papa giovanni gennaio2011

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(Anno XXVIII) Nuova serie - Anno 10 n. 1- Gennaio/Febbraio 2011 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

A tre missionari il Premio2010 intitolato a Papa Giovanni

Presentata a Roma una pubblicazione in ricordo di Angelo Roncalli

Cinquant’anni fa Giovanni XXIII aprì le porte agli anglicani

GENNAIO - FEBBRAIO 2011

Libro “I miei Papi” Ogni epoca ha il Pontefice di cui sente il bisogno


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Sotto la protezione di Papa Giovanni

La nonna Jose affida i suoi cari nipoti Claudio e Viola all’amatissimo Papa Giovanni, affinchè li protegga sempre

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La nonna Lucia affida alla protezione di Papa Giovanni XXIII, i nipotini Jacopo e Samuele e i loro genitori, per sempre

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Inviate la fotografia dei vostri bambini ad:

via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo


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A tre missionari il premio intitolato a Papa Giovanni

Messa e un libro in ricordo di Papa Giovanni

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«Montini aveva compreso subito Papa Giovanni»

I sordi ricevuti dal Papa come nell’ottobre del 1960

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Beati in terra orobica: da Guala a Papa Roncalli

A tre missionari il Premio2010 intitolato a Papa Giovanni

Presentata a Roma una pubblicazione in ricordo di Angelo Roncalli

Cinquant’anni fa Roncalli aprì le porte agli anglican

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«Ogni epoca ha il Pontefice di cui sente il bisogno»

(Anno XXVIII) Nuova serie - Anno 10 n. 1- Gennaio/Febbraio 2011 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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Cinquant’anni fa Giovanni XXIII aprì le porte agli anglicani

Libro “I miei Papi” Ogni epoca ha il Pontefice di cui sente il bisogno

GENNAIO - FEBBRAIO 2011

n. 1 bimestrale gennaio/febbraio

Direttore responsabile Monsignor Giovanni Carzaniga Direttore editoriale Claudio Gualdi

Turismo religioso: proposte e novità In Fiera a Bergamo

Sul palcoscenico l’infanzia di Papa Giovanni

Ricordati don Bepo e don Andrea: «maestri di carità»

Editrice Bergamasca ISTITUTO EDITORIALE JOANNES

Redazione: don Oliviero Giuliani mons. Gianni Carzaniga direttore della “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII” con sede nel Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo, mons. Marino Bertocchi parroco di Sotto il Monte, Suor Gervasia volontaria nelle carceri romane, Claudio Gualdi segretario dell’associazione “Amici di Papa Giovanni”, Pietro Vermigli, Giulia Cortinovis, Marta Gritti, Vincenzo Andraous padre Antonino Tagliabue Luna Gualdi Coordinamento redazionale: Francesco Lamberini Fotografie: Archivio del Seminario Vescovile di Bergamo, Archivio “Amici di Papa Giovanni”, Archivio “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII”

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Anno XXVIII Direzione e Redazione via Madonna della Neve, 26/24 24121 Bergamo Tel. 035 3591 011 Fax 035 3591117 Conto Corrente Postale n. 97111322 Stampa: Sigraf Via Redipuglia, 77 Treviglio (Bg) Aut. Trib. di Bg n. 17/2009 - 01/07/2009

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RIC O N O S C I M E N T I

A tre missionari il premio intitolato a Papa Giovanni Sono monsignor Servilio Conti, padre Franco Sottocornola ed Elisa Bergamelli

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onsignor Servilio Conti, vescovo in Brasile della famiglia della Consolata, padre Franco Sottocornola, missionario in Giappone della famiglia dei Saveriani, Elisa Bergamelli, laica consacrata della famiglia delle Oblate di Maria Immacolata: a questi tre missionari bergamaschi, che si sono particolarmente distinti per il loro operato, sono stati assegnati i riconoscimenti dell’edizione 2010 del Premio «Beato Papa Giovanni XXIII». La consegna è avvenuta in occasione del Concerto di Natale che si è tenuto la sera dell’11 dicembre nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo. Quest’ultimo è sta-

to l’evento clou dell’iniziativa «Illumina ilmondo! Il tuo Natale al cuore della missione», organizzata dal Centro Missionario della Diocesi di Bergamo (Cmd), dall’associazione Pro Jesu e dall’Ascom (Associazione commercianti) di Bergamo per sostenere tre progetti missionari in Terra Santa, Cambogia e Paraguay e riscoprire nel Natale il mistero dell’Incarnazione di Dio nel mondo. Il tutto è stato presentato lo scorso 2 dicembre all’Urban Center di piazzale Alpini a Bergamo, alla vigilia della festa di San Francesco Saverio, Patrono delle Missioni, che si celebra il 3. All’appuntamento sono intervenuti monsignor Davide Pelucchi, vicario generale della Diocesi di Bergamo, Fabio Buttarelli della Fondazione Credito Bergamasco, don Giambattista Boffi, direttore del Centro Missionario Diocesano e Mauro Ivano Benaglia maestro, organista, basso lirico e direttore d’orchestra, fondatore e presidente dell’Accademia Concertante d’Archi di Milano. Al termine della conferenza stampa è stato possibile assistere a una breve audizione a quattro mani di Matteo Fedeli, che ha suonato un violino Antonio Stradivari del 1726, e di Andrea Carcano al pianoforte. E proprio l’Accademia Concertante d’Archi di Milano, sotto la direzione del maestro Mauro Ivano Benaglia, ha proposto l’evento dell’11 dicembre. Nutrito l’organico del concerto che ha visto esibirsi 135 elementi di coro e 45 d’orchestra. «Anche quest’anno – ha detto nel corso della conferenza stampa il direttore del Centro Missionario Diocesano, don Giambattista Boffi – vogliamo portare nel cuore di Bergamo un modo nuovo di vivere il Natale, inteso come un’occasione per riscoprire la ricchezza del mistero dell’Incarnazione e del disegno di Dio che sceglie l’uomo per portare a compimento la creazione e rendere viva la storia dell’umanità. Per questo proponiamo molte occa-

Assegnati, nello scorso dicembre, i riconoscimenti intitolati al Beato Papa Giovanni

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riconoscimenti

sioni, come il Concerto in Sant’Alessandro, per ren- vuole contribuire a tenere viva l’attenzione, la condere ognuno di noi protagonista delle iniziative, nel divisione e la partecipazione all’opera dei missionapieno rispetto dello spirito missionario, che affonda ri bergamaschi nel mondo. Il contributo di 3.000 le sue radici nella consapevolezza che ciascuno può euro all’opera di tre missionari è una piccola goccia offrire il proprio contributo attraverso l’esperienza che esprime il grazie e la riconoscenza dell’intera della fede vissuta a livello personale e condivisa nel- comunità diocesana ed è stato reso possibile dalla la comunità». disponibilità degli sponsor della serata. Durante il concerto è stato assegnato l’atteso Pre- E’ stato il vescovo Francesco Beschi, nella serata di mio «Beato Papa Giovanni XXIII» che è promos- sabato 11 dicembre nella Basilica di Sant’Alessanso dal Centro Missionario Diocesano di Bergamo, dro in Colonna a Bergamo, a consegnare il riconodalla Fondazione «Papa Giovanni» e dall’associazio- scimento durante il Concerto di Natale che, come ne «Pro Jesu. Anch’io missionario». ogni anno, vuole essere un augurio di pace, serenità «Il Premio – ha spiegato don Davide Pelucchi, vi- ed amicizia ai circa 800 missionari bergamaschi nel cario generale della Diocesi di Bergamo – viene mondo. Questo il profilo di ciascuno dei tre prericonosciuto a chi si è distinto per la dedizione al miati. Vangelo e alla sua incarnazione, nella condivisione Mons. Servilio Conti, nato a Vertova (Bergamo) di vita con i poveri, per la fedeltà al servizio e per nel 1916, appartiene all’Istituto dei Missionari della la passione incondizionata alla promozione umana Consolata. Ordinato sacerdote nel 1944, è missioe cristiana. Vuole quindi essere un riconoscimento nario in Brasile dal 1949. Nonostante l’età, solo da dell’impegno di evangelizzazione, cooperazione e pochi mesi è tornato in Italia e vive a Torino pressviluppo, che testimonia la presenza della Chiesa in so la Casa Madre del suo Istituto. Nella sua lunga tutte le parti più flagellate del mondo». esperienza missionaria ha percorso e ripercorso il Don Angelo Giuseppe Roncalli visse alcuni anni Brasile da cima a fondo. Dopo aver insegnato per del suo sacerdozio a servizio della Santa Sede presso le Pontificie Opere Missionarie, realtà attraverso la quale il Papa esprime l’attenzione di tutta la Chiesa all’impegno missionario della solidarietà e dell’evangelizzazione. Un tempo che ha sicuramente segnato la sua vita. «Noi saremo sempre con voi: sarà con voi il popolo cristiano, nelle fatiche, nelle lotte, nelle consolazioni che vi attendono». Sono le parole con cui Papa Giovanni in un giorno lontano del 1958 salutava centinaia di missionari in partenza. Un fiume di generosità che ha continuato a bagnare il mondo intero, a raggiungere gli angoli più sperduti della terra, ad incontrare le popolose metropoli del sud del mondo. Il tavolo dei relatori durante la presentazione dell’edizione 2010 del premio. Da sinistra Giambattista Boffi, monsignor Davide Pelucchi e Fabio Buttarelli Il Premio Beato Giovanni XXIII 5


riconoscimenti

tredici anni nel seminario di Sâo Manuel, nello Stato di San Paulo, l’allora padre Servilio viene inviato nell’estremo nord, tra le popolazioni di indios di Roraima, di cui diviene responsabile per alcuni anni, prima di essere consacrato vescovo nel 1968. La terza tappa della missione brasiliana di mons. Conti inizia nel 1976 nello stato di Rio Grande do Sul, diocesi di Santa Maria, di cui sarà il vescovo ausiliare fino al 1998, quando, per raggiunti limiti di età, si ritira e diventa “vescovo emerito”. Decide però di non lasciare il Brasile, continuando il proprio servizio pastorale da semplice sacerdote e religioso della Consolata presso la parrocchia di Aparecida in Sâo Manuel, città della sua prima destinazione. «Mi avanzano ancora alcune forze: le vado a spendere là, vado a fare il vice parroco…, a dare una mano», aveva detto una volta raggiunta l’età della “pensione”, con umiltà e col fermo proposito di servire fino alla fine la Chiesa di Dio. Una fedeltà indiscussa che merita la stima e la riconoscenza della sua Chiesa d’origine. Per il suo lungo e appassionato impegno missionario a mons. Servilio viene assegnato il Premio Beato Giovanni XXIII 2010. Padre Franco Sottocornola, che appartiene all’Istituto dei Missionari Saveriani, è nato a Bergamo il 7 giugno del 1935. Ordinato sacerdote nel febbraio 1959, dal 1978 svolge la sua attività missionaria in Giappone. Uomo di dialogo, alla ricerca di ponti e di collaborazione, di armonia e di pace tra i popoli e le religioni, nel 1987 ha fondato, con il monaco buddista Furukawa Tairyu, il Centro di preghiera e di dialogo interreligioso «Seimeizan» (Montagna della vita) che, nel 2003, ha trasformato il proprio nome in «Shinmeizan» (Montagna della vera vita). Da 23 anni è un appassionato testimone di pace, attraverso convegni internazionali, pubblicazioni, pellegrinaggi di riconciliazione tra giapponesi e cinesi, progetti di assistenza per bambini disabili sia in Giappone sia in Cina. Nel 1997 è stato nominato consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Il dialogo interreligioso, vissuto come parte integrante della missione della Chiesa, è dunque il cuore del lungo impegno missionario di padre Franco, consapevole e tenace testimone che «Il dialogo è una via verso il regno e darà si-

curamente i suoi frutti, anche se tempi e momenti sono riservati al Padre” (RM, 57)». A padre Franco la stima profonda e la riconoscenza della Chiesa di Bergamo attraverso il conferimento del Premio Beato Giovanni XXIII 2010. Elisa Bergamelli, nata a Nembro (Bergamo) il 20 luglio 1935, è una laica consacrata che appartiene all’Istituto delle Oblate di Maria Immacolata e che ha speso gran parte della sua vita in Ciad. Dopo alcuni anni trascorsi in Italia, a 73 anni suonati, ha accettato di riprendere la strada della missione, animata dalla fedeltà al motto del suo Istituto che chiede alle consacrate di essere presenti e testimoni «dovunque Cristo ha dei diritti». Donna battagliera e decisa, ha dedicato energie, iniziative e oltre trent’anni della propria vita ad altre donne, per ren-

