011

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l’ampia balconata affacciata sul mare è l’orizzonte con il mare azzurro e i faraglioni di Acitrezza. Al culmine di una scala di pietra lavica, si aprono ampi spazi che, un tempo, costituivano gli ambienti di un truce castello reso famoso dalla presenza di un fantasma, quello del castello di Trezza che ispirò una celebre novella di Giovanni Verga. Oggi nei pochi ambienti integri rimasti è stato allestito un piccolo museo con le sezioni, mineralogica, paleontologica, archeologica e con una preziosa collezione di piante grasse. Pochi chilometri più avanti, lungo la strada litoranea punteggiata di deliziose ville liberty, si giunge nel borgo marinaro di Acitrezza. La piazza, dominata dalla svettante facciata della chiesa di San Giovanni, trabocca di barche e ristoranti tutti di ottima qualità; da non perdere una visita alla “Casa del nespolo” con il museo. Il museo “Casa del Nespolo” è ospitato in una vecchia abitazione del centro storico di Aci Trezza, a fianco della chiesa di San Giovanni. La struttura architettonica è quella tipicamente siciliana della metà del XIX secolo, con cortile, un piccolo orto e l’ingresso caratterizzato da un arco in pietra lavica a tutto sesto. L’interno è articolato in due stanze: la prima, la sala “La terra trema”, raccoglie fotografie, locandine e varie testimonianze dell’omonimo capolavoro cinematografico di Luchino Visconti, da lui girato pro-

prio ad Acitrezza, nel 1947, con un cast di attori scelti interamente fra gli abitanti del piccolo borgo marinaro. La seconda, la “Stanza dei Malavoglia”, ospita testimonianze del mondo dei pescatori trezzoti della metà dell’Ottocento, con una raccolta di antichi strumenti di lavoro e suppellettili della vita quotidiana. Interessanti le foto scattate personalmente da Giovanni Verga e la raccolta di lettere al fratello Pietro. Procedendo in avanti, oltre Capomulini, s’imbocca la stretta strada che conduce al paese di Santa Maria la Scala adagiato proprio ai piedi della Timpa di Acireale; il piccolo borgo è rimasto intatto così come dovevano essere gli agglomerati marinari ai tempi del Verga. La lunga strada che attraversa il paese come una spina dorsale, è fiancheggiata da coloratissime case di pescatori, oggi trasformate in abitazioni per turisti. Molto interessante l’offerta gastronomica tutta di altissima qualità; per colazione vi consigliamo le granite di frutta fresca accompagnate da fette di torta all’arancia; a pranzo e a cena infinite sono le proposte a base di verdure di stagione e delizie di mare: caponata di melanzane, insalata di polipo, calamaretti fritti, cozze gratinate, spaghetti allo scoglio e pesce alla brace. Per concludere in bellezza, un sorso di limoncello realizzato con i limoni della riviera acese detta appunto per i suoi profumi “Riviera dei limoni”.

Procedendo in avanti, oltre Capomulini, s’imbocca la stretta strada che conduce al paese di Santa Maria la Scala adagiato proprio ai piedi della Timpa di Acireale

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Cultura di Santina Giannone

L’ANNUNCIO DELLA BUONA NOVELLA SULLE TELE DEGLI

ARTISTI SICILIANI

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ittente, messaggio, destinatario. Il meccanismo della comunicazione, anche duemila anni fa, era già tutto in questi tre

Studio da A. da Messina - pastello - cm 20x30 - 2010

SUCCESSO DI VISITE A ROSOLINI PER LA MOSTRA DI TRENTACINQUE ARTISTI DEL GRUPPO DI SCICLI. AL CENTRO DELL’ ATTENZIONE LE RIVISITAZIONI DELL’ ANNUNCIAZIONE DI ANTONELLO DA MESSINA. 34

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elementi . Certamente, esiste messaggio e messaggio. E quello di duemila anni fa avrebbe cambiato le sorti del mondo, seppure riassunto graficamente in pochi centimetri. Stiamo parlando dell’Annunciazione, celebre dipinto di Antonello da Messina, a cui si sono ispirati gli artisti del gruppo di Scicli, in mostra a Rosolini dal 17 al 24 aprile scorso, nel proporre la loro mostra attraverso la rielaborazione del capolavoro antonelliano. Trentacinque firme che hanno ripensato quell’attimo divino in cui l’Angelo si posò accanto a Maria per comunicarle che sarebbe divenuta madre del Salvatore del mondo. Un attimo lungo una vita, trentacinque modi di ripensarne movenze, fatture, struttura, per evidenziarne ogni sfumatura di stile e di significato. Così la mostra- tutti i trentacinque lavori sono accomunati dal piccolo formato, una scelta di “comodità”, ma anche di stile- raccoglie opere che abbracciano tecniche diversissime (dal pastello su carta , all’inchiostro calcografico, dalla matita all’olio), ma soprattutto ha dato esiti entusiasmanti e complessi nel ripensamento dell’Annunciazione di Antonello da Messina. Lo spettatore potrebbe per ore riflettere dinanzi alla complessità delle soluzioni grafiche scelte, che veicolano messaggi altrettanto intensi e strutturati. Tra le opere della mostra il quadro di Piero Guccione, tra i fondatori più celebri del gruppo, che immerge in una luce vivida ed avvolgente la Madonna, quasi fino a cancellarne le fattezze del volto, abbozzando


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in secondo piano una finestra da cui si intravede, da sempre segno di lieta speranza, l’arcobaleno. Sonia Alvarez, compagna dello stesso Guccione, punta invece sul mittente per esprimere la forza dell’annuncio: tutto l’ambiente è lambito da una patina dorata, il mistero di questa straordinaria donna pronta a ricevere per l’intera umanità viene appena intuito attraverso un alone. L’angelo è lì, fermo immobile nel tempo della storia e dell’umanità, accanto ad una colonna, che con il suo gesto di saluto si fa ogni giorno portatore di speranza. Molti anche i giovani talenti che si sono cimentati nell’opera: da Ilde Barone, modicana, che ha centrato la sua attenzione sulla grazie e la compostezza del volto di Maria con una tecnica granulosa e particolare, a Giovanni Blanco, che con la sua doppia Annunciazione ha riproposto lo stesso tema in maniera più essenziale. Destrutturazione pura dell’ambiente per Lella Pupillo, che ha racchiuso nei dettagli dell’ambientazione sparsi per il foglio bianco il mistero di domande sacre, a cui Sandro Bracchitta ha dato le sue personali risposte nell’indagazione del mistero di ogni donna, accomunate nella maternità anche con Maria, attraverso l’aggiunta (provocatoria e stimolante) nel quadro dello stick di un test di gravidanza. Come a dire, insomma: il segreto insondabile della Madonna è quello che ogni giorno si realizza nel ventre di ciascuna donna gravida, scrigno e tesoro in cui l’Annunciazione, anticipazione dei vagiti di una nuova vita, si perpetua. Il tema, presentato dal critico d’arte Paolo Nifosì, riassume i legami del circolo “Vitaliano Brancati” di Scicli con la terra siciliana: «Si tratta di una scelta nata in concomitanza con la mostra di Natale che ogni anno il gruppo prepara. In occasione dello scorso Natale abbiamo scelto di reinterpretare il capolavoro di Antonello da Messina perché è quello che ammiriamo qui vicino, al Museo Bellomo a Siracusa e poi perché Antonello fu un grande artista della nostra terra». Dall’arte alla lettura di una terra in cui il seme della cultura attraversa sempre mille difficoltà per germogliare, il passo è breve e il circolo “Vitaliano Brancati di Scicli, frutto di un sodalizio oramai trentennale tra intellettuali ed artisti della zona sud sud est siciliana (ma non solo), ne rappresenta una delle espressioni migliori:«Il pensiero che ci ha spinto ad agire nel campo artistico,

rimanendo qui, è quello che la nostra terraha spiegato il critico d’arte Nifosì- merita di essere valorizzata innanzitutto in funzione della nostra presenza e poi in vista dell’attrazione turistica in cui ciascuno spera. Non possiamo, ci siamo detti, vivere in Sicilia sognando la California, spezzeremmo il sogno irrealizzato e la vita concreta allo stesso tempo. Occorre muoversi per realizzare anche da qui delle cose importanti e di spessore. Così si è innescato un processo di identità che ci ha reso coesi, pur rimanendo sempre aperti a nuovi stimoli». Apertura, tuttavia, non vuol dire accesso indiscriminato in un mondo in cui, comunque, deve vigere una seria selezione. «Su cosa sono basati i nostri criteri? Sui valori fondanti del gruppo e sulla nostra esperienza, che innanzitutto possono essere riassunti nella capacità di prendersi sul serio in prima persona, senza attendere che la legittimazione ed il riconoscimento ci venga essenzialmente dall’esterno». Il capolavoro di Antonello, così, declinato nelle sue trentacinque sfumature, rimane segno tangibile dell’incontro tra umano e divino, ma, in questo caso, si fa anche portatore di fiducia. Per una terra, che attende un messaggio di forza e di speranza, proprio come Maria. Ma soprattutto per i suoi cittadini che ogni giorno, prima ancora che questo arrivi, lavorano per meritarsi la visita di quell’angelo, di un raggio di sole, di una buona novella.

