Autentico Contemporaneo

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Autentico Contemporaneo. Design e attivazione dei saperi tipici e maestri artigiani milanesi


PROJECT COORDINATOR

Politec­nico Milano, Dip. di Design, Unità di ricerca Design for Cul­tural Her­itage Eleonora Lupo (direzione scientifica) Elena Enrica Giunta (project management) Elena Ascari, Sara Chiesa, Ilaria Gugliel­metti, Ece Özdil, Lucia Parrino, Neva Pedrazz­ini, Sara Radice (ricercatori) Audiovisual Research Unità di ricerca D.Com | Movie Design Wal­ter Mat­tana (art direction) Francesca Piredda (art direction) Lorenzo Ameri (video editing) MovieDesign Lab Dario Sigona, Davide Grampa Graphic identity, web design Orsetta Mangiante con Giorgia Lupi PARTNERS Uni­ver­sità Statale di Torino, Dip. Di Scienze dell’Educazione e della Formazione Valentina Porcellana Politec­nico di Torino, SiTI – Isti­tuto Supe­ri­ore sui Sis­temi Ter­ri­to­ri­ali per l’Innovazione Federica Corrado Fon­dazione Cologni dei Mestieri d’Arte Alberto Cavalli (direttore generale) Alessan­dra de Nitto, Fed­er­ica Cavriana, Emanuele Zam­poni Uni­ver­si­tat de Barcelona, Dip. Antropolo­gia Social i Història d’Amèrica i Africa Jose­fina Roma Rui ASPACI, Asso­ci­azione per la Sal­va­guardia del Pat­ri­mo­nio Cul­tur­ale Immateriale Chiara Bor­tolotto The Hong Kong Poly­tech­nic Uni­ver­sity, School of Design King-chung Siu

Progetto grafico libro ed editing Sara Radice



INDICE

PREMESSE TEORICHE E METODOLOGICHE 11

Modelli di analisi e lettura di Autentico Contemporaneo

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Forme dell’heritage, forme del progetto: saperi tipici e ‘dinamiche di attivazione’ design driven di Eleonora Lupo

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E lo chiamavano ‘Maestro’: craft come ‘pratica relazionale radicata’ di Elena Enrica Giunta

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Autentico Contemporaneo: un modello metodologico ed operativo per l’attivazione del craft heritage di Eleonora Lupo

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Altri approcci di valorizzazione

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I Mestieri d’arte come giacimento culturale ed economico di Alberto Cavalli

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Saperi riproduttivi, specificità territoriali locali e dinamiche di appartenenza di Ilaria Guglielmetti

REPERTORIO 55

Le buone pratiche censite da Autentico Contemporaneo

56

Un’antologia di pratiche di Elena Enrica Giunta

61

Raccolta e interpretazione dei casi studio e buone pratiche di Neva Pedrazzini

71

Endangered masters list di Autentico Contemporaneo

72

Identificazione e documentazione dei maestri milanesi “endangered” di Sara Radice

81

Immagini-movimento e maestri “viventi”. Un’esperienza audiovisiva nell’ambito della documentazione per il design di Walter Mattana

85

Il “making of” dei video-racconti dei maestri milanesi di Lorenzo Ameri


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AZIONI PILOTA 93

L’attivazione progettuale del craft: il modello Bottega Autentico Contemporaneo

94

Botteghe Autentico Contemporaneo/Milano di Elena Enrica Giunta

100

Learning with Craftsmanship Masters: Photo-stocktaking as a Means of Sharing and Activating Knowledge between Masters and Students di King-chung Siu

108

Bottega di falegnameria, maestro Costante Cavalleroni di Ece Özdil

116

Bottega di tipografia, maestro Pietro Oberti di Elena Ascari

124

Bottega di vetreria artistica, maestro Alessandro Grassi di Lucia Parrino

133

L’attivazione della comunità craft: il modello Convivia Autentico Contemporaneo

134

Scenari di valorizzazione e socializzazione dei saperi tradizionali tra craft dialogues, mostre e performances di Sara Chiesa

