Città dei Mille dicembre 2013 gennaio 2014

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Loredana Odillà Andreani ANCHE LA VITA È UN GIOIELLO

DICEMBRE / GENNAIO 2013 / 2014

Anno 16 - N°6 Dicembre 2013/Gennaio 2014 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00





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Edito riale

Editoriale

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eccellenza, la creatività, l’affacciarsi su nuovi orizzonti, l’accettare nuove sfide. Città dei Mille guarda al meglio di Bergamo e dei bergamaschi, anche d’adozione. Ai segnali, ai gesti, ai progetti e alle capacità che la crisi la stracciano con la fantasia, tanto per parafrasare De Gregori («Rimmel»). Così nella sezione delle interviste incontriamo, innanzitutto, Paolo Ferrazzi, per 13 anni direttore del Dipartimento Cardiovascolare degli Ospedali Riuniti e oggi direttore del Centro per la Cardiomiopatia ipertrofica e patologie valvolari presso il Policlinico di Monza, dove sta lavorando allo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche. Dalla medicina all’economia con Lorenzo Riccardi, che collabora con molte aziende italiane che investono in Asia, dove sta da 7 anni. «Chi vive e lavora per lungo tempo in questi paesi – ci racconta - unisce l’interesse per una carriera internazionale alla passione per culture e paesi che rappresentano un mondo nuovo, esotico e pieno di fascino». Antonella Pinna, invece, porta in città il top dell’artigianato alimentare sardo (e non solo) con il suo nuovo showroom Eticalimenta. E nel nord della Sardegna la sua famiglia possiede 170 ettari di terreno adibiti alla coltivazione di ulivi ultracentenari e verdure. L’abilità, la passione e il coraggio coronati dal successo sono poi parte integrante del fil rouge che fa da sottotraccia all’intera rivista. Per contenuti brillanti ci vuole una vetrina all’altezza, e infatti la cover story è dedicata a «La 52ª strada», gioielleria artigianale dal grande fascino nel cuore di Bergamo. Un cuore grande, con tanto cervello. Buona lettura! Claudio Gualdi

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di Claudio Gualdi


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La mia

rubrica

Sembrava

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embrava che tornasse il Natale di una volta, più al freddo, con meno luci inutili, con meno regali che non servono