Il vescovo Conti con Benedetto XVI

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riconoscimenti

derle capaci di gestire la loro vita con strumenti adeguati, e di migliorare le condizioni di vita dell’intera famiglia. Attualmente Elisa lavora nella parrocchia di Moulkou (diocesi di Pala) che a partire dal 1970 è stata la sua prima destinazione. Inviata in seguito ad altri servizi, nel 2000 è tornata in Italia dove per 8 anni ha continuato a sentirsi e ad essere missionaria offrendo collaborazione al CMD. Il suo nuovo compito è quello di preparare la strada perché nella missione di Moulkou, entro pochi anni, possano inserirsi delle suore africane e prendersi in carico l’organizzazione e le strutture della missione stessa, in particolare per quanto concerne la parte femminile e il lavoro formativo con le giovani donne. In Africa il futuro è donna, secondo Elisa. E di questo futuro sta mettendo le basi a fianco di centinaia di giovani donne, lei che giovane non è più, ma che conserva la giovinezza dell’entusiasmo con cui è partita per la prima volta. E la freschezza della fede che ha generato la sua scelta di vita: missionaria ovunque. Non solo in Africa. Ad Elisa, che si dichiara «contenta di continuare il mio servizio apostolico…fino a quando avranno bisogno di me», va tutto il sostegno e la riconoscenza della Chiesa di Bergamo, attraverso l’assegnazione del Premio Beato Giovanni XXIII 2010. Questo, infine, il calendario di alcune iniziative di spicco che sono state programmate nel mese di dicembre all’Urban Center di Bergamo. 7 dicembre «4 Passi per la Terra Santa»: incontro con i giovani scouts che ogni anno aderiscono alle iniziative di pellegrinaggio in Terra Santa. 8 dicembre «Mani in pasta»: è un’iniziativa rivolta ai più piccoli. Un pomeriggio di condivisione e confronto con i volontari del Centro Missionario Diocesano che per l’occasione hanno preparato dei dolci natalizi con il contributo dei partecipanti. 13 dicembre «Parola alle immagini»: incontro con il fotografo Fabio Proverbio, autore del reportage sulla Vita delle Comunità Cristiane nel Medio Oriente esposto in Vaticano lo scorso ottobre durante la celebrazione del Sinodo per il Medio Oriente. 16 dicembre «Cambogia express»: incontro di approfondimento e scoperta del particolare mondo dei villaggi in Cambogia con il contributo della

Padre Franco Sottocornola

laica missionaria Cristina Togni, che da più di 15 anni svolge il suo servizio nei villaggi del Lago 94, e alla passione della professoressa Carmen Leone. Sempre il 16 dicembre, in serata, «Da che mondo è mondo», serata dedicata ai giovani che nella scorsa estate hanno vissuto esperienze brevi in missione con il percorso proposto dal Centro Missionario. I giovani hanno presentato ai loro familiari, agli amici e ai presenti alcune immagini, le motivazioni e le impressioni vissute durante le settimane trascorse a stretto contatto con i missionari e i luoghi di missione presso i quali si sono recati in visita. Francesco Lamberini 7


I N I Z I AT I V E

Messa e una pubblicazione in ricordo di Papa Giovanni La funzione religiosa si è tenuta a Bergamo. Il volume è stato presentato a Roma

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o scorso venerdì 26 novembre alle 17, nei saloni d’onore della Casa Editrice Dino Salvatore, in via Appia Antica 249/B a Roma, si è tenuta la presentazione del libro «Giovanni XXIII il Papa Buono» scritto da padre Battista Mondin e illustrato con policromi a olio del maestro Giacomo Pintus. Padre Mondin, massimo teologo e filosofo, nonché professore emerito della Pontificia Accademia dei Lincei, propone questa pubblicazione che è frutto di un suo studio scientifico. L’opera è stata presentata dal giornalista e scrittore Emanuele

Roncalli, pronipote dell’indimenticabile Pontefice. All’incontro sono intervenuti l’autore, il maestro Pintus e l’editore. Un appuntamento che ha inteso anche ricordare l’anniversario della nascita del Papa bergamasco avvenuta il 25 novembre del 1881. E sempre a livello di avvenimenti a lui dedicati, va sottolineato che la Diocesi di Bergamo ha voluto ricordare il decimo anniversario della Beatificazione di Papa Giovanni, avvenuta il 3 settembre 2000, con una celebrazione eucaristica di ringraziamento programmata proprio nel giorno in cui ricorre la sua nascita. Per cui il 25 novembre scorso, alle 18, nella chiesa ipogea del Seminario vescovile di Bergamo, l’arcivescovo monsignor Loris Capovilla, che è stato segretario di Roncalli, ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica in memoria di Papa Giovanni XXIII. La sua è stata un’omelia appassionata, che ha inteso ricordare anche il settantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale dello stesso monsignor Capovilla, nato a Pontelongo, in provincia di Padova, novantacinque anni orsono. Ma l’anno che per lui ha rappresentato la svolta può essere considerato il 1953, quando il neopatriarca Angelo Giuseppe Roncalli, approdato nella laguna dalla nunziatura di Parigi, lo volle come suo segretario, incarico mantenuto anche durante tutto il quinquennio del pontificato di Giovanni XXIII. Anni in cui ha vissuto nel segno della più assoluta fedeltà, non smettendo di sentirsi il segretario particolare, anche dopo la morte del Papa avvenuta il 3 giugno 1963, tanto che molti lo considerano «la memoria vivente di Giovanni XXIII». Frattanto continua a servire il suo Papa, mettendosi a disposizione di chiunque voglia approfondire la figura storica di Roncalli. La Messa è stata concelebrata nella chiesa ipogea

Monsignor Loris Capovilla

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iniziative

del Seminario dall’ex segretario di Papa Giovanni, dall’attuale vescovo di Bergamo Francesco Beschi e dai vescovi Bruno Foresti, Gaetano Bonicelli e Lino Belotti. Si è trattato di un momento particolarmente solenne iniziato con il benvenuto pronunciato dal vescovo Francesco, poi contrassegnato dalla forza impressa da Capovilla nella sua omelia, arricchita dalle citazioni di Papa Giovanni, dalle sue parole e dalle sue annotazioni riportate sul Giornale dell’Anima. Partendo da queste citazioni, nel nome di Papa Giovanni, il vescovo si è rivolto alla terra di Bergamo, l’ha invitata ad alzarsi, a incamminarsi con determinazione ed entusiasmo sulla strada della ri-evangelizzazione, ricordando sempre le parole del suo Angelo Roncalli che tra l’altro affermava: «E’ giunto il momento di cogliere i segni dei tempi e di guardare lontano». Loris Francesco Capovilla ha voluto infine ricordare alcuni momenti della vita del Pontefice bergamasco, a cominciare dall’esperienza avuta come soldato quando trascorse un anno in caserma per poi tornare in Seminario. In quella circostanza Angelo Roncalli annotò di essere stato toccato da «un diluvio di fango», di avere assistito a nefandezze e turpitudini. Giungendo poi alla conclusione che l’amore del Si-

Angelo Roncalli mentre rivolge un discorso ai fedeli

gnore verso gli uomini è davvero immenso se Dio continua a sopportare anche questo. Luna Gualdi

Una casa per chi soffre ricorda monsignor Nicoli A poco più di un anno dalla scomparsa di monsignor Aldo Nicoli continuano a fiorire le iniziative i cui semi sono stati gettati dal suo impegno. Lo scorso 26 novembre, ad Alzano, in provincia di Bergamo, è stata infatti inaugurata la Casa di accoglienza che di monsignor Nicoli porta il nome e che è destinata a ospitare gratuitamente pazienti sottoposti a cure radioterapiche o chemioterapiche. La Casa nasce per dare supporto, in particolare, a chi ha difficoltà economiche o logistiche nel sottoporsi alle cure. La struttura, che si trova in piazza Giovanni Paolo II, in uno degli spazi liberi del nuovo Palasport, è stata donata dall’Accademia Tennis vip di Bergamo all’associazione Amici dell’oncologia Valle Seriana e Valle Cavallina che ha sede all’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano. «La Casa è una risposta al bisogno espresso dai nostri pazienti – spiega Giuseppe Nastasi, primario del dipartimento di Oncologia dell’azienda Bolognini –

che talvolta si trovano qui per le cure negli ospedali di Alzano, Seriate o Riuniti di Bergamo, ma sono lontani da casa. Vengono da fuori provincia ma non solo. Basti pensare a chi arriva dalla Valle di Scalve e dovrebbe fare avanti e indietro per le cure tutti i giorni». La nascita dell’Associazione Amici dell’oncologia, tra i cui fondatori figurano Nastasi e monsignor Nicoli, ha portato alla realizzazione del progetto con il contribuito determinante dell’Accademia del Tennis vip. «Attraverso i nostri tornei negli ultimi due-tre anni siamo riusciti a raccogliere circa 200 mila euro per la Casa, che è stata arredata in modo confortevole, per accogliere chi deve affrontare una malattia», spiega Giovanni Licini, vicepresidente dell’Accademia, ai cui tornei monsignor Nicoli, appassionato tennista, partecipava. L’accesso all’alloggio avverrà su indicazione del medico oncologo curante, dal lunedì al venerdì, per tutto il periodo richiesto dalla terapia.

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EVENTI

Cinquant’anni fa Roncalli aprì le porte agli anglicani Quello del 2 dicembre 1960 viene ancora considerato un avvenimento storico

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Santità, sono quattro secoli che non ci vediamo», disse – secondo i testimoni – cinquant’anni fa il dottor Geoffrey Francis Fisher, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, entrando nella biblioteca privata dell’appartamento pontificio dove lo attendeva un sorridente Papa Giovanni. Così inizia l’articolo, a firma di Pier Giuseppe Accorsero, pubblicato lo scorso 2 dicembre su «L’Eco di Bergamo» e che riproponiamo ai nostri lettori. Quello del 2 dicembre 1960 era un incontro strettamente privato, «di cortesia» secondo il cerimoniale vaticano. Ma acquistò il carattere di un evento storico. Era il primo incontro – dallo scisma di Enrico VIII consumato tra il 1531 e il 1538 – tra un Pontefice romano e il capo degli anglicani. La Segreteria di Stato volle però mettere il silenziatore a una visita che si svolse in un clima di grande cordialità ma con un cerimoniale ridotto all’osso.

Invece fu la pietra miliare nella storia del dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane, tanto che nel viaggio in Gran Bretagna – incontrando l’arcivescovo Rowan Williams, lo scorso 17 settembre – Benedetto XVI rese omaggio ai protagonisti del coraggioso approccio: «Il dialogo fra la Comunione anglicana e la Chiesa cattolica si è evoluto in maniera impressionante dall’incontro fra Papa Giovanni e l’arcivescovo Geoffrey Fisher nel 1960». Cinquant’anni fa era un tempo di grazia per la Chiesa di Roma e per il dialogo. Il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII aveva annunciato il Concilio Vaticano II. Il dialogo ecumenico muoveva i primi passi grazie all’istituzione, il 5 giugno 1960, del Segretariato per l’unione dei cristiani (oggi Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani) che il Papa spiegò con lo scopo «di manifestare il nostro amore e la nostra benevolenza verso i cristiani separati da questa Sede apostolica, perché possano seguire i lavori del Concilio e trovare più facilmente la via per raggiungere l’unità invocata da Cristo». La visita di Fisher ruppe il ghiaccio. Sei anni dopo, il 23 marzo 1966, il nuovo arcivescovo di Canterbury, dottor Michael Ramsey, incontra ufficialmente Paolo VI in Vaticano e il giorno dopo, nella basilica di San Paolo fuori le mura, sottoscrive con il Papa una «dichiarazione comune» che segna l’inizio del dialogo teologico grazie a una Commissione mista. Il 28 aprile 1977 è a Roma il primate Donald Coggan. Giovanni Paolo II e il dottor Robert Runcie si incontrano il 9 maggio 1980 in Ghana; il 29 maggio 1982 nella Cattedrale di Canterbury la prima visita di un Pontefice al tempio simbolo dell’Anglicanesimo e nella stessa Gran Bretagna; nel 1989 a Roma pregano insieme; e ancora nel 2000 a Roma per il grande Giubileo.

Papa Giovanni ripreso nei giardini vaticani

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ANNIVERSARI

«Montini aveva compreso subito Papa Giovanni» Mons. Capovilla racconta: il giorno della sua elezione Paolo VI mi volle vedere sori di Pietro e nei tempi ritenuti più opportuni ne iscrive l’un o l’altro nell’albo dei santi. L’iter del servo di Dio Paolo VI procede in modo soddisfacente? Con cuore trepido e preghiera semplice lo auspico come segno emblematico della comunione tra noi e dell’accoglienza fatta agli inviati celesti, e mi appello a Giovanni Paolo II che, alla beatificazione di Giovanni XXIII, individuò nel Concilio Vaticano II «ispirazione divina», assecondata dal Beato Papa, il quale, con esso «aprì una nuova pagina nella storia della Chiesa, e i cristiani si sentirono chiamati ad annunciare il Vangelo con rinnovato coraggio» (3.

