SUD 1861 - Revisionismo del Risorgimento

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SUD 1861 revisionismo del

risorgimento Istituto Statale d’Arte O. Licini (Ascoli Piceno) Ettore De Lauretis - 5S GraďŹ ca, A.S. 2010/2011



SUD 1861 revisionismo del risorgimento Istituto Statale d’Arte O. Licini (Ascoli Piceno) Ettore De Lauretis - 5S Grafica, A.S. 2010/2011

.Introduzione: 2 Il Revisionismo

.Italia Pre-Unitaria: 4 Il Regno delle Due Sicilie Il Regno di Sardegna

.Il Complotto e la Conquista: 8 L’Inghilterra e l’Unità La Conquista

.Brigantaggio: 14 Eccidi e Deportazioni Teorie Lombrosiane

.Italia Post-Unitaria: 18

Questione Meridionale ed Emigrazione

.Bibliografia e Webgrafia: 21 1


Introduzione Il Revisionismo

“Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato� (George Orwell)

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Revisionismo Il revisionismo del Risorgimento è il riesame dei fatti storici riguardanti il processo di unificazione nazionale italiano e le sue immediate conseguenze: L'approccio revisionista verte sull'assunto che la storiografia omettende o modifica gran parte degli aspetti degli accadimenti storici. Gran parte dei revisionisti sostiene che il Risorgimento e la successiva unione in particolare del Regno delle Due Sicilie al nascente Regno d'Italia abbiano causato la complessa problematica socio-economica dell'area, mediante un'azione di conquista seguita da un'opera di colonizzazione e di sfruttamento sistematico delle sue risorse. Le politiche di natura fiscale, daziaria ed industriale messe in atto nelle province meridionali dai governi unitari a partire dal 1861, furono più o meno inadeguate o deleterie per il Mezzogiorno, e ne compromisero e arrestarono lo sviluppo. L’invasione del Regno delle Due Sicilie non fu dettata da motivi ideali legati alla volontà di unire l’Italia, ma piuttosto derivata dalla volontà del Regno di Sardegna di allargare i propri confini a danno degli stati contigui, incamerandone inoltre le ricchezze per sanare il proprio deficit. Al fine di conseguire questo scopo, il Regno di Sardegna, attraverso soprattutto l’opera diplomatica di Cavour, si sarebbe assicurato l’appoggio sia dell’Inghilterra, che della Francia, che a diverso titolo avevano interesse in proposito. In quest’ottica, la spedizione dei Mille non sarebbe un moto spontaneo di pochi idealisti, ma la testa di ponte di un’invasione pianificata a tavolino. In preparazione di quest’ultima, sarebbe stata effettuata una vasta opera di mistificazione e propaganda ai danni del governo borbonico, la quale aveva lo scopo di accentuarne l’isolamento diplomatico. Contemporaneamente, il governo piemontese avrebbe effettuato una vasta manovra di corruzione degli alti gradi dell’esercito e della marina duosiciliani. Oltre che con l'appoggio inglese e marginalmente francese, nonché della massoneria internazionale, l’impresa dei Mille sarebbe stata effettuata con l’appoggio della mafia in Sicilia, e della camorra a Napoli, e sarebbe stata successivamente consolidata con l’invasione del Regno delle Due Sicilie da parte delle truppe sabaude, senza che tale atto fosse preceduto da una dichiarazione di guerra. In seguito all’invasione, sarebbero stati organizzati dei plebisciti-farsa, tesi a dipingere come moto popolare spontaneo degli abitanti delle Due Sicilie il rivolgimento in atto, e a giustificare l’operato piemontese di fronte all’opinione pubblica europea. Dopo l’annessione, il Piemonte avrebbe infine proceduto ad un’opera di estensione della propria organizzazione statale, con norme e persone piemontesi, all’intero territorio del neonato Regno d’Italia, cancellando leggi ed ordinamenti secolari, e smantellando più o meno coscientemente le attività economiche del sud Italia a favore di quelle del nord. Il peggiorare improvviso delle condizioni economiche ed il forte contrasto sociale e culturale tra piemontesi e duosiciliani sarebbe stato alla base dell’esplosione del fenomeno del brigantaggio, interpretato dai revisionisti come movimento di resistenza (durante il quale i sabaudi si resero colpevoli di crimini di guerra quali deportazioni, eccidi e stupri) ed alla successiva massiccia emigrazione che colpì i territori meridionali. Alcuni autori sostengono che nell’opera di annichilimento culturale e sociale avrebbero avuto un’influenza le teorie razziste elaborate da Lombroso a partire dal 1864, e pubblicate a partire dal 1876, che furono adottate come base pseudoscientifica per giustificare le repressioni in atto.