143

La visual identity del brand Autentico Contemporaneo

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La visual identity/brand di Orsetta Mangiante

147

Il progetto del repository on line di Orsetta Mangiante

CONCLUSIONI 152

Una mappatura critica delle relazioni tra craft, heritage e design di Eleonora Lupo


AUTORI

Lorenzo Ameri Laurea Magistrale in Design della Comunicazione presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano, svolge l’attività di libero professionista. Si occupa di produzione e postproduzione per il video e Movie Design. Elena Ascari Laurea Magistrale in Design degli Interni presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano, svolge l’attività di progettista. Si occupa prevalentemente di design per il patrimonio culturale e di merchandising museale. Alberto Cavalli Alberto Cavalli, laureato in Scienze Politiche presso l’Università Cattolica di Milano, dirige la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Visiting professor presso la Creative Academy di Milano, fa parte della giuria dei “Découvreurs de Talents” del Centre du Luxe et de la Création di Parigi ed è Luxury Goods Correspondent per Vedomosti, il principale quotidiano finanziario russo. Sara Chiesa PhD student in Design presso il Dip. di Design del Politecnico di Milano. Laureata in museologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, lavora per le Raccolte Extraeuropee del Castello Sforzesco. Si occupa di musei delle culture del mondo, patrimonio etnografico e valorizzazione del patrimonio immateriale. Elena Enrica Giunta PhD in Design e Comunicazione Multimediale, assegnista di ricerca presso il Dip. di Design del Politecnico di Milano, project manager del progetto Autentico Contemporaneo, si occupa di tecniche creative e partecipative per il design dello spazio/territorio e per la valorizzazione dei beni e delle pratiche culturali. Ilaria Guglielmetti PhD in Design e Tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali, assegnista di ricerca presso il Dip. di Design del Politecnico di Milano, si occupa delle relazioni fra comunità patrimoniali e cultura del progetto. Eleonora Lupo Phd in Design, ricercatore presso il Dip. di Design del Politecnico di Milano, coordinatore scientifico del progetto Autentico Contemporaneo, si occupa di design per la valorizzazione e ‘attivazione’ dei beni culturali materiali e immateriali e di culture del design di prodotto e di processo.


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Orsetta Mangiante Laureata in Design della Comunicazione e in Product Service System Design al Politecnico di Milano. Lavora dal 2006 come consulente nell’ambito della comunicazione e del design dei servizi, partecipando a numerosi progetti di ricerca e sperimentazione. Walter Mattana PhD student presso il Dip. di Design del Politecnico di Milano, coordinatore art direction video del progetto Autentico Contemporaneo, si occupa di linguaggi audiovisivi, cultura del cinema e storytelling per i processi di design. Ece Özdil PhD student in Design presso il Dip. di Design e Laurea Magistrale in Product Service System presso la Scuola del design del Politecnico di Milano. Si occupa di progettazione di servizi con un particolare interesse per i beni culturali. Lucia Parrino PhD student in Design al Politecnico di Milano, e Laurea Magistrale in Turismo, Territorio e Sviluppo Locale presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Milano Bicocca, si occupa di design e sociomuseologia in aree e quartieri multietnici. Neva Pedrazzini PhD in Progetto e tecnologie per la valorizzazione del Patrimonio Culturale presso il Politecnico di Milano, e Laureata in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Parma, si occupa di progettazione per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, di pratiche di sviluppo sostenibile, formazione e coinvolgimento della società attraverso nuovi media e ICT. Sara Radice Progettista e PhD student in Design presso il Politecnico di Milano, si occupa prevalentemente di design per i beni culturali con particolare interesse per i processi di fruizione partecipativa del patrimonio. King-chung Siu Artista, curatore indipendente di arte e design, professore associato di Design presso la Design School dell’Hong Kong Polytechnic University. Fondatore del Community Museum Project. Si occupa di pratiche museali per la valorizzazione di saperi locali.



