UP CLIMBING #19 - FRIULI

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR

in edicola il 20 luglio 2022

#19 | lug/ago 2022 8.00 €

EDIZIONI VERSANTE SUD

STORIA DI COPERTINA I ragazzi dello zoo di Erto / Casso / Il campanile infernale… / Val di Brica / Area Boulder Claut / Arrampicata sui “confini” / Trieste verticale / Arrampicata sportiva nel tolmezzino / No big: la Pedemontana Gemonese / Arrampicata sportiva nel tarvisiano. E non solo… / Doppia coppia sulle rocce di Nord-Est / Roberto Mazzilis e l’alpinismo esplorativo in FVG / Arrampicata al Passo di Monte Croce Carnico / L’indoor in FVG Proposte Falesia: Ponte San Quirino Le 10 vie top ad Avostanis Personaggi Alessandro Zeni ITW Andrea Ludovico Chelleris ITW François Cazzanelli ITW Jollypower Dalla carbonara al tapering, quando le ricette funzionano più o meno

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

FRIULI


Sommario 004 Editoriale di Eugenio Pesci

STORIA DI COPERTINA

006 I ragazzi dello zoo di Erto di Sandro Neri 010 Casso di Sandro Neri 014 Il campanile infernale… di Ivan Da Rios 020 Val di Brica di Ivan Da Rios 024 Area Boulder Claut di Daniele Bucco 028 Arrampicata sui “confini” di Giulio Moscatelli 034 Trieste verticale di Luciano Frezzolini

PERSONAGGI

098 Alessandro Zeni ITW a cura di Eugenio Pesci 106 Andrea Ludovico Chelleris ITW a cura di Daniele Bucco

STORIA DI COPERTINA

108 L’indoor in Friuli Venezia Giulia di Daniele Bucco

PERSONAGGI

112 François Cazzanelli ITW Il mio K2, sogno di un bambino a cura di Fabrizio Rossi

JOLLYPOWER

PROPOSTE

116 Dalla carbonara al tapering, quando le ricette funzionano più o meno di Alessandro “Jolly” Lamberti

STORIA DI COPERTINA

118 Proposte prodotti

048 Falesia: Ponte San Quirino di Michele Blasutig 052 Arrampicata sportiva nel tolmezzino di Gino Pavoni 064 No big: La Pedemontana Gemonese di Filippo Forgiarini 070 Arrampicata sportiva nel tarvisiano. E non solo… di Stefano D’Incà 076 Doppia coppia sulle rocce di Nord-Est di Emiliano Zorzi 084 Roberto Mazzilis e l’alpinismo esplorativo in Friuli Venezia Giulia di Vera Gussetti 094 Arrampicata al Passo di Monte Croce Carnico di Attilio De Rovere

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PROPOSTE

097 Le 10 vie top ad Avostanis a cura di Osvaldo Edel

VETRINA



Editoriale

Editoriale Testo

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Davide Damiani Bubulk Tower, Napoleonica Senza Nome, 6b.

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Eugenio Pesci

ra le regioni italiane il Friuli Venezia Giulia occupa certamente una posizione ed un ruolo particolare: quasi inutile e noioso ricordare le complesse vicende storiche legate a questo territorio, soprattutto nel Novecento, mentre interessante e in fondo anche abbastanza originale è proprio la vicenda storica e tecnica del Friuli verticale. Una vicenda legata ad una parte delle Alpi meno frequentata delle altre, ed assai meno nota al grande pubblico degli alpinisti e degli arrampicatori. Una storia che ha visto però protagonisti di assoluto rilievo - non solo per la presenza di Emilio Comici -, fra cui anche celebri scalatrici come Bianca Di Beaco e Tiziana Weiss, uomini di cultura come Spiro Dalla Porta Xidias, arrivando, nel presente, a Mauro Corona e Roberto Mazzilis. Grandi pareti di roccia eccellente, decine e decine di falesie con vie di ogni difficoltà, splendidi paesaggi e luoghi particolari , incominciando dal Campanile di Val Montanaia, una vera icona verticale. Coordinati da Daniele Bucco, numerosi esperti e chiodatori ci parlano, in questo numero di Up climbing, delle principali possibilità verticali friulane, con informazioni tecniche dettagliate e raccontando, come nel caso di Erto e Casso, l’antica storia di queste falesie famose; da quelle ben note intorno a Trieste, alla zona di Tolmezzo, a quella di Tarvisio, alla Val Torre. Friuli a tutto tondo, dunque, senza dimenticare l’indoor e alcune interviste a chi sta scrivendo pagine importanti dell’arrampicata locale. Ecco così un percorso che segue un filo logico di volti, caratteri, luoghi, e non solo di appigli e appoggi, dagli antichi arrampicatori della Val Rosandra sino ai non meno celebri ragazzi dello zoo di Erto, per arrivare infine alle soglie del livello 9 attuale.


Editoriale

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Storia

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Storia

I RAGAZZI DELLO ZOO DI ERTO S

ul finire degli anni Settanta, la falesia di Erto era un roccione a strapiombo senza spit; alla base di quella pietra levigata, a strati generalmente orizzontali, dal 1963 rimaneva il ghiaione detritico della frana del Vajont, testimonianza silenziosa e immutabile del disastro. Mauro Corona, scultore e alpinista, all’epoca non era ancora il famoso scrittore di oggi, ma nel suo animo di artista viveva la curiosità, una ricerca di cose nuove che oggi definiremmo visionaria: leggeva molti libri e riviste di alpinismo, e in quella croda ertana cominciò a chiodare dal basso (con chiodi classici artigianali e cunei di legno) le linee più logiche: Molina, Pensionati, Pipistrelli, La Passera. Icio Dall’Omo, diciottenne, arrivava dal Cadore in autostop, con le tasche vuote ma pieno di passione; scalava spesso scalzo, aprendo vie come Pip Crash e Mani di Clown; andava ben oltre il 6c, ma al tempo nessuno lo sapeva… Io giungevo da Belluno in motorino, studente liceale con scarsi mezzi. Con chiodi e martello non avevo certo la dimestichezza di Mauro e Icio: li ho aiutati a piantare i primi spit “a mano”, ma con l’arrivo del primo trapano acquistato da Corona ho preferito lasciarli fare, mentre l’attrezzatura dall’alto si andava affermando. Mauro in particolare si dimostrò un precursore, perché piazzava gli spit a distanza sicura, consapevole che la distanza delle protezioni in alpinismo differiva dall’arrampicata sportiva, o meglio da quel nuovo gioco che riempiva le nostre giornate e i nostri sogni, e che anni dopo avrebbe meritato questo nome. Non eravamo certamente da soli a cimentarci su quegli strapiombi: da Pordenone provenivano i gemelli Giorgio e Andrea Stanchina, con Stenio Perin, che ci è mancato. Ai friulani si aggiunse ben presto un gruppo di bellunesi automuniti che mi risparmiarono molti viaggi in moto, nel freddo d’inverno e sotto gli acquazzoni. Con Dall’Omo arrivarono diverse compagnie di cadorini, oltre gli ampezzani di Cortina. La nascente falesia era a due passi

