La Freccia - novembre 2021

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ANNO XIII | NUMERO 11 | NOVEMBRE 2021 | www.fsitaliane.it

PER CHI AMA VIAGGIARE

MICHELLE HUNZIKER

AUTUNNO INSIEME

SFUMATURE E SAPORI DI STAGIONE


NEW

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EDITORIALE

LA VOLONTÀ DI

(R)ESISTERE I

© Alessio Russo/Adobestock

niziando a sfogliare La Freccia di novembre riceverete un pugno allo stomaco. Violento, ma salutare. A pagina 7 rimarrete colpiti da una fotografia straordinaria nella sua crudezza e dirompente vitalità. Parla della brutalità della guerra e della incoercibile forza della vita. Un padre al

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quale una bomba ha portato via una gamba solleva il figlio, ridotto a un moncherino, privo di braccia e gambe. Si guardano, sorridono, sembrano felici. Lo sono. Sono vivi. Intorno, il grigiore di un contesto urbano arido e brutto. Di una bruttezza cattiva. Appena l’ho vista mi sono venuti in mente

i versi di Giacomo Noventa, poeta del secolo scorso, «a uno a uno/ ogni nostra tragedia/xè una farsa», che ci ricordano quanto siamo ridicoli e meschini quando ci lamentiamo delle nostre disgrazie. Ma questa è solo una prima let-


tura, giusta, però superficiale. Perché quella foto ci parla soprattutto della resilienza umana, della volontà di esistere e resistere, della capacità di apprezzare quel che si ha, in questo caso l’amore paterno e filiale, piuttosto che lamentarsi di quel che ci manca. Certo, la foto ferma un istante che non può mascherare la sofferenza di una vita. Quelle amputazioni hanno portato e porteranno ancora dolore, rabbia, difficoltà immani da affrontare ogni santo giorno, lungo un’intera esistenza. Ma quella foto resta un simbolo di straordinaria energia. Dice a tutti noi che dobbiamo lottare con fierezza per raggiungere i nostri traguardi senza lasciarci abbattere dalle avversità. È una lezione che vale per le persone come per le aziende. Resilienza ed

energia, volontà e professionalità sorrette dalla passione. Sfogliatela La Freccia di novembre, dopo quel pugno nello stomaco. Non mancherà di sorprendervi, con toni certo più leggeri ma non meno intensi. E vi accompagnerà per tutto il mese con l’obiettivo di suscitarvi curiosità ed emozioni, e stimolare nuovi viaggi. Per vedere, conoscere, confrontarsi, e pure assaggiare, odorare, sperimentare. I nostri viaggi vi porteranno dal Piemonte alla Toscana, dalla Calabria fino in Sicilia, passando per Pavia e Verona, Bologna, Pisa e Firenze, Roma e Paestum, tra tartufi, vini e castagne, arte, archeologia e fotografie d’autore. Vi proporranno le eccellenze italiane presenti all’Expo di Dubai, incluse quelle del Gruppo FS, e vi faranno

conoscere da vicino alcuni dei protagonisti delle prossime serate televisive. Vi racconteranno di inclusione, con una bella commovente storia di integrazione e sport e un altrettanto interessante esempio di solidarietà congiunta a lavoro, sostenibilità e biodiversità. E si chiuderanno ancora con una foto, curiosissima e divertente, dal titolo Serpente che ride. Perché comunque, per quanto complicata possa essere la nostra esistenza, occorre sempre tingerla di un tocco di leggerezza. Anche quando, come è accaduto questo mese, la nostra redazione perde un suo caro e valentissimo collaboratore. Innamorato della cultura, mai pago di conoscere e imparare. Salutiamo Alberto Brandani. E proseguiamo il nostro viaggio. Insieme a voi.

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SOMMARIO NOVEMBRE 2021

IN COPERTINA MICHELLE HUNZIKER

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52

VOLTO DI DONNA

56 IL DIAMANTE BIANCO

60 NOVEMBRE DA BERE

37 UN TRENO DI LIBRI L’ultimo invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese ha proposto ai lettori della Freccia il romanzo d’esordio di Douglas Stuart, Storia di Shuggie Bain

pag.

44

82

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IL PARCO DEL COLOSSEO

L’ITALIA CHE FA IMPRESA

Dall’anfiteatro più grande del mondo antico alla Casa delle Vestali. Alla scoperta di un’area millenaria, sotto la guida della direttrice Alfonsina Russo

INNOVATION

68 UN SALTO NELLA STORIA

72 PASSIONE NERA

LA TERRA DELLE CASTAGNE

RAILWAY HEART

22

IL CAMMINO DI SAN JACOPO

52 Nel Parco regionale di Roccamonfina e Foce Garigliano, in provincia di Caserta, tra sentieri e boschi secolari che offrono pregiate varietà del pane dei poveri

8

64

76 RACCONTI LUNGO LA VIA

79 IL SEME DELLA SOLIDARIETÀ

86 KLIMT TRA ORO E GIALLI

90

94

26

HYBRĬDA A ROMA

AGENDA

92

28

MOSTRE D’AUTUNNO

GUSTA & DEGUSTA

94

30

INVITO A PALAZZO

WHAT’S UP

98

35

LATO FINESTRINO

104

104 MANGIARE CON GLI OCCHI

108 NATURA FRAGILE

125 PRIMA DI SCENDERE LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO

113 SCOPRI TRA LE PAGINE LE PROMOZIONI E LA FLOTTA DELLE FRECCE i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE

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I numeri di questo numero

Tra le firme del mese

PER CHI AMA VIAGGIARE

20

gli anni che servono per realizzare una pipa Grenci [pag. 19]

174

i chilometri del Cammino di San Jacopo in Toscana [pag. 64]

CESARE BIASINI SELVAGGI Da marzo 2017 è direttore editoriale di Exibart.com ed Exibart on paper. Manager culturale per diverse fondazioni italiane, svolge anche un’intensa attività di consulenza di comunicazione strategica d’impresa e per l’internazionalizzazione del made in Italy

120

le piante dei frutteti solidali di Modica e Catania [pag. 79]

77

Read also

PEPPE IANNICELLI

Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO Adobestock Copertina: © Gianni Brucculeri, stylist Susanna Ausoni, make-up Laura Barenghi, hair Alessia Solidani. Management Notoria Lab Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore

ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT Info su creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/deed.it

EDITORE

gli ettari del Parco del Colosseo a Roma [pag. 84]

Giornalista, scrittore e conduttore radio e tv. Ama raccontare e vivere la vita: viaggi, tavole gustose, arte e spettacoli, chiese, moschee, occhi negli occhi

MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XIII - NUMERO 11 - NOVEMBRE 2021 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 25/10/2021

FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale

Direzione Centrale Comunicazione Esterna Piazza della Croce Rossa, 1 | 00161 Roma fsitaliane.it Contatti di redazione Tel. 06 44105298 | lafreccia@fsitaliane.it Direttore Responsabile Responsabile Editoria Caporedattrice Coordinamento Editoriale Caposervizio In redazione Segreteria di redazione Coordinamento creativo Ricerca immagini e photo editing Hanno collaborato a questo numero

Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Michele Pittalis, Claudio Romussi Gerardo Adinolfi, Cesare Biasini Selvaggi, Alberto Brandani, Francesco Bovio, Peppone Calabrese, Viola Chandra, Claudia Cichetti, Fondazione FS Italiane, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Valentina Lo Surdo, Giorgio Marchi, Luca Mattei, Carmen Pidalà, Enrico Procentese, Andrea Radic, Elisabetta Reale, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Flavio Scheggi, Floriana Schiano Moriello, Filippo Teramo, Mario Tozzi, Untitled Association

ERRATA CORRIGE SETTEMBRE 2021 La foto di copertina è di Erica Fava

REALIZZAZIONE E STAMPA

VALENTINA LO SURDO Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino

Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa

PROGETTO CREATIVO

Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli

PER LA PUBBLICITÀ SU QUESTA RIVISTA advertisinglafreccia@fsitaliane.it | 06 4410 4428

La carta di questa rivista proviene da foreste ben gestite certificate FSC®️ e da materiali riciclati PER CHI AMA VIAGGIAR

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La Freccia accompagna il tuo viaggio. Cerca nei vestiboli dei treni il QR code per scaricare il numero di novembre e quelli dei mesi precedenti. Buona lettura ANNO XIII

Giornalista, attiva nel campo della comunicazione e degli eventi di promozione territoriale, dell’agroalimentare e dell’enogastronomia. Con la passione vulcanica della natia terra flegrea, ama scoprire e raccontare angoli, sapori e tradizioni d’Italia

ne.it

FLORIANA SCHIANO MORIELLO

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La Freccia si può sfogliare su fsnews.it e su ISSUU

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FRECCIA COVER

Mehmet Aslan, Hardship of Life

LA VITA OLTRE LE GUERRE di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it

Munzir ha perso la gamba destra a causa di una bomba caduta nel 2018 mentre stava passeggiando in un bazar di Idlib, in Siria. Suo figlio Mustafa, invece, è nato nel 2016 senza gli arti inferiori né quelli superiori a causa di una malformazione, la tetramelia, dovuta all’assunzione di farmaci da parte della madre Zeynep, colpita durante la guerra dal gas nervino. Mustafa in futuro avrà bisogno di protesi elettroniche che, purtroppo, in Turchia – dove vivono – non sono ancora disponibili. Hardship of Life è stata scattata dal fotografo turco Mehmet Aslan. È la vincitrice assoluta del Siena International Photo Awards (Sipa) 2021, esposta fino al 5 dicembre, insieme alle altre premiate in diverse categorie, nella mostra Imagine all the people sharing all the world all’ex distilleria dello Stelli-

no, in via Fiorentina, alle porte di Siena. Tra i giurati, il fotografo e giornalista Sergio Pitamitz ha dichiarato di aver scelto questa immagine perché «contiene tutti gli elementi necessari per meritare il premio assoluto. Il dramma della guerra e delle sue terribili conseguenze è documentato con luce e composizione perfetta, nel momento decisivo, tutto in uno scatto. Difficile da guardare ma, nella sua drammaticità, esprime anche un momento di gioia per un padre e suo figlio sopravvissuti all’orrore. Un forte messaggio di denuncia, ma anche di speranza per un mondo migliore». festival.sienawards.com sienawards Siena Awards 7


RAILWAY heART

PHOTOSTORIES PEOPLE Partenze © Stefano Cicchini stefano_cicchini

IN VIAGGIO Nel verde della Toscana © Sarah Di Giulio sarah_digiulio

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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese

Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Comunicazione Esterna, FS Italiane.

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LUOGHI Stazione Napoli Afragola © Francesco Minopoli franck_naples

AT WORK Silvia, capotreno Frecciarossa © Edoardo Cortesi eddiecortesi

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RAILWAY heART

A TU PER TU a cura di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it

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© Oliver Mossena

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oreto Valente, 43 anni, capotreno della Direzione Business Intercity di Trenitalia, racconta la sua storia professionale, con l’obiettivo sempre puntato sulla mobilità sostenibile. Come inizia la tua esperienza in FS? Mi sono appassionato al mondo ferroviario già prima del diploma entrando nel Reggimento genio ferrovieri, un reparto dell’esercito italiano. Poi nel 2001 sono stato assunto in Trenitalia, a Bologna, come operaio nelle officine dei convogli. Successivamente, mi sono spostato a Roma con il ruolo di macchinista addetto alla manovra, finché nel 2013 è cominciata l’avventura da capotreno sugli Intercity. Da lì tutto è cambiato radicalmente, anche perché in quello stesso anno sono diventato papà. Che cosa ti ha entusiasmato di più in questo percorso? Dal lavoro in officina a quello di capotreno sono sempre stato animato dalla curiosità. Col tempo ho acquisito un bagaglio professionale notevole su più mansioni, dalle prime nozioni sulle caratteristiche meccaniche di locomotori e carrozze fino all’abilitazione per muovere i treni da un deposito all’altro. Ma il contatto diretto con le persone a bordo dei treni e, più in generale, la capacità di relazionarmi sono gli elementi che mi hanno più appassionato. Altri interessi oltre al lavoro? Nel tempo libero faccio il videomaker e mi piace raccontare il mondo della mobilità sostenibile. La mia passione per il green è nata con la bicicletta ed è cresciuta grazie alle opportunità offerte dai nuovi mezzi di trasporto: il monopattino e il car sharing, per esempio, alternativi all’auto privata e utilizzati in chiave intermodale magari insieme al treno. In passato ho realizzato alcuni programmi che sono andati in onda su emittenti locali. E talvolta presento questi lavori sui miei canali, dove mi occupo anche di svago e turismo. Quali zone percorri in treno? Mi sposto principalmente tra il Centro Nord e il Sud e, nei miei viaggi di lavoro, tocco città come Bologna, Firenze, Pisa, Perugia e Ancona, ma anche Benevento, Napoli, Salerno e Foggia. Per me il brand Intercity è quello che meglio rappresenta un modo di viaggiare che ha fatto la storia delle Ferrovie e del trasporto in Italia. È un servizio che negli ultimi anni è stato protagonista di un importante rilancio, offrendo la possibilità di raggiungere diverse stazioni italiane non comprese nel circuito dell’Alta Velocità. Cosa ti piace del tuo lavoro? Da una parte, prendermi cura del passeggero, venire incontro alle sue esigenze e trovare il modo di soddisfarle, consapevole di rappresentare una figura in cui lui ripone fiducia. Dall’altra, mantenere un contatto costante con un ambito professionale i cui obiettivi si concentrano e si fondono coerentemente tra l’attenzione alla persona e il rispetto dell’ambiente.


LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE

© Luca Rossato

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osalba Piccinni, imprenditrice nel settore florovivaistico e della ristorazione, vive e lavora a Milano. La sua esperienza professionale si dipana tra musica, cibo, natura e scelte sostenibili che la portano a utilizzare il treno come mezzo di trasporto. Ci fai un breve ritratto di te? I fiori e la musica sono parte integrante della mia realtà imprenditoriale, che si lega anche al cibo e alla cura della bellezza. Sono fiorista da sempre ma ora ho aperto uno spazio in cui ci sono anche un bar, una cucina e un’area eventi. Sullo sfondo della mia attività c’è il costante dialogo con la natura e l’impegno per una ristorazione salutare, ma anche il contatto con le persone attraverso la musica. Amo cantare infatti, e a Milano sono nota con il nome di Cantafiorista. Come fai a legare tra loro tante attività? Ho avuto l’opportunità di approfondire passioni che mi toccavano da vicino e col tempo sono riuscita a conciliare le mie due anime, imprenditoriale e artistica. Cultura del cibo e dell’accoglienza da una parte, mondo delle piante, creazioni e allestimenti floreali dall’altra sono diventati il fulcro del mio lavoro. Uniti da un’altra passione che mi porta a muovermi spesso, la musica. Che tipo di viaggiatrice sei? Riflessiva, attenta ai particolari dei luoghi visitati. Non mi tiro mai indietro quando so di dover prendere un treno, anche se capita all’ultimo momento. Lo amo fin da quei lunghi viaggi che facevo da bambina per raggiungere i parenti in Puglia con la famiglia: era un no-stop da Bergamo, dove sono nata, fino a Santa Maria di Leuca. Mi sembrava di attraversare il mondo: osservavo la natura e i tanti territori che scorrevano fuori dal finestrino, per ore e ore. Tutto quello che ho vissuto durante quei viaggi mi ha fatta diventare più grande e, in seguito, mi ha aiutata a crescere professionalmente. Perché oggi scegli il treno? Curare il business attraverso scelte improntate su sostenibilità e attenzione alla persona significa scegliere anche in che modo viaggiare. L’emergenza sanitaria ha imposto un brusco cambiamento ai nostri stili di vita e ci ha ricordato l’importanza di rispettare l’ambiente. Tutto dipende dalle nostre valutazioni quotidiane, da come decidiamo di muoverci e da quali mezzi impieghiamo per salvaguardare quello che ci sta intorno. Cosa ti piace fare in treno e in stazione? Sono luoghi che per definizione si prestano al confronto con la diversità e le esistenze che si intrecciano, per questo credo che abbiano un forte legame con il mondo dell’arte. Da questi due mondi, infatti, ho tratto ispirazione per i miei lavori musicali. In treno porto le mie canzoni da una parte all’altra d’Italia, ho la possibilità di dedicarmi alla stesura dei testi e di approfondire la continua ricerca di nuove sonorità. Con il sogno nel cassetto di potermi esibire, un giorno, in una delle grandi stazioni dell’Alta Velocità.

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PARALLEL LINES I BINARI E LE STAZIONI DI ROMA AL CENTRO DI UN PROGETTO ARTISTICO-URBANISTICO CHE FOTOGRAFA IL PASSATO PER DELINEARE IL FUTURO a cura di Luca Mattei

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lucamattei1 - l.mattei@fsitaliane.it

Foto Luigi Filetici

arallel Lines è il titolo del catalogo e della mostra dell’architetto Luigi Filetici che si è svolta al Mattatoio di Roma lo scorso settembre. Prende spunto dal verbale d’intesa firmato da Roma Capitale, FS Sistemi Urbani e Rete Ferroviaria Italiana che ha come obiettivo lo sviluppo del sistema metro-ferroviario e la rigenerazione urbana delle aree ferroviarie dismesse della Capitale. Le fotografie di Filetici immortalano binari, due linee parallele che conducono in ogni luogo, e stazioni, nodi di connessione con la città. Architetture e territori in trasformazione sono al centro di una ricerca che diviene un valido strumento per la loro conversione. «Saper vedere lo spazio», sostiene l’architetto-fotografo, «è il primo atto di conoscenza, propedeutico al saper trasformare e quindi al progettare». Roma Termini, vista dell’ingresso di via Giolitti

Roma Tiburtina In primo piano la Torre dell’acqua, opera dell’architetto Angiolo Mazzoni, e l’area del Comparto C1. Sullo sfondo la stazione Tiburtina progettata da Abdr Architetti Associati e, dietro, il quartier generale di Bnl Bnp Paribas realizzato dallo Studio 5+1AA

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Scalo San Lorenzo L’edificio circolare per la riparazione delle locomotive

Roma Smistamento In primo piano le “sale montate”

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IN FRECCIAROSSA A DUBAI IL GRUPPO FS È GOLD SPONSOR DEL PADIGLIONE ITALIA ALL’EXPO 2020. E CELEBRA LA MOBILITÀ SOSTENIBILE CON UN VIAGGIO IMMERSIVO SU UNO SCHERMO DI 27 METRI

© Archivio Multimediale FS Italiane

di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it

Il Frecciarossa 1000 dedicato al Padiglione Italia di Expo 2020 Dubai

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errovie dello Stato Italiane è presente a Expo 2020 Dubai per raccontare come l’innovazione e la mobilità sostenibile e integrata viaggino a supporto dell’economia e del turismo, valorizzando i territori e le bellezze del

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nostro Paese. Il Gruppo FS è Gold Sponsor del Padiglione Italia all’Esposizione universale, negli Emirati Arabi Uniti fino al 31 marzo 2022, mentre per tutta la durata dell’evento sui binari italiani correrà un Frecciarossa 1000 con una livrea che richiama il

simbolo e i colori del Padiglione Italia. «Fin dalle prime edizioni, l’Expo ha rappresentato il momento in cui ogni Paese esibisce il meglio delle proprie idee. Per questo abbiamo deciso di esserne parte, per mostrare con orgoglio l’eccellenza italiana nella


© @italyexpo2020

In questa pagina, alcune immagini tratte dal filmato di FS Italiane proiettato lungo il percorso finale del Padiglione Italia

e i progetti che coniugano la tecnologia ferroviaria con le caratteristiche peculiari del territorio. Il Gruppo FS partecipa anche al ricco programma di incontri, workshop e

tavole rotonde del Padiglione Italia, per portare il proprio know-how nel mondo. italyexpo2020.it fsitaliane.it

© @italyexpo2020

tecnologia e nell'innovazione applicata al settore della mobilità sostenibile», ha dichiarato l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Luigi Ferraris. I visitatori del Padiglione Italia allestito a Dubai, alla fine del percorso espositivo, si trovano immersi in un’installazione che, attraverso suoni, immagini e video, celebra la bellezza del Paese e il meglio della tecnologia e dei progetti del Gruppo FS. Un viaggio metaforico a bordo dei treni italiani e fra le opere che Ferrovie ha realizzato o sta progettando per il futuro. L’ambientazione scenografica e sonora abbraccia una superficie di 80 metri quadrati e, grazie a uno schermo lungo 27 metri e alto oltre tre, riproduce le carrozze in scala 1:1. Un modo per far salire tutti a bordo delle Frecce, dei Regionali e dei treni storici di Fondazione FS. Ma anche per poter ammirare i paesaggi italiani e le loro eccellenze, i cantieri

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IL FUTURO DELLA MOBILITÀ È VERDE, DIGITALE, INNOVATIVO. AL PADIGLIONE ITALIA DI EXPO 2020 DUBAI, L’AD DI RFI VERA FIORANI TRACCIA LA ROAD MAP DELLE NUOVE INFRASTRUTTURE di Gerardo Adinolfi

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iù connessioni e meno distanze, infrastrutture sostenibili e resistenti ai cambiamenti climatici, nuove opportunità di viaggio, inclusione, riduzione del gap che divide il Sud dal Nord d’Italia. Il futuro della mobilità – verde, digitale, innovativo – non è poi così lontano. Anzi, è già qui: è a bordo delle carrozze dei nuovi treni ad alta efficienza energetica del Gruppo FS Italiane e si sta facendo strada tra cantieri e progetti delle infrastrutture del domani. Le risorse provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), infatti, contribuiranno a rendere l’Italia, entro il 2026, un Paese più moderno e sostenibile. E il trasporto ferroviario – il treno

è il mezzo ecologico per eccellenza – rappresenta la spina dorsale di questo cambiamento. «È importante anche evidenziare come realizzeremo le infrastrutture finanziate dal Pnrr», spiega l’amministratrice delegata di Rete Ferroviaria Italiana Vera Fiorani, «cioè in stretto confronto con i territori che saranno attraversati dalle opere». L’Ad di RFI traccia la road map delle nuove infrastrutture in occasione dell’evento Shaping the future of mobility, al Padiglione Italia di Expo 2020 Dubai il 3 novembre. Una giornata di incontro per riflettere sulle prospettive, le azioni e i piani delle aziende globali per ridisegnare il sistema dei trasporti e della logistica,

© Webuild

Varo di uno dei ponti ad arco della tratta Napoli-Cancello, linea AV/AC Napoli-Bari

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in linea con i temi legati all’Agenda 2030 dell’Onu, del Green Deal europeo e del Pnrr italiano. Un esempio di infrastruttura condivisa è la nuova linea AV/AC Napoli-Bari, strategica per il Sud, altamente sostenibile e accolta con favore dal territorio: per questo progetto, infatti, RFI ha ricevuto il Premio Pimby Green 2021. Pimby è l’acronimo di Please in my back yard, espressione che identifica opere fortemente volute dalle comunità locali e quindi altamente sostenibili in tutte e tre le dimensioni: economica, ambientale e sociale. Anche per le altre infrastrutture è fondamentale, quindi, la condivisione con il territorio: «Gli stakeholder e le collettività», prosegue Fiorani, «avranno uno spazio di espressione su numerosi progetti di grandissima dimensione che stiamo elaborando, e che saranno sottoposti a un dibattito pubblico e a un costante confronto con le comunità interessate e coinvolte come con quelle escluse dall'opera».



L’ITALIA che fa IMPRESA

FUMO DI CALABRIA

AMATA DA PERSONAGGI ILLUSTRI, HA ISPIRATO ROMANZI E SINFONIE. ORA LA PIPA GRENCI DIVENTA PROTAGONISTA A EXPO 2020 DUBAI, DOVE SI PRESENTA CON UN’ICONICA CORONA D’ORO di Peppe Iannicelli

© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020

La lavorazione della pipa nel laboratorio Grenci in un frame tratto dal filmato girato da Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai

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Questo prodotto made in Calabria, capolavoro dell’azienda nata a Brognaturo (VV) nel 1962, è stato scelto per rappresentare l’eccellenza dell’Italia a Expo 2020 Dubai, fino al 31 marzo 2022 negli Emirati Arabi Uniti. La sua lavorazione, infatti, è simile all’invecchiamento di un vino pregiato. Dopo l’estrazione, la radica dell’erica arborea calabrese viene tagliata in placchette messe a bollire per eliminare le impurità e il tannino, e poi lasciate essiccare per almeno 20 anni. Solo a quel punto il legno potrà esser scolpito per diventare una pipa formidabile. Perché utilizzate la radica d’erica calabrese? È un legno perfetto, unico al mondo, compatto, molto resistente al fuoco ed estremamente duttile per il taglio, l’incisione e l’intarsio. Dopo averla estirpata, io ci parlo. E a seconda delle sue caratteristiche ne valuto l’utilizzo migliore. In questi mesi sto scolpendo le placchette prodotte nel Duemila, ma già sapevo che tipo di legname avrei poi lavorato e che pipa ne sarebbe venuta fuori. Quanti tipi ne realizzate nel vostro laboratorio? Non esiste una Grenci uguale all’altra. Ogni pezzo è unico e abbiamo circa 200 modelli disponibili. Tutta la lavorazione, dall’estirpazione alla realizzazione finale, è completamente artigianale. Io pratico l’arte che mi ha insegnato mio padre Domenico, che con le sue pipe conquistò l’America e il mondo. Mia figlia Anita sta imparando da me, è già una brava intagliatrice. Quali sono gli elementi che distinguono una pipa dalle altre? Le parti fondamentali sono il bocchino, il fornello dove avviene la lenta combustione della miscela di tabacco e la cannuccia, attraverso la quale il fumo generato dalla combustione raggiunge la bocca del fumatore. Possono variare di peso, spessore e diametro a seconda dell’estro dell’artigiano o dei desideri del cliente, che ci indica come personalizzarla. Molti amano il loro ritratto intagliato sul fornello della pipa, altri preferiscono paesaggi, composizioni floreali, scene mitologiche. Per le personalizzazioni sofisticate e complesse

© Riccardo Maria Barrile

«M

aestro, quanto tempo ci vuole per realizzare una pipa?». Vincenzo Grenci continua a camminare nella selva silana. Siamo circondati dagli arbusti di erica arborea calabrese, la cui radica viene utilizzata per produrre le pipe conosciute e apprezzate in tutto il mondo che portano il nome della sua famiglia. «Ci vogliono più di 20 anni», risponde il figlio del re della pipa, Domenico, lasciandomi senza parole mentre con gesti precisi e decisi estirpa dall’aspro terreno silano la radica dell’arbusto. Dopo averla sommariamente ripulita, la guarda con attenzione. Ne valuta forma e spessore. Comincia già a immaginare che pipa potrà tirarne fuori, ma non prima che siano trascorsi due decenni.

Vincenzo Grenci

possono volerci anche 20 giorni. A proposito di clienti, Sandro Pertini non si separava mai dalla sua pipa Grenci… Il Presidente era diventato un grande estimatore e amico di mio padre Domenico. Durante alcuni viaggi all’estero, lodò le nostre pipe silane. Pertini ci chiedeva di preparargli delle pipe leggerissime che maneggiava con grande disinvoltura. Una volta papà tentò di fargliene provare una un po’ più massiccia, ma lui sorrise e declinò la proposta: «Rischio di spaccare la mia dentiera», disse. Al contrario Enzo Bearzot, commissario tecnico della Nazionale di calcio vincitrice ai Mondiali dell’82, amava avere tra le mani pipe pesantissime. Albert Einstein, Ludwig van Beethoven e Johann Sebastian Bach, che alla pipa ha dedicato anche una composizione, il presidente Usa Franklin Delano Roosevelt, il filosofo Bertrand Russell, gli scrittori Georges Simenon e J.R.R. Tolkien. Ma anche i personaggi lette19


rari Sherlock Holmes e il commissario Maigret. È lungo l’elenco di personaggi famosi, reali o di fantasia, che fumano la pipa. Come spiega questo successo? Sono tanti gli estimatori celebri ma la pipa è anche estremamente popolare. Sta conoscendo una nuova stagione di successo ed è sempre più apprezzata dai giovani e dalle donne. Per fumarla ci vuole una predisposizione d’animo. A differenza della sigaretta, esige una cura quotidiana e un rituale: la pulizia della pipa, la selezione della miscela, il controllo della combustione, il fumo che si sparge intorno. Sono piaceri sublimi che bisogna sapere apprezzare con modi e tempi giusti. Non si può avere fretta e credo che questa sia una lezione di vita contro la frenesia contemporanea. E poi, la pipa resta con noi in attesa della fumata successiva, mentre la sigaretta o il sigaro si dissolvono per sempre nell’aria. Quanto dura una pipa Grenci? Una vita, e anche oltre. Il fumatore deve prendersene cura trattandola con amore. Poi, ogni decina d’anni, i clienti ci mandano le loro pipe per il “tagliando”.