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Italia Pre-Unitaria Il Regno delle Due Sicilie Il Regno di Sardegna

“Era l’epoca buona, dell’abbondanza sotto il re Borbone. Ogni pancia era senza il vuoto che c’è adesso! Il peso, corrispondeva al giusto, con la bilancia! Parola mia…credetemi signori, che se non fosse stato per il tradimento io non starei qui a fare il pezzente…” (Ferdinando Russo)

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Situazione economica e sociale delle Due Sicilie Il Regno delle Due Sicilie, generalmente descritto come uno stato povero e oppresso, era in realtà un regno in cui si viveva un certo benessere, con un buon tasso di progresso sociale e culturale e che stava attraversando una fase di sviluppo crescente, bruscamente fermata dalle modifiche indotte dalla piemontesizzazione. Francesco Saverio Nitti (Presidente del consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1919 e il 1920) compì studi economici approfonditi sulla situazione economica del regno duosiciliano e degli altri stati che comporranno in seguito l'Italia unita. Nelle sue opere Scienza delle Finanze e Nord e Sud, Nitti riportò che al momento dell'introduzione della lira, nel Regno delle Due Sicilie furono ritirate 443,3 milioni di monete di vario conio pari al 65,7%, ovvero più della metà, di tutte le monete circolanti nella penisola; mentre il Regno di Sardegna ne aveva 27,1 milioni. A sostegno di quanto affermato da Nitti, altri autori riportano che l'entità del risparmio pubblico e privato nelle Due Sicilie era di notevoli dimensioni. Nel periodo immediatamente precedente alla spedizione dei Mille, il solo Banco delle Due Sicilie gestiva una somma pari a 33 milioni di ducati tra depositi pubblici e privati, equivalenti a circa 140 milioni di lire piemontesi (il tasso di cambio tra le due monete era infatti pari ad un rapporto di 4,25:1, in favore di quella duosiciliana). A tale somma andavano aggiunti due milioni di sterline, pari a circa 60 milioni di ducati (e quindi a 255 milioni di lire piemontesi) di proprietà personale di Francesco II. Altri 30 milioni di ducati (equivalenti ad altri 127,5 milioni di lire piemontesi) erano invece custoditi dalle banche siciliane. Oltre al già citato Banco di Napoli, nella capitale duosiciliana era presente una delle uniche quattro filiali europee (le altre erano a Londra, Parigi e Vienna) della banca della famiglia Rothschild.

Primati I primati del Regno che sostengono su questa base il progresso civile: - Prima nave a vapore nel Mediterraneo (Ferdinando I, 1818); - la prima linea ferroviaria italiana (Napoli-Portici, 1839); - la prima illuminazione a gas in Italia (1839); - il primo osservatorio vulcanologico del mondo (Osservatorio Vesuviano, 1841); - Impianti industriali avanzati come la fabbrica metalmeccanica di Pietrarsa (la più grande di tutta la penisola); - Nell'Esposizione Internazionale di Parigi del 1856 fu assegnato il Premio per il terzo Paese al mondo come sviluppo industriale (primo in Italia); - Primo ponte sospeso in ferro in Italia (sul Fiume Garigliano); - Primo esperimento di Illuminazione Elettrica in Italia a Capodimonte; - Primo Sismografo Elettromagnetico nel mondo costruito da Luigi Palmieri; - Prima Locomotiva a Vapore costruita in Italia a Pietrarsa; - Primi assegni bancari della storia economica (polizzini sulle Fedi di Credito); - Prima flotta mercantile in Italia (terza nel mondo); - Prima istituzione del sistema pensionistico in Italia; - Minor numero di tasse fra tutti gli Stati italiani; - Prima Nave da crociera in Europa ("Francesco I"); - Primo Premio Internazionale per la Produzione di Pasta (Mostra Industriale di Parigi); - Primo Premio Internazionale per la Lavorazione di Coralli (Mostra Industriale di Parigi); - Primo tra gli Stati Italiani per numero di Orfanatrofi, Ospizi, Collegi, Conservatori e strutture di Assistenza (Primo istituto italiano per sordomuti); - Primo Atlante Marittimo nel mondo (G. Antonio Rizzi Zannoni, "Atlante Marittimo delle Due Sicilie"); - Più basso tasso di mortalità infantile; - Prima assegnazione di "Case Popolari" in Italia (San Leucio presso Caserta); - Prima galleria ferroviaria del mondo; - Seconda flotta militare d'Europa (dopo l’Inghilterra). Napoli tra i numerosi primati aveva quelli di: - prima città d'Italia (e la terza d'Europa) per numero di abitanti; - la città d'Italia con il più alto numero di tipografie e per pubblicazioni di giornali e riviste; - Il più alto numero di conservatori musicali e di teatri nella città.

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Il ponte Real Ferdinando sul Garigliano, primo ponte sospeso di ferro in italia

La "Duca di Calabria", prima locomotiva italiana

Medaglia in argento del 1844 per l'illuminazione a gas della cittĂ di Napoli (prima in Italia)

