Eliana Dedda Portfolio

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PORTFOLIO







introduzione Chiamo questo progetto un ibrido tra un portfolio nel più classico dei significati, una catalogazione dei migliori progetti fatti, e una piccola e per nulla pretenziosa monografia, un libretto in cui mettere un po’ di me, lanciare tutto alla rinfusa e poi fare ordine. Un po’ egoisticamente questo progetto non nasce per chi ora sta leggendo, persona che probabilmente saprà farne un uso migliore, più concreto, ma nasce per me stessa e per cercare di rubarmi qualche certezza in più. Nasce per fare il punto della situzione e per avere la possibilità di guardarmi davvero con occhi esterni, capire da dove sono partita e da dove, poi, partirò nuovamente. Ci sono pensieri, progetti, metodi.



LO SVILUPPO, LA CREAZIONE


PERSONAL BRAND IDENTITY Nasce dal bisogno di identificarsi con qualcosa, capirsi meglio, un po’ come lo scopo stesso di questa specie di lavoro ibrido, a metà tra un portfolio e una piccolissima monografia. Passo imprescindibile è stato il guardarmi con occhi esterni e l’estrapolare concetti che sarebbero stati poi trasformati in immagini e forme. Chiarezza, ordine, pulizia, semplicità diventano così concetti chiave del mio lavoro e della mia personalità che si sarebbero dovuti riflettere per forza di cose in ogni step di questo lavoro. Accostate a ciò, riflessioni di ordine più pratico e in un certo senso più legate al mondo del design. Ho definito gli ambiti di interesse, e ciò che mi tocca maggiormente, per porli come punto di partenza e, infine, obiettivo. La mia personal identity diventa un’immagine esclusivamente geometrica e tipografica, dove ogni linea vuole comunicare essenzialità ma allo stesso tempo vuole proporre la propria personalità; l’essere etereo ed essere presente allo stesso tempo e nella stessa forma.


BRANDING

PERSONAL BRAND IDENTITY



BRANDING

Il logo è il cuore dell’identity, insieme al colore, che riveste la sua grande importanza nel determinare il gusto di un’identità. Vuole essere strutturato, solido, composto da linee e da curve, ma allo stesso tempo anche dinamico e mutevole. Sulla base delle stesse linee di costruzione sono creati tre differenti marchi che unendosi creano il principale.

PERSONAL BRAND IDENTITY


Il cerchio diventa elemento di richiamo ed equilibra le linee spezzate del resto del logo. Nel cv la figura geometrica è stata usata come elemento di branding ma allo stesso tempo come un vero segno funzionale.


BRANDING

PERSONAL BRAND IDENTITY



BRANDING

progetto esposto sul blog inglese imaginethat

PERSONAL BRAND IDENTITY


GENESI TYPEFACE A partire dal mio marchio personale è stato sviluppato l’intero alfabeto, in upper case, una font display, da utilizzarsi prevalentemente per titoli e grafiche. è stata ripresa la griglia, già precedentemente creata, per disegnare tutte le altre lettere, facendo attenzione a quelle curve che hanno necessitato un’ulteriore modifica per renderle visivamente coerenti. Il risultato è una font geometrica e articolata che riesce, però, a mantenere facilmente inalterata la sua leggibilità.


TIPOGRAFIA

GENESI TYPEFACE


Versione Normal.


TIPOGRAFIA

Versione Outilne. GENESI TYPEFACE


Numeri Normal e Outilne. A destra prova leggibilitĂ .


TIPOGRAFIA

GENESI TYPEFACE


Leo Burnett (1891-1971) Pubblicitario statunitense, fondatore dell’omonima agenzia, oggi tra le piÚ importanti del mondo.


Make Make Make Make

it it it it

simple. memorable. inviting to look at. fun to read.

