Exibart.onpaper n.48

Page 58

Exibart.onpaper

58.déjà vu TRENTO.

MONFALCONE (GO).

MILANO.

CINISELLO BALSAMO (MI).

TORINO.

Joan Jonas

Nicola Verlato

Daniele Puppi

Un po' di pop, di porno, skate, comics e cultura alternativa. Mixate a dovere con genio barocco e follia visionaria. Inedite sinopie su carta e disegni complessi dal chiaroscuro teatrale. Che aprono cieli e spingono alla meraviglia...

Fatiche senza tempo che riempiono lo spazio, senza nulla aggiungervi. Un Hangar fatto esplodere in un assordante battito di piatti. Il primo di tre grandi appuntamenti per l'artista friulano. E già si sente il sapore della consacrazione.

Storie immaginate in luoghi reali

Werner Herzog

La ritualità e la cinepresa diventano un tutt'uno, nell'idea di confronto con l'esterno e la natura. Jonas l'ha imparato da Aby Warburg e dagli indiani Hopi. Lo ha confessato nella corrispondenza "privata" con Valie Export, sulla rivista della Galleria Civica. Ora lo dimostra... Strutture in legno su piedistalli si aprono per porgere all'altezza dello sguardo i monitor posizionati all'interno. Sono una sorta di teatrini che introducono lo spettatore dentro l'immagine, dentro l'esperienza privata di Joan Jonas (New York, 1936). I video raccontano un'individualità, i passaggi per appropriarsi della propria identità, il passare del tempo. Le installazioni richiamano l'idea degli antichi teatri delle meraviglie e a questi fa riferimento anche il titolo della mostra, My Theater. Ma ciò che viene mostrato non ha nulla di meraviglioso, di fittizio, di lontano; è la vita stessa. Quella di una donna di mezza età. Mai si nasconde dietro a un atteggiamento teatrale, scenografico, costruito; l'artista non teme di ripetere, trent'anni dopo, un progetto come My New Theater VI, Good Morning, Good Night '06. Per un mese si è svegliata e addormentata "salutando" la macchina da presa. Lo ha fatto nel '76, lo ha rifatto nel 2006. E in questa ripresa fissa la videocamera, si riflette con lei in uno specchio: è una seconda protagonista. Per Jonas, che ha iniziato a fare arte negli anni '60, il video è sempre stato un mezzo espressivo fondamentale, e non solo uno strumento per documentare le sue performance, ma un simbolo dello sguardo dell'Altro con cui confrontarsi. L'artista ha sfruttato il prodigio - per usare un termine da wunderkammer - della cinepresa come qualcosa che è entrato a far parte della sua arte così come della sua vita. Niente a che vedere con un'idea di Grande Fratello che osserva di nascosto dall'alto. Nelle sue opere, infatti, dietro alla videocamera c'è sempre qualcuno che viene citato nelle didascalie, che non mancano di aggiungere riferimenti biografici e ispirazioni letterarie, che divengono tutt'uno con il video. Del resto, la cinepresa è un analogo dello specchio, che è un altro elemento centrale della sua ricerca, soprattutto di quella degli anni '70, in cui moltiplicava parti del proprio corpo per esprimere l'identità femminile come sfaccettata in se stessa. Ma lo specchio è presente anche nelle opere in mostra che fanno parte della serie recente My New Theater. In My New Theater II, Big Mirror disegna senza guardare la lavagna nera, ma rivolgendola verso uno specchio, che invece è fuori campo. Gli specchi sono centrali anche nell'installazione Mirror Pieces (1969-2004), allestita nel piano interrato: qui una tv è rivolta verso una parete di specchi. Al centro è un grande cerchio metallico, come se fossimo noi a doverlo attraversare e come fa il suo cane bianco nel video. La circolarità del tempo e un cerchio da attraversare rimandano direttamente all'idea di ritualità, d'iniziazione alla vita. La ritualità del legame con la natura è riscontrabile in maniera immediata nel terzo protagonista delle sue opere (oltre a lei e alla cinepresa): il cane. In My New Theater V, Moving in Place (Dog Dance) (2002-2005) Jonas si agita e i suoi movimenti sono velocizzati dalla videocamera, mentre il cane appare di fronte a lei, immobile a segnare la scansione del tempo. [mariella rossi]

