Dizionario di medicina psicosomatica

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indice prefazione introduzione

A

7 9

acne ACUFENE ALLERGIA ALOPECIA ANEMIA ANORESSIA ANSIA ARITMIA CARDIACA ARTRITE ARTROSI ASMA

18 21 23 27 30 32 36 39 41 43 47

BRONCHITE BRUXISMO BULIMIA

52 54 56

B

C

CALCOLI BILIARI CALCOLI RENALI CARIE CEFALEA CELLULITE CERVICALGIA

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60 62 65 67 71 73

CISTI CISTITE COLITE COLON IRRITABILE

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D dermatite (o eczema)

E

88

94 96 98

EMORROIDI ERNIA DEL DISCO ERNIA IATALE ESOFAGITE DA REFLUSSO

100

FARINGITE FEBBRE FLEBITE

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F

G

GASTRITE

H

HERPES SIMPLEX HERPES ZOSTER

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indice

I

INFLUENZA INSONNIA IPERTENSIONE IPOTENSIONE

L

LARINGITE LOMBALGIA

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140 142

M

mEnopausa

(disturbi della)

METEORISMO MICOSI

N

NAUSEA

O

OBESITÃ ORTICARIA OTITE

P

148 151 153

158

R

RAFFREDDORE RINITE ROSACEA

S

185 188 191 194

200 202 205

scoliosi 210 SINUSITE 213 STANCHEZZA CRONICA 216 STIPSI 221 STRESS 225

T

TACHICARDIA 230 TORCICOLLO 233 TOSSE 236 164 168 170

PANCREATITE 176 periartrite 179 pleurite 180 polmonite 183

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premestruale (sindrome) PROSTATITE PRURITO PSORIASI

U

ULCERA PEPTICA 242

V

VERTIGINI 248 VOMITO 251

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prefazione

Ascoltare il corpo per prendersi cura di se stessi

N

el 2007 le Edizioni Riza pubblicavano il “Dizionario di psicosomatica”, un’opera fondamentale in 3 volumi, la prima del genere in Italia. Il dizionario raccoglie le conoscenze elaborate nel corso degli anni sul tema che Riza approfondisce dal 1980: dietro i nostri disturbi, apparentemente solo fisici, c’è sempre il linguaggio misterioso del corpo che ci vuole segnalare un disagio emotivo. L’obiettivo del “Dizionario” era quello di spiegare come si può comprendere questo codice simbolico, come interpretare i sintomi che ci affliggono e il loro significato più profondo. Il nostro corpo è una foresta di simboli e ogni distur-

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prefazione

bo fisico riguarda anche la nostra interiorità, il nostro modo di stare nel mondo. Per combattere alla radice i nostri malesseri fisici quindi non basta “soffocare” i sintomi con i farmaci, ignorando quello che ci vogliono dire. Se li ascoltiamo e li interpretiamo correttamente, capiremo come prenderci cura di noi stessi e dei nostri bisogni reali. Questo può portarci a un’effettiva guarigione, più di tante medicine. A distanza di 5 anni dalla pubblicazione, il “Dizionario di psicosomatica” mantiene intatto il suo valore di “guida” alla lettura del proprio corpo. Un testo da consultare quando ci coglie un disturbo e vogliamo comprenderne meglio le origini. Per tale motivo abbiamo deciso di ripubblicare il “Dizionario” in forma sintetica e facilmente consultabile. In questa nuova edizione abbiamo riportato l’elenco alfabetico delle patologie più frequenti, con la loro interpretazione psicosomatica e i consigli per far fronte ai disagi emotivi che esse segnalano. Una guida pratica per prendersi cura di se stessi.

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introduzione

La malattia è un segnale

Q

uali forze ci abitano? Da dove nascono? Quale misterioso progetto cercano di realizzare? E poi: ci appartengono? Possiamo toccarle, gestirle, aiutarle? E come dobbiamo viverle per stare bene? Quando un sintomo si affaccia nella nostra vita, subito sentiamo la sua duplice natura: esso certamente fa parte del nostro corpo, nasce “in noi”, e tuttavia ci sembra che non nasca “da noi”: lo percepiamo come una presenza strana, addirittura nemica, che può destabilizzarci, a volte distruggerci. La sua comparsa interrompe il flusso esistenziale nel quale eravamo calati, altera un equilibrio, spezza un ritmo. La prima reazione è quella di cacciarlo via al più presto… Senza dubbio la sensibilità di ognuno è molto differente: c’è chi si allarma per un lieve mal di testa, e chi invece comincia a preoccuparsi solo di fronte a una malattia conclamata. Superata la soglia individuale di allerta, il sintomo si impone tuttavia alla coscienza e chiede attenzione. È in quel momento che sentiamo di essere abitati da forze che non siamo abituati ad ascoltare e sulle quali percepiamo di non avere alcun potere personale, sia che ci sembrino provenire dalle nostre profondità biologiche sia che giungano da un altrove non