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La crisi finanziaria del Regno di Sardegna Il vero motivo della conquista degli stati preunitari, ed in particolare del Regno delle Due Sicilie, non fu di natura ideale, ma piuttosto riconducibile alla crisi finanziaria del regno sabaudo; il quale, tra il 1848 e il 1859, avrebbe accumulato un debito di circa 910 milioni di lire. Ad incidere sul passivo del bilancio dello stato sabaudo furono le spese sostenute per le diverse guerre espansionistiche, e non, volute per inserirsi nel gioco diplomatico internazionale. In particolare, la guerra di Crimea, che Cavour considerava un buon trampolino di lancio per introdurre il Piemonte sullo scacchiere politico europeo, comportò a Torino, oltre che un sacrificio umano pari ad un terzo degli inviati, un importante sacrificio economico, che fu finanziato con la contrazione di un debito con la Gran Bretagna che verrà saldato solo nel 1902, andando a gravare, per oltre quarant'anni, sul bilancio dello stato unitario. Diverse fonti confermano lo stato di forte crisi finanziaria del Regno di Sardegna, riportando, invece, una situazione opposta per il Regno delle Due Sicilie. Secondo tali fonti, infatti, il debito pubblico delle Due Sicilie era un terzo di quello piemontese (26 milioni di lire contro 64), ma all'unificazione tale passivo fu accollato anche ai territori degli altri stati preunitari. Sempre nello stesso periodo, il Piemonte aveva approvato 22 provvedimenti legislativi che introducevano nuove tasse o aggravavano quelle già esistenti (contro nessuna nuova tassa o aggravio nelle Due Sicilie), nonché altre disposizioni che decretarono l’alienazione di una serie di beni pubblici per ridurre il disavanzo. La solidità finanziaria delle Due Sicilie e la contemporanea situazione opposta a carico del Piemonte, è stata esemplificata in questo modo dall'economista Francesco Saverio Nitti: « Ciò che è certo è che il Regno di Napoli era nel 1857 non solo il più reputato d’Italia per la sua Stati, si trovava in migliori condizioni. Scarso il debito, le imposte non gravose e bene ammorcontrario del Regno di Sardegna, ove le imposte avevano raggiunto limiti elevatissimi, dove il debito pubblico enorme, su cui pendeva lo spettro del fallimento. » (Francesco Saverio Nitti)

Confronto delle Politiche fiscali L'imposizione fiscale nel Regno delle Due Sicilie era tra le meno severe d'Europa; al contrario, la tassazione in Piemonte era molto gravosa. Dopo l'Unità, il sistema tributario sabaudo fu esteso a tutta la penisola e ciò comportò, per i cittadini delle province meridionali, un improvviso incremento del prelievo fiscale, che, di fatto, risultò raddoppiato rispetto a quello attuato in epoca borbonica. La fiscalità piemontese prevedeva tutta una serie di imposte che, invece, erano inesistenti nelle Due Sicilie preunitarie: di conseguenza, andarono a gravare anche sulle popolazioni meridionali la tassa di successione (che poteva arrivare fino al 10% del patrimonio oggetto di trasferimento ereditario), le tasse sugli atti delle società per azioni e degli istituti di credito, e la tassa sul sale (dalla quale i Borbone avevano esentato la sola Sicilia). Fu inasprita l'imposta fondiaria e furono introdotte o inasprite le tasse che colpivano gli strati più poveri della popolazione, come la tassa sul macinato (che fu più che raddoppiata ed estesa a tutte le granaglie, finanche alle castagne), i dazi di consumo (applicati sugli acquisti di bevande e generi alimentari) e la tassa sulla macellazione. L'imposta di bollo, che andava da un minimo di 3 ad un massimo di 12 grani, fu innalzata all'equivalente di un minimo di 13 grani ed un massimo di 58 grani.

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Il Complotto

L’Inghilterra e l’Unità Il Complotto

“Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di esser preso a sassate, essendo colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio” (Giuseppe Garibaldi)

