La Stalla aveva per tetto una Stella anteprima

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a cura di Alfredo Tradigo e Vincenzo Guarracino

La Stalla aveva per tetto una Stella SEDICI AUTORI RACCONTANO IL NATALE

Anteprima


Foto pubblicate per gentile concessione Ringraziamo la parrocchia di S. Martino, Zillis, Grigioni (Svizzera)

ISBN 978-88-8424-568-7

Š Mimep-Docete, 2019

Impaginazione, stampa e legatoria: Casa Editrice Mimep-Docete via Papa Giovanni XXIII, 4 20060 Pessano con Bornago (MI) tel. 02 95741935 0295744647 www.mimep.it www.mimepjunior.it info@mimep.it


Scrittori-pastori alla capanna di Betlemme

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na piccola comunità di scrittori ha risposto all’appello della casa editrice Mimep-Docete: scrivere un racconto per il Natale 2019. Un genere letterario, quello del racconto natalizio che, partendo dai fatti narrati dai Vangeli canonici (come sempre scarni ed essenziali) e dai racconti apocrifi (più ricchi di particolari) si contamina e arricchisce con fiabe e racconti edificanti e fantastici. I primi autori cristiani che parlano della Natività sono Efrem il Siro (Dialogo tra i Magi e Maria) e sant’Ambrogio (La notte della Natività). Nel Medioevo san Bernardo di Chiaravalle (Signore Gesù tu sei nato per noi) e Jacopone da Todi (Cantico della Natività di Gesù Cristo). La prima drammatizzazione della Natività, che ha dato origine alla tradizione del Presepio, è stata quella che san Francesco ha “messo in scena” a Greccio la notte di Natale del 1223. Qui la verità storica si arricchisce di elementi pittoreschi che invitano a rivivere 5


il clima spirituale della Santa Notte. Il Presepe assume accenti liturgico-teatrali. Nasce la grande tradizione del Presepe vivente che attrae ogni anno, a Natale, in molte parti d’Italia, centinaia di persone desiderose di rivivere l’Avvenimento che ha cambiato la storia. Proseguendo nella nostra ricerca di autori illustri che hanno cantato il Natale. Nel Cinquecento Vittoria Colonna (Qui non è il loco umil, né le pietose) e san Giovanni della Croce (Della nascita) celebrano in forma poetica il cuore del messaggio natalizio. Nel Settecento Sant’Alfonso Maria de’ Liguori compone un’arcinota canzone religiosa: Quando nascette ninno. Agli inizi dell’Ottocento, nella letteratura moderna, un autore come Charles Dickens con il suo Canto di Natale (1843) contribuisce al genere letterario Racconti di Natale con un capolavoro, ripreso poi da un cartone animato in cui prevale l’indimenticabile caricatura del vecchio avaro Scrooge. Nel secolo del Romanticismo grandi autori come Alcott, Stevenson, Manzoni (Il Natale), D’Annunzio (I Re Magi), Pascoli (Le ciaramelle) continuano una tradizione che ormai è universale. 6


Così nel Novecento si misurano con i Racconti di Natale gli scrittori Gozzano, Quasimodo, Ungaretti, D’Annunzio, Pirandello, Buzzati, Calvino, Sciascia. Mostrandoci come la memoria di quell’Avvenimento irripetibile avvenuto in una capanna a Betlemme 2019 anni fa sia rimasta viva fino ad oggi che – nel Terzo Millennio – contiamo ancora gli anni a partire dalla data di nascita di Gesù. Un genere senza tempo dunque, quello dei Racconti di Natale, che i nostri Autori hanno voluto affrontare e, lo speriamo, rinnovare. Autori che, in qualche modo, nell’anno del Signore 2019, si sono umilmente fatti “scrittori-pastori” e hanno portato alla Stalla di Betlemme, sotto la Stella cometa, davanti a quel Bambino divenuto ormai simbolo universale del Bene, le loro esperienze di vita tradotte in scrittura.

I Curatori

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GUIDO CLERICETTI

Un topolino nella stalla di Betlemme

E

ra ormai il mezzogiorno della mattina di Natale e ci voleva ancora un po’ prima di mettersi a tavola per il grande pranzo di famiglia, anche se per tutta la casa si stavano già spandendo i profumi appetitosi che uscivano dalla cucina. I piccoli, che quella mattina si erano svegliati molto presto per scoprire i regali che li aspettavano sotto l’Albero, avevano giocato a lungo con i nuovi giocattoli e adesso erano stanchi. Qualcuno si lasciava perfino sfuggire lenti sbadigli anche se, forse, più per lo stomaco vuoto che per il sonno.