Proponiamo ai nostri lettori un commosso ricordo che nello scorso agosto monsignor Loris Francesco Capovilla ha scritto per «L’Eco di Bergamo» nel 32° anniversario della morte di Paolo VI (6 agosto 1978), anno 90° di ordinazione sacerdotale, 56° di ordinazione episcopale, 47° di elezione al Papato.

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ol trascorrere del tempo dall’approdo, il Pater noster sulle labbra, alla visione beatifica, persistono e aumentano nei vescovi, sacerdoti e laici e in una schiera cospicua di donne e uomini di buon volere, la stima, l’amore e la venerazione nei confronti di Paolo VI. A me riesce spontaneo esaltarne le virtù, i meriti e i fasti dacché celebro ogni anno il dies natalis dei papi del secolo ventesimo e del primo defunto del secolo ventunesimo: Leone XIII, 20 luglio. Pio X, 20 agosto. Benedetto XV, 22 gennaio. Pio XI, 10 febbraio. Pio XII, 9 ottobre. Giovanni XXIII, 3 giugno. Paolo VI, 6 agosto. Giovanni Paolo I, 30 settembre. Giovanni Paolo II, 2 aprile. E’ il mio modo di confessare sull’altare della Cattedra Romana la mia fede con la formula suggeritami da Papa Giovanni: «Mi è esultanza del cuore rinnovare integra e fervida la mia professione di fede cattolica, apostolica e romana. Tra le varie forme e simboli con cui la fede suol esprimersi preferisco il Credo della messa sacerdotale e pontificale, dalla elevazione più vasta e canora, come in unione con la Chiesa universale di ogni rito, di ogni secolo, di ogni regione: dal “Credo in unum Deum Patrem Omnipotentem” all’ “Et vitam venturi speculi”. Dal “Credo in un solo Dio Padre Onnipotente” al “Credo alla vita eterna”» (Il Giornale dell’anima, Edizioni San Paolo 1989, § 1078). La Chiesa custodisce e adorna le tombe dei succes-

Giovanni Battista Montini continuò l’opera del Concilio avviata da Papa Giovanni

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clebrazioni

ella me lo legga nel cuore» (12 dicembre 1954). L’elezione di Giovanni XXIII al papato ha avuto interpretazioni varie ed attendibili, non sempre ineccepibili. Indubbiamente chi crede nell’assistenza dello Spirito Santo di nulla si meraviglia, men che meno dell’età del chiamato, e spesso si allieta; ma persino chi oscilla, influenzato da visione riduttiva della divina realtà della Chiesa, è convinto che quell’elezione ha onorato un uomo biblico, «semplice retto timorato di Dio e alieno dal male» (Gb 1, 1), la avvedutezza ecclesiastica, la coraggiosa apertura verso «cieli nuovi e una terra nuova nei quali soggiorni la giustizia» (Pt 3, 13). Giovanni Battista Montini comprese tutto questo ed altro ancora sin dal 28 ottobre 1958, all’annuncio dell’Habemus Papam. Lo attestano i suoi estremi scritti cardinalizi, raccolti nel prezioso volume Giovanni XXIII nella mente e nel cuore del suo Successore (Tipolitografia Germani, Milano 1964). Venerdì 31 maggio 1963, diffuso l’annuncio che il Papa aveva ottemperato esemplarmente alle prescrizioni del Coeremoniale episcoporum, ricevuto i sacramenti e congedatosi con una omelia di venti minuti, il cardinale di Milano si mise in viaggio, assieme ai Roncalli di Sotto il Monte. Lo narrò lui stesso con lettera datata Roma: «Ho fatto il viaggio in aereo con i tre fratelli e con la sorella del Santo Padre, semplici e venerande persone, chiamate per dare l’estremo saluto al loro Fratello sommo pontefice. Si piange, si prega, si attende con immensa tensione di spirito, ma con ineffabile commozione nel cuore, quasi di bellezza e di vittoria. Quale luminoso epilogo della vita terrestre, quale presagio di quella celeste» (31 maggio 1963). Nella mia memoria, scaldata dalla gratitudine, tutto si assomma nei due colloqui che ebbi con Giovanni Battista Montini la notte del 31 maggio e il pomeriggio del 21 giugno: nella stessa stanza accanto alla finestra dell’Angelus, in piedi, con lo stesso personaggio, rivestito con talare nera la prima volta, con la talare bianca poi. Non dirò se non l’essenziale, mantenendo nell’ombra il mio ruolo, pago di custodire il segreto che è dono e vocazione: «Il mio segreto è per me» (Is 24, 16), soleva ripetere Papa Giovanni. Quella sera, a pochi passi dal letto

Papa Giovanni e Montini in una foto che li ritrae insieme

IX. 2000). Sì, Giovanni annunciò, preparò, indisse ed avviò l’assise ecumenica, aprendo così la nuova pagina; ma a proseguire l’ardua missione e a condurla a felice esito, sostenuto da forza sovrumana di fede e di amore, è stato Paolo. Di lui ci chiediamo: oltre che pio, saggio, prudente e geniale è stato santo? Ha egli esercitato eroicamente le virtù teologali e cardinali? La mia risposta, per quel che vale, l’ho data alla Suprema Autorità e non aggiungo altro. Siamo grati ad Albino Luciani che, il 26 agosto 1978, assecondando l’ispirazione di coniugare nella sua persona i due pontificati precedenti, volle chiamarsi Giovanni Paolo I, nome assunto poi dal Papa venuto da Cracovia, fatto risonare nella Chiesa per altri 27 anni. Angelo Giuseppe di Sotto il Monte e Giovanni Battista di Concesio, educati secondo i rigidi canoni della riforma tridentina, nutriti dalla solida pietas lombardo-veneta coltivarono stretti rapporti di collaborazione nel servizio della Santa Sede, con qualche cosa in più, come profeticamente attestò Roncalli nella lettera a Montini, indirizzatagli il giorno della sua consacrazione episcopale: «Compiremo insieme il sacramentum voluntatis Christi di san Paolo (Ef 1, 9-10). Esso impone l’adorazione della croce, ma ci riserba, accanto ad essa, una sorgente di ineffabili consolazioni anche per quaggiù, finché ci durerà la vita e il mandato pastorale. Cara e venerata Eccellenza, non so dire di più. Ma ciò che manca ad un più diffuso eloquio, 12


clebrazioni

del morente, il cardinale Montini mi ricordò il primo contatto epistolare con l’allora neo eletto arcivescovo Roncalli, datato 2 marzo 1925, e il più recente ed estremo colloquio privato: «Quest’uomo ha il dono di toglierti l’affanno dall’animo». Ne profittò per compiacersi con la Segreteria di Stato, la Radio Vaticana, l’Osservatore Romano per aver sollevato la cronaca dell’agonia nei cieli altissimi della fede e della speranza, da far dire a una voce anonima d’Oltreoceano: «Questo Papa dopo averci insegnato il ben vivere, adesso propone l’esempio del ben morire». Diciotto giorni dopo, il pomeriggio dell’elezione, Paolo VI volle vedermi. Tengo per me alcune parole che mi riguardano (dettemi non più dall’arcivescovo di Milano, ma dal Papa) e racconto la più sublime confidenza sulla quale non pose il sigillo del riserbo: «Ho accettato l’elezione per continuare l’opera avviata da Papa Giovanni, sicuramente guidato dall’Alto». Questo era il suo animo, il suo convincimento, la sua fiducia. Nulla di meramente umano. Credeva che Dio si serve degli uomini per le sue opere; oppure (per citare il titolo di un celebre film): «Dio ha bisogno degli uomini». A metà del secolo XX, ad esplicitare le intuizioni dei papi predecessori, in particolare di Benedetto XV e a dilatarle, Iddio trasse dai solchi della campagna bergamasca e cinque anni dopo dall’humus fecondo di Brescia i due operatori del «nuovo balzo innanzi», finalizzato a «riprendere da capo, con interesse nuovo, con animo sereno e pacato, tutta la dottrina cristiana, nella sua interezza, con quella limpida precisione di concetti e di vocabolario, di cui gli Atti del Tridentino e del Vaticano I l’hanno rivestita, per farla meglio conoscere e informarne gli animi» (Discorso di apertura del Vaticano II, 11 ottobre 1962). Ci accade sovente di condividere il lamento dei navigatori in mare tempestoso, inquieti e spauriti. Papa Giovanni, edotto dalla voce profetica: «Chi crede non si turberà» (Is 28, 16), nel corso della lunga esistenza, nonostante contrarietà di uomini e di elementi, rivelò che la sua fiducia era alimentata da saldissima fede: «La serenità del mio animo di umile servo del Signore trae di qui continua ispirazione; non ha origine dalla non conoscenza degli uomini e della storia e non

chiude gli occhi davanti alla realtà. E’ serenità che viene da Dio ordinatore sapientissimo delle umane vicissitudini» (17 marzo 1963). Questo comprese Montini, sua prima creatura cardinalizia, sino a declamarlo, come lui solo sapeva fare (4 novembre 1961), con uno squarcio oratorio da antologia, nel presentare al Papa quattromila ambrosiani pellegrini ad Petri cathedram. Paolo VI così vedeva Giovanni XXIII. Ora così noi vediamo lui: padre, maestro, pastore e gli siamo grati di averci illustrato il monumento al suo predecessore, concepito da Emilio Greco, «dedicato alla memoria e all’amore di un Papa che ebbe la singolare prerogativa, in grado non comune, di farsi amare»: «Ritornano spontanee al nostro spirito le parole che ci salirono dal cuore, quando nel Duomo di Milano, nella festa di Pentecoste 1963, mentre l’agonia di Giovanni XXIII teneva in ansia ed in preghiera la Chiesa intera ed il mondo: - Benedetto questo Papa che ci ha fatto godere un’ora di paternità e di familiarità spirituale, e che ha insegnato a noi e al mondo che l’umanità di nessuna altra cosa ha maggior bisogno, quanto di amore. - Amò e fu amato; e questo monumento come raffigura Papa Giovanni nell’atteggiamento del suo multiforme apostolico amore, così vuol essere il segno che tale amore è stato compreso e a tale paterno amore il nostro filiale risponde» (28 giugno 1967). Qui la mia penna si arresta, mentre il cuore accelera i battiti, e noi proviamo incoercibile impulso a ripetere per Paolo VI il singolare elogio da lui stilato per Giovanni, debitori ad entrambi di essere stati spronati a custodire gelosamente il tesoro della fede, a trascorrere i nostri giorni nella comunione dei santi, confidando anzitutto nell’intercessione nella Madre di Gesù; ad operare indefessi per la liberazione e la salvezza di ogni singola creatura umana, a tendere alla novità armoniosamente coniugata con la tradizione, come sprona ed incoraggia il nostro Santo Padre Benedetto XVI. Ho scritto poveramente ed ardentemente. Conchiudo a mani giunte. Due nomi, due destini, due immolazioni, un solo amore, Cristo con la sua Chiesa e l’Umanità. + Loris Francesco Capovilla 13


AV V E N I M E N T I

I sordi ricevuti dal Papa come nell’ottobre del 1960 Un gruppo di soci dell’Ens è andato a Roma per replicare il viaggio di 50 anni fa