Silvia Cassol, Giurassica, 8b+. Foto: Marco Salogni

Vicende storiche di una culla della scalata strapiombante Testo

Sandro Neri

da una strada di passaggio, crocevia tra Friuli e Veneto, in cui si integrarono provenienze, abitudini e dialetti “variopinti”, come Corona amava definire quell’antenato popolo di climbers. Quindi non emersero particolari gelosie, né “sensi di proprietà”: ci sentivamo liberi di provare e riprovare quelle splendide vie nuove. Sicuri, liberi e, sotto quei tetti, al riparo dalle piogge… e da noi nel Nord Est piove spesso. Scalavamo seri, impegnati, ma non seriosi, né maniacali: giunti coi piedi per terra, partivano risate e scherzi a razzo. Guai a tirarsela o ad essere permalosi, con gente appresso come Gigi Dal Pozzo (altro grande alpinista e climber che se n’è andato troppo presto), o gli stessi Icio e Mauro, autentici signori della presa in giro a 360 gradi. Partivamo sui tiri belli incazzati, con il tifo dei presenti, ma il gioco aveva una fine, dopodiché spaziavano battute, ironia e autoironia. Quindi il volare sicuri sospesi per aria, il potersi cimentare tranquilli in progetti o vie già liberate, senza preoccuparsi in genere del tempo atmosferico, da quel lontano ’80 costituirono la fortuna di Erto, e la sua massiva frequentazione di climbers da ogni dove. Manolo comparve

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Storia I ragazzi dello zoo di Erto da Fiera di Primiero nell’84, e restammo tutti a bocca aperta per come usava i piedi; nell’85 liberò Poltergeist, un muretto micidiale oggi valutato 8a+, che conta ancora scarse ripetizioni. Su quelle piccole tacche non mi riusciva inizialmente nemmeno un movimento, e riuscire a ripetere nell’87 una via del genere, con le prime ballerine de La Sportiva, mi rese felice. Il più forte del momento dettava un po’ legge nella valutazione (severissima) delle difficoltà, e sulle metodiche di allenamento (estremamente

Mauro Corona nel 1984 Foto: M. Kelemina Sandro Neri nella prima ripetizione di Sogni di Gloria, 8c, 1990. Foto: Archivio Zardini

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pionieristiche e a volte segrete…). A cambiare musica, a sovvertire quello spirito di emulazione, dall’austriaca Zillertal capitò nell’85 Gerhard Horhager: sono passati 38 anni, eppure l’austriaco mantiene quelle stesse braccia e spalle immense, e il suo sorriso amichevole: solo un ciuffo di capelli bianchi lo distingue da allora, quando diciottenne nel 1985 liberò Pole Position destra (8a+, con qualche pezzo di roccia in più, attualmente un solido 8b). Nell’87 fece il colpaccio con Sogni di Gloria, sfiorando l’8c. Gli chiesi se fosse la via più dura nel circondario europeo: mi rispose che in Germania, in una foresta presso Monaco nominata Frankenjura, un giovane tedesco aveva salito Wall Street, 8c: un certo Wolfang Gullich...! Ad Erto Gerhard lasciò il segno, non solo sulle vie: ci insegnò l’importanza di seguire ognuno liberamente la propria strada, nella gestione personale della scalata: cominciammo a coltivare, a volte anche condividere, ciascuno i propri sogni… percepimmo l’importanza dei viaggi nei templi europei dell’arrampicata, quali Finale, Arco, il Verdon e la nascente Bioux, ritrovandoci poi a Erto più rinfrancati, più fluidi per lo scalare a vista, più sereni. E per quanto la nostra culla ertana continuasse a rappresentare un centro di ritrovo, i locals di quel posto, con i friulani in testa, cominciarono a gustare il piacere della scoperta e chiodatura di nuove falesie nei propri luoghi d’origine, che dalla metà degli anni Ottanta aumentarono sensibilmente. Horhager fu il primo, in quel gruppo di giovani spensierati e forse ancora inconsapevoli, a vivere e invitare a convivere quel nuovo sport in quel modo così ricco, straordinariamente sportivo nel competere in senso agonistico in gara, non in falesia, e nella percezione del valore degli ambienti naturali che stavano nascendo intorno a noi. Questa prima generazione di “animali” dello zoo ertano creò una sorta di scuola, uno stile condiviso anche dai principali seguaci, successivi per generazione: Luca Zardini Canòn in testa a tutti, che quanto a sobrietà, concretezza, impegno e straordinaria passione ci aggiunse certamente del suo. Dopo aver ripetuto rapidamente le vie più dure di noi primi antenati, Zardini toccò l’apice del periodo storico antecedente ad Ondra, liberando The Last Way e The Big Mother, 8c+, e allungando Poltergeist (splendido muro di circa 8c, per chi pensa che a Erto vi siano solo strapiombi..). Al di là delle principali performance di quasi 40 anni, credo importante raccontare che questo modo di vivere la scalata, severo ma non morboso, influenzò anche le successive “scuole” di arrampicata sportiva friulana e bellunese, anche sulle prime strutture artificiali e nell’evoluzione dell’agonismo, altro aspetto in cui Canòn resta un punto di riferimento. La storia delle prestazioni a vista in questa falesia è assai lunga, e certamente dimentico molti personaggi, descrivendo