PREMESSE TEORICHE E METODOLOGICHE



MODELLI DI ANALISI E LETTURA DI AUTENTICO CONTEMPORANEO


Forme dell’heritage, forme del progetto: saperi tipici e ‘dinamiche di attivazione’ design driven di Eleonora Lupo

Il sistema progetto per i beni culturali è andato consolidandosi nel corso degli ultimi dieci anni, e si configura come uno dei settori più interessanti per la ricerca di design, per la rilevanza strategica del tema del Cultural Heritage quale leva del sistema paese e di modelli di sviluppo cultural driven. Gli approcci, le competenze e le metodologie di design hanno acquisito visibilità e legittimità, spostandosi da una visione generalista alle più molteplici specializzazioni: si è assistito ad una focalizzazione progressiva da una impostazione di tipo definitorio in termini metodologici ed operativi (Celaschi e Trocchianesi, 2004; Maffei, Parente, e Villari 2006; Lupo 2009; Lupo e Parente 2009), alla esplorazione di temi quali la comunicazione (Ferrara 2004; Guida 2003) e lo sviluppo territoriale e locale (Fagnoni, Gambaro, e Vannicola 2004; Castelli, Vignati, e Villari 2005; Cristallo et al. 2006), fino alla proposizione di nicchie tematiche originali, quali le tecnologie per il patrimonio e i musei (Allen e Lupo 2012; Spallazzo 2012; Lupo e Özdil 2013) o i beni immateriali. Tra le diverse forme di patrimonio oggetto di intervento di design, quella dell’intangible heritage si configura come uno dei temi di maggior

sperimentazione (Lupo 2007; e successivi) e costituisce il tema principale del progetto Autentico Contemporaneo1 e di riflessione di questo volume. Forme del patrimonio D’altra parte è l’ambito stesso dell’intangible cultural heritage a presentarsi vastissimo e suscettibile di molteplici definizioni e approcci: non solo le definizioni istituzionali2 tra cui quella dell’UNESCO3, 1 http://www.contemporaryauthentic.com/, http://archivio.contemporaryauthentic.com/. 2 Convenzione riguardante la protezione sul piano mondiale del patrimonio culturale e naturale, UNESCO, Parigi 1972; Documento sull’Autenticità, Conferenza internazionale, Agenzia governativa giapponese per gli Affari Culturali e della Prefettura di Nara, in collaborazione con UNESCO, ICCROM e ICOMOS, Nara, 1994 ; “Dichiarazione di Budapest”, Comitato del Patrimonio Mondiale, UNESCO, Budapest, 2002; Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, UNESCO, 2003, (ratificata nel 2007); Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, UNESCO, Parigi 2005; Convenzione di Faro, Portogallo, 2005. 3 Art. 2 Definizioni, Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, 2003: con patrimonio culturale immateriale “s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i


Forme dell’heritage, forme del progetto: saperi tipici e ‘dinamiche di attivazione’ design driven

ma anche diverse interpretazioni delineano un panorama variegato e composito, che di volta in volta mette l’accento su differenti valori e qualità del patrimonio culturale immateriale che vengono recepite a scala nazionale, regionale4 e perfino da gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”. La Convenzione puntualizza che tale patrimonio, “si manifesta tra l’altro nei seguenti settori: a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale; b) le arti dello spettacolo; c) le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi; d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo; e) l’artigianato tradizionale.” 4 Pioniera in questo la Regione Sicilia che nel 2005, prima in Italia, istituisce il REI Registro Eredità Immateriali con il quale attiva un programma di individuazione, salvaguardia e valorizzazione. Nel REI il patrimonio culturale immateriale è definito e classificato attraverso (art. 2): il Libro dei Saperi, in cui sono registrati tecniche e processi che identificano una particolare produzione legata alla storia e alla produzione identitaria di una comunità; il Libro delle Celebrazioni in cui sono iscritti i riti, le feste e le manifestazioni popolari religiose e pagane, legate ai cicli lavorativi, all’intrattenimento e ad altri momenti significativi della vita sociale di una comunità e che affondano