© VittorianoRastelli/GettyImages

L’ITALIA che fa IMPRESA

L’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini con una delle sue pipe Grenci

© Silver Screen Collection/GettyImages

Sherlock Holmes interpretato da Basil Rathbone

Facciamo una manutenzione straordinaria e la restituiamo al proprietario come nuova. La sua azienda è tra quelle prescelte per rappresentare l’eccellenza della regione Calabria a Expo 2020 Dubai. Cosa ha preparato di speciale per l’occasione? Sono orgoglioso di rappresentare l’Italia e il Meridione all’Esposizione Universale. Porterò con me una collezione delle nostre pipe più belle. Ne sto poi preparando una speciale, il cui fornello è arricchito da una corona d’oro. Un’incoronazione regale per la regina del fumo lento. Spero che questa vetrina mondiale, oltre a promuovere il made in Italy nel mondo, possa anche suscitare nei giovani il desiderio di dedicarsi alla nostra attività. Facciamo fatica a trovare estirpatori ed essicatori, è un lavoro faticoso e impegnativo ma regala grandi soddisfazioni. pipegrenci grenci_pipe

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I LAVORI DI DOMANI di Giorgio Marchi

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distribuzione. Ma anche tutti i profili ricercati nei trasporti e nella logistica, in primis gli autisti, oltre alla crescente domanda di quelli legati all’edilizia, dagli operai ai tecnici installatori, senza dimenticare gli addetti nei settori delle telecomunicazioni, dell’informatica e dell’energia, in fase di forte sviluppo. Che tipo di competenze sono necessarie in questo momento? Si avverte forte l’esigenza di figure specialistiche. Su questo un ruolo fondamentale può essere svolto dal sistema degli Its, gli Istituti tecnici specialistici che, dopo il diploma, garantiscono la formazione di personale esperto in diversi settori. È necessaria anche una certa adattabilità per affrontare la nuova normalità. Qualsiasi organizzazione avrà sempre più bisogno di persone che sappiano lavorare in contesti mutevoli e favoriscano l’innovazione. La competenza trasversale più utile al momento è l’ascolto attivo, che consente di imparare, collaborare, evolvere. Come sono cambiate le esigenze dei lavoratori e quelle delle aziende? Per la prima volta, un numero molto ampio di persone ha sperimentato per un lungo periodo il lavoro da remoto. La

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all’utilizzo massiccio dello smart working fino all’accelerazione nella digitalizzazione dei processi, la pandemia ha modificato fortemente il mondo del lavoro. E ora che il mercato è ripartito, si rende sempre più necessario colmare le inefficienze del sistema di incontro tra domanda e offerta professionale. «In una fase espansiva si amplifica lo skill shortage, cioè la difficoltà per le imprese di ricoprire alcuni ruoli per mancanza di candidati», spiega Fabio Vastarelli, corporate manager di Attal Group, tra i primi cinque gruppi italiani nel settore delle Agenzie per il lavoro, che gestisce ogni giorno oltre 20mila posizioni grazie alla presenza di 80 filiali Temporary, Lavorint, Tempus, Assist e Abea. Quali sono le figure più ricercate dalle aziende? In questa ultima parte dell’anno, secondo il rapporto Excelsior targato Unioncamere e Anpal, si prevede l’assunzione di circa 1,5 milioni di persone e oltre un terzo della domanda riguarda ruoli difficili da reperire. I più richiesti sono quelli per il settore meccatronico e manufatturiero, manutentori e assemblatori, il commercio e, in particolare, la grande

lezione migliore che possiamo trarre da questa esperienza è l’aver imparato, da un lato, che lo spazio e il tempo del lavoro possono essere più fluidi, condivisi e ibridi, dall’altro, che la presenza fisica non è solo un obbligo contrattuale, ma l’opportunità imprescindibile di sviluppare interazioni sociali e senso di appartenenza. Coniugare le nuove possibilità di remote working con l’esigenza di preservare il coinvolgimento delle persone è una delle sfide delle imprese, sempre più attente a comprendere le istanze di bilanciamento tra il tempo dedicato al lavoro e quello privato. Ma mantenere la competitività richiede anche la selezione di persone sempre più qualificate, in grado di sviluppare il proprio potenziale e adeguare le proprie abilità durante tutto il percorso professionale. Il patrimonio di conoscenze dell’Anpal e dei Centri per l’impiego, unito alla competenza delle Agenzie per il lavoro, costituisce un asset strategico su cui fondare un nuovo e più efficiente sistema di servizi per il lavoro, inclusivi, universali ed efficaci.

© Alessandro Bachiorri

PROFILI TECNICI E SPECIALISTICI, CON CAPACITÀ DI OPERARE IN CONTESTI MUTEVOLI. ECCO QUALI SONO I PROFESSIONISTI PIÙ RICERCATI DALLE AZIENDE DOPO LA PANDEMIA

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© VectorMine/Adobestock

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© Riccardo Delfanti 2020

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In questa pagina e nell’ultima del servizio, lavorazione multitasking di un case motore aeronautico

ROBOTICA UMANA L’INTEGRAZIONE TRA MACCHINARI E PERSONE HA RESO L’AZIENDA PIACENTINA MCM UNA REALTÀ D’ECCELLENZA. PERFETTA PER ESSERE RACCONTATA DA GABRIELE SALVATORES PER EXPO 2020 DUBAI di Francesco Bovio

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elocità, efficienza, precisione, con il supporto del digitale in una logica green, costituiscono il saper fare delle persone che lavorano in Mcm - Ma-

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chining Centers Manufacturing S.p.A. di Vigolzone, centro all’avanguardia nel mondo delle macchine ad asportazione di truciolo, della robotica e dell’automazione.

L’azienda piacentina, fondata nel 1978, è stata scelta per rappresentare a Expo 2020 Dubai l’eccellenza dell'innovazione in Emilia-Romagna. Un riconoscimento che ha trovato la sua giusta celebrazione nel video realizzato dal premio Oscar Gabriele Salvatores per raccontare le regioni al Padiglione Italia. Attraverso immagini ipnotiche di macchinari in geometrico movimento, il filmato crea una perfetta sintesi tra tecnologia e artigianalità. A soli quattro anni dalla sua fondazione, Mcm cominciò la sua collabora-


zione con Ferrari Auto, la leggendaria casa automobilistica di Maranello che scelse di commissionare proprio alla giovane azienda piacentina la fornitura di un primo centro di lavoro, a cui avrebbero fatto seguito tanti altri negli anni successivi. Oggi Mcm è una realtà diffusa non solo in Europa ma anche in Cina e negli Stati Uniti, con una rete di partner in continua crescita. La sua visione è rimasta saldamente legata a quella delle origini, improntata – come ripetono con orgoglio in azienda – a una qualità senza compromessi. Scegliendo un approccio multidisciplinare, in una logica di integrazione totale tra meccanica, elettronica e informatica, che ha reso

Mcm capace di offrire un servizio tecnologico di eccellenza nella realizzazione di centri di lavoro e sistemi flessibili di produzione in settori strategici come l’aerospaziale, l’automotive, l’energia e l’oil&gas. Evolvere insieme, #evolvingtogether, è il motto che viene condiviso con staff, clienti, stakeholder e fornitori. In un dialogo continuo con i più importanti centri di ricerca e università, l’azienda pone il suo cuore nell’ufficio progettazione, che vede professionisti consolidati condividere il proprio know-how con giovani ingegneri. Manufacturing vuol dire però avvalersi anche di un’area di progettazione software in grado di sviluppare programmi per la gestione degli impianti

produttivi. E così nel 1986 è nata Mce, la divisione informatica di Mcm, per risolvere le crescenti complessità di impianti e sistemi di informazione, fino al coordinamento e alla gestione centralizzata di un intero stabilimento produttivo. Sempre all’avanguardia, con un approccio totale ai sistemi e alle tecnologie, scegliendo una filosofia “controcorrente” rispetto all’iperspecializzazione verso cui tende il mercato, spesso incapace di avere una visione globale dei processi produttivi. L’approdo naturale di Mcm è il mondo dell’Industry 4.0, grazie ai software che rendono possibile l’interazione tra fattore umano e unità robotiche nel processo produttivo, per riservare alle

La sede di Mcm - Machining Centers Manufacturing S.p.A. a Vigolzone (PC)

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© Edda Rancati

INNOVATION

persone mansioni sempre più qualificanti e meno ripetitive. Una realtà che non rinuncia a un approccio sartoriale e orientato alle esigenze particolari di ogni cliente, con un’attenzione estrema alla qualità e all’efficienza che si manifestano in ogni macchina e in ogni impianto progettato. E guardando le bellissime sequenze filmate da Salvatores negli stabilimenti di produzione, con le macchine in movimento, è impossibile non rimanere incantati. È lo stesso concept alla base della partecipazione italiana a Expo 2020 Dubai – la bellezza unisce le persone – a offrire la giusta chiave di lettura di questa innegabile armonia tra efficienza e perfezione. Laddove è proprio il saper fare – declinato qui in una sorta di coreografia ipnotica tra macchinari dalla tecnologia elevatissima e persone in azione – a proiettare lo sguardo verso la sfida del futuro. Una crescita sostenibile, esteticamente ineccepibile, realmente umana. mcmspa.it mcm.spa mcm-spa

© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020

Un addetto al lavoro nella sede di Mcm, tratto da un frame del filmato di Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai

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AGENDA a cura di Luca Mattei

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e Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

save NOVEMBRE the date 2021 ROMA FINO AL 18 GIUGNO 2022 È partita la stagione 2021-2022 all’Auditorium Parco della Musica, sostenuta dal Gruppo FS Italiane che è socio fondatore dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia. Ventotto esecuzioni sinfoniche, 18 da camera, un’opera in forma di concerto, uno speciale spettacolo di Natale, due tour europei e la partecipazione di 22 nomi di fama internazionale, da Kirill Petrenko a Sir John Eliot Gardiner, da Daniele Gatti a Myung-Whun Chung e Daniel Harding. Il direttore musicale Antonio Pappano è protagonista di otto appuntamenti, tra cui, a fine novembre, il Concerto per pianoforte n.1 di Johannes Brahms. Guida anche l’Orchestra in due tournée internazionali che fanno tappa a Vienna, Monaco, Amburgo, Barcellona, Parigi e Londra. A marzo, invece, è la volta della Turandot di Giacomo Puccini, per la prima volta eseguita in forma di concerto all’Auditorium. Un evento unico che segna il debutto di Jonas Kaufmann e di Sondra Radvanovsky. Il programma spazia dal Barocco al Romanticismo, dalla musica inglese e italiana del XX secolo a repertori inusuali e rarità. Stanislav Kochanovsky e Juraj Valčuha sono protagonisti di Fiabe in musica, la rassegna dedicata alle grandi narrazioni come La fanciulla di neve di Pyotr Ilyich Ciajkovskij, Il bacio della fata di Igor Stravinskij e Cenerentola di Sergej Prokof’ev. santacecilia.it

© Fondazione Musica Per Roma/Foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini

ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

Auditorium Parco della Musica

Matteo De Longis, key visual per Milan Games Week & Cartoomics 2021 26

MILAN GAMES WEEK & CARTOOMICS 2021 RHO (MI) 12>14 NOVEMBRE Uno è il più importante consumer show dedicato a videogiochi, digital entertainment e mondo geek. L’altro è lo storico appuntamento con la cultura pop che comprende fumetti, editoria, giochi di ruolo e da tavolo, cinema e cosplayer. Per la prima volta uniscono le forze per dare vita, nel quartiere espositivo di Fiera Milano, a un evento crossmediale dedicato all’intrattenimento. Uno spettacolo unico, come si evince dal sottotitolo, as one, e dal manifesto, un key visual dell’illustratore e designer Matteo De Longis che in un abbraccio ad alta quota simboleggia l’incontro tra la manifestazione digitale e quella analogica. Sono otto le aree in cui grandi e piccini possono trovare la creatività adatta ai propri gusti: Unplugged Games, Arcade, Gadgets, Show, Comics, ESports, Cosplay e Indie. milangamesweek.it


© Andrea Carta

FESTIVAL DELLE SCIENZE ROMA 22>28 NOVEMBRE La 16esima edizione della rassegna torna all’Auditorium Parco della Musica con incontri sul tema Sfide, dagli orti spaziali all’esplorazione di Marte, dalle onde gravitazionali all’intelligenza artificiale, dai bias cognitivi alla mobilità sostenibile e alle smart city. Oltre 200 eventi in presenza e in streaming a cui partecipano scienziati, giornalisti, intellettuali e rappresentanti delle istituzioni. Tra questi il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini, in dialogo con Marco Cattaneo, direttore delle riviste National Geographic Italia, Le Scienze e Mind. Ma anche la storica Naomi Oreskes con l’astrofisica Ersilia Vaudo e il filosofo Telmo Pievani, il giovane attivista Potito Ruggiero con il giornalista Federico Taddia e la divulgatrice Elisa Palazzi. auditorium.com/festivaldellescienze

© Fondazione Musica Per Roma/Foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini

© Simone Capitini

Daniel Spoerri, I giocolieri (1985), Giardini della Fortezza, Montepulciano

DANIEL SPOERRI MONTEPULCIANO (SI) FINO AL 30 SETTEMBRE 2022 La cittadina toscana espone le creazioni di uno degli artisti contemporanei viventi più poliedrici. La rassegna Daniel Spoerri. Festa di compleanno è un itinerario che propone oltre 70 opere del maestro e di altri grandi talenti, esposte nel Palazzo comunale in piazza Grande, nei Giardini della Fortezza e in tre cantine del Vino Nobile. Spoerri ha compiuto 90 anni nel 2020, ma la mostra è stata allestita solo quest’anno a causa del Covid-19. Nato nel 1930 in Romania, l’artista è anche ballerino, regista, scenografo, insegnante, ristoratore, gallerista, editore e poeta. Della sua vastissima produzione a Montepulciano sono presenti soprattutto le sculture dai primi anni ‘70 in poi. È la Fondazione d’Arte Vittorio Caporrella di Roma a mettere a disposizione le sue opere e quelle di Mimmo Rotella, Arman e César Baldaccini, esposte in mostra, che 60 anni fa diedero vita al Nouveau Réalisme. fondazionecaporrella.it

Le Lucide

LUCIDO FESTIVAL CAGLIARI 18>21 NOVEMBRE Il femminile e le sue forme di dis/abilità sono i temi scomodi, ma attuali, a cui è dedicata la settima edizione della kermesse, ideata dalle attrici Michela Sale Musio e Tiziana Troja, alias Le Lucide, e da sempre attenta alle questioni di genere, trattate in modo ironico e irriverente. L’aeroporto di Cagliari-Elmas, facilmente raggiungibile anche in treno, ospita eventi dedicati a donne extra-ordinarie. Come Heather Massie, autrice e performer dello show Hedy! The Life & Inventions of Hedy Lamarr, la storia di una star di Hollywood che ha inventato un sistema tecnologico per la trasmissione di segnali a spettro espanso, utilizzato nella telefonia e nelle reti wireless. O Alessia Refolo, campionessa mondiale paralimpica di arrampicata sportiva. E ancora l’attrice Irene Serini, fondatrice della compagnia Atopos, che unisce persone transessuali, transgender ed eterosessuali. lucidofestival.com 27


GUSTA & DEGUSTA

di Andrea Radic

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ANDREA MONESI: ELEGANZA E GOLOSA CONTEMPORANEITÀ

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rta San Giulio (NO) è uno dei borghi più belli d’Italia. Qui si esprime il talento di Andrea Monesi, giovane chef stellato Michelin, alla sua Locanda di Orta, un palazzetto di grande charme con alcune camere “bomboniera”, una casa calda e accogliente, dove l’amore per le belle cose traspare in ogni dettaglio. Quattro piccole creazioni dalla cucina aprono la strada a gusti e abbinamenti contemporanei e golosi. Emozioni coronate dalla sapienza enologica e dalla

Andrea Monesi e il suo staff

passione per il vino di Sara Orlando, maître e sommelier. Un percorso guidato dal talento di Monesi e dalla sua capacità di lavorare le materie prime creando sensazioni capaci di soddisfare chi ama una cucina di ottima ispirazione, creatività visiva e concretezza del gusto. In cucina con lui Alessio Bordenca, Nicholas Bianco, Bryan Veneziano e Lorenzo Bilotta. Un delizioso piccolo balcone in ferro battuto, colorato e profumato dal glicine, è l’ideale per chi vuole vincere facile con un romantico tavolo per due. Dal curatissimo menù, La capasanta che voleva diventare gratinata e Omaggio a Fabergé sono gli antipasti che rappresentano l’eleganza e la precisione dello chef. Tra i primi i Berlingots alle erbe, Comté e ragù di chiocciole sono un piatto goloso e di gran carattere che meriterebbe un bis immediato. Superbo Il mio piccione, suprema di piccione arrostita, coscia confit con datteri, foie gras e patate all’alga nori. Dessert creativi e ben equilibrati, carta dei vini di ottimo respiro geografico. Il servizio di sala gira come un orologio grazie alla passione e professionalità dei giovani Filippo Vasina e Filippo Galli, capaci di legare cucina e tavola nelle descrizioni dei piatti, regalando cortesia e sorrisi sinceri. locandaorta.com

ORENO TENUTA SETTE PONTI: TAGLIO BORDOLESE DAL TOCCO TOSCANO

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© Canio Romaniello

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enti le vendemmie festeggiate dall’etichetta di punta della famiglia Moretti Cuseri, un taglio bordolese dal tocco toscano. Oreno è un blend di Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, frutto dell’espressione di un territorio d’elezione e dell’appassionato e rigoroso lavoro dell’uomo. Esprime grande concentrazione aromatica, grazie alle brezze che soffiano tra le vigne della tenuta a 250 metri sul livello del mare. Al naso è intenso e complesso con ricche note di piccoli frutti rossi maturi, confettura e sentori di eucalipto, cacao e spezie. Al palato è avvolgente, caldo e morbido, con tannini eleganti e lunga persistenza. Corpo, finezza e armonia donano un grande potenziale a questo rosso coltivato nel terreno argilloso della Tenuta Sette Ponti a Castiglion Fibocchi (AR), dove il clima è temperato continentale. Un’area, quella del Valdarno, che nel 1716 fu inserita nell’editto di Cosimo III de’ Medici come zona di produzione di vini di alta qualità da proteggere. Antonio Moretti Cuseri crea il progetto vinicolo alla fine degli anni ’90, oggi è affiancato dai due figli Alberto e Amedeo. «Oreno nasce dal desiderio di fare un grande vino. Lavoravo nel mondo della moda quando ho scelto di dedicare la maggior parte della mia vita alla campagna», commenta il fondatore. «La più grande soddisfazione è stata che i miei figli abbiano scelto di lavorare con me per portare nel mondo

Da sinistra, Alberto, Amedeo, Giovanna e Antonio Moretti Cuseri

del vino stile, attenzione ai dettagli e creatività». Dalla cura in vigna in fase di vendemmia e alla vinificazione, fino all’affinamento in bottiglia, ogni passaggio è seguito con rigore da un team di altissimo livello. Ogni scelta e ogni gesto fanno in modo che unicità e riconoscibilità siano parte di questa etichetta dal grande potenziale di invecchiamento. Oreno è un vino da degustare giovane per calarsi nel suo territorio e nelle sue vigne o da custodire per anni per godere del suo equilibrio e della sua eleganza. tenutasetteponti.it


IYO EXPERIENCE: SUBLIME CUCINA GIAPPONESE

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uogo del cuore è la definizione più adatta a descrivere Iyo Experience, unico ristorante giapponese in Italia stellato Michelin. A Milano Claudio Liu ha scelto grandissimi talenti: lo chef di cucina Giampiero Brotzu, il sushi chef Katsumi Soga e il pastry chef Luca De Santi, capaci di unire in modo perfetto le diverse culture gastronomiche. Ciò che più conquista il palato nei piatti di Iyo è il dualismo tra l’essenzialità delle perfette cotture e i sapori definiti degli ingredienti. Ika Somen - Crudo di calamaro sfrangiato, caviale Royal Oscietra, verdure croccanti, uovo di quaglia e salsa soba dashi è un piatto identitario, espressione dell’eleganza orientale. Il Torimono Yuan Yaki - Coscia di pollo francese marinata con sake akazake e arrostita sulla carbonella, porro tostato, salsa kimizu e Arima sansho rappresenta l’anima nippo-europea della cucina. Dal menù Kobachi (piccoli piatti) Alice marinata nell’aceto di riso e yuzu, ricotta di bufala al kizami, wasabi e spinacino novello, e tra le tartare la notevole Hamachi Miso - Tartare di ricciola con pomodoro camone, salsa di miso allo yuzu e avocado. Gli Special Nigiri di Iyo restano scolpiti nel Dna del gusto: quello di Wagyu o di Granchio Reale, fino al goloso e raffinato Toro Foie Gras - Ventresca di tonno scottata, foie gras e salsa teriyaki. Da provare la Triglia di scoglio in crosta di yuba, salsiccia di Bra, crema di pomodoro confit e salsa nitsume, emblematico binomio di materie prime.

Ika Somen

Danilo Tacconi, maître e sommelier, gestisce con creatività e competenza la carta dei vini di ampia geografia e profondità enologica e quella dei sakè, provenienti dalle principali prefetture del Giappone. Dessert di alto livello come Pistacchio e frutto della passione in varie consistenze: cremoso, tortino, gelato, biscotto, caviale e meringa delicata. iyo-experience.com

CANTINE COLOSI A SALINA: VINI DAL CUORE MEDITERRANEO

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rofumi portati dal vento e panorami affascinanti diventano un tutt’uno con i vigneti terrazzati che respirano il mare e il sole e dove la forza misteriosa degli antichi vulcani è ancora parte dello spirito del luogo. Negli anni ‘70 Pietro Colosi inizia l’avventura vitivinicola di famiglia sull’isola di Salina. Trent’anni dopo è il figlio Piero, studi di enologia a Catania, a seguirne le orme e imprimere nuovo carattere all’azienda, insieme alla moglie Lidia. Oggi Piero e Pietro Colosi

la terza generazione è rappresentata da Pietro, enologo laureato all’istituto di San Michele all’Adige che fin da bambino ha assorbito la passione per la sua terra e i suoi vini, e dalla sorella Marianna. L’azienda Colosi conta 11,5 ettari di vigneto a Salina, cinque a Capo Faro, intorno alla cantina, e i restanti sei e mezzo a Porri. I primi sono coltivati a Malvasia delle Lipari, i secondi con uve bianche e rosse, Catarratto, Inzolia, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Corinto Nero. Le bottiglie prodotte sull’isola sono 120mila, a cui si aggiungono altre 320mila in Sicilia, principalmente da uve Grillo e Nero d’Avola. «La nostra linea stilistica è quella di non sovraccaricare i vini, ma di esaltare le caratteristiche che sono nella natura di ciascun vitigno, pochissimo legno per il Salina Rosso e nessun lievito aggiunto per i bianchi. Lasciamo che la nota principale la scriva il territorio», spiega Colosi. Bianchi di grande eleganza e intriganti note mediterranee, come il Secca del Capo e il Salina Bianco, da vigneti eroici nei loro terrazzamenti. Ma anche i passiti di piena struttura Na’jm e Nurah, nel rispetto della millenaria tradizione enologica delle Eolie. E, infine, un rosato di spiccata concretezza e rossi dai tratti eleganti. Nei vini di Colosi c’è l’isola di Salina in tutta la sua identità enologica. cantinecolosi.it 29


© Chewing Gum Graphics

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UN PROVINCIALE GUARDA IL MONDO MARIO VENUTI PORTA IN TOUR TROPITALIA, L’ALBUM CHE RIVISITA IN CHIAVE BRASILIANA BRANI CLASSICI DEL POP ITALIANO di Gaspare Baglio

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uesta estate ho avuto il privilegio di incontrare il mio pubblico, di ritrovarlo ed emozionarmi. Ho riletto in chiave brasiliana le canzoni del mio repertorio e raccontato il nuovo disco, Tropitalia. Non vedo l’ora di tornare a suonare». Con queste parole Mario Venuti, cantautore siciliano raffinato e mai banale, lancia il suo tour invernale. La prima tappa è il 3 dicembre al Blue Note di Milano. Il giorno dopo è nella sua Catania e il 5 si esibisce live a Palermo. On stage, oltre alle sue hit, i brani dell’album che rivisita in mood carioca alcuni capisaldi della musica leggera made in Italy. Com’è nata l’idea di Tropitalia? Mi è venuta a marzo 2020, durante il primo lockdown, quello più pesante. Mi sono ritrovato in casa e, per passare il tempo, ho rivisto su YouTube vecchi filmati di programmi come Canzonissima. Ho cominciato a suonarne le canzoni, ma vedevo che nelle mie mani diventavano qualcos’altro. Non mi accontentavo delle armonie: le allargavo con suoni brasiliani, più sofisticati, tendenti al jazz. E poi? Ho trovato il complice perfetto in Tony Canto, anche lui amante della musica tropicalista. Ci siamo messi a lavorare a distanza. Un principio razionale per tutto il processo creativo non c’è stato. Abbiamo cercato di coprire più decadi possibili. Casualmente, però, ci sono molte canzoni anni ‘60 come Non ho l’età e Il cuore è uno zingaro. Come mai? È stato un periodo d’oro per la musica italiana. Molti di questi brani, infatti,

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sono conosciuti anche in Brasile. Ci avete messo tanto per realizzare il progetto? Ci siamo presi il nostro tempo, visto che non potevamo comunque fare concerti. Molti artisti hanno dato il loro contributo da remoto: Patrizia Laquidara ha cantato a distanza, Joe Barbieri da casa sua a Roma e così anche i percussionisti, vere e proprie star come Mario Refosco che ha suonato dalla sua abitazione newyorchese e Marcelo Costa che ha mandato i file da Rio De Janeiro. Posso dire che è stato un disco realizzato in smart working. Come hai scelto le varie collaborazioni? Sono persone che hanno un linguaggio comune al mio, non c’è stato bisogno di spiegare nulla. Che tipo di lavoro avete fatto? Abbiamo agito su tre piani. Il primo è quello ritmico, perché la musica brasiliana avendo origine africana è molto esuberante, complessa e sincopata. Poi il lato armonico, considerato che soprattutto la bossa nova è sofisticata e vicina al jazz e le canzoni sono state riarrangiate per regalare il sapore tropicalista. Infine, il piano del canto in cui ho abbandonato l’ottica pop della voce spiegata, utilizzando un’emissione confidenziale con tonalità più basse. Le melodie non sono state cambiate, ma il modo in cui vengono esposte dà un’idea diversa della composizione. E i brani come sono stati scelti? Sono pezzi al di sopra di ogni giudizio, patrimonio collettivo e musicale. Non si discutono perché sono molto

popolari. Musica leggera con un lato nobile, volutamente esaltato da elementi acustici. Abbiamo classicizzato canzoni che sono di tutti. Il viaggio ha influito nella tua carriera? È importantissimo. I Beatles, per esempio, sono l’essenza dell’essere britannico e già ascoltandoli ci si immerge in quelle atmosfere. Poi c’è la cultura brasiliana che porta con sé suoni, sapori, modi di vivere. Quando li osservo mi sento un provinciale che guarda il mondo. Cioè? Fondamentalmente sono sempre rimasto a Catania. E questo guardare l’universo da qui per me è sempre stata la regola, in maniera molto naturale. Presto ti vedremo live. Sei pronto? Sono molto soddisfatto dell’album. In concerto il risultato è ritmicamente marcato, c’è allegria, saudade e anche le mie canzoni, in mezzo al resto, fanno una bella miscela: si sono tropicalizzate. mariovenutiofficial mariovenuti

