Erodoto108 n°4

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STORIE DI ARTE

on è al centro ma relegata in un angolo, a bordo strada. Guarda verso il rettangolo centrale della piazza, dove ci sono le altre statue, quelle che stanno sui piedestalli in bella prospettiva tra le file degli alberi. È appoggiata quasi ad altezza piedi, su una base ovale dove si può salire. Appoggiata per un niente, un ricciolo dei capelli, un grumo di bronzo che si allarga verso l’alto e diventa una testa gigante, strabordante carne labbra occhi. Sembra appesa all’incontrario, viene voglia di prenderla per la base e capovolgerla – come un pipistrello. Le statue celebrative, quelle al centro, sono in scala umana e si guardano solo dal basso verso l’alto. La più appariscente è il bronzo equestre, dinamico ai limiti del ridicolo, che rappresenta Ferdinando di Savoia sul cavallo morente, i baffi tesi in orizzontale come la spada. Se si pianta la punta del compasso su Ferdinando di Savoia, il cerchio tracciato è uno spazio vuoto, verde, qualcuno che legge il giornale sulle panchine, bambini in bici, le automobili solo ai margini. Se punti il compasso sulla grande testa di bronzo di Javier Marin e provi a tracciare il cerchio, sbatti contro pa118 lazzi, balconi, impalcature, vieni travolto dalle automobili, dai pullman. Fuori dalle prospettive, fa capolino dietro un angolo; chi arriva camminando dal corso se lo ritrova lì sulla destra, quasi in agguato. Ma non incute timore, non si ferma chi la guarda per un attimo con quello sguardo che si destina ai parenti anziani che si preferisce non incontrare perché ormai parlano più soltanto di quand’erano giovani. D’altra parte lui non guarda nessuno. Il volto è girato di tre quarti come quello di Alessandro Magno, ma po-

N

TORINO

“Hoy es hoy”, l’ultimo sguardo di Javier Marin Valentina Cabiale trebbe anche essere una Medusa o una di quelle figure femminili della tragedia greca terribili e ammirevoli anche se assassine. Le labbra africane, il naso da pugile, il volto graffiato, gli occhi, appesantiti da palpebre ferite con ciglia di ghiaccio, di una fierezza che appartiene a un altro mondo. I capelli arricciati, nodosi, sembrano tronchi o radici e sono coperti da fili di ragnatele (vere). Guarda oltre la strada, il viale alberato, le file dei palazzi. Se ne infischia delle automobili, dello smog, dei passanti distratti. Forse è lo sguardo che avrebbe un umano che guardasse la terra dall’ultimo piano del grattacielo più alto – sovrastante. Ma molto meno orgoglioso e sicuro di sé di


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