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1: Alvarez, Annunciazione da A. da Messina - pastello 2: Guccione - Studio Annunciazione di Siracusa pastello su carta - cm 25x20 - 2010 3: Bracchitta, senza titolo, 2010 - tecnica mista su carta applicata su tavola. cm. 35,5x35,5

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a mostra a Rosolini è stata organizzata dal Circolo Unione di piazza Garibaldi, presieduta da Pietro Pirosa. Fortemente voluta da Giovanni Giuca, ex sindaco e Gino Lantieri, l’allestimento è stato reso possibile grazie alla sinergia d’azione tra il circolo rosolinese e quello di Scicli, già temprata nel tempo: « Avevamo già collaborato con il gruppo di Scicli - ha ricordato Giovanni Giuca - nel 1994, in occasione della mostra che portò a Rosolini alcune opere e ceramiche di Picasso, visitata da oltre 5 mila persone paganti. Ci piace pensare che, nonostante la nostra sia una delle periferie più povere dal punto di vista dell’eredità lasciataci dagli avi, possiamo comunque fare delle cose interessanti e di spessore». Alla collettiva hanno preso parte i pittori Alvarez, Antoci, Barbante, Ilde Barone, Salvo Barone, Blanco, Bracchitta, Candiano, Cantone, Cartia, Cassibba, Chessari, Colombo, Cozza, Di Quattro, Diara, Gennaro, Guccione, Iudice, La Cognata, Lissandrello, Mania, Messina, Nisveta, Kurtagic, Nucci, Paolino, Polizzi, Pupillo, Rampanti, Manlio Sacco, Ninni Sacco, Sarnari, Tranchino, Vignozzi, Zuccaro. Maggio 2011

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Talè che storia di Ignazio Spadaro

Troppa beneficenza? I fedeli si ammutinano

La Confraternita e il Parroco

È successo ad Ispica (Rg), dove la Confraternita “San Giuseppe” ha abbandonato l’organizzazione dei festeggiamenti esterni: «Non ci sentiamo guidati dallo Spirito Santo»

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rendete una tranquilla chiesetta di periferia e un’antica tradizione folkloristica. Aggiungeteci una confraternita particolarmente sollecita, un parroco fresco di nomina e un bel po’ di soldini da gestire; quindi agitate per bene, ed ecco che avrete ottenuto… una vampata con i fiocchi, di quelle che neppure dieci acquasantiere riusciranno a domare. È quanto accaduto nelle scorse settimane ad Ispica (Rg), dove l’organizzazione dell’annuale festa parrocchiale di San Giuseppe si è trasformata in una sorta di guerra, fredda ma non troppo, tra la Confraternita omonima e il nuovo parroco don Mario Gugliotta. All’origine di questa singolare querelle all’ombra dell’altare sarebbe stata la prospettiva che il Parroco indirizzasse una parte considerevole delle offerte alla costruzione di un ospedale in Congo, sottraendole al consueto concertone del dopo-processione. Tanto più che a raccogliere i soldi porta a porta era stata, come da tradizione, la stessa Confraternita. In realtà, secondo don Mario quando il sodalizio aveva fatto saltare il tavolo, egli non aveva ancora assunto nessuna decisione definitiva. È perciò probabile che in verità la divergenza sulla gestione dei fondi fosse solo la proverbiale goccia di troppo, e che ad avvelenare i rapporti con la sacrestia avesse già provveduto, nei giorni precedenti, la nomina -sempre ad opera del parroco- di un inedito comitato con funzioni di controllo contabile e coordinamento. Evidentemente la Confraternita ha giudicato che la perdita del “monopolio” organizzativo sin lì detenuto fosse un rospo troppo grosso da ingoiare e così, dopo

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più di trent’anni, l’onorato sodalizio si è clamorosamente “ammutinato”, negando qualsiasi partecipazione alla festa esterna. Dal canto suo, il parroco non si è lasciato smontare: «È giunto il momento di comprendere -ha detto alla stampa- che la Confraternita non è ormai che “una parte” della comunità, e che è insieme a tutti gli altri gruppi laicali che essa deve “collaborare” all’organizzazione della festa. È proprio in questa direzione di unità che voleva andare la creazione del Comitato -aggiunge- e mi rincresce che da molti ciò non sia stato capito». Forse sì e forse no. Quel che è certo è che la Confraternita dopo concitatissime riunioni aveva deciso pure di giocare il carico da undici, rifiutandosi persino di accompagnare il Santo, nella tradizionale processione, con le consuete vesti di foggia tardomedievale. I confrati si sono poi trincerati in un totale silenzio affidando le proprie ragioni ad una nota ufficiale in cui, per bocca del presidente Rosario Stornello, dopo aver rivendicato di essere «al servizio della Chiesa», hanno denunciato un «profondo strappo» col Consiglio Pastorale [sorta di piccolo parlamento parrocchiale, ndr], aggiungendo di voler «lasciar stare il “fare” a tutti i costi» perché mancanti della percezione di essere «guidati dallo Spirito Santo». Ed è ancora, nientemeno, Dio che hanno chiamato in causa per commentare lo sciopero bianco delle vesti (revocato all’ultimo momento): «Non sia l’abito a fare il confrate -aveva esclamato Stornello dinanzi al Consiglio- ma lo Spirito Santo che è dentro ognuno di noi». Quanto alla sua chiacchierata “ingerenza” nella gestione delle offerte, don Mario è ca-

tegorico: «Vogliamo scherzare? -sbotta-, sia chiaro che nella Chiesa Cattolica l’amministrazione delle offerte è rimessa unicamente al Parroco e il fatto che chi mi ha preceduto abbia a lungo scelto (insindacabilmente) di delegare tale funzione ad altri non significa certo che essi vi abbiano maturato un qualsivoglia “diritto”!». Neppure la brusca interruzione della questua, dovuta alla defezione dei confrati, sembra preoccuparlo più di tanto: «Forse -allarga le braccia- è volontà del Signore che chi desideri contribuire alla festa porti la sua offerta direttamente in chiesa». Ma come le onlus e le altre associazioni noprofit hanno presto imparato, se la pubblicità è l’anima del commercio, il tu per tu con la consueta immaginetta questuante è lo sprone più potente -e collaudato- della carità. E se don Mario non ha motivo di dubitare del fatto che Dio nutra gli uccelli del cielo e vesta i gigli del campo, i vecchi saggi della Confraternita, gestori navigati delle venalità parrocchiali, sanno bene che Egli difficilmente s’incomoda per saldare i conti di agenti, bombaioli e microfonisti. Così, c’è da aspettarsi che abbiano semplicemente deciso di attendere, raccogliendosi in buon ordine nelle loro cappe arancioni, in attesa che tale grande verità sia intuita anche dal loro bravo parroco. Del resto, almeno prestando l’orecchio agli immancabili chiacchiericci in caffè e barberie, pare che dalla parte della Confraternita si sia prontamente schierata anche la massa dei fedeli: «Uno i soldi li dà perché si faccia una bella festa -dicono in tanti- mica per i poveri dell’Africa!». Eh, già. Fortuna che ai poveri dell’Africa, almeno, ci pensa San Giuseppe. E gratis.