Io direi MAKE IT BEAUTIFUL. Mi viene in mente la bellezza e qui ci si potrebbe spendere le pagine. Mi viene in mente come oggi non si sia ancora capito cosa voglia dire il Bello e quanto davvero con il design c’entri. Mi ci sono trovata un po’ a riflettere, a tirare in ballo la semiotica, a guardarmi attorno. C’è chi dice che la bellezza non sia design. Io dico solo che design non è fare cose belle; ma questo non significa la stessa cosa. Il design deve afferrarti, deve prenderti. La bellezza è funzionalità, non sono due cose diverse e non ci vuole così tanto per capirlo. In un mondo rumoroso e pieno di colori che si impastano non serve alzare la voce, serve semplicità, chiarezza, magnetismo - e qui di nuovo bellezza. Bellezza non è estetica, non è stile e non è gusto. Bellezza deve essere dettaglio, attenzione e universalità. Deve essere ciò che consente al design di parlare una sola lingua, senza preoccuparsi di non poter essere compreso.


GALLERIA ANATOME MILANO Il progetto è incentrato sulla realizzazione dell’immagine coordinata della Galleria Anatome Milano, una galleria di grafica contemporanea che nasce pensando alla sua omonima parigina, luogo di incontro e di interesse per l’intera comunità grafica che tutt’oggi stenta ancora ad avere un suo polo di riunione. Ho immaginato quindi la sua trasposizione a Milano, una città che né può né vuole rimanere nell’ombra quando si parla di design. Il primo step è stato la realizzazione del logo, che vuole comunicare con linee semplici e ben definite soprattutto solidità, seguita poi da concetti come quello di network e reticolarità, quindi come comunità e scambio di conoscenze ed esperienze, secondo me il cuore di ogni progetto e progettista. L’intera identità è pensata per essere semplice e moderna. Deve essere forte, avere una sua personalità ma mai sovrastare quella degli autori che ciclicamente esporranno lì i loro progetti. Anatome Milano è contenitore più che contenuto e come tale deve garantire chiarezza e importanza a chi si affida ad essa per diffondere il proprio lavoro e ciò che lo spinge ad eseguirlo, oltre al metodo che, imprescindibile, sta alla base di tutto. Per questo motivo pochi elementi definiscono l’indentità, che vuole parlare attraverso colore e immeditezza visiva.


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GALLERIA ANATOME MILANO



BRANDING

GALLERIA ANATOME MILANO



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Il colore diventa elemento caratterizzante ma allo stesso tempo è lui ad essere ciò che consente di mutare e cambiare ogni volta. Non è stato pensato un solo colore istituzionale ma per il momento quattro, con la possibilità di aggiungerne di altri e la voglia di non cercare troppe restrizioni e vincoli, ma di andare incontro alla totale libertà e adattabilità, non vista come mancanza di regole ma come chance per non diventare troppo autoreferenziali.

GALLERIA ANATOME MILANO



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Le declinazioni su web rendono il progetto piĂš completo e si pongono come obiettivo il riuscire a rendere la stessa semplicitĂ su devices diversi, dalla carta al monitor. GALLERIA ANATOME MILANO


Petrula Vrontikis Una dei maggiori esponenti del graphic design degli ultimi vent’anni.


PRACTICE SAFE DESIGN: USE A CONCEPT. Sembrerebbe scontato ma niente lo è fin quando non lo hai capito davvero. Questa frase, questa massima infondo, fà da apertura a uno dei progetti che per me è stato più significativo, il progetto di tesi, che ha rappresentato la possibilità di mettere un punto fermo ad un percorso appena iniziato e ancora tutto improntato al solo ambiente universatario. Ho avuto modo di avvicinarmi a ciò che è oggi il design olandese e in particolar modo a uno studio modernissimo, studio Thonik, e di venirne fuori con le idee più chiare, che non è affatto poco. Il concept è tutto, è il solo. Non c’è stile, non c’è forma, non c’è immagine se prima non c’è l’idea. Il design non è quindi forma, ma sostanza.



LA PROGETTAZIONE, L’IDEA


STUDIO THONIK EXHIBITION Dopo aver costruito l’immagine della Galleria Anatome Milano, è stata immaginata lì l’esibizione di Thonik, uno studio grafico olandese con sede ad Amsterdam, fondato da Thomas Widdershoven e Nikki Gonnissen, nel 1993. Il brief prevedeva la creazione prima di tutto di un manifesto 70x100 cm che riprendesse lo stile dell’autore esposto ma che principalmente ne interpretasse il lavoro e il metodo; successivamente la progettazione di un invito alla mostra, di un sedicesimo, di una cartelletta stampa e di uno stendardo. L’obiettivo definito a monte era quello di trovare un segno grafico che rappresentasse Thonik, più dal punto di vista concettuale che puramente formale e riuscirlo a declinare su formati tra loro molto diversi, mantenendo ordine e coerenza.