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’udienza generale dello scorso 6 ottobre di Papa Benedetto XVI è stata tradotta anche nella lingua dei segni (Lis), quella utilizzata dalle persone sorde che si «parla» muovendo le mani. Così inizia l’articolo di Silvia Seminati apparso sul quotidiano «L’Eco di Bergamo». Ad ascoltare le parole del Pontefice – prosegue il servizio – erano infatti presenti anche 64 soci dell’Ente nazionale sordi (Ens) di Bergamo. Il gruppo si è recato in pellegrinaggio a Roma per replicare il viaggio religioso fatto cinquant’anni fa, quando al posto di Benedetto XVI c’era Papa Giovanni XXIII. Una foto storica «A distanza di mezzo secolo da quell’incontro con il “Papa buono” – spiega il presidente dell’Ens bergamasco Stefano Zanoletti – abbiamo deciso di organizzare un pellegrinaggio a Roma in memoria di Giovanni XXIII, visto anche che quest’anno (nel 2010 ndr) ricorre il decimo anniversario della sua beatificazione. L’idea del viaggio è nata per caso, quando nell’archivio della nostra associazione ho

trovato una foto di quell’incontro di cinquant’anni fa. E dietro a quell’immagine c’era la scritta: “Il giorno più bello, 29 ottobre 1960”. In quella foto, con Papa Giovanni, ci sono gli ex allievi dell’Istituto Sordomuti (che allora non aveva sede nel vicino Comune di Torre Boldone, ma a Bergamo, in via Pignolo), accompagnati dal rettore dell’Istituto e assistente ecclesiastico di allora, don Fiorenzo Berzi». Tappa a Orvieto Dopo una tappa a Orvieto (per visitare il duomo e il pozzo di San Patrizio) e una visita guidata nella capitale, il gruppo Ens di Bergamo è arrivato a piazza San Pietro per assistere all’udienza generale del Santo Padre. «Acclameremo il Papa in piazza quando pronuncerà il nome del nostro sodalizio, mentre dal cielo continuerà a sorriderci il “Papa buono” e avvertiremo la sua carezza che, cinquant’anni fa, ha lasciato in molti di noi un segno indelebile», ha anticipato Zanoletti. Che poi ha aggiunto: «Anche l’ex segretario particolare del “Papa buono”, monsignor Loris Capovilla, ricorda ancora oggi benissimo quell’incontro. Ne ho parlato con lui un anno fa, quando mi ha aiutato a fare ricerche nell’archivio su quel pellegrinaggio a Roma, perché desideravo trovare qualche testimonianza sul discorso preparato per l’occasione. Monsignor Capovilla è stato molto gentile con noi e gli siamo molto grati. Purtroppo però nell’archivio non c’è traccia di quell’incontro, segno che probabilmente si trattò di una L’incontro tra Papa Giovanni XXIII e il gruppo dell’Ente nazionale sordi di Bergamo visita improvvisata». avvenuto il 29 ottobre 1960

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avvenimenti

Visita a Montecitorio Il gruppo ha visitato anche le sale di rappresentanza del Quirinale e Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati. La folta delegazione non è riuscito a incontrare il presidente della Repubblica perché impegnato fuori Roma. Ma Zanoletti ha spiegato: «Per noi, la visita al Quirinale è stata comunque significativa perché tra la comitiva era presente anche Stefano Bottini, bergamasco e unico deputato sordo nella storia della Repubblica negli anni in cui Napolitano ricopriva la carica di presidente della Camera». Prima di ritornare, nel fine settimana, a Bergamo, il gruppo di bergamaschi ha incontrato anche il presidente nazionale Ens Ida Collu, che nel 2010 ha ricevuto l’onorificenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana («Un riconoscimento che rende onore ai sordi italiani», ha sottolineato Zanoletti). Omaggio al Papa buono Poi il gruppo bergamasco è ritornato ancora una

Roncalli mentre legge una lettera

volta in San Pietro. «Per la salita alla cupola, la visita a Castel Sant’Angelo, ma soprattutto – ha detto Zanoletti – per una commemorazione davanti alla salma di Giovanni XXIII. Ricordando il decimo anniversario della sua beatificazione e quel 29 ottobre del 1960, il giorno più bello per l’Ens di Bergamo».

Addio a suor Ercolina, una vita per i bisognosi E’ morta lo scorso 10 novembre mattina, nella casa madre delle Suore Orsoline di Somasca, a Vercurago, suor Ercolina Vavassori. Aveva 96 anni. La religiosa era arrivata nella casa madre di Somasca lo scorso mese di agosto per via delle sue precarie condizioni di salute, lasciando l’istituto delle suore di piazza Regazzoni a Calolziocorte (Bergamo), dove si trovava dal 1983. Una vita la sua dedicata ai bisognosi, agli ammalati e agli anziani, sempre pronta con la sua vicinanza ad alleviare le sofferenze degli altri. La cerimonia funebre si è tenuta venerdì 12 novembre pomeriggio nella chiesa della casa madre a Somasca. Poi al termine la salma è stata tumulata nella cappella delle Orsoline nel cimitero di Vercurago. Suor Ercolina era originaria di Ambivere (Bergamo), ma da

bambina si era trasferita con la famiglia a Bergamo, entrando in convento nel 1932. Nella sua vita da religiosa aveva prestato la sua opera – impegnata nei lavori femminili, nel ricamo e in portineria – in Sardegna, Abruzzo, Liguria e in alcuni paesi della Bergamasca, come Entratico e Ponte San Pietro, oltre che nella casa generalizia di via Broseta. Nel 1983 era arrivata a Calolziocorte nella comunità scolastica dell’Istituto Caterina Cittadini di piazza Regazzoni. Per trent’anni è stata vicina ai bambini e ai ragazzi che frequentano questo istituto, operando nell’ambito della mensa scolastica. Oltre a dedicarsi alla cura della chiesetta della comunità calolziese, suor Ercolina è stata anche impegnata nell’assistenza agli anziani facendo parte per tanti anni del gruppo della San Vincenzo della parrocchia di San

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Martino vescovo. «Era una persona riservata – ricorda suor Rosaria, segretaria della casa generalizia di Bergamo – ma sempre pronta con il suo sorriso ad accogliere i bisognosi, gli anziani e tutti coloro che avevano bisogno di un aiuto».

Suor Ercolina Vavassori si è spenta a 96 anni


PUBBLICAZIONI

«Ogni epoca ha il Pontefice di cui sente il bisogno» Lo ha detto il cardinale Re alla presentazione del libro di Bonicelli «I miei Papi»

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opo 62 anni di sacerdozio, 35 dei quali come vescovo, monsignor Gaetano Bonicelli apre la valigia della memoria. Un patrimonio di ricordi e riflessioni che parte da Vilminore di Scalve (in provincia di Bergamo), dove nacque il 13 dicembre 1924, e percorre tutto il Novecento fino all’inizio del XXI Secolo. Una vita spesa per la Chiesa italiana, un percorso di fede che ha concesso all’arcivescovo di riempire la sua vita – sono parole sue – «con l’esperienza, unica, della conoscenza personale e di rapporti prolungati con i Sommi Pontefici: una grazia che reputo tra i doni principali che il Signore mi ha fatto e di cui sarò gioiosamente riconoscente per tutta l’eternità».

Il racconto è ora un libro («I miei Papi», Marcianum Press, 196 pagine, 19 euro), di recente approdato nelle librerie, che è stato presentato lo scorso 26 novembre alle 18 nella sala alabastro del centro congressi Giovanni XXIII a Bergamo, alla presenza dell’autore. All’incontro, coordinato da Giuseppe Lupi, hanno partecipato il cardinale Giovanni Battista Re (Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi) e il giornalista Marco Roncalli, pronipote di Giovanni XXIII. Si tratta di incarichi importanti quelli avuti da monsignor Bonicelli. Divenuto vescovo, ha retto per alcuni anni la diocesi suburbicaria di Albano Laziale, sotto la cui giurisdizione si trova anche Castel Gandolfo, dove i Papi trascorrono le vacanze. Dal 1956 al 1965 era stato assistente spirituale delle Acli, dal 1972 al 1975 segretario aggiunto alla conferenza episcopale italiana e direttore dell’ufficio nazionale delle comunicazioni sociali dal 1973 al 1976. Nel 1981 Karol Wojtyla lo nominò Ordinario militare d’Italia. Ricorda Bonicelli: «Una sera, dopo cena, mentre facevamo due passi nel parco, Giovanni Paolo II mi disse: “Mi hanno fatto il tuo nome per Ordinario militare”. Mi sono messo a ridere, non è il mio temperamento, dico, non conosco niente di quel mondo lì. Il Pontefice tacque a lungo, poi proseguì: “Vedi, quello che a me interessa sono i giovani. In Italia, sono più di 250 mila ogni anno i giovani che entrano nelle forze armate per la ferma militare. Quello mi importa: che ci sia qualcuno che li capisca e se ne faccia carico sul piano spirituale”». Un’intuizione di cui Giovanni Paolo II non si pentì mai: «Ricordo che negli anni mi ripeté più volte: “Hai visto Gaetano, che avevo ragione?”». Il ritorno alla pastorale ordinaria lo portò in Toscana come arcivescovo metropolita di Siena. Città che lasciò, per diventare emerito, il 23 maggio

Benedetto XVI accanto a una foto di Giovanni Paolo II: nel libro di monsignor Bonicelli ci sono i ritratti di entrambi i Papi

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pubblicazioni

mente al Santo Padre senza che altri li vedessero? «Semplice», risposi io. «Non so cosa ci possa essere nel plico, ma posso garantire che la preziosa missiva la poserò personalmente sulla scrivania di Giovanni Paolo II». Sollevato, «il rettore preparò e mi consegnò la busta che io stesso recapitai personalmente e il Papa fu contentissimo di ricevere questo messaggio da Fatima. Come era prevedibile e tutti sappiamo, celebrò nel Santuario l’anniversario dell’attentato. Pur non conoscendo il contenuto di quelle carte, sono orgoglioso di essere stato da tramite tra Fatima e il Sommo Pontefice». Nella valigia della memoria non poteva mancare Papa Giovanni. Giovanissimo, a poche settimane dall’ordinazione, nel luglio 1948, Bonicelli incontra Angelo Roncalli, allora nunzio apostolico a Parigi. L’occasione è il congresso eucaristico di plaga per la valle di Scalve, fissato a Vilminore (nella Bergamasca): il vescovo di Bergamo chiede a Bonicelli di assicurare un buon numero di relatori e invitati «di peso». «Appena seppi che era tornato da Parigi, andai a colpo sicuro a Sotto il Monte. Qualcuno ad Almenno mi prestò una bicicletta con il motorino, ma fece cilecca, per cui arrivai fortunosamente a Camaitino con una tonaca letteralmente imbianca-

2001. Adesso, dopo cinquant’anni esatti dalla partenza da Bergamo (avvenuta nel 1951), rientrato nella diocesi di Bergamo, si è stabilito al Santuario della Madonna della Preghiera di Stezzano, Comune che dista pochi chilometri dal capoluogo. Fra i tanti ricordi, uno è davvero straordinario, va molto al di là della memoria personale perché riguarda due episodi, importanti e drammatici, della Chiesa. Bisogna tornare indietro nel tempo fino al 13 maggio 1981, il giorno in cui Papa Giovanni Paolo II subì un attentato da parte di Mehmet Ali Agca, il killer professionista turco che gli sparò due colpi di pistola. E ricordarsi che proprio lo stesso giorno di molti anni prima, il 13 maggio 1917, c’era stata l’apparizione della Madonna ai pastorelli di Fatima. E’ l’estate del 1981 quando Bonicelli arriva a Fatima con un pellegrinaggio diocesano. «Parlando con il rettore della basilica – ricorda – seppi di alcuni documenti riservati che egli possedeva e che illuminavano le tristi vicende del mese di maggio con una luce nuova». Il rettore capisce di avere tra le mani qualcosa di importante, documenti «pesanti», e si confida con il sacerdote bergamasco: come farli avere diretta-

Non è un diario, ma una raccolta di ricordi Quello da poco presentato e distribuito nelle librerie è un libro scritto originariamente a mano, con carta e penna. Questo perché monsignor Gaetano Bonicelli non ha molta confidenza con i computer. In lui era nato semplicemente il desiderio di fermare i ricordi, di non perderli, di conservarli con cura. Tante pagine, scritte nel tempo, che ha poi passato all’amico Angelo Pesenti. «E’ il mio dattilografo di fiducia – ha detto – al quale avevo chiesto solo di scriverle al computer per conservarle in ordine. Il confronto poi con don Roberto Donadoni ha dato vita al volume che è stato

una sorpresa anche per me. Non è un diario vero e proprio, ma è semplicemente la raccolta di qualche ricordo». «Ne avrei avuti molti altri, ma in fondo – ha detto sorridendo – occorre anche mantenere una certa riservatezza quando si parla di Papi». Monsignor Bonicelli ha voluto esprimere il suo grazie a quanti sono intervenuti alla presentazione. «Mi sono accorto che la vostra amabilità non è fortunatamente rivolta a me, ma al Papa, a ciascun Papa di questo ultimo secolo, nel quale si riconosce qualcuno di grande che aiuta a trovare il bandolo della vita. Questi

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racconti, queste mie esperienze così belle e intense mi fanno dire che possiamo ancora crederci in questa Chiesa».