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Territorio Promotion

In volo sulle Saline di Priolo

Sullo sfondo: Le saline di Priolo e Thapsos viste dall’alto. A destra: Da sinistra l’assessore Felice Pepe, il sindaco Antonello Rizza, e il presidente del consiglio Orazio Valenti.

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archeologia cristiana ed il patrimonio naturalistico delle saline sono i punti di forza di Priolo Gargallo, peculiarità del territorio su cui l’amministrazione comunale ha riposto tutti gli sforzi finalizzati alla riscoperta ed alla valorizzazione. Due le iniziative che sono diventate appuntamenti fissi della primavera priolese: il progetto “In Volo su Priolo Gargallo” e le visite guidate nelle saline, nei monti Climiti e tra i resti dell’archeologia cristiana. L’iniziativa “In Volo su Priolo Gargallo” è organizzata dalla Lipu, ente gestore della riserva “Saline di Priolo” e dal Comune che si inserisce nel protocollo d’intesa siglato nel 2010 con la Centrale Archimede Enel, con l’Associazione “Amapriolo” e con il depuratore consortile Ias. Un progetto di educazione ambientale che si prefigge lo scopo di valorizzare le realtà naturalistiche ed ecologiche ma anche l’affermazione di un principio fondamentale: il territorio priolese non è solo inquinamento ambientale. E nella stagione primaverile Priolo ha deciso di svelare il proprio territorio e mostrare anche i propri aspetti positivi in una visita che alterna aspetti storici a quelli naturalistici o ecologici ad esempi di sviluppo sostenibile. Per il Sindaco Antonello Rizza

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“ancora una volta l’amministrazione comunale si fa protagonista del coordinamento di iniziative che tendono a valorizzare attraverso la fruizione dei cittadini le ricchezze del territorio, insistendo con caparbietà nell’opera di ridefinizione dell’immagine della cittadina”. L’attuale edizione del progetto prevede inoltre il coordinamento delle visite guidate alla catacomba di Manomozza, di Thapsos, in collaborazione con l’associazione Koinè e alla “Guglia di Marcello”, in virtù della convenzione che il Comune sta stipulando con l’ Enel e l’istituto Ardizzone Gioieni. L’altra iniziativa denominata “Passeggiando tra il bianco delle Saline ed il verde dei monti Climiti” darà la possibilità agli studenti degli istituti scolastici della provincia di conoscere le bellezze e le caratteristiche delle Saline e dei Monti Climiti ma anche di fare un balzo indietro nel tempo alla scoperta della produzione del sale. Ad arricchire il progetto anche la “Mostra dei mestieri” e la visita alla nuova centrale al nuovo impianto solare termodinamico Archimede dell’Enel. Un modo, questo, per fondere la natura, la storia ed il mondo produttivo che si muove verso uno sviluppo sostenibile del territorio. “Stiamo assistendo alla realizzazione di un sogno – ha dichiarato l’assessore comunale ai Beni

culturali, Felice Pepe -, quello di fare prevalere nell’opinione pubblica priolese (e non solo) la cultura della simbiosi con il proprio territorio, e quindi le proprie radici, e l’opera di risanamento e consolidamento di una realtà industriale moderna e sicura. “Ancora una volta la sinergia fra le realtà territorialidichiara Fabio Cilea, direttore della riserva Saline di Priolo- non può che giovare al territorio mettendo in mostra quegli aspetti positivi che spesso passano in secondo piano per i problemi che l’area vive”. E riguardo alle radici di una popolazione, non si può dimenticare il settore dell’ archeologia cristiana, su cui l’amministrazione guidata dal sindaco Antonello Rizza, fortemente sostenuta dal consiglio comunale e al suo presidente Orazio Valenti, sta puntando. Un vero e proprio giacimento culturale che certamente non ha bisogno di lacuna opera per affermare tutto il proprio valore: quello che il Comune sta facendo è uno sforzo verso la riappropriazione di questi inestimabili tesori da parte della collettività priolese.

Chi volesse prenotarte delle visite guidate può rivolgersi al call center dedicato, chiamando lo 0931.779302


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Made in Sicily di Santina Giannone

SCRIVERE PER MESTIERE, SCRIVERE PER PASSIONE Dalle righe giornalistiche a quelle più appassionate di un romanzo, il salto non è sempre facile e scontato. Tuttavia talvolta accade, con risultati inaspettatamente fuori dai canoni. Talè ha intervistato due dei giornalisti siciliani che hanno ceduto la penna alla narrazione, intingendola nell’inchiostro dell’uomo, dai sentimenti a tinte forti di Veronica Tomassini allo humor giallo di Salvo Toscano. “Ho riconosciuto Dio negli occhi azzurri degli angeli ribelli”. Parla del suo nuovo libro “Sangue di cane”, la siracusana Veronica Tomassini, giornalista per lavoro e scrittrice per vocazione: l’invasione degli immigrati dell’est, il loro mondo intenso e terribile, la forza interiore di un popolo che mai ha abbandonato l’ultima dea, la speranza. Foto di: Sebastiano Diamante

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percorrendo le autostrade dei suoi occhi che conosci Veronica Tomassini. Una conoscenza che prescinde dalle parole, travalica quanto di scibile possa esserci nella vita di ciascuno e si affida esclusivamente alla capacità dell’essere umano di compenetrare l’altro e, allo stesso tempo, di rintracciarne delle dolorose e avvolgenti appendici nel proprio percorso. Così, quello che avviene sulle seggiole di un bar di Ortigia, può trasformarsi nell’incontro di due donne che si guardano e si riconoscono. Attraverso il racconto del libro di Veronica, “Sangue di cane”, Laurana editore, le sensazioni diventano parole e pagine in cui specchiarsi: il miracolo della scrittura, nuovamente, è compiuto. Non solo, come in questo caso, per il parto doloroso e difficile

di verità scomode che danno alla luce l’affascinante opera scritta, ma anche per la potenza generatrice che le parole rivendicano, insediandosi nelle vite degli esseri umani. E battezzandoli fratelli. E’ un romanzo difficile, il suo. E non solo per la tematica che affronta , l’amore tra donna italiana e un borderline polacco. Non solo per il linguaggio, che si rivela oltremodo sofferto, scavato nell’anima di chi legge e di chi ha scritto. Ma anche per il ritratto di una società assente, apatica, indolente, che ci restituisce. Lasciandoci con l’amaro in bocca. MI HA INCURIOSITA MOLTO IL TITOLO DEL TUO LIBRO, “SANGUE DI CANE”. DA DOVE NASCE? È un intercalare tipico della lingua polacca. Lo lessi per la prima volta in un racconto di uno scrittore di origini polacche morto trentatreenne intorno agli anni ‘50. La sua raccolta di racconti mi piacque molto, e in modo particolare mi colpì come in questa espressione, con cui il protagonista chiamava un altro personaggio, si trovasse racchiusa l’anima di un intero popolo, vittima di un grande dolore e di un enorme errore storico, che fu la rivoluzione socialista. L’amore di cui parla “Sangue di cane”, tra un senzatetto polacco e una donna italiana, è lo strumento che mi ha permesso di raccontare questo popolo che io ho incontrato in un momento fondamentale della sua storia, i primi anni ‘90, assistendo a questo fenomeno epocale, cioè il movimento di uomini dall’Europa dell’Est. HAI INCONTRATO QUESTO MONDO PER LAVORO? No, come la protagonista l’incontro è avvenuto per questioni sentimentali, anche se ovviamente il libro non è tutto autobiografico. Incontrai questo mondo in un periodo particolare, subito dopo la caduta del Muro, quando si stava verificando un fenomeno senza precedenti e di cui non conoscevamo le dinamiche. Da quel momento in avanti sarebbe cambiata anche la geopolitica. Questo Maggio 2011

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La cosa strana è che avviene un’integrazione al contrario, non è il polacco che si integra col mondo di lei, ma lei col mondo polacco