Storia I ragazzi dello zoo di Erto molto a ripetere questa via firmata dal campione ceco, seguito anni dopo da un altro cortinese, giovanissimo: Matteo Menego Menardi, figlio d’arte di Bruno, uno dei primi forti frequentatori della falesia. Il “bocia” Matteo al momento ha salito tutte le vie più dure di Erto, liberando per giunta Pole Position diretta, un altro 8c+ con un boulder finale veramente infame, che attende ripetizioni. La Linea dei Sogni, cioè Sogni di Gloria allungata dalla

40 anni in poche righe: il primo 8a on sight appartiene all’inossidabile veronese Nicola Sartori (anni Novanta) su Joker, bissato da Sara Avoscan, primo 8a femminile on sight sulla stessa via, intorno al 2010. Nel ’92 Luca Giupponi ci lasciò di stucco salendo la fantastica prua ultrastrapiombante del Ritorno di Ringo al primo tentativo, il primo 8b in stile flash al mondo. In anni successivi, si contano sulle dita di una mano gli 8b+ a vista, come quelli di Mrazek e Usobiaga su Giurassica. Sgranammo gli occhi anche per Jorg Verhoven su Sogni di Gloria flash !... via che attende ancora la prima on sight, ed anche la prima ripetizione femminile. Ad inaugurare il periodo del “dopo Ondra” ci pensò Andrea Polo di Udine, che chiodò un muro impressionante sopra le linee più dure, scalabile proseguendo sia da The Big Mother (variante), sia da Sogni di Gloria (allungamento). Adam, il mostro ceco, arrivò nel 2009: quel giorno qualcuno gli consigliò Giurassica (8b+) a vista, come 8a+ ideale per scaldarsi… si calò dalla sosta borbottando: “Duretto, come 8a+!...”. Dopo imprecisati minuti di pausa, concatenò la Lunga Linea dei Sogni 8c+/9a : partenza su The Big Mother uscendo per la placca attrezzata da Polo. Luca Zardini non impiegò

fatidica placca (8c+), è stata ripetuta anche da Pietro Dal Pra, altro big naturalizzato cortinese, protagonista giovanissimo delle primissime vicende ertane, nei lontani anni in cui lo chiamavamo Pierin; con Icio e Mauro scherzavamo spesso, gelosi che Pierin fosse giovane, alto, bello, fortissimo ed elegante nello scalare, per cui piacesse alle ragazze!... Tornando ai tempi attuali, la stessa via di 8c+ è stata salita anche da Enrico Cassol, giovane che insieme alla sorella Silvia rappresenta il gruppo di punta attuale per Erto, Casso e altri luoghi, insieme a Matteo Menardi, Sara Avoscan, Fabio De Cesero, Francesco Vettorata ed altri. La storia raggiunge l’apice con Stefano Ghisolfi nell’estate 2018, che in un caldo pomeriggio si passeggia a vista Tucson, Bricolage e Giurassica, tiri che arrivano all’8b+, e Ombre Atomiche al secondo tentativo (8a+ di blocco): prestazioni sbalorditive all’apparenza, se non si considera il livello di questo campione. Il racconto pare terminare, ma non è detto che sia del tutto finito... Il muro del settore sinistro (zona Poltergeist/Tortuga) potrebbe riservare qualche nuova linea: certo lo spirito di ricerca non manca a questi giovani, odierni fenomeni: più avanti di noi vecchi per naturale evoluzione, ma animati dalla stessa passione di scoprire e giocare!

Gerhard Horhager libera Pole Position destra, 8a+, 1985. Foto: J.A. Casanova Panoramica della falesia di Erto, con sopra il paese di Casso. È evidente il ghiaione detritico alla base della formazione rocciosa, appartenente alla frana del Vajont (9 ottobre 1963). Foto: Archivio Neri

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Storia Val di Brica e l’ambiente incastonato in una conca di rara bellezza. Ogni scorcio lascia col fiato sospeso e portarsi la tenda fino a qui per passare una notte tra i selvatici al pascolo sotto un mare luminoso di infinite stelle ha pochi eguali in tutte le Dolomiti.

ARRIVIAMO ORA IN DISCESA “ AL PICCOLO RICOVERO DI CASERA VALBINON (O VALMENON M. 1778) DOVE CONFIDANDO NEL BUON CUORE DEL CUSTODE DENIS POTREMO RISTORARCI CON UNA PASTASCIUTTA, UNA BIBITA E QUALCHE ANEDDOTO DI VITA SOLITARIA TRA I MONTI.

Recuperate le forze riprendiamo il sentiero CAI che ritorna 361 e superata una prima parte lungo lo splendido bosco della Val Binon (ma i folletti dove sono?) si arriva alla Caseruta dei Pecoli (m 1371) e proseguendo lungo il torrente con vari passaggi sul greto del torrente Meluzzo (occhio al merlo acquaiolo che ogni tanto si fa vedere) ci si ricongiunge con il bivio della mattina e si può rientrare alle auto o passare al Rifugio Pordenone (bivio con breve ma sofferta salita a destra poco dopo la Casera Meluzzo) per la meritata birra.

I bucolici prati di Campurus. Foto: Arch. I. Da Rios Bivacco romantico sulle Cenge di Brica. Foto: Arch. I. Da Rios Il Cason di Brica. Foto: Arch. I. Da Rios

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Gruppo Montuoso: Dolomiti Friulane Cartina: Tabacco Foglio 021 Segnavia: 361 362 369 C.A.I. Tipologia sentiero e Difficoltà*: E.E. difficoltà per la lunghezza Quota partenza: 1160 m.s.l.m. Quota massima: 2170 m.s.l.m. Dislivello: m. 1100 Tempo: 7 ore con le soste Giro: ad anello Punti di appoggio: Rifugio Pordenone, Casera Valbinon (o Valmenon) Acqua, sorgenti: sì Ricezione telefonica: nulla per qualsiasi operatore. Località: Cimolais Entrata in valle con auto: a pagamento 10,5 km di strada dalle 7 alle 16 in alta stagione



Storia

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Storia

Area Boulder Claut Area Trieste (Alta)