Galleria Civica d'Arte Contemporanea fino al 2 marzo 2008 Joan Jonas - My Theater a cura di Anna Daneri, Criastina Natalicchio, Roberto Pinto via belenzani, 46 (centro storico) da martedì a domenica ore 10-18 ingresso libero Tel 046 1985511 Fax 046 1237033 info@galleriacivica.it www.workartonline.net Catalogo Charta

La lucida follia visionaria di Nicola Verlato (Verona, 1965; vive a New York) lascia esterrefatti. Il suo è un mondo in cui alto e basso, triviale e sublime si ricercano, incrociano e alimentano vicendevolmente, in un vortice tempestoso e spiraleggiante di richiami che spaziano dalla storia dell'arte alla pornografia, dalla pittura a soggetto mitologico-religioso alla street culture. La mostra di Monfalcone raccoglie la sua ultima produzione su carta e su tela, e fornisce interessanti strumenti interpretativi della produzione dell'artista, a partire dalle modalità di ideazione e sviluppo dei contenuti visivi. Verlato, che ormai da qualche anno vive a Brooklyn, è infatti figura atipica e per certi aspetti isolata. Il suo è un modus operandi che conserva l'artigianalità della bottega rinascimentale, in cui la scelta e la composizione del soggetto, ma anche il lavoro di ricerca necessario a coglierne gli elementi di resa chiaroscurale, sono assolutamente accademici, in linea con la tradizione di un'arte che, inevitabilmente, è anche mestiere. L'artista ha sviluppato così una procedura che parte dall'immagine bidimensionale (per esempio una foto trovata sul web, il fotogramma di un video, una sequenza di videogame) grazie alla quale tratteggia dei bozzetti; la fase successiva è la realizzazione di un modello plastico che rende visibili le interazioni spaziali dei soggetti, cui segue il lavoro finale sul supporto prescelto. Le sale della galleria sono allestite proprio come lo studio dell'artista, con numerosi schizzi alle pareti e sul pavimento, a testimoniare valutazioni, modifiche, ripensamenti, successivi sviluppi. La scelta dei soggetti invece è assolutamente anticonvenzionale e testimonia le incursioni della cultura popolare che va dalla musica heavy metal (come in Zakk) ai videogiochi, ai film di animazione, allo skate (è il caso di Gator). Uno spiccato amore per gli aspetti più truci e splatter rende possibile sgocciolamenti di sangue, liquidi corporali, talvolta in situazioni violente, altrove in dinamiche più teatrali. Ed è proprio questa la cifra più peculiare del suo lavoro: la creazione delle situazioni più disparate, rese con un registro barocco, dove le figure si contorcono e si dilatano fino a esplodere, nella prepotente resa muscolare, nei punti di fuga, nelle linee di forza che si moltiplicano e s'intrecciano. E il barocco, senza lasciare respiro all'osservatore, deflagra nella superficie. Sarebbe scorretto pensare a tutto questo come a una semplice pittura di maniera (anche se talvolta l'eccesso non dà respiro), poiché è sempre nuova la capacità di stupire, di risemantizzare con contenuti contemporanei procedure secentesche, in una pittura che è essenzialmente ricercata preziosità estetica. Parafrasando Marino potremmo dire che "è del pittor il fin la meraviglia". [daniele capra]

GC.AC - Galleria Comunale d'Arte Contemporanea Nicola Verlato a cura di Andrea Bruciati piazza cavour, 44 Tel 0481 494369 Fax 0481 494352 galleria@comune.monfalcone.go.it www.comune.monfalcone.go.it/galleria Catalogo con saggi di Michaël Amy e Andrea Bruciati, 15,00 euro

