Teosofia sciita

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Jan Pohl

Il mondo Islamico costituisce un fattore fondamentale nel quadro della politica internazionale. Purtroppo, la nostra conoscenza degli aspetti culturali e religiosi che sottendono a questo fenomeno è ancora in gran parte basata su stereotipi e su posizioni preconcette. Quali sono i retroscena spirituali che dovremmo conoscere per poterci orientare nella giungla degli avvenimenti? Questo testo vuole essere un contributo per orientarsi su aspetti inerenti sciiti e sunniti, con l’obiettivo di evidenziare come, in definitiva, i ricercatori dello spirito parlino ovunque – e in ogni tempo – lo stesso linguaggio.

Teosofia sciita Per la conoscenza dei sunniti e degli sciiti

Nato a Bratislava nel 1938, Jan Pohl è direttore della biblioteca del Goetheanum, nonché studioso e curatore di importanti saggi sul mondo dell’Islam.

ISBN 9788888444697

90000 >

5.00 €

9 788888 444697



Titolo originale dell’opera: Die Schiitische Theosophie Zum Verständnis der Sunniten und Schiiten

Traduzione di Paulette Prouse

Copertina di Giulia Boffi Glossario a cura di Bruno Lanata

Prima edizione italiana

Questo volume è stato stampato presso Andersen Spa Via Brughera IV, 28010 Boca (NO)

Copyright © 2015 – Editrice Novalis, Via Angera 3, 20125 Milano www.librerianovalis.it ISBN 978-88-88444-69-7


Jan Pohl

Teosofia sciita Per la conoscenza dei sunniti e degli sciiti


Nota all’edizione italiana Uno dei problemi che si sono posti nell’edizione di questo testo è quello relativo alla traslitterazione di nomi e termini arabi in caratteri latini. Traslitterazione che in letteratura sovente non presenta criteri di uniformità. Per questo abbiamo fatto riferimento a quanto riportato nell’Enciclopedia Treccani, optando – nei casi dubbi o con differenti versioni – per la soluzione che favorisse la chiarezza e la leggibilità. Così, laddove non strettamente indispensabile, non sono state riportate le accentazioni e si è cercato di limitare il più possibile l’uso dell’iniziale maiuscola.

l’autore Nato a Bratislava nel 1938, Jan Pohl è direttore della biblioteca del Goetheanum, nonché studioso e curatore di importanti saggi sul mondo dell’Islam.


indice Considerazione storica

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La nascita dello sciismo ..................................................................... 10 Teosofia sciita e teologia sunnita ................................................... 13 Gli sciiti legisti e il movimento sufi

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Il rappor to dello sciismo con il movimento sufi ............ 18 Le radici spirituali dello sciismo ................................................. 20 L’esoterismo sciita ................................................................................... 26 Conclusione .................................................................................................... 30 Glassario

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prefazione Avevo appena chiuso il libro di Jan Pohl sulla teosofia sciita, quando si è verificato il terribile attacco alla redazione di Charlie Hebdo, quale ennesima manifestazione di un apparente contrasto fra culture e religioni. Non possiamo pensare di essere tutti uguali: ogni religione e ogni cultura ha un suo compito, e non si tratta di perdere la propria identità ma ognuno costituisce un frammento del grande mosaico. E se dovesse mancare un pezzo ci sarebbe un vuoto. Ma alla base di questa molteplicità si pone la volontà divina. A questo proposito vorrei prendere ad esempio l’amico Ibrahim Abouleish, fondatore di Sekem, in Egitto, dove Islam e Cristianesimo si incontrano in perfetta armonia. Abouleish afferma di essere Musulmano e Cristiano. Se consideriamo, infatti, l’aspetto esoterico dell’Islam pos-

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siamo constatare come sia conforme a tutte le verità del mondo, ma quando si esprimono giudizi senza conoscere l’Islam dall’interno, allora appare solo il fondamentalismo. L’Islam nella sua essenza più profonda favorisce l’evoluzione umana. E la teosofia sciita ha in sé il potenziale necessario per una comprensione e un avvicinamento fra i due mondi. Paulette Prouse

A chi volesse approfondire gli aspetti relativi alla cultura islamica e al suo confronto con il mondo occidentale consigliamo la lettura di Scontro tra culture (Quaderno di Flensburg n. 6) e di Impressioni sull’Islam (Quaderno di Flensburg n. 8), pubblicati da Editrice Novalis.