specifiche azioni e progetti. L’accezione che Autentico Contemporaneo assume e promuove è quella del patrimonio culturale immateriale come ‘processi knowledge centred incorporati in luoghi e persone’, ovvero di performance embodied in le loro origini nel passato e che ancora oggi sono sentite come essenziali momenti di espressione della collettività; il Libro delle Espressioni in cui sono iscritte le tradizioni orali e i mezzi espressivi, incluso il linguaggio e le performance artistiche, letterarie, musicali, teatrali, le minoranze linguistiche ed altre forme di comunicazione che caratterizzano l’identità e rappresentano un modo di sentire e di essere di un determinato gruppo sociale o comunità; il Libro dei Luoghi, in cui sono iscritti gli spazi culturali dove si praticano attività quotidiane o eccezionali che costituiscono un riferimento per la popolazione di quel luogo, compresi i luoghi del mito, della storia, della letteratura, della leggenda; il Libro dei Tesori Umani Viventi, in cui sono iscritti persone collettività e gruppi individuati come unici detentori di particolari conoscenze e abilità, indispensabili per la produzione di determinati elementi del patrimonio immateriale (http://www. regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/info/ rei.html). La regione Lombardia ha istituito un analogo REIL successivamente nel 2008 (Registro Eredità Immateriali Lombarde) e ha adottato la seguente classificazione in cinque settori: Registro dell’Oralità, dedicato alle tradizioni orali (formalizzate e non), alle modalità espressive, ai registri linguistici, ai valori e alle memorie collettive; Registro delle Arti e dello Spettacolo, dedicato alle performance artistico-espressive, come la musica, il ballo, il teatro, le arti figurative, fino a comprendere le rappresentazioni tradizionali dello

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people (Kishenblatt Gimblett 2004), definiti più sinteticamente come ‘saperi tipici’ e loro detentori (Lupo 2008) e più in dettaglio saperi riproduttivi (quelle forme di conoscenza, individuali e di una comunità, che si concretizzano attraverso la produzione e riproduzione di artefatti fisici, quali ad es. artigianato, enogastronomia…) e saperi performativi (quelle forme di conoscenza eminentemente collettive che si esprimono attraverso la riproduzione di artefatti immateriali quali ad es. riti, celebrazioni, espressioni artistiche, linguistiche…). Il patrimonio culturale immateriale è dunque un ‘repertorio’ di pratiche e “as repertoire, it is always embodied and is always manifested in performance, in action, in doing” (Kishenblatt Gimblett spettacolo di piazza e degli artisti ambulanti; Registro delle Ritualità, dedicato ai riti religiosi e laici, alle feste, alle pratiche sociali collettive legate ai cicli di vita e dell’anno, all’intrattenimento e ad altri momenti significativi della vita culturale dei singoli e delle comunità; Registro dei Saperi Naturalistici, dedicato alle pratiche e alle conoscenze legate alla natura e all’universo; Registro dei Saperi Tecnici, dedicato alle tecniche lavorative e ai saperi agricoli e artigianali collegati alla produzione di oggetti duraturi ed effimeri, all’alimentazione, all’allevamento, alla caccia e pesca, ecc. (http://www.aess. regione.lombardia.it).