Monsignor Gaetano Bonicelli


pubblicazioni

Il cardinale Re ha ripercorso i vari capitoli, soffermandosi su ciascun Papa e riprendendo alcuni fra i passaggi più significativi. «Qui c’è cronaca e storia – ha spiegato – e questo volume ci aiuta a vedere il Papa da vicino, svelandocene anche le caratteristiche umane». Scorrono gli anni fra le pagine del libro e si aprono i ricordi anche del lettore che ripercorre i fatti della storia: il discorso alla luna di Papa Giovanni XXIII, l’incontro di Giovanni Paolo II con i lavoratori di Pomezia, i soggiorni dei diversi Papi a Castelgandolfo. E monsignor Bonicelli era là. «E’ sempre bello incontrare un Papa», scrive, e lo fa pensando all’unicità e alla grandezza di ciascuno. «I Papi sono l’uno diverso dall’altro – ha continuato il cardinale Re – e lo Spirito Santo aiuta perché ogni epoca abbia non solo un grande Papa, ma anche il Papa di cui ha bisogno in quel momento». Scorre quindi la storia dei decenni da Giovanni XXIII – «lui solo poteva aprire il Concilio, con la sua fiducia illimitata in Dio e negli uomini» –, poi Paolo VI, «perché per poter portare avanti il Concilio serviva qualcuno che conoscesse il mondo moderno con finezza intellettuale», passa poi a Giovanni Paolo I, «il pontificato che preparò la Chiesa all’arrivo di un Papa polacco», quindi Giovanni Paolo II, «dalla grande profondità di pensiero, da un lato filosofo e da un lato mistico. Uomo di intensa preghiera, di intimità con Dio». «Il mondo attuale secolarizzato – ha concluso il cardinale Re – aveva bisogno ora di essere rafforzato nella fede e serviva un intellettuale di grande profondità, aperto ai grandi interrogativi dell’umanità. E’ Papa Benedetto XVI, un Papa che unisce l’acutezza della mente alla finezza del cuore». L’iniziativa è stata finanziata dal Credito Bergamasco. Un commento è giunto anche dal giornalista Marco Roncalli. «Negli anni si sono succeduti i Pontefici, ma gli occhi dell’umanità hanno continuato a posarsi su quella finestra di piazza San Pietro. Questo libro è di fatto una finestra su quella finestra». Agli intervenuti alla presentazione del volume è stata letta anche una lettera di monsignor Loris Capovilla, in cui ha espresso tutta la sua amicizia e la sua riconoscenza verso monsignor Bonicelli.

ta dalla polvere. Appena mi vide con quella tenuta, mi chiese ridendo se studiavo da Papa». E Paolo VI? «Un giorno papà e mamma vennero a trovarmi a Roma. All’udienza, in un angolo della sala regia, ci fu un posto anche per noi. Arrivò Paolo VI che fu molto lieto di conoscere i miei genitori. La prima cosa che chiese fu la provenienza. Appena detto Vilminore, sorrise e disse testualmente: “Suonano ancora così forte le campane?”» Quelli che monsignor Gaetano Bonicelli cita nel suo libro «I miei Papi» sono ricordi che si intrecciano alla storia del mondo, ai fatti che hanno segnato il cammino della Chiesa e che abbracciano, nello spazio di sette decenni, la figura di altrettanti Pontefici. Papi che hanno lasciato un segno nella vita di monsignor Bonicelli, una «sventagliata di ricordi», come lui stesso la definisce, dovuti a una serie di circostanze che lo hanno portato a stretto contatto con i Pontefici. «Questo libro – ha detto nel corso della presentazione il cardinale Giovanni Battista Re – ci avvicina ai Papi. Si legge in un fiato grazie al suo linguaggio limpido e vivace e al suo stile agile. Bonicelli non immaginava di certo, quando è entrato in Seminario, che la sua vita sarebbe stata così densa di rapporti con i Pontefici. Questo fu dovuto anche ad una serie di circostanze: la sua provenienza da Vilminore di Scalve, il suo servizio fra gli emigranti, nelle Acli, la sua nomina a segretario aggiunto della Cei, a vescovo di Albano, a ordinario militare e ad arcivescovo di Siena».

Una foto d’archivio del 13 maggio 1991: suor Lucia con il Papa Giovanni Paolo II a Fatima

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PERSONAGGI

I Beati in terra orobica: da Guala a Papa Roncalli Dal XIII secolo in poi sono numerose le testimonianze di grande fede e umanità

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beati, ovvero coloro che hanno raggiunto una pienezza umana, una profondità di fede che è stata testimoniata in maniera straordinaria, in certi casi persino eroica. Il più noto dei beati bergamaschi, ai nostri giorni, è sicuramente Papa Giovanni XXIII. La sua storia la conosciamo tutti e tutti siamo in grado di renderci conto di che cosa voglia dire profondità ed eroismo della sua umanità e della sua fede. Testimoniata durante l’arco di tutta la vita, non solamente del suo papato. Tanto per fornire solo un accenno, Angelo Giuseppe Roncalli nacque a Sotto il Monte il 25 novembre 1881. I suoi genitori, Giovanni Battista e Marianna Mazzola, erano contadini. Il futuro Papa amò intensamente la sua famiglia patriarcale i cui valori di onestà ed operosità quasi naturalmente lo portarono al seminario. Qui Angelo Giuseppe incontrò un ambiente congeniale dove sviluppò la sua buona disposizione verso il prossimo, il suo amore agli studi. E’ di questi anni l’inizio de Il Giornale dell’anima che permette di seguire, anno dopo anno, il progresso umano e spirituale del chierico Roncalli. Inviato a proseguire gli studi a Roma nel 1901, venne ordinato sacerdote nel 1904. Dopo la laurea in teologia, si iscrisse a un corso di studi giuridici, ma il nuovo vescovo di Bergamo, Giacomo Radini Tedeschi, lo scelse come suo segretario e collaboratore. Don Angelo tornò dunque nella sua città natale e neppure la morte di Radini Tedeschi e la grande guerra riuscirono ad intaccare la fiduciosa disposizione e la generosa attività di Roncalli. Pierina Morosini è un’altra beata a noi contemporanea, la sua vicenda si svolse nel Novecento. Morì giovane, in maniera violenta, per mano di un giovane, a due passi da casa. Ma la beatitudine di Pierina non risiede solo nell’avere difeso la sua integrità in quel momento, ma nell’altruismo manifestato nel-

la sua giovane vita in maniera costante. La vicenda di Luigi Maria Palazzolo, ottocentesca, è oggi forse meno nota, ma straordinaria. Era figlio di una delle famiglie più note e più ricche di Bergamo. Divenne prete, restò figlio unico: utilizzò tutte le sue sostanze fino all’ultimo centesimo per aiutare i bambini e i ragazzi in difficoltà nel borgo di San Leonardo. Ancora nell’Ottocento si segnalano i beati Francesco Spinelli (che collaborò con Geltrude Comensoli) e Fra Innocenzo da Berzo che visse fra Brescia e Bergamo. Dello stesso periodo Caterina Cittadini, fondatrice delle suore Orsoline di San Gerolamo. Indietro nei secoli, il beato Alberto da Villa d’Ogna che visse nel XIII secolo e il vescovo bergamasco Guala che per Papa Gregorio IX compì diverse missioni diplomatiche. Fu anche vescovo di Brescia. Morì nel monastero di Astino.

L’intensa espressione di Angelo Roncalli durante una funzione religiosa

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EVENTI

Il primo no alle apparizioni di Ghiaie dopo pochi mesi Decisa fu la presa di posizione negativa da parte dei preti dell’Isola Bergamasca

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opo 60 anni di black-out «L’Eco di Bergamo», con mons. Giacomo Panfilo che vivamente ringrazio, ha parlato finalmente delle cosiddette apparizioni di Ghiaie, recensendo il mio studio e facendolo seguire da alcune pagine di dibattito, che ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, l’interesse per la questione. Nessuno degli interventi si è occupato di quello che, a mio giudizio, era l’apporto più originale della ricerca: la decisa negazione delle apparizioni da parte dei preti dell’Isola, ben prima che don Cortesi aprisse bocca. Su questo aspetto della vicenda credo sia interessante ritornare apportando qualche altro elemento di documentazione, perché la com-

prensione di questa presa di posizione ridimensiona molto il ruolo di mons. Cortesi. Vanno tenute presenti le date: la lettera di don Mapelli a don Cortesi è del 28 agosto 1944, il memoriale di don Locatelli è del 29 settembre, il primo libro di don Cortesi del 7 ottobre. Le lettere di don Locatelli a don Bulla e a mons. Meli precedono di alcuni mesi l’ultimo libro di don Cortesi, quello del suo cambiamento di rotta. Successiva al terzo volume di Cortesi, ma sempre anteriore di un anno al giudizio vescovile del 30 aprile 1948 è la lettera dei quattro parroci dell’Isola che rispondono per le rime a don Lamera, senza mai citare don Cortesi. Le ragioni della negazione

A confronto una serie di scritti di Adelaide sui diari

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eventi

decisa dei preti dell’Isola sono principalmente: A) l’ambiente era stato «preparato» all’apparizione; B) non si sono avverate alcune predizioni di Adelaide; C) non è arrivata la pace alla data annunciata.

tà nei fatti di Ghiaie. Il mattino del 19 maggio don Paleni chiedeva ad Adelaide se fosse stata presente alla rappresentazione; pronta la cugina rispose negativamente, ma di scatto la piccola risponde: «invece sì, sì.…». Avvicinarsi alla bimba era cosa difficilissima e pressoché impossibile parlare con essa senza che fosse presente la cugina: ella rispondeva per la piccola, suggeriva le risposte, le correggeva ed anche la minacciava di schiaffi (testi don Oldrati e don Mapelli ). L’ambiente delle Ghiaie è preso da furia febbrile, di far presto, di spingere le cose avanti in modo che, come diceva il parroco, nessuno le possa più fermare… In questo turbinio di cose alle Ghiaie si prega ufficialmente in questi termini: «Vergine Santa che vi siete degnata di concederci il privilegio di apparire in questo luogo». Perché tanta fretta? Non in commotione Dominus (copia presso l’autore). Don Cortesi con molta correttezza ha puntualizzato nel suo terzo volume alcune cose del memoriale di don Locatelli ed ha dedicato una decina di pagine alla difesa di don Vitali. Va osservato che il rilievo «sull’ambiente preparato» non è un giudizio personale del parroco di Presezzo, ma condiviso anche dai sacerdoti dell’Isola che replicano a P. Lamera: «ABBIAMO VEDUTO la artificiosa messa in scena

A) L’AMBIENTE PREPARATO E’ il primo punto del memoriale di don Locatelli: «I fatti di Ghiaie hanno origine dall’ambiente». Durante i mesi di gennaio-febbraio del 1944 è stato rappresentato all’Oratorio femminile delle Ghiaie il dramma «La Madonna di Fatima» e la rappresentazione ripetuta parecchie volte, sia per il soggetto, per la messa in scena e la musica, ha colpito fortemente il pubblico formato quasi esclusivamente da ragazze. Si tennero conferenze, letture, prediche, durante il mese di maggio, sempre sullo stesso tema e tutto servì a mettere in agitazione le fantasie. Nello stesso tempo una curiosità avrebbe colpito chiunque fosse entrato nella casa del signor Roncalli Enrico: le pareti, gli usci delle stanze da letto delle sue figliole erano decorate con immagini sacre rappresentanti lo stesso soggetto: apparizioni mariane (teste P. Lini e altri). Tutto questo apparato pseudo-religioso non poteva avere altro scopo che quello di imprimere fortemente nella fantasia delle ragazze il fantasma dell’apparizione e ricorda da vicino l’espediente con cui Giacobbe operò sulle sue pecore per averne agnelli dal vello maculato. Difatti le fantasie si riscaldarono e partorirono apparizioni e visioni. La prima è la figlia maggiore, Caterina, di sedici anni, la quale allo stabilimento per ben due volte parla di apparizioni della Madonna prima alla Carlinga, poi tra Curno ed altro paese. Ma non regge al compito e la cosa cade nel ridicolo; pochi giorni dopo è la volta di Adelaide (teste la signorina Boccardini)… Il parroco di fronte a precisa domanda se nella sua parrocchia fosse stato rappresentato il dramma di Fatima, rispose di no. Messo alle strette dice: «sì, però Adelaide non era presente» (testi don Carlo Locatelli ed altri). Che invece la bambina fosse presente risulta dalla dichiarazione della stessa fatta a don Spada per L’Eco di Bergamo. La stessa linea di negazione è seguita dalla cugina Roncalli Maria che ha le prime responsabili-