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Considerazione storica In un tempo di avvenimenti decisivi come il nostro, sorgono tante domande gravose per l’umanità e diventa necessario innalzarsi in una dimensione spirituale per considerare alcune manifestazioni contemporanee. Lo spirito non è qualcosa di astratto, bensì sovrasta l’elemento fisico compenetrandolo con i suoi effetti. Colui che vede solamente la componente fisica, anche compenetrata da spiritualità, osserva solamente una parte del mondo in cui l’uomo è immerso col suo fare e il suo pensare. Questo modo di vedere ha avuto la sua giustificazione per tanti secoli. Tale giustificazione tuttavia non è più valida né per il presente né per il futuro. Rudolf Steiner in una conferenza del 1923 dice: “Oggi noi viviamo in questo futuro”. Così dobbiamo essere coscienti che quando ci occupiamo

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di eventi storici, ma anche di fatti singoli, essi sono sempre manifestazioni esteriori di azioni compiute da entità spirituali. Dobbiamo provare a cogliere l’elemento sintomatico per rendere visibile le forze spirituali che si pongono alla base. In quest’ottica proviamo a considerare oggi il fenomeno dello sciismo.

La nascita dello sciismo Ci spostiamo indietro nell’anno 632 al letto di morte di Maometto a Medina, dove morì a causa di una pleurite. Durante la sua malattia non fece accenno nelle sue ultime volontà a chi avrebbe dovuto assumere la guida spirituale dello stato islamico. Da una parte c’era ῾Alī ibn Abī Tālib – cugino, protetto e genero del Profeta – che, accanto alla prima moglie di Maometto, Khadīgia, era fin da bambino seguace del Profeta, il cosiddetto secondo seguace. Conformemente alle usanze arabe, egli sarebbe dovuto succedere al suocero sia nell’eredità dei suoi beni sia nella sua sovranità divina. I personaggi influenti della comunità, soprattutto ῾Òmar ibn al-Khaṭṭāb, miravano invece a un allievo prediletto di Maometto, il vecchio e influente uomo d’affari Abū Bakr che, con abili mosse da scacchista, riuscì ad arrivare al terzo posto nella nuova comunità dei credenti; così egli successe al califfato dopo la morte del Profeta. I lamenti del deluso ῾Alī, furono uditi dai seguaci della sua casata che trasmisero il suo dolore di generazione in generazione, è un lamen-

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to che accompagna tutta la storia del mondo musulmano, formando le fondamenta del movimento sciita. Abū Bakr conservò l’usanza di vivere in povertà come Maometto. Morì, però, a soli due anni dal suo insediamento, dopo aver scelto come successore il bellicoso ῾Òmar. Contemporaneamente a un considerevole ampliamento del suo regno, ῾Òmar organizzò il campo del suo dominio, appoggiandosi alle comunicazioni divine, al Corano, alle parole e all’esempio del Profeta, la sunna, che si trovano nella raccolta di ḥadīth. ῾Òmar creò anche un calendario musulmano che, su consiglio di ῾Alī, misura il tempo a partire dal trasferimento di Maometto dalla Mecca a Medina. ῾Òmar fu vittima di un attentato e sul letto di morte convocò un consiglio per scegliere il nuovo successore: la maggioranza votò in favore di Alì. Ma῾Alī spiegò che avrebbe riconosciuto solamente il Corano e le usanze di Maometto e che rinnegava l’insegnamento di Abū Bakr e di ῾Òmar. Così ῾Othmān, un altro genero del Profeta, fu nominato califfo. Durante il regno di ῾Othmān fu fissato definitivamente il testo del Corano e divulgato in molte copie. Gli sciiti affermano ancora oggi che ῾Othmān fece sparire dal testo del Corano i diritti di ῾Alī alla successione del califfato. ῾Othmān aveva una debolezza: le ricchezze dei Paesi conquistati incitavano alla corruzione. Inevitabilmente si alzavano voci di musulmani che si appellavano al voto di povertà, prendendo posizione a favore dei diritti della famiglia di ῾Alī ibn Abī Tālib, quali eredi di Maometto. A poco a poco l’opinione pubblica si ribellò contro