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WHAT’S UP

NOTE DA CAMERA IL ROME CHAMBER MUSIC FESTIVAL CELEBRA BEETHOVEN, ZAPPA E BERNSTEIN. CONCERTI A ROMA E FIRENZE CON ARTISTI DI TUTTO IL MONDO

23, 24, 25 novembre all’Auditorium della Conciliazione di Roma e, per la prima volta, il 22, anche nel Salone dei Cinquecento a Firenze. «Il Festival non vuole restare entro i confini imposti alla musica definita colta», commenta il direttore artistico e violinista Robert McDuffie, «ma intende trasmettere la singolarità della musica da camera con la sua forte valenza etica e la capacità di incontrarsi con altri generi, dal jazz alle performance attoriali fino al

© Alessandro Zingone

di Carmen Pidalà

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riginalità, anticonformismo, commistione di generi, melodie ed epoche. Riparte da Ludwig van Beethoven, Frank Zappa e Leonard Bernstein il Rome Chamber Music Festival. Oltre 40 musicisti provenienti da tutto il mondo, maestri di fama internazionale e giovani talenti celebrano tre geni musicali diversi tra loro ma legati per innovazione, passione e capacità di rompere schemi e barriere. In programma quattro concerti, il 21,

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sitore che diventa popolare, riesce a uscire fuori da quei margini della musica classica che gli vengono imposti, per arricchire un gusto contemporaneo», prosegue McDuffie. Allo statunitense Bernstein è dedicata invece la serata di mercoledì 24 novembre con le sue Arias and Barcarolles per mezzosoprano, baritono e pianoforte a quattro mani. Gran finale il 25 novembre: alla classica si uniscono le sonorità reggae e hip hop di Bob Lennon, giovane artista proveniente dalla Georgia, e l’omaggio a Zappa con Luca Sanzò alla viola e Valentina Scheldhofen Ciardelli al contrabbasso. romechamberfestival.org

© Elena Mancini

confronto con un genio come Zappa». Apertura domenica 21 e lunedì 22, sia a Roma che a Firenze, con il quartetto d’archi Razumovsky, di Beethoven, e il concerto per violino, pianoforte e quartetto d’archi del francese Ernest Chausson. Si prosegue il 23 con un'intera serata dedicata ad altri due capolavori del compositore tedesco, il famoso Settimino e la Sinfonia n.1. «Beethoven è un musicista che non ha sofferto di una musica relegata a mero divertimento del signore di turno, si emancipa dalle corti, creando delle sinfonie che poi avranno la fortuna di essere amate da un pubblico molto vasto. È il primo compo-

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PARLARE CON LA MUSICA di Sandra Gesualdi

«Sono sempre stata timida, fin da piccola, e per comunicare con il mondo invece di parlare suonavo il pianoforte». Flavia Moretti studia musica da quando aveva sei anni, frequenta il Conservatorio Licinio Refice di Frosinone e ha appena pubblicato K, il suo secondo album, diffuso sulle principali piattaforme di distribuzione digitale. «Un titolo simbolico che rappresenta l’incognita della vita, di chi siamo, del tempo che scorre», spiega. Otto tracce per duetti, scritti ed eseguiti dalla giovane autrice, con diversi musicisti professionisti al violino, al flauto e alla fisarmonica. Brani che sanno di mattino fresco, morbidi morsi di giovinezza, nostalgia per ricordi vivaci. Escursioni di classica che partono da Ludwing van Beethoven, suggeriscono rimandi a Ezio Bosso e richiamano note eclettiche e sperimentali. «Scrivo quello che sento e mi circonda», prosegue l’artista, «tra dieci anni o più mi vedo ancora a suonare. Su un palco o per strada, ovunque sia possibile, la musica è un linguaggio universale». Un talento junior da tenere sott’occhio. flaviamoretti_musicista Flavia Moretti

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WHAT’S UP

I MILLE VOLTI DI BARBARA LA NAPOLETANA DOC FORIA SPOPOLA IN TV CON LE PARODIE DI QUELLI CHE IL LUNEDÌ. MA SOGNA DI INTERPRETARE UN RUOLO DRAMMATICO AL CINEMA di Gaspare Baglio

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senza dubbio uno degli assi di Quelli che il lunedì, lo show comico del prime time di Rai2, edizione serale del fu Quelli che… il calcio. Barbara Foria, napoletana doc e una lunga gavetta alle spalle, ha avuto un vero e proprio boom con le imitazioni delle giornaliste Serena Bortone e Myrta Merlino. E quest’an-

gasparebaglio

no torna con tante novità. Quali sono i nuovi personaggi “del lunedì”? La prima è Donna Imma Polese, regina dell’Hotel La Sonrisa, il celebre Castello delle cerimonie. La studiavo da tempo e ho addirittura un gruppo su whatsapp con alcuni amici per commentare le sue gesta. È una delle personalità

Foto Cinzia Capparelli, stylist Luca Pisciottano, hair & make-up Antonio Morici, location Hotel de la Ville Roma, Rocco Forte Hotels

forti di Napoli, volevo regalarle ancora più lustro e simpatia. Anche perché io non sono imitatrice, faccio parodie. Fai il verso anche a un’altra donna celebre? Selvaggia Lucarelli, una capace di giocare su più campi: grande giornalista da inchieste, blogger, giudice di un talent show. Sembra cattiva perché la disegnano così, ma forse no… È una bella sfida che mi diverte molto. Oltre alla tv che farai? A maggio 2022 debutto con un nuovo spettacolo alla Sala Umberto di Roma. Spero in una grande tournée in giro per l’Italia. Come si intitola? Volevo nascere scema, una frase che tutte le donne dicono almeno una volta nella vita. Il sottotitolo è: magari non andavo in guerra. Nel mezzo del cammin della mia vita sono in una crisi oscura e la valutazione che ho fatto è: se fossi nata scema forse avrei vissuto meglio, non avrei avuto delusioni. Non è sempre un bene capire troppo. Non solo teatro, però... Su Rtl 102.5, ogni sabato dalle 9 alle 11, conduco con Armando Piccolillo il programma Chi c’è c’è, chi non c’è non parla, dedicato agli sfoghi degli ascoltatori che possono intervenire per denunciare torti o disservizi. Anche la radio, quindi. Cosa ti manca? Interpretare qualche ruolo drammatico al cinema. Lo dico in tutte le interviste. Che cosa ti auguri dopo la fine della pandemia? Che si vaccinino sempre più persone e non si torni indietro: la notizia dell’apertura del 100% dei teatri è bella e la gente non deve avere paura. Spero, soprattutto, che si possa tornare alla normalità e togliere le mascherine quanto prima, fare uno spettacolo vedendo il pubblico con il volto coperto è un po’ triste. barbaraforia

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IL MEDICO DEL CUORE

di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

I

l dottor Alberto Ferraris è uno dei due protagonisti di Cuori, fiction in onda su Rai1 fino ai primi di dicembre. Nei suoi panni Matteo Martari, soddisfatto di poter interpretare un

eccellente cardiochirurgo vissuto negli anni ‘60, un periodo in cui i cervelli italiani ritornavano dall’estero e anche qualche donna riusciva ad affermarsi come cardiologa. Che tipo di personaggio è Ferraris? È giovane e determinato, vuole realizzare un sogno. Viene soprannominato lo svedese, perché ha studiato a Stoccolma, ma anche perchè, secondo un collega invidioso, la sua fama è destinata a durare tanto quanto un fiammifero svedese. A volte, infatti, Alberto può sembrare arrogante, ma è grazie al suo talento che viene chiamato dal dottor Cesare Corvara per lavorare nell’ospedale Molinette di Torino. La sua è una storia vera. Negli anni ‘60 furono tante le innovazioni nel settore medico.

© Maddalena Petrosino

MATTEO MARTARI INTERPRETA IN TV UN CARDIOCHIRURGO CHE NEGLI ANNI ‘60 FU PROTAGONISTA DELL’INNOVAZIONE ITALIANA IN CAMPO MEDICO

Achille Mario Dogliotti (Corvara sul piccolo schermo, interpretato da Daniele Pecci, ndr) fu il primo al mondo a perfezionare la macchina cuore-polmone. Mentre il suo allievo, Angelo Actis Dato, alias Ferraris, depositò uno dei primi brevetti di cuore artificiale. Poi il sudafricano Christian Barnard, nel 1967, realizzò il primo trapianto di cuore. Era un periodo in cui si osava e si credeva nel futuro. Sembri preparato sulla materia... Mi sono immedesimato molto nel ruolo. Dopo qualche lezione con veri cardiochirurghi sono anche in grado di dare dei punti di sutura. Ma non consiglierei a nessuno di affidarsi alle mie mani (ride, ndr). Qual è il rapporto tra Ferraris e Corvara? Lui è il primario, c’è grande stima tra i due. Sono amici nella vita, Corvara lo era anche del padre di Ferraris. Ma il loro legame rischia di incrinarsi... Per quale motivo? A causa di una donna, Delia Brunello (Pilar Fogliati), la moglie di Cesare, che ha avuto anche un passato sentimentale con Alberto. Come mai, secondo te, le fiction ambientate negli ospedali continuano ad avere successo, anche durante una pandemia? Si tratta di qualcosa di diverso dalla realtà. Le storie in tv creano empatia, arricchite da episodi di vita personale e intrecci amorosi. In un periodo difficile, regalare una distrazione al pubblico è importante, è come abbracciarlo. Al cinema sarai protagonista di Quattro metà, con Matilde Gioli e Ilenia Pastorelli. Cosa racconta? Non posso anticipare nulla. Hai un volto dai lineamenti marcati, una voce impostata. Non hai mai pensato al teatro? Mi sono formato nella scuola di Maurizio Nichetti, a Milano, una città molto stimolante. Mi piacerebbe portare in scena un testo di Harold Pinter, anche rivisitato, oppure un brano interessante di un autore poco conosciuto. martarirsm 35


open day

triennali 20 novembre magistrali 27 novembre

Avrò gli strumenti per raccontare la bellezza del nostro patrimonio artistico in tanti contesti diversi. Yulli, 21 anni

Programma e iscrizioni iulm.it/openday


UN TRENO DI LIBRI

Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]

In viaggio con il Prof

STORIA DI SHUGGIE BAIN IL RITRATTO DI UNA GLASGOW ANNI ‘80, DI UNA FAMIGLIA E DI UNA DONNA SULLA VIA DELL’AUTODISTRUZIONE. UNA STRUGGENTE, STRAORDINARIA STORIA D’AMORE

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omanzo d’esordio di Douglas Stuart, vincitore del Booker Prize a novembre 2020. Siamo nella Scozia anni ‘80, nelle periferie di Glasgow duramente colpite dalla povertà e dalla mala gestione politica. Un tempo le ricche miniere davano lavoro e sostentamento a centinaia di famiglie, ma ora tutto è crollato e i minatori sono diventati merce rara. La maggior parte degli uomini si consola con l’alcol che riescono a racimolare girovagando per il Paese. Nessuno ambisce più a migliorare la propria condizione sociale, l’unico obiettivo è sopravvivere. Con i sussidi, con gli imbrogli, magari, anche annebbiando la propria lucidità con bionde birre calde o azzurre compresse di Valium. Shuggie viene abbandonato in tenera età dal padre e si trova a vivere con la madre, la sorella maggiore Catherine, che presto sceglierà di trasferirsi molto lontano, e il fratello Leek, silenzioso e solitario disegnatore alla costante ricerca di una via di fuga. La madre Agnes è una figura prepotente nelle vite dei figli, tormentata e portata all’autodistruzione. La sua grande bellezza e la sua ottima educazione non saranno sufficienti a strapparla via dal mostro dell’alcolismo, che ogni giorno la

trasforma sempre più in una donna rabbiosa e senza contegno, che riuscirà soltanto ad allontanare le persone che le vorrebbero stare vicine. Gli uomini che Agnes ha amato, in particolare il padre di Shuggie, sono l’altra terribile arma contro se stessa: desiderare il loro amore la porterà a fare scelte sbagliate che condizioneranno tutta la sua vita e quella dei figli. In questo scenario così crudo e duro, il piccolo Shuggie è un paradosso: gentile, educato, sensibile. È lui che si prende cura della mamma nelle mattine che seguono le violente e moleste sbornie. È sempre lui che cerca di difenderla dalle cattive dicerie che le perfide vicine non vedono l’ora di alimentare. Ama sua madre ed è convinto che sia una persona di valore e onesta, quando non beve. Ma questa circostanza capita molto raramente. Shuggie è diverso da tutti gli altri, dentro e fuori. I suoi movimenti sono delicati, gli piace essere pulito e ordinato, ama ballare. Purtroppo, i suoi atteggiamenti sono giudicati strani e si troverà a doversi difendere dai continui attacchi, sia fisici che psicologici, dei ragazzini della sua età e della gente del posto. Gli servirà molto tempo prima di trovare un’amicizia sincera, che possa regalargli piccoli ma indispensabili

momenti di serenità. Le descrizioni dei luoghi e dei protagonisti di questo racconto arrivano a toccare profondi angoli di malinconia e tristezza, facendoci percepire la crudele ingiustizia che spesso, purtroppo, nutre la nostra quotidianità. Questa stessa percezione, però, riesce a farci desiderare intensamente un futuro migliore e più consapevole. Un futuro dove il piccolo Shuggie sia libero di ballare.

Mondadori, pp. 528 € 21

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UN TRENO DI LIBRI

BRANI TRATTI DA SHUGGIE BAIN

© Blue_Cutler/GettyImages

[...] Agnes si abbandonò sul bordo del letto. Shuggie sentì che la lattina si era rovesciata sul materasso e cominciava a bagnargli i calzini. Agnes affondò il viso tra i capelli del figlio e pianse aride lacrime di frustrazione; il suo alito era appiccicaticcio sul collo di Shuggie. Si lasciò cadere di schiena sul letto e tirò giù il bambino accanto a sé. Stretto fra le sue braccia, Shuggie vide che il viso della madre era sbilenco, il trucco degli occhi era sbaffato e stava colando. Aveva lo stesso aspetto di certe bellone delle lattine di Tennent’s: uno stampatore distratto, un retino sbagliato ed ecco che la donna non era più integra ma solo un’accozzaglia di strati diversi. Agnes allungò la mano per prendere le sigarette posate sul letto, se ne accese una e, aspirando forte, ne trasformò l’estremità in una punta di rame incandescente. Guardò la luce per un istante e la sua voce si ruppe in una serie di recriminazioni, inframezzate alle parole della canzone. Il braccio destro era proteso con grazia e Agnes teneva la sigaretta accesa contro le tende. Shuggie vide la cenere bruciare il tessuto, poi mandare un filo di fumo grigio, e cominciò a dimenarsi quando, con un gemito, il fumo esplose in una fiamma-

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ta arancione. Agnes lo strinse a sé con l’altro braccio. «Shhh. Fai il bravo per la mamma». C’era una calma inerte nei suoi occhi. La stanza divenne tutta d’oro. Le fiamme si arrampicavano lungo le tende di tessuto sintetico e cominciavano a correre verso il soffitto. Il fumo scuro che si levava sembrava volere sfuggire alla voracità del fuoco. Shuggie si sarebbe spaventato, ma la madre sembrava calmissima e la stanza non era mai stata così bella, con la luce che gettava ombre danzanti sulle pareti e la carta da parati paisley che prendeva vita, come mille pesci avvolti nel fumo. Agnes si aggrappò a lui, e insieme guardarono in silenzio tutta quella bellezza nuova. [...] «È una bambola quella che hai in mano, Shuggie?». Il ragazzino lo chiamò per nome come se si conoscessero da un mucchio di tempo. Senza aspettare la risposta aggiunse: «Sei una femmina?». Si avvicinò schiacciando l’erba alta sotto i piedi. Shuggie fece di no con la testa. «Se non sei una femmina allora devi essere un frocio». Il sorriso si fece più teso. La sua voce era bassa e dolce, come se stesse parlando a un cucciolo. «Non sei un frocio, vero?». Shuggie non sapeva cosa fosse un frocio, ma sapeva che era una cosa brutta. Era

così che Catherine chiamava Leek quando voleva offenderlo. «Non lo sai cos’è un frocio, nanerottolo? Un frocio è un maschio che fa le cosacce con altri maschi». Johnny adesso gli era di fronte, alto quasi il doppio di lui. «Un frocio è un maschio che vorrebbe essere una femmina». Bonny Johnny era bianco sporco, come se fosse stato lasciato a macerare nel tè. Aveva la pelle giallastra e i capelli del colore del miele, gli occhi ambrati come una birra. Sorrise e aveva già tutti i denti da adulto. La lingua di Shuggie batté dove gli era caduto l’incisivo. Johnny gli strappò la bambola di mano e la gettò nel cestello. «Vedi? Anche lei vuole fare un giro di giostra!». Johnny si schiacciò contro la schiena di Shuggie, lo cinse con le braccia e lo sollevò verso la bocca della lavatrice. Shuggie si arrampicò nel cestello sentendo una mano dargli un’ultima spinta mentre ci rotolava dentro. Tenendo stretta Daphne, si girò a guardare fuori verso la luce del giorno, le gambe nude gelate dal freddo del metallo. Afferrata una delle alette all’interno del cestello, Johnny cominciò a muoverlo da sinistra a destra, dondolandolo lentamente come la culla di un neonato. Shuggie perse l’equilibrio e cercò di opporsi al dondolio tendendo tutti i muscoli, mostrando i denti come un


© Richard Johnson/Adobestock

Un assaggio di lettura

Case popolari abbandonate in un sobborgo di Glasgow, UK

gatto spaventato. Daphne gli scivolò di mano e cominciò a sbatacchiare all’interno del cilindro. Johnny continuava a cullare dolcemente. «Vedi? Non è così male, eh?». [...] Johnny squadrò il bambino da capo a piedi. Shuggie aveva del sangue sulla gamba, dove il metallo aveva tagliato la pelle, e qualche livido cominciava già a intravedersi sulle braccia e sulle gambe. Johnny lo trascinò attraverso un nugolo nero di mosche nel buio fresco del casotto. Si sentiva un odore acido come di yogurt andato a male. Nel buio, Johnny si sputò sulla mano e gliela passò sul viso bagnato, poi lungo tutta la gamba insanguinata. Servì solo a peggiorare la situazione. Il sangue divenne una pappetta bavosa, impiastricciandosi ancora di più anziché andare via. Il ragazzino si lasciò prendere dal panico, gli occhi spalancati dalla paura. Strappò dal terreno una manciata di grosse, verdi foglie di romice e le usò per strofinare la gamba di Shuggie. Strofinò finché il sangue non fu sparito, rimpiazzato da una densa traccia di poltiglia vegetale. La clorofilla bruciava sulla ferita. Shuggie ricominciò a piagnucolare. «Sta’ fermo, bastardo di un frocetto».

Tutti i toni della sua precedente affabilità erano spariti. Shuggie vide sbocciare sulla pelle giallastra i segni rossi lasciati dalla mano del padre. Nel casotto il silenzio era disturbato solo dal ronzio dei mosconi. Johnny continuò a massaggiare la gamba finché il respiro di Shuggie non si placò, trasformando il bambino da bianco a rosso a un verde scuro. E mentre il panico abbandonava gli occhi di Johnny, sulla sua faccia abbronzata tornò lentamente quel sorriso falso. Era molto buio nel casotto dei bidoni. Bonny Johnny si rialzò in piedi, un’esile sagoma sullo sfondo della luce intensa del giorno. Porse a Shuggie la poltiglia verde delle foglie e si abbassò i pantaloncini da ginnastica. «Smettila di piangere» disse attraverso i suoi denti da grande. «Adesso tu massaggi me». [...] Suor Meechan si portò la mano al cuore per lo spavento. Il bambino con il vestito attillato le era molto, molto vicino. Shuggie intrecciò le dita delle mani dietro la schiena, come se fosse un anziano, come se fosse il direttore dell’intero ospedale. La suora avrebbe voluto toccarlo a sua volta. Vedere se era reale. «Oh, figliolo. Non puoi sgusciare alle spalle della gente in questo

modo». «Io sto bene attento a dove cammino. Io non sguscio». Si sistemò la sottile cravatta. «Può per favore rispondere alla mia domanda?». La suora sbatté le palpebre. «In paradiso? Immagino di sì. A volte». Shuggie si morse il labbro. «Perciò da qui possono andare anche all’inferno?». La suora avrebbe potuto rispondergli che dipendeva dai turni, che la maggior parte delle persone ricoverate il giorno del derby sarebbero probabilmente andate dritte all’inferno. Lo squadrò da capo a piedi; il bambino non poteva avere più di otto, nove anni. «No, figliolo. Quasi mai» mentì invece. Con dita curiose, Shuggie accarezzò la catenina di orologio che le pendeva dalla tasca. «E prendono l’autobus, per andare in paradiso?». Un sorrisetto di sufficienza attraversò le labbra di suor Meechan. Quando la donna tese la mano perfettamente pulita per dargli una carezza sulla testa, Shuggie si ritrasse d’istinto. «No, per favore!» protestò. «Mi sono appena fatto la riga». Poi le si avvicinò di nuovo imbronciato e riprese a torcere le maglie della catenina. La mano della suora indugiò con imbarazzo a mezz’aria, insolitamente 39


UN TRENO DI LIBRI

Un assaggio di lettura

privata della posizione di comando. «Sei un bambino molto ordinato». «Mia madre dice che non costa niente tenere al proprio aspetto». «Perciò quella donna era tua madre?» chiese la suora gettando un’occhiata verso il fondo del corridoio. Shuggie fece di sì con la testa. «Mhhh». Avvolse la catenina intorno alle dita e sbirciò il viso gentile della suora. «Non fa niente, comunque. Non deve piacerle per forza. A volte beve da sotto il lavandino della cucina e allora non piace a nessuno. Né a mio papà, né a mia sorella maggiore, né a mio fratello maggiore. Ma non fa niente. A Leek non piace praticamente nessuno. Mamma dice che è un sociospastico». Suor Meechan chiuse gli occhi, occhi grigio chiaro che avevano visto ogni genere di peccati e traversie. «Lo fa spesso?» chiese. Shuggie lasciò andare la catenina. La guardò da sotto in su attraverso le sopracciglia aggrottate. «Penso a tutto io. Sono capace di fare la spesa e controllo che vada a letto quando è ora. Inoltre, suor infermeria. Non ha risposto alla mia domanda. Mamma mi ha detto che mio nonno presto andrà in paradiso e volevo sapere se dovrà prendere l’autobus o se possiamo portarcelo noi con un taxi».

La mano della suora si spostò dal cuore alla gola. «Oh, figliolo. Non funziona esattamente così. Non se ne vanno in autobus. Cioè, a volte partono con una grossa automobile nera». Suor Meechan cominciò a tormentarsi un rotolino di grasso del collo, torcendolo come se fosse una collana. «Ma quando una persona va in paradiso non porta con sé il proprio corpo». Shuggie rifletté sporgendo il labbro all’infuori. L’occhio destro si chiuse in segno di amara incredulità. «Non porta il cuore?». «No». «Non porta gli occhi?». «Be’. No». «Non porta nemmeno le dita?». «No, figliolo. Non porta le gambe, le braccia, il naso. Non porta niente, perché non è il suo corpo che va da Dio. È la sua anima». Shuggie sembrò in qualche modo sollevato. La suora vide spostarsi il peso che gli gravava le spalle. Il bambino girò sui tacchi delle scarpe tirate a lucido e seguì la nuvoletta profumata di Agnes lungo il corridoio. Si fermò davanti alla porta. «Perciò se il tuo corpo non va in paradiso, non fa niente se un altro ragazzino gli ha fatto qualcosa di brutto in un casotto dell’immondizia, giusto?». [...] «Per cos’è tutto questo ambaradan?»

CIAO ALBERTO di Marco Mancini

Alberto Brandani ci ha lasciato. Il viaggio con il prof. s’interrompe. A dicembre un’ultima tappa, in memoria, a firma della figlia Giulia che l’ha aiutato anche in questa rubrica di novembre. Alberto ha combattuto con fierezza la sua battaglia contro gli “animaletti”, così li chiamava, che si erano intrufolati nel suo corpo, senza mai intaccarne lo spirito. Perché la sua mente è stata lucida, acuta e brillante fino all’ultimo giorno. E assetata di conoscenza. E di letture. E di progetti. Battezzare animaletti i tumori che lo avevano aggredito dice tanto sulla natura e indole dell’uomo. A capo per 20 anni del Monte dei Paschi di Siena, quando il Monte era il Monte, dirigente e consigliere di amministrazione in Anas e in Ferrovie e poi presidente di Federtrasporto, per tutti era “il professor Brandani”. Uomo di lettere, uomo di profonda cultura. Nel nostro ultimo incontro, quando parlava a fatica e forse lui stesso percepiva la fine prossima, ha dichiarato di essere stato un uomo fortunato. Ancor più noi ad averti avuto come amico e collaboratore. Ci mancherai. Ciao Alberto.

© ccromam70/Adobestock

Sobborgo di una metropoli

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chiese Shuggie asciugandosi il viso. «È il compleanno di tua madre» spiegò Shona dipanando un filo di lucine colorate. Guardò Shuggie strizzando gli occhi. «È sangue quello che hai in faccia?». «Mi è uscito dal naso. Può succedere, quando il cervello ti cresce più velocemente del cranio». Fece spallucce. Sembrava una storia tutto sommato credibile. «E comunque, mamma ha solo ventun anni! Me l’ha detto lei stessa». Si avvicinò furtivamente agli stecchini con l’ananas. «In realtà ritengo che abbia passato i trenta, ma ti prego di non dirle che l’hai saputo da me». «È il suo compleanno per gli AA, scemo. Un anno che non beve». Leek era salito su una sedia e stava attaccando grossi palloncini colorati lungo il bordo superiore dei mobili. Sorrideva, una cosa talmente rara che Shuggie si fermò a contemplarlo. [...]


Lo scaffale della Freccia

a cura di Alberto Brandani

ANNO BISESTILE Peter Cameron Adelphi, pp. 275 € 19 Il rapimento più sgangherato del secolo, un tentato omicidio non meno improbabile e una serie di altri disastri connessi al più lungo, accidentato e imperdibile divorzio fin qui raccontato. Nella Soho delle gallerie, delle palestre esclusive e delle ancor più elitarie banche del seme. «La sola idea di orologio biologico è assurda. L’hanno inventato gli uomini per rendere isteriche le donne».

BELLE GREENE Alexandra Lapierre Edizioni e/o, pp. 528 € 19 New York, primi anni del ‘900. Una ragazza appassionata di libri rari, discendente di ex schiavi neri, si fa beffa del destino salendo tutti i gradini della scala sociale e professionale. Diventa la direttrice della biblioteca del magnate J.P. Morgan e la beniamina dell’aristocrazia internazionale con il falso nome di Belle da Costa Greene. Dilaniata tra la propria storia e la scelta di appartenere alla società che opprime il suo popolo.

CANTO PER EUROPA Paolo Rumiz Feltrinelli, pp. 256 € 17 Una giovane profuga siriana fugge sulla barca a vela di quattro uomini assetati di miti. La leggenda della principessa fenicia "Evropa", rapita sulla costa del Libano da Giove, s’intreccia con gli eventi del Mediterraneo di oggi: emigrazioni, secessioni, conflitti, turismo di massa. Un poema sulla leggenda della fondazione del nostro continente, sulle sue origini, i suoi valori, i suoi strappi e le sue lacerazioni.