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STUDIO THONIK EXHIBITION


IL CONCEPT Thonik, così come forse l’Olanda in genere esagerando, rappresenta quello che il vero design dovrebbe essere: la capacità di dimenticarsi del proprio orgoglio, dell’amore che si prova inevitabilmente per i propri progetti, dello stile...e di ascoltare. Per Thonik lo stile non esiste, dice di non averne uno anche se a conti fatti tutti i lavori sono ben riconoscibili; ciò che conta è l’idea che tutto regge e la capacità di cambiare di volta in volta insieme al cliente. «Change to remain the same» è il concept-naming della mostra. Cambiare per rimanere comunque se stessi, designer integri con la propria visione del mondo e del mestiere che non vuole cedere allo logica consumistica

che oggi regge il business. Il segno è esclusivamente tipografico, come tipografico è tutto ciò che lo studio usa nei suoi progetti. Due scritte identiche si sovrappongono: Thonik. I colori sono due, vivaci e presenti, e si mischiano tra loro dando vita al nuovo, che a conti fatti, però, non potrebbe esistere senza i suoi due archetipi: ciano e magenta. Thonik quindi metaforicamente cambia, ma nel cambiamento mantiene intatto se stesso. I segni sono due, ma a conti fatti vengono interpretati come uno solo, unito e saldo, come qualsiasi identità ormai solida e sicura dei suoi principi.


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In figura, la cartelletta stampa e il cd; anch’esso gioca sulla sovrapposizione, così come il segno grafico principale che viene riproposto. In apertura, il manifesto.

STUDIO THONIK EXHIBITION


Gli inviti, cosĂŹ come gli altri artefatti pensati, riprendono facilmente lo stesso segno grafico creato per il manifesto, che in questo caso viene reso piĂš presente da una finitura lucida. La sovrapposizione è ripresa nel bollino adesivo rosa, che ponendosi sul lato ciano diventa viola. All’interno ci sono delle card 10x15 cm che derivano dal sedicesimo a pagina seguente.


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progetto selezionato da behance.net student network and pubbblicato sulla rivista inglese imaginethat STUDIO THONIK EXHIBITION



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Il sedicesimo ha richiesto un lavoro più articolato rispetto agli altri artefatti. Si tratta di un piccolo booklet in formato A5 con lo scopo di raccontare, in piccole pillole, quello che riguarda lo studio, dallo stile -se così possiamo definirlo-, al metodo, fino al pensiero. Le immagini inserite sono delle vere e proprie citazioni. Il mio intento è stato quello di creare un prodotto sia da leggere che da guardare, una narrazione sia testuale che visiva. Ogni pagina si fa sintesi tra segno e testo; segno ricavato da dettagli di progetti, realizzati dallo studio, accostati in maniera personale a loro citazioni, per creare delle micro storie, in grado di istruire sul mondo dell’autore. Quello che nasce è un gioco di contatti tra immagine e parola, che si fondono in un mood piuttosto leggero e scherzoso, talvolta quasi paradossale.

STUDIO THONIK EXHIBITION



LA MANUALITà, L’ARTIGIANALITà


thonik/TIPOGRAFIA INTELLIGENTE A partire dal precedente progetto - Studio Thonik Exhibition ho realizzato la tesi del Triennio in Design della Comunicazione al Politecnico di Milano, conseguita a pieni voti. Nel volume sono stati raccolti tutti i passaggi che hanno portato allo sviluppo del concept del progetto prima mostrato e tutta la fase di ricerca più generica sul design olandese e quello che porta con sé e continua oggi a significare. Il cuore della riflessione verte appunto sull’Olanda che da sempre ha giocato un ruolo importantissimo nel mondo grafico, fino ad arrivare alla tipografia, in particolar modo alla tipografia espressiva - o tipografia immagine, che dir si voglia citando figure come Piet Zwart, Wim Crouwel e Neville Brody. Un misto tra un excursus storico e uno più prettamente visivo, che va dal 1900 fino ai giorni d’oggi, sottolineando analogie e differenze che mi hanno fatto comprendere come le cose possano evolvere anche profondamente, ma come allo stesso tempo lascino intatta la loro essenza, fortemente incentrata su concetti come pulizia e chiarezza, intesa anche come fruibilità, che prima non era scontato prendere in considerazione nella progettazione di artefatti.