Nelle foto: Veronica Tomassini durante l’intervista

incontro a me ha lasciato l’occasione di raccontare questo mondo, che ha un proprio modo di vivere e morire, che affronta tutto in maniera diversa da come lo facciamo noi. COME DESCRIVERESTI, CON UNA MANCIATA DI AGGETTIVI, QUESTO MONDO CHE NOI NON CONOSCIAMO? Qui da noi è un mondo intestino, che ha le sue dinamiche nascoste alla società, animato non solo da polacchi ma da “uomini fantasma”, da clandestini e da outsider. È UN PO’ IL MODO DEI CLANDESTINI DI OGGI? Si, perchè il meccanismo è sempre lo stesso, la paura, l’indifferenza, la deriva costretta dal pregiudizio degli altri; questa è gente che andrà a morire nelle grotte per freddo, per fame, per alcool, però con delle risorse straordinarie. Io li considero fiori nel fango, oppure profeti sulle panchine, con una saggezza e un’umanità straordinarie, che hanno portato qualcosa di nuovo nella vita della protagonista, al di là della loro cultura. NELLA VITA DELLA CITTÀ QUESTA COMPONENTE È RIUSCITA A LASCIARE UNA TRACCIA? OGGI LE QUESTIONI SONO ANCORA QUELLE DI CUI PARLI TU O C’È STATO UN CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA, UN’EVOLUZIONE? L’integrazione che si auspica si sarà anche realizzata, però devo 44

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dire che questi uomini, quelli che sono rimasti qui, continuano a vivere in una situazione di marginalità, nelle case occupate, nelle grotte, con l’enorme problema di ordine morale, sociale ed etico che per loro è l’alcolismo. Quindi in realtà non è cambiato molto, alcuni se ne sono andati, ma per il resto rimane tutto più o meno uguale. HANNO LASCIATO TRACCE NEL SENTIRE COMUNE? Assolutamente no e questa è la cosa più spaventosa. Non si riesce a capire come mai non ci sia stato quell’avvenimento bellissimo che è la condivisione, come accade invece più facilmente negli Stati Uniti, ad esempio, dove le razze meticce sono sempre più diffuse. L’ESPERIENZA DELL’ INCONTRO E DELL’ACCOGLIENZA INVECE È AVVENUTO NELLA VITA DELLA PROTAGONISTA, CHE HA AVUTO UN FIGLIO DA QUESTO AMORE. QUAL È IL RISULTATO DI QUESTO SINGOLO ESPERIMENTO, CHE NON È AVVENUTO NELLA REALTÀ TERRITORIALE? Sicuramente la protagonista è venuta fuori da questa esperienza molto provata e addolorata, quindi migliorata. La cosa strana è che avviene un’integrazione al contrario, non è il polacco che si integra col mondo di lei, ma lei col mondo polacco; ad un certo punto diventa una di loro, perchè è l’unica condizione per fare sopravvivere


Sangue di cane, di Veronica Tomassini Editore Laurana, 2010, 232 pag., € 16,00 il loro amore. Io credo che loro, questi uomini, vogliano veramente riscattarsi; penso al ragazzo che chiede soldi al semaforo ed è stufo di fare questa vita, vuole fare di meglio, e crede alle fandonie di quello che, credendosi spiritosi, gli dicono al semaforo di farsi trovare là alle 4 del mattino per avere soldi e possibilità di lavoro; non sa però che quel ragazzo non ha un posto dove dormire, e magari aspetterà su una panchina al freddo tutta la notte che si facciano le 4 del mattino, ma poi non arriverà nessuno. Nel sentire comune gli uomini erano tutti nullità, senza volto nè memoria, le donne o badanti o prostitute. Questa era l’idea generale, mentre invece la protagonista, attraversando questi gironi infernali, ha visto e raccontato cose straordinarie, un mondo meraviglioso con persone meravigliose, e soprattutto ha incontrato Dio, che è più vicino a quel mondo dove magari la morale comune non sarebbe mai entrata. QUALI SONO LE INFLUENZE LETTERARIE CHE RITROVI IN QUESTO TUO LIBRO? MI SEMBRA DI CAPIRE CHE LA LETTERATURA DELL’EST ABBIA INFLUITO MOLTO. È UN PERCORSO CHE SI ERA GIÀ INNESCATO PRIMA DI QUESTA TUA ESPERIENZA DIRETTA O È STATO UN PERCORSO INVERSO? È stata una coincidenza. Io da ragazzina ho letto moltissimo i russi, e mi è piaciuto tanto questo realismo che poi ha influenzato anche la mia scrittura; la mia ambizione era di raccontare il dolore come lo raccontavano loro, apparente distanza con le cose, verità senza retorica. È stata quindi una cosa che doveva succedere, come se fosse stato tutto scritto. Le influenze sono queste, anche se a livello di stile la mia scrittura è molto più grondante. Sono stati comunque loro stessi a spiegarmi come raccontare questo dolore, morendo con la stessa intemperanza con cui vivevano, con una rassegnazione e una nostalgia che non ci appartengono. È proprio un mondo portatore di una nostalgia storica partcolare. Mi sembrava importante raccontare questa storia; se una cosa del genere fosse uscita quando l’ho vissuta io avrebbe avuto molto successo, perchè negli anni ‘90 ancora non si sapeva nulla di questo popolo.

“Sul valore della libertà ho molto da dire, Słavek. Di fatto è un passaggio destrutturalizzante, parolona, scusami. Fu inebriante scoprirla. La libertà non fa un buon odore, non sempre. Ma era quel tuo modo di guardarmi a rendermela così cara; dal basso verso su, con uno strano sorriso, che talvolta scambiavo per crudeltà, talvolta per sgomento; era quel tuo modo di arrivare a me, seguendo la strada maestra nei più segreti recessi del mio essere, erano il tuo seme e i tuoi sospiri a rendermela nemica e compagna. Era la tua diseducazione nelle cose dell’amore a restituirmela così preziosa”. “Sangue di cane“, della giovane scrittrice siciliana Veronica Tomassini, si rivela senza alcun dubbio come una delle più grandi novità del momento per la sua straordinaria ed eccezionale capacità di togliere il fiato a colui che legge, seducendo con una scrittura nuova, senz’altro feroce e graffiante, dura e realistica. Le vicende narrate in “Sangue di cane” sono ambientate tra Siracusa e la Polonia; la Sicilia descritta dall’autrice però non è la solita vista e riletta, quella stereotipata e fatta di vecchi clichè, quella che solitamente viene presentata nei classici racconti meridionalistici ma è una Sicilia del tutto nuova, più autentica e vibrante. Attraverso la lettura si evince la grande e forte esigenza, da parte dell’autrice, di fare della scrittura la sua valvola di sfogo, quasi avessesse un’urgenza di dire, un’esigenza di trasmettere e dare vita alle parole attraverso i personaggi; è questa la sua grande forza, spaziare con le parole tra affascinanti scenari gotici e incursioni oniriche che rendono quasi ipnotica la lettura. Il romanzo è stato proposto dallo scrittore Giulio Mozzi come candidato al Premio Strega.

QUANTO IL TUO MESTIERE DI GIORNALISTA HA INFLUITO SUL TUO RACCONTO? Il mio lavoro ha influito tantissimo, perchè tutto quello che facevo per lavoro si intrecciava anche con la mia vita personale, ma non ha influito sullo stile, dato che non amo molto il linguaggio giornalistico. QUAL È IL PESO DI QUESTO LIBRO NELLA VITA DI VERONICA TOMASSINI? Grandissimo, non perchè sia cambiata la mia vita, che sostanzialmente è rimasta la stessa; professionalmente è cambiato il ruolo che ho, ovvero quello di autrice. È comunque un libro che è riuscito ad essere considerato uno dei più importanti della stagione, secondo alcuni anche degli ultimi anni. Qualcuno ha detto che con questo libro è stato fatto qualcosa che non si aveva il coraggio di fare da anni, cioè parlare di Dio. Non è un argomento facile da affrontare, ma io non l’ho fatto a tavolino, è successo così e basta. Penso che Dio si incontri soprattutto così, nel viso di ogni barbone e di ogni derelitto all’angolo della strada. Come mi ha insegnato un mio amico, quando si fa un gesto buono nei confronti di una di queste persone, allora si diventa veramente immagine di Cristo. Maggio 2011