Lo spazio non è soltanto lo scenario in cui l'azione si svolge. Oltre alle tonalità emotive e ai ricordi personali con cui lo connotiamo, qualunque luogo ha proprie tensioni e atmosfere autonome; una realtà formale che ha altri tempi e durate rispetto a quelli della storia che vi accade all'interno. Daniele Puppi (Pordenone, 1970) si occupa da oltre un decennio di accentuarne la visibilità e l'emozione, confrontandosi direttamente con lo spazio attraverso il video, in modo che l'azione ripetuta del proprio corpo lo contenga e sia contenuta da esso, nello stesso tempo, aderendovi completamente. La mostra all'Hangar Bicocca appare punto di arrivo e di partenza, probabile momento di consacrazione della sua maturità artistica e inizio di un anno di prestigiose mostre, con Londra e Roma ad attenderlo dopo Milano. Anche in questa nuova Fatica è lo spazio il protagonista. L'Hangar è un vecchio edificio industriale che ha mantenuto l'imponente eredità formale in volumetrie, shed, mattoni e lamiere, che l'artista ha voluto rispettare completamente. Ne ha studiato le linee di forza, i materiali e le timbriche di diffusione sonora per "farne esplodere", come l'artista stesso dichiara, le tensioni spaziali e sonore a esso connaturate. La video installazione occupa completamente la parete opposta all'entrata. L'inquadratura riprende il busto dell'artista e sfrutta l'andamento delle tre navate, dividendo la pareteschermo in tre sezioni. Sulle due laterali si agitano le braccia che muovono piatti a percussione. Quella centrale inquadra la maglietta nera dell'artista e rimane in ombra, tranne quando i due piatti si scontrano l'uno contro l'altro. Nel momento in cui si diffonde l'assordante battito accompagnato dall'eco metallica delle lamiere, su alcuni shed, a diverse altezze, sono proiettati frammenti dell'immagine, dando un'illusione tridimensionale. Dopo il battito le braccia tornano a muoversi sugli schermi laterali, per poi ritornare a scagliare i piatti l'uno contro l'altro, in un movimento continuo. Fatica 16 riesce a riempire lo spazio senza aggiungervi nulla al di fuori dei sette proiettori, ma non solo. Impone anche allo spettatore di non inoltrarsi eccessivamente al suo interno. [... continua a pag. 84] [stefano mazzoni]

La fotografia su committenza non è più solo un reportage d'autore. La traduzione in immagini di un momento della vita dell'artista diventa nello stesso tempo intima e condivisa. Una grande collettiva a due passi da Milano...

Nato nel 2004 come spazio espositivo dedicato al legame fra fotografia e committenza pubblica sul territorio, il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo ha recentemente affidato a otto fotografi italiani ed europei il compito di tracciare luoghi umani e sociali della Lombardia attraverso un'impresa artistica partecipata. Il risultato è la collettiva Storie immaginate in luoghi reali, serie di ricerche fotografiche in cui ogni artista ha interpretato luoghi oggettivi alla luce della propria sensibilità creativa. Il progetto vuole infatti superare la nozione limitante che fa della fotografia su committenza un lavoro meramente documentale, enfatizzandola piuttosto come un'occasione per approfondire in totale libertà una personale ricerca artistica già avviata. Jitka Hanzlová ha scelto giovani modelli per un progetto legato a Leonardo da Vinci a Palazzo Melzi d'Eril, tentando un approccio contemporaneo a dipinti del XV secolo: un lavoro realizzato nella cornice di Vaprio d'Adda, in cui l'artista ha concentrato tutte le sue esperienze passate. Jean Louis Garnell cattura invece nell'Abbazia di Morimondo frammenti di luce e rapporti spaziali particolari per fotografie che parlano della solitudine - l'unica persona raffigurata è un autoritratto - riflessa nel tempo dai monaci cistercensi in volontario esilio dai clangori del mondo: Morimondo, morte del mondo. Le immagini non raffigurano le cose nella loro staticità bensì nel loro divenire, ma nello stesso tempo sembrano voler accogliere la sensazione di fissità e profondità delle ombre da esse stesse prodotte. Il lavoro di Alessandra Spranzi è invece fantasmatico. Scegliendo il luogo della decadenza per eccellenza come il defunto Casinò Municipale di San Pellegrino Terme, vuole dar forma all'idea di un tempo passato che diventa cosa, arredo costitutivo di un luogo che fu. È la naturale deriva degli oggetti, che si autocancellano nel tempo ma che possono paradossalmente venir disvelati attraverso l'applicazione di un velo, membrana attiva che rende visibile l'invisibile. Olivo Barbieri sceglie egli stesso il punto d'inizio della lettura dell'immagine. Il risultato è la trasformazione del mondo in un modello: fotografare la realtà in modo tale che sembri un plastico (progetto realizzato presso il Castello di Somaglia). Paola De Pietri coglie il magico rapporto fra la natura e persone - distretto dei monti e dei laghi briantei - mentre Vittore Fossati a Villa Menafoglio Litta Panza di Biumo mutualizza l'idea di misura dalla pittura e dalla musica per render conto di spazi che siano più vicini alla vita. Come il video antiiconico di Gilbert Fastenaekens, che rappresenta momenti bloccati e istanti particolari abbandonati a se stessi (Villa Litta a Milano), mentre Andrea Abati si fa ricettore di storie, anteponendo il narrare - luoghi e persone - al mostrare.