2004): un sapere tipico, per quanto possa sostanziarsi anche in oggetti fisici, prodotti e risultati dell’uso e dell’applicazione di tale sapere, è caratterizzato da una rilevante natura processuale relativa alle tecniche, alle abilità manuali, al contesto, la cui sopravvivenza è garantita dalla continuità della pratica e il cui processo di salvaguardia, dalla documentazione alla trasmissione, è piuttosto delicato e complesso. Molteplici infatti sono le variabili in gioco che producono valore e significato per un bene culturale immateriale knowledge centred quale un sapere e che costituiscono, nello stesso tempo, potenzialità e criticità ai fini di una sostenibile valorizzazione: •• Il grado di riproduttività e performatività del sapere. Un sapere performativo è sempre caratterizzato da un certo grado di riproduttività, producendo oggetti fisici che sono simbolo, oggetti mediatori, supporti etc; e viceversa un sapere riproduttivo ha nelle sue tecniche e procedure di lavorazione un certo grado di performatività5. 5 Nel progetto questi elementi sono espressi attraverso una percentuale di riproduttività e performatività presente nella schedatura complessiva dei maestri censiti e nelle singole descrizioni dei


Forme dell’heritage, forme del progetto: saperi tipici e ‘dinamiche di attivazione’ design driven

•• Il grado di relazionalità del sapere. Il sapere tipico come fatto sociale e culturale di una comunità6 (territoriale o di pratiche) si spazializza attraverso relazioni orizzontali di condivisione e socializzazione e si localizza con rapporti verticali che lo legano a determinate condizioni territoriali (radicamento territoriale); relazioni queste che lo rigenerano, lo mantengono attivo e attuale e lo connettono anche con altri saperi7. In particolare il legame fisico con il territorio di origine (o localizzazione) è portatore di senso e significato identitari indispensabili alla comprensione e sopravvivenza di un sapere tipico, e ove subentrano processi di delocalizzazione o il contesto stesso si evolve e si modifica, se il sapere non è in grado di rielaborarsi è destinato a diventare marginale e scomparire; sono opportuni, in questi casi, processi maestri. 6 Guglielmetti ne parla come atto di aggregazione sociale (cfr. saggio nel presente volume). 7 Nel progetto il fattore relazionalità viene restituito attraverso il modello relazionale e territoriale del sistema sapere/maestro (“Master/Knowledge System Model”) prodotto per ciascun caso studio e maestro (cfr. saggio di E. Giunta nel presente volume).

di ‘ricontestualizzazione’ (ripristinando o ricostruendo un legame con il contesto) e di ‘territorializzazione’ (costruzione di una rete di socializzazione territoriale e di connessione con altri elementi del contesto)8. •• Il grado di trasmissibilità e sviluppo del sapere. In relazione alla trasmissione in senso stretto, quindi il processo di insegnamento vero e proprio destinato a dei discenti, un sapere tipico è spesso appreso secondo il modello rinascimentale ‘a bottega’, di insegnamento implicito attraverso l’osservazione e la pratica situata9. Si tratta quindi di un apprendimento formale ma non strutturato di difficile replicabilità e simulazione10, perché si basa su relazioni personali dirette ed è finalizzato alla sua applicazione o riproduzione. Nondimeno esiste sempre un certo grado di codificabilità 8 Mentre la localizzazione è un processo naturale, la territorializzazione e contestualizzazione sono il risultato di azioni deliberate e implicitamente progettuali (Lupo 2009). 9 Cfr saggio di Elena E. Giunta nel presente volume. 10 Il progetto si è comunque cimentato in una azione di trasmissione strutturata, attraverso una delle azioni pilota di attivazione (cfr. saggi sul workshop nel presente volume).

