Enrico Moro: Felix Gonzalez-Torres, Untitled (last light), 1993

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FELIX GONZALEZ-TORRES UNTITLED (LAST LIGHT), 1993

Dati Preliminari

a) Tipologia: installazione a parete b) Titolo: Untitled (Last light) 1993; la mancanza di titolo richiede allo spettatore una maggiore disponibilità a comprendere e dare un senso all’opera e ai suoi contenuti. Il titolo tra parentesi indica la finalità dell’opera, l’ultima luce, è in un certo senso tematico e simbolico al tempo stesso, ponendo lo spettatore di fronte alla domanda su quale sarà l’ultima luce (a rompersi?). La presenza dell’anno nel titolo è una costante delle sue opere. c) Data: 1993, due anni dopo la morte del compagno Ross, un anno dopo la morte dell’amico Jeff - malati di AIDS - e tre anni prima della propria morte, sempre a causa dell’AIDS. e) Luogo di conservazione: Centre Pompidou, Parigi, Francia.

Livello tecnico-strutturale

È composta da un filo di ventiquattro lampadine bianche in prese di plastica marrone, poste a intervalli regolari di sei pollici, su un cavo elettrico lungo ventiquattro piedi; è dotata di prolunga marrone con una semplice presa elettrica a muro. Il cavo con le lampadine è sostenuto a muro da cinque chiodi.

appartengono, contemporaneamente, all’uomo. La luce è anche Dio e punto di attenzione, attira lo sguardo dell’osservatore. b) Plastica: i materiali plastici del cavo e dei bulbi per lampadine rappresentano, in quanto materia, la povertà e l’inaridimento culturale, il consumismo, la perdita di senso. La plastica consente anche un’ottima plasmabilità, come nel caso del cavo che crea quattro onde grazie alla semplice forza di gravità. Infine, ha un duplice rapporto con il tempo: una durata limitata nella forma ma quasi illimitata nella sostanza.

Livello visivo-rappresentativo

a) Tempo: la lunghezza del cavo elettrico, 24 piedi, e il numero di lampadine, 24, poste a intervalli regolari, riconducono al tempo, le 24 ore che compongono il giorno e i 24 mesi (due anni) dalla scomparsa del compagno Ross. Il tempo riveste diversi significati ma, in linea generale, è percepito come il variare delle persone e delle cose. Nelle società tradizionali il tempo è visto come ciclico e puntiforme, e viene scandito attraverso il passare delle stagioni o secondo eventi contingenti, al contrario di ciò che accade nel pensiero occidentale, in cui il tempo viene visto come un’entità lineare e misurabile

Livello iconico-rappresentativo

a) Luce: l’uomo ha da sempre identificato la luce con la vita. Il sole, con la sua luce ed il suo calore, scandisce i ritmi dello stare insieme in casa, nei campi e nei templi. Le abitazioni, le chiese e gli orti hanno un loro orientamento rispetto alla luce. Le attività umane sono state condizionate, fin dall’antichità, dalle stagioni: la luce viva del sole, in estate, rende più lungo e frenetico il lavoro nei campi, così come la costruzione o la ristrutturazione degli edifici. La luce è anche sinonimo di “bene” - in opposizione all’ombra, male - per ciò che concerne gli aspetti morali dell’essere umano, ed entrambi 2/5

Felix Gonzalez-Torres: Untitled (Last Light), 1993


per la necessità di ottimizzare il proprio tempo e la propria organizzazione economica. b) Punto: l’opera è formata da 24 punti (lampadine) che rappresentano il gesto dell’uomo sulla superficie bianca di sfondo. Il punto è l’unità elementare e stabile e, in questo caso in cui è sempre uguale, conferisce a ciascuna lampadina la medesima importanza. c) Linea: i 24 punti/lampadine formano una linea ondulatoria spezzata, rappresentante il maschile (negli angoli) e femminile (nelle curve), e quindi il concetto di coppia. L’orizzontalità dell’insieme della composizione rappresenta la stabilità, ma anche la morte. d) Bianco: la superficie su cui poggia l’opera è un semplice muro bianco, che risulta essere parte stessa dell’opera. Il bianco è simbolo di luce e quindi vita, ed è l’unico colore che comprende tutti quelli dello spettro luminoso. In linea generale il ‘bianco’ esprime la speranza per il futuro, la fiducia nelle persone e nel mondo in generale, è l’emblema della purezza, dei sentimenti nobili, della verginità e della spiritualità.