NON È QUESTO CHE SOGNAVO DA BAMBINA Sara Canfailla, Jolanda Di Virgilio Garzanti, pp. 288 € 16,90 Diventare adulti? È dura. Ecco come si potrebbe riassumere questo romanzo di formazione con protagonista Ida, una ragazza neolaureata e fuorisede, di stanza a Milano, che ha velleità da sceneggiatrice ma si ritrova a fare la social media manager. I sogni soffocati, i colleghi brillanti e simpatici ma non con lei. E la consapevolezza che, per sopravvivere, deve essere meno se stessa. G.B.

L’ULTIMO VECCHIO SULLA TERRA Remo Remotti, Davide Toffolo Rizzoli Lizard, pp. 224 € 18 Cosa hanno in comune il fumettista rocker Davide Toffolo e il poeta e performer Remo Remotti? Il frontman dei Tre allegri ragazzi morti, spinto dall’ammirazione per il leggendario outsider romano, gli ha dedicato un graphic novel. Si passa dall’infanzia borghese alla tardiva scoperta del cinema, passando per la giovinezza da pittore cosmopolita. Un viaggio creativo nella cultura del ‘900. G.B.

PADRE OCCIDENTALE Simone Lisi Effequ, pp. 320 € 17 Il maestro di yoga Aldo si confronta con il figlio Silvio, aspirante scrittore, sull’origine in Italia di questa antica disciplina indiana, in un dialogo che si avvicenda tra divagazioni e rimandi. Si entra, con determinato garbo, dentro le relazioni generazionali tra padre-figlio incastonate nella società odierna. Per rintracciare con sarcasmo, autoironia e scrittura gentile qualcosa su di sé e sulle proprie reti familiari. S.G.


Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti L’ANNO CHE NON HO COMPIUTO GLI ANNI Beatrice Masini, illustrazioni Angelo Ruta Carthusia, pp. 32 € 17,90 (da 5 anni) Vincitore del premio Gianni Rodari città di Omegna, questo albo illustrato aiuta i piccoli lettori a superare la paura verso ciò che non si vede. Cosa succede nella mente di un bambino costretto a stare chiuso in casa un anno perché fuori è arrivato qualcosa di molto pericoloso e invisibile? Anche la protagonista ha dovuto rinunciare alla scuola, ai giochi all’aria aperta, a festeggiare il suo compleanno. Ma il mostro invisibile può essere vinto.

MISSIONE REPORTER Gabriela Jacomella DeA Planeta Libri, pp. 224 € 13,90 (da 12 anni) Una guida che aiuta i ragazzi a orientarsi nel caotico mondo dell’informazione. Per diventare dei veri reporter e capire la realtà, descrivendola nero su bianco. Il mondo del giornalismo è un universo complicato dove chi esercita la professione viene qui raccontato e descritto come un eroe, perché si barcamena tra storie quotidiane che riguardano tutti, per condividerle con gli altri. G.B. 42

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SMOOT, UN’OMBRA RIBELLE Michelle Cuevas De Agostini, pp. 44 € 13,90 (da 8 anni) Che cosa succederebbe se la nostra ombra all’improvviso non ci obbedisse più e cominciasse a muoversi per conto proprio? Di solito è capace di diventare un’amica immaginaria, qui invece una piccola ombra di nome Smoot si ribella e si lancia in una serie di avventure. Il bambino a cui appartiene era triste e solitario ma imparerà a sorridere proprio grazie alle sue marachelle.

IL TRENO Salah El Mur Mesogea, pp. 32 € 12 (da 5 anni) Il treno come metafora del viaggio per raggiungere i propri sogni. Mansùr e sua mamma Bakhita, un giorno di buon mattino, salgono su un vagone e affrontano un lungo tragitto per andare a trovare l’anziana nonna, in una città molto lontana sulle rive del Nilo. Lasciata la stazione ha inizio il viaggio: meraviglioso, popolato da strane e bizzarre creature, colorate e oniriche. Una storia illustrata e tradotta per la prima volta dall’arabo.

IL PIANETA DI GRETA TRE STORIE DEL BOSCO Alessandra Viola e Rosalba Vitellaro, Cristiano Sormani Valli, illustrazioni illustrazioni Annalisa Corsi Mariachiara Tirinzoni, Rossana Trevisin Einaudi, pp. 182 € 16 (da 11 anni) Youcaprint, pp. 50 € 16 (da 6 anni) Tredici anni, una sensibilità acuta, poca Un bambino si perde nel bosco e voglia di mangiare e alcuni compagni incontra una lucertola, un pettirosso di scuola che la bullizzano. Greta vuole e un albero. Tra i quattro personaggi superare paure e fragilità cercando di inizia un dialogo in cui il protagonista impegnarsi in qualcosa di davvero grande. impara da ognuno dei suoi nuovi amici E decide di salvare il pianeta da quel mostro valori importanti che lo trasformano nero e fumoso che solo lei riesce a vedere. e lo rendono migliore: l’altruismo e Insieme alla sua storia si raccontano anche la velocità, l’importanza di imparare le vite di un orso, di un topino e di un albero, e il potere la saggezza, il valore per capire gli effetti dei cambiamenti dell’amicizia e dell’immaginazione. Tre climatici e raggiungere una nuova piccole voci della natura da ascoltare e consapevolezza ambientale. S.G. da cui apprendere. S.G.



INCONTRO

Foto Gianni Brucculeri, stylist Susanna Ausoni, make-up Laura Barenghi, hair Alessia Solidani. Management Notoria Lab

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PUMP UP THE VOLUME

SEMPRE ATTIVA, SPORTIVA E SUPER SOCIAL. L’INSTANCABILE MICHELLE HUNZIKER TORNA IN PRIMA SERATA SU CANALE 5 CON IL PROGRAMMA ALL TOGETHER NOW di Cecilia Morrico

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In tutto il servizio foto tratte dal programma All Together Now

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e luci si accendono, partono gli applausi, il volume della musica si alza. Davanti a tutto questo lei, Michelle Hunziker, nella sua radiosa simpatia oltre all’evidente bellezza. Pronta a coinvolgere il pubblico di Mediaset nella quarta edizione di All Together Now, sfida musicale di Canale 5 che vede la partecipazione di 14 concorrenti. Gli aspiranti cantanti si esibiscono davanti a un “muro” di 100 professionisti, protagonisti del mondo della musica e dello spettacolo, capitanati da quattro giudici vip: J-Ax, Rita Pavone, Francesco Renga e Anna Tatangelo. Oltre a rivelare le diverse storie dei contendenti canori, «alcune appassionanti e incredibilmente toccanti», Michelle racconta le sue avventure imprenditoriali e illustra quello che non è proprio nelle sue corde. Quarto anno per All Together Now, qual è la forza del programma? È un game show musicale, una formula nuova per la televisione rispetto ai vari giochi in cui si vincono soldi. Oltre al montepremi, c’è questo grande muro vivente di giurati che esaminano i concorrenti canterini provenienti da ogni parte d’Italia. Il pubblico si ap-

passiona alle loro storie, entra in empatia e sogna di far arrivare il proprio preferito alla vittoria. In più, quest’anno la vincita è di 100mila euro, a cui si uniscono i 15mila del main sponsor, Wind Tre, per il concorrente che riesce a far cambiare opinione su se stesso in modo radicale ai quattro giudici vip. Un programma pulito ed elegante: lo guardi, canti e ti diverti. Insieme a te nuovamente J-Ax, Rita Pavone, Francesco Renga e Anna Tatangelo, giuria di vip che in alcuni momenti diventano intrattenitori della trasmissione. Cosa dobbiamo aspettarci? Sono preziosissimi, li ringrazio sempre tanto perché, come dico a loro e al pubblico, non è così scontato che quattro artisti della loro portata si mostrino così disponibili. Mettersi in gioco ed esibirsi in canzoni che quasi sempre non sono parte del proprio repertorio è molto raro e questo impreziosisce parecchio la trasmissione. Bisogna aspettarsi di tutto, specialmente da J-Ax: siamo abituati a sentirlo rappare, mentre qui lo vedremo cantare spessissimo con tutto il gruppo. Una storia particolare che ti ha colpito quest’anno?

Ogni concorrente ha qualcosa di straordinario da raccontare. E quest’anno abbiamo dato importanza alle storie già dai casting, insieme ovviamente alle voci: All Together Now si contraddistingue anche per le doti canore dei partecipanti, che sono persone di ogni età, mestiere e provenienza. Il dietro le quinte più spiritoso di questa nuova edizione? Ce ne sono tantissimi, a partire dal tormentato rapporto tra Francesco Renga e il muro dei 100 giudici. Quest’anno si è incrinato ulteriormente perché Francesco è molto severo e, giustamente, visto che 100mila euro in palio sono tanti, mette in discussione ogni volta l’operato del muro. Il gruppo di giudici, che si sente un’entità unica, non manca mai di rispondergli e così si scatenano delle faide inenarrabili anche nei fuori onda, che fanno molto ridere. Il tuo cantante o genere musicale preferito? Vivo di musica da quando sono piccola. Ogni momento della mia vita ha una colonna sonora: i miei amici si stupiscono di come io ricordi a memoria l’uscita di un pezzo, ma succede perché lo lego a un avvenimento personale. La mia colonna sonora attuale è il brano Shivers di Ed Sheeran, ma in genere ascolto tutti i tipi di musica. Per registrare il programma hai viaggiato spesso sulla linea Milano-Roma. Com’è il tuo rapporto con il treno? È ottimo, ho scoperto con grande piacere che a bordo riesco a lavorare bene: posso mandare mail, rilassarmi, guardare una serie tv o dormire un po’. Così, alla fine il tempo passa. Ma devo dire che l’andata sembra sempre più veloce del ritorno, anche perché riparto spesso di sera tardi per poter stare con le mie bambine. Riprendo il treno dopo aver registrato una puntata in cui ho ballato e cantato su un tacco 12 e arrivo a Milano davvero stanca. Come reagisci alle richieste di selfie quando sei in giro? Il rapporto con i fan è sempre stato molto importante per me. Non perché mi senta obbligata a essere gentile ma perché amo le persone che mi circondano e la gente se ne accorge. Ripeto sempre ai miei familiari e amici 45


© Gianni Brucculeri.

INCONTRO

Michelle Hunziker con i quattro giudici vip: da sinistra J-Ax, Rita Pavone, Anna Tatangelo e Francesco Renga

che devono rispettare il mio rapporto esclusivo con i fan. Quando qualcuno ha bisogno o desiderio di scattare una foto con me io sono disponibile. Se non sto bene o sono triste non mi metto nella condizione di stare in mezzo alla gente, oppure faccio buon viso a cattivo gioco perché è il mio lavoro, altrimenti avrei scelto di fare altro. Essere a disposizione dei fan per me è la prima regola. Quest’anno è prevista una puntata speciale per la sera di Natale, con 15 bambini protagonisti, battezzata All Together Now Kids. Com’è nata l’idea? È stata fortemente voluta dall’editore, da me e da Roberto Cenci, regista e direttore artistico della trasmissione. Siamo molto legati a questa puntata, è di una tenerezza infinita. Anche in questo caso, i bambini vengono scelti con le stesse regole che usiamo per gli adulti: non sono concorrenti abituati ad andare sul palco e potete immaginare, quindi, quali episodi deliziosi escano fuori da questa situazione. Ax ha dato il meglio di sé durante 46

la puntata di Natale, ha pianto per sei ore di seguito. Non ho mai visto un uomo piangere così tanto: è un papà stupendo, ha un cuore grande e si commuove sinceramente. A un certo punto anche Rita Pavone ha cominciato a piangere, quindi aspettatevi una valle di lacrime (ride, ndr). Com’è il Natale a casa Hunziker, invece? Le feste le sento tantissimo. Essendo diventata mamma per la prima volta a 19 anni, ho sempre vissuto il Natale soprattutto per le mie figlie. Mi impegno tantissimo affinché loro possano vivere intensamente e per più tempo possibile la sua magia e la sua bellezza: cucino, scrivo poesie per le persone che amo e le faccio scrivere agli altri. Poi cantiamo, balliamo e apriamo i regalini, soprattutto durante la Vigilia, il momento che sentiamo di più. Puntuale ritorna anche la conduzione di Striscia la notizia con Gerry Scotti, per chiudere l’edizione 2021/22. Squadra che vince non si cambia? Gerry per me è un fratello e fare Stri-

scia con lui è come andare a casa di un amico, divertirsi e fare due chiacchiere in grande serenità. Non c’è niente di scritto tra noi: ci guardiamo negli occhi e riusciamo a fare il nostro mestiere divertendoci. Anche il team del programma per me è una famiglia, d’altronde questo per me è il 18esimo anno. Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Insieme a Giulia Bongiorno, con la onlus Doppia difesa, ti occupi di aiutare le vittime di discriminazioni, abusi e violenze. Che dati avete registrato durante la pandemia e che consigli dà alle sue figlie? Per noi il 25 novembre è tutti i giorni perché con la onlus ci occupiamo sempre delle vittime di maltrattamenti. Purtroppo durante la pandemia abbiamo avuto quasi il 60% di richieste d’aiuto in più. Abbiamo fatto tantissima comunicazione affinché le donne abusate o violentate in casa durante l’emergenza sanitaria potessero capire che i soccorsi erano sempre disponibili e le forze dell’ordine potevano


Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno per Doppia difesa

rali e cruelty free. Abbiamo anche dei fantastici integratori che sostengono le persone nella loro quotidianità e chi li prova si innamora. Insomma, il brand rispetta la mia filosofia dell’in&out, ovvero il curarsi prima dentro e poi fuori. Sul web porti avanti anche Iron ciapét, il format dedicato agli allenamenti e al fitness. Non bisogna mai fermarsi? Lo sport fa parte del mio percorso di wellness e amor proprio. È parte integrante della mia realtà sin da piccola ed è una filosofia di vita. Mi aiuta ad affrontare le sfide quotidiane e a rialzarmi per cercare di superare i miei limiti. Durante la pandemia, mi sono resa conto che potevo condividere i

michellehunziker.it therealhunzibook therealhunzigram Michelle Hunziker

Michelle Hunziker e i suoi trainer all’Iron boot camp ciapét a Milano Marittima (10 luglio 2020)

© Daniele Venturelli/Getty Images

intervenire comunque. Non abbiamo mai chiuso la nostra fondazione e siamo stati attivi con i consulti psicologici online, il sostegno degli avvocati che si sono messi a disposizione per offrire assistenza legale e anche con i consigli sanitari dei nostri esperti. Come mamma di figlie femmine dico e ripeto, fino a sembrare ridondante, l’importanza di essere indipendenti. La vera libertà è poter scegliere dove vivere e con chi, senza pesare economicamente su nessuno. Oltre a essere forti emotivamente, vorrei che non si facessero mai schiacciare o svalutare da maschi che non hanno ancora compreso il significato della parola emancipazione. Ti dedichi anche al tuo marchio Goovi, una linea di cosmesi naturale e di integratori, con una comunicazione molto social. Goovi è una mia idea, nata sei anni fa grazie alla passione che ho per il mondo delle donne. Già da bambina mi piaceva fare squadra ed era da tempo che volevo creare un brand che potesse coccolare, sostenere e aiutare le donne a capire l’importanza dell’amor proprio, del prendersi cura di se stesse, del proprio corpo e della propria mente. Goovi è molto di più di un brand: è una fortissima community. Abbiamo un gran numero di persone che hanno una conversazione costante con il mio team, che dispensa consigli e suggerimenti. Sta andando molto bene, perché i prodotti realizzati con il mio socio di maggioranza, Arzana, sono di altissima qualità. Siamo vegan, natu-

miei allenamenti guidati da professionisti con le persone sole in casa, ed è diventato un format molto amato. Subito dopo è nato l’Iron boot camp ciapét, un evento live che si è svolto a Milano Marittima a luglio e si trasformerà sicuramente in un tour sportivo in giro per l’Italia. Per me è difficile fermarmi perché sono sempre piena di nuove avventure e ho voglia di fare cose diverse. Ma ogni tanto bisogna rubare un po’ di tempo per se stessi e dedicarsi al dolce far niente. Spettacolo, impegno sociale, cosmesi, sport. A quando anche una collezione di moda? A questo pensa mio marito (Tomaso Trussardi, ndr). Io non mi sento proprio portata a dire alle persone come vestirsi, preferisco il wellness e lo sport. Tutto il mio percorso imprenditoriale è legato al mio vissuto e la moda sicuramente non ne fa parte. Mi vesto in modo semplice e nelle trasmissioni ho dei bravissimi stylist, quindi il fashion non mi appartiene proprio. E poi ho già troppe cose da portare avanti, non ultimo il mio impegno televisivo che è il mio pane quotidiano e la grande passione della mia vita.

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IN VIAGGIO CON

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rotagonista femminile della serie cult Gomorra, che torna su Sky dal 19 novembre, e interprete di ruoli profondi, porta sul piccolo e grande schermo storie intense e a volte sofferte. Ma il suo volto di donna è aperto e solare, la sua vita ben bilanciata tra l’impegno professionale di attrice e il duplice ruolo di moglie e mamma di Diego ed Edoardo. Tanto che, con treno prenotato e biglietto in mano, all’ultimo Ivana Lotito ha voluto rinviare il nostro viaggio: «Edoardo è raffreddato, preferisco restare con lui». Mamma e attrice: ruoli compatibili? La gestione non è poi così complicata. Nel mio lavoro vivo momenti molto intensi e quando sono sul set, magari, viene mia mamma a darci una mano, ma ho anche periodi più statici durante i quali posso trascorrere molto tempo con i miei figli. Certo, dal punto di vista psicologico si vive qualche difficoltà in più. Quando preparo un personaggio ho bisogno di concentrazione, solitudine, di vivere conflitti e tensioni, dialogare con alcune persone, immergermi nella storia. Per loro è incomprensibile. Diego mi ha visto recitare in Rosa Pietra Stella, dove ero la mamma di Ludovica Nasti che mi diceva: «Sei una brutta mamma, mi fai schifo». E lui le rispondeva: «Non è vero, mamma è bella, è brava». Hai esordito a teatro nel 2005, poi hai avuto un crescendo professionale con ruoli sempre più importanti. Sei felice? Sì, anche se non ho ancora fatto completamente pace con il mio mestiere, a volte precario, che mi porta sempre alla ricerca di qualcosa e mi lascia spesso un’inquietudine di fondo. Sono sicura di mettercela tutta per raggiungere l’obiettivo a livello di preparazione, sforzo, studio. Poi vado a un provino e mi sembra sempre la prima volta. Quando è scattata la voglia di fare l’attrice? Ero bambina e già avevo capito ciò che amavo di più, poi ho scoperto che quella sensazione si chiamava recitare. È stato un percorso naturale, mosso da entusiasmo e convinzione. Sono andata via di casa dopo il liceo da Corato, in provincia di Bari, dove sono cresciuta, per venire a Roma.

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VOLTO DI

DONNA SEMPRE ALLA RICERCA DELLA PROFONDITÀ, NEL LAVORO E NELLA VITA. IVANA LOTITO È AZZURRA AVITABILE NELLA SERIE GOMORRA, CHE TORNA IN TV DAL 19 NOVEMBRE di Andrea Radic

Andrea_Radic

andrearadic2019


Foto Erica Fava, stylist Angela Jeleva, make-up Chiara Corsaletti, hair Domenica Ricciardi Si ringrazia il Baglioni Hotel Regina di Roma

Ho fatto qualsiasi tipo di lavoro, non è semplice gestirsi da sola a 19 anni, ma avevo dalla mia parte i genitori, che mi hanno sempre sostenuta. Al tuo debutto a teatro erano presenti? C’erano, felici e orgogliosi di vedere in cosa si traduceva la passione di cui parlavo sempre. Riuscirci è stata dura? Non mi sono mai adagiata, ho studiato all’università e frequentato scuole di recitazione. Non l’accademia, perché non mi hanno presa, ma forse è stato meglio così. Non penso che recitare possa essere un mestiere improvvisato o che si ottiene solo con la fortuna o le qualità estetiche. Necessita, invece, di grandi sacrifici. Anche se a volte la scelta di un attore non dipende solo dal talento, ma intervengono fattori che purtroppo non hanno a che fare con la preparazione. Ma la fiducia e la fermezza in quello in cui credi ti fanno andare avanti: per me, dopo quel debutto, le opportunità sono venute abbastanza rapidamente. A volte ho dovuto ricordarmi di avere il fuoco dentro, ma non ho mai pensato di mollare perché fare a meno di recitare sarebbe come rinunciare a una parte di me. Poi è arrivato Gomorra, che ha riconosciuto ampiamente il tuo talento. È stata una macchina meritocratica, capace di premiare i talenti sia a livello artistico che tecnico. Personalmente mi sono sentita apprezzata, stimata. Il 19 novembre parte la quinta e ultima stagione, il capitolo finale. Cosa dobbiamo aspettarci? È stata un’esperienza totale sia a livello umano che professionale, con aspetti quasi magici di intreccio personale: ero incinta e ho partorito sia nella finzione che nella vita. Una sorta di energia soprannaturale regolava il meccanismo. È una serie che darà grandi emozioni, intensa, che va oltre ciò che abbiamo vissuto nelle precedenti. Siamo stati audaci in tutto. È più interessante confrontarsi con i personaggi che interpreti o con i registi che ti dirigono? Sono un’attrice che deve essere diretta, da sola non vado da nessuna parte. Ho bisogno di stimoli per diventare incisiva, rigorosa con me stessa. Alcuni 49


© Marco Ghidelli

IN VIAGGIO CON

Ivana Lotito in una scena della quinta stagione di Gomorra

registi hanno tirato fuori un lato che neanche credevo di avere. Poi, certo, il personaggio è il primo passo, deve risultarmi interessante. Ma con il tempo ho capito che, senza lo sguardo del regista, il personaggio per me più stimolante può diventare piattissimo, mentre quello che mi appariva banale può risultare molto efficace e divertente. È sempre la chiave di lettura a fare la differenza, insieme alla sensibilità, alla ricchezza interiore e a una certa osservazione del mondo. Dove trovi la tua carica interpretativa? Ha a che fare con l’intimità, con una storia personale che c’è oppure no. Nella mia vita sono stata segnata da fatti belli e brutti, ed è nell’esperienza che rintraccio la fonte di un dolore o di una gioia. Cerco sempre di basarmi su qualcosa di vissuto, anche se i drammi cui faccio riferimento sono inferiori a quelli della finzione, e mi fermo nel ricordo di quel sentimento, tono, suono, odore che mi consentono di ricrearlo. Poi c’è l’empatia necessaria per assorbire e rivivere ciò che qualcun altro sta vivendo. Forse è questa la capacità attoriale: fare propria un’emozione. Parteciperesti a un film comico? Mi piacerebbe, anche per sfatare questo mito del mio essere oscura e drammatica. Hai un buon rapporto con la tua famiglia d’origine e le tue sorelle. Se i tuoi genitori non salgono a Roma scendi in Puglia per stare un po’ con loro. Come ti accoglie tua madre? Dimostra il suo amore in modo meno 50

fisico di ciò che ci si potrebbe aspettare da una donna del Sud. Si prende cura di tutti noi, figlie e nipoti, ma è concreta più che sentimentale, e io ho preso da lei. Ti piace il rapporto con il pubblico? Sei disponibile ad ascoltare chi magari ti ferma per strada? Ancora mi sorprende che le persone mi riconoscano, che vogliano scattare una foto con me e farmi un complimento. Quindi sì, mi fa molto piacere. Ma senza esagerazione, come quando mi chiesero una foto al pronto soccorso dell’ospedale mentre consolavo mio figlio che piangeva. Cosa non sopporti e cosa ti piace nelle persone? Odio la presunzione, la supponenza

e il maschilismo: l’odore di patriarcato non mi va giù. Apprezzo l’accoglienza, la generosità e l’assenza di pregiudizi. Il tuo rapporto con il tempo? Mai sentito come una minaccia, né pensato di averne perso, perché ho vissuto intensamente. I primi segni del tempo li vedo nel fatto di essere più realistica, forse un po’ cinica. Qual è il profumo della tua infanzia? Il ragù della domenica che preparava mia mamma. Mi svegliavo e c’era questo profumo nell’aria, insieme a quello di pavimento pulito, di detersivo. Nella mia famiglia, qualunque cosa accadesse, a pranzo e a cena si stava a tavola tutti insieme. E questo mi è rimasto.

L'attrice Ivana Lotito con il giornalista Andrea Radic


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LA TERRA DELLE

CASTAGNE NEL PARCO REGIONALE DI ROCCAMONFINA E FOCE GARIGLIANO, IN PROVINCIA DI CASERTA, TRA SENTIERI PREISTORICI E BOSCHI SECOLARI CHE REGALANO PREGIATE VARIETÀ DEL PANE DEI POVERI di Floriana Schiano Moriello

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ì dove milioni di anni fa dominava il fuoco, la natura si è placata manifestandosi in tutta la sua bellezza e vitalità. Siamo nel Parco regionale area vulcanica di Roccamonfina e Foce Garigliano, 11mila ettari di terra che dal cuore della Campania si estendono fino al basso Lazio e scrutano il Molise. Qui in autunno il clima è mite, il profumo di terra bagnata e le calde sfumature di colore, dal giallo paglierino al rosso carminio, scaldano il cuore, catturano lo sguardo e accompagnano lo scor-


© Marco Di Pinto

rere lento del tempo sconosciuto ai moti vorticosi delle grandi città. A sorvegliare l’immensa area, in provincia di Caserta, c’è il vulcano estinto di Roccamonfina, il più antico della regione, dirimpettaio del Vesuvio. Lungo i sentieri, le rocce dalle forme singolari rammentano la passata attività eruttiva che ha forgiato il territorio, fatto di paesaggi montani e collinari che digradano verso il mare, copiosi corsi d’acqua, terreni fertili, uliveti, vitigni autoctoni e boschi di castagni secolari spalmati su tutta l’area.

