URGENZA LIVELLO 3 - Preview

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Un immenso grazie a Cristina Ascone e Dina El-Kassaby, a tutto il personale del WFP a Erbil e Dahuk, e a Mohammed Albahbahani, Marwa Awad e Chloe Cornish. Joshua Dysart Grazie a Patrick Noonan, incaricato della sicurezza in loco e a Jean-Pierre Mantel, per aver condiviso la loro conoscenza e le loro esperienze personali. E grazie a Reem Nada per l'ispirazione. Jonathan Dumont

UL3 è un'opera di fantasia, basata su interviste, attività di osservazione e ricerche effettuate dagli autori durante dei viaggi in Iraq, Sudan del Sud e Ciad, tra il 2014 e il 2016. Titolo originale: LL3: Living Level-3 © 2018 World Food Programme. All rights reserved. Per l'edizione italiana: © 2019 Edizioni Star Comics. All rights reserved. Finito di stampare a novembre 2019 presso Aquattro Servizi Grafici, Chivasso (To).


IRAQ


UN INTERVENTO DI URGENZA LIVELLO 3 («L3»)

è, nella classificazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il livello più grave e di maggiore estensione di crisi umanitaria. Il Programma Alimentare Mondiale, un’organizzazione dell’ONU in prima linea per l’aiuto in situazioni di emergenza, ha risposto nel 2017 a sette crisi di tipo «L3»: Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, le regioni del nord-est della Nigeria, il Sudan del Sud, il Sahel, la Siria con i suoi rifugiati, lo Yemen. Il Programma Alimentare Mondiale aiuta ogni anno più di 80 milioni di persone in 83 Paesi, principalmente nelle zone di guerra. La comunità umanitaria vive un periodo critico e la mancanza di finanziamenti minaccia la sua attività in numerose regioni. Oggi, nel mondo, 821 milioni di esseri umani soffrono la fame, 113 in maniera acuta. Di questi, più del 60% vive in Paesi in situazioni di guerra o di scarsa sicurezza. Per le popolazioni aiutate dal Programma Alimentare Mondiale, non esiste alcuna altra alternativa.


Sono cresciuta in una piccola fattoria con qualche albero di melo nel nord dello stato di New York. Lì avevo l’impressione che il mondo fosse generoso e che tutto fosse facile.

Ma, in effetti, non si sceglie il luogo dove si nasce. È un caso. E, a volte, il caso è contro di noi. PRIMA PARTE: UN BANCHETTO INTERROTTO sapevo che insegnarti l’arabo e istruirti nee due culture dea nostra famiglia saree stata una buona idea, leila.

ed eo: stai per partire, per rendere il mondo un posto migliore! sono così fiera di te.

ma sono anche preoupata, tesoro…

Mi chiamo Leila Helal, e parto per l’iraq domani mattina.

smeila, maa, andrà tuo bene.

fa’ aenzione, noiolina, d’aordo? ti voglio tanto bene.

E questa non è la mia storia.


Mi chiamo Khaled Bushar…

DISTRETTO DI SINJAR, PROVINCIA DI NINIVE, KURDISTAN IRACHENO.

Preferisco non iniziare la mia storia da qui. Se siete d’accordo, torniamo un po’ indietro.

No, neanche a questo punto. Abbiamo già visto abbastanza, no?

Ne parlerò presto. Ma non ancora. Torniamo ancora più indietro. Ecco, qui è perfetto. in quel momento, le nostre vite avevano ancora un senso.

iniziamo con un pranzo da mio fratello, fuori città.


Ecco mia moglie, Hakima. Ovviamente, siamo più vecchi rispetto al nostro primo incontro, ma, come potete vedere, il suo sorriso resta giovane e affascinante.

Ecco mio figlio, Naser, e sua sorella, Shereen.

Oggi si comporta come un bravo fratello maggiore e la lascia giocare a pallone con lui.

Nessuno vuole essere definito per la sua infelicità, ed è questo che volevo il mondo vedesse, di noi, come prima cosa…

va tuo bene, samra? ho aena ricevuto un meaio da un amico di tal-afar.

…anche se solo per un breve momento.

da’esh aiva.

AGOSTO 2014.

NOTA: DA’ESH È UN GIOCO DI PAROLE SULL’ACRONIMO ARABO DELLO STATO ISLAMICO. ALL’ORECCHIO PUÒ SUONARE COME DAES (“COLUI CHE SCHIACCIA TUTTO COL PIEDE”) O DAHES (“COLUI CHE SEMINA DISCORDIA").


Mio fratello, mia nipote e la maggior parte dei giovani adulti hanno deciso di rientrare in città, per combattere a fianco dei Peshmerga.

fa’ attenzione, frateo mio.

Ma io vedo nello sguardo di Hakima la paura di non rivedermi mai più, se dovessi rimanere per combattere per tutto quello che abbiamo costruito. E quello sguardo mi spezza il cuore. naser, va’ a chiedere a tua zia se ha dei sahi che non le servono. partiremo con tuo il cibo che riusciremo a portarci dietro.

Chiamiamo degli amici dalla città. Molti tra loro si dirigono verso i monti Sinjar, quindi è là che andremo anche noi.

Ma ho paura a seguire la strada, ho paura che potremmo ritrovarci bloccati in un esodo massiccio ed essere ripresi dall’iSiS. Per questo, decido di abbandonare l’auto e di camminare, in linea retta, verso le montagne. Non ho mai preteso di essere un uomo prudente.


CAMPO DOMIZ 1, A 170 CHILOMETRI DA SINJAR. COSTRUITO DUE ANNI FA, OSPITA 200.000 RIFUGIATI SIRIANI.

Presto saranno due mesi che lavoro qui. e cosa pensa dei buoni alimentari?

A casa, avevo tutto ciò di cui avevo bisogno, ma mi sentivo lo stesso vuota, come se la mia vita non avesse uno scopo. O, almeno, era quello che mi dicevo.

mia nuora si è aena trasferita da noi, non aiamo più aastanza cibo per tui

{r}. aenzione! meaio di sicurea a tuo il personale sul posto. situazione di emergenza.

il mio motto secondo cui

“coloro che sono spiritualmente indigenti possono venire in soccorso di quelli che sono fisicamente indigenti”, che è qualcosa di molto filosofico, si è rivelato una stronzata.

mi scusi un aimo, signora.

segnaliamo degli scontri armati a sinjar e dintorni. tue le squadre nea zona devono evacuare iediatamente, fino a nuovo ordine.


Quando sono arrivata qui, più di un milione di persone erano state trasferite e si erano installate provvisoriamente nel nord dell’iraq.

E questa cifra non faceva che aumentare. Di fronte a questa crisi, la mia crisi di coscienza da giovane adulta sembrava ridicola.

All’inizio, cercavo di immaginare ciò che avrei perso io: mamma, papà, la casa, i meli.

Ma perché immaginare che ciò avvenga ai propri cari deve dargli un peso maggiore?

Non basta vedere semplicemente degli individui che sopportano tutto questo? il risultato non è lo stesso?

Se fossi stata permanentemente esposta alla violenza, agli omicidi, alle evacuazioni e a qualcosa di molto peggiore.

Sono venuta qui per cercare di portare un po’ di umanità in questa situazione disumana.

Per capire, per essere testimone di questo disastro, per aiutare gli altri…

…e ritrovarmi in loro.

TRA POCO… L’INCUBO DI OGNI GENITORE


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