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dei processi che lo contraddistinguono (ad es. fasi, sequenze di procedure, gestualità…) che hanno un interessante potenziale comunicativo e narrativo di cui può avvantaggiarsi una dimensione più allargata ed informale di trasmissione del sapere destinata questa volta ad un pubblico più vasto (clienti, fruitori, turisti…) finalizzata alla sua conoscenza. In questa codificabilità fattori chiave sono il tempo, la memoria storica che si ha del sapere (in relazione ad uno specifico milieu, alla sua storicità o a processi di istituzionalizzazione) e la sua modificabilità o grado di sviluppo, ovvero se il sapere si evolve e si trasforma e rielabora nel tempo per adattarsi a nuove esigenze. Sviluppo che può essere non solo una dinamica interna al sapere ma da esso indotto, quando una conoscenza tipica diventa leva di promozione e sviluppo di una comunità e di un territorio attraverso il progetto di sistemi di valorizzazione quali marchio di qualità, itinerari culturali, strategie di empowerment dei maestri etc. Il craft rientra a pieno titolo tra le forme di processi knowledge centred e quindi di bene culturale immateriale. ‘Craft’ è parola più ampia che preferiamo all’artigianato,

la cui definizione secondo Burkhardt (1997, 10) “appare solo alla fine del XIX secolo, con la soppressione delle corporazioni delle arti e dei mestieri”, mentre il concetto di craft come arte applicata ha radici che affondano nel medioevo fino ad arrivare alle rivendicazioni del movimento Arts and Crafts dell’epoca moderna. In questa accezione il craft si colloca in una posizione a cavallo tra arte e scienza, tra tecnica e cultura, tra modello produttivo e patrimonio culturale, che, secondo Pye (1995), prende le distanze dal lavoro esecutivo o workmanship tipico dell’animal laborans per avvicinarsi al lavoro creativo o craftsmanship dell’homo faber, legato a skills e saperi non solo manuali, ma intellettuali ed astratti: Maldonado (cit. in Frampton 2002 [1974]) parla di operational, manipulable knowledge, caratteristiche queste che lo rendono un interessante ambito di intangibile heritage. Ma le forme immateriali del patrimonio culturale sono di grande rilevanza non solo per fattori intrinseci, quanto per la sfida che pongono alle strategie di valorizzazione in termini di fruizione innovativa sia all’interno delle stesse comunità di pratica (modelli di promozione di un territorio e una comunità) che nei musei


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o istituzioni preposte, poiché la loro natura effimera sfugge ad una immediata traduzione in forme allestitive e comunicative tangibili e richiede invece forme di documentazione, interazione, partecipazione, quali archivi aperti, performance, eventi. Si rende quindi necessaria una articolata filiera del progetto per i beni culturali immateriali. Forme del progetto Occuparsi di valorizzazione e innovazione del patrimonio culturale come insieme di processi knowledge centred richiede uno spostamento e ampliamento del concetto di valorizzazione ad ‘attivazione’. Il design per i beni culturali consiste nel “facilitare l’adozione di una visione innovativa, sistemica e diffusa del patrimonio culturale in tutte le sue forme e nel rendere, attraverso un processo partecipato e condiviso, socialmente sostenibile ed economicamente praticabile per la comunità (dall’utente, all’istituzione, all’operatore culturale) la sua messa a sistema e la sua attivazione” (Lupo, in Lupo e Parente 2009). L’attivazione è dunque un ampliamento e maggiore focalizzazione della parola valorizzazione, significando una serie di processi, attivabili dalle pratiche, tecniche, strategie

e metodologie di design, di attivazione sostenibile del patrimonio culturale in generale. Può essere orientata sia in termini di tutela e conoscenza, di promozione e fruizione che di evoluzione e trasformazione, in altri termini dinamizzazione e ‘innovazione’ del patrimonio. Si tratta quindi di una filiera estesa del progetto (dalla documentazione all’innovazione), che si intreccia alla filiera ‘naturale’ di generazione dell’intangible heritage creando una serie di ‘dinamiche di attivazione’ (dal detenere, al riprodurre, al trasmettere, riusare e comunicare un sapere tipico) e un ciclo di vita progettabile del patrimonio, ovvero di produzione della forma dell’heritage, riconoscimento del senso e attivazione della funzione (Lupo 2009). L’intangible heritage è intrinsecamente evolutivo in quanto, essendo per sua natura necessariamente ‘praticato’, la stessa trasmissione e socializzazione lo espongono a dinamiche di appropriazione, interpretazione e rielaborazione che ne modificano statuti e significati. È caratterizzato cioè da un ‘potenziale di innovazione’ che associa al valore culturale riconosciuto istituzionalmente (e spesso musealizzato) un potenziale valore d’uso che lo mantiene vivo e attuale nel contesto della sua