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“Scrivo gialli per ragionare (e ridere) sulla vita� Una vocazione per la logica, quella del giornalista palermitano Salvo Toscano, che lo ha portato a dare vita ai fratelli Corsaro, detective per mestiere, ma anche per passione. Nella foto: Salvo Toscano durante l’intervista

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l lettore che, percorrendo la trilogia del giornalista Salvo Toscano, redattore del mensile palermitano I love Sicilia e scrittore per diletto, cercasse di rintracciare i modelli su cui i fratelli Corsaro, protagonisti di quella che si annuncia oggi come una mini saga letteraria, si plasmano, ha ben pochi dubbi dopo aver scambiato quattro chiacchiere con l’autore: il simpaticissimo scavezzacollo Fabrizio e l’inappuntabile ed efficace Roberto hanno un solo modello in comune: Salvo Toscano stesso. Una somiglianza neanche negata dall’autore che, tra i sorrisi e le occhiate da monello, infatti, lascia trasparire una serietà precisa e serena, che, paradossalmente, riesce a costituire quell’armonia e quell’equilibro che gli stessi fratelli Corsaro, insieme, rivivono nelle loro vicende. Uno stimolo, dunque, ad andare oltre alla ben costruita trama del thriller altalenante tra i mondi di avvocati e giornalisti e scoprire, tra le pagine, un mondo ritratto a tutto tondo, in cui la plasticità dei personaggi riverbera chiara e lucente agli occhi del lettore. COME È NATA, IN UN GIORNALISTA, LA PASSIONE PER LO SCRIVERE ROMANZI? Mi è piaciuto da sempre leggere, soprattutto i gialli italiani, che hanno avuto un boom nella metà degli anni ‘90, come quelli di Carlo Lucarelli. Ad un certo punto ho provato a scriverne uno. Il primo dei fratelli Corsaro lo scrissi quando ero militare; ci fu un periodo in cui fui ammalato e mi ricoverarono in un ospedale militare, un posto in cui se non hai nulla da fare diventi pazzo. Siccome io ero già pazzo di mio, decisi di scrivere un romanzo. Ciò accadeva tredici anni fa, ma rimase altri 4 o 5 anni chiuso in un cassetto, non pensavo avrebbe fatto successo. Poi lo portai da un editore, che dopo tre mesi mi disse che lo avrebbe pubblicato. È STATA UNA TUA NECESSITÀ SCRIVERE IL CONTINUO OPPURE TI È STATO CHIESTO DALLA CASA EDITRICE? No, mi piaceva l’idea di questi personaggi a tutto tondo, molto forti. Poi sono storie che si scrivono da sole, ad esempio l’ultimo (“Sangue del mio sangue”) l’ho scritto in due mesi; i fratelli Corsaro sono così, basta che gli dai il La e loro partono. C’È QUALCHE MODELLO A CUI TI SEI ISPIRATO PER QUESTI PERSONAGGI? No, fondamentalmente l’archetipo dei due fratelli sono io, mi somigliano in alcuni tratti. Riguardo allo stile a volte noto delle affinità con gli scrittori catalani, soprattutto per l’uso dell’ironia e della leggerezza nel senso calviniano del termine. SCRIVERE UN GIALLO, AL DI LÀ DELLA PASSIONE LETTERARIA, QUALE LATO PROFESSIONALE DI SALVO TOSCANO RIFLETTE? Il gusto per il ragionamento, perchè il giallo fra tutti è il genere che richiede un’impostazione logica rigorosa, e a me piace molto ragionare. COSA COMBINERANNO IN FUTURO I FRATELLI CORSARO? La cosa più importante intanto è capire se Fabrizio riuscirà a resistere con questa donna (Maria, la ragazza che al terzo libro riesce a conquistarlo, ndr), perchè lui è un “femminaro” impenitente e ora che ha trovato una che lo ha messo apposto bisogna vedere

quanto resiste. Un’idea che vorrei sviluppare è un’indagine su un delitto del passato. CI ASPETTIAMO, PRIMA O POI, UN LIBRO DI SALVO TOSCANO CHE NON SIA GIALLO? Si, io in realtà tempo fa ho scritto un romanzo breve non giallo, che parla della ricerca di Dio e del senso della vita, ma non so se ci sarà un editore che avrà il coraggio di pubblicarlo. PARLAVAMO PRIMA DI SCRITTORI ITALIANI DI GIALLI. CHE NE PENSI DI FALETTI, TI PIACE? Secondo me il primo romanzo di Faletti era bello, “Io uccido”, gli altri non li ho letti perchè sono troppo voluminosi e io sono un lettore pigro, un libro più sottile mi attira di più. Comunque il primo mi è piaciuto, anche se era molto americaneggiante, molto diverso dal mio stile.

Sangue del mio sangue, di Salvo Toscano Editore Dario Flaccovia, 2010, 208 pag., €13,00 “La gente non sa praticamente nulla del lavoro del giornalista. Ora, io non pretendo che una persona normale, che fa un qualsiasi mestiere rispettabile, sia tenuto a sapere cos’è un occhiello o una spalla, ci mancherebbe. Però alcune domande che mi sento rivolgere mi lasciano particolarmente interdetto. Tipo quando al termine di un pranzo domenicale lucuccliano io mi congedo dalla compagnia, con la morte nel cuore, per andarmene mesto a lavorare e puntualmente arriva qualcuno che con un’espressione a metà tra il sorpreso e il compassionevole si prende la briga di domandare: perché, lavori anche di domenica? Ma benedetto figlio di Maria, davvero in tutti questi anni non ti sei mai accorto che i giornali escono pure di lunedì? Chi li fa, secondo te? Si auto producono? O magari pensavi che li confezionassimo il sabato pomeriggio facendoci rivelare da un indovino che cosa sarebbe accaduto l’indomani? Ecco, sono queste le cose che irrobustiscono una mia certa atavica tendenza alla misantropia”. Un intreccio tra mafia e politica è al centro dell’intrigante trama del nuovo libro di Salvo Toscano. Già brevettata nei suoi due romanzi precedenti (Ultimo appello e L’enigma Barabba), Toscano ripropone, anche per “Sangue del mio sangue”, la formula del romanzo a quattro mani, in cui si alternano, nella scrittura, i due fratelli Corsaro: Roberto, avvocato tutto casa, lavoro e chiesa e Fabrizio, giornalista e single impenitente. I due si trovano a lavorare sullo stesso caso, l’omicidio del capo dell’ufficio tecnico comunale di un tranquillo paese di montagna delle Madonie, per il quale l’indiziato numero uno è il sindaco dello stesso Comune. I paradisiaci scenari delle Madonie sono contrapposti alla bellezza caotica di Palermo, l’altro sfondo su cui si muovono i personaggi del libro. Piacevole e coinvolgente, il libro di Toscano risulta godibilissimo grazie ad una trama avvincente ed allo stile fresco e sagace dell’autore, oltre alla felice scelta di lasciare la penna ai due protagonisti. Maggio 2011

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Musica di Johnny Cantamessa

Sopra: Gli Alchera durante un’esibizione live Sullo sfondo: I componenti delle band “Alchera” Foto di: Angelo Fruciano

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anorama industriale, fumo e fiamme che si gettano contro il sole di un “tramonto petrolchimico” in cui riecheggiano sonorità post moderne. È lo scenario di Augusta, città fondata da Federico II di Svevia nel 1232, in cui è stato concepito l’album “Discarica di sogni”, il terzo disco in studio e il quinto lavoro discografico della band augustana “Alchera”. L’album è uscito in free download poco più di un anno fa e ha realizzato quasi 4000 contatti. Forse rappresenta il disco della svolta, dove finalmente vengono introdotti sintetizzatori ed elettronica che impostano il sound della band augustana su sonorità post moderne e decisamente più alternative.

Petrolio e chitarre distorte Daniele, chitarrista della band Alchera, ci accompagna alla scoperta delle atmosfere post industriali della band di Augusta.