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῾Othmān che venne infine ucciso. ῾Alī fu insediato come califfo, ma Mu῾ānwiya ibn Abi Sufyan, cugino di ῾Othmān e governatore della Siria, si rifiutò di riconoscere la sua nomina. Egli poteva contare su un ampio consenso della sua provincia, ma la sua indecisione in riferimento all’assassinio di ῾Othmān era causa di allontanamento da parte degli uomini religiosi. ῾Alī si sentiva insicuro a Medina e si diresse a Bassora. Lì, il suo seguito vinse l’opposizione e lui divenne sovrano dell’Iraq e degli altri regni arabi, con l’eccezione della Siria. Ora ῾Alī e Mu῾ānwiya, entrambi con grandi eserciti, si affrontarono. A causa della sua indecisione, della sua mitezza, della sua preferenza al dialogo e al negoziato e alla sua buona fede, per la quale si fece sempre ingannare, ῾Alī perse gran parte del suo seguito. Coloro che rimasero venivano chiamati shī`at `Alī, (la fazione di ῾Alī) da cui deriva la definizione sciiti. Sotto l’influenza di Mu῾ānwiya, ῾Alī perse provincia dopo provincia e infine fu assassinato. Al-Hasan, il figlio maggiore di ῾Alī e Fā´ṭima, accettò da Mu῾ānwiya un dono con la condizione di ritirarsi a vita privata. Mu῾ānwiya concesse un’amnistia generale agli sciiti e fu da loro nominato califfo. Al-Hasan, che era per gli sciiti, dopo ῾Alī, il secondo imām (guida spirituale), fu avvelenato. Dopo la morte di Mu῾ānwiya, nell’anno 680, divenne califfo suo figlio Yazid. Egli faceva pressione su al-Ḥusain, il secondogenito di ῾Alī, ossia il terzo imām, perché gli garantisse la successione. In seguito a ciò al-Ḥusain lasciò

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La Mecca, dove visse in modo ritirato, e andò a cavallo in Iraq. Vicino a Kerbela, insieme ad alcuni fedeli e membri della sua famiglia, fu ucciso. Un muro con otto porte circonda il luogo dove oggi riposa il terzo imām. Quattromila angeli piangenti vegliano giorno e notte sulla tomba del martire al-Ḥusain, rammaricandosi per la sua sofferenza: così dicono gli sciiti. Un solo pellegrinaggio a Kerbela in Iraq vale cento pellegrinaggi alla Mecca. Dopo la morte del settimo imām, Ismail, i suoi seguaci si separarono dal resto del movimento. Il gruppo più numeroso degli sciiti, gli imamiti (in arabo Imamiyyah), venerarono dodici imām, tra cui un bambino di cinque anni che sparì senza lasciar traccia il giorno della morte di suo padre. Per l’azione intermediaria di alcuni uomini questo bambino, dal suo nascondiglio segreto, rimase in contatto con i suoi seguaci per settant’anni. Nell’anno 942 si congedò con un ultimo messaggio in cui disse che sarebbe entrato nel luogo della grande segretezza da cui sarebbe tornato come Mahdī oppure, nella terminologia ebraica e cristiana, come Messia, per avviare l’epoca d’oro.

Teosofia sciita e teologia sunnita Cosa hanno in comune gli sciiti e in che cosa si differenziano dalla maggior parte del mondo musulmano e dai sunniti? Una differenza sostanziale fra le due comunità risiede nel fatto che per i sunniti la parola di Dio, scritta nel Corano,

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viene trasmessa direttamente attraverso Maometto e con questo sono definitivamente chiuse le profezie. Maometto si è chiaramente definito l’ultimo Profeta. La vita del sunnita è determinata dal Corano, dalla parola e dal comportamento del Profeta, la sunna nell’Hadith, è definitivamente regolata e senza alcuna possibilità di cambiamento. Per contro, lo sciita vive nella convinzione che le profezie e il Corano rappresentano solamente la parte esteriore delle rivelazioni. Il senso più profondo, più esoterico, deve essere illuminato dalla forza della luce degli imām nell’interiorità dell’entità umana e attraverso una vita dedita al lavoro e alla preghiera del singolo uomo. Nella misura in cui si apre il senso della parola sacra nella meditazione, il credente diventa autentico nel suo essere più profondo. Una crescente comprensione del vero senso della rivelazione va ben oltre la sfera personale, ha anche conseguenze di carattere sociale, in quanto colui che è progredito in modo individuale diventa anche più attivo nella comunità. Sommando le esperienze meditative, la comunità sciita è soprattutto aperta per uno sviluppo che va oltre l’esperienza religiosa del singolo, ma può e deve riversarsi nella situazione storica e sociale rinnovandola di continuo. Questo non solo getta le basi per una nuova dinamica sociale, ma le applica direttamente. È il contrario della credenza sunnita che in ogni situazione nuova cerca il riferimento al passato, riportando così ogni elemento nuovo indietro a qualcosa di già conosciuto. Per i sunniti un’azione che parte dal libero arbitrio non solo