© Marco Di Pinto

Il vulcano estinto di Roccamonfina (CE)

L’abbondanza di castagneti ha fatto sì che questa zona, da fine estate e per tutto l’autunno, fosse in gran fermento, prima con la raccolta della castagna Tempestiva, particolare per la sua precoce maturazione, e poi per la Napoletana, la Mercogliana, la Paccuta e la Lucente, varietà che si raccolgono entro il mese di ottobre. Questa specialità rappresenta l’oro bruno della zona ed è in attesa del riconoscimento del marchio di Indicazione geografica protetta, già al vaglio della Commissione europea a Bruxelles. La castagna caratterizza l’area di Roccamonfina sin dal tempo dei Romani, ma fu nel Medioevo, a seguito delle invasioni barbariche, che divenne fondamentale. Anche il legno di questi alberi fu essenziale per la sopravvivenza delle popolazioni locali nella stagione invernale. Con l’arrivo degli Angioni, nel ‘200, questo prodotto cominciò a essere commercializzato: nacquero il mercato settimanale e la fiera d’autunno. Appuntamenti che, mutati nel tempo, hanno lasciato il passo a sagre, manifestazioni ed eventi destinati a incoming turistici per la valorizzazione della castagna e del suo territorio, carico di storia, arte e percorsi naturalistici. La versatilità in cucina del cosiddetto

pane dei poveri è testimoniata dalle ricette tramandate oralmente in cui è previsto l’uso del frutto fresco ma anche essiccato o trasformato in conserve e dolciumi. Il terreno vulcanico, la bassa altitudine e il caldo umido concorrono alla precocità di maturazione che, unita alla particolare dolcezza e all’abbondanza di sali minerali, attinti dai suoli lavici, rendono questa specialità prelibata e ambita dal mercato italiano ed estero. Negli archivi di enti, monasteri e biblioteche sono conservati atti amministrativi, successioni e mercuriali che riportano gli usi civici dei castagneti e dei suoi prodotti, dal Medioevo ai tempi moderni. I documenti evidenziano come l’interazione tra l’ambiente favorevole al castagno e la capacità dei contadini del posto abbia consentito lo sviluppo socioeconomico e culturale dell’area, che ricade in massima parte nei confini del Parco. Ad affiancare gli atti circola l’affascinante leggenda tramandata nei secoli dagli abitanti della zona, in cui si narra che il francescano San Bernardino da Siena, venuto a rendere omaggio a un quadro della Vergine, volle affiancare alla costruzione del Santuario della Madonna dei Lattani quella di un convento. Il monaco, per conoscere la volontà di Dio sul progetto, piantò in terra un ramo secco 53


© Marco Di Pinto

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Castagneto e pagliaio del Parco regionale area vulcanica di Roccamonfina e Foce Garigliano (CE)

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© Domizia Incoming

I murales del borgo Valogno (CE)

di castagno della varietà Tempestiva. Poco dopo la fronda germogliò e per lui quello fu il segno dell’approvazione. La leggenda vuole che nel bosco di castagni intorno al complesso religioso, tra la chiesa, il convento e i luoghi di eremitaggio del Santo, ci sia ancora l’esemplare più antico da cui i monaci presero le talee per innestare i castagni spontanei dei dintorni e renderli fruttiferi. Nacque così la Castagna di Roccamonfina. A celebrare il profondo legame tra il territorio e il suo prodotto principe c’è il gigantesco vrollaro che campeggia nella piazza centrale della cittadina di Roccamonfina: non un classico monumento ma una grossa padella bucherellata perfettamente funzionante per la cottura delle caldarroste, dette vrole in dialetto locale. Lo speciale attrezzo, costruito dagli artigiani del luogo, garantisce la cottura sulla brace di 1.300 kg di castagne, e dal 2018 è entrato anche


trova il sito paleontologico Ciampate del Diavolo, uno dei più importanti al mondo, dove orme di ominidi risalenti a 350mila anni fa fanno pensare che questo sia più antico sentiero preistorico percorso dall’uomo. Oltre ai percorsi a stretto contatto con la natura merita una visita Sessa Aurunca, con la cattedrale del XII secolo che unisce lo stile romanico al barocco e il Teatro Romano costruito nel I secolo d.C. sotto l’impero di Augusto. Per la grandiosità dei resti e l’importanza dei reperti rinvenuti, questo edificio è la testimonianza tangibile dell’interesse di Roma per Suessa, antico nome dato alla città degli Aurunci. La zona dove sorgeva è costituita da tanti piccoli borghi tra cui spicca, per la sua recente storia, quello di Valogno: 90 anime, destinato a spopolarsi sempre più, è diventato capolinea di visite grazie ai murales realizzati sulle facciate dei palazzotti e negli atri. Un’operazione di riqualificazione voluta da Dora Musolella e Giovanni Casale che, attraverso il progetto Colorare il grigio, hanno richiamato nella zona artisti da tutto il mondo. Una sosta piacevole e di approfondimento è quella al museo interattivo Natura viva di Palazzo Seccareccia, nel Comune di Galluccio, dove è conservata una collezione zoologica che rappresenta la biodiversità degli eco-

sistemi terrestri e le peculiarità naturali e ambientali del Parco. Galluccio è anche il nome del vitigno autoctono fiore all’occhiello del Roccamonfina, territorio votato anche all’allevamento della vite. Alle falde del vulcano c’è la città di Teano, nota per essere stata lo scenario dell’incontro più celebre d’Italia, quello tra Giuseppe Garibaldi e re Vittorio Emanuele II alla fine della Spedizione dei Mille. È particolarmente interessante dal punto di vista storico-archeologico per la presenza del Teatro Romano, dove sono conservate quasi integralmente le decorazioni dell’edificio scenico, mentre i resti recuperati sono custoditi al museo Teanum Sidicium, che consente un tuffo nella storia dell’area. Tra i monumenti della città, inoltre, spicca la cattedrale dell’XI secolo intitolata prima a San Terenzio e successivamente a San Clemente. La vastità del Parco regionale, spalmata su sette comuni, offre un ventaglio notevole di punti di interesse. E, soprattutto, riesce a tramettere il calore delle comunità locali, la rilassatezza dei luoghi sospesi nel tempo, la bellezza della natura che svela angoli segreti e dona frutti pregiati in un uno dei periodi dell’anno più lenti e coinvolgenti. parcodiroccamonfina.it

© Domizia Incoming

nel Guinness dei primati. A intensificare la bellezza del paesaggio sono i sinuosi serpeggiamenti dei fiumi Garigliano, Peccia e Savone. Lungo il loro corso si possono ammirare ruderi di antichi mulini e frantoi che proprio dallo scorrere incessante dell’acqua traevano l’energia per azionare le pesanti macine di pietra lavica. Suggestive, in questo contesto, le cascate di Conca della Campania e i sentieri per raggiugerle. Segni d’archeologia industriale sono invece riconoscibili vicino alle sponde del Savone, con i resti delle ferriere, piccole fabbriche che hanno lavorato il ferro fino all’epoca borbonica. Il territorio rurale è costellato di tipiche strutture architettoniche costruite con pietre vulcaniche, tra cui muretti a secco, strade selciate, alcune di epoca romana altre di età medievale, ma anche lavatoi, pagliai e neviere o resti bellici del Secondo conflitto mondiale. Alla borgata Gallo sarà presto inaugurato un museo dei reperti lasciati dalle truppe militari che si sono avvicendate sul territorio tra il 1943 e il ‘4 4. Passando da una parte all’altra del Parco si ammirano ciclamini, crochi e funghi di ogni specie, si scorgono masserie, luoghi caratteristici e ricchi di tradizioni popolari, paesini in cui la vita scorre semplice e in armonia con il paesaggio. A Tora e Piccilli si

Sessa Aurunca (CE)

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IN CERCA DEL DIAMANTE BIANCO I DALLE FIERE DI ALBA E ACQUALAGNA ALLE MOSTRE MERCATO DI SAN MINIATO E SAN GIOVANNI D’ASSO. UN TOUR PER SCOPRIRE IL TARTUFO BIANCO, IL FRUTTO PIÙ PREGIATO DELL’AUTUNNO di Flavio Scheggi

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mescoupsdecoeur

l bosco in autunno regala frutti pregiati come castagne, funghi porcini e noci. Oltre a questi, però, ce n’è uno che spicca per il profumo impossibile da ignorare e l’alone di mistero che lo avvolge. È il tartufo bianco, alimento tra i più pregiati della cucina italiana che proviene dai boschi del


Nord e Centro Italia. «Andare a tartufi è un’emozione, una tradizione che mi è stata tramandata da mio padre e mio nonno. Quando porto le persone a vivere questa esperienza rivedo in loro la stessa espressione che avevo io a sei anni quando ho trovato il primo tartufo». A parlare è Cristiano Savini, rappresentante della quarta generazione di una famiglia toscana che da un secolo seleziona e vende tartufi. «Ancora oggi un brivido mi percorre quando il cane, appena scovato il tartufo, mi fissa come per dirmi “guarda cosa ho trovato” e vede nei miei occhi la soddisfazione.

Quell’attimo è un vero lusso, un momento che ti fa tornare all’essenza della vita», continua. Di emozioni legate a questo prodotto la Savini Tartufi ne ha molte da raccontare, ma una spicca su tutte: «Nel 2007, a 28 anni, con mio padre Luciano ho trovato a Palaia, tra le colline pisane, un tartufo bianco di quasi un chilo e mezzo. Ci sono volute due ore di lavoro certosino per estrarlo integro dal terreno e siamo entrati nel Guinness dei primati per il tartufo più grande e il prezzo più alto mai pagato: 330mila dollari, andati in beneficenza», racconta Cristiano.

Per tutti gli appassionati, ma anche per chi vuole conoscere meglio questo prezioso fungo ipogeo, a novembre in alcune zone d’Italia si ripetono da decenni fiere, mercati e sagre. Occasioni che consentono di cercare e degustare questo frutto della terra o semplicemente di lasciarsi trasportare dal suo profumo unico. La prima tappa è l’immancabile Alba (CN), dove ogni fine settimana, fino al 5 dicembre, si svolge la 91esima edizione della Fiera internazionale del tartufo bianco. Il cuore dell’evento è il Mercato mondiale all’interno del Cortile della Maddalena dove si possono

© Maurizio Milanesio/Adobestock

Tartufi bianchi e, sullo sfondo, colline e vigneti delle Langhe, Piemonte

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San Miniato (PI)

scoprire e acquistare i migliori esemplari della zona. Ad arricchire ogni weekend gli eventi Alba Truffle Show e quelli dedicati ai grandi vini di Langhe, Monferrato e Roero e ai piatti preparati da rinomati chef. Il consueto appuntamento con la solidarietà è fissato per il 14 novembre: la XXIII edizione dell’Asta mondiale del tartufo bianco vede la partecipazione, in sala e in collegamento streaming da tutto il mondo, di

grandi cuochi e celebri personalità per raccogliere fondi da destinare a enti benefici. «Il cambiamento climatico che si fa sentire sempre di più ci ha spinto a posticipare di una settimana l’apertura della Fiera, seguendo lo slittamento della stagione tartufigena. Quella della sostenibilità è una sfida non rimandabile, e rappresenta la svolta che quest’anno abbiamo deciso di impriCristiano Savini e il suo cane a caccia di tartufi

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mere alla manifestazione, il cui focus è la connessione con la natura», spiega la presidente dell’Ente fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba, Liliana Allena. La tappa successiva è in Toscana, dove è d’obbligo visitare due località che legano il loro nome a questo prodotto. La Mostra mercato nazionale del tartufo bianco di San Miniato (PI), giunta alla 50esima edizione, si svolge negli ultimi tre weekend di novembre. Nel centro storico del paese, incastonato tra Pisa e Firenze, si danno appuntamento oltre 100 espositori per presentare le eccellenze enogastronomiche locali e di tutta Italia. Durante la mostra si possono degustare piatti preparati con questa specialità, da abbinare ai migliori vini, e partecipare a eventi, convegni e presentazioni di libri. Il tema di quest’anno è Il tartufo declinato al femminile. «Vogliamo portare all’attenzione dei visitatori l’impegno di alcune donne e chef che si sono distinte nel campo della cultura, dell’arte e della scienza. Lo faremo attraverso cooking show, incontri e tavole rotonde con associazioni», spiega Marzio Gabbanini, presidente della Fondazione San Miniato Promozione. Dalle colline pisane si passa a quelle senesi. A San Giovanni d’Asso, frazione di Montalcino (SI) e piccolo borgo medievale, nei fine settimana del 13-14 e 20-21 novembre è prevista la 35esima edizione della Mostra mercato del tartufo bianco delle Crete senesi. Il villaggio ospita stand gastronomici con le eccellenze locali, dove pranzare e cenare a chilometro zero. A fare


Asta mondiale del tartufo bianco di Alba (CN)

da spalla al “diamante bianco” ci sono prodotti del territorio come i formaggi pecorini, gli insaccati, le carni di Cinta senese, l’olio extravergine e sua maestà il Brunello. «Questa non sarà un’annata da ricordare per la quantità di tartufo bianco. L’assenza di piogge durante l’estate ha penalizzato la raccolta. Ma ci possiamo consolare con la qualità, che si preannuncia di ottimo livello. Anche se dobbiamo aspettare la metà di novembre per sapere davvero com’è andata», afferma Paolo Valdambrini, presidente dell’Associazione tartufai senesi. Nelle due domeniche della Mostra chi vuole vivere un’espe-

rienza fuori dal tempo può scegliere di arrivare nel borgo toscano con il Treno natura di Fondazione FS Italiane (maggiori dettagli a pag, 125): partendo da Grosseto e Siena, si viaggia attraverso panorami incontaminati, vigneti e dolci colline. L’itinerario gastronomico si conclude nelle Marche. Ad Acqualagna (PU), una località che vede confluire il torrente Burano nel fiume Candigliano, la 56esima Fiera nazionale del tartufo bianco accoglie il pubblico il 6-7 e 13-14 novembre con oltre 50 eventi tra cooking show, mostre, spettacoli e laboratori didattici per adulti e bambini.

Piazza Enrico Mattei, cuore della cittadina, è il fulcro della Borsa del tartufo, con le quotazioni in tempo reale. «Agli chef stellati si alternano prestigiosi personaggi della cultura e imprenditori del territorio», spiega Luca Lisi, sindaco di Acqualagna, «in un evento che sa unire gastronomia, arte, design e cultura. Per un’esperienza che sa di made in Italy e di eccellenza. savinitartufi.it fieradeltartufo.org sanminiatopromozione.it tartufodisangiovannidasso.it acqualagna.com San Giovanni d'Asso (SI)

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NOVEMBRE DA BERE NON SOLO FOLIAGE, CASTAGNE E TARTUFI. ANCHE IL VINO È PROTAGONISTA DELLA STAGIONE AUTUNNALE, TRA CANTINE STORICHE E PRODUTTORI INDIPENDENTI di Cecilia Morrico

L’

autunno ha il profumo del mosto oltre che del tartufo. Così, grappolo dopo grappolo, il territorio italiano si anima di inebrianti eventi nel mese di novembre. Sarà l’accorciarsi delle giornate, che spinge ad aperitivi anticipati soprattutto al Nord, ma il calice di vino diventa una costante delle serate au-

© Giorgio Pulcini/AdobeStock

morricocecili

tunnali. Tra cantine storiche regionali e giovani realtà vinicole figlie dell’agricoltura biologica, in Italia le mete da assaporare sorso dopo sorso sono molteplici. PIEMONTE TRA TARTUFO E BAROLO I viaggi in Piemonte puntano quasi sempre alla scoperta della storia e della cultura del vino. L’autunno è in-

Vista panoramica dei vigneti delle Langhe in autunno

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MorriCecili

fatti la stagione ideale per ammirare i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, nominati Patrimonio Mondiale dell’Unesco, assaporare il nettare degli dei e vivere esperienze uniche come la caccia al tartufo. Oltre alle colline del Barbaresco e a Barolo (CN), dove vale la pena passeggiare per il centro storico sorseggiando


© bill_17/AdobeStock

Merano (BZ)

il vino omonimo, si possono visitare Nizza Monferrato, considerata la capitale del Barbera, Canelli e Asti, dove assaggiare gli spumanti locali, e il Monferrato degli Infernot, alla scoperta delle antiche e suggestive cantine scavate a mano nel tufo. E ancora il Castello di Grinzane, sede dell’Enoteca regionale piemontese, che da una collina domina gli estesi vigneti della zona, o la famosa Alba che proprio a novembre ospita la Mostra internazionale del Tartufo bianco (approfondimento a pag. 56) con le degustazioni Wine tasting experience organizzate ogni fine settimana dall’associazione Strada del Barolo e grandi vini di Langa. Enologi e sommelier di grande esperienza guidano

i visitatori in un viaggio tra le etichette della zona, raccontando i diversi volti del Nebbiolo (il 6, 7, 20 e 21 novembre), i cru del Barolo (il 13 e 14) e i vari gusti del territorio con l’Arneis, il Dolcetto, il Barbera e il Barolo (il 27 e 28). TRENTINO, CALICI AD ALTA QUOTA A Merano (BZ) e dintorni, il rosso e giallo delle foglie si mischiano con il verde dei pini e degli abeti creando un paesaggio magico, meta preferita per il foliage d’autunno. Dal 5 al 9 c’è anche il palcoscenico del Merano wine festival, evento enogastronomico che dal 1992 si svolge all’interno del famoso Kurhaus, edificio storico del centro. Qui, le etichette premiate con il The WineHunter Award vengono presentate in diverse

sessioni con i produttori, pronti a far conoscere e assaggiare le proprie bottiglie. In più, nei giorni della manifestazione, corso della Libertà si tinge di rosso con le degustazioni e le iniziative di Merano WineCitylife. Scendendo poco più giù si arriva nella zona del Trentodoc, che prende il nome dal marchio collettivo territoriale nato nel 2007 per distinguere i produttori di spumante metodo classico italiano. Dal 25 novembre al 12 dicembre, il capoluogo trentino ospita l’Happy Trentodoc diventando la capitale delle bollicine tricolori, fra incontri e itinerari nelle più importanti cantine del territorio. Imperdibili gli aperitivi sparkling abbinati alle prelibatezze della zona, organizzati dalla

© Consorzio Brunello di Montalcino (SI)

L’evento Benvenuto Brunello (marzo 2021) a Montalcino (SI)

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© Giorgio Pulcini/AdobeStock

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Strada del Vino e dei Sapori del Trentino. IN VENETO LA FESTA DEL NOVELLO Nel borgo di Bardolino (VR) si svolge una festa enogastronomica dedicata al vino novello. Sulle rive del Garda, sabato 6 e venerdì 7 novembre, si accendono i riflettori sul gioiello della zona forgiato dal marchio Doc. Oltre a promuovere il vino giovane, l’evento mira a incentivare il turismo fuori stagione. Le cantine del territorio vengono sistemate tutte in piazza del

Porto, all’interno di una grande botte che rappresenta il simbolo della kermesse. Contestualmente, il lungolago Conticello ospita il festival del cibo di strada con truck food dove assaggiare salumi, fritti di pesce, zuppe e caldarroste, figlie naturali dell’autunno. VINI NATURALI IN LIGURIA Sull’estrema punta di Sestri Levante (GE), con un affaccio esclusivo sulla Baia del silenzio, si trova l’ex Convento dell’Annunziata. Tra le sue mura, il 14 e 15 novembre torna The Wine Revolu-

Il Convento dell’Annunziata sulla Baia del silenzio, Sestri Levante (GE)

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tion, evento a cui partecipa una nutrita schiera di produttori liguri che seguono la filosofia del naturale limitando al minimo indispensabile l’intervento dell’uomo, sia in vigna sia in cantina. L’appuntamento di Sestri Levante propone una sintesi di come sia cambiato il mondo del vino negli ultimi 20 anni: dall’affermazione dei primi vini naturali a chi, con grande coraggio e impegno, ha riscoperto e dato lustro a vitigni e territori dimenticati. Tra questi le colline di Ortonovo (SP), dove han-


© Renzi Tommaso/Getty Images

Panorama toscano in autunno

no sede Terra della Luna di Alessandro Vignali e La Felce di Andrea Marcesini, e quelle di Sarzana (SP) con Santa Caterina di Andrea Kihlgren e Ponte di Toi di Ilenia Spagnoli e Stefano Legnani. Non mancano etichette straniere e l’edizione 2021 vede la presenza di una prestigiosa realtà francese: gli Champagne di André Beaufort. ANTEPRIME DI TOSCANA Nuove date e nuova collocazione per la 30esima edizione di Benvenuto Brunello. L’evento organizzato dal Consorzio del vino Brunello di Montalcino nel comune in provincia di Siena si sposta dai mesi di febbraio e marzo all’autunno, dal 19 al 28 novembre, e quest’anno vede il debutto dell’annata 2017 e della Riserva 2016. Addetti ai lavori e stampa internazionale si danno appuntamento nel complesso monumentale di Sant’Agostino per la kermesse simbolo del progetto Anteprime di Toscana, nata per far conoscere le etichette della regione prima che vengano messe in commercio. «In 11 anni, questa iniziativa ha avuto il merito di accendere i riflettori sul nostro immenso patrimonio vitivinicolo», dichiara Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio. «Ma in una fase di grande cambiamento come quella attuale occorre avere il coraggio di innovare per centrare gli

obiettivi che le stesse aziende richiedono. Continueremo a collaborare per identificare nuovi percorsi di valorizzazione del vino made in Toscana». Il format, rigorosamente su invito il 19 e il 20, coinvolge nei giorni successivi anche influencer e blogger, sommelier di ristoranti stellati, operatori professionali e winelover, per dare a tutti l’occasione di alzare in alto i calici. CANTINE INDIPENDENTI IN EMILIA Dieci anni di mercato raccontati, assaggiati e disegnati dal vivo. Da sabato 27 a lunedì 29 novembre si festeggia la decima edizione del Mercato della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), in calendario ogni anno a Piacenza Expo. Sono 680 le aziende che riempiono gli spazi espositivi della fiera per sensibilizzare il pubblico su pratiche produttive sempre più sostenibili, capaci di tutelare il territorio e preservare l’ecosistema. Con il progetto strategico pluriennale FIVI4Future - I Vignaioli coltivano la ricerca, premiata dalla Guida essenziale di DoctorWine, la Federazione ha messo in campo numerose azioni per tutelare la biodiversità nei vigneti. Tra masterclass, incontri e degustazioni, si ripercorrono gli ultimi dieci anni di storia e innovazione nel settore, dall’Avanguardia Refosco in Friuli-Venezia Giulia al vino dei Vigneri dell’Etna.

VIGNAIOLI ARTIGIANI NEL LAZIO Un modo di bere responsabile e autentico, basato sull’impegno di piccoli produttori il cui comune denominatore è la vinificazione naturale e l’agricoltura sostenibile. Tutto questo è V.A.N. la Fiera dei vignaioli artigiani naturali che si svolge a Roma, alla Città dell’altra economia, da sabato 13 a lunedì 15 novembre. In tre giorni si possono incontrare tutte le realtà aderenti all’associazione, per comprendere la loro storia e il loro lavoro. Non solo attraverso degustazioni ma compiendo un viaggio tra le zone vinicole italiane dall’approccio green. La vinificazione naturale non fa infatti ricorso a manipolazioni, all’aggiunta di additivi e a nessuna delle tecniche utilizzate dall’enologia convenzionale. Le uve sono raccolte a mano e provengono da vigneti sani, secondo i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica: un modo per rispettare la vita della terra, delle piante e dell’uomo e tutelare non solo le vigne ma l’intero ecosistema. visitpiemonte.com fieradeltartufo.org meranowinefestival.com stradedelvinotrentino.it bardolinotop.it thewinerevolution.it consorziobrunellodimontalcino.it mercatodeivini.it vignaioliartigianalinaturali.it 63


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IL PICCOLO CAMMINO DI

SANTIAGO

DA FIRENZE A PISTOIA FINO A LIVORNO, UN PERCORSO IN SEI TAPPE ACCESSIBILE E SUGGESTIVO. È IL SAN JACOPO, 174 CHILOMETRI DI ARTE, SPIRITUALITÀ E NATURA DA CONQUISTARE A PIEDI di Valentina Lo Surdo

valentina.losurdo.3

ValuLoSurdo

ilmondodiabha ilmondodiabha.it Foto Luca Roschi

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U

n cammino per tutti: con questo accogliente auspicio, è stato riportato alla luce il percorso che più di ogni altro risuona come il contraltare italiano del più popolare cammino del mondo, alla volta di Santiago. Il Cammino di San Jacopo infatti, fondato su accu-

rate ricerche storiche, attesta la rotta che i pellegrini percorrevano fino a Livorno, per raggiungere poi la Spagna via mare o a piedi, oppure Roma sulla via Francigena. L’itinerario trova origine sulla direttrice della Via Cassia-Clodia, strada romana che, passando per Firenze, univa Roma allo strategico porto di Luni, antica città situata sul golfo di La Spezia. Nel Medioevo, poi, questo snodo viario è divenuto fondamentale, specialmente a Pistoia: «Molti pellegrini vi sostavano per omaggiare la reliquia dell’apostolo Giacomo, giunta dalla Galizia nel 1145 e custodita ancora oggi all’interno della cattedrale», spiega Nedo Ferrari, ideatore del cammino e autore dell’omonima guida (Nuove Esperienze, pp. 226 € 18). Ed è proprio per questo importante

culto che Pistoia, unica detentrice al mondo di una reliquia del Santo riconosciuta ufficialmente dalla Curia romana, al di fuori di Compostela che ne conserva le spoglie, è conosciuta da secoli come la Santiago Minor, la piccola Santiago. Senza contare che la Chiesa cattolica parifica la visita alla cattedrale di San Zeno a quella al corpo del Santo in Galizia.

Rocca nuova, Serravalle Pistoiese

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Cattedrale di San Zeno, Pistoia

Per sottolineare lo storico legame tra le due città, nel 2019 Pistoia riceve il cippo che caratterizza la segnaletica dei cammini verso la Galizia riportante il numero 2505, a indicare la distanza in chilometri da Santiago. Inoltre, come per i cammini spagnoli, anche per il San Jacopo il simbolo è la celebre conchiglia a nove raggi: d’altronde, Santiago è proprio quel San Jacopo i cui riferimenti punteggiano tutto il percorso toscano negli incontri con chiese, ospitali e vie che portano questo nome sino alla chiesa al termine del percorso, quella di San Jacopo in Acquaviva a Livorno, proprio di fronte al mare. Un ruolo fondamentale svolto nella riscoperta di Pistoia quale epicentro spirituale iacopeo, e della rete viaria a piedi che da qui si dipana, si deve all’assessore al Turismo Alessandro Sabella. «Di qui passano pure gli oltre quattromila chilometri della Romea Strata, ma anche il Cammino di San Bartolomeo e la Via Francesca della Sambuca, in un reticolo di antiche strade interconnesse con percorsi di importanza internazionale come la Via Francigena o la Via Romea Germanica», spiega Sabella. «Per questo, nell’Anno Iacopeo 2021, che si concluderà il 25 luglio 2022 per la festa di San Jacopo, oltre all’apertura della Porta santa della nostra cattedrale, che equivale a 66

quella della Cattedrale di Santiago, abbiamo organizzato numerose manifestazioni. Tra queste è imperdibile la mostra sull’Altare argenteo di San Jacopo, visitabile fino al 31 gennaio nella chiesa di San Leone», conclude con soddisfazione. Oltre alla ragione storica e spirituale che rende il Cammino di San Jacopo un percorso di grande importanza, «va detto che offre la possibilità di attraversare la Toscana delle città d’arte e dei suoi capolavori», sottolinea Alessandro Guerra, responsabile Chiesa di San Cristoforo, Lammari (LU)

della tracciatura del percorso, «rivitalizzando al tempo stesso l’attenzione nei confronti di borghi eccezionali eppure poco conosciuti come Calenzano Alto, Montemurlo, Serravalle, Buggiano, Uzzano, Collodi, Ripafratta e della stupenda basilica paleocristiana che si trova a San Piero a Grado. In più, consente di volgere lo sguardo verso località come Pescia o Montecatini Terme, inanellando la visita a ben sette cattedrali lungo 174 chilometri di autentica meraviglia». L’ultimo e fondamentale aspetto che


Piazza dei Miracoli, Pisa

restituisce lo straordinario rilievo assunto in soli due anni da questo itinerario si deve all’eccezionale lavoro compiuto da Paolo Rindi nel creare una rete umana capillare sul fronte dell’ospitalità: «Il San Jacopo vi sorprenderà grazie all’incontro con persone straordinarie e a un’accoglienza che non ti aspetteresti nell’area metropolitana fiorentina o nelle realtà urbane della Lucchesia e della costa toscana», commenta Rindi. «Tutto questo si deve anche al grande gruppo di volontari che lavora per il San Jacopo, una sessantina di persone dedite ad alimentare lo spirito autentico del Cammino, tra cui la Comunità toscana Il Pellegrino e la Confraternita di San Jacopo, che a Pistoia dedica al forestiero anche il tradizionale rituale della lavanda dei piedi. Tutti insieme ci impegniamo non solo per tutelare la percorribilità dei sentieri e garantire una segnaletica capillare sul modello spagnolo, ma soprattutto per attivare un’ospitalità capace di andare incontro a differenti esigenze, sia per chi ama coccolarsi sia per chi preferisce camminare in economia», spiega Rindi. Infatti, sulle tappe principali, è attiva anche l’ospitalità a libera offerta, che ha reso così popolari i percorsi spagnoli. Da qui il motto “un cammino per tutti”, non riferito solo all’accessibilità ma anche a un altro importante

fattore: la sua facilità. Tendenzialmente pianeggiante, a differenza della maggior parte dei cammini italiani, ospita iniziative capaci di coinvolgere persone con disabilità, anziani e famiglie, sostenuti attraverso servizi di assistenza differenziati. Infine, va considerata l’estrema duttilità della sua scansione: suddiviso in sei macro-tappe lunghe fino a 30 chilometri, offre molteplici possibilità di composizione dei giorni di percorrenza illustrate dalla guida, da personalizzare in base alle capacità

individuali. Perché il San Jacopo si può compiere velocemente grazie ai tanti chilometri di pianura, oppure in 15 giorni assaporando l’atmosfera delle città d’arte e dei piccoli borghi, per esempio con una sosta relax nella stazione termale di Montecatini. Una volta giunti all’estremo ovest di Livorno, Santiago ci attende sui poco conosciuti ma bellissimi itinerari in terra catalana e aragonese, raggiungibili con percorsi marittimi e di cui è in progetto una guida in italiano. ilcamminodisanjacopo.it