Il posto dove vivete come rientra nella vostra musica? Contribuisce a colorare di grigio le atmosfere della nostra musica. Basta ascoltare l’ultima traccia dell’album “Tramonto petrolchimico” per capire dove viviamo e in quali condizioni ecologiche e culturali nascono i nostri pezzi. Augusta è una bella città con tanti difetti, fra i tanti ci siamo ovviamente anche noi. A cosa è dovuta la scelta di lanciare in free download su internet il vostro ultimo disco “Discarica di sogni” ? E’ stata dettata dal trend che ha preso la musica negli ultimi anni, grazie ad internet. Ci piaceva l’idea di raggiungere più persone possibili nel modo più veloce. Un po’ anche ispirati dai Radiohead che qualche mese prima decisero di bypassare le case discografiche, vendendo sul loro sito web l’intero album e facendo scegliere al fan il valore dello stesso. Durante il periodo della messa online “Discarica di sogni” è stato scaricato 3812 volte, una cifra non da poco se si considera la tiratura che fanno band molto più conosciute di noi. Comunque un passaggio che è servito parecchio e che ha spinto la “My place records” di Milano a pubblicarlo e distribuirlo in tutta Italia con Venus. Esiste una scena indie o è solo un termine inventato dalla stampa musicale? Esiste una scena musicale notevole, soprattutto in Sicilia, che si ritrova indipendente il più delle volte per forza di cose. Al di là delle esigenze della stampa di etichettare un genere, secondo noi il termine indie Maggio 2011

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Durante il periodo della messa online “Discarica di sogni” è stato scaricato 3812 volte, una cifra non da poco se si considera la tiratura che fanno band molto più conosciute di noi. (da indiependent, ndr) è dettato dalla posizione geografica della nostra isola e dalla mancanza di supporto da parte delle inesistenti etichette discografiche. Lo testimonia il fatto che dei tanti gruppi siciliani, chi non è autoprodotto, ha un contratto discografico con etichette che non sono siciliane. Comunque, a parte qualche eccezione, manca un punto di riferimento alla Francesco Virlinzi per intenderci, che con la Cyclope avrebbe potuto portare la Sicilia e Catania al centro del panorama rock (o indie rock?) italiano. Ma purtroppo tutti sanno com’è andata a finire. Quali sono i vostri musicisti di riferimento? Fra di noi c’è un modo molto differente di assorbire musica. Alessio addirittura ascolta solo “roba fai da te” che si produce a casa ed ha sperimentato che una radio spenta ispira molte più idee. A Barabba piacciono molto Cesare Basile e i Meganoidi, Sergiolino pur essendo il più giovane ama alla follia i Led Zeppelin, mentre io “mi faccio” giornalmente sterminate iniezioni di musica con Beck, Radiohead, Interpool, Hot Chips, Metric, Pulp, Sigur Ròs e davvero tantissimi altri. Un tossico di musica, insomma. Qual è stato il disco che vi ha cambiato la vita? Sicuramente, visti i nostri 30 anni “suonati”, l’album che ha segnato un punto di partenza per molti giovani musicisti, fra cui noi, è Nevermind dei Nirvana. Chi ha vissuto quel fantastico momento del grunge non può che rimpiangerlo, visto la mancanza negli ultimi anni di veri e propri movimenti alternativi legati alla musica. Anzi a dirla tutta dilaga sempre più un fastidiosissimo materialismo di massa accentuato da un sempre più presente e preoccupante pensiero unico. La nostra è un’isola difficile: cosa vi trattiene qui? 52

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I cannoli, il lavoro, la famiglia, gli amici: le nostre vite insomma. Ma anche la voglia di affermare che si può fare arte anche in Sicilia. Abbiamo apprezzato molto gli sforzi che sta facendo “L’Arsenale” (www. larsenale.org) per far rinascere tutto quello che è arte nella nostra isola. Ma non si può negare che la strada è tutta in salita. Avete mai pensato di comporre testi in inglese? No, mai. E’ possibile vivere di musica, oggi?

Si, e anche di calcio, direbbe ironicamente Sergiolino! Ma la musica è come un mutuo a tasso variabile. Spesso si sottovalutano i costi del “fare musica”. Gli strumenti, l’affitto della sala, le registrazioni, gli spostamenti per i concerti sempre meno retribuiti. Insomma, fare musica non conviene economicamente senza una major alle spalle. Ma bastano anche sole 2 persone che ti apprezzano ad un concerto per estinguere parte del mutuo. Cosa cambiereste nel vostro sound, se doveste? Forse le caratteristiche che ci mantengo perfettamente in bilico fra il pop e il rock così detto alternativo, ci porta ad essere troppo indie per essere pop e troppo pop per essere indie. Ma forse questo non è un difetto. Come vedete gli Alchera da qui a 5 anni? Esattamente come in questo momento: seduti ma sempre in movimento.

L‘ultima copertina dell’album della band Alchera dal titolo “Discarica di sogni”


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Sport di Paolo Interlando

SERIE “B” MISSIONE IMPOSSIBILE PER GLI AZZURRI DI UGOLOTTI

Sfumano i play off di Prima divisione per il Siracusa, mentre il Noto tenta la salvezza in serie “D” ed i gialloverdi del Palazzolo festeggiano la vittoria del torneo di Eccellenza.

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desso inizia la battaglia finale. Tra le tante squadre siracusane, impegnate nei vari campionati professionistici e dilettantistici, tutte o quasi hanno lottato per la promozione o la salvezza. In ordine di “grandezza” troviamo il Siracusa del presidente Luigi Salvoldi. La squadra azzurra, che milita nel campionato di I divisione girone B, allenata da Guido Ugolotti si trova ai piedi della zona play-off. Vero lottatore della squadra è Nicola Mancino, autore di 8 reti. Ma il Siracusa, ad onor del vero, era partito

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con il “ciglio sbagliato”: infatti ad inizio stagione gli azzurri – guidati al debutto da Pippetto Romano – dopo le prime cinque partite non avevano totalizzato né un punto, né gol. A dar carica ai “leoni” di Salvoldi, c’è voluta la “mano” del tecnico Ugolotti che al suo arrivo ha fatto sognare i tifosi siracusani, vincendo con le “big” del campionato, come la Nocerina di Gaetano Auteri (ex tecnico del Siracusa), prima forza del campionato; vedi il Foggia di Zdenek Zeman, sconfitto 2 a 0 in casa allo stadio <<Zaccheria>> di Foggia, il Cosenza, il Taranto ed altre. Una scossa

Il Siracusa calcio in posa per la foto di rito prima della partita

che ha rimesso in sesto la squadra azzurra e che ha tenuto aperto fino alla fine del campionato lo spiraglio dei play-off per raggiungere la serie B. La stagione del Siracusa, comunque, non può che essere definita positiva. Anzi, gli azzurri sono forse andati oltre le più rosee aspettative. Dopo il terribile inizio di campionato, nessuno poteva mai immaginare di trovarsi oggi in piena lotta play off. L’obiettivo della società era il mantenimento della categoria anche perché, non bisogna dimenticarlo, a causa del ripescaggio, il Siracusa ha iniziato il ritiro con molto ritardo e la squadra è stata costruita pian piano, in corso. Grazie agli ottimi risultati ottenuti, Salvoldi, Ugolotti e l’intera squadra, hanno puntato dritti agli spareggi di promozione, fallendoli di poco. La serie B, dunque, per quest’anno è svanita ma non è stato un sogno del tutto impossibile. Scendendo di due “gradini”, troviamo il Noto, che ad eccezione del Siracusa, lotta per la salvezza nel campionato di Serie D. La squadra di mister Galfano – ha rilevato il posto di Betta, esonerato per assenza di risultati – sul campo avrebbe raggiunto la salvezza, ma una pesante squalifica della Procura federale calcistica, ha stroncato il cammino dei