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Nonno Topo, che stava seduto a leggere nella sua comoda poltrona davanti al camino – e come sempre pareva non accorgersi di niente – se ne rese subito conto e decise che adesso toccava a lui. Ripiegò il giornale, si tolse gli occhiali, alitò sulle lenti sfregandole poi con il fazzoletto, li rimise sul naso, schiarì la voce e finalmente chiamò autorevolmente i nipoti attorno a sé. – Venite qui topolini, venite che vi voglio raccontare la bella storia di Natale di noi topi! Come accadeva ogni anno i piccoli topi corsero subito a sedersi sul tappeto ai suoi piedi mentre gli adulti, pur continuando a darsi da fare in cucina o ad apparecchiare con cura la tavola, tesero gli orecchi per ascoltare ancora una volta l’antica leggenda che pure conoscevano a memoria. Sollecitando l’attenzione con qualche colpo di tosse Nonno Topo attese che intorno a lui si facesse un rispettoso silenzio e poi cominciò a raccontare… – Quando ogni anno per Natale fanno il presepe, gli Umani mettono sempre nella capanna un bue, un asino e a volte anche una o due pecorelle sfuggite ai pastori… Ma dovete sapere, topolini miei, che in realtà non erano solo quelli gli animali intorno alla 54


Un topolino nella stalla di Betlemme

mangiatoia nella Santa Notte. Da tempo infatti, insieme a un vecchio bue viveva allora in quella povera stalla cadente, fatta di mattoni malandati, travi rotte e assi sconnesse, anche un piccolo topo. Si era fatto la sua tana in un angolo, sotto un grosso mucchio di fieno e paglia, e lì viveva e, soprattutto, lì passava l’inverno al sicuro e al caldo. In un buco del muro conservava anche tutte le sue provviste, specialmente noci, mandorle, nocciole e castagne, che aveva raccolte nei campi attorno quando ancora non faceva tanto freddo. Perché in quell’inverno faceva davvero freddo! Un gran freddo che in quella Notte si faceva particolarmente sentire, con il vento ghiacciato che spazzava rabbioso la campagna e riusciva a introdursi nella vecchia stalla portando con sé gelidi sbuffi di neve. Ecco perché restò molto stupito, il topino, quando venne svegliato dal lamentoso cigolio della porta che si apriva e vide entrare, rischiarati dalla poca luce di una lanterna, quegli strani viandanti. Restando ben nascosto nell’ombra li osservò attentamente: vide l’Uomo che aiutava premurosamente la sua compagna a scendere dalla schiena di un asinello, vide la Donna, stanca e affaticata, stendersi 55


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sul fieno accanto alla mangiatoia e vide Lui coprirla con cura con il suo mantello dopo averne scosso via la neve. Seguì incuriosito il lavoro dell’Uomo che ora tappava con qualche manciata di paglia, presa proprio dal mucchio dov’era la sua tana, le crepe dei muri e le grosse fessure della porta per cercare di tener fuori le raffiche più furiose; lo guardò poi scegliere un altro po’ del fieno e di paglia più morbidi e soffici che sistemò nella mangiatoia, facendo nel mezzo un piccolo nido, un po’ come il suo. Intanto la Donna si era quasi addormentata vicino al bue e all’asino che, fianco a fianco, alitavano su di lei i loro fiati caldi. – Strana gente! – concluse fra sé il topino. E siccome si era ormai reso conto che con loro non correva alcun pericolo, e che nemmeno lo avrebbero più disturbato (ora che si erano sistemati), si accomodò di nuovo nel calduccio del suo nido e si rimise a dormire tranquillamente. A svegliarlo di nuovo, non molto tempo dopo, fu la fortissima luce che aveva improvvisamente riempito la stalla, così sfolgorante da penetrare fino al suo nascondiglio, insieme al suono glorioso di 56