EDITORIA

THONIK/TIPOGRAFIA INTELLIGENTE



EDITORIA

La copertina è chiaramente indice di ciò che ci sarà all’interno, minimalismo e sobrietà. In un grande spazio bianco è arrangiato il titolo, che richiama subito all’essere olandese, con il suo tipico colore arancione e la verticalità del segno. Ogni lettera è stata poi marcata con un velo di lucido, in questo caso realizzato a mano.

THONIK/TIPOGRAFIA INTELLIGENTE


Il layout è stato studiato per risultare estremamente arioso e pulito, valorizzando sia il testo, che risulta un pacchetto ben unito e compatto, sia le immagini, che vengono così incorniciate da un frame bianco che le valorizza e sottolinea. Il colore gioca un ruolo non indifferente e serve a dividere visivamente tre sezioni che tra loro hanno ruoli e obiettivi ben distinti. I titoli interrompono l’estrema modularità e regolarità dell’impaginato e creano ritmo. La verticalità, già citata precedentemente, è una diretta eredità dello stile olandese.


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THONIK/TIPOGRAFIA INTELLIGENTE



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progetto selezionato da behance.net student network

THONIK/TIPOGRAFIA INTELLIGENTE


Bruno Munari (1907-1998) Eccellenza italiana nell’arte, nella grafica e nel design del XX secolo.


Un designer con uno stile personale è un controsenso. durante la progettazione di un elemento qualunque, l’unica preoccupazione è di arrivare alla soluzione del progetto secondo quegli elementi che l’oggetto stesso suggeriscE. Munari parla di una “progettazione fatta senza preconcetti di stile, senza la preoccupazione di fare dell’arte, cercando solo di dare a ogni cosa la sua logica struttura, la sua logica materia e di conseguenza la sua logica forma”. Munari parla di questo con totale semplicità ed immediatezza, ma tutt’oggi non è scontato trovare chi condivide il suo pensiero. Si parla sempre di gusto personale, di proprio senso estetico da riversare sui progetti come se si fosse pittori, o scultori, come se si dovesse essere scelti per quello che tecnicamente di sa fare. Il designer deve saper cambiare e deve essere scelto per la propria capacità di adattamento. “Quello che importa non è sviluppare il proprio stile personale, ma il proprio approccio” - Massimo Vignelli.


SPAGHETTI VISIONI DEL CIBO Le ultime tendenze vedono sempre più protagonista il Cibo, declinato in modi sempre nuovi, freschi e talvota provocatori. Internet e i social network sono i principali mezzi attraverso cui nuove visioni vengono veicolate e distribuite in maniera immediata. Spaghetti è una rivista dedicata interamente al Food&Lifestyle, che si propone di reinterpretare le stesse dinamiche su un supporto più classico, quello della carta stampata, l’unico ancora esente da questo tipo di dinamiche. L’obiettivo, ma anche la principale difficoltà, è stato quello di trasporre nell’editoria classica fenomeni che non avevano, su questo supporto, un linguaggio ancora definito e di crearne uno nuovo, adatto proprio a coloro che hanno sviluppato le nuove interpretazioni del Food, i giovani. Il nome Spaghetti è stato scelto perché semplice e universale ed è stato utilizzato come metafora di una trama, un groviglio di temi che si intrecciano per dare vita a qualcosa di sempre nuovo, vario e mutevole; un risultato gustoso che vuole andare oltre la consueta rivista di cibo, rompere con la tradizione e i cliché di una società che non rappresenta più pienamente quella oggi esistente. Visioni del cibo, il sottotitolo, vuole preparare il lettore a fondere il Food&Lifestyle con molti altri aspetti del quotidiano, per assaporare significati più ampi.