Un’immagine di suor Lucia

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eventi

sette anni in un piccolo paese… Il card. Schuster sin dal principio del 1944 andava dicendo che prima della fine dell’anno la Madonna sarebbe apparsa» (Ballini, Fatima e Ghiaie, p. 31 - 37). A rettifica di quanto sopra P. Attilio Goggi ha scritto: «Fatta seria ricerca ebbi in autorevole risposta che suor Lucia non era mai venuta in Italia e che non si era mai incontrata con Pio XII. Chi mi ha risposto conosce personalmente da anni la famosa veggente di Fatima» (Goggi, Un diario per ricordare, p. 73). c) Don Felice Murachelli Questo sacerdote bresciano rifugiato a Ghiaie nel 1944 ha pubblicato nel 1990 un diario dal titolo: «L’epilogo di Fatima», il cui primo capitolo si intitola: la grande attesa. Dopo aver riferito della devozione mariana di don Alessandro Locatelli, fondatore della parrocchia, scrive: «Nell’anniversario della morte, don Vitali suo successore disse ai fedeli queste ispirate parole: Il canonico Locatelli che ha portato nella nostra parrocchia la devozione alla Vergine Immacolata di Lourdes deve aver interceduto in Paradiso presso la Madonna, onde si degnasse benigna di apparire anche nella nostra parrocchia come un giorno a Lourdes» (Murachelli, Storia documentata p. 19 ). Prosegue: «La Madonna ha trovato un ambiente capace e preparato a comprendere il significato di un’apparizione mariana, ha scelto opportunamente la parrocchia di Ghiaie» (p. 21). E riferisce che al parroco che di ritorno da Lourdes raccontava le sue impressioni «gli uomini di Ghiaie entusiasti delle cose sentite dissero con santa ingenuità: Che bellezza, signor prevosto, se un giorno la Madonna si degnasse di apparire anche fra noi. In quel caso la vox populi fu veramente la vox Dei» (p. 24). Tutti e tre gli autori citati sono autori di libri su Ghiaie. I parroci dell’Isola hanno letto criticamente questa «grande attesa». Ma da quando, un’apparizione può essere attesa? B) LE PREDIZIONI NON VERIFICATE Sempre dal memoriale di don Locatelli: «La signorina Liliana Berta aveva avuto dal parroco di Ghiaie l’incombenza di condurre Adelaide sul luogo delle apparizioni e nell’imminenza dei suoi esami non seppe resistere alla curiosità e disse alla bambina imme-

Adelaide fra don Cortesi (a destra) e don Gabriele Salvati (a sinistra)

operata nei mesi precedenti per surriscaldare la fantasia femminile e preparare la temperatura ambientale al sorgere delle false apparizioni». Ma sorprende che qualcosa del genere è apertamente dichiarato anche da chi è favorevole alle apparizioni. a) Ermenegilda Poli: «Ho scoperto una profezia sulle apparizioni di Ghiaie fatta il 15 agosto 1927 ad una convertita Camilla Bravi… Stavo in chiesa ascoltando la predica… Chiesi alla Madonna: Prima o dopo il dogma apparirai sulla terra come hai fatto per il dogma dell’Immacolata per dire che tu sei l’Assunta? La Madonna rispose: Si apparirò, nei pressi di Curno» (Poli, La fede della gente a Bonate, p. 205- 06). b) Achille Ballini: «L’apparizione alle Ghiaie di Bonate era già stata stabilita a Fatima… Mons. Bramini il 15 giugno 1944 scriveva a mons. Carrara vicario generale: Ci tengo a dichiarare che una nuova apparizione della Madonna predetta Fatima era attesa dal compianto don Luigi Moresco, perché Lucia riteneva che la Madonna durante la tragedia predetta, sarebbe riapparsa sulla terra… Pio XII nel febbraio 1944 chiamò Lucia a Roma per sapere del Terzo Segreto. Lucia rispose di non poter parlare senza l’ordine della Madonna e chiese il permesso di ritirarsi a pregare e la Madonna in visione le parlò. Lucia rispose al Papa: Verso la fine della guerra la Madonna apparirà in Italia ad una bambina di 22


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diatamente prima di una visione: “domanderai alla Madonna queste tre cose: se sarò promossa agli esami, se guarirà il bambino dalla testa grossa, a quando la pace”. Dopo la visione Adelaide rispose: La Madonna ha detto che sarai promossa; il bambino guarirà e di qui a due mesi la pace. La Berta rimase soccombente nella sezione estiva e autunnale, il bambino è oggi nelle condizioni di allora». (Copia presso l’autore, p. 7). Di queste predizioni non verificate parla anche la lettera di don Mapelli a don Cortesi. Ma di Liliana Berta parla ampiamente anche don Cortesi, parla don Murachelli e il suo caso viene ricordato anche nel tribunale ecclesiastico nella terza sessione e nella quarta: «la bambina aggiunge spontaneamente che a Berta Liliana, per farle torto, disse lei stessa che la Madonna prometteva la promozione e sa che poi è stata bocciata». Ma se qualcuno cerca il nome di Liliana Berta o del bambino dalla testa grossa nei libri dedicati alle apparizioni non lo trova. Il caso ovviamente è imbarazzante essendo le predizioni andate a vuoto, ma fa porre la domanda: questi libri che presentano i fatti di Ghiaie, sono libri di storia seria o solo libri edificanti che selezionano i fatti? Più corretto è stato il povero mons. Bramini, difensore d’ufficio, che nella sua disperata difesa ha ammesso il caso e ha tentato una spiegazione che non manca di far sorridere: «Come si fa a dire che le predizioni contenute nelle visioni sono fallite, quando…. il microcefalo doveva guarire se la mamma avesse tanto pregato, la Berta fu promossa dopo, bocciata in quell’anno che non era stato precisato dalla domanda e per giusta punizione di una curiosità morbosa?» (relazione 2.7. 1947). Di profezie minori la leggenda di Ghiaie ne ha presentato due altre, non ricordate dai preti dell’Isola perché venute dopo, ma richiamate alla grande in tutti i testi e ripetutamente a Radiomaria, ma che profezie alla fine non pare che siano. La prima legata all’apparizione del 14 maggio nel diario Raschi viene così presentata: «Tra il quattordicesimo e il quindicesimo anno ti farai suora sacramentina» avrebbe detto la Madonna ad Adelaide. Ma tali parole non sono riportate dalla più antica relazione delle apparizioni che è quella di don Cor-

tesi (Storia p. 10-23), né da Ballini che scrive nel 1951, ma soprattutto non figura nel diario autografo di Adelaide che è del 1950. Possibile che sei anni dopo una «profezia» così personale Adelaide l’abbia dimenticata, per recuperarla nelle versioni posteriori, a dimissione avvenuta dal convento delle sacramentine? L’altra, che Lucia Amour definisce «grande profezia» (Regina della famiglia, p. 23) è collegata alla X apparizione del 28 maggio: «Il Papa avrà pene e sofferenze. Ma io lo proteggerò sempre e fin quando non è giunta la Sua ora non se ne andrà dal Vaticano». Questa è la formulazione delle parole della Madonna nel diario autografo e il card. Schuster ha annotato a fianco «Con la morte», commento ovvio. Ma la leggenda poi ha modificato così il testo: «Non uscirà dal Vaticano» e quindi ecco aprirsi lo scenario dei nazisti, del generale Wolf, di Hitler e del sequestro di Pio XII. Profezia? Certo non per il card. Schuster. C) NON E’ ARRIVATA LA PACE Questa soprattutto la grande profezia mancata, che

Don Cesare Vitali, il parroco delle apparizioni

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ansiosa attesa del miracolo predetto da Maria Santissima, sarà il miracolo del secolo XX… 22 luglio: Trovo il prevosto oltremodo preoccupato. Un senso di nervosismo represso lo invade ed è giusto. La Madonna sembra che faccia ritardare quanto ha promesso… 26 luglio: Che stia per spuntare l’alba del miracolo del sec. XX predetto dai santi, auspicato dai buoni? 31 luglio: Un senso di sfiducia invade gli animi anche dei buoni. Così tramonta il luglio in cui si attendeva il fatidico avvenimento. La mia fede è messa alla prova da queste cause: la Madonna ha sospeso la pioggia di grazie e la pace ritarda a venire. 4 agosto: P. Gabriele Salviati mi comunica la decisione di lasciare Ghiaie perché ormai non vi è più nulla da fare. In tutti gli ecclesiastici e i laici si leggono quelle sfiduciate parole dei discepoli di Emmaus: speravamo che la Vergine avrebbe redento Israele. Ma ormai i due mesi sono già trascorsi! L’unico che mantiene la fiducia è il prevosto! (Murachelli, Storia pp. 122 -134). Ma alla fine anche lui trova l’ancora salvatrice nell’attentato a Hitler… per concludere: «Quindi è vero, storicamente vero. Che dopo due mesi dal maggio 1944 cessò virtualmente la guerra» (p. 163). Basta il vocabolario a spiegare quel «virtualmente» o ci vuole dell’altro? Una lettera datata 3 agosto 1944 e indirizzata da un sacerdote al parroco di Madone dà una versione del come è nata «La cosiddetta profezia riguardante la fine della guerra . La sera del sesto giorno delle apparizioni e in casa del prevosto di Presezzo il parroco delle Ghiaie diceva: Domandai alla bambina che cosa le avesse detto la Madonna della guerra e la bambina rispose “Niente”. Il parroco: Ma la Madonna ti avrà ben detto quando finirà la guerra.

ha attirato l’attenzione dei preti dell’Isola. Sempre dal memoriale di don Locatelli: «Nelle prime apparizioni Adelaide afferma che la pace avverrà di qui a due anni (teste Pina Cerasoli) e non aggiunge condizioni. Dietro insistenze dei famigliari riduce i due anni a due mesi, che sono affermati categoricamente. Un documento ufficiale steso da testi autorizzati ad accertare la predizione nella sua forma originale colta sulle labbra della bambina dice “u gioedé, du mis, la pas”. Ogni aggiunta fatta in qualsivoglia senso è contro la lettera e lo spirito del messaggio. Fatti i dovuti calcoli si stabilisce che il giorno giovedì 13 luglio è il giorno della pace… Dopo che i fatti hanno smentito l’aspettativa per il 13 e rifatto il conto e sempre con la stessa ed assoluta certezza è stabilita la scadenza al 31 luglio, sebbene non fosse in gioedè. Se anche il 31 luglio è passato senza pace e la veggente è stata di nuovo smentita anche in questo secondo fatale, non vi può essere altra ragione se non questa: non era lo spirito del Signore che parlava in Adelaide. Questo è per me e credo per ognuno che rifletta libero da ogni preconcetta idea di assoluta evidenza solare. Introdurre dopo la sconfessione dei fatti delle condizionali est error peius priore» (copia presso l’autore). Una conferma a quanto detto da don Locatelli viene dal diario di don Murachelli: «La data del 13 luglio attesa con ansia, fissata come giorno fatidico nella storia degli avvenimenti delle Ghiaie si è miseramente conclusa con una generale delusione e sfiducia…». Anche don Duci ha scritto nel suo diario: «Molta gente male informata attendeva la pace proprio il 13 luglio. Non essendosi verificata persero un po’ la fede nelle apparizioni» (p. 24). 20 luglio: siamo sempre in

Nasce la Fondazione Ratzinger per la teologia è quella di mettersi sulla scia dell’iniziativa degli ex allievi di Ratzinger, che hanno creato un centro studi, ora fondazione, a Monaco di Baviera. Lo Schulerkreis, cenacolo degli allievi, ancora si riunisce e incontra il Papa. «Il primo contributo è stato dato dal Pontefice», ha detto mons. Scotti, del Consiglio d’amministrazione. Il patrimonio iniziale, infatti, è costituito dal 50% dei diritti d’autore dei libri di Ratzinger e ammonta a 2,4 milioni. La Fondazione ha sede in via della Conciliazione a Roma.

Promuovere ricerche, studi, convegni e pubblicazioni in campo teologico e sul pensiero di Joseph Ratzinger oltre a premiare studiosi per la loro attività di ricerca. Sono gli scopi della nuova Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Sacre Scritture, patristica e teologia i principali filoni, ha sottolineato il cardinale Camillo Ruini, presidente del comitato scientifico: «Quella di Ratzinger non è una teologia in “ecclesialese” o in “teologhese” e perciò è compresa da tutti». L’idea

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eventi

E la bambina, senza parlare, con le dita della mano fece segno due, ma il parroco delle Ghiaie intuì subito e domandò alla bambina se fossero due mesi o due anni. La bambina rispose di non saperlo. Allora il parroco le disse di domandarlo alla Madonna nella prossima apparizione e la bambina fatto questo dichiarò che quel due significava due mesi. Questo non è influire sulla bambina? Essa non sognava neanche di parlare di guerra; fu il parroco che la spinse a parlarne. Se la Madonna le avesse dato dei messaggi, la bambina avrebbe parlato… Più tardi a questa profezia si fecero delle aggiunte… Poi altre… A questo modo tutti possiamo fare il profeta… Questa pretesa profezia la vedo troppo manomessa» (copia presso l’autore). Per chiudere l’argomento si deve prendere atto che la profezia, come viene riferita nel diario di Adelaide consegnato al card. Schuster: «Se gli uomini faranno penitenza la guerra finirà fra due mesi, altrimenti in poco meno di due anni» non si è realizzata né nella prima, né nella seconda ipotesi. La guerra è finita il 25 aprile 1945. Le considerazioni sopra fatte portano i sacerdoti a concludere con la forza stringente del sillogismo così formulato da don Locatelli nella lettera a don Bulla del 12 aprile 1945: «Adelaide afferma di aver visto la Madonna e di sapere da lei che il giorno 21 maggio ci sarà un grande prodigio e il giorno 13 luglio vi sarà la pace. Ma il giorno 21 è passato senza miracolo (anche il diario di don Duci registra l’attesa del miracolo per il giorno 21) e il 13 luglio senza la pace, dunque Adelaide non ha visto la Madonna» (copia presso l’autore). Il memoriale di don Locatelli è arrivato anche al card. Schuster inizialmente favorevole alle apoparizioni. Don Angelo Meneghini di Presezzo, all’epoca seminarista, mi ebbe a dire il 14 dicembre 1990 che il suo parroco gli fece leggere un giorno una lettera del cardinale di Milano che lo ringraziava per avergli aperto gli occhi su Bonate. Questa presa di posizione sulle apparizioni ha fatto registrare una spaccatura nel clero dell’Isola tanto che, già alla data del 26 maggio e quindi con le apparizioni in corso, don Duci annota nel suo diario: «Da parte del clero viciniore è iniziata una lotta. Definiscono gli avvenimenti di questa contrada una messinscena» (p.