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tante voci bellissime che cantavano insieme come non si era mai sentito: era la mezzanotte e il Bambino nasceva! – È Gesù! – esclamò con entusiasmo uno dei topolini più piccoli, con gli occhi raggianti di chi riconosce qualcosa che sa. – Perché questa è proprio la notte di Natale nella capanna! – aggiunse una topolina un po’ più grande, come per spiegarlo agli altri. – Proprio così, – confermò Nonno Topo – è il Natale del Signore. Ora noi lo sappiamo e sappiamo anche chi era quel Bambino: il Figlio di Dio venuto a salvare gli Uomini e l’amico vero di tutti e di tutto ciò che esiste, anche di noi topi. Ma lui, quel piccolo topo nostro antenato, tutto questo non lo sapeva ancora: per lui quello che stava accadendo era qualcosa di misterioso e bellissimo che non capiva ma di cui si rendeva conto di essere testimone e, in qualche modo, di farne parte. – Poi? – chiese il topolino più piccolo che quasi non sapeva ancora parlare. – Hai ragione, c’è un poi – rispose Nonno Topo facendogli una carezza, – ed è un “poi” pieno di sorprese! –. E, continuando, riprese a raccontare… 57


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Lo splendente chiarore che aveva riempito di luce la vecchia stalla e che, attraverso le pareti e il tetto, usciva tutt’attorno sui campi coperti di neve e aveva calmato le raffiche di vento e la tormenta, a poco a poco si stava attenuando. Anche quel prodigioso coro di voci che fino a poco prima aveva occupato interamente la notte si stava facendo via via più sommesso, risalendo al cielo da dove era disceso. Uno straordinario silenzio ne prendeva il posto. Ora, seduta accanto alla mangiatoia, la Donna teneva il suo Bambino fra le braccia e si piegava a contemplarlo con amore e stupore, così come faceva l’Uomo inginocchiato accanto a lei. Anche il bue e l’asino stavano immobili mentre il loro fiato riscaldava quella strana famiglia. A topino, che dal suo angolo tra il fieno e la paglia, osservava ogni cosa, sembrava che il tempo si fosse fermato, e forse lo era, per l’eternità. Molto più tardi cominciò ad arrivare da fuori un brusio che cresceva a poco a poco fino a diventare il rumore di una piccola folla che si stava avvicinando attraverso i campi innevati, diretta alla stalla. Erano i pastori che venivano dai pascoli dove erano stati avvertiti dagli angeli mentre vegliavano accanto al gregge e, dal paese, le donne e i vec58


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chi e i bambini, svegliati dall’apparire di quella grande luce e richiamati dal canto celeste. E ciascuno di loro portava dei doni: un agnellino, una coperta, un secchio d’acqua, delle candele, latte, pane, formaggio, legna per il fuoco. Tutto questo fece ancor più capire al topino che proprio lì, quella Notte, era accaduto qualcosa di veramente straordinario per tutti e che quel piccolo personaggio appena nato, il bambino che ora dormiva tranquillo fra le braccia della mamma, doveva essere qualcuno molto, molto importante. Quando poi vide i tanti doni che tutti posavano davanti alla mangiatoia pensò che anche lui avrebbe voluto fargli un regalo. Infatti, dopo che tutti quei visitatori si furono congedati per far ritorno alle loro case o al loro lavoro e nella stalla erano tornati il silenzio e la quiete, il topino uscì dal suo angolino e si fece avanti per offrire il suo dono: quel piccolo tesoro di provviste che aveva messo da parte per l’inverno. Noci, nocciole, mandorle e castagne che depose emozionato davanti alla Donna restando poi lì fermo, imbarazzato e intimorito dalla sua audacia. Lei gli fece subito un bel sorriso e raccolse quel minuscolo mucchietto di frutti riconoscendo il grande valore che aveva per chi lo faceva. 59


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– Ti ringrazio piccolo topo – gli disse con dolcezza – e anche se il mio bimbo è ancora tanto piccino che non ha neppure i dentini, accetto volentieri il tuo dono prezioso. E perché sia ricordato – aggiunse, – d’ora in poi noci, nocciole e castagne non mancheranno mai sulla tavola di chi festeggerà il Natale di mio Figlio. – Ecco perché ancora oggi, topini miei – concluse Nonno Topo – quei piccoli frutti secchi che erano le provviste del nostro lontano antenato sono fra le cose più amate da tutti per concludere piacevolmente il buon pranzo di questa bella giornata. Poi tacque guardandosi intorno, mentre un lungo sospiro di contentezza dei piccoli ascoltatori, ma anche degli adulti, accoglieva la fine del suo racconto. Ci fu una calda pausa di silenzio mentre tutti fissavano Nonno Topo che si era di nuovo tolto gli occhiali e ora li stava strofinando accuratamente col fazzoletto prima di rimetterli sul naso. Poi, dopo il solito colpo di tosse per richiamare l’attenzione e dopo aver controllato che tutti fossero attenti e pronti ad ascoltarlo, il vecchio Topo alzò una zampa e ricominciò il suo racconto: – Ma la bella leggenda del topino della stalla di Be60