Terrazza Mascagni, Livorno

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UN SALTO NELLA DAL 25 AL 28 NOVEMBRE, TORNA A PAESTUM LA BORSA MEDITERRANEA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO. PREVISTI 150 ESPOSITORI DA 20 PAESI ESTERI E OLTRE 100 CONFERENZE di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it Sconti Trenitalia

Parco archeologico di Paestum (SA)

A

Paestum (SA), dal 25 al 28 novembre, ritorna la Borsa mediterranea del turismo archeologico (Bmta). Per promuovere sempre di più un’idea di viaggio che emoziona, all’insegna della cultura e della sostenibilità. Una bella notizia per una manifestazione che conta 150 espositori da 20 Paesi, 100 tra conferenze e incontri, 500 tra moderatori e

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relatori, 40 buyer tra europei e nazionali. L’evento si può raggiungere anche comodamente con Trenitalia, con diritto a sconti del 30% e ingresso gratuito ai siti (maggiori dettagli su bmta. it, sezione Info). L’entusiasmo della ripresa si percepisce nelle parole di Ugo Picarelli, fondatore e direttore della Bmta: «La pandemia ha colpito duramente anche la cultura

e il turismo, creando crisi e difficoltà, ma la 23esima edizione della Borsa è l’occasione per innovare con proposte esperienziali e sostenibili». Se ripartenza deve essere, la cosa migliore per farlo è in una nuova sede, il Tabacchificio Cafasso. «Qui, all’inizio del ‘900, lavoravano 300 tabacchine operaie. È un luogo simbolo dell’evoluzione femminile al Sud ed è anche frutto di un recupero di


STORIA

archeologia industriale, grazie all’intuizione del sindaco di Capaccio Paestum, Franco Alfieri, in completa sintonia con lo spirito della manifestazione». Per il 2021 si segnala anche un nuovo record: la presenza straordinaria di quasi tutte le regioni. «E poi c’è ArcheoIncoming», aggiunge Picarelli, «un’occasione per porre al centro tour operator specializzati, che da sempre

proponevano solo viaggi all’estero, ma ora, a causa della pandemia, promuovono soprattutto itinerari e mete in Italia, favorendo il turismo di prossimità. Al tempo stesso, partecipano anche come buyer nazionali per promuovere le destinazioni del Sud Italia al workshop con gli operatori europei selezionati dall’Enit». La Borsa, nata nel 1998, conferma an-

che il tradizionale programma di conferenze e ArcheoIncontri: tante proposte per soddisfare la curiosità degli appassionati e favorire incontri di business. La sezione ArcheoLavoro, per esempio, offre ai giovani un orientamento per le scelte professionali e universitarie. Mentre ArcheoExperience, con i Laboratori di archeologia sperimentale, consente di provare come si viveva anticamente e come venivano lavorati materiali come la selce, l’osso o l’argilla. «Un fiore all’occhiello dell’evento», sottolinea ancora Picarelli, «è ArcheoVirtual, mostra e workshop di archeologia virtuale che seleziona le migliori produzioni nel settore. Un tipo di iniziativa che riscuote sempre successo e che vogliamo riproporre anche nei musei campani lontani dai flussi turistici. Inoltre, il 26 novembre si svolgerà la prima Conferenza mediterranea sul turismo archeologico subacqueo, in occasione della quale sarà presentata la candidatura dell’itinerario culturale europeo Mediterranean Underwater Cultural Heritage». Un progetto che vuole collegare diversi siti sommersi in Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Egitto, Grecia, Israele e Turchia. La settima edizione dell’International Archaeological Discovery Award, il premio intitolato a Khaled al-Asaad, l’archeologo ucciso in Siria nel 2015, va a Mostafa Waziry, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità d’Egitto, per la scoperta di oltre 100 sarcofagi a Saqqara, a pochi chilometri dal Cairo. Venire a Paestum vuol dire anche visitare il sito Unesco di una località tra le più affascinanti della Magna Grecia. Ci sarà, infatti, un programma di visite guidate: tra le più interessanti quella all’interno del Tempio di Nettuno, con un percorso adatto anche ai disabili, e quella nell’area archeologica di Velia, partendo dalla stazione di Paestum, alle spalle del Museo Nazionale, per giungere in 30 minuti ad Ascea con le carrozze storiche degli anni ’50-’60. Le rotaie, infine, sono protagoniste due volte: sabato 27, nella conferenza Il treno storico per la connessione territoriale delle destinazioni archeologiche e in occasione dell’Archeotreno organizzato da Fondazione FS. È in programma il 26 e il 27 con partenza da Napoli Centrale 69


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Parco archeologico di Velia (SA)

alle 9:30 e fermate a Salerno, Paestum e Ascea Velia, con accesso gratuito al Parco archeologico di Paestum e Velia, alla Certosa di San Lorenzo di Padula e ai musei archeologici nazionali di Eboli e Pontecagnano. «Inoltre, grazie a queste iniziative e al protocollo d’intesa con Aci per favorire il turismo sostenibile nel Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni con auto elettriche, la Borsa consente di scoprire le bellezze del territorio rispettando l’ambiente». bmta.it Tabacchificio Cafasso, nuova location della Bmta

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IN BICI SULLA VIA SILENTE Un itinerario cicloturistico nato dalla passione di Simona Ridolfi, cilentana doc e professoressa di scienze naturali al liceo. Nel 2014, dopo aver viaggiato in Italia e all'estero, decide di attraversare con la sua bici il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (SA). Nasce così La Via Silente, un percorso circolare di 600 chilometri, diviso in 15 tappe, curato da lei e da tanti giovani desiderosi di far conoscere un territorio autentico. Si parte da Castelnuovo Cilento, un borgo medievale con la Torre e le sculture di Guerino Galzerano, a poca distanza dalla stazione di Vallo Scalo Castelnuovo. Tra i paesi attraversati, Roscigno Vecchia, abitato da una sola persona, e Padula, con la sua meravigliosa Certosa. In un'assordante tranquillità, si toccano poi le punte del Monte Gelbison e del Cervati per arrivare sulla costa, che va da Sapri ad Agropoli. Alla fine del viaggio, ogni viandante conquista la Silentina, un passaporto che viene timbrato a ogni tappa.



© alice.tv

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PASSIONE NERA © Wilson Santinelli

Boule di cioccolato fondente ripiena di caramello alla liquirizia, di Paolo Brunelli

RICCA DI PROPRIETÀ BENEFICHE E VERSATILE INGREDIENTE PER PIATTI GOURMET. LA LIQUIRIZIA È UNA DELLE ECCELLENZE CALABRESI DA SCOPRIRE ALL’EXPO 2020 DUBAI di Filippo Teramo a cura di vdgmagazine.it

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© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020

L

a produzione della liquirizia calabra diventa protagonista all’Expo 2020 Dubai, fino al 31 marzo 2022 negli Emirati Arabi Uniti, dove il meglio del saper fare regionale viene raccontato dal regista Gabriele Salvatores in un filmato proiettato all’interno del Padiglione Italia. Per conoscere la storia dell’oro nero di Calabria bisogna partire dal Museo della liquirizia Giorgio Amarelli a Rossano, in provincia di Cosenza, uno dei pochi esempi al mondo di questo genere. Il museo si trova infatti all’interno dello stabilimento produttivo della famiglia Amarelli: qui, fra oggetti del passato ed etichette d’epoca, si può scoprire la storia di un’esperienza di vita e lavoro cominciata nel 1731 e continuata nel tempo. Per i calabresi la liquirizia è uno dei sapori dell’infanzia: le nonne la compravano al mercato per poi riporla nella credenza tra le tazzine da caffè in porcellana, quelle buone della domenica. E in casa non mancavano mai le caramelle more, le trecce o le girelle, da srotolare prima con gli occhi e poi con le mani. Ma non viene utilizzata solo per confezionare dolci, sorbetti o gelati. Oltre al consumo puro del classico bastoncino,

La produzione della liquirizia in un frame tratto dal filmato girato da Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai

con la liquirizia si realizzano liquori, tisane e cosmetici. Se ridotta in polvere, poi, è un ottimo ingrediente in cucina e trova il giusto spazio nei menù di ristoranti fine dining, dall’antipasto al dessert. Pianta erbacea perenne, la liquirizia vanta origini antichissime: se ne trovano menzioni persino negli erbari

© Eleonora Marcello

Calamaro e liquirizia in doppia consistenza con bagnetto di lattuga e salsa di caciocavallo di Ciminà, di Giuseppe Romano

dell’antica medicina cinese e in Asia è usata da più di cinquemila anni per le sue proprietà benefiche. Si può facilmente coltivare anche nel proprio orto: i suoi fiori bianchi, di pregevole bellezza, vengono usati a scopo ornamentale. Radici e foglie della pianta, invece, sono utilizzate per la preparazione di numerose ricette. La liquirizia è un valore aggiunto che può davvero stupire in ogni tipo di portata. Proprio per il suo carattere ambivalente, dolce ma dalle spiccate note balsamiche, è in grado di conferire armonia e rotondità a piatti semplici e complessi. Allo stesso tempo, però, esalta gli aromi decisi: questo potrebbe sembrare una contradizione ma, come sempre in cucina, è la giusta dose a fare la differenza. Concetto ben noto alla chef tedesco-argentina Nadia Christina Tappen, esperta di cucina mediterranea e prodotti del Sud Italia, che spesso la utilizza nelle sue creazioni, come nel raviolo fritto farcito di triglia su crema di cacao, liquirizia di Calabria e fungo porcino, con granulato di torrone di Bagnara Cala73


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Raviolo fritto farcito di triglia su crema di cacao, liquirizia di Calabria e fungo porcino, di Nadia Cristina Tappen

© Oscar d’Ippolito

bra, gocce di caffè al Bergamotto di Reggio Calabria e peperoncino candito. Secondo lei, quando un piatto acquisisce un’elevata complessità data dall’utilizzo di molti ingredienti, proprio la liquirizia aiuta a trovare un equilibrio, un ordine perfetto tra le singole componenti. Alla continua ricerca di un connubio perfetto tra gli ingredienti Caterina Ceraudo, prima chef donna stellata in Calabria, nel suo ristorante Dattilo, a Strongoli (KR), ha scelto la liquirizia come ingrediente tipico del territorio, a cui è molto legata. Nel suo tortello di baccalà e funghi porcini con brodo di timo e liquirizia, la radice finemente tritata ha il gradevole compito di esaltare i sapori. Felice connubio per un’esplosione di gusto tipicamente autunnale. Sapori di terra e di mare che ritroviamo anche nel calamaro e liquirizia in doppia consistenza con bagnetto di lattuga e salsa di caciocavallo di Ciminà dello chef Giuseppe Romano, patron del MERestaurant a Pizzo Calabro (VV). Utilizzo innovativo del

© Brambilla e Serrani

Tortello di baccalà e funghi porcini con brodo di timo e liquirizia, di Caterina Ceraudo

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calamaro, frullato con la liquirizia, essiccato e poi fritto. Qui l'oro nero locale celebra uno sposalizio tra ingredienti della tradizione gastronomica calabrese. Ma non c’è matrimonio senza dolce ed ecco che troviamo le boules (sfere) di cioccolato fondente ripiene di caramello alla liquirizia in una lavorazione di Paolo Brunelli, gelatiere marchigiano in quel di Senigallia (AN), che è riuscito a realizzare un caramello a secco con lo zucchero mascobado, stemperato con la panna, il glucosio e la liquirizia in polvere. In Italia come a Dubai, la Calabria si ritrova in tanti prodotti unici e identitari, diventati alimenti irrinunciabili anche nell’alta cucina. museodellaliquirizia.it nadiachristinatappen.info dattilo.it merestaurant.it paolobrunelli.me


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GENIUS LOCI di Peppone Calabrese PepponeCalabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]

peppone_calabrese

RACCONTI LUNGO LA VIA DA MILANO A PAVIA IN BICICLETTA PER CONOSCERE LA VITA DI DANIELLE MADAM, CAMPIONESSA DI LANCIO DEL PESO

S

ono a Milano per una fiera ma oggi davvero non mi va di tuffarmi in quella calca. Ho bisogno di stare all’aria aperta, prendere una bici e pedalare a contatto con la natura. Chiedo alla

ragazza che lavora alla reception di consigliarmi un tragitto da fare e lei mi risponde che il sabato precedente era arrivata a Pavia in bici. Le chiedo quanti chilometri fossero e a sorpresa scopro che c’è una ciclabile, con pendenze abbordabili e circa 30 km a dividere le due città. Mi metto in sella e parto. Una passeggiata davvero piacevole, la può fare anche uno come me che non vanta un fisico palestrato. Si parte da Porta Ticinese, a Milano, alla fine della Darsena, antico porto fluviale, e si costeggia per tutto il suo percorso il Naviglio Pavese. La pedalata prosegue con scioltezza, c’è anche una leggera pendenza in di-

© Alexandre Rotenberg/Adobestock

Un tratto della pista ciclabile sul Naviglio Pavese

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scesa che mi preoccupa un poco pensando al ritorno (al massimo prendo il treno, penso, tanto si possono portare le bici), ma la quiete del naviglio che mi accompagna e i colori della natura mi donano grande gioia interiore. Arrivo a Torre del Mangano (PV) e qui faccio una breve deviazione in direzione della Certosa di Pavia, considerata uno dei massimi monumenti del nostro Paese. Il mio viaggio continua e finalmente sono in città. A Pavia ogni luogo è un racconto. Passo davanti a una chiesa romanica, San Pietro in Ciel d’Oro, che accoglie le spoglie di Sant’Agostino e ha visto l’incoronazione di Federico Barbarossa a re d’Italia.


© il_bruno/Adobestock

Memoria e tradizione, però, non hanno intrappolato la città: passeggiando tra i loggiati e il cortile delle Magnolie dell’Università, tra le più antiche della Penisola, si percepisce un bel connubio tra storia, scienza e avanguardia. La stanchezza si fa sentire, mi devo fermare. Mi siedo in un bar e ordino un cappuccino e un San Sirino, dolcetto di pan di Spagna dalla forma tonda, ricoperto di cioccolato fondente. Il sapore del cacao è molto intenso ma l’unione con il delicato profumo di rum regala una bella armonia al palato. Sedute a fianco a me ci sono due ragazze: una mi sembra di conoscerla, anzi ne sono sicuro. L’ho vista nella trasmissione tv Notti europee, si chiama Danielle Madam, è africana ed è una campionessa sportiva ma non mi ricordo di cosa. Subito la ringrazio per avermi fatto compagnia nelle notti magiche di Euro 2020 e le chiedo se fosse di Pavia. La risposta è coinvolgente: «Sì, abito qui da sempre praticamente. Prima vivevo in provincia, poi a 11 anni mi sono spostata in città». Le chiedo come si trova e lei comincia a raccontare: «I primi anni non sono stati per niente facili. Venivo da una situazione familiare molto complicata e per questo, tramite il Tribunale per i minorenni di Milano, sono stata spostata in una casa famiglia gestita da suore. Ero molto irrequieta, non avevo punti di riferimento. Nella struttura le educatrici cambiavano spesso, così appena riuscivo ad aprirmi con una di loro questa doveva già andare via. Per me era un continuo ricominciare da capo, una ricerca perenne di me stessa. Qualche tempo dopo ho scoperto l’atletica leggera, o per meglio dire lei ha scoperto me». Sono curioso di sapere il modo in cui si è avvicinata allo sport, la guardo intensamente, ha occhi profondi e sinceri. «Come di consueto ero seduta fuori dalla classe, molto probabilmente in punizione. Il professore di ginnastica, vedendomi lì, mi ha invitata a lanciare il peso. È stato amore a prima vista. Non ho mai più smesso». Anch’io a scuola facevo il lancio del peso, sono stato campione provinciale ma poi mi sono fermato. «Tu sei

Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, Pavia

brava brava?», le chiedo. «Così sembra», sorride. «Da quando ero una ragazzina ribelle ho vinto cinque titoli di campionessa italiana nel lancio del peso. Ne ho fatta di strada. L’atletica mi ha mostrato la via giusta. Perché ho iniziato ad applicare nella vita tutti i valori che lo sport mi insegnava: dedizione, impegno, sacrificio. Così, sono migliorati anche i miei risultati a scuola. Tutto doveva andar di

pari passo, il mio profitto era diventato importante quanto una gara di alto livello». Si percepisce che ha tanto da raccontare, lo sento, vuole parlare, ha il cuore scalzo. Le chiedo quale sia il suo sogno e lei cambia tono, diventa seria e determinata: «È quello di vestire la maglia azzurra e rappresentare la nazionale italiana. Fino a poco tempo fa non potevo realizzarlo perché, 77


© Marco Mantovani/GettyImages

GENIUS LOCI

Danielle Madam, campionessa di lancio del peso

nonostante avessi passato la maggior parte della mia vita qui, non ero riconosciuta come italiana. Dopo una lunga battaglia, finalmente il 30 aprile 2021 sono diventata ufficialmente cittadina italiana. Non dimenticherò mai l’emozione della chiamata del prefetto, il giuramento e poi quando l’ho annunciato a mia madre». È felice

© WALTER MAPELLI/Adobestock

Università degli Studi di Pavia

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e continua: «Ora ho tutte le carte in regola per realizzare il mio sogno, l’estate prossima ci saranno i mondiali di atletica leggera e voglio esserci». Quando ha parlato della madre, il suo viso è diventato immediatamente dolce. Le chiedo allora dove fosse: «Mia mamma vive in Camerun. Tanti anni fa, per salvare me e mio fratel-

lo da una situazione di pericolo, ha deciso di separarsi da noi e affidarci alle cure di uno zio che viveva in Italia. Lei è il mio esempio, le devo tanto. Sto partendo proprio ora per andarle a fare una sorpresa, sono due anni che non la vedo: sarà un’emozione fortissima». Ci abbracciamo forte, la ringrazio e le auguro un buon viaggio.


INCLUSION

IL SEME DELLA

SOLIDARIETÀ A MODICA E A CATANIA, DUE FRUTTETI DIVENTANO SPAZI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E INCLUSIONE SOCIALE GRAZIE AL PROGRAMMA DI CITTADINANZA D’IMPRESA P&G PER L’ITALIA di Elisabetta Reale

I

l giallo dei limoni, il rosso brillante dei frutti del melograno, la dolcezza dei fichi appena raccolti. Un mosaico di colori e una sinfonia di sapori caratterizzano i due frutteti solidali avviati a Modica (RG) e a

Catania da Procter & Gamble Italia e New Fdm - Crai Sicilia, nell’ambito del programma di cittadinanza d’impresa P&G per l’Italia, col supporto operativo di AzzeroCO2. Un progetto nato per promuovere la biodiversità e l’inclu-

sione sociale, che impegna con passione e costanza giovani svantaggiati in un lavoro quotidiano, legato alla stagionalità dei prodotti e al rispetto del territorio. Il primo frutteto si trova a Modica, in provincia di Ragusa, nella Fattoria sociale e didattica Don Tonino Bello gestita dalla cooperativa Alberto Portogallo. Il secondo a Catania, nell’azienda agricola Ciuri che fa parte del consorzio Le galline felici. Nei due cuori verdi sono state messe a dimora, complessivamente, 120 nuove piante di limoni, fichi e melograni, capaci di assorbire 60 tonnellate di CO2.

Un particolare del Frutteto solidale di Modica (RG)

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INCLUSION

Operatori dell’azienda agricola Ciuri di Catania al lavoro

Numeri importanti per un’iniziativa pensata per tutelare l’ambiente e favorire l’inclusione restituendo nuovo valore al territorio e ai cittadini. Dalla semina al raccolto, alla Fattoria Don Tonino Bello si lavora tutti in-

sieme: volontari, soci e persone con disabilità seguite dalla cooperativa sociale, che offre loro supporto attraverso attività formative, ricreative e occupazionali. Nel frutteto solidale di Modica, che si sviluppa su un’area

di oltre 500 metri quadrati, sono stati piantumati dieci alberi di limoni e 50 piantine di fichi e melograni, che, oltre a produrre frutti, nell’arco della loro vita contribuiranno ad assorbire 30 tonnellate di CO2.

Piantine di limoni nel Frutteto solidale di Modica (RG)

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Un particolare delle piante di melograno del Frutteto solidale di Modica (RG)

La stessa attenzione per l’ambiente, le persone e il territorio si ritrova nell’azienda agricola catanese Ciuri gestita dal consorzio Le galline felici, che da sempre mette questi valori al centro del suo operato. E anche qui sono stati piantati dieci alberi di limoni e 50 piantine di fichi e melograni. Operare in modo responsabile e secondo principi etici, sostenendo buone cause per costruire un futuro sostenibile e inclusivo, è l’obiettivo su cui si muove Procter & Gamble per realizzare progetti concreti di responsabilità sociale e sostenibilità ambientale. «Siamo orgogliosi dei frutteti solidali in Sicilia perché riescono a coniugare entrambi gli aspetti: attenzione

all’ambiente e inclusione lavorativa, restituendo nuovo valore al territorio e ai cittadini», spiega Riccardo Calvi, direttore comunicazione di P&G Italia. Un successo che si aggiunge alle azioni di riforestazione e rigenerazione urbana già realizzati a Reggio Emilia e a Santa Marinella, sul litorale romano, dove sono stati messi a dimora 500 alberi, con una previsione di assorbimento di CO2 pari, complessivamente, a circa 990 tonnellate. Iniziative portate avanti nel pieno rispetto del paesaggio, guardando alla specificità del territorio, alla conservazione della biodiversità e alla sostenibilità sociale, affinché tutte le aree verdi possano essere visitate e vissute dalla comunità come spazi di svago e benessere.

Il progetto di Procter & Gamble è stato realizzato con il supporto operativo di AzzeroCO2, società di servizi energetici e ambientali partecipata da Legambiente e Kyoto Club. «Un esperimento inedito», ha dichiarato Sandro Scollato, amministratore delegato di AzzeroCO2, «che per la prima volta ci permette di mettere in relazione due parole a noi carissime: biodiversità e solidarietà. Spero che la stessa strada possa essere intrapresa da nuove aziende interessate a riqualificare le campagne italiane e restituirle ai cittadini». it.pg.com/pg-per-l-italia fattoriasocialedontoninobello.it legallinefelici.bio 81


ARTE

TUTTI AL PARCO DEL COLOSSEO DALL’ANFITEATRO PIÙ GRANDE DEL MONDO ANTICO FINO ALLA CASA DELLE VESTALI, PASSANDO PER LE FONTANE DEL PALATINO. ALLA SCOPERTA DI UN’AREA MILLENARIA, SOTTO LA GUIDA DELLA DIRETTRICE ALFONSINA RUSSO

© Parco archeologico Colosseo

di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

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delle Vestali, custodi del fuoco sacro, nel Foro Romano. In questo edificio molto esteso, dimora del più antico sacerdozio femminile di Roma, sono stati ricollocati dei reperti solitamente conservati nei depositi. «Nella prossima primavera», anticipa l’archeologa, «dovrebbe poi riaprire la Domus Tiberiana, il più antico palazzo imperiale, con l’esposizione

di opere d’arte finora non visibili al pubblico. Anche la Domus Aurea si è arricchita di statue e capitelli tirati fuori dai depositi, immersi in un sistema di illuminazione che riproduce sia l’effetto grandioso voluto dal padrone di casa, Nerone, sia la luce fioca delle torce usate dagli artisti rinascimentali alla scoperta degli affreschi da loro ribattezzati “grottesche”».

La Casa delle Vestali nel Foro Romano, di recente riaperta ai visitatori

© Parco archeologico Colosseo

C

alcare gli spalti dove i Romani tifavano per i gladiatori o godevano sadicamente alla vista di una belva ferita, ma anche vedere zampillare di nuovo una fontana che duemila anni fa ornava i giardini degli imperatori. Sono emozioni da vivere nel presente, capaci di annullare il tempo. È possibile viverle al Parco del Colosseo, un’area estesa per decine di ettari, che comprende non solo l’anfiteatro più conosciuto al mondo, ma anche il Foro Romano, il Palatino e la Domus Aurea. DAI SOTTERRANEI ALL’ARENA «Per il Colosseo la grande novità», racconta la direttrice del Parco, Alfonsina Russo, «è che ora i sotterranei sono finalmente visitabili. Interamente. Con punti di sosta multimediali e pannelli tattili. Diamo al visitatore ogni mezzo per seguire una storia nata nell’80 d.C., quando il monumento venne costruito, fino al 523, data dell’ultimo spettacolo di caccia al suo interno». Tutto questo in attesa del completamento dell’Arena, nel 2023, che riprodurrà il grandioso piano in legno che veniva ricoperto di sabbia (si chiama arena per questo) per assorbire il sangue di uomini e animali. «È un progetto importante che ricostruisce la visione e le funzioni originarie del luogo, ma protegge anche i sotterranei da intemperie e danni del clima. Il più grande anfiteatro antico era l’unico, in assoluto, ad avere un palcoscenico ligneo e modificabile nei secoli. Saranno ricostruite le decine di piattaforme e ascensori che permettevano, grazie a una complessa e perfetta regia, di far salire le gabbie con gli animali e di farli uscire da tante bocche. Era di sicuro uno spettacolo grandioso». Per visitarlo e riprovare le sensazioni dei Romani alla vista dei gladiatori preferiti, in lotta tra loro o con le belve, ora viene in aiuto anche la tecnologia, con l’app Y&Co - You and Colosseo, disponibile in nove lingue e in LIS. DENTRO LA CASA DELLE VESTALI Dall’estate scorsa, all’interno del Parco, è possibile visitare anche la Casa

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© Parco archeologico Colosseo

ARTE

Gli ulivi nel Palatino

PERCORSI A TEMA Anche il Palatino si può visitare con interessi e occhi nuovi. «Negli ultimi quattro anni abbiamo introdotto dei percorsi a tema, pensando anche ai cittadini romani e agli italiani. Il primo itinerario è dedicato alla pittura, con l’aiuto di ricostruzioni virtuali degli edifici decorati. La visita segue un ordine cronologico, nel Palatino, dalla Casa di Augusto a quella della moglie Livia, fino a Santa Maria Antiqua nel Foro, considerata la Cappella Sistina del Medioevo per i suoi raffinati affreschi», spiega la direttrice del Parco. Un’altra proposta tocca gli Horti Farnesiani e le Uccelliere, inseriti di recente nel circuito dei parchi e giardini storici italiani. Qui i Farnese, nel 1600, accoglievano i loro ospiti, in continuità 84

con gli imperatori che nei secoli avevano avuto qui le loro residenze e sedi istituzionali. ATTENZIONE AL GREEN Questa zona archeologica rappresenta anche un polmone verde nel cuore di Roma, esteso per 77 ettari, di cui 44 aperti al pubblico. Russo ricorda il progetto del Parco green, nato nel 2019: «Grazie ad alcune sponsorizzazioni il verde è curato e mantenuto con attenzione, inoltre, produciamo miele e olio, con le olive colte in loco. Queste attività, che puntano anche alla riduzione degli sprechi, sono tema di laboratori per le scuole e i visitatori più fedeli». Un altro elemento di attenzione è l’acqua. «Da poco è stata riattivata la fontana delle Pelte, nella Domus Au-

gustana, con zampilli accompagnati da brani musicali di Mozart. Mentre nell’impianto di irrigazione sono stati inseriti dei sensori per calibrare la quantità di acqua, e stiamo implementando le fontanelle a disposizione degli ospiti». Inoltre, aggiunge la direttrice, «nel roseto da cui prende il nome cresce la Rosa Augusta Palatina, creata in esclusiva per questo luogo eterno. A maggio fiorirà e sarà uno spettacolo». MEMBERSHIP CARD PER TUTTI Sono tanti i motivi per tornare a visitare più volte il Parco, quindi, incoraggiati anche dalla possibilità di sottoscrivere la membership card. Si tratta di un pass, il cui costo si differenzia per età, singoli o famiglie, con cui si può accedere alla zona archeologica per


poliedrica, influente sulla cultura e la società dell’epoca, amico di Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse. Inventò l’archeologia sperimentale ante litteram, realizzando con tecniche antiche delle capanne simili a quelle del re Romolo. La mostra sarà diffusa in tutto il Parco, in molte sedi. Tra queste Santa Maria Antiqua, riportata alla luce proprio da Giacomo Boni». Il Parco è un’area da curare e promuovere con responsabilità, spiega con entusiasmo Russo, «mantenendo come obiettivo centrale il singolo visitatore». Un obiettivo ambizioso, visto che prima del Covid-19 il flusso si attestava su circa 7,5 milioni di presenze

all’anno. «È un luogo che pesa sulla schiena, soprattutto in questi ultimi mesi di convivenza con la pandemia», confida la direttrice. «Ma mi trasmette continue emozioni. La sera, all’uscita, mi trovo davanti agli occhi uno scenario sempre diverso, a cui scatto foto da postare sui social. Il Parco del Colosseo è fitto di memorie, da cogliere in più e più volte». Un invito, per ogni visitatore, a vivere e rivivere le proprie esclusive emozioni. parcocolosseo.it ParcoColosseo parcocolosseo