buiscono sottili fogli di plastica trasparente o stampe in serie. I dispenser sono riempiti non appena il loro contenuto diminuisce. La lettura più diffusa dei lavori di González-Torres vuole che i cambiamenti delle sue opere, le lampadine fulminate, l’esaurimento delle caramelle, siano una metafora del processo di morte. Realizzò oltre venti opere composte di serie di lampadine luminose di diverso numero e forma. Il panorama socio-economico dei primi anni ‘90 è stato un punto di svolta culturale sia a livello nazionale (in U.S.A.) che a livello globale. I conflitti in Europa, i tentativi di pace in Medio Oriente, la crisi dell’AIDS, i dibattiti nazionali sulla sanità, il controllo delle armi, i diritti dei gay e la corruzione dei politici erano allo stesso tempo lo sfondo e la fonte di materiale per un gran numero di artisti più giovani che vennero alla ribalta nel 1993. La mostra “NYC 1993: Experimen-

Livello linguistico-espressivo La notevole distanza dalla realtà del testo rappresentato induce lo spettatore a una interpretazione in chiave simbolica. Livello extra-testuale Molte delle sue opere, che vedono fra i materiali utilizzati lampadine, orologi, carta e caramelle, invitano il visitatore a portarne via una parte e sono considerate una rappresentazione del suo rapporto con l’AIDS. Una serie di opere permette al visitatore di portare via delle caramelle poste in un dispenser in un angolo della sala, altre distri-

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tal Jet Set, Trash and No Star” valorizza l’arte realizzata ed esposta a New York nel corso di quell’anno. Centrata sul 1993, la mostra è concepita come una capsula del tempo, un esperimento di memoria collettiva che tenta di catturare un momento specifico all’incrocio fra arte, cultura pop, e politica. Tra gli artisti presenti, un posto d’onore è riservato a González-Torres, di cui è esposta una coppia di filamenti di lampadine dondolanti dal soffitto fino al pavimento, che getta sulla stanza scarsamente illuminata e sulla 3/5


distesa di moquette arancione un debole bagliore luminoso: “Untitled (couple), 1993”. È stato uno dei maggiori esponenti di quella lotta sociale per la tutela dei diritti dei gay e dei malati di AIDS che caratterizzò gli anni ‘90. Il numero “due” è un cardine delle sue opere, in particolare nell’anno della morte di Ross, come in: “Untitled (Perfect Lovers) 1991”, una coppia di orologi fermi alla stessa ora;

“Untitled 1991”, due cuscini su un letto sfatto con ancora il segno dei due corpi; “Untitled (March 5th)#1 1991”, due specchi posti uno di fianco all’altro;

“Untitled (March 5th)#2 1991”, due lampadine nude fissate alla parete.

La prima opera di González-Torres realizzata con le lampadine risale al 1991, anno della morte del compagno Ross e suo vero e unico “pubblico”, cui tutte le sue opere erano dedicate. Sembra quindi scaturire da questo tragico evento l’utilizzo di 4/5

questo nuovo materiale che González-Torres inserirà come principale in numerose sue opere, oltre venti. L’uso delle lampadine potrebbe richiamare i lavori di Dan Flavin, per il quale però le luci servono a creare spazio, emozioni e sensazioni; invece le lampadine di Torres sono un simbolo di vita e di bellezza, destinate però ad esaurirsi, così come la vita umana. Per tutti gli anni ‘90 il contesto dell’arte contemporanea è stato compreso all’interno di due estremi: da una parte un’arte interstiziale, quasi invisibile, simulacrale e simulativa; e dall’altra un’arte della differenza, l’arte dell’«altro» chiamato finalmente in causa con pari dignità. Se la tendenza alla simulazione rappresenta un po’ l’estremità del pensiero postmoderno, una serie di grandi esposizioni aveva proposto, alla fine degli anni Ottanta, una visione dell’arte completamente nuova e opposta ai paradigmi abituali. Il primo grande evento in tal senso è “Les magiciens de la terre”, la mostra curata da Jean Hubert Martin e tenutasi al centre Pompidou nel 1989, che rappresenta anche il primo serio tentativo di allargare l’indagine dell’arte contemporanea verso il “radicalmente altro”. In questo “altro” si inserisce nei primi anni ‘90 González-Torres con, tra le altre, una personale al MoMA di New York nel 1992 (“Projects 34: Felix González-Torres”) e ben tre personali in Francia nell’anno seguente (“Felix González-Torres: Travels #1”, “Travel #2” e “Migrateurs: Felix González-Torres”, quest’ultima al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris). Felix Gonzalez-Torres: Untitled (Last Light), 1993