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tlemme, che quando anch’io ero piccolo come voi il nonno ci raccontava a Natale, non finisce qui! Il mio vecchio nonno infatti continuava così… Nella vecchia stalla, ora ritornata tranquilla e quieta in quella notte così piena di meraviglie, il sonno era finalmente sceso a portare un po’ di riposo ai suoi ospiti, tanto a chi ci abitava da tempo, come il bue e il topino, che a chi era arrivato più di recente, la Sacra Famiglia con il suo asinello. Anche nei campi tutt’attorno era pace e silenzio e perfino il freddo dell’inverno pareva diminuito: il vento taceva, la neve aveva smesso di cadere ma copriva ogni cosa, il cielo brillava di stelle mentre l’alba non era ormai lontana. Trascorsero così alcune ore ed era quasi mattina quando cominciò a farsi sentire da lontano un tintinnio di sonagli, un bisbiglio di voci straniere, un calpestio di passi cadenzati… insomma, di nuovo una gran quantità di gente che si stava avvicinando. L’Uomo si era già alzato per affacciarsi dalla porta e capire chi stava arrivando e anche per chiedere che – per piacere – tutto quel rumoreggiare non svegliasse il Bambino e si era trovato davanti uno strano cor61


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teo di forestieri abbigliati con vesti coloratissime che alla luce di tante fiaccole, mentre già la notte impallidiva, spiccavano sul bianco della neve. Erano tre grandi Re che venivano dall’Oriente con un ricco seguito di cammelli, cavalli bardati, armigeri e servi con buffi turbanti che gli fasciavano la testa. Quando l’Uomo li accolse nella stalla il topino, che era coraggiosamente uscito dal suo angolo buio per curiosare, tornò subito a nascondersi nel fieno e da lì spiò i tre Re che si inginocchiavano davanti alla mangiatoia e offrivano al piccolo Signore del mondo i loro doni: erano vasi d’incenso e coppe di mirra odorosa, che subito riempirono di strani profumi la piccola stalla, ma anche uno scrigno di grosse monete d’oro che mandavano riflessi in quella poca luce. Fu un misterioso e lungo incontro di cui capì ben poco, se non che i tre Re erano venuti fin lì da molto lontano per festeggiare la nascita di un bimbo sconosciuto, seguendo una stella che si era mossa inattesa nel cielo dei loro paesi e che li precedeva guidandoli nel viaggio. E quel Bambino, quindi, era davvero una persona molto importante come il topino aveva già capito ma continuava a capire sempre di più. 62


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Molto dopo, quando i tre Re con tutta la gran folla di gente al seguito, se ne furono andati a portare la Buona Novella nei loro paesi lontani, nella stalla ci furono ancora una volta quiete e silenzio. La Donna con il suo Bambino e l’Uomo sempre accanto a loro tornarono a stendersi sui giacigli di paglia per riprendere sonno, ancora stanchi per quella lunga Notte così scossa da continue straordinarie meraviglie. Il mattino era avanzato da tempo quando l’Uomo fu svegliato da un sogno. Ed era un sogno molto inquietante e pauroso perché lo fece balzare in piedi sconvolto e angosciato e subito si metteva a radunare affannosamente le loro cose sparse nella stalla. Raccolse in fretta anche tutti i doni che avevano ricevuto nella notte e li sistemò in un sacco sulla schiena dell’asinello. Poi svegliò la Donna spiegandole che dovevano partire immediatamente e l’aiutò ad avvolgere e coprire con il mantello il Bambino che ancora dormiva. Nonostante l’ansia e timore, mentre lei saliva sull’asino stringendosi al seno suo figlio, si volsero a dare un ultimo sguardo a quella misera casupola che insieme con loro aveva ospitato tanti fatti meravigliosi e segni ed eventi prodigiosi. Poi l’Uomo spinse con forza la vecchia porta spalancandola sull’immobile di63