Il regista di Fitzcarraldo. Ma anche l'attore, il documentarista, il regista di opere liriche, lo scrittore. Colto mentre promette - e mantiene - di mangiare la propria scarpa. O mentre viene colpito da una pallottola vagante durante un'intervista. Un omaggio al cinema estremo di un campione del "Nuovo cinema tedesco"...

" È stato come incontrare qualcuno che conosco ma che non capisco del tutto ". Responso insindacabile di Werner Herzog (Monaco, 1942) all'indomani della visita alla propria mostra Segni di vita. Werner Herzog e il cinema . Come dargli torto? Ritrovarsi faccia a faccia col proprio io sconvolgerebbe chiunque, tanto da condurre alla pazzia (come insegna la parabola della Storia infinita), a meno che non si possieda una buona dose di fiducia in se stessi e coraggio da vendere. Che non mancano certo al regista tedesco, autore di ben cinquantadue film tra corti, medi, lungometraggi e documentari a dir poco estremi, realizzati nel corso di quarantacinque anni di attività, senza quasi mai programmare nulla. Perché " sono i progetti che vengono da me". Dunque, un personaggio e una carriera da celebrare con un omaggio-evento, pianificato per un anno e mezzo dallo stesso Herzog col Museo Nazionale del Cinema di Torino e reso attraverso articolate proposte. Innanzitutto, la retrospettiva completa di tutti i suoi film (trentacinque dei quali ristampati per l'occasione dall'istituzione torinese, a partire dai negativi originali). Poi un cine-concerto, un laboratorio di cinema e scrittura di due giorni diretto dal regista presso la Scuola Holden. Senza dimenticare l'ampia monografia-intervista, per nulla biografica o cronologica, realizzata da Grazia Paganelli, che ha saputo entrare nel vivo della sua poetica. Infine, la mostra alla Sandretto, sezionata per l'occasione in undici salette cinematografiche per accogliere altrettante videoinstallazioni dedicate ad aspetti e momenti della sua vita e opera. Oltre a tutti quei materiali fotografici - foto di scena, con l'aggiunta di scatti della moglie Lena sul set di Rescue Dawn (2006) che costituiscono l'archivio della sua omonima casa di produzione. L'allestimento segue un percorso scandito per gradi successivi di complessità ed è pertanto funzionale a condurre lo spettatore-visitatore al cospetto della " verità estatica" herzoghiana. Proprio la ricerca dell'estasi è la chiave per decifrare al meglio gran parte dei suoi film, sempre in bilico tra finzione, documentario e video d'artista. [... continua a pag. 84]

[emanuele beluffi] [claudia giraud]

Hangar Bicocca

Museo di Fotografia Contemporanea

fino al 9 marzo 2008 Daniele Puppi - Fatica 16 a cura di Federica Schiavo viale chiese (zona bicocca) da martedì a domenica ore 11-19; giovedì ore 14.30-22 biglietto intero 6,00 euro; ridotto 4,00 Tel 02 853531764 Fax 02 85354364 info@hangarbicocca.it www.hangarbicocca.it Catalogo Electa 35,00 euro

fino al 27 aprile 2008 Storie immaginate in luoghi reali a cura di Roberta Valtorta villa ghirlanda - via frova, 10 da martedì a domenica ore 10-19; giovedì ore 10-23; chiuso 23-24 marzo ingresso libero Tel 02 6605661 Fax 02 6181201 info@museofotografiacontemporanea.org www.museofotografiacontemporanea.org Catalogo in formato video realizzato da Meris Angioletti e Angelo Boriolo, con uno scritto di Paola Capriolo

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Segni di vita. Werner Herzog e il cinema a cura di Alberto Barbera, Stefano Boni e Grazia Paganelli via modane, 16 (borgo san paolo) Tel 011 3797600 Fax 011 19831601 info@fondsrr.org www.fondsrr.org


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