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Il complotto inglese contro il Regno delle Due Sicilie Il processo di annessione del Regno delle Due Sicilie fu una pianificata operazione di complotto, attuata con il sostegno in particolar modo della Gran Bretagna. Secondo questa tesi, il contrasto diretto tra la Gran Bretagna ed il Regno delle Due Sicilie avrebbe avuto radici nella progressiva affermazione di quest'ultimo quale potenza marinara posta al centro del Mediterraneo, e, quindi, in diretto contrasto con gli interessi inglesi. Il proposito del sovrano duosiciliano di migliorare progressivamente l'influenza commerciale della propria Marina nel Mediterraneo era in netto contrasto con la strategia inglese di dominio dei traffici sui mari. L'isolamento diplomatico voluto da Ferdinando II si estrinsecò nella scelta di restare neutrale nella guerra di Crimea, non concedendo l'uso dei suoi porti alle flotte inglesi e francesi, il che gli alienò non poche simpatie. Viceversa, in tutto il decennio precedente all'unità d'Italia, Cavour fu molto attivo nella diplomazia europea per assicurare allo stato sabaudo la simpatia, se non l'alleanza, di Inghilterra e Francia. È noto, infatti, che nel 1855 egli inviò un contingente di truppe a fianco di quelle inglesi, nella Guerra di Crimea. In questo modo, si guadagnò un seggio alla successiva conferenza di pace, dove riuscì far prendere ai rappresentanti inglesi e francesi una posizione sulla questione italiana. Sul fronte diplomatico francese, inoltre, e grazie anche alle arti seduttive di una sua parente nei confronti di Napoleone III Cavour riuscì ad avvicinare a sé Napoleone III, ma si concretizzò con la collaborazione militare tra francesi e sabaudi contro l'Austria durante la Seconda guerra di indipendenza italiana. Un altro avvenimento di contrasto sono Le dichiarazioni di Gladstone. Il politico conservatore inglese William Gladstone, che soggiornò a Napoli per circa quattro mesi, tra l'autunno del 1850 e l'inverno del 1851, e rientrato in patria nel febbraio di quell'anno, scrisse due lettere al Parlamento britannico, in cui sosteneva che lo stato borbonico fosse in una terribile situazione sociale. Gladstone, in particolare, si sarebbe recato in alcune carceri napoletane e sarebbe rimasto scioccato dalle condizioni in cui versavano i detenuti. Gladstone, tornato a Napoli tra il 1888 e il 1889, avrebbe confessato di non essere mai stato in alcun carcere e di aver scritto le due missive dietro incarico di Palmerston, basando le sue dichiarazioni sulle affermazioni di alcuni rivoluzionari antiborbonici. Ad ogni modo le sue denunce sul presunto malgoverno dei Borbone, diffusesi in tutta Europa ed accreditate come vere, fossero un chiaro appoggio ai liberali italiani e permisero a piemontesi e inglesi di indebolire la posizione delle Due Sicilie nello scacchiere della diplomazia internazionale. Come mostrerebbero alcuni dati, la linea assunta dal sovrano napoletano verso i condannati per reati politici non fu delle più dure. Tra il 1851 ed il 1854, infatti, i tribunali meridionali comminarono 42 condanne a morte per delitti politici, ma, di esse, non ne fu eseguita alcuna, poiché furono tutte commutate da Ferdinando II (19 in ergastoli, 11 in trent’anni di reclusione e 12 in pene minori). Per contro, nello stato piemontese, era ampio il ricorso alla pena capitale: tra il 1851 ed il 1855, furono eseguite 113 condanne a morte. Nonostante ciò, anche una parte della stampa italiana, seguendo l'eco delle dichiarazioni di Gladstone, che continuò a propagarsi negli anni, si scagliò contro il sistema carcerario borbonico.

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Flotta Borbonica

William Gladstone

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Gli aiuti stranieri ai Mille Il governo inglese rivestì un ruolo importante nella spedizione dei Mille, avendo finanziato la campagna militare di Garibaldi con 3 milioni di franchi francesi, forniti anche con il contributo della massoneria statunitense e canadese. Al momento dello sbarco a Marsala, erano già presenti alcune navi da guerra britanniche nei pressi della costa. L’Argus e l’Intrepid, i due vascelli inglesi, giunsero circa tre ore prima della comparsa delle navi Piemonte (a bordo della quale si trovava Garibaldi) e Lombardo. Lo stesso Garibaldi, in un incontro pubblico a Londra, riconobbe il sostegno di Palmerston durante la spedizione dichiarando: «Se non fosse stato per il governo inglese, non avrei mai potuto passare lo stretto di Messina».

Il tradimento degli ufficiali borbonici I Mille ebbero dalla loro parte il rinnegamento di numerosi ufficiali delle Due Sicilie, reso possibile soprattutto dalle sovvenzioni finanziarie dell'Inghilterra. I franchi forniti dai britannici furono convertiti in piastre turche (la moneta usata a quel tempo nel commercio internazionale) e vennero sfruttati in gran parte per garantire ai traditori il reclutamento nell'esercito del nuovo Stato, conservando il grado, le qualifiche, i comandi e lo stipendio. La formula andò a buon fine e i garibaldini ebbero dalla loro parte circa 2300 ufficiali. La battaglia di Calatafimi, dipinta sovente dalla storiografia come un'eroica impresa garibaldina, fu solamente una farsa. Nonostante la netta superiorità numerica del suo esercito, Landi ritirò le proprie truppe dal campo di battaglia, permettendo ai Mille di poter avanzare senza troppi disagi a Palermo. Accusato di tradimento, fu destituito e confinato ad Ischia per ordine di Francesco II. Morì il 2 febbraio 1861, si sostiene di crepacuore per essere stato ingannato dai garibaldini, i quali gli avrebbero promesso una somma di 14.000 ducati depositata al Banco di Napoli ma, in realtà, ne avrebbe trovati solo 14. L'elargizione di denaro da parte di emissari sabaudi è ben documentata anche nelle pagine del diario del conte Carlo Pellion di Persano. Fu tra i mandati da Cavour che ebbero il compito di assicurarsi i servigi, non solo degli ufficiali borbonici, ma anche di esponenti della nobiltà e della classe politica meridionale. Il 6 agosto 1860, nel suo diario, costui così sintetizza la parte conclusiva di una missiva scritta al primo ministro piemontese: “Termino col dargli la buona notizia che possiamo oramai far conto sulla maggior parte

Commistioni con la criminalità Gli artefici del risorgimento si servirono inoltre della nascente criminalità organizzata per addivenire al fine dell'Unità. Ad esempio, Rosolino Pilo, che ebbe un preciso ruolo nel porre le basi per una sollevazione in Sicilia, si accordò con i baroni affinché questi schierassero le bande di picciotti che erano al loro servizio, al fianco dei garibaldini. Liborio Romano, un ex carbonaro che ricoprì la carica di ministro dell'Interno sotto Francesco II e che iniziò a trattare segretamente con Cavour e Garibaldi, intraprese rapporti con la Camorra. Romano le assegnò il compito di mantenere l'ordine all'arrivo di Garibaldi a Napoli, e provvide a far scarcerare i camorristi detenuti per ottenere un maggior appoggio. Garibaldi entrò nella città partenopea senza problemi e, come ricompensa, confermò Romano ministro dell'Interno. A sua volta Romano ricambiò la Camorra e inserì diversi membri dell'organizzazione nelle istituzioni, affidando loro incarichi di polizia e amministrativi.