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introduzione

meglio definibile. Un’esperienza forte, sgradevole, che ci fa attribuire al sintomo qualità non solo negative, ma anche paralizzanti, talora incontrollabili, oggi proprio come diecimila anni fa, nonostante le enormi differenze culturali, tecnologiche, umanistiche. Ma ora finalmente abbiamo molti mezzi in più per riflettere su tali esperienze e segnare l’inizio possibile di un nuovo modo di viverle.

La salute immaginaria Nel quotidiano infatti siamo soliti concepire la salute in modo limitato o, meglio, in una modalità di base, cioè come assenza di sintomi e di dolore.Vivere senza guai fisici: la bellezza pura e semplice del “funzionare bene”, del sentire che la macchinacorpo è a posto, così da poterci muovere nel mondo senza limitazioni, facendo quello che vogliamo o che dobbiamo fare. È un bene prezioso questa salute di base, una libertà immensa e cristallina, di cui spesso ci rendiamo conto solo quando ci ammaliamo. E lì, nel momento in cui manca, essa ci si rivela anche nelle sue ulteriori valenze pratiche, racchiuse nella parola latina da cui deriva, salus: salvezza (dal dolore, dalla malattia, dal male) e conservazione (nel tempo, nello spazio, nell’azione). L’idea della non-malattia è alla base del nostro sentirci bene: una sensazione di pienezza, quando riusciamo a coglierla, e un desiderio – quello di “stare bene sempre” – istintivo e legittimo radicato in ognuno di noi. Eppure questa è di fatto una condizione che, per natura, non può essere costantemente presente. Non è la vera Salute: per quanto fondamentale, ne è solo una parte. Basta osservare la propria vita per vedere in atto l’alternanza di periodi senza alcun problema – anche molto lunghi – e di periodi fortemente sintomatici. Non c’è stata

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introduzione

forse neanche una singola esistenza, nella storia dell’Uomo, in cui la malattia non si sia manifestata almeno una volta nell’arco dell’intera esperienza individuale: lo rivelano i dati clinici attuali, i testi dell’antichità, gli scheletri dell’età della pietra. Sembra esserci una legge di natura per la quale prima o poi qualcosa debba giungere ad alterare il nostro equilibrio vitale, anche quando tentiamo di tutto per evitarlo. Questo qualcosa si chiama “crisi”.

La malattia: danno e opportunità La malattia è un’interruzione del nostro vivere: arriva con la sua forza di rottura e separa il tempo in un “Prima”, dai tratti più svariati, e in un “Adesso”, doloroso e confuso. La nostra vita scorreva tranquillamente quando, all’improvviso, ecco un’influenza che ci butta a terra per una settimana o un’appendicite acuta che ci porta dritti in sala operatoria, oppure un’anemia che ci indebolisce e ci obbliga ad angosciose ricerche diagnostiche. A volte, un’osservazione più attenta può rivelarci che la nostra vita non scorreva proprio del tutto tranquilla, e che, forse, non era del tutto nostra. Quel che conta è che ora stiamo male e ci sentiamo traditi perché la crisi, anche quando è preannunciata da mille segnali, ci coglie sempre di sorpresa. Il corpo ci ha giocato un brutto scherzo… il corpo può fallire… non è più una casa sicura. Anzi ci ostacola, ci rovina la giornata. Lontanissimi dall’idea che possa avere un qualsiasi senso, anche solo biologico, viviamo la caduta in crisi con dolore e disorientamento, con rabbia e frustrazione. E spesso con paura. Non potrebbe essere altrimenti. Eppure l’evoluzione naturale non ha eliminato le possibilità di crisi e di malattia. Intere specie viventi si sono estinte, così come diversi organi e funzioni si sono atrofizzati nel corso di