8). Dal canto suo don Mapelli segnala nella lettera a don Cortesi il mutato atteggiamento dei preti di Ghiaie nei suoi confronti perché scettico. Il giudizio negativo di questi sacerdoti, a pochi mesi dalle asserite apparizioni, precede gli interventi di don Cortesi, delle suore orsoline, di mons. Bramini, del tribunale. Al rapporto don CortesiAdelaide, tanto enfatizzato dalla leggenda antica e recente, non è dedicata, si noti la cosa, neppure una riga. Il capitolo gonfiato della «piccola martire» che ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro è tutto successivo a queste prese di posizione, che ne prescindono nel modo più assoluto, eppure arrivano a conclusioni sicure, che sono conosciute anche fuori dal territorio: le lettere di don Locatelli io, le ho trovate nell’archivio di Desenzano al Serio. Conclusione. Ben prima che l’autorità diocesana si pronunciasse, questi benemeriti sacerdoti hanno nettamente preso posizione e l’hanno manifestata. Non hanno avuto bisogno di attendere la negazione di Adelaide col fatidico biglietto 15 settembre 1945, per scrivere con tutta sicurezza: «NON CREDIAMO PERCHE’ ABBIAMO VEDUTO». La storia vera di Ghiaie non può ignorare questo capitolo. Don Marino Bertocchi

Adelaide ripresa mentre sta leggendo

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M ANIFESTAZIONI

Turismo religioso: proposte e novità in Fiera a Bergamo Due le giornate che sono state dedicate all’iniziativa «Il Cammino dello Spirito»

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a debuttato in Fiera a Bergamo la prima edizione de «Il Cammino dello Spirito – Luoghi e Percorsi», la nuova manifestazione fieristica dedicata al turismo religioso e ai pellegrinaggi. L’iniziativa, articolata su due giornate, il 30 novembre e il 1° dicembre, è stata organizzata da GecoPlan srl in collaborazione con Promoberg e il Gruppo Editoriale Viator, ed ha avuto il patrocinio della Diocesi di Bergamo, della Regione Lombardia, della Provincia e del Comune di Bergamo, dell’Eco di Bergamo, oltre che del benestare dell’Ufficio Nazionale del Turismo, Sport e Tempo Libero

della Conferenza Episcopale Italiana e dello SPI (Segretariato Pellegrinaggi Italiani). Si tratta dell’unica manifestazione a livello nazionale, nel suo genere, ideata per diventare un punto di incontro e confronto tra le «imprese» e gli esperti del settore. L’obiettivo, infatti, è quello di offrire proposte sempre più rispondenti alle attese di turisti e di pellegrini garantendo il giusto valore, a livello culturale, sociale, economico e strutturale, a una tipologia di turismo considerata, a torto, «minore», soprattutto in un territorio come quello lombardo e del Nord d’Italia. Oggi il fruitore del turismo religioso vuole scoprire anche le meraviglie naturali e artistiche delle destinazioni che custodiscono i luoghi sacri, nel contesto di prestazioni in linea con i migliori parametri della più perfezionata industria turistica. La fiera è stata inaugurata il 30 novembre alle 9,30 alle presenza di numerose autorità locali. Ottima si è rivelata la risposta del pubblico affluito nella due giorni. «Il Cammino dello Spirito» è dunque una manifestazione fieristica indirizzata agli operatori interessati ai siti storici, ai percorsi e ai cammini di fede, ai luoghi di culto e alle destinazioni religiose. E’ stata costruita su una formula che comprende un’area espositiva e un’area workshop, che permettere un incontro diretto e mirato tra chi mette a disposizione e chi richiede servizi di turismo religioso. La manifestazione, che intende rivolgersi a incaricati diocesani, tour operator, agenzie di viaggi, animatori parrocchiali, ha ospitato a Bergamo organizzatori di pellegrinaggi, agenzie di viaggi specializzate, centri religiosi di accoglienza, responsabili di luoghi di culto e di case-vacanza, associazioni religiose, movimenti ecclesiali e musei diocesani. Venti sono stati gli espositori presenti che hanno rappresentato i maggior tour operator locali e

Un invito, in fiera, a visitare la Terra Santa

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manifestazioni

nazionali, tra questi Ovet, Brevivet e Kharisma-Gruppo Re. Tra le istituzioni hanno preso parte all’appuntamento la Regione Lombardia e la Regione Emilia Romagna. L’iniziativa ha accolto anche due presenze eccezionali: l’Ente del Turismo di Israele e quella della Regione Ceca. Tra le iniziative collaterali sono da citare due convegni e un concerto organizzati all’interno della manifestazione fieristica. Il primo, un seminario dedicato ai tour operator, alle agenzie di viaggio e agli addetti ai lavori, si è svolto il 30 novembre alle 10,45. Ha avuto per Uno degli stand della fiera sul turismo religioso titolo «I contenuti e le motivazioni d’acquisto del turismo religioso e del pellegrinaggio: differenze e analogie». Si è trattato Notevole è il giro d’affari che vanta questo settore. di un importante strumento di formazione per tutte Il turismo religioso, infatti, muove nel mondo fra le agenzie di viaggio che intendono approfondire i 300 e i 330 milioni di persone l’anno per un il segmento del turismo religioso riorganizzando la valore complessivo di 18 miliardi di dollari (dati propria offerta turistica. Wto – World Tourism Organization), di cui 4,5 in Il secondo convegno ha avuto un respiro più Italia. Il turista religioso oggi è giovane, informato, internazionale: «Verso Gerusalemme…oltre Geru- attento all’innovazione ed è interessato a conoscere salemme. Alla ricerca di nuove mappe» si è svolto i territori delle mete visitate. mercoledì 1° dicembre alle 10. L’evento ha visto la partecipazione di rappresentanti della cultura e delle religioni cristiana, islamica ed ebraica. Il dibattito ha inteso sottolineare come il turismo e le religioni possano condividere l’uso di uno stesso patrimonio culturale e quindi come sia necessario mantenere strette le relazioni e gli interessi fra il patrimonio, la religiosità, la cultura e il turismo, in una dialettica costruttiva. Come Fuori Salone è stato proposto un concerto dedicato a Chopin e Litz, che ha avuto come obiettivo quello di accompagnare il pubblico in un viaggio attraverso uno dei periodi più fecondi e affascinanti della storia della musica e dell’arte in genere. Il concerto si è tenuto alle 21 nel Salone Bernareggi di Un altro stand dove sono stati distribuiti depliant ai visitatori via S. Alessandro a Bergamo. 27


RA PPRESENTAZIONI

Proposta sul palcoscenico l’infanzia di Papa Giovanni Lo spettacolo teatrale è stato pensato soprattutto per i bambini dai 6 ai 10 anni

I

Una storia che intende evocare un mondo fatto di rispetto della terra, della cura dei campi, dell’umiltà nel vivere quotidiano e della capacità di accontentarsi, che per i ragazzi di oggi sembra esistere solo nelle fiabe. Attraverso il racconto di tre episodi centrati sulla vita fanciullesca di Angelo Roncalli – vale a dire il pellegrinaggio con la mamma alla chiesa della Madonna delle Caneve, la restituzione della zucca rubata nei campi e il cammino a piedi per andare dalla casa al collegio di Celana – la rappresentazione ha voluto avvicinare il più possibile il pubblico al pensiero profondo di Papa Giovanni XXIII: la ricerca della pace, l’armonia con la natura e la fiducia nel prossimo. E nella storia narrata sul palcoscenico non è mancata nemmeno una finestra: è la «finestra sul mondo» da cui l’11 ottobre del 1962 Papa Roncalli pronunciò l’ormai celebre Discorso della luna che trasmise in tutti grande trepidazione e affetto. Realizzato grazie al contributo della Banca di Credito Cooperativo di Treviglio e dell’azienda Sangalli Spa, lo spettacolo è stato inserito all’interno di un percorso promosso dal Comune di Sotto il Monte e da PromoIsola nelle scuole del territorio per far conoscere da vicino, anche alle generazioni più giovani, la figura umana e storica dell’indimenticabile Pontefice bergamasco. La rappresentazione teatrale, che ha ottenuto notevole successo, è stata pensata soprattutto per farla fruire agevolmente ai bambini dai 6 ai 10 anni, ma si è rivelata adatta anche a un pubblico adulto. Le scenografie e le musiche sono state rispettivamente curate da Lando Francini e Matteo Zenatti. L’assistente alla regia è stata Barbara Menegardo.

l 28 ottobre scorso, nel giorno del 52° anniversario dell’elezione al soglio pontificio di Papa Giovanni XXIII, l’assessorato alla Cultura di Sotto il Monte e PromoIsola hanno organizzato lo spettacolo teatrale dal titolo «Alla Luna - Il pensiero bambino che resta nel cuore», proprio per sottolineare l’evento avvenuto oltre mezzo secolo fa. Lo spettacolo è stato proposto inizialmente ad oltre ottocento alunni delle scuole primarie della cosiddetta Isola bergamasca (porzione di territorio che comprende anche il paese natale di Angelo Roncalli). Nella serata di giovedì 28 ottobre 2010, invece, tutti hanno potuto assistere alla rappresentazione, programmata alle 20,45 nella chiesa di Santa Maria di Brusicco. Si tratta di uno spettacolo di narrazione e teatro di figura a cura del Teatro del Vento, di e con Chiara Magri e della durata complessiva di cinquanta minuti. «Alla Luna - Il pensiero bambino che resta nel cuore» è una proposta che parla dell’esistenza semplice vissuta dal piccolo Angelo Roncalli.

Don Angelo ritratto con i ragazzi della Casa dello Studente a Bergamo

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LETTERE

Gli scritti di Papa Giovanni sui fatti avvenuti alle Ghiaie Informato degli eventi, ne parla con grande apertura in numerose sue missive Monsignor Roncalli, pur trovandosi in Bulgaria e poi in Turchia, continua a seguire e ad amare il piccolo paese di Ghiaie di Bonate, nella Bergamasca. Il suo affetto per quel luogo è testimoniato da episodi quali la sua uscita per L’Amministrazione delle Cresime avvenuta il 26 settembre 1926. Furono trentatrè i ragazzi che ricevettero la S. Cresima quel giorno, in occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù, alcuni di loro ancora viventi. Mons. Roncalli, in seguito, viene informato dei fatti del 1944, ovvero le apparizioni alle Ghiaie, e in numerose lettere ne parla con grande apertura, dà credito a questi fatti anche nella predicazione per la festa del Santo Rosario tenutasi ad Istanbul il 7 ottobre 1944.

Queste cose vanno prese tutte con grazia e con umiltà. Il Signore può tutto, ma egli preferisce lavorare sugli innocenti e sui semplici a confusione dei potenti e dei pretenziosi. (…) La Madonna è sempre buona ispiratrice. Sarò contento di sapere da voi qualche notizia più particolare delle cose delle Ghiaie. Quella chiesa costruita dal Canonico Locatelli fu la prima dedicata in diocesi alla sacra famiglia e nel 1899, quando io avevo 18 anni, servii come chierico al vescovo Mons. Guidani nella consacrazione dell’altare maggiore. Che la Santa Famiglia protegga tutti i focolari nostri e dei nostri parenti e tutta la famiglia cristiana sparsa in tutto il mondo. Vi protegga e vi benedica come io vi benedico».