Violazione del diritto internazionale L'unificazione, con particolare riferimento all'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna, avvenne in violazione del diritto internazionale. A tal proposito, l'entrata dell'esercito sabaudo nei territori delle Due Sicilie fu un atto illegale di aggressione, in quanto non preceduta da una formale dichiarazione di guerra. Un comportamento simile si verificò anche in occasione dell'apertura delle ostilità contro il Granducato di Toscana, il Ducato di Modena e lo Stato della Chiesa, nessuno dei quali beneficiò di una dichiarazione di guerra.

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Lo sbarco dei Mille a Marsala da un disegno di un ufďŹ ciale osservatore, a bordo di una nave inglese.

Falsa battaglia di calataďŹ mi.

Liborio Romano

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I Plebisciti Le annessioni territoriali al Regno di Sardegna (e al successivo Regno d'Italia), vennero ratificate mediante i cosiddetti plebisciti d'annessione. Ai plebisciti risorgimentali, cui partecipò solo il 2% della popolazione nazionale, risultò aver preso parte la maggioranza degli aventi diritto: in particolare il numero di astenuti e di contrari alle annessioni risultò essere irrisorio. Lo Stato sabaudo utilizzò le consultazioni plebiscitarie per dimostrare la diffusa volontà degli Italiani di riunirsi in un unico stato e per legittimare, quindi, la politica espansionistica attuata dal Piemonte. Giuseppe La Farina, in alcune epistole indirizzate all'abate Filippo Bartolomeo, sottolineò come, per evitare la disapprovazione delle potenze europee, fosse indispensabile, per Vittorio Emanuele II, ottenere un qualche riconoscimento popolare per giustificare le annessioni territoriali e per impedire che si parlasse di "conquista". Il re sabaudo era consapevole di non poter estendere la propria sovranità a popoli che non avessero invocato il suo intervento; era consapevole che solo il consenso popolare avrebbe dato pretesto alla diplomazia di affermare che gli italiani approvavano il nuovo Stato unitario. Filippo Curletti, stretto collaboratore di Cavour e capo della polizia politica sabauda, affermò, nel suo memoriale, che ai plebisciti modenesi, partecipò un modesto numero di aventi diritto e, alla chiusura delle urne, furono distrutte le schede degli astenuti. Dato l'elevato numero di assenti, inoltre, una pratica diffusa fu quella di "completare la votazione" con l'introduzione nelle urne di schede dove la preferenza era stata espressa dai sabaudi al fine di compensare le assenze. Tale pratica fu messa in atto in modo così grossolano che, in alcuni collegi, al momento dello spoglio, il numero dei votanti risultava maggiore di quello degli aventi diritto. In Toscana le consultazioni furono precedute da una incalzante campagna stampa dove si definiva nemico della patria e reo di morte chiunque non avesse votato per l'annessione. Alle tipografie toscane, poi, fu commissionata la stampa di un gran quantitativo di bollettini pro annessione, mentre fu scoraggiata la stampa di bollettini contrari all'unificazione. Il plebiscito che determinò l'annessione delle Due Sicilie al Regno d'Italia fu accompagnato da eventi di particolare gravità ed illegalità. Le operazioni di voto avvennero nel centralissimo Largo di Palazzo a Napoli (l'attuale Piazza del Plebiscito). Le urne, su cui vi era chiaramente indicato il "sì" o il "no", erano palesi e venivano sorvegliate a vista da numerosi camorristi, che Liborio Romano aveva arruolato come poliziotti, esautorando gli agenti fedeli ai Borbone.

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Brigantaggio

Eccidi e Deportazioni Teorie Lombrosiane

« Briganti noi combattenti in casa nostra, difendendo i tetti paterni, e galantuomini voi venuti qui a depredar l’altrui? Il padrone di casa è brigante, e non voi piuttosto venuti a saccheggiare la casa? » (Giacinto de' Sivo)