granata penalizzandoli di 7 punti dall’attuale classifica con una pesante squalifica per 5 giornate al capitano Francesco Montalto, responsabile di aver giocato 13 partite del campionato di serie D, da squalificato. Infatti lo scorso anno il difensore granata, diffidato in occasione della finale play off di Eccellenza Trani - Noto, si fece ammonire. Il difensore, però, alla prima di campionato di serie D nella gara Ebolitana – Noto giocò, invece di saltare la gara, tutta la partita. Anche nella seconda, nella terza partita e per le prime tredici gare, il capitano Montalto non scontò la squalifica, facendo cadere nel dimenticatoio questa “svista” dei massimi dirigenti granata. Ma il fatto non passò inosservato ai “rivali” dell’Acireale, che il giorno dopo la sfida Noto – Acireale, vinta dal Noto per 1 a 0, presentarono formale ricorso alla Lega. In un primo momento la stessa Lega non accettò il ricorso, per aver presentato lo stesso molto tardivamente, ma successivamente, ricorrendo alla procura federale calcistica, l’Acireale ottenne la penalizzazione del Noto. In attesa che la società granata ricorra al secondo grado di giustizia – così come annunciato dal sodalizio guidato dai presidenti Bonfanti e Musso – la squadra, dopo l’esonero di Giancarlo Betta (non otteneva vittorie, tralasciando quella con il fanalino di coda Atletico Nola che schiera la formazione juniores, dal 12 dicembre quando incontrò il Mazara, in terra trapanese, vincendo per due a zero con doppietta dell’allora neo-acquisto Ivan Di Sabato). <<Dopo il cambio la squadra ha riacquistato la morale – afferma il tecnico Galfano –, e la psicologia che mancava da tempo. Così ho messo la mia esperienza al servizio di giocatori, lavorando non solo tatticamente ma anche sulla testa, recuperando ciò che realmente avevano perduto. Speriamo di salvarci, anche se senza la squalifica saremmo già salvi a quota 42 punti, vincendo le 5 partite, o almeno buona parte che ci restano alla fine>>. Non della stessa lunghezza d’onda è il Palazzolo del nuovo presidente Gaetano Cutrufo. La squadra gialloverde ha vinto il campionato di Eccellenza, e ritorna così nel campionato di serie D dopo averci sostato per più di quattro anni. L’entourage gialloverde, guidato dal tecnico Anastasi, dopo una partenza a rilento, ha mostrato la forza e la grinta, oltre al forte gruppo, che realmente possedeva. Gli autentici “mattatori” del ritorno nel massimo campionato dilettantistico, sono stati i bomber Peppe Rosa e

Carmelo Bonarrigo, che vantano un curriculum di tutto rispetto tra C2 e serie D; oltre ai vari Nastasi, Spampinato, Alderuccio, Cervillera e Berti che hanno sempre militato in categorie superiori al campionato di Eccellenza. Ciò che ha permesso alla squadra del sodalizio gialloverde la conquista del primo posto in campionato, è stata anche la vittoria, per 2 a 1, contro la diretta inseguitrice, il Real Avola. Al triplice fischio finale contro gli avolesi, sul sintetico e sugli spalti dello “Scrofani Salustro” di Palazzolo è scoppiata la festa gialloverde con il tripudio dei supporters palazzolesi che hanno applaudito a scena aperta Anastasi e i suoi ragazzi che portavano in trionfo il presidente Gaetano Cutrufo. <<Voglio ringraziare - ha sottolineato il presidente gialloverde Cutrufo - tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questa impresa memorabile. Pur essendo partiti in ritardo siamo riusciti nell’intento di riportare immediatamente la squadra nel campionato interregionale>>. Il massimo dirigente del sodalizio palazzolese, nel bel mezzo della festa, ha confermato anche per il prossimo anno il tecnico Giuseppe Anastasi alla guida della squadra. <<La squadra non sarà smantellata - ha continuato Cutrufo - perché vogliamo fare bene anche in serie D. E la guida tecnica sarà affidata ancora a Giuseppe Anastasi che ha svolto un ottimo lavoro>>. Oltre al tecnico saranno mantenuti anche i rapporti con alcuni giocatori. Chi invece dovrà aspettare la serie D, è il Real Avola, che arriverà seconda in questo campionato, e dovrà affrontare la lotteria dei play off. La squadra, orfana del presidente dimissionario Antonino Longo e senza rimborsi spese da mesi sta affrontando con spirito di abnegazione e grande stile la fine del campionato. “La squadra del Real Avola - ha annunciato tramite il capitano rossoblù Maurizio Intagliata – proseguirà, nonostante le difficoltà economiche per il bene della città”. Scendendo ancora di un campionato, troviamo la Leonzio che ormai sembra certa del suo ritorno nel campionato di Eccellenza. La squadra bianconera sta chiudendo il campionato con più

di 70 punti. Il match - winner del campionato vittorioso della Leonzio è stato Costanzo, autentico bomber con circa 10 reti in questo campionato. In lista per un biglietto nei play off, ci sono anche le altre siracusane: la “Enzo Grasso” del presidente Liuzzo e il Rosolini del presidente Errante. <<Quando sono arrivato a Rosolini – afferma il bomber Gigi Implatini, del Rosolini - eravamo ad 8 punti di distanza dai play off. Oggi siamo quarti a più 2 sulla quinta (la “Enzo Grasso”). Ciò dice tutto su come le cose siano cambiate. Speriamo che si concludano al meglio per sperare in un ripescaggio sicuro o chissà, magari in una promozione. Per quanto concerne il mio campionato, ho fatto 5 goal quando militavo nel Vittoria, prima di arrivare a dicembre a Rosolini, e 11 proprio con la maglia granata. Il mio bottino sarebbe potuto essere ancora più cospicuo, se non ci fosse stato l’infortunio, ma questo fa parte del gioco. Alla fine spero di fare ancora qualche goal per arrivare almeno a quota 20 marcature stagionali e aiutare la squadra a raggiungere l’obiettivo finale>>. Infine nel campionato di prima categoria troviamo diverse squadre siracusane. Tra tutte spiccano il Pachino del presidente Paolo Candiano, che ha conquistato il quinto posto nei play-off del girone “G” di Prima categoria, uscendo al primo turno con la Virtus Ispica; e la Netina del presidente Gianfranco Fancello, che si è dovuta arrendere ai play out rimediando un’amara retrocessione in Seconda categoria. Vincenzo Cosa

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Libri di Rosangela Muni

Da qui vedo la luna di Lethielleux Maud

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a storia di Moon ci trasporta in un mondo sconosciuto ai più, quello degli homeless, dei senza tetto, un mondo visto e vissuto con la freschezza e l’ingenuità di una ragazza di 19 anni che vive “leggera come una corrente d’aria”, pur nell’apparente nulla che possiede Ma la sua non è una storia triste da piccola fiammiferaia, la sua è una storia di libertà, di speranza, di sorrisi regalati e di un talento riscoperto, quello di “addomesticare le parole e inventare le frasi”, un “gioco” alchemico nato dall’urgenza di riempire un vuoto dentro di lei: slancio esistenziale e desiderio che la rendono più aderente al mondo di chi può godere di una distratta opulenza. Ruba così un notes e inizia a scrivere. All’inizio per il suo grande amore Fidji che l’ha abbandonata. Ma è lo spunto per tuffarsi nel mare delle parole, scoprendo la bellezza di creare con le frasi fatti e personaggi che diventano parte di lei e della sua vita. Il suo più caro amico Slam, scopre le pagine scritte dalla ragazza e le invia, a insaputa di lei, ad un editore. Moon si troverà davanti ad una scelta, tenersi la sua vita da marciapiede, abbandonando i suoi sogni di libertà o diventare una scrittrice con i piedi per terra e una tetto vero sopra la testa. Ma “quando si sta seduti sul marciapiede rimettersi in piedi è molto difficile” e riuscire a farlo le consentirà di ricostruire la sua vita e regalare ai suoi lettori un magico mondo di emozioni.

Editore Frassinelli, 274 pagine, 2011, € 17,90

Vita privata di una sconosciuta di Elena Mauli Shapiro

U Editore Garzanti, 260 pagine, 2011, €16,60

n debutto per Elena Shapiro ricco di aspettative e tra i più acclamati di questa stagione letteraria. Una storia ambientata tra le due guerre e che dosa sapientemente misteri, passioni, peccato, sensualità … Nello scenario della seducente e suggestiva Parigi si intrecciano le vite di Trevor, uno studioso di letteratura e traduttore, dal temperamento piuttosto freddo e formale, e Josianne una giovane donna misteriosa, dai lisci capelli color fuoco e dagli occhi nocciola. Josianne fa pervenire al professore una scatola, “il cui coperchio di plastica bianca presenta una curiosa fantasia di sottili linee intrecciate”, che contiene degli oggetti appartenuti a una signora morta in tarda età agli inizi degli anni ottanta, Louise Brunet. Come resistere a un così strano richiamo, a un fascino misterioso che parla di una distinta e rispettabile signora attraverso un paio di guanti di rete (da santa o peccatrice), delle forbicine, fotografie, lettere e spartiti di musica. Tutti frammenti di una vita che man mano si dipana agli occhi del professore che ne rimane invischiato, non riuscendo a capire come la giovane Josienne sia collegata alla storia. E a rimanere sedotto sarà pure il lettore che insieme al professore collegherà tutti i tasselli per dipanare il mistero. Una storia d’amore raccontata con garbo e delicatezza che sa dare un senso ai ricordi di una donna sconosciuta e resa, dalle pagine di Shapiro, immortale.