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introduzione

milioni di anni per ricomparire, in forme diverse, in specie diverse. Ma la malattia no. Se questa fosse solo una dimenticanza o un errore, avrebbe già da tempo impedito la Vita nella sua multiformità. E invece non è così. Anzi, tutto induce a credere il contrario e cioè che proprio attraverso la crisi – nei suoi vari aspetti – la Vita rimescoli la sua materia biologica e si affermi in modo sempre più complesso e consapevole. Dunque la malattia, per quanto dolorosa e sofferta, costituisce un momento fondamentale del vivere individuale e collettivo, senza il quale paradossalmente non può esserci salute né evoluzione, sia della materia che della coscienza. Solo così infatti la Natura spezza lo stato di cose precedente, il vecchio schema, e crea lo spazio per ricrearne un altro più adatto al presente. Il problema, per noi che la viviamo sulla nostra pelle, è che la crisi/malattia ci precipita nel disagio, senza darci suggerimenti diretti e leggibili sui cambiamenti da fare per star bene. E la patologia ci appare tanto più “muta e oscura” quanto più è grave, invalidante e talora mortale. «Ma come? – viene da chiedersi – Se essa arriva per farci stare meglio, perché ci fa così male? E come posso attribuire un senso a qualcosa che rischia di farmi morire?».

Lo sguardo limitato Se vogliamo uscire dall’impasse, dobbiamo abbandonare questa comprensibile emotività, acquisendo una visione più ampia. L’uomo è un’entità dinamica e poliedrica, in cui la psiche e il corpo non sono solo collegati fra loro – che è il modo di intendere la psicosomatica da parte della medicina tradizionale – ma esprimono la stessa realtà su piani diversi: uno più sottile (mentale, psichico e talora anche spirituale) e uno più materiale (corporeo). La malattia e i sintomi si collocano su

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introduzione

questa complessità in movimento, e perciò per natura sfuggono all’indagine scientifico-razionale basata sui criteri di riproducibilità sperimentale. Tutte le civiltà antiche lo avevano compreso e – anche perché ignare dei meccanismi fisiologici – curavano le patologie basandosi esclusivamente sulla lettura simbolica, impregnata della loro specifica cultura e della religione di riferimento. Lo sciamano guaritore non sapeva nulla del funzionamento del corpo, ma spesso sapeva cogliere i contenuti simbolici profondi di un disturbo. Agiva su questi secondo rituali che, in quel contesto, avevano un’indubbia valenza. Molti morivano, ma la tribù si sentiva al sicuro… La medicina moderna, figlia della rivoluzione scientifica dei secoli scorsi, ha ribaltato questa impostazione: non ha alcuna considerazione dei simboli insiti nel corpo – che non sono “dimostrabili” secondo parametri scientifici – e si concentra solo sul suo funzionamento, privando così un sintomo della sua anima, e separando l’anima dal corpo. Si salvano molte vite eppure c’è tanto malessere e le patologie principali sono tutte in aumento. Entrambi questi approcci sono incompleti, perché non contemplano l’uomo nella sua compresenza di corpo e di anima, e il corpo nella sua doppia valenza di “macchina con automatismi” e di “materia ricca di senso”. E quando la medicina moderna mostra qualche apertura, lo fa sempre in modo riduttivo, ritenendo che sì, in effetti, ci sono malattie influenzate in qualche modo dalla psiche, ma solo alcune, e più che altro si tratta di stress.

L’importanza dei simboli È proprio questo lo spirito della parola “simbolo”, che deriva dal greco e vuol dire “tenere insieme, nello stesso momento”. Un simbolo psicosomatico che cosa tiene insieme?

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introduzione

Tanti aspetti del nostro essere che secondo logica non potrebbero stare assieme. Sappiamo tutti che mentre siamo al massimo della felicità può comparire la malinconia, che a volte sul fondo della disperazione compare la serenità, che si può essere grati alla vita e al contempo arrabbiati con il destino. Allo stesso modo un sintomo è simbolico nel senso che, per esempio, può esprimere il desiderio e l’avversione per qualcosa, un bisogno di autonomia ma anche di dipendenza, la voglia di amare e l’urlo per non essere stati amati. Il corpo, inteso come simbolo, ritorna così a essere la sede in cui gli opposti sono compresenti, come avviene, in modo sincronico, a livello psichico. E sincronicità è la parola, utilizzata per la prima volta da Jung, che meglio chiarisce questo aspetto: qualcosa che avviene non solo nello stesso tempo, ma che ha pure lo stesso senso. Così, se una persona soffre di gastrite, anche a livello psichico troveremo atteggiamenti che, per analogia, sono simili a quelli dello stomaco infiammato…