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stesa di neve tutt’attorno. Fece uscire l’asinello col suo carico, rinchiuse a fatica la stalla, impugnò il lungo bastone da viaggiatore e, afferrata la cavezza, si avviarono faticosamente verso l’orizzonte, affondando passo passo in quel deserto biancore. – È la fuga in Egitto! – uscì a dire a voce alta uno dei topini più grandi che aveva studiato da poco il Catechismo, interrompendo il racconto del nonno – Perché il re Erode, che era un tiranno sanguinario, voleva far uccidere Gesù per paura che diventasse lui il Re! – E infatti ha ordinato la morte di tutti i bambini sotto i due anni – saltò su a dire una topolina un po’ più piccola – così i suoi soldati hanno fatto la strage degli innocenti! – Bene, bene… Vedo che siete preparati sulla storia di Gesù, – sorrise Nonno Topo e strizzò l’occhio verso i topi adulti che volevano sgridare per quell’interruzione – ma la storia del piccolo topo di Betlemme non finisce qui, vi ho detto, perché lui era rimasto nella stalla… Sì, ora in quella vecchia stalla, dopo le tante cose straordinarie che vi erano successe, erano rimasti di nuovo soli il topino e il vecchio bue, i due compagni di 64


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sempre, confusi da quell’agitata partenza improvvisa che non sapevano spiegarsi. Soprattutto il piccolo topo si guardava intorno smarrito: quel posto adesso gli sembrava troppo grande e vuoto e poi gli dispiaceva di non aver avuto potuto salutare quella gente a cui si era affezionato e augurare loro buon viaggio. Proprio allora la luce, che insieme all’aria gelida entrava come sempre nella stalla da tante fessure, fece brillare qualcosa là in mezzo, proprio sotto la mangiatoia. Subito il topino si chinò incuriosito e vide che, quasi nascosta dalla paglia, c’era una moneta d’oro: certo, pensò, è caduta dallo scrigno prezioso che i tre Re avevano portato in dono al Bambino! La raccolse, corse alla porta della stalla, tolse in fretta da uno degli spiragli più larghi un po’ neve e di paglia e si affacciò: – Aspettate, – cominciò a gridare – avete dimenticato qualcosa! Ehi, aspettate! Tornate indietro! – Ma vide che era già troppo tardi perché i viandanti si erano già allontanati sulla distesa di neve e non li si vedeva più, ormai scomparsi in quella nebbiolina che nelle mattine fredde d’inverno vela la luce del sole e nasconde in lontananza tutte le cose. 65


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Però sul liscio manto bianco, notò il topolino, erano rimaste visibili le orme del loro cammino: una lunga traccia che attraversava la piana innevata e si perdeva in lontananza. E così, senza stare a pensarci un momento, il piccolo topo prese a seguirla, correndo e tenendo stretta la moneta d’oro che aveva trovato. E corse, corse, corse a perdifiato nonostante lui fosse così piccolo e intorno ci fosse solo quella sconfinata distesa di neve e facesse di nuovo tanto freddo. – E io credo che anche quello fu un piccolo miracolo – commentò Nonno Topo interrompendo il racconto – perché quando già scendeva la sera quel topino nostro antenato riuscì davvero a raggiungere i viandanti che si erano accampati sotto una palma da datteri, in un’oasi non lontana dal confine dell’Egitto. Era affannato e tremava per la grande stanchezza, ma si fece avanti e si fermò davanti a loro, illuminato dalla luce del piccolo fuoco che avevano acceso. E lei lo riconobbe… – Ben arrivato, piccolo amico di mio Figlio, che fai qui? – gli chiese la Donna, e il topino, che ansimava per la lunga corsa mostrò la moneta che aveva portato fin lì e riuscì a sussurrare: 66


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– Avete dimenticato questa nella stalla! È vostra, ma si era persa fra la paglia! L’Uomo tese la mano e prese la moneta d’oro: – Bravo, piccolo amico coraggioso, – gli disse con un sorriso – ti ringraziamo di cuore per la tua generosità e per la tua amicizia, perché questa moneta, insieme alle altre, ci aiuterà a salvare il Bambino e a farlo crescere in un paese lontano e a ricondurlo poi qui fra qualche anno, quando sarà passato il pericolo che ora lo minaccia. Davvero grazie! Il topino taceva commosso e teneva il capo chino, imbarazzato da quelle lodi, ma diventò ancor più rosso, dalla punta delle orecchie alla punta della coda, quando la Donna aggiunse: – Caro piccolo amico, nella stalla avevi già regalato al mio Bambino tutte le tue provviste preziose e ora di nuovo gli hai portato qualcosa che è prezioso per la sua vita! Sei piccolo, sì, ma è davvero tanta la tua grandezza d’animo. E per ringraziarti anch’io voglio farti un dono: ti prometto che quando ritorneremo e mio Figlio sarà più grande e gli cadrà il suo primo dentino, lo darò a te! – Ecco perché, – concluse Nonno Topo nell’attento silenzio di tutti i suoi ascoltatori, piccini e grandi, – ancora oggi quando un bambino perde un dentino la 67