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Fig 1 - I processi di attivazione dei beni culturali

riproduzione11. I processi di attivazione abilitano modalità di concreta incorporazione di elementi culturali nel contesto attuale insistendo quindi sul valore d’uso dei giacimenti culturali considerati come open-ended knowledge systems (Lupo 2011) capaci di interagire con l’innovazione e di dialogare con i sistemi di produzione e fruizione contemporanea. Tali processi si attivano su tre dimensioni 11 Per un modello descrittivo del potenziale di innovazione del patrimonio culturale immateriale, così come per una sistematizzazione di scenari e repertori progettuali per l’immateriale vedi anche Lupo, 2013 (in corso di pubblicazione per i tipi di Electa).

(temporale, spaziale, processuale): attualizzazione per quanto riguarda la dimensione temporale; ricontestualizzazione per quanto riguarda la dimensione spaziale; incorporazione per quanto riguarda la dimensione processuale. Le ‘dinamiche di attivazione’12 di un sapere tipico che il progetto Autentico Contemporaneo ha modellizzato e sperimentato sono eminentemente dinamiche di condivisione del sapere con due diversi tipi di target: tra maestro detentore e sistema della fruizione (comunità allargata, pubblico…) attraverso modelli di esperienza e partecipazione del sapere; e tra maestro detentore e sistema della produzione (impresa, designer, makers…) attraverso modelli di incorporazione e innovazione del sapere. Qualità come inter-generazionalità e inter-culturalità possono positivamente connotare questi processi di condivisione del sapere, delineando dinamiche di scambio in grado di coinvolgere differenti generazioni e back-ground culturali e così 12 In altri saggi definite più semplicemente ‘azioni di ri-socializzazione’ (cfr. saggio Elena E. Giunta), ma qui si vuole insistere sul concetto di attivazione come innovazione collegata e abilitata dalla condivisione e trasmissione del sapere.


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Fig 2 - Le dinamiche di attivazione e condivisione del craft del progetto Autentico Contemporaneo

negoziare la sua sostenibile e necessaria trasformazione ed evoluzione affinchè resti vivo e praticato. Tali dinamiche sono state messe a sistema in una filiera integrata ed estesa di progetto costituita da: •• riproduzione (che include il detenere, aver ereditato e/o appreso il sapere tipico e riprodurlo nella sua forma attuale); •• condivisione (che include dinamiche di trasmissione, fruizione ed esperienza, ri-applicazione e ri-uso, quindi di possibile trasformazione e innovazione del sapere, anche in collaborazione e co-design con altri attori); •• comunicazione (che include azioni di promozione allargata legati alla costruzione di identità/brand, e alla progettazione di eventi, sistemi di

comunicazione digitale, quale web e applicazioni mobile). Le dinamiche di attivazione sono delicati processi di ‘traduzione di una tradizione’, in grado di mediare, rispetto ai modelli estremi di conservazione filologica, o di riedizione contemporanea (che conducono da una parte a una fissità che comporta l’isolamento e la possibile scomparsa del bene e dall’altra a una perdita dei riferimenti originari), tra continuità e riconoscibilità (invarianti o persistenze o autenticità) e trasformazioni dinamiche (tendenze evolutive o contemporanee) delle ‘forme’ e dei processi caratterizzanti una certa eredità culturale immateriale (Lupo 2010): mediazione che corrisponde perfettamente al connubio del nome del progetto “Autentico Contemporaneo”.