La dimensione d’organo e la guarigione Ora, forse, appare più evidente quanto sia importante il modo in cui affrontiamo e curiamo una malattia. La crisi è un momento “sacro” nel quale dobbiamo fare le mosse giuste per sfruttare – ovviamente quando è possibile, e spesso lo è – l’opportunità offerta dal disequilibrio. Allontanare i sintomi con i farmaci, trascurarli, eccedere nel cercare un senso a tutti i costi durante la fase acuta: ecco solo alcuni degli atteggiamenti sbagliati che possono far restare una crisi soltanto tale, e non una rinascita. Serve perciò uno sguardo neutro e aperto, che rifugga da integralismi, e cerchi di cogliere di volta in volta l’atteggiamento migliore per quel sintomo, in quel momento.

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introduzione

Una visione davvero psicosomatica, e in tal senso olistica, deve sapersi plasmare sul dinamismo della realtà a cui si applica. Lo strumento di base, che quest’opera utilizza basandosi sugli studi clinici e sul lavoro di ricerca svolto dall’Istituto Riza in tanti anni di attività, si chiama “dimensione d’organo”. Secondo questa chiave di accesso al corpo, ogni organo o tessuto è depositario di immagini arcaiche e di funzioni primarie, presenti in noi fin dalla notte dei tempi, che rappresentano un “modo di essere al mondo”: per esempio, la dimensione della pelle è quella della relazione con il mondo, quella dello stomaco è la disponibilità ad accogliere, quella del sistema immunitario è lo stato di allerta ecc. Ognuno di noi possiede tutte queste dimensioni, ma crescendo “abita” preferenzialmente una o alcune di queste: uno può vivere in stato di allerta, un altro agisce in base alle sensazioni “a pelle”, e via dicendo. Ciò significa che chi è calato in una dimensione d’organo, quando ha un problema o un conflitto interiore inconscio potrà esprimerlo più facilmente a livello di questa funzione organica. Al contempo, quando si presenta un sintomo, l’organo in cui esso insorge ci può “raccontare” diverse cose che la persona non sa di se stessa e che possono aiutare a trovare la giusta via di guarigione. Una guarigione, peraltro, che non va intesa solo come “sparizione di sintomi”, ma come l’approdo a un nuovo equilibrio più in sintonia con l’essenza della persona.

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ansia

ANSIA

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tato di agitazione psichica dovuto a una risposta abnorme a situazioni percepite come pericolose per il soggetto o per i propri cari. La risposta di allerta è immotivata rispetto alla reale pericolosità dell’evento che può essere anche soltanto immaginato o anticipato nella propria mente. Spesso il soggetto non riesce a riferire la propria ansia a una specifica causa. Essa si può manifestare in diverse forme che vanno da un semplice stato di tensione psichica agli attacchi di panico, da un disturbo ossessivo-compulsivo alle fobie.

t Che cosa vuol dire La vita cerca spazio per emergere. Nel fenomeno dell’ansia convivono due poli in apparenza opposti: la vita che vuole proteggere se stessa (con lo stato di allerta), la vita che vuole prorompere (con l’intensità del sintomo). A volte, questi due aspetti si esprimono insieme, in altri casi uno prevale rispetto all’altro. Ma sono, in ultima istanza, inseparabili. Quando l’ansia esprime perlopiù uno stato di allerta, vuol dire che qualcosa viene sentito come pericoloso per la propria persona – sia in senso fisico che psichico – oppure per i propri cari. Può trattarsi di eventi reali (per esempio, l’attesa di un esame diagnostico, un importante incontro di lavoro, il ritardo di un figlio nel ritornare a casa), ma anche solo immaginati o anticipati mentalmente (per esempio, pensare a ciò che potrebbe succedere in un viaggio ancora da fare). L’intensità dell’ansia in questi casi è fortemente influenzata dall’importanza che viene data a tali eventi, e può quindi variare fortemente da persona a persona: uno stesso evento