Dopo la morte per AIDS sopraggiunta nel 1996, viene inserito in alcune mostre temporanee dei primi anni del XXI secolo presso il Centre Pompidou con alcune installazioni [come “Untitled (Perfect Lovers), 1987-90” in “Le Temps, Vite!” del 2000, opera con cui è presente nella copertina di una delle pubblicazioni della mostra, a fianco] ma la consacrazione arriva solo tre anni or sono con l’inserimento di “Untitled (Last

Light), 1993” nella collezione permanente, in occasione della “Nouvelle Presentation Des Collections Contemporaines. Centre Pompidou” del 6 aprile 2011, quando viene definito uno dei maggiori artisti della sua epoca. È questo il momento in cui l’artista cubano viene esposto a fianco delle figure chiave dell’arte contemporanea dal 1960 in poi: Joseph Beuys, Christian Boltanski, Louise Bourgeois, Simon Hantai, Carla Accardi, Joan Mitchell, Pierre Soulages, Cy Twombly, Andy Warhol. Concepito come un percorso cronologico, l’esposizione nella galleria centrale del Museo è costituita da opere selezionate come segnavia degli anni tra il 1960 e il presente, a cominciare da Andy Warhol (1963), per arrivare alla scultura monumentale di Carsten Höller “Giant Triple Mushroom, 2010”. Trattasi di opere concettuali che puntano sul rapporto energetico tra opera e osservatore, ma in assenza di relazione con le opere circostanti e con l’ambiente in cui sono esposte.

Valutazione critica dell’opera Il programma concettuale di González-Torres si basa su una serie di associazioni comunemente possedute dai fili di luce, come l’evocazione del piacere di una festa estiva in giardino o dei party celebrativi Enrico Moro | www.comobo.it

delle giornate festive; la natura effimera dei materiali, tuttavia, impregna il lavoro di una certa malinconia. Le lampadine, dopotutto, non durano per sempre. Nel corso di ogni installazione alcune lampadine si bruciano, è una costante inevitabile; pertanto, ogni luce bruciata viene immediatamente sostituita con una nuova lampadina. Il significato della luce e delle lampadine dipende da questo ciclo invisibile e naturale e dalle metafore implicite per la vita, la morte e il rinnovamento. Le 24 lampadine dell’opera in esame e il modo in cui sono poste, in 4 onde, possono dunque rappresentare la ciclicità della vita e della morte, in un susseguirsi di mesi/ anni (24 mesi / 2 anni dalla morte di Ross), di ore nel giorno, di stagioni (le quattro onde). Anche in quest’opera i numeri presenti sono pari, evidenziando l’importanza per l’artista del numero due, e rimandano alla vita di coppia vissuta con il compagno Ross. L’importanza dell’omosessualità dell’artista e per l’artista è riconoscibile nell’uguaglianza dei soggetti utilizzati nelle sue opere (due orologi uguali, due specchi uguali, lampadine uguali ecc.); tale aspetto ha caratterizzato fortemente le sue opere, sia per l’amore verso Ross che per le morti per AIDS che hanno segnato la sua vita, così come per le battaglie a favore dei diritti dei gay. Si potrebbe quindi concludere affermando che, attraverso quest’opera, l’artista voglia comunicare la fragilità e la ciclicità della vita (24 lampadine), all’interno di un ambiente effimero (plastica) come sono la vita e l’omosessualità e, sempre e comunque, rimarcare l’importanza della vita di coppia (elementi pari). 5/5


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