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Bibliografia Allen, Jamie, e Eleonora Lupo, a cura di. 2012. Representing Museum Technologies. Copenhagen: Copenhagen Interaction Design Institute. Burkhart, François. 1997. “La difficoltà di risolvere un rapporto sfalsato: a proposito dell’artigianato e del design”. In AA. VV. Fatto ad arte. Arti decorative e artigianato. Milano: Triennale Castelli, Antonella, Arianna Vignati, e Beatrice Villari, a cura di. 2005. SDI Design Review 02: ME.Design. Il contributo del design allo sviluppo locale. Milano: Polidesign. Celaschi, Flaviano, e Raffaella Trocchianesi, a cura di. 2004. Design e beni culturali. La cultura del progetto nella valorizzazione del bene culturale. Milano: Polidesign. Cristallo, Vincenzo, Ermanno Guida, Alfonso Morone, e Marina Parente. 2006. Design, territorio e patrimonio culturale. Napoli: Clean. Fagnoni, Raffaella, Paola Gambaro, e Carlo Vannicola, a cura di. 2004. Medesign. Forme del Mediterraneo, catalogo della mostra. Firenze: Alinea editrice. Ferrara, Cinzia. 2004. La comunicazione dei beni culturali. Il progetto dell’identità visiva di musei, siti archeologici, luoghi della cultura. Milano: Lupetti. Frampton, Kennet. 2002 (1974). “Apropos Ulm”. In Labour, Work and Architecture: Collected essays. London: Phaidon Press. Guida, Francesco Ermanno. 2003. Comunicazione coordinata per i beni culturali: 4 progetti italiani. Napoli: Ed.Valentino Lupo, Eleonora. 2007. “Intangible Heritage valorisation: a new field for design research and practice”. In IASDR 07 Proceedings. Hong Kong: School of design, Honk Kong Polytechnic University. Lupo, Eleonora. 2008. “Beyond localism, looking for sustainability. Designing “typical knowledge” active-action”. In Cipolla Carla, Peruccio Pier Paolo, a cura di. Changing the Change proceedings, Torino: Allemandi. Lupo, Eleonora. 2009. Il design per i beni culturali. Pratiche e processi innovativi di valorizzazione. Milano: FrancoAngeli. Lupo, Eleonora. 2010. “Beyond craft Culture. Designing a new contemporary


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authentic”. In Design&Craft Conference proceedings. Bruxelles: Universa Press. Lupo, Eleonora. 2011. “Design, beni culturali immateriali e ‘attivazione dell’autentico’: progettare il valore delle eredità culturali come ‘open-ended knowledge system’”. In ddiseño 08. Lupo, Eleonora, e Ece Özdil. 2013. “Towards a smart heritage as future diffused museums: design and communication technologies to innovate the experience of the cultural patrimony in the smart cities”. In Inclusive Museum Journal. Melbourne: Commonground Publishing. Lupo, Eleonora. 2013. “Percorsi e scenari dell’intangible. Le filiere del progetto e il potenziale di innovazione del patrimonio immateriale come open-ended knowledge system”. In Irace Fulvio, a cura di. L’immateriale, il virtuale, l’interattivo. Milano: Electa. In corso di stampa. Lupo, Eleonora, Parente Marina. 2009. Il sistema Design Italia e la valorizzazione dei beni culturali, Milano: Polidesign, Milano. Maffei, Stefano, Marina Parente, e Beatrice Villari, a cura di. 2006. SDI Design Review 03: Il design per la valorizzazione dei beni culturali. Le premesse fondative della ricerca d.Cult. Milano: Polidesign. Pye, David, e Elizaneth Balaam. 1995. The Nature and Art of Workmanship. Bethel, Conn.: Cambium Press. Spallazzo, Davide. 2012. Mobile technologies and cultural heritage. Towards a design approach. Saarbrucken: LAP Lambert Academic Publishing.

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