Testo

Daniele Bucco

Tutto è cominciato nel 1997 durante l’ennesimo viaggio di ritorno da Fontainebleau… Eravamo stanchi ed affamati per le “bastonate” prese nella Foret, ma soprattutto dispiaciuti perché fino al prossimo viaggio, basta bouldering…

I

l Luca Meneguzzi detto “Biondo” d’un tratto sbottò: “Ma è possibile che non si riesca a trovare qualche fottuto blocco qui da noi, magari vicino a casa?!”. Dopo un po’ di silenzio, durante il quale ognuno vaga con la mente alla ricerca della soluzione, Luca Lorenzi detto “Big” disse: “Beh ecco, mi sembra di ricordare qualcosa… quando ero piccolino e vivevo a Claut, andavo con mio padre in un posto dove c’erano dei sassi enormi… ma non sono sicuro… magari sembravano così grandi allora, ma adesso… e poi erano in un grosso torrente , con tanta acqua… bisognerebbe andare a darci un’occhiata”. Detto e fatto!!! Luca “Big” ricordava bene: il posto esisteva davvero e di blocchi tanti, belli e… grandi. E tutto vicino a casa, proprio nelle amate valli e sotto le nostre montagne, bastava cercare un pochino e uscire dai sentieri. Da allora si sono aperti nuovi orizzonti per noi: abbiamo iniziato a frequentare assiduamente il “nostro” nuovo paradiso di boulder e col tempo si sono aggiunti a noi gli amici di Trieste e del Veneto. Così ci raccontano i Soci Fondatori di ASD Teste Di Pietra…

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Storia Arrampicata sui "confini"

Tanamea Accesso: da Tarcento verso il passo omonimo, dopo il Rifugio Pian dei Ciclamini, si vede in alto il paretone giallo grigio. Si parcheggia su uno spiazzo ghiaioso a sinistra, e si seguono gli ometti e le tracce nel bosco (meravigliosa faggeta), in 15 minuti si raggiunge la base della parete. Scalata: molto tecnica, spesso strapiombante, tiri lunghi e tecnicamente impegnativi. Ad oggi circa 20 tiri, alcuni lunghi circa 40 metri. Roccia: di tipo “dolomitico”, alternando tratti di ottima roccia grigia, con dei gialli più delicati.

TANAMEA 1. PUBE MAJOR 2. JOULE 3. VATIKANAL 4. AAA 5. SKIZ APEROL 6. MORS TUA TANA MEA 7. SPRIZ MORBIDO 8. SENZA UN PERCHÉ 9. TI PIACE DIEDRO? 10. STRONZETTA 11. BOTTANAMEA 12. SPERMAFROST 13. CATTAGIBI 14. VARIANTE SENZA NOME 15. INNERES AUGE 16. 1TOTA PULCHRA

Giulio Moscatelli, falesia di Crosis, Tocja par crodi, 8a. Foto: M. Vitale

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N.L. 8a+ 7c 6c N.L. 7c N.L. N.L. 7a 7c N.L. N.L. 7b+ N.L. N.L. N.L.

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7c 2

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13 7c 12 7a 10 11 8

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Storia

Trieste verticale

Nel vento dell’Est

Testo Luciano Frezzolini Foto Paolo Manca

Se cercate una meta verticale un po’ diversa dal solito la Venezia Giulia offre parecchie possibilità interessanti. Questa breve striscia di terra stretta tra il mare e il confine sloveno è sempre stata vista dagli arrampicatori “foresti” come una zona di passaggio per recarsi alle più famose falesie oltreconfine della vicina Osp e dell’Istria croata. 34


Storia

Gabriele Gorobej sulla sua ultima creazione in Napoleonica. L’amore ha un solo colore è un 8b di placca verticale, per veri intenditori. Foto: Paolo Manca

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Storia Trieste verticale Scendendo in doppia nella falesia di Duino. Foto: Paolo Manca

M

a se, fino a qualche anno fa, le visite si limitavano quasi esclusivamente ai regionali ed ai vicini veneti e sloveni, da qualche tempo nei parcheggi delle maggiori falesie si stanno vedendo diverse targhe provenienti da distanze decisamente maggiori. Con spostamenti molto brevi, al massimo mezz’ora dal centro città di Trieste, si possono trovare decine di settori capaci di offrire un’ampia scelta per tutti i gusti di stile e difficoltà: luoghi che trasmettono un certo senso di pace e tranquillità ma raggiungibili in pochi minuti di avvicinamento, con un superbo panorama sul golfo e la città. Il clima è decisamente mite ma con una caratteristica che spesso non è particolarmente gradita ai visitatori: da queste parti è il vento a fare da padrone e a cambiare le condizioni, il grip e la scelta del settore dove andare a scalare. Quando soffia lo Scirocco, vento di mare che porta umidità, di solito è meglio lasciar stare qualsiasi ambizione di prestazione, ma si sarà ampiamente ripagati nelle giornate di Bora, che con le sue fredde raffiche di sorprendente potenza vi permetterà di godere pienamente dei movimenti sulla roccia.

LA FASCIA COSTIERA Il tour che vi proponiamo inizia pochi chilometri dopo esser usciti dall’autostrada. Siamo sull’altopiano carsico, un territorio aspro e affascinante che da una quota di circa 300 metri va a tuffarsi direttamente nel mare. L’Adriatico viene a morire qui, contro la scogliera di Duino, in una zona molto suggestiva, tanto da aver ispirato il poeta austriaco Rilke. Su queste rocce a picco sul mare sono state aperte a