Alla famiglia dalla Bulgaria Prinikipo, 30 luglio 1944

«

(…) Da varie parti ebbi notizie, ma tutte smozzicate, circa certi fatti di carattere religioso straordinario che ebbero luogo alle Ghiaie. Fra l’altro mi si disse che si tratta di una bambina di sei o sette anni - certa Matilde (non sapeva ancora con certezza che si trattava di Adelaide n.d.r. ) Roncalli - che avrebbe veduto la Madonna. Niente di impossibile. (…) Certo queste notizie mi interessano e quasi mi inteneriscono, pensando al luogo dove i fatti ebbero luogo. Io conosco le Ghiaie e vi fui famigliare dalla mia fanciullezza. Come dimenticare il caro Don Alessandro Locatelli? La bontà sacerdotale di lui ha aperto alle Ghiaie una fonte di benedizione che col tempo dà acqua sempre più copiosa. Fu alle Ghiaie che conobbi per la prima volta Mons. Radini Tedeschi ancora canonico di san Pietro in Roma nel 1899. Potrei riempire un quaderno di care memorie circa quella località. E’ anche probabile che i Roncalli di Bonate siano discendenti del nostro ramo, i Maitini, di Sotto il Monte.

Il neordinato vescovo titolare di Aeropoli inizia il ministero in Bulgaria

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eventi

Omelia al vangelo: sul Rosario Istanbul, 7 ottobre 1944 «(…) La Madonna poi manifesta la sua tenerezza per la povera umanità anche in forme straordinarie e sensibili, come già fece a suo tempo a Lourdes e Fatima, come fa ora in un punto di Lombardia, dove dal 13 maggio ad ora si ripetono fatti prodigiosi: apparizioni, segni nel sole e dove i pellegrini si recano a milioni. L’Autorità Ecclesiastica non si è ancora pronunciata circa queste apparizioni: ma l’evidenza dei fatti esclude il pericolo delle illusioni. Non volli troppo precisare quanto alla località: ma lo spirito dei miei uditori fu bene penetrato dalla significazione che questi avvenimenti hanno, ad incremento della pietà cristiana, a incoraggiamento nella prova, a fiducia nella benedizione e nella pace che non debbono tardare».

Roncalli nel giugno del 1946 durante un’iniziativa benefica a favore dell’associazione degli scrittori cattolici

Alla nipote Giuseppina Roncalli Bujukada (Bulgaria), 24 settembre 1944 «(…) Tu e io siamo sotto la speciale protezione di San Giuseppe, che è il principale protettore della vita interiore. Oh! Come è soave il profumo di S. Giuseppe nel giardino della Santa Chiesa! E’ un fiore, S. Giuseppe, che non si vede tanto si nasconde e sfugge all’occhio, ma la sua fragranza si diffonde dappertutto e fa dire: qui c’è San Giuseppe. Dio volesse che di noi potesse dire questo: santificarci e santificare in umiltà e nascondimento. (…) Sento dire grandi cose delle manifestazioni della Madonna alle Ghiaie. Se in tutto c’è verità e rettitudine dobbiamo benedire il Signore e la Madonna. Anche lì però vedi che cosa è che piace alla Madonna: innocenza, penitenza, preghiera. Lasciamoci prendere da questo triplice spirito. La pace del Signore sarà sempre con noi ed un’altra volta riempirà di letizia il mondo».

Alla famiglia Istanbul, 7 dicembre 1944 «(…) Nell’apparizione che Battistino mi descrisse tanto bene, avvenuta alle Ghiaie lo scorso maggio, vedo che c’è anche S. Giuseppe e lui vestito non in bianco o in rosa, ma di color marrone. Ma che servizio quello di S. Giuseppe, mie cari, ai disegni della Provvidenza! Teniamoci tutti raccomandati a questo caro santo. Egli sarà ora più che mai, a Parigi in mezzo alla politica ed agli affari religiosi, il mio protettore. (…) Vi metto a tutti sotto la protezione delle apparizioni delle Ghiaie: Gesù, Giuseppe, Maria. E tutti benedico ed incoraggio, grandi e piccoli della Colombera e di Camaitino».

In un libro tutte le santelle di Seriate Santelle, edicole, cappellette, madonnine, tribuline: già le numerose denominazioni dicono dell’importanza dei «tempietti di strada», con le relative immagini sacre, nell’orizzonte della pietà popolare. In viaggio tra le Santelle di Seriate (Bergamo) è il titolo di un volume fotografico edito dall’amministrazione comunale seriatese: la presentazione ufficiale del libro, curato dalla restauratrice di beni culturali Carla Grassi, si è tenuta lo scorso 1° dicembre alle 11,30 nella sala consiliare del Comune. «Le santelle testimoniano della religiosità dei nostri avi – spiega l’assessore alla Cultura e Tradizioni locali Ferdinando Cotti –. Per ognuna di esse è compresa una scheda con fotografie, caratteristiche del manufatto, note storiche, curiosità, stato di

conservazione e modifiche subite nel tempo. Ne risulta un catalogo abbastanza completo». «Soprattutto presso gli anziani seriatesi – commenta Carla Grassi, che nel lavoro di ricerca e catalogazione è stata aiutata dalla sorella Katia –, la devozione alle edicole sacre è ancora molto sentita. Vi sono famiglie che regolarmente si prendono cura della “loro” santella e, in certe occasioni, ci si raduna in strada per pregare davanti all’immagine della Madonna o del Cristo». «Come in altre località – aggiunge Grassi – anche a Seriate le santelle fungevano da punti di riferimento per la comunità: erano collocate lungo percorsi molto battuti, alle biforcazioni delle strade, o ai confini del paese e venivano erette come segno tangibile di devozione».

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PERSONAGGI

Don Bepo e don Andrea: due «maestri di carità» Le figure dei sacerdoti sono state ricordate in un recente convegno a Bergamo

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Don Bepo Vavassori credeva fermamente nella Provvidenza e questa sua fiducia è stato un capitolo molto bello della sua vita. Nei momenti più difficili, don Bepo sapeva che qualcosa sarebbe accaduto. Ma lo stesso don Bepo ha riconosciuto che il più grande dono della Provvidenza sono stati i suoi ragazzi. Ragazzi che ha tirato fuori, uno a uno, dal dolore della vita, da famiglie disfatte, da drammi che solo lui ha conosciuto di miseria e di disperazione». Sono parole di don Fausto Resmini, sacerdote e presidente della Fondazione Opera Patronato San Vincenzo di Bergamo, espresse nella mattinata del 30 novembre scorso durante il convegno dedicato al rapporto fra don Bepo Vavassori e don Andrea Spada. Il convegno è stato organizzato da L’Eco di Bergamo per il sesto anniversario della morte di don Andrea Spada, per cinquantuno anni direttore responsabile del quotidiano orobico, dal 1938 al 1989. Su questo avvenimento lo stesso «Eco» ha dedicato un ampio servizio a firma di Paolo Aresi, che riproponiamo ai nostri lettori.

nato dal momento in cui entrò, nel 1927, fino alla sua morte, avvenuta nel 1975. Quando don Bepo arrivò al Patronato, i ragazzi ospiti erano undici. Verso la fine della guerra erano più di mille. La relazione fra don Bepo e don Andrea fu stretta. Don Andrea Spada venne ordinato sacerdote nel maggio del 1931 e inviato subito al Patronato. Il direttore de L’Eco, Ettore Ongis, ha spiegato che fu don Bepo Vavassori a incoraggiare don Andrea sulla strada del giornalismo. Lo stesso don Bepo era stato del resto direttore de L’Eco

Un segno profondo All’appuntamento del 30 novembre hanno partecipato, oltre a don Fausto, il direttore del Patronato don Davide Rota e il direttore de L’Eco Ettore Ongis. Ha coordinato gli interventi don Arturo Bellini, parroco di Verdello (Bergamo) e direttore de «L’Angelo in Famiglia». Fra i presenti anche il vescovo ausiliare emerito monsignor Lino Belotti. «Don Bepo e don Andrea – ha detto don Arturo – hanno lasciato un segno profondo, hanno costruito la carità a Bergamo». Da sinistra don Claudio Visconti,de monsignor Capovilla Andrea Spada, storico direttore L’Eco di Bergamo e Rinaldo Marmara

L’anima del Patronato Don Vavassori fu l’anima e il direttore del Patro31


personaggi

dal 1927 al 1932. Le radici di don Andrea si trovavano quindi nel Patronato. Fu lo stesso don Bepo, nel 1938, a suggerire al vescovo Bernareggi il nome di don Andrea come possibile nuovo direttore del quotidiano. Don Davide Rota ha posto in evidenza l’affetto e la stima che i due preti nutrivano l’uno per l’altro. E Ongis ha rivelato una confidenza fatta da Mario Cavallini, presidente dell’associazione ex allievi del Patronato: «Quando don Spada aveva grossi problemi, allora metteva il cappello, usciva da L’Eco e veniva qua al Patronato, saliva corrucciato nell’ufficio di don Bepo. Quando ne usciva era sereno, sempre».

della Chiesa per accogliere tutti, vicini e lontani». Lontani, fino alla missione inaugurata in Bolivia negli anni Sessanta. La somiglianza Si somigliavano, don Spada e don Vavassori. L’importanza della carità. A L’Eco negli anni di Spada c’era la fila dei bisognosi e il direttore cercava di aiutare tutti. La rigorosità nel portare avanti il proprio lavoro. L’umanità, la compassione. Ha detto don Arturo Bellini: «Una volta parlavo con don Spada ed egli mi confessò che il suo sogno era quello di fare il biografo e che in particolare avrebbe voluto scrivere le vite di don Bepo Vavassori e di Papa Giovanni XXIII». Durante l’incontro è stato proiettato un breve video girato quando don Spada aveva ormai superato i novant’anni. Lo storico direttore de L’Eco ricordava il suo don Bepo, ne citava la semplicità, l’immediatezza con cui parlava delle cose del Signore, come se avesse con Lui profonda confidenza. «Don Bepo – disse don Spada – aveva il passo dei santi».

Come un padre Don Bepo aveva un ruolo in qualche modo paterno nei confronti di don Andrea. E don Spada ricambiava con affetto e attenzione, portando avanti con la carta stampata quell’azione di comprensione e di «umanizzazione» della società che don Bepo faceva al Patronato. Si somigliavano don Bepo e don Andrea. Erano preti pre-conciliari, ha detto don Rota, eppure aperti in maniera straordinaria al nuovo. Preti non clericali. Scriveva don Spada, ad esempio, che «un quotidiano non deve pestare l’acqua nel proprio mortaio, ma inventare strumenti di penetrazione fuori dal mondo cattolico». E allo stesso modo, ha detto don Davide, «don Bepo a sua volta ha guardato soprattutto fuori dai confini

Due strade simili Don Andrea Spada era nato nel 1908 a Schilpario (Bergamo), era entrato in seminario nel 1919 ed ebbe un brillante corso di studi fino a essere ordinato prete nel maggio del 1931. Prima destinazione del giovane don Andrea fu proprio il Patronato di don Bepo Vavassori. Don Bepo era nato nel 1888 a Osio Sotto (Bergamo). Negli Anni Venti era stato chiamato dal vescovo al Seminario di Bergamo come padre spirituale e gli era stata affidata la cura de L’Eco di Bergamo in qualità di condirettore. Come compito marginale gli venne assegnato di seguire gli undici ragazzi del Patronato San Vincenzo. Don Bepo lasciò poi ogni incarico e dal 1932 si occupò solo dei ragazzi del Patronato che erano diventati sessanta (e saranno poi migliaia). Rimase fino alla morte, avvenuta nel febbraio 1975. Don Andrea Spada divenne direttore de L’Eco dal 1938, mantenne l’incarico fino al 1989. Morì il 30 novembre del 2004.

I relatori del convegno: da destra Ettore Ongis, monsignor Arturo Bellini, don Davide Rota e don Fausto Resmini

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Ringraziamo le persone che hanno sottoscritto abbonamenti al giornale e inviato offerte all’associazione Amici di Papa Giovanni ALGERI MASSIMO

DAL ZOTTO CARLA

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BLECICH LAURA

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VALENTI FERNANDA

CROTTI ANNUNCIATA

MASCI MARIA GRAZIA

VALERA GRAZIA

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ZANARELLa MARIO

D’ANDREA FLAVIO

MERISIO FRNACESCA E GIUSEPPE

ZANELLA EDI

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PAGGIOLI MARIA PALUMBO GIUSEPPINA PANZA ADELE PARRELLA GIOVANNI PATRONE GIUDITTA PAVONE CARMELA PEDREOTTI LINA PEIRONE ALICE PETRONIO LUISELLA PIFFER ELENA PILOTTI LUCA PIROTTI BEVILACQUA MIRELLA POGGIOLI MARIA PONTI GRAZIELLA QUADRI CRISTINA


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Sotto la protezione di Papa Giovanni

Nonno Piero e nonna Mirella con zio Claudio e zia Patty, affidano il loro amato nipotino Gabriele, alla protezione di Papa Giovanni XXIII affinchè lo protegga per tutta la vita

le

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tommas filippo, o edoard

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La Bisnonna Lidia chiede al Papa Buono la benedizione e la protezione per tutta la vita dei pro-nipoti tanto amati Filippo, Tommaso, Edoardo

via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo



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