EDITORIA

SPAGHETTI VISIONI DEL CIBO



EDITORIA

La rivista è divisa in diverse sezioni ma il fulcro rimane quello del Lifestyle; in queste pagine Fotografia e Design. Il cibo è soltanto un pretesto, un punto di inizio per poi volgere l’attenzione ad altro, indagare fenomeni, guardarsi attorno e scoprire punti di vista nuovi e differenti. Tutto quello che colpisce è ciò che è diverso, ironico, provocatorio e comunicativo.

SPAGHETTI VISIONI DEL CIBO


A sinistra alcune immagini tratte dalla sezione Arte e a sinistra Moda. Il mood della rivista, come si può notare, è prevalentemente visivo; (il 70% del magazine è, infatti, fotografico). Le immagini sono scelte in modo da essere tutte comunicative, chiare e d’impatto, oltre ad essere riconoscibili e ad avere la loro definita personalità.


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SPAGHETTI VISIONI DEL CIBO



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progetto esposto al womade foodout e selezionato da behance.net student network

Il magazine conserva dei punti di contatto con le riviste di cibo più tradizionali, ossia la sezione del Ricettario. La difficoltà è stata proprio nell’utilizzare un nuovo linguaggio per qualcosa di ormai fortemente standardizzato e conosciuto sempre nello stesso identico modo. Le ricette non diventano più passi da seguire per poi essere riprodotti, ma diventano fonte di narrazione, un punto di partenza per capire chi e cosa sta attorno al piatto, più che dedicare attenzione al piatto stesso. SPAGHETTI VISIONI DEL CIBO

Spaghetti al Womade Foodout. vimeo.com/elianadedda/videos/ appears


Achille Castiglioni (1918-2002) Figura storica italiana; architetto e designer.


UN BUON PROGETTO NON NASCE DALL’AMBIZIONE DI LASCIARE UN SEGNO, MA DALLA VOLONTÀ DI INSTAURARE UNO SCAMBIO, ANCHE PICCOLO, CON L’IGNOTO PERSONAGGIO CHE USERÀ L’OGGETTO DA NOI PROGETTATO.



LA ricerca, l’ispirazione


CòLOBO PARKOUR Còlobo è un progetto di Interaction Design che mette al centro del suo discorso l’Health, in questo caso declinandosi verso il Fitness. Il tema fondante della ricerca è il Parkour, disciplina relativamente nuova ma, soprattutto in Italia, ancora poco conosciuta e spesso non analizzata correttamente. Còlobo è un’occasione per comprendere ciò che più che uno sport diventa stile di vita e per dare a coloro che lo praticano ciò che ancora manca e di cui necessitano, ponendoli al centro di ogni attenzione e costruendo ogni soluzione sui loro reali desideri. L’intero lavoro è stato, così, definito da diverse tappe: la ricerca, la definizione di user personas di riferimento, system map e scenari d’uso, analisi di tecnologie e devices esistenti e, infine, sviluppo di concept e touchpoints.


INTERACTION DESIGN

CòLOBO PARKOUR


RICERCA E STRUMENTI Il punto nevralgico dell’Interaction Design è la ricerca sull’utente, l’unico vero interesse per coloro che vogliono innovare. Spesso trovare idee originali è semplice, ma del tutto inutile se non corrispondono a una reale necessità o se non sono in grado di generare richiesta. Per questo motivo sono stati impiegati due dei cinque mesi a disposizione nella ricerca sull’utente, al fine di conoscere quello che può essere definito il target del progetto, le proprie abitudini, le necessità e le mancanze non dette e spesso non ancora conosciute e razionalizzate. Gli strumenti da utilizzare sono stati sviluppati sulla base di una breve ricerca, che poi ha portato ad un maggiore approfondimento del tutto. Interviste singole e di gruppo sono state certamente utilissime per comprendere le esigenze del singolo ma anche e soprattutto ciò che è comunità e interazione. Necessario lo shadowing, la tacita osservazione del contesto in cui gli utenti sono immersi, di ciò che fanno, che vestono, del modo in cui approcciano e di tutto ciò che non potrebbe emergere da interviste perché estraneo a coloro che non appartengono al gruppo. Infine, è stato progettato un toolkit attraverso cui far raccontare a ogni traceur, visivamente e in maniera pratica e veloce, la propria giornata tipo, applicando stickers e note su una linea temporale personalizzabile. I risultati hanno consentito di delineare tre user personas, o personaggi tipo, ognuna delle quali con i propri tratti caratteristici.