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non è desiderata, ma non è neanche prevista. Se una situazione è così complessa da non essere risolvibile attraverso la scuola del Corano, in base ai soliti semplici insegnamenti, allora si deve consultare uno studioso di diritto, il cui giudizio non poggia su argomentazioni personali, ma solamente su una più dettagliata conoscenza del Corano e della sunna. In questo modo, in tutte le dimensioni della società, vige un comportamento a orientamento esclusivamente tradizionalista. Il campo d’azione del singolo parte dalla seguente predisposizione: “Io lo devo fare perché lo ha scritto il Profeta”, ciò significa che, in base all’osservanza dell’autorità esterna, devo anche interiorizzare il verbo scritto: “Io lo devo fare, perché credo che sia giusto così” oppure “La mia coscienza me lo detta” e ciò fino al completo raggiungimento dello scopo esteriore: “Io lo devo fare, perché tutti fanno così, e quindi sarà giusto così”. Con ciò si chiude la gamma delle possibilità. Non è così nello sciismo. Se si abbandona l’attaccamento al suono della parola esteriore, e si riflette sul senso più profondo della meditazione, si entra in una dimensione in cui si conquistano nuove capacità interpretative in base alle conoscenze acquisite in precedenza. Si ha la possibilità di individualizzare la situazione grazie alla diretta esperienza spirituale e, con la forza del proprio Io, giudicare ogni singolo caso. Detto in breve: nello sciismo è data la possibilità di attivare l’anima cosciente e con ciò si può definire una reli-

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gione che ha tutte le premesse di cui l’uomo ha bisogno per crescere e adeguarsi ai tempi moderni, poiché in futuro potrebbe esercitare un potere positivo sull’evoluzione globale, portando una sua individuale partecipazione. Nella teosofia sciita l’invisibile e atteso imām è garante per un eventuale sviluppo delle varie componenti superiori dell’entità umana (Io, corpo eterico, corpo astrale); l’invisibile imām potrebbe diventare una guida nell’iniziazione del singolo uomo. Per contro il sunnismo non è orientato verso il futuro, ma rimane impigliato nel passato. I seguaci non vengono in alcun modo spinti a intraprendere uno sviluppo autonomo. Non mancano gli indizi sul fatto che la rigida forma religiosa sunnita si stia indebolendo, invece la percentuale di crescita sciita è passata dal dieci al venti per cento in questo secolo. Il Paese sciita per eccellenza è l’Iran. Laddove i sunniti assumono un ruolo più attivo si tratta di movimenti più dinamici e con maggiori forze vitali, come i wahabiti nell’Arabia Saudita e i senussi in Libia. Gli alawiti in Siria e i drusi in Libano discendono dagli sciiti. L’Islam è un chiaro esempio del fatto che quanto più complessi sono i contrasti fra entità spirituali, tanto più questi contrasti si rispecchiano negli avvenimenti terreni. Una corrente religiosa può essere spinta da potenze spirituali ritardatarie che vogliono intralciare l’evoluzione umana incatenando l’uomo alla terra, e possono persino usarlo per i loro fini malvagi. Le forze così liberate, tuttavia, possono anche essere usate dalle entità spirituali del progresso, che vogliono dirigere il destino degli uomini nel senso positivo dell’evoluzione. È nostro do-

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vere essere svegli e cauti nel giudicare gli effetti delle entità spirituali che stanno dietro agli accadimenti terreni. Quello che abbiamo tracciato sinora è solo uno schizzo in bianco e nero, un’approssimazione dedotta dopo un primo approccio all’oggetto delle nostre osservazioni.

Gli sciiti legisti e il movimento sufi Lo sciismo, nella storia, è spesso diventato religione di stato. È successo in Egitto dal X al XII secolo, sotto la dinastia dei Fatimidi, ossia, gli sciiti settimani, così come all’inizio del XVI secolo in Iran quando lo scià Ismail, fondatore della dinastia dei Safavidi, ha realizzato l’unità nazionale in Iran con l’aiuto di una religione imamita dello stato. Di recente l’ayatollah Khomeini ha rinnovato la teocrazia sciita in Iran. Sorge la domanda se è possibile che una religione esoterica, con caratteristiche iniziatiche, possa essere religione di stato senza esserne danneggiata? La vittoria politica non dovrebbe necessariamente portare a una crisi spirituale? Ci sono innumerevoli possibilità per trovare accordi fra un cammino di azioni esteriori e un percorso più rivolto alla vita interiore. Oggi nello sciismo duodecimano dominano i pensatori del rinascimento safavidico: Mir Damad e la Scuola di Isfahan così come Mullā Sadra Shīrāzī e i suoi allievi. Essi, insieme ai loro successori, rappresentano la quintessenza del pensiero sciita. A ciò si accosta una sempre cre-

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