Le Beatrici di Stefano Benni Amor li avvinse amor li spinse / Il parapetto sottile crollò / E si scoprì che sapevano amare / Ma nessuno dei due sapeva nuotare.

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onne tra forza e debolezza, arguzia e leggerezza, cortesia ed eccentricità … donne sempre e meravigliosamente donne. “Otto monologhi per voce femminile” celebrano la donna in un’ efficace allegoria dei nostri giorni, gravidi di solitudine. Con un linguaggio irriverente, graffiante e ironico Stefano Benni si fa perdonare gli sproloqui e gli sberleffi, donandoci il sorriso con la sua Beatrice che preferisce un giocatore di calcio fiorentino a Dante canappione? o suor Filomena “Sono suor Filomena, son buona e cristiana ma se non preghi sta’ in campana, suor Filomena ti mena... AMEN... AMEN (anagramma di MENA)”. Ma c’è anche la drammaticità della donna sola che vive “in quella parte dell’universo, nel pianete dell’attesa, separato e diverso … il pianeta di chi non aspetta nulla e nessuno”.Tra monologhi, poesie e canzoni Benni mette in scena donne che ci lasciano un che di amaro sulle labbra, raccontando storie di ordinaria e artificiosa realtà. “Non esiste pace per noi. Esiste un tempo sospeso, talvolta felice, tra due attese [...] Tutti aspettano nella vita, è vero. Ma ci sono persone, soprattutto noi donne, che non fanno altro che aspettare [...] C’è follia in questo? Sì, c’è, spesso. [...] perché … perché non senti la mia attesa?”

Editore Feltrinelli, 96 pagine, 2011, € 9,00

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f f O Tempo meridiano e

pensiero filosofico Di Enzo Cicero Docente universitario di Filosofia della scienza

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i primi vagiti della civiltà, la percezione del tempo è intimamente solidale con i momenti diurni. La temporalità è così intrecciata alla luminosità che di fatto coincide con la presenza della luce solare. Donec dies tempus, c’è tempo finché c’è giorno – intervallo in cui si dispiegano le molte risonanti possibilità del fare, agire e operare.

divenire una parte a se stante, e ricevette il nome di meridiana tempestas, la cui traduzione italiana meno inadeguata è “tempo meridiano”. La si può mantenere, purché però nella parola “tempo” si pensi costantemente la sorprendente possibilità opposizionale della tempestas: bel tempo, ma anche tempo avverso; ottima opportunità, oppure pessima calamità.

Dal crepuscolo all’alba vige invece il fosco silenzio della notte, che circonvolge il riposo ineffettivo inattivo inoperoso, eppur necessario, degli esseri. Nel tacito fondo notturno il tempo è nullo: perciò in latino la notte è detta intempesta, cioè senzatempo, atemporale, non nel senso di eterna, ma di priva della luce della temporalità.

Il tempo meridiano contempla precisamente due possibilità la cui opposizione non è polare, nel qual caso ci sarebbero diversi gradi intermedi tra i due poli e il passaggio dall’uno all’altro non accadrebbe mai tutto in una volta. Tale opposizione è invece contigua e diretta, e può avvenire specialmente in due sensi: o con il ribaltamento improvviso della realtà “positiva” nell’altra, oppure con un “corpo a corpo” dall’esito imprevedibile.

La coppia luce/tenebra (dies/nox) è dunque il cardine di una logica arcaica secondo cui il tempo vale come diurno e laboriale, e correlativamente l’inerzia notturna come nontempo o tempo nullo. Forse la distinzione apparirà troppo rigida, però è innegabile che ancora oggi i nostri conti quotidiani siano prevalentemente informati da logiche binarie di tipo analogo: o buono o cattivo, non c’è effetto senza causa, niente fine senza inizio, o con me o contro di me, eternità contro temporalità, ogni testa ha la sua croce ecc. Ora, il tempo non si lascia intendere da menti rigidamente diadiche, perché implica sempre un fattore di mediazione. Nel caso della diade dies/nox, il terzo elemento è sorto, singolarmente, non al confine tra le parti principali, ma al punto centrale perfetto di una delle due. La sua vocazione mediatrice è già inscritta nel nome: meridies, cioè medius dies, meriggio, mezzogiorno, il momento più chiaro del giorno, quando il sole rifulge in mezzo al cielo: il punto spartiluce, di per sé luminoso in misura estrema e insostenibile, così accecante da esigere strutturalmente il riparo nell’ombra. La durata di questo momento venne poi ampliata per 58

Maggio 2011

Per capire la prima eventualità, basta prendere i due caratteri fondamentali di questa temporalità meriggia, che sono l’allentamento e la luminosità abbacinante (complice dell’ombra). Bene, il ritmo rallentato può trasformare all’improvviso una veglia traslucida in sonno inerme, una visione tersa in accecamento, una fresca fragranza in lezzo irrespirabile, uno slancio energico in fiacchezza, una sollecitudine in accidia. Insomma, l’allentamento può inopinatamente fermarsi del tutto e l’abbaglio intenso causare un’oscurità completa. Più rari e più ardui sono i ribaltamenti contrari, perché implicano una lotta contro il demoniaco. Qui occorre fare una distinzione netta tra demone e demonio, tra demonico e demoniaco. Un’antica tradizione cristiana, risalente al monaco orientale del IV sec. Evagrio Pontico, sostiene che per l’asceta la forza tentatrice più opprimente è il demonio meridiano, così chiamato perché nelle zone desertiche il mezzogiorno è particolarmente torrido e grande è la tentazione dell’assopimento, del rintontimento, dell’abbassa-

mento della guardia. Contro questo nemico insidiosissimo, che dissemina vittime tra tutti i tipi umani soprattutto nel Meridione del globo, i padri del deserto dispongono di rimedi collaudati (l’invocazione del Nome di Gesù, la preghiera, la frequentazione assidua delle Scritture), ma pure le persone secolari possono corroborare efficacemente la propria resistenza alle lusinghe demoniache, se si mettono in ascolto della voce ancora più antica del demone socratico per obbedire ai suoi vibrati appelli dissuasivi.

Nel tempo meridiano, ascoltare il demonico, vincere il demoniaco: così potrebbe allora delinearsi un compito rilevante di quel pensiero meridiano che Franco Cassano ha celebrato come pensiero lento per eccellenza e, in definitiva, come l’unico pensiero (filosofico): «Andare lenti è il filosofare di tutti, significa essere fedeli a tutti i sensi, ringraziare il mondo, farsene riempire». Perché ... sarà stato certamente in Ellade, Meridione d’Europa, lungo le sponde di un suo fiume e all’ombra di un platano altissimo, in piena estate e verso mezzogiorno, tra il profumo dell’agnocasto, il venticello suadente e il coro delle cicale, che il pensiero ha appreso per la prima volta ad ascoltare la propria voce demonica, allentatrice e catalizzatrice dei ritmi interiori della persona, e ha scoperto che quando il pensare rispetta l’allentamento temporale, allora – come avrebbe detto in seguito Gaston Bachelard – «il riposo è una vibrazione felice».

Il pensiero filosofico, meridiano nella sua essenza, è lento e perspicuo, amante della luce quanto dell’ombra: non ha a che fare con la quiete monocorde e pacata, lenta solo in quanto derivante da una lunga abitudine alla passività, ma con il riposo come estrinsecazione di energia intraprendente, autonomizzante, che vibra con l’euritmia di una luminosità misurata, funambola consapevole tra eventualità contrapposte. Nella meridiana tempestas.


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