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Brigantaggio La reinterpretazione del brigantaggio postunitario come rivolta legittima, nonché l'eccessiva repressione messa in atto dallo Stato unitario, viene rivalutato come un movimento di resistenza. Il deputato Giuseppe Ferrari, durante un dibattito parlamentare, disse: « I reazionarii delle due Sicilie si battono sotto un vessillo Nazionale, voi potete chiamarli Briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul Trono di Napoli, ed ogni qual volta la Dinastia legittima è stata colla violenza cacciata, il Napoletano ha dato tanti briganti, da stancare l'usurpatore e farlo convincere che, nel Regno delle Due Sicilie, l'unico Sovrano che possa governare, dev'essere della Dinastia BORBONICA, perché in questa Famiglia Reale soltanto si ha fede, e non in altri. Dicano quel che vogliano i nemici dei Borboni, ma la mia convinzione è questa, ed è basata sull'esperienza del passato e sui fatti che attualmente si compiono. » (Giuseppe Ferrari) La repressione del brigantaggio, ottenuta con successo (e con molta difficoltà) in circa dieci anni dal governo unitario, viene aspramente criticata a causa della violenza con cui il Regio Esercito italiano (soprattutto dopo la promulgazione della legge Pica) applicava sommarie condanne a morte senza processo o con sbrigative sentenze emesse sul campo dai tribunali militari, il più delle volte giustiziando anche coloro che venivano solamente sospettati di connivenze o adesioni alle bande brigantesche. La violenza degli scontri è testimoniata dal fatto che non meno di 14.000 briganti o presunti tali furono fucilati, uccisi in combattimento o arrestati nel periodo di applicazione della legge Pica. I militari borbonici che rifiutarono di prestare giuramento al nuovo sovrano Vittorio Emanuele II, vennero reclusi in presidi militari del settentrione italiano, considerati veri e propri campi di concentramento. I soldati fedeli al loro vecchio sovrano furono visti con scarsa considerazione e disprezzo, tanto che il generale La Marmora li definì "un branco di carogne", e lo stesso Cavour, in una lettera indirizzata a Vittorio Emanuele II, scrisse: «I vecchi soldati borbonici appesterebbero l'esercito». Nei territori dell'ormai decaduto regno duosiciliano, ed in particolare durante la fase acuta del cosiddetto brigantaggio (1861-1862), si verificarono numerosi episodi di violenza ai danni delle popolazioni civili. In particolare le truppe piemontesi si resero responsabili di diversi eccidi, tra cui i più noti furono quelli di Casalduni e Pontelandolfo, due paesi del Beneventano. Il 14 agosto 1861, il generale Enrico Cialdini ordinò una feroce rappresaglia contro i due comuni, dove i briganti di Cosimo Giordano avevano ucciso 45 soldati sabaudi che vi erano appena giunti. I due piccoli centri vennero quasi rasi al suolo dai militari, lasciando circa 3.000 persone senza dimora. La distruzione dei due paesi fu accompagnata da atti di saccheggio e stupri. Sul numero esatto delle vittime non vi è tuttora consenso, dato che le cifre vanno da un centinaio a più di un migliaio di morti. Altre città che subirono una sorte simile furono Montefalcione, Campolattaro e Auletta (Campania); Rignano Garganico (Puglia); Campochiaro e Guardiaregia (Molise); Barile e Lavello (Basilicata); Cotronei (Calabria). I metodi violenti delle truppe del Regio Esercito Italiano furono infine applicati anche per la repressione dei moti di protesta operaia per la chiusura progressiva di impianti industriali, ad esempio dello stabilimento siderurgico di Pietrarsa, dove il 6 agosto 1863, per reprimere le proteste degli operai, intervennero Guardia Nazionale, Bersaglieri e Carabinieri, lasciando sul terreno tra quattro e sette morti e una ventina di feriti. Secondo le stime di alcuni giornali stranieri che si affidavano alle informazioni ufficiali del nuovo Regno d'Italia, in un solo anno, dal settembre del 1860 all'agosto del 1861, vi furono nell'ex Regno delle Due Sicilie: 8.964 fucilati, 10.604 feriti, 6.112 prigionieri, 64 sacerdoti uccisi, 22 frati uccisi, 60 ragazzi uccisi, 50 donne uccise, 13.529 arrestati, 918 case incendiate, 6 paesi dati a fuoco, 3.000 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate, 1.428 comuni sollevati;

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Ninco Nanco fucilato

Nicola Napolitano fucilato

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Le teorie Lombrosiane Alcuni fonti contemporanee hanno rivolto critiche agli studi del medico veronese Cesare Lombroso, tra i pionieri dell'antropologia criminale, la cui origine va fatta risalire all'esperienza di tre mesi come medico militare durante la campagna contro il brigantaggio in Calabria. Prendendo le mosse da un saggio del 1864, in cui, dopo l'esame di 3000 coscritti nel Regio Esercito, individuava una presunta correlazione tra i tatuaggi dei soldati e la tendenza alla devianza (a suo dire i tatuaggi permettevano di distinguere "il soldato disonesto in confronto all'onesto"); e sviluppandole estesamente nel saggio "L'uomo delinquente" (1876), egli ritenne di poter individuare una correlazione tra i caratteri somatici e la tendenza alla violenza. A tal proposito, e basandosi sui principi della fisiognomica e della frenologia, discipline pseudoscientifiche che pretendono di dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona, la prima, dal suo aspetto fisico e, la seconda, dalla morfologia del cranio, studiò salme di briganti (ma anche di comuni delinquenti), introducendo il concetto di criminale atavico. Altri tratti fisiognomici che per lui portavano un soggetto alla criminalità erano testa piccola, fronte bassa, zigomi pronunciati, sopracciglia folte. Spesso, però, in mancanza di questi, anche una minore sensibilità al dolore, una più rapida guaribilità, una maggiore accuratezza visiva o addirittura la presenza di tatuaggi permettevano al Lombroso di sentenziare la naturale predisposizione al crimine di un individuo. Per quanto le salme studiate non provenissero unicamente dal sud e i tratti fisiognomici giudicati sintomatici della delinquenza non fossero da lui riscontrati unicamente in meridionali, Lombroso arrivò a sostenere che «la ragione dell'inferiorità meridionale risiedeva in una costituzionale e irreparabile inferiorità razziale». Alfredo Niceforo, criminologo suo discepolo, scrisse nel suo libro "L’Italia barbara contemporanea” (1899): « La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il Mezzogiorno d'Italia, ch' è dovrebbe essere ugualmente trattata col ferro e col fuoco e dannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa, dell'Australia ecc... » (Alfredo Niceforo) Le teorie di Lombroso (in seguito smentite dalla scienza ufficiale) sono valutate come razzismo contro i meridionali, nonché un pretesto per etichettare i briganti come criminali insani di mente e per dare una giustificazione alla loro brutale repressione.