© Parco archeologico Colosseo

un anno e avere dei benefici come la partecipazione a eventi esclusivi quali la spremitura delle olive, degustazioni e visite riservate. È una proposta di fidelizzazione che consente di investire nella valorizzazione dell’area, come se venisse adottata dai suoi soci. ARCHEOLOGIA ANTE LITTERAM Il Parco ha una lunga storia, anche per la ricerca e le attività di studio più che secolari. Per metà dicembre è annunciata l’apertura della mostra Giacomo Boni. L'alba della modernità, che racconta la vita dell’archeologo che si dedicò agli scavi del Foro da fine ‘800 ai primi del ‘900. «Era anche architetto e botanico, una personalità

Il Foro Romano

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ARTE

Gustav Klimt, Giuditta I (1901) © Belvedere, Vienna/Photo Johannes Stoll

KLIMT

TRA ORO E GIALLI ARTE, CRONACA E MISTERI SI INTRECCIANO NELLE OPERE DEL PITTORE AUSTRIACO IN MOSTRA AL MUSEO DI ROMA di Luca Mattei l.mattei@fsitaliane lucamattei1 ellemme1 86


L

a mostra Klimt. La Secessione e l’Italia, al Museo di Roma - Palazzo Braschi fino al 27 marzo 2022 - è un trionfo di sfumature. Quelle che si avvicinano all’oro, grandi protagoniste nelle creazioni dell’artista viennese. E, in senso lato, quelle del giallo, poiché il dipinto più atteso dell’appuntamento nella Città eterna, Ritratto di signora, è stato al centro di vicende misteriose degne di un bestseller di narrativa gialla. Gustav Klimt torna in Italia dopo sette anni, da quando nel 2014 Palazzo Reale di Milano gli dedicò l’ultima grande monografia tricolore. E torna a Roma a distanza di oltre un secolo dalla sua partecipazione all’Esposizione internazionale d’arte del 1911: il padiglione austriaco progettato dall’architetto Josef Hoffmann, in cui furono presentati otto suoi dipinti, fu una delle grandi attrazioni dell’evento, al termine del quale l’artista vinse il primo premio con il dipinto Le tre età della donna, oggi conservato alla Galleria Nazionale, sempre nell’Urbe. L'esposizione a Palazzo Braschi è costruita intorno a due focus principali, molto ben descritti anche nel catalogo omonimo, edito da Skira. Il primo è la Secessione viennese, movimento di cui Klimt è stato uno dei più illustri esponenti, nato verso la fine del XIX secolo per opposizione ai dettami dell’Accademia di Belle Arti di Vienna. Il secondo, punto di vista davvero inedito e innovativo, è il rapporto tra il pittore austriaco e l’Italia. Il Paese fu per lui una terra di successi professionali: oltre all’Esposizione romana del 1911, lo testimoniano le partecipazioni alla Biennale d’arte di Venezia (nel 1899 e, con una straordinaria mostra personale, nel 1910), le recensioni positive sui giornali dell’epoca e l’acquisto di importanti opere da parte di enti culturali pubblici italiani (la già citata Le tre età della donna e Giuditta II, comprata dalla Galleria internazionale d’arte moderna di Venezia). Ma l’Italia fu soprattutto una fonte d’ispirazione che accese in lui scelte stilistiche già acquisite. La sua predilezione per l’oro, uno degli elementi più iconici della produzione klimtiana, nacque nel contesto fami-

liare e culturale in cui crebbe, ma è nel nostro Paese che trovò la consacrazione. Nonostante la tradizione artistica dell’area germanica avesse tra i suoi pilastri l’oreficeria fin dal XII secolo, il giovane Gustav – tra l’altro figlio di un orafo – si formò in un periodo, l’800, in cui i diktat accademici avevano posto una sostanziale censura dell’oro in pittura alla quale gli artisti simbolisti contemporanei di Klimt si opponevano. Quando l’autore viennese giunse in Italia, nel 1903, si convinse grazie ai mosaici di San Marco a Venezia e soprattutto a quelli bizantini di Ravenna: comprese quanto l’oro potesse rendere astratta la visione dell’opera e, in particolare, diventare la base stessa dell’immagine, con luci e colori splendenti che trasportano ogni componente del manufatto in una dimensione diversa da quella naturale. L’apporto di Klimt alla cultura si fa largo nell’esposizione capitolina attraverso oltre 200 capolavori, tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture. Si possono ammirare Giuditta I, Signora in bianco, Amiche I (Le sorelle), Amalie Zuckerkandl e La sposa, ma l’ospite d’eccezione è Ritratto di signora. Quest’olio su tela venne realizzato tra il 1916 e il 1917 e acquistato otto anni dopo dal mecenate Giuseppe Ricci Oddi, che donò la propria collezione alla città natia, Piacenza. La Galleria che porta ancora oggi il suo nome, fondata nel 1931, custodì il quadro per oltre sei decenni senza mai dare troppo nell’occhio, finché negli anni ‘90 l’opera cominciò a riempire gli spazi di giornali e tv. Nella primavera del 1996, la diciannovenne Claudia Maga, all’epoca studentessa al Liceo artistico sperimentale di Piacenza, ebbe un’intuizione felice. Durante una ricerca sui ritratti femminili conservati nella Galleria d’arte moderna Ricci Oddi confrontò Ritratto di signora con l’immagine di un’altra opera di Klimt, Ritratto di ragazza, dipinto raffigurante una giovane con un cappello, esposto nel 1912 a Dresda e improvvisamente sparito nel 1917. La somiglianza tra i soggetti immortalati, in particolare nei tratti somatici, le sembrò evidente e l’alunna

Gustav Klimt, Amiche I (Le sorelle) (1907) © Klimt Foundation, Vienna

si rivolse alla preside della scuola e all’ex direttore della Ricci Oddi, che si 87


ARTE

confrontò con il nuovo responsabile della Galleria. Il Comune di Piacenza affidò una serie di indagini scientifiche alla migliore compagnia del settore, la romana Il Cenacolo. Raggi X, infrarossi, ultravioletti e riflettografie non lasciarono scampo a dubbi: i due ritratti convivevano sulla stessa tela. La Ragazza, non più scomparsa ma evidentemente ripresa da Klimt per un ripensamento, era divenuta la Signora, come se il tempo fosse passato anche per lei, in una storia che avrebbe rallegrato Oscar Wilde. Nell’inverno del 1997 la Galleria era alle prese con lavori di ristrutturazione per l’inizio di una mostra quando, a febbraio, il quadro venne rubato: restò solo la cornice, trovata sui tetti dello stabile. Da allora seguirono 22 anni di ricerche incessanti senza alcun risultato. Tutto cadde nel silenzio

Gustav Klimt, La sposa (1917-18) © Klimt Foundation, Vienna

finché un giardiniere, nel dicembre 2019, trovò in un’intercapedine chiusa da uno sportello una borsa contenente quello che sembrava il dipinto mancante. Un mese dopo giunse la conferma di Procura e critici d’arte: il quadro era quello originale. L’identità dei presunti Arsenio Lupin resta ancora ignota, ma almeno il Ritratto di signora ha lasciato la cronaca per ritrovare il proprio posto nell’arte e, dopo l’esposizione al Museo di Roma, tornerà a casa: la Galleria Ricci Oddi ospiterà infatti, dal 5 aprile 2022, la mostra Klimt intimo per offrire ai visitatori un pittore “ritrovato” nella sua dimensione più personale, con opere e documenti che restituiscono lo spessore della vicenda umana e culturale di un genio che, come dimostra la storia recente, ha saputo portare l’arte fuori dal tempo. museodiroma.it MuseoDiRoma museiincomune museiincomuneroma

Gustav Klimt, Ritratto di signora (1916-17) Galleria d’arte moderna Ricci Oddi

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ARTE

HYBRĬDA A ROMA

UN PROGETTO ARTISTICO MAPPA LE REALTÀ PIÙ INTERESSANTI DELLA CAPITALE DEDICATE AL CONTEMPORANEO. PER DISEGNARE UNA NUOVA GEOGRAFIA CULTURALE a cura di Untitled Association

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l progetto Hybrĭda racconta le realtà più interessanti di Roma dedicate agli eventi culturali che attraversano le diverse attitudini del contemporaneo. Hybrĭda è un

untitledassociation

soggetto fluido, aperto alla contaminazione, un contenitore di idee rivolto all’individuazione e all’approfondimento di spazi non profit, associazioni culturali, artist-run spaces, progetti

indipendenti, spazi di ricerca e sperimentazione. Con l’obiettivo di disegnare nuove geografie a sostegno dell’arte e degli artisti. untitled-association.org

01. Casa Vuota Via Maia, 12 casavuota Il progetto ideato da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo trasforma l’appartamento di un condominio nel quartiere Quadraro, a Roma, in uno spazio espositivo. Dal 2017 ospita lavori personali e collettivi di arte contemporanea. Esperienze di fruizione coinvolgenti vengono costruite su misura per le stanze della casa, che conservano tracce del passaggio dei vecchi proprietari. Un ambiente immersivo, periferico ed eccentrico dove non c’è soluzione di continuità tra l’intervento dell’artista e l’abitazione, parte dell’opera e memoria di storie in continua evoluzione. Riunione di condominio Natascia Abbattista, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo 13.11>31.12

Natascia Abbattista, Riunione di condominio (2021) Courtesy l’artista e Casa Vuota, Roma

Numero Cromatico, Tre scenari sulla percezione del tempo (2021), veduta dell’installazione (dettaglio) Courtesy Numero Cromatico, Roma

02. Numero Cromatico Via Tiburtina, 213 numerocromatico.com numerocromatico Fondato a Roma da un gruppo di ricercatori appartenenti al mondo delle arti visive e a quello delle neuroscienze, è un centro indipendente di studio e produzione sperimentale. Dal 2011 si occupa di editoria pubblicando accurate edizioni d’arte, tutte prodotte con un’attenta scelta dei contenuti e una scrupolosa cura del dettaglio. Tre scenari sulla percezione del tempo: la memoria, la visione, l’attesa Via dei Volsci, 165 >19.12 *tutte le domeniche e solo su appuntamento

Collettivo Damp, /pos •tàc•cio/ #3_Irreale Possibile (2021), OFF1C1NA Extended, veduta 3D dello spazio Courtesy OFF1C1NA, Roma

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03. OFF1C1NA Via dei Juvenci, 11 off1c1na Studio d’arte condiviso attivo dal 2007 nel quartiere romano Quadraro. Usato prima come deposito di materiali per mostre e interventi, a partire dal 2021, con il progetto OFF1C1NA extended a cura di Spazio Y, ospita interventi site specific. A turno gli artisti, invece di resettare lo spazio, si ispirano a quello che vi trovano, lo riutilizzano e lo trasformano attraverso una staffetta creativa. /pos•tàc•cio/ #3_Irreale Possibile Collettivo Damp >12.11


05. Spaziomensa Via Salaria, 971 spaziomensa Artist-run space fondato a ottobre 2020 da Giuseppe Armogida, Gaia Bobò, Sebastiano Bottaro, Dario Carratta, Marco Eusepi, Alessandro Giannì e Andrea Polichetti. Lo spazio nasce all’interno del progetto di rigenerazione urbana ideato da CityLab 971, nell’ex cartiera di via Salaria, configurandosi come luogo aperto alle pratiche artistiche che popolano lo scenario del contemporaneo romano.

04. Post Ex Centocelle post_ex_post_ex Un atelier nato da sei artisti mossi da esigenze comuni e dalla volontà di unire le proprie capacità per creare un luogo di crescita personale e di sviluppo collettivo. L’ambiente, di 1.100 m2 con accesso indipendente, situato in un’ex carrozzeria di Centocelle, accoglie i contributi di professionisti romani, italiani e internazionali, che intendano proporre e dare forma a progetti di ricerca e sperimentali nella Capitale. Temporary guest artist: Cristiano Carotti >30.11 Studio mobile Jacopo Natoli >30.11

Sebastiano Bottaro, Dario Carratta, Marco Eusepi (2020). Veduta dell’installazione Courtesy gli artisti e Spaziomensa, Roma Foto © Giorgio Benni

Voyage/Voyage (2021) a cura di Porter Ducrist, veduta dell’installazione Courtesy Spazio In Situ, Roma Foto © Marco De Rosa

Cristiano Carotti, Post Ex project room (2021), veduta dell’installazione (dettaglio) Courtesy l’artista e Post Ex, Roma Foto © Eleonora Cerri Pecorella

L’ora del lupo Dario Carratta, Giovanni De Cataldo, con testo a cura di Manuela Pacella In collaborazione con Litografia Bulla >13.11 Porta Portese Mostra collettiva a cura di Gaia Bobò 27.11 >

06. Spazio In Situ Via S. Biagio Platani, 7 spazioinsitu.it spazioinsitu Spazio di sperimentazione per l’arte contemporanea nato nel 2016 a Tor Bella Monaca. Con un ampio programma di mostre collettive, sia del gruppo fondatore sia di nomi internazionali, intende valorizzare il lavoro di creativi emergenti, costruendo un rapporto unico con il proprio sito e il contesto sociale, a metà strada tra una galleria e uno studio d’artista. IperSitu Sveva Angeletti, Alessandra Cecchini, Christophe Constantin, Francesca Cornacchini, Marco De Rosa, Federica Di Pietrantonio, Chiara Fantaccione, Roberta Folliero, Andrea Frosolini, Daniele Sciacca, Guendalina Urbani, a cura di Daniela Cotimbo >30.11 91


ARTE

MOSTRE D’AUTUNNO

DA MONET A WARHOL, DA TIZIANO A KAHLO. I GRANDI DELL’ARTE SONO PROTAGONISTI DELLA NUOVA STAGIONE ESPOSITIVA a cura di Luca Mattei

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lucamattei1- l.mattei@fsitaliane.it

e Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

TORINO L’arte tra fine ’800 e il Secondo dopoguerra spopola nelle mostre all’ombra della Mole. In ordine cronologico si parte con Fattori. Capolavori e aperture sul ‘900, alla Galleria Gam fino al 20 marzo 2022, retrospettiva su un maestro che interpretò in modo innovativo i temi risorgimentali. Segue Parigi era viva, al Museo Accorsi-Ometto fino al 30 gennaio, che ripercorre gli anni 1928-33 vissuti dagli italiens de Paris: autori come Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis e Alberto Savinio, che irruppero nella capitale culturale europea ridisegnando le sorti della pittura italiana. Si chiude con Fondazione Maeght. Un atelier a cielo aperto, alla Pinacoteca Agnelli fino al 13 febbraio, con artisti come Marc Chagall, Alberto Giacometti, Henri Matisse, Joan Miró, che condivisero il progetto dei galleristi Marguerite e Aimé Maeght di creare un luogo per l’art vivant in Provenza. gamtorino.it | fondazioneaccorsi-ometto.it | pinacoteca-agnelli.it

Giovanni Fattori, La strada bianca (1887 circa) © Istituto Matteucci, Viareggio

MILANO L’Impressionismo e Claude Monet, due motivi di attrazione artistica a cui non si può resistere. Cinquantatré opere del pittore, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, sono tutte da godere nella mostra Monet, fino al 30 gennaio 2022 a Palazzo Reale. Il percorso traccia l’intera parabola del maestro attraverso le tele che custodiva nella sua casa a Giverny e non volle mai vendere. Tra queste, immancabili, le Ninfee (1916-1919) e Le rose (1925-1926), il suo ultimo capolavoro. Al Museo del Novecento, invece, fino al 27 marzo gli spazi espositivi sono dedicati a Mario Sironi. Sintesi e grandiosità, un’approfondita retrospettiva a 60 anni dalla sua morte. Più di 100 opere che ricostruiscono la sua biografia, dalla giovanile stagione simbolista fino all’ultima opera, Apocalisse. monetmilano.it | museodelnovecento.org Claude Monet, Lo stagno delle ninfee (1917-1919 circa), Musée Marmottan Monet, Parigi © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

CATANIA Da un lato il più importante rappresentante della Pop Art, l’artista più fotografato al mondo, dall’altro il più chiacchierato esponente della street art che, paradossalmente, ha fatto dell’anonimato il proprio segno di riconoscimento. La mostra Warhol Banksy, al Museo Platamone dal 19 novembre al 6 giugno 2022, crea un confronto, attraverso più di 100 opere, tra due geni che hanno cambiato il modo di intendere l’arte negli ultimi 50 anni. Un altro appuntamento da non perdere nella città siciliana è Territori intermedi, personale di Gabriele Basilico, maestro nella fotografia di paesaggi urbani. Oltre 60 scatti stampati appositamente per il Castello Ursino, che li accoglie fino al 6 gennaio, mai pubblicati o presentati prima perché realizzati come studi o sacrificati dalle committenze. warholbanksy.com Andy Warhol, La sedia elettrica (1964)

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GENOVA Due grandi nomi in mostra a Palazzo Ducale. Fino al 20 febbraio 2022, la grande antologica Escher è dedicata a uno degli artisti più amati a livello globale, creatore di immagini irreali di un mondo impossibile diventate icone dell’arte moderna. Distribuite in otto sezioni, sono oltre 200 le opere più rappresentative, tra cui Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Giorno e notte (1938). Il secondo appuntamento da non perdere è con la mostra Hugo Pratt. Da Genova ai Mari del Sud. Corto Maltese, la sua creatura, viene omaggiato per la prima volta nella città dove è nato. Fino al 20 marzo, sono esposti 200 pezzi tra tavole e acquerelli che narrano le storie del famoso avventuriero, in un mondo di donne seducenti, ribelli, indipendentisti e indiani che si muovono su uno sfondo di boschi e praterie. palazzoducale.genova.it

Hugo Pratt, Corto Maltese, una ballata del mare salato (1976)

FIRENZE Un capolavoro assoluto è esposto nella mostra Un ospite da Vienna: Jacopo Strada di Tiziano, a Palazzo Pitti fino al 16 gennaio 2022. L’opera, in prestito dalla capitale austriaca, ritrae il colto antiquario e studioso lombardo, ma anche architetto, orafo, scrittore e mercante d’arte, vissuto nel ’500. Salto di secoli, invece, per Jeff Koons. Shine, a Palazzo Strozzi fino al 30 gennaio, la più grande monografica dedicata a un artista che con le sue opere giocose e colorate critica la società contemporanea. In piazza della Signoria e a Palazzo Vecchio, fino al 2 febbraio, l’esposizione Francesco Vezzoli in Florence omaggia il primo italiano vivente a realizzare un’opera concepita per la famosa piazza: Pietà, un monumentale leone rampante. uffizi.it | palazzostrozzi.org | museonovecento.it

Francesco Vezzoli, Pietà (2021)

NAPOLI Partenope brilla con mostre sull’universo femminile. Tappa obbligatoria Frida Kahlo - Il caos dentro, a Palazzo Fondi fino al 9 gennaio 2022, un percorso nell’intimità della pittrice latino-americana che ha reso emblematico il rapporto tra arte e corpo. Sempre in ambito pittorico, il Complesso della Pietrasanta ospita, anche in questo caso fino al 9 gennaio, Monne e Madonne, in cui le pennellate di Luca Giordano, Francesco Solimena, Filippo Vitale e Fernando Botero, tra gli altri, raccontano la donna terrena e spirituale. Strizza l’occhio, invece, alla moda e all’estetica l’esposizione fotografica La bellezza svelata, al Pan fino al 9 novembre: nei ritratti delle muse di Piero Gemelli, specialista di beauty e still life, il possibile travalica il reale. mostrafridakahlo.it | fondazionedechiara-demaio.it | comune.napoli.it

Frida Kahlo, Autoritratto con bonito (1941) © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F.

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ARTE

INVITO A PALAZZO

GRAZIE A OLTRE 550 OPERE RACCOLTE IN 60 ANNI, L’IMPRENDITORE E COLLEZIONISTA LUIGI CARLON HA TRASFORMATO IN UNA CASA-MUSEO LA STORICA RESIDENZA MAFFEI, A VERONA di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com

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© Luca Rotondo

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Particolare della sala Sul perimetro del mondo e i suoi limiti

gni giorno, in Italia, si scrive un nuovo straordinario capitolo sulla storia di imprenditrici e imprenditori le cui scelte si muovono all’interno dell’orizzonte della sostenibilità, intesa anche come restituzione alla comunità e condivisione. In uno di questi capitoli c’è Luigi Carlon, veronese, classe 1939, fondatore nel 1978 di Index S.p.A., azienda leader mondiale nella produzione di impermeabilizzanti, isolanti termici e acustici, con cui sono stati protetti l’Empire State Building di New York, le Petronas Towers di Kuala Lumpur, la Place Vendôme di Parigi e il Ponte Normandia di Le Havre, solo per citarne alcuni. La sua ultima impresa è la casa-museo Palazzo Maffei. In uno dei più scenografici e noti edifici seicenteschi di Verona, quinta suggestiva di piazza delle Erbe, completamente restaurato per l’occasione, Carlon ha deciso di condividere con i suoi concittadini e tutti i viaggiatori di passaggio la visione della propria raccolta d’arte, che spazia dalla fine del ‘300 a oggi, passando per il Futurismo e la pittura metafisica (con Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini, Giorgio de Chirico, Felice Casorati e Giorgio Morandi), per Pablo Picasso e Vasilij Kandinskij, accanto a René Magritte, Max Ernst, Marcel Duchamp. Incontro Carlon in occasione dell’apertura del secondo piano di Palazzo Maffei, visitabile a partire da questo novembre. Un’intervista rara considerata la sua proverbiale riservatezza. «Forse perché mi sono sempre occupato di isolanti», ironizza. Per quale motivo è importante che un imprenditore di successo restituisca qualcosa alla propria comunità? L’impresa non è un’entità estranea al mondo. È una componente essenziale della società, riceve e deve dare perché è così che un organismo funziona. Le sue parti che producono ricchezza e profitto lo fanno anche grazie al contesto in cui si trovano, alle conoscenze, alle ricerche e ai progressi raggiunti nel Paese. Pertanto l’impresa ha il dovere etico, ma anche fondante, di contribuire al benessere sociale e lo può fare in tanti ambiti, in molti modi diversi. Nel caso di Palazzo Maffei si è trattato, però, di scelte personali che non hanno coinvolto l’impresa.

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ARTE

Giorgio de Chirico Il saluto dell'amico lontano (1916) © Giorgio de Chirico, by SIAE 2020 Collezione Luigi Carlon

Quali? Da tempo sentivo l’esigenza di ordinare la collezione raccolta in quasi 60 anni, di poterla rileggere nei suoi differenti filoni, nelle evoluzioni e connessioni, nei dialoghi tra artisti, sguardi e visioni che hanno accompagnato tutta la mia vita. Così, cercando uno spazio adeguato, mi sono reso conto che non doveva essere un ambiente esclusivamente familiare. Le opere hanno vita eterna, contengono messaggi che non si rivolgono solo al singolo ma al mondo. Vivono negli sguardi della gente, illuminano l’anima e le menti. Ne abbiamo tutti bisogno. Era arrivato il momento di aprire la collezione alla città e a quanti amano l’arte. Così, la mia famiglia e io abbiamo avviato questo progetto trovando in Palazzo Maffei il luogo ideale: un edificio iconico, riprodotto in tantissime opere che io stesso avevo acquistato, situato in un luogo carico di storia per Verona, proprio laddove si trovavano il Foro Romano e il Capitolium. Quali sono stati i primi acquisti della collezione? Ancora ventenne, con i primi salari ho cominciato ad acquistare opere di artisti veronesi come Eugenio Degani, Silvano Girardello, Giorgio Olivieri, Checco Arduini e Pino Castagna. Pittura e scultura di qualità che avevano bisogno di un riscatto.