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ansia

può produrre uno stato di gestibile inquietudine, oppure diventare emotivamente insostenibile. Matrice comune resta comunque un eccesso di preoccupazione rispetto alla reale portata della situazione. Lo stato di allerta può essere riferito anche a pericoli interiori: segnala che c’è qualcosa in quel contesto, rapporto o stile di vita, che è dannoso per la vera natura della persona che lo sta vivendo. I meccanismi neurobiologici che sottendono all’ansia sono dunque in stretto rapporto con la sapienza profonda del corpo, che sa ben più della nostra coscienza vigile ciò che ci può far bene e cosa ci può danneggiare. Quando l’ansia esprime prevalentemente un’affermazione dell’energia vitale, vuol dire che da un po’ di tempo il soggetto non sta vivendo parti autentiche di sé, che restano compresse fino a una soglia oltre la quale scatta l’allarme, e al contempo la “tracimazione” (qui si comprende come i due poli siano opposti solo in apparenza). In tal senso l’ansia raccoglie nella stessa sintomatologia lo sfogo di accumuli energetici di differente natura: sessuale, fisica, creativa, spirituale, tutti accomunati dalla difficoltà a lasciar fluire liberamente la forza vitale e il talento personale, inteso come la propria unicità. Infatti, dietro ai vari disturbi d’ansia c’è la sensazione di non riuscire a “dire la mia”, a “essere me stesso”, a fare le cose “a modo mio”. Allo stesso modo l’ansia si presenta ogni volta che una trasformazione necessaria o uno scatto di crescita viene ostacolato, e si configura così come energia di sviluppo o, per dirla con Jung, come energia di individuazione che chiede con forza di manifestarsi. La personalità ansiosa è cresciuta in un’atmosfera di precarietà e di senso di imminenza in cui ha avuto grande influenza la famiglia di origine, oppure tale soggetto è diventato ansioso in seguito a un evento negativo che l’ha segnato in profondità (trauma). L’indole e la pre-

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ansia

disposizione genetica sembrano dare un contributo più o meno marcato. Spesso l’ansia si esprime anche con manifestazioni corporee transitorie che scompaiono con il passare della crisi (tachicardia, tensione muscolare ecc.). In altri casi l’ansia sfoga la propria energia – e i simboli che essa porta con sé – nel corpo, producendo disturbi fisici.

Chi è più a rischio • Persone che hanno vissuto l’infanzia in atmosfere familiari ansiogene e/o depressive. • Persone che hanno subito traumi fisici o psichici e non sono ancora riuscite a superarli. • Persone che si trovano in contesti forzati in cui non possono esprimere se stesse. • Bambini e adolescenti privi di riferimenti familiari e/o sociali validi e costanti. • Adolescenti e giovani carichi di aspettative genitoriali su studio, lavoro e stato sociale. • Persone sulla soglia di una scelta importante che va contro lo stato delle cose (per esempio, divorzio) e che non sentono del tutto legittima. • Persone in situazioni “senza via d’uscita”. • Persone che vivono una routine in cui non sono presenti passioni autentiche. • Persone che praticano scarsa attività fisica e sessuale.

SUGGERIMENTI – Una cosa utile è un consulto da uno psicoterapeuta che sappia chiarire se la vostra ansia è di tipo difensivo oppure

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arItmia cardiaca

di tipo espressivo/creativo. In entrambi i casi è comunque indicata una psicoterapia fino a benessere raggiunto. – A prescindere dalla psicoterapia è comunque importante che si impari a non opporsi quando l’ansia si presenta: ovunque vi trovate, cercate di mettervi comodi con il corpo e osservate l’ansia come se foste uno spettatore; pensate che essa arriverà, avrà il suo apice e poi senza che si faccia niente se ne andrà nel giro di qualche minuto. Quante più volte riuscirete a fare questo, tanto meno dureranno le crisi.

ARITMIA CARDIACA

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lterazione di ritmo e frequenza delle pulsazioni cardiache in seguito a un’anomalia nella propagazione degli impulsi elettrici all’interno del cuore. La frequenza normale a riposo è tra i 55 e gli 80 battiti al minuto. Tra i 95 e i 115 si tratta di palpitazioni, sopra i 115 di tachicardia; la frequenza sotto i 55 battiti viene chiamata bradicardia.

t Che cosa vuol dire Il bisogno di vivere seguendo ritmi differenti da quelli che ci siamo dati o che ci hanno imposto. L’uomo a ogni livello (psichico, mentale, fisico) è fatto di cicli, ritmi, orari giornalieri, mensili, stagionali…; cicli creativi e sessuali, di ripiegamento e di pausa. La contrazione e la dilatazione del cuore (sistole e diastole), insieme a quella del respiro, esprimono la necessità dell’alternanza dei tempi perché la vita sia possibile, come in tutta la natura. Un’aritmia cardiaca indica che qualcosa in noi “polemizza” con lo stile di vita che

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