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Italia Post-unitaria Qestione Meridionale Emigrazione

“[definizione di Patria] La dove vuoi vivere senza subire né infliggere umiliazione” (Emmanuel Robles)

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La questione meridionale Nonostante la storiografia più diffusa sostenga che il Mezzogiorno possedesse già un problema di ritardato sviluppo prima dell'Unità, i revisionisti sostengono che il degrado economico del Sud abbia avuto inizio dopo il Risorgimento a causa delle politiche del governo unitario poco attente alle necessità meridionali. Secondo gli elaborati di Francesco Saverio Nitti, l'origine della questione meridionale ebbe inizio quando il capitale appartenuto alle Due Sicilie, oltre a contribuire maggiormente alla formazione dell'erario nazionale, fu destinato in prevalenza al risanamento delle finanze settentrionali, nella fattispecie in Lombardia, Piemonte e Liguria. Nitti inoltre enunciò, attraverso la sua ricerca statistica, che i fondi di sviluppo furono stanziati maggiormente nelle zone settentrionali, fu istituito un regime doganale che trasformò il Sud in un mercato coloniale dell'industria del Nord Italia e la pressione tributaria del meridione risultò maggiore rispetto al settentrione. L'economia del Mezzogiorno, infatti, fu sfavorita da un sistema doganale di stampo protezionistico, il quale favoriva soprattutto le industrie del nord Italia, permettendo ad esse di non soccombere di fronte alla concorrenza straniera. Giustino Fortunato, a seguito dell'indebitamento del Banco di Napoli di un milione di lire in tre anni, coniò il termine di "carnevale bancario" per indicare il trasferimento di capitali del sud destinati alle industrie e agli istituti di credito del nord. Nel 1954, l'economista piemontese Luigi Einaudi, nella sua opera Il buongoverno disse: qualcosa di più delle spese fatte dallo Stato italiano dopo la conquista dell'unità e dell'indipendenza nazionale. Peccammo, è vero di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio nazionale e ad assicurare alle proprie industrie il monopolio di ricchezza. » (Luigi Einaudi)

L'emigrazione Dopo l'unificazione della penisola, oltre ad un aggravamento della situazione economica del Mezzogiorno, si ebbe un vertiginoso fenomeno migratorio, quasi inesistente nel Sud prima del Risorgimento. Le statistiche sull'emigrazione mostrano un numero notevole di partenze dal Mezzogiorno verso l'estero dopo l'Unità, per l'aggravarsi della situazione contadina. L'emigrazione post-unitaria interessò anche il settentrione, in cui l'ondata migratoria fu maggiore rispetto al meridione nei primi anni di unificazione ma a partire dal '900 i flussi si intensificarono esponenzialmente anche nel sud. Il Veneto (tra gli ultimi territori annessi), risultò la regione con il più alto tasso di espatri tra il 1876 ed il 1900. Nel 1901, l'allora presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli, in visita in diverse città del meridione, giunse a Moliterno (Potenza) e fu accolto dal sindaco che lo salutò "a nome degli ottomila abitanti di questo comune, tremila dei quali sono in America, mentre gli altri cinquemila si preparano a seguirli".

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Famiglia del sud Italia

Manuale d’inglese per gli emigranti italiani

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(periodo unitario e post-unitario)

Giacinto de’ Sivo (Maddaloni, 29 novembre 1814 – Roma, 19 novembre 1867) un alto funzionario dell'amministrazione del Regno delle Due Sicilie

• L'Italia e il suo dramma politico nel 1861, Bruxelles, 1861 • I napolitani al cospetto delle nazioni civili, Livorno, 1861, • Discorso pe' morti del Volturno, Roma, 1861 • Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, (volumi pubblicati separatamente nel giro di cinque anni, da Roma 1863 a Trieste 1867) Ludovico Quandel (Napoli, 10 agosto 1839 – Monte di Procida, 10 aprile 1929)

Capitano dell’esercito delle Due Sicilie

• Una pagina di storia - Giornale degli avvenimenti politici e militari nelle Calabrie Giuseppe Buttà (Naso, 4 gennaio 1826 – Naso, 1886) cappellano militare dell’esercito borbonico

• Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta: memorie della rivoluzione dal 1860 al 1861, • I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli • Edoardo e Rosolina o le conseguenze del 1861 Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 4 settembre 1848 – Napoli, 23 luglio 1932)

è stato un politico e storico italiano e tra i primi antifascisti

• Il Mezzogiorno e lo Stato italiano. Discorsi politici, 1880-1910, 2 voll., Bari, Laterza, (1911) Gaetano Salvemini (Molfetta, 8 settembre 1873 – Sorrento, 6 settembre 1957)

è stato uno storico, politico e antifascista italiano

• Scritti sulla questione meridionale, 1896-1955, Einaudi, 1955 è stato un economista, politico, giornalista e antifascista italiano

• Eroi e briganti (1899) • Nord e Sud (1900) • La città di Napoli (1902) • Napoli e la questione meridionale (1903) (periodo fascista e post-fascista)

Antonio Gramsci (Ales, 22 gennaio 1891 – Roma, 27 aprile 1937) • Il Risorgimento, nel 1949 Carlo Alianello (Roma, 20 marzo 1901 – Roma, 1 aprile 1981)

scrittore e sceneggiatore italiano, considerato il capostipite del revisionismo del Risorgimento

• Soldati del Re, 1952 • L'eredità della priora, 1963 • La conquista del Sud, 1972 Michele Topa

giornalista e divulgatore italiano

• I Briganti di Sua Maestà (1967) Nicola Zitara (Siderno, 16 luglio 1927 – Siderno, 1º ottobre 2010) giornalista e studioso meridionalista

• L'Unità d'Italia: nascita di una colonia, 1971, Jaca Book - 2010, Jaca Book • Il proletariato esterno, 1972, Jaca Book • Memorie di quand’ero italiano, 1994, Nicola Zitara Editore • ‘O sorece morto, 2005, Nicola Zitara Editore

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(periodo contemporaneo)

Lorenzo Del Boca (Romagnano Sesia, 24 giugno 1951) un giornalista e saggista italiano

• Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento italiano, 2003, Piemme • Maledetti Savoia, 1998, Piemme Francesco Mario Agnoli (Bologna, 30 gennaio 1934)

è un magistrato e saggista italiano

• Gli accoltellatori Longo, Ravenna 1981 • La conquista del Sud e il generale spagnolo José Borges Di Giovanni, Milano 1994 • La rivoluzione italiana: storia critica del Risorgimento, Il minotauro, Roma 2001 • Dossier brigantaggio: viaggio tra i ribelli al borghesismo e alla modernità, Controcorrente, Napoli 2003 • L'unità divisa. 1861-2011, Il Cerchio, Rimini 2010 Pino Aprile (Gioia del Colle, 20 febbraio 1950)

è un giornalista e scrittore italiano

• Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del sud diventassero meridionali, 2010, Edizioni Piemme Luigi Di Fiore detto Gigi (Napoli, 1960)

è un giornalista e saggista italiano

• 1861, Pontelandolfo e Casalduni un massacro dimenticato, Grimaldi & C. editori, 1998 • I vinti del Risorgimento, Utet, 2004 • Gli ultimi fuochi di Gaeta, Grimaldi & C. editori, 2004 • Controstoria dell'unità d'Italia - Fatti e misfatti del Risorgimento, Rizzoli 2007 BUR saggi Rizzoli 2010 • Gli ultimi giorni di Gaeta - L'assedio che condannò l'Italia all'unità, Rizzoli 2010 Massimo Viglione (Caserta, 18 gennaio 1964)

è un docente e saggista italiano

• La rivoluzione italiana: storia critica del Risorgimento, Il minotauro, (2001) • L’identità ferita. Il Risorgimento come Rivoluzione & la Guerra Civile Italiana, Ares, (2006) Fulvio Izzo (Pagani, 7 gennaio 1952) • I lager dei Savoia: storia infame del Risorgimento nei campi di concentramento per meridionali, Napoli, 1999 Antonio Ciano • I Savoia e il massacro del Sud • Le stragi e gli eccidi dei Savoia Luciano Salera • Garibaldi, Fauché e i predatori del Regno del Sud • La Storia manipolata 1860-61 Documenti e testimonianze (Controcorrente, Napoli 2009) Giordano Bruno Guerri (Monticiano, 21 dicembre 1950)

scrittore, giornalista e storico italiano

• Antistoria degli italiani, Mondadori, Milano, 1997 • Il Sangue del Sud - Antistoria del Risorgimento e del Brigantaggio, Mondadori, Milano, 2010 e molti altri...

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http://it.wikipedia.org/wiki/Revisionismo_del_Risorgimento (Revisionismo del Risorgimento)

http://it.wikipedia.org/wiki/Regno_delle_Due_Sicilie (Il Regno delle Due Sicilie)

http://www.ilportaledelsud.org/primati.htm (I Primati del Regno)

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“Un giorno questa terra sarà bellissima” (Paolo Borsellino)

Tesina sul riesame dei fatti storici riguardanti il processo di unificazione nazionale italiano e le sue immediate conseguenze: la storiografia omette e modifica gran parte degli accadimenti storici, in particolare quelli riguardanti gli avvenimenti nel Regno delle Due Sicilie che costituiscono poi l’origine del divario tra Nord e Sud.


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