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Zenone Veronese Il ratto di Elena (XIV sec.) Collezione Luigi Carlon


© Paolo Riolzi

Facciata di Palazzo Maffei

Che cosa l’ha portata a scegliere anche artisti emergenti? Quando negli anni ho acquistato opere d’arte antica e moderna di correnti o autori importanti, ho comunque sempre continuato a seguire le novità del contemporaneo, le istanze dell’oggi, i protagonisti nascenti. È un modo per comprendere il mondo, le urgenze diverse che lo attraversano, le sperimentazioni, un modo per riflettere. È pieno di artisti che fanno fatica a mantenersi e forse saranno apprezzati da molti solo tra decenni. Io ho a cuore il loro destino: è straordinario seguire e sostenere il formarsi della personalità di un autore, accompagnare i suoi percorsi creativi. Intravedi una fiamma, contribuisci ad alimentarla, ne segui le evoluzioni finché diventa fuoco. Chi sente questo per l’arte credo debba condividere con la società le sue sensazioni e anche il proprio personale percorso di scoperta, perché l’arte ispira la vita, apre al confronto, libera le menti. La mia è una collezione eclettica, un dialogo tra le arti, tra antico e contemporaneo. Ovviamente ci sono anche percorsi e nuclei molto coerenti e direi portanti, soprattutto in ambito pittorico. Da

un lato la pittura veronese, con l’idea di valorizzare la produzione scaligera dalla fine del ‘300 in poi, documentando anche la città attraverso i secoli: opere di Altichiero, Liberale da Verona, Simone Brentana, Nicolò Giolfino, Alessandro Turchi, Felice Brusasorzi, fino alla Veduta dell’Adige nei pressi di San Giorgio in Braida del fiammingo Gaspar van Wittel. Dall’altro, ci sono le avanguardie del ’900, con una particolare attenzione al Futurismo italiano, alla Metafisica e all’arte astratta: da Boccioni e Balla a Magritte, Ernst, de Chirico, Duchamp, Picasso, Warhol, Vasilij Kandinskij; da Severini e Mario Sironi fino a Lucio Fontana, Alberto Burri e altri. Nel complesso sono oltre 550 le opere esposte. So che c’è una scoperta che l’ha particolarmente entusiasmata nella sua ricerca di collezionista… Sì, c’è stata una scoperta e una sorpresa imprevista. Quando acquistai dal Metropolitan Museum di New York il Ratto di Elena, opera del XVI secolo di Zenone Veronese, nell’avviare il restauro scoprimmo che la tela era in realtà più grande di 40 centimetri rispetto all’apparenza. Una parte del dipinto

era stata ripiegata sotto l’intelaiatura. Anche per il museo americano fu una notizia inattesa che metteva in ulteriore luce la bellezza dell’opera, tanto che avrebbero voluto riaverla indietro. L’opera a cui è più legato? Ce ne sono molte, ma forse è Lettera all’amico lontano di de Chirico, un dipinto spiazzante, assolutamente d’avanguardia per l’epoca in cui è stato realizzato. È del 1916, quando Giorgio e suo fratello Alberto andarono a vivere con la madre a Ferrara e furono rapiti dalle atmosfere rarefatte di quella città. Siamo nel pieno della guerra, quando dall’ospedale ferrarese in cui si era fatto ricoverare, l’artista diede vita alla pittura metafisica. Qual è, a suo avviso, il ruolo delle arti e della bellezza oggi? Credo che siano un presidio imprescindibile, oggi più che mai, contro la solitudine, l’intolleranza, le chiusure, le visioni e le voci univoche. Contro la riduzione dell’uomo a corpo e animale di consumo. palazzomaffeiverona.com palazzomaffei palazzomaffeiverona 97


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Un campo di girasoli nell'alto Lazio visto dalla Freccia 9506 98


LATO FINESTRINO IL PAESAGGIO VISTO DAL TRENO CHE CORRE È AL CENTRO DELLA RICERCA FOTOGRAFICA DI JACOPO DI CERA. E DIVENTA UN PROGETTO IN MOSTRA A TORINO E ROMA di Sandra Gesualdi

sandragesu Foto Jacopo Di Cera

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iaggiare come stato ed espressione di sé. Essere sempre di passaggio, tra una città e l’altra, di stazione in stazione, lungo i binari che corrono da nord verso sud. Paesaggi che passano, tornano, si modificano come le stagioni, in una costante quotidianità in divenire. Jacopo Di Cera ha fatto del concetto di viaggio il tema principale della sua ricerca fotografica, indagandolo nelle sue plurime sfaccettature: turistico, mitologico, leggendario o quello, più complesso, del migrante. Con l’ultimo progetto artistico, MiRo. Milano-Roma, a cura di Massimo Ciampa, si concentra in particolare sui quotidiani spostamenti dei pendolari per lavoro, fermando con il suo obiettivo le immagini che compongono lo scenario tra le due grandi città. Il progetto è in mostra Dalla Freccia 9662, panorama su Milano

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fino al 21 novembre a Paratissima di Torino e, dal 17 al 21 novembre, alla prima edizione della fiera d’arte moderna e contemporanea Roma arte in Nuvola. Per dieci anni Di Cera è salito sullo stesso treno – da Milano Centrale verso Termini e ritorno – si è seduto nello stesso posto lato finestrino e, come uno spettatore, si è messo in osservazione di tutto ciò che scorreva lungo la tratta. «È un grido a guardare fuori e ad accorgersi della bellezza del momento», spiega l’autore, e a dare spessore a quella visione immaginifica che spesso diamo per scontata. Ne è nato un racconto personale, costruito di scatti in itinere e immortalato con occhio da poeta e rigore documentaristico. Le foto, stampate su vetro e allestite con un supporto di ferro a forma di un oblò del treno, mostrano un pezzo di Paese

che cambia aspetto col correre dei chilometri e l’alternarsi del tempo: campi estivi abbagliati di giallo, paesaggi invernali sotto coltri di nebbia, periferie industriali e pianure arate, massicciate ricamate da murales o sparuti casali antichi che lasciano il passo a grovigli di strade. Un balletto di bagliori e ombre, pieni e vuoti, tinte calde e fredde che, in ogni mese, trasfigurano lo sfondo. «Ogni viaggio è una storia. Per un pendolare, il treno diventa un non-luogo. Dal finestrino, però, la vita è in costante evoluzione, con i suoi colori, le sue luci, le sue stagioni, le sue costruzioni urbane. Io ho voluto rappresentare quello che, normalmente, chi si sposta ogni giorno si dimentica di osservare intorno a sé, fuori». jacopodicera.it jacopodicera


Vista dalla Freccia 9658 in ingresso a Roma Termini

«Ogni viaggio è una storia. Dal finestrino, la vita è in costante evoluzione» Passaggio in bassa Toscana con la Freccia 9565

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Murales nei pressi della stazione Santa M.N. di Firenze visto dalla Freccia 9512

«MiRo. Milano-Roma è un grido a guardare fuori e ad accorgersi della bellezza del momento» Dettaglio della stazione di Reggio Emilia AV Mediopadana dalla Freccia 9653

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Lorenzo Vitturi, frammenti di tappetino da preghiera, sapone rosa, uova e olio di cocco (2017) © Lorenzo Vitturi, courtesy dell'artista

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MANGIARE CON GLI OCCHI A BOLOGNA TORNA LA BIENNALE FOTO INDUSTRIA, CON 11 MOSTRE DI ARTISTI INTERNAZIONALI DIFFUSE IN LUOGHI STORICI DELLA CITTÀ di Sandra Gesualdi

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Ando Gilardi, giovani donne portano zucche sulla testa, Qualiano, Napoli (1954) © Fototeca Gilardi

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accontare, ricordare, finanche urlare con le immagini. In grande formato, allineate, sovrapposte, in grigio, saturate dal colore, in digitale o nostalgicamente analogiche. E da cercare, fino al 28 novembre, in dieci luoghi storici e d’arte di Bologna, diffusi per lo più nel centro come il Mambo, Palazzo Fava, il Mast, la Pinacoteca nazionale e il Pa-

diglione dell’Esprit Nouveau. È il progetto Foto/Industria promosso dalla Fondazione Mast, la più importante biennale al mondo dedicata alla fotografia industriale e del lavoro che, per questa edizione curata da Francesco Zanot, è incentrata sul food, mostrato in ogni sua coniugazione. Undici mostre e altrettanti fotografi internazionali rappresentano oltre un

secolo di storia a tema alimentare: i mercati antichi e lontani, l’impatto degli allevamenti sull’ambiente, le tonnare, le colture intensive, i paesaggi e la natura. Ma anche le tradizioni locali legate al cibo, importante rilevatore per analizzare e capire intere epoche e civiltà. Così al Mast, fino al 2 gennaio 2022, ci sono gli scatti di Ando Gilardi, alli105


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Bernard Plossu, Parigi, Francia (1972) © Bernard Plossu

neati in Fototeca. Immagini dedicate soprattutto agli ultimi, al lavoro sfruttato e marginale, come quello delle contadine immortalate in intensi primi piani durante i reportage sindacali di fine anni ‘50. Le foto del francese Bernard Plossu, esploratore del mondo assieme alla sua macchina tradizionale, disegnano tappe in ogni dove profilando, con toni variabili di grigio, strade parigine, panifici siciliani e coffee shop americani resi immortali dalla poesia del vero. E ancora, a Palazzo Fava, incorniciate dagli affreschi dei fratelli Carracci, Herbert List propone immagini crude, a tratti violente, riempite da toni scuri e vischiosi. Un documento di storia locale che racconta le tonnare e le mat106

tanze sull’isola di Favignana, in Sicilia, nel secolo scorso. L’americana Jan Groover immortala composizioni visive con oggetti da cucina o di uso quotidiano, che richiamano le ispirazioni contemporanee dei dipinti di Giorgio Morandi e contengono istanze sociali e femministe. Esplosioni di colore e connubio tra culture nelle opere di Lorenzo Vitturi che, in Nigeria, ritrae uno dei mercati più grandi al mondo, riflettendo sulla fragilità dell’ecosistema. Ricerca e impegno ambientalista, invece, nel progetto di geopolitica della palestinese Vivien Sansour a difesa di antichi semi, sinossi di cultura e storia del Paese. Indagini sul rapporto tra uomo e natura compongono

invece i video di Takashi Homma, che riflette sull’omologazione del cibo nella serie McDonald’s, mentre il progetto di Maurizio Montagna racconta l’antica tradizione della pesca nel fiume piemontese Sesia. La tecnologia alimentare, le serre e gli allevamenti sono poi il focus di Henk Wildschut, come le immagini riciclate dalla Rete rielaborate da Mishka Henner diventano mappe satellitari di allevamenti intensivi. Infine, i cioccolatini presentati da Hans Finsler appaiono come asettici oggetti d’avanguardia da ammirare e mangiare con gli occhi. Come l’arte. fotoindustria.it fotoindustriaBO fotoindustria


Jan Groover, Untitled (1988-89 circa) © Musée de l'Elysèe, Lausanne - Jan Groover Archives

Vivien Sansour, raccolto dei cavolfiori (2020) © Vivien Sansour. Palestine Heirloom Seed Library

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NATURA FRAGILE SEBASTIÃO SALGADO PORTA AL MAXXI DI ROMA IL SUO VIAGGIO IN AMAZZONIA. OLTRE 200 SCATTI PER IMMORTALARE LA BELLEZZA DI UN PAESAGGIO DA PROTEGGERE E DEI SUOI ABITANTI di Flavio Scheggi

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Foto © Sebastião Salgado/Contrasto

Anavilhanas, isole boscose del Rio Negro, Stato di Amazonas, Brasile (2009) 109


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l suo immenso territorio tocca nove Paesi, ovvero un terzo del continente sudamericano, e si estende su un’area dieci volte quella della Francia. Si tratta della zona tropicale più grande al mondo, di cui oltre il 60% si trova in Brasile. È la foresta dell’Amazzonia, che il fotografo Sebastião Salgado ha immortalato attraverso sei anni di viaggi, catturando la varietà dei paesaggi e dei popoli che la abitano. L’artista si è stabilito nei villaggi per settimane e ha ritratto con la sua macchina i diversi gruppi etnici, la foresta, i fiumi, le montagne, gli stili di vita. Registrando l’immensa potenza della natura ma cogliendone, allo stesso tempo, la fragilità. Un viaggio straordinario nella bellezza di un ambiente unico al mondo, i cui custodi, le popolazioni che lo abitano, rischiano l’estinzione. Questo viaggio è diventato la mostra Amazônia, al MAXXI di Roma fino al 13 febbraio 2022. Oltre 200 immagini per l’unica tappa italiana del progetto promosso dal museo in collaborazione con Contrasto. L’esposizione, curata da Lélia Wanick Salgado, compagna di viaggio e di vita del grande artista, è divisa in due parti. Nella prima le fotografie sono organizzate per ambientazione paesaggistica, con sezioni che vanno dalla foresta vista dall’alto ai grandi fiumi che attra-

Giovane donna Ashaninka, Stato di Acre, Brasile (2016)

versano il territorio. Si prosegue con la forza, a volte devastante, delle tempeste tropicali e dei rilievi montuosi che definiscono la vita del bacino amazzonico, per finire con Isole nel fiume, l’arcipelago che emerge dalle acque del

Rio Negro. La seconda parte è invece dedicata alle popolazioni indigene come gli Awá-Guajá, che contano solo 450 membri e sono considerati la tribù più minacciata del pianeta, gli Yawanawá, che prima di scomparire hanno

Sciamano Yanomami dialoga con gli spiriti prima della salita al Monte Pico da Neblina, Stato di Amazonas, Brasile (2014)

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Giovani donne Suruwahá, Stato di Amazonas, Brasile (2017)

ripreso il controllo delle proprie terre, le comunità Yanomami, che vivono in una grande casa comune a forma di anello detta yano. E ancora, gli Ashaninka, situati nello stato di Acre, vicino al confine peruviano, che hanno recentemente ottenuto un risarcimento per la deforestazione perpetrata nelle loro terre, e i Korubo, fra le tribù con

meno contatti esterni. Oltre alle immagini, poste a diverse altezze e presentate in vari formati, la mostra si sviluppa in spazi che ricordano le ocas, tipiche abitazioni indigene, evocando in modo vivido i piccoli e isolati insediamenti umani nel cuore della giungla. Accompagna la visita una traccia audio composta dal mu-

sicista francese Jean-Michel Jarre e ispirata ai suoni autentici della foresta, tra il fruscio degli alberi, i versi degli animali e il fragore dell’acqua che cade a picco dalle montagne. maxxi.art contrastobooks.com museomaxxi Museo_MAXXI

Rio Jaú, Stato di Amazonas, Brasile (2019)

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Il self storage, chiave vincente di un nuovo stile di vita N

ato negli anni ‘60 negli Stati Uniti, il self storage è sempre stata una risposta ai cambiamenti che attraversano epoche e società. Non stupisce quindi, se negli anni ‘20 del duemila, anni di mutamenti profondi che presto diventeranno radicati, il self-storage abbia non solo trovato una maggiore popolarità, ma anche nuove occasioni di utilizzo derivate dalla situazione attuale. Smart working, traslochi, riorganizzazione della casa sono infatti fenomeni sempre più in crescita dovuti all’effetto Covid, che da ormai più di un anno a questa parte stiamo imparando a gestire. Abituati a lavorare in ufficio, a causa della pandemia, milioni di italiani si sono ritrovati a svolgere da casa la propria attività professionale, rendendo le abitazioni private un nucleo in cui concentriamo contemporaneamente affetti, lavoro e famiglia. Non stupisce quindi che questo nuovo stile di vita possa acuire in molti la sensazione di una mancanza di spazio, con la possibilità di compromettere il benessere mentale generale causando disagio, stress e tensione tra i vari membri della famiglia. Ed è proprio qui che il self storage si sta rivelando di grande aiuto: mobili ingombranti e scatoloni che prima occupavano le stanze vengono depositati temporaneamente e a costi contenuti, trasformando la casa in uno spazio più arioso e ordinato. Soluzione che aiuta anche tutti coloro che hanno deciso di lasciare le grandi metropoli per tornare nelle città di origine, e che hanno trovato in questi depositi una casa temporanea dove lasciare mobili e altri oggetti personali in attesa di trasferimento o di una nuova sistemazione. Assistiamo quindi a un vero e proprio cambiamento radicale della società che non dimentica neanche le aziende: se quelle più grandi si ridimensionano, quelle piccole cercano spazi più flessibili e meno impegnativi economicamente. Ed è proprio in questa necessità di cambiamento che subentra EasyBox sostenendo le imprese e fornendo un appoggio concreto durante traslochi e

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spostamenti, con spazi puliti, ampi e funzionali. EasyBox, leader in Italia nel settore del Self Storage, si pone l’obiettivo di fornire soluzioni semplici, smart e di facile utilizzo per venire incontro a queste nuove esigenze di privati e aziende, offrendo depositi e magazzini di varia metratura, all’insegna di tre parole chiave: semplicità, sicurezza e flessibilità. Ogni spazio presente all’interno delle loro strutture può essere affittato e utilizzato per riorganizzare casa, creare uno spazio dove praticare i propri hobby (perché non trasformare un box in una piccola palestra, adesso che sono chiuse?), archiviare documenti, attrezzature o materiali lavorativi. Inoltre, sull’onda del fenomeno dello smart working, ormai entrato a far parte della nostra routine quotidiana, EasyBox ha deciso di mettere a disposizione dei veri e propri spazi da adibire a ufficio e sale riunioni, disponibili per affitti a breve o lungo tempo, a cui sempre più lavoratori potranno appoggiarsi. “Un servizio nato anni fa per supportare attivamente ogni cittadino e che oggi più che mai potrebbe essere la chiave per un nuovo stile di vita – spiega Paul Bacon, CEO: “Ognuno di noi è alla ricerca di nuovi equilibri e di modi più attenti per condurre la propria quotidianità. Desideriamo offrire un appoggio esterno reale a chi in questo momento preferisce evitare luoghi affollati e ridurre il contatto con altri e allo stesso tempo a chi ha bisogno di crearsi un proprio spazio in casa”. Il self storage diventa così incarnazione fisica della teoria darwiniana, esempio di come anche da una panPer maggiorni informazioni: demia globale si possa dar Numero verde 800 202 662 vita a soluzioni e modelli www.easybox.it vincenti.


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© antondzyna/Adobestock

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NOTE LEGALI 1. Il numero dei posti è limitato e variabile, a seconda del treno e della classe/livello di servizio. Acquistabile entro le ore 24 del terzo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Il rimborso non è consentito. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi. 2. I componenti del gruppo che non siano bambini/ragazzi pagano il biglietto al prezzo Base. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza. 3. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni. 4. L’offerta Notte&AV è disponibile per i posti a sedere e le sistemazioni in cuccetta e vagoni letto (ad eccezione delle vetture Excelsior) sui treni Notte e per la seconda classe, o livello di servizio Standard, sui treni Frecciarossa o Frecciargento. L’offerta non è soggetta a limitazione dei posti. Il biglietto è nominativo e personale. 5. L’offerta è a posti limitati, acquistabile fino alle ore 24 del decimo giorno precedente la partenza del treno e non è cumulabile con altre riduzioni, compresa quella per i ragazzi. È valida per viaggi A/R con partenza il sabato e ritorno la domenica, sulla medesima relazione, categoria di treno e classe (o livello di servizio), effettuati durante lo stesso weekend. Il cambio dell’ora di partenza è consentito una sola volta per ciascun biglietto (di andata e di ritorno), fino alla partenza del treno. Il cambio delle date dei viaggi e del biglietto, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti. 6. Acquistabile in via promozionale, entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50% e si applica al prezzo Base. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la CartaFRECCIA insieme a un documento d’identità. 7. Riservata ai titolari di CartaFRECCIA, a posti limitati e variabili in base al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile in via promozionale, entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50%. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentite. 8. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 35% al 50% e si applica al prezzo Base. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile in via promozionale, entro le ore 24 del quarto giorno precedente la partenza del treno. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.

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FOOD ON BOARD

Grazie al servizio Easy Bistrò è possibile ordinare comodamente dal proprio posto gustosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione di specialità del Bar/Bistrò tra cui snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, bevande analcoliche e alcoliche. Menù e prodotti possono essere acquistati direttamente al passaggio del personale dedicato oppure è possibile ordinarli dal Portale FRECCE* pagandoli alla consegna nella fascia oraria desiderata. Il servizio è presente sulla maggior parte dei collegamenti Alta Velocità, prevalentemente nelle fasce orarie del pranzo e della cena.

Il viaggio nel viaggio

*Al momento, l’ordine tramite Portale FRECCE è attivo solo su Frecciarossa a fronte di una spesa minima di 5 euro

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PORTALE FRECCE

WWW.PORTALEFRECCE.IT INTRATTENIMENTO GRATUITO, FACILE E VELOCE Il portale FRECCE rende più piacevole il viaggio grazie ai numerosi servizi gratuiti disponibili a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale FRECCIAClub e FRECCIALounge. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com

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NETWORK // ROUTES // FLOTTA

Bolzano

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Paola Lamezia Terme

LEGENDA:

Reggio di Calabria Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.

FRECCIAROSSA ETR 1000 Velocità max 400 km/h Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze 122

Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 WiFi

Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità Fasciatoio


FRECCIAROSSA

FRECCIAROSSA ETR 500

Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 700

Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

1a

FRECCIARGENTO ETR 600

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 485

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA

Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA ETR 460

Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 123


L ’ASSOCIAZIONE DEGLI OPERATORI DEL CONTROLLO DI GESTIONE Un punto di riferimento per i Professionisti che vogliono contribuire allo sviluppo della società economica verso una profittabilità condivisa, duratura e sostenibile.

La Mission

➢ professione riconosciuta ➢ qualifica professionale ➢ formazione continua assoControLLer

proMuove:

• la formazione e patrocina corsi, master d’interesse per gli Associati, nell’ambito delle tematiche del controllo di gestione; • organizza momenti di formazione mirata, con l’ausilio della competenza di Associati, con un rapporto costante con enti pubblici e privati di formazione e con esperti nazionali o internazionali; • la definizione di “best practices” relative al controllo di gestione e che fanno capo alla funzione del Controller, tramite la condivisione tra i Soci delle competenze e conoscenze.

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PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS

PIEMONTE IN TRENO STORICO

© Fondazione FS Italiane/Michele Cerutti

IL 27 NOVEMBRE RIAPRE L’ITINERARIO TRA ALBA E NEIVE, IN PROVINCIA DI CUNEO. CHE ATTRAVERSA I PAESAGGI DI LANGHE-ROERO E MONFERRATO

Il treno storico nella natura autunnale delle Langhe

I

treni turistici di Fondazione FS Italiane tornano a percorrere alcuni storici binari piemontesi. Dopo alcuni mesi di lavori eseguiti da Rete Ferroviaria Italiana, il 27 novembre riapre il tratto tra Alba e Neive, in provincia di Cuneo. Le ottocentesche ferrovie del Monferrato e delle Langhe hanno conosciuto un lungo periodo di abbandono. La politica dei tagli ai trasporti dei primi anni 2000 decretò la chiusura di ben dieci linee volute da Cavour. Nel 2013, con la nascita di Fondazione FS, si pensò a riutilizzare questi tracciati, ancora in ottime condizioni, per finalità turistiche. Due anni dopo fu riaperta la Novara-Varallo (Ferrovia della Valsesia), nel 2016 la Ceva Ormea (Ferrovia del Tanaro) e a novembre del 2018 il cosiddetto triangolo Asti-Castagnole delle Lanze-Nizza Monferrato. Sabato 27 novembre, si aggiungerà alla lista un altro itinerario. Un treno storico partirà da Torino Porta Nuova

alle 8:30 e, percorrendo la ferrovia in direzione Bra, giungerà alla stazione di Alba, dove è prevista la cerimonia inaugurale per la riapertura della tratta. Al termine, superando la Galleria Ghersi, raggiungerà Neive e Castagnole delle Lanze, per concludere la sua corsa a Canelli, sul tratto già riaperto nel 2018. Nel pomeriggio, poi, si terrà il convegno Il treno storico come motore di sviluppo dei paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e Monferrato, diventati Patrimonio dell’Umanità. Fin dalla metà dell’800, infatti, il rapporto tra

ferrovia e territorio del Monferrato fu molto importante per l’economia locale. Le amministrazioni comunali riconoscevano nella strada ferrata l’unico mezzo per combattere i continui flussi migratori verso i grandi centri industriali, che portavano allo spopolamento di queste zone. Il primo tratto, aperto nel 1855, permise un collegamento diretto tra l’Alto Piemonte e la Lombardia, garantendo un rapido sviluppo socio-economico per le Langhe, grazie all’affermazione di colossi industriali ancora oggi in attività.

SAVE THE DATE//TRENI STORICI 6, 7, 13, 14, 20, 21 7 14 14, 28 14 14 21 21 27

NOVEMBRE Ferrovia dei parchi. L’alto Sangro Treno del sale Treno natura - Tutti a corte di sua maestà il tartufo Pietrarsa Express Treno storico per la festa del torrone La Ferrovia del Centro Italia Treno natura - Mostra mercato del tartufo bianco Marzuolo Reggia Express Ferrovia delle Langhe-Roero e Monferrato 125


PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO

di Mario Tozzi mariotozziofficial

mariotozziofficial

OfficialTozzi

[Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]

BELVEDERE MAIELLA

L

a Maiella è la vera regina dell’Appennino centrale, forse più del massiccio del Gran Sasso d’Italia, che è più alto e altrettanto maestoso, ma più monotono. Questo perché è più varia e colorata, con le sue fasce di calcari candidi e i grandi boschi di faggio fino in quota, e forse anche perché è apparentemente più facile da conquistare. Ma pochi sanno che alle sue pendici sono presenti canyon rocciosi spettacolari che possono essere risaliti a piedi, come quello dell’Orta. Fatelo e troverete anche il tempo e l’occasione per un bagno

nel fiume, come quasi non si usa più da nessuna parte in Italia. Qui l’acqua è unica, come sanno tutti quelli che amano acquistare la pasta locale , tra le più famose del nostro Paese, che per l’impasto utilizza la sorgente del Parco. Ma è alla sommità della Maiella che dovete puntare, dove si trovano i resti di un blockhaus costruito dai tedeschi per contrastare l’azione dei briganti nel 1866. Sedetevi su un prato lì davanti e godetevi l’orizzonte più ampio che si possa abbracciare verso l’Adriatico: a 180 gradi dal Monte Conero (Ancona), a nord, al Gargano

© Adobe Stock/Daniele

Vista dal Monte Amaro, la vetta più alta della Maiella (AQ)

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(Foggia), a sud, isole Tremiti comprese. Se la giornata è tersa non vi sfuggirà neanche la costa dalmata a limitare l’orizzonte.

SAPIENS UN SOLO PIANETA Torna su Rai3, fino a dicembre, il programma condotto da Mario Tozzi, con la regia di Luca Lepone, che pone domande sulla natura, la Terra, lo Spazio e il futuro dei Sapiens. Quesiti ai quali, ogni sabato alle 21:45, si prova a dare risposte seguendo il rigore scientifico. raiplay.it


PRIMA DI SCENDERE STAZIONE POESIA

di Davide Rondoni DavideRondoniAutore daviderondoni

Daviderond

[Poeta e scrittore]

L’ESTRO ITALIANO

Il David di Michelangelo (dettaglio) © Adobe Stock/Ruslan Gilmanshin

Non ha l’ottimo artista alcun concetto c’un marmo solo in sé non circonscriva col suo superchio, e solo a quello arriva la man che ubbidisce all’intelletto. Il mal ch’io fuggo, e ’l ben ch’io mi prometto, in te, donna leggiadra, altera e diva, tal si nasconde; e perch’io più non viva, contraria ho l’arte al disïato effetto. Amor dunque non ha, né tua beltate o durezza o fortuna o gran disdegno, del mio mal colpa, o mio destino o sorte; se dentro del tuo cor morte e pietate porti in un tempo, e che ’l mio basso ingegno non sappia, ardendo, trarne altro che morte.

I

n questi mesi in cui si parla di rinascenza italiana, sulla scorta di successi sportivi e scientifici, ma anche di ripresa economica, oltre al fatto che si esibisce il meglio del Paese a Dubai nel grande Expo, forse vale la pena andare alla radice dell’estro nazionale. E i versi di Michelangelo ci guidano. L’estro è infatti la caratteristica che fa dell’Italia la patria del bello e della capacità di ottenere una buona performance, si direbbe oggi, anche quando si appare svantaggiati. Chie-

[Michelangelo Buonarroti]

detelo agli inglesi. Tale caratteristica ci ha reso patria delle arti e del design, della cucina e delle invenzioni. La parola estro viene dal greco e indica il tafano, un insetto che punge e non ti lascia in pace finché non fai al meglio una cosa. E così Michelangelo, proprio lui finito al centro di polemiche per l’imbraghettamento a Dubai, in questo sonetto d’amore e arte indica come abilità artistica la capacità della mano di obbedire alla visione dell’idea. Capacità che trae la bellezza già chiusa nel marmo, intravista

cioè nell’oggetto prima che diventi opera. Non la crea l’artista, la trova, la estrae. E quanti artigiani nostrani hanno tale capacità! L’estro, dunque, inizia come visione intellettuale, allenata e contemplativa. Poi l’artista si dispera, perché dal cuore amato, che pur racchiude pietà e morte, riesce solo a trarre la seconda. In amore, infatti, non basta l’estro. Occorre l’amore che sa farsi rispondere dall’amore. Come diceva Dante, tenuto da Michelangelo come suo poeta e suo ideale. 127


PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE

di Cecilia Morrico

MorriCecili

morricocecili

Un serpente indiano che ride, uno storno musone in modalità lunedì mattina, tre pinguini gentoo ballerini e una scimmia amadriade che imita un tenore. Sono alcuni degli scatti giunti in finale al Comedy Wildlife Photo Awards 2021. Tra le oltre settemila foto presentate ne sono state scelte 42 e si attende di conoscere il vincitore il 15 novembre. La competizione è nata nel 2015 da un’idea dei fotografi Paul Joynson-Hicks e Tom Sullam, che volevano celebrare il lato più leggero della fotografia naturalistica e contribuire alla conservazione della fauna selvatica, sempre con un tocco di umorismo. Il premio, infatti, sostiene progetti e associazioni donando il 10% delle entrate nette totali, contributo che quest’anno va a Save Wild Orangutans, iniziativa che protegge e studia gli oranghi selvatici del Gunung Palung National Park, nel Borneo. «Siamo rimasti sopraffatti dal numero delle iscrizioni ricevute e dalla qualità delle foto in questa edizione del Comedy Wildlife», spiega Joynson-Hicks. «Un’affluenza incredibile, soprattutto considerando l’impatto della pandemia. Le immagini ricevute ci ricordano quanto la fauna selvatica sia incredibile ed esilarante e che dobbiamo fare tutto il possibile per proteggerla». comedywildlifephoto.com comedywildlifephotoawards comedywildlife comedywildlifephoto

Laughing snake (Serpente che ride) © Aditya Kshirsagar/Comedy Wildlife Photo

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