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sua mamma alla sera, prima che lui si addormenti, glielo mette sotto il cuscino. E poi nella notte viene a prenderlo un topolino che lascia al suo posto una moneta che, a guardarla bene, certe volte sembra proprio d’oro. Si fece silenzio mentre, ancora una volta, il nonno si toglieva gli occhiali, alitava sulle lenti, le sfregava con il fazzoletto e se li rimetteva sul naso. – E il topino, nonno? – chiese incerta la vocina del topolino più piccolo. – Be’, la storia che conosco finisce qui – rispose Nonno Topo – ma quando anch’io ho fatto la tua stessa domanda a mio nonno mi disse che in qualche modo il topino dev’essere riuscito a tornare nella sua stalla, poi nella bella stagione dev’essersi sposato con una topina che gli piaceva ed ebbero tanti topolini a cui lui raccontò la sua storia e poi loro ai loro topolini e così via, fino a che questo bel racconto è arrivato fino a noi. – Sì, ma adesso tutti a tavola per il pranzo di Natale! – intervenne la Nonna sorridendo al Nonno e ai nipotini – e prima lavatevi bene le mani!

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Quando poi vide i tanti doni che tutti posavano davanti alla mangiatoia pensò che anche lui avrebbe voluto fargli un regalo.

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La Stalla aveva per tetto una Stella

anto azzurro e porpora si uniscono, umanità e

regalità si incontrano in questo abbraccio tra Elisabetta e Maria. Due creature non ancora nate sussultano nel loro grembo. Giovanni Battista il Precursore, l’ultimo profeta dell’Antico Testamento, esulta sentendo vicino Gesù, suo cugino, il Messia che inaugura il Nuovo Testamento. Dice Elisabetta: Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo (Luca 1,44). I due edifici sul fondo rappresentano il Nuovo e Antico Testamento. La danza delle due donne annuncia la gioia della Redenzione. 70


racconti

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INDICE

PREFAZIONE Scrittori-pastori alla capanna di Betlemme

5

La storia del pittore che dipinse il Natale

8

ANTONIA ARSLAN Il monte Pizzocco e il Gigante Garò

15

MARCO BECK Il sogno dei padri

27

ENRICO BRAMBILLA AROSIO L’ultimo Natale di Omar

37

GUIDO CLERICETTI Un topolino nella stalla di Betlemme

53

PIERO COLLINA Non sono una bambina cattiva

73

CURZIA FERRARI L’uovo di Natale

81

LUCA FUMAGALLI Accadde una notte

93


Indice

ANNA GIROLA Un cappotto per la sposa

107

PAOLO GULISANO Natale 2029

117

ELIZA MACADAN La Principessa dei tre abeti

133

VITTORIO NESSI L’appuntamento

145

MARIA GLORIA RIVA Goffredo e il Bambino di legno

167

NICOLETTA SIPOS Nostalgia d’inverno

193

ALFREDO TRADIGO La pecorella bruna

217

TIZIANO VIGANO’ Egidio e il presepe di Agliate

233

ALESSANDRO ZACCURI L’albergo dei miracoli

263

BIOGRAFIE LETTERARIE DEGLI AUTORI

275


La notte di Natale avviene sempre un piccolo miracolo. Sedici scrittori raccontano... ANTONIA ARSLAN MARCO BECK ENRICO BRAMBILLA AROSIO GUIDO CLERICETTI PIERO COLLINA ROSITA COPIOLI CURZIA FERRARI LUCA FUMAGALLI ANNA GIROLA PAOLO GULISANO ELIZA MACADAN VITTORIO NESSI MARIA GLORIA RIVA NICOLETTA SIPOS ALFREDO TRADIGO TIZIANO VIGANO’ ALESSANDRO ZACCURI

€ 14,00


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