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fine anni Settanta parecchie vie classiche, soprattutto da parte dei fratelli Lucio e Tullio Piemontese. Quest’ultimo è stato l’autore della prima, storica guida di arrampicata a Trieste, stampata nel 1984. Un’opera di grande valore, vista la meticolosità del lavoro svolto e l’enorme quantità di dati raccolti, con un’impaginazione elegante e ben curata. Oramai è praticamente introvabile, quasi un pezzo da collezionismo, anche perché chi ne possiede una copia la custodisce gelosamente. Tutta l’area compresa tra il castello di Duino e la vicina baia di Sistiana è di grande interesse naturalistico, tanto che già nel 1986 era stata interdetta l’arrampicata per agevolare la nidificazione dell’avifauna. Dal 1996 la zona è stata dichiarata riserva naturale regionale, pertanto la frequentazione dei sentieri e dei settori di arrampicata viene regolamentata dal comune di DuinoAurisina. Di solito i divieti alla pratica della scalata sono in vigore nei primi sei mesi dell’anno, ma, prima di far visita ai tre settori attualmente frequentabili, consigliamo di consultare il sito www.falesiediduino.it e di leggere l’ordinanza comunale. Dal lato del castello di Duino troviamo due pareti in un ambiente idilliaco a poche decine di metri dal mare: il Piastrone, con una decina di belle vie facili su una lunga placca solcata da rigole d’erosione, e Sister Moon, una falesietta piccola ma sicuramente meritevole di una visita. Con piacere e un po’ di nostalgia vogliamo ricordare l’amico e guida alpina Carlo Gasparini, che ci ha lasciato nel 2011 vittima di un incidente mentre stava chiodando queste rocce da lui tanto amate. Dalla parte opposta della riserva, in direzione Trieste, la baia di Sistiana offre invece un numero decisamente maggiore di vie sul fronte di una grande ex cava ma purtroppo in un contesto ambientale rovinato dallo sfruttamento turistico e dalla presenza di un orribile depuratore fognario. Nonostante tutto Sistiana è un sito abbastanza frequentato, sicuramente per la bellezza delle sue vie, in particolare alla parete della Panza dell’elefante, ma anche per la possibilità di combinare mare e scalata durante una vacanza estiva. Risaliamo in auto per proseguire lungo la panoramica strada costiera in direzione Trieste. Pochi chilometri dopo il paese di Sistiana, superato un breve tunnel scavato nella roccia, fermatevi al belvedere: vi troverete al cospetto di una delle migliori falesie, non solo della zona ma di tutta la regione. Ad inizio degli anni Ottanta la Costiera è stata il vero riscatto dei giovani dell’epoca, che qui hanno chiodato la prima falesia locale interamente sportiva. Infatti, mentre negli altri luoghi culto, la Napoleonica e la Val Rosandra, piantare gli spit


Storia L’estetico spigolo del secondo tiro di Pasticcini, 7b, Costiera. Foto: Paolo Manca

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Storia No big: la Pedemontana Gemonese

Planecis Settore Val Planecis

Esposta a Sud, ma coperta dagli alberi rimane abbastanza ventilata anche d’estate. In ombra nel primo pomeriggio. Da non frequentare nelle giornate più calde estive. Calcare molto bello, ottima chiodatura a fix. Vie tra 10-15 metri, tranne il tiro più duro (circa 25 m). Avvicinamento 10 minuti. ACCESSO Arrivando da Trasaghis, dopo il cartello all’ingresso di Avasinis girare per monte Cuar/Malga Cuar. Dopo 4km, su una curva accentuata a dx, andare diritti per strada bianca fino al prato del parcheggio. Avvicinamento: sul sentiero che attraversa il grande prato, dopo una piccola salita, girare a dx per i settori Centrale, Cantinetta e Panoramix. 5/8 minuti. Proseguendo per altri 200mt si arriva al settore Dans, evidente sulla dx a una curva a gomito del sentiero. I settori Val Planecis 1 e 2 si trovano proseguendo la discesa con piccoli tornanti per altri 200mt. 10/12 minuti.

SETTORE 1 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

BEGINNERS VS PRO ON THE RIGHT WAY BEGINNERS FIRST PRINCI PIANTI SCARSI LAMENTI ALLENA MENTI MOONCAT

5a 5c 4c 4c 5a 6a+ 7b

18m 12m 12m 12m 12m 15m 20m

6b 6b+ 6b

8m 8m 8m

SETTORE 2 8. CONIGLITE 9. PIEDI NERI 10. TACCHINI VOLANTI

SETTORE 1

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Prato di Planecis

SETTORE 2

Cantinetta Centrale

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Panoramix

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Dans Val Planecis

Settore 2

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Settore1

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Storia

Arrampicata sportiva nel tarvisiano. E non solo… Testo Stefano D’Incà

Ricercare le origini dell’arrampicata sportiva in questo meraviglioso lembo del Nord Est, baciato dai tre confini di Austria, Slovenia e Italia, significa spostare indietro le lancette alla metà degli anni Ottanta. E comunque questo non vi basterà, perché dovrete prepararvi a incontrare personaggi che non sono solo anonimi pionieri di una disciplina non più embrionale, ma giovani che nel tempo andranno a segnare la storia dell’alpinismo mondiale. Nives Meroi e Romano Benet, vi dicono qualcosa?

Parte della parete del Nut. Foto: Elia Spaliviero

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Storia

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l nucleo propulsivo scaturisce proprio dalla prolifica zona di Fusine ( sarà un caso ma in quel fazzoletto di poche anime sono cresciuti Gabriella Paruzzi, oro olimpico nello sci di fondo, e Maurizio Ganz, bomber indiscusso di Inter e Milan... sarà l’aria, o l’acqua del lago... chissà). Comunque sia, a Nives e Romano si aggiungeranno anche Elvio Ferigo, l’allora giovanissimo e prematuramente scomparso Luca Vuerich, e un’altra valente guida alpina che risponde al nome di Ennio Rizzotti. Palestra d’ardimento fu senza dubbio il masso erratico Pirona, trasportato dai ghiacci e fermatosi a creare un divisorio tra il lago superiore e quello inferiore di Fusine. Una parete di circa 25 metri che al climber appare come un enorme specchio, apparentemente privo di appigli e appoggi, degni di tal nome. Ancora oggi, avendo poco tempo a disposizione, ma volendo mettere alla prova le dita su tacchette infernali e invisibili, in un contesto naturalistico di rara bellezza, la tappa è obbligatoria. Si scalava nella falesietta oramai dismessa di Coccau, mentre la facile parete della Val Bartolo, recentemente restaurata dagli alpini del Battaglion Gemona (c’è una guida apposita) risulta ideale per i principianti. Col passare degli anni, grazie all’ammirevole passione di chiodatori come Daniele Pesamosca, nuovi e interessantissimi scenari si sono aperti alla tribù dei Climbers, dai No-Big a quelli più esigenti. Le Alpi Giulie, nel comprensorio di Sella Nevea, ospitano due straordinarie falesie: il Bilapec e il Nut. La prima prevede un accesso in auto sia da Tarvisio che da Chiusaforte e quindi l’ascesa in funivia, salvo poi scendere leggermente, incontrando il paretone in compatto calcare, suddiviso tra parte bassa e alta, con vie monotiro e multipitch. Il Nut è uno scrigno disegnato dal Pesa (al secolo Daniele Pesamosca, oggi formidabile inventore di macchine sciolinatrici per i big della Coppa del mondo). Salendo da Chiusaforte, all’ultimo tornante bisogna impegnare lo sterrato sulla destra e l’indicazione per la falesia. Strapiombi a buchi e tacche su un solido conglomerato e sicura da una cengia che in certi punti obbliga anche l’assicuratore a un ancoraggio sul cordino d’acciaio. Vie stratosferiche di pura soddisfazione, come Il mercante dei sogni 7a+ o Spigolao 8a, solo per citarne qualcuna. La falesia della Lavina del Mangart si trova sul sentiero che dal secondo lago di Fusine conduce proprio all’omonima forcella. Si tratta di un luogo della memoria per la giovanissima guida alpina Luca Vuerich, scomparso a soli 34 anni