INTERACTION DESIGN

CòLOBO PARKOUR


App e sito web non devono essere pensati come l’uno la declinazione grafica dell’altro su un diverso supporto. Ognuno, infatti, è un dispositivo impiegato per utilizzi definiti sulla base dell’osservazione delle abitudini e delle necessità degli utenti.


INTERACTION DESIGN

CONCEPT E TOUCHPOINTS A seguito della ricerca sull’utente e sulla definizione della sua giornata tipo sono stati poi individuati desideri e necessità, che hanno successivamente portato alla definizione del concept del progetto e alla ricerca sulle tecnologie esistenti, per dare al lavoro anche una veridicità ingegneristica. Nasce così Còlobo, un sistema di monitoring che accompagna il traceur (colui che pratica Parkour) durante il corso della sua giornata, sia prima, che durante, che dopo l’attività di training. L’obiettivo è garantire sicurezza in totale libertà. Nascono tre devices differenti, ognuno con le proprie specifiche. All’interno dell’esperienza Còlobo si trovano uno smartphone, un computer e un dispositivo sviluppato

CòLOBO PARKOUR

ad hoc, un orologio in grado di registrare completamente l’attività dello sportivo e di inviare i dati a smartphone e sito web, attraverso cui controllare il proprio rendimento e ristrutturare il proprio allenamento. Còlobo aiuta l’utente anche nella scelta degli spot, imparando le sue abitudini e suggerendo al traceur particolari allenamenti o ostacoli per garantirgli un allenamento completo ed efficace, avvertendolo qualora mettesse in pericolo la propria salute. Attorno a Còlobo e all’esperienza del singolo c’è una comunità, che contribuisce a creare un’esperienza completa e sempre in evoluzione, fruibile principalmente attraverso il sito web.


Il passo finale è stato lo sviluppo di un sito di presentazione dell’esperienza Còlobo, sito utile a mostrarne funzionamento e peculiarità. Al suo interno un video capace di mostrare il contesto d’uso che Còlobo consentirebbe.


INTERACTION DESIGN

Obstacles are the means, you are the end. The goal is not to overcome obstacles, but to improve yourself.

vimeo.com/elianadedda/coloboparkour

CòLOBO PARKOUR


Ivan Chermayeff (1932) Designer, illustratore e artista, nonchĂŠ fondatore della Chermayeff & Geismar & Haviv, specializzata nella progettazione di identitĂ visive.


IL DESIGN SI RIVOLGE AGLI UOMINI. PROGETTARE SIGNIFICA RISOLVERE I LORO PROBLEMI, IDENTIFICANDOLI E METTENDO IN ATTO LA SOLUZIONE MIGLIORE.


sesaab Progetto realizzato per un contest indetto dall’Aiap per la realizzazione del nuovo marchio/logotipo del gruppo editoriale SESAAB (Società Editrice Santi Alessandro, Ambrogio, Bassiano), con sede a Bergamo. Lo scopo è stato quello di svecchiare radicalmente un’immagine troppo chiusa in se stessa e ormai lontana dall’attualità per cercare di avvicinarla ad un mondo estremamente giovane ed energico. Il marchio è stato realizzato a partire dalla fusione della lettera S e da costruzioni geometriche che vogliono ricordare carta o pieghevoli, senza però ricadere in qualcosa di troppo figurativo. In seguito è stata declinata l’intera identity.


BRANDING

SESAAB


Buonissima parte dell’impatto visivo viene affidata ai due colori, che creano, attraverso una sovrapposizione, una sfumatura piÚ ampia e vivace ma nello stesso tempo non eccessivamente stancante.


BRANDING

SESAAB


progetto selezionato da behance.net student network


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SESAAB



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SESAAB





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