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Storia Arrampicata al Passo di Monte Croce Carnico

Mauro Corona su Slivowitz. Foto: Ulderica Da Pozzo Icio Dall’Omo su Banale per Cita. Foto: Ulderica Da Pozzo

divennero protagonisti e svilupparono ulteriormente le falesie intorno al Passo di Monte Croce Carnico, tracciando alcune decine di nuovi itinerari. Fra gli altri citiamo Engl Hubert, Wassertheurer Christian (Bimbo), Reinhard Ranner, Erwin Thalmann e Charly Lamprecht e Christian Zenz.

ALLA FINE DEGLI ANNI NOVANTA, NELL’AREA “ DI CASERA PRAMOSIO, È INIZIATA L’ESPLORAZIONE

DELL’AVANCORPO EST DELLA CRETA DI TIMAU (CRETE DI MESDÌ) AD OPERA DEL FORTISSIMO SCALATORE MAURO FLORIT CON VARI PARTNER. I DUE TIROLESI ORIENTALI MARIO WALDER E BRUNO SCHNEIDER SONO STATI IN GRADO DI AGGIUNGERE ALTRI DUE PERCORSI IMPEGNATIVI A QUESTO MURO NEGLI ULTIMI ANNI.

Giovanbattista Cattaino “Doc” trad su Super Crack, falesia Salto. Foto: Attilio De Rovere

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Negli anni seguenti furono aggiunte altre vie di arrampicata sul Pal Piccolo, sullo Spallone del Cellon, in Val di Collina e nella Falesia Avostanis, e sono stati valorizzati nuovi settori. I settori Anno Schnee II e”Belvedere”, sviluppati da Reinhard Ranner e da Hannes Lexter e i settori “Tornate” e “Salto”, attrezzati da Giovanbattista

Cattaino, sono le falesie più recenti attrezzate nei dintorni del Passo di Monte Croce Carnico. Il compianto Gianni Cattaino, infaticabile chiodatore di falesie, ha attrezzato anche i settori “Verdrans”, Diron Cave e Masso in Val di Collina. Nella falesia della Scogliera negli ultimissimi anni sono tornati protagonisti gli arrampicatori italiani (Mattia Casanova, Andrea Polo, Luciano “Cen” Cimenti, Moreno Not ed altri) che hanno tracciato e percorso nuovi itinerari con difficoltà fino all’8c - 9a. Anche il campione del mondo Adam Ondra ha lasciato il segno nel settore La Scogliera con il percorso 8c+ Team Vison. Ad oggi, ci sono oltre 400 itinerari attrezzati diversi nei dintorni del Passo di Monte Croce Carnico, non conteggiando le lunghezze delle vie di più tiri. Con il supporto materiale della sezione OEAV Obergailtal Lesachtal o del CAI Ravascletto e il contributo coordinato degli arrampicatori italiani e austriaci, gran parte delle vecchie vie sono state rinnovate con materiali di ultima generazione. Degli ultimi anni c’è stata anche la riscoperta dalle fessure della falesia del Salto in chiave “trad” ad opera di Samuel Straulino, che ha ripulito e munito di solide soste di calata, una quindicina, tra vecchi e nuovi tiri in fessura fino al 7b.


Storia

Le 10 vie top ad Avostanis A cura di Osvaldo Edel 1. Forellen, 6a. Difficile partenza di dita, poi incredibili buchi fino in catena. 2. Rain man, 6a+. Primi spit per nulla banali, dove capire la giusta sequenza non è immediato. Prosegue su una rigola che diventa via via più facile. 3. Lula, 6b+. Bellissimo tiro molto lungo e vario, alterna passaggi tecnici ad altri più fisici. 4. The day after, 6b+. Partenza ostica e boulderosa poi muro tecnico con chiodatura allegra (aterta in stile tradchiodi- da Alessandro Gogna il giorno dopo la prima edizione di Arrampicarnia). 5. Leviathan, 6c. La classica della falesia su questo grado. Bellissimo tiro con movimenti molto vari su roccia perfetta. 6. Cortesie per gli ospiti, 7a. Super tiro, molto consigliato. Prima parte facile poi un difficile boulder introduce alla sezione più atletica della via. Finale ipertecnico! 7. Un uovo sodo al comando, 7a+. Molto lunga e varia su roccia magnifica. Passaggio chiave nel finale. 8. Cap anamour, 7b+. Bellissimo tiro che alterna sezioni impegnative ad ottimi recuperi. Una placca da antologia!! 9. Tyrone power, 7c. Scalata piuttosto fisica per gli standard di avostanis: oltre alle dita anche il braccino è necessario per salire questo bellissimo tiro. 10. Alcalealc, 8a. Gran tiro tecnico con sezione chiave piuttosto aleatoria su prese minime. Salita a vista da Ale Zeni.

Arrampicarnia 2022 La manifestazione si svolgerà sulle falesie circostante Casera Val di Collina (settori Placche, Diron cave, Masso e Vedrans) il 24 e 25 settembre. Arrampicata, yoga, bike, fornito chiosco, e altre sorprese. Nuova carto guida aggiornata delle falesie area Val di Collina. Info: www.arrampicarnia.it

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Personaggi Falesia Pal Piccolo Per Aspera Ad Astra, 9a. Foto: M. Dell’Agnola/Karpos

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Personaggi

Alessandro Zeni I T W A cura di

Q

Eugenio Pesci

uali sono le tue falesie preferite in Friuli Venezia Giulia? Cosa ti affascina di esse? Il Friuli è una terra davvero affascinate, non solo dal punto di vista arrampicatorio, ma anche sotto un aspetto naturalistico e paesaggistico. Nel corso degli anni mi sono reso conto di quanto sia aumentata per me l’importanza del contesto in cui mi trovo a scalare, non solo più il gesto atletico in sé. Qui in Friuli non c’è solo un calcare di altissima qualità ma anche falesie inserite in un contesto alpino da favola. Tra tutte a mio parere merita il primo posto la falesia di Avostanis, situata nel comune di Paluzza ad una quota di 2000 m. Avete in mente quelle foto in cui si vede un bellissimo laghetto alpino dal colore cristallino, circondato da prati erbosi costellati di fiori selvatici? Aggiungetevi una barra di calcare della migliore qualità, ruvido e per nulla unto, lunga circa 200 metri e alta 180, con all’incirca un centinaio di vie chiodate in maniera certosina e qualche via multipitch con uno spettro di difficoltà che va dal IV grado all’8a+/b. Questa è Avo, la falesia che senza difficoltà definirei semplicemente come la più bella che abbia mai visto in Italia. La scalata qui è tecnica e

di sensazione, un vero parco giochi per chi come me ama un’arrampicata fatta di equilibri e piccole prese. Trovandosi in ambiente alpino ed essendo esposta a Sud, d’estate le condizioni qui possono essere davvero molto diverse quindi il consiglio è di evitare le giornate troppo soleggiate in cui si rischia di soffrire parecchio male a mani e piedi: sono preferibili le mezze stagioni oppure l’inverno (neve permettendo). Se proprio dovessi trovare un difetto in questa parete è che purtroppo mancano i tiri di alta difficoltà, ma questo in realtà non è nemmeno un grosso problema visto che nonostante ormai abbia salito tutte le vie, torno sempre volentieri lassù perché ogni giornata mi regala belle energie, un modo per svagare la mente e rilassarmi in questo angolo di mondo. A fine giornata è sempre bello ridiscendere al parcheggio e fermarsi a mangiare alla malga Pramosio, dove si possono gustare piatti tipici e prodotti locali o semplicemente bere una buona birra in compagnia. Un’altra bellissima falesia è quella del Pal Piccolo. Siamo ad una quota inferiore (circa 1400 m). Qui a differenza di Avostanis la scalata è più selettiva e le gradazioni sono spesso “old school”.

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Personaggi

«Il mio Testo

Fabrizio Rossi

K2, sogno

Qualcuno può vederla come una vetta da conquistare. Tra le più alte e complesse del mondo. Qualcuno può farne una questione di numeri e salite record, impressionanti senza dubbio. Ma per François Cazzanelli, guida alpina del Cervino e alpinista, innanzitutto il K2 rappresenta «il sogno di un bambino».

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Personaggi

di un bambino» D

a qui nasce la spedizione che da inizio giugno, per due mesi, coinvolge sei alpinisti valdostani (insieme a Cazzanelli sono partiti Marco Camandona, Emrik Favre, Jerome Perruquet, Roger Bovard e Pietro Picco), con obiettivo K2, Nanga Parbat e Broad Peak: «Prova a dare una matita ad un bambino», spiega Cazzanelli. «Chiedigli di disegnare una montagna. Ti farà il Cervino, che ho scalato decine di

volte. O il Cerro Torre, su cui ho ripetuto la via dei Ragni. Oppure il K2, dove ancora non sono stato». Una forma perfetta. La montagna ideale, chissà. Di certo, a Cazzanelli girava in testa da tempo: due anni fa è stata annunciata la spedizione, poi rimandata nel 2020 e nel 2021 a causa della pandemia. Mentre andiamo in stampa non sappiamo come evolverà (vi rimandiamo agli aggiornamenti su www.up-climbing.com), ma

François Cazzanelli Foto: Charley Radcliffe

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Vetrina prodotti Salewa Agner Durastretch Anorak Per affrontare le lunghe giornate in parete, l’abbigliamento è fondamentale. Ecco perché i designer Salewa, in collaborazione con un gruppo di guide alpine, hanno messo a punto Agner Durastretch Anorak, una nuova giacca in softshell, con taglio aderente per assecondare i movimenti in parete e maniche dal design ergonomico. Il tessuto 4-way Durastretch combina alta traspirabilità con una trama fitta che lo rende molto resistente al vento. L’Agner Durastretch Anorak integra anche soluzioni intelligenti e funzionali, come la spaziosa tasca interna a rete che permette di tenere le scarpette al caldo durante le soste e una tasca applicata sul braccio per avere i piccoli attrezzi che servono durante la via sempre a portata di mano. Disponibile in versioni per uomo e donna. www.salewa.com

La Sportiva Wander Jacket Woman

Wander Jacket Woman La Sportiva, è la perfetta compagna di avventure verticali per arrampicatrici dinamiche, spesso in viaggio e alla ricerca di un prodotto versatile. Cappuccio e maniche sono regolabili, il sistema di tasche è stato studiato appositamente per contenere oggetti di diverse forme e dimensioni e la grafica interna all-over “for your mountain”, contiene cotone organico. www.lasportiva.com

Wild Country Spotter Arrampicare in camicia potrebbe essere non troppo confortevole, a meno che si tratti della Spotter Wild Country, un capo pensato per l’estate, perfetto per arrampicare. Con il suo taglio classico e casual e il motivo tartan è adatta a qualsiasi situazione, dalla falesia al bar, ma il design, è progettato per garantire comfort durante i movimenti più ampi, mentre il cotone leggero con un tocco di elastan garantisce elasticità e libertà di movimento. La regolazione nascosta delle maniche permette di arrotolarle e fissarle per i tentativi più impegnativi o nelle giornate più calde. www.wildcountry.com

E9 Little Stones Patagonia Tadra Tank Top Fresca versione estiva del classico top per arrampicata Patagonia. Questa canotta in misto cotone organico offre la giusta quantità di supporto e stile per calde giornate di bouldering o in falesia che ci aspettano durante l’estate. Cuciture Fair Trade Certified™. eu.patagonia.com

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Se l’arrampicata è uno stile di vita, anche l’abbigliamento deve avere il suo e, da più di 20 anni, E9 ha proposto una linea di abbigliamento in cui la produzione sempre più sostenibile e una rete di artigiani locali, ne rappresentano l’anima e lo stile. Cotone organico, lino, modal e lana riciclata si alternano nella realizzazione di capi morbidi, che lasciano totale libertà di movimento, proposti in un packaging plastic-free per preservare il più possibile la natura anche per le generazioni future. Ed è proprio a loro che sono dedicati gli ultimi capi della collezione: nasce Little Stones, una linea di tutine in morbido cotone per i piccoli esploratori della natura dai tre ai dodici mesi! www.e9planet.com


Vetrina prodotti Black Diamond ATC Pilot Sicurezza a un livello superiore e massima leggerezza, queste le caratteristiche principali dell’ATC Pilot di Black Diamond, un vero progresso tecnologico nel mondo dei dispositivi di frenata assistita. Si utilizza in modo analogo ad altri dispositivi di assicurazione tubolari per corde singole da 8,7-10,5 mm. La superficie frenante in acciaio è resistente, non ha parti mobili e permette un controllo fluido e sicuro della corda. È caratterizzato da design ergonomico e antiscivolo. eu.blackdiamondequipment.com

C.A.M.P. Zaino M20

Ferrino Bryce

Per chi predilige le uscite light & fast, C.A.M.P. propone lo Zaino M20, dotato di sistemi esclusivi che lo rendono il compagno perfetto per questo tipo di ascese: apertura Full BackDoor sullo schienale per un immediato accesso a tutto il contenuto senza rimuovere il materiale posto nella parte superiore, doppio porta piccozza con cordini elastici superiori, placchette in alluminio inferiori e vano per le lame delle piccozze, porta sci, porta casco esterno a scomparsa e un comfort è assicurato dal nuovo sistema di ventilazione XAir e dagli spallacci ergonomici e traspiranti. Il cinturone imbottito è dotato di 2 asole porta materiale ed è amovibile per non intralciare quando si indossa l’imbragatura. www.camp.it

Sempre più attenti all’impatto ambientale dei materiali tecnici Ferrino propone per l’estate 22 il suo primo sacco a pelo. Per la composizione dei tessuti e dell’imbottitura sono state riciclate circa 30 bottiglie di PET da 0,5 l, materiali realizzati con materia prima 100% riciclata post consumer e certificata GRS (Global Recycled Standard). Adatto per trekking in ben 3 stagioni è dotato di un cappuccio sagomato per una maggior protezione dalle basse temperature con sistema One Touch che consente di chiuderlo dall’interno con una sola mano, mentre la lampo a 2 vie permette di aprire il fondo del sacco letto per una più facile regolazione della temperatura interna. La sacca di compressione permette di ridurre il volume per risparmiare spazio prezioso nello zaino. Bryce è disponibile sia nella versione mummy che square. Peso 830g, confort termico attorno ai 9°C. www.ferrino.it

Scarpa Instinct S

Ande Grigna Il modello che Ande ha dedicato ad una famosa suola montagna del Lecchese, si propone con tutte le caratteristiche di una scarpa d’avvicinamento dalla calzata atletica. Grazie all’intersuola Eva Vibram®, un materiale plastico ad azione ammortizzante e al sottopiede anatomico in EVA “a conchiglia”, garantisce supporto all’arco plantare e al tallone, mentre l’ampia climbing zone e la suola Vibram Password sono specifiche per l’approach. La tomaia in pelle scamosciata di alta qualità, ha l’allacciatura fino in punta, per una calzata avvolgente che offra massima sensibilità sui diversi tipo di terreni. Peso 0,884Kg la coppia (numero 43). ande.it

La nuova Instinct S è la versione più flessibile della collezione Instinct. Sfruttando la nuova tecnologia CTS, offre la precisione della famiglia Instinct, con la vestibilità elastica e la tensione della gomma M50. Caratterizzata da una forma leggermente asimmetrica e ribassata, ha la tomaia multi pannello, realizzata in microfibra Lorenzi a doppio strato. Pannelli in pelle avvolgono le dita dei piedi e la base del piede per migliorare il confort. La tecnologia REB garantisce il mantenimento dell’elasticità nel tempo. La suola è in Vibram XS Grip 2 da 3,5 mm di 1/2 lunghezza sotto l’avampiede e il tallone. www.scarpa.net

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BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO Luglio 2022. Anno IV. Numero 19 Direttore responsabile Richard Felderer Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Samuele Mazzolini Alberto Milani Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa

Alessandro Codecà su Diverso perverso 7b, Alveare, Finale Ligure (© Arch. Codecà)

Copertina Roberta Colombin su una grande classica della Val Rosandra: Falchi di Comici, 6°. Foto: Paolo Manca

IL PROSSIMO NUMERO

LIGURIA

IN EDICOLA A SETTEMBRE

Grafica Tommaso Bacciocchi

Impaginazione Francesco Rioda

Correzione di bozze Fabrizio Rossi

Disegni Eugenio Pinotti

Hanno collaborato Alessandro Lamberti, Alessandro Zeni, Andrea Cavalleri, Attilio De Rovere, Daniele Bucco, Emiliano Zorzi, Fabrizio Rossi, Filippo Forgiarini, Gino Pavoni, Giulio Moscatelli, Ivan da Rios, Luciano Frezzolini, Manrico Dell'Agnola, Michele Blasutig, Osvaldo Edel, Sandro Neri, Stefano D’Incà, Vera Gussetti. Versante Sud Srl Via Rosso di San Secondo, 1 – 20134 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it Stampa Aziende Grafiche Printing srl – Peschiera Borromeo (MI) Distribuzione per l’Italia PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421 © Versante Sud 2022 Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della pubblicazione senza autorizzazione dell’editore. Registrazione al Tribunale di Milano n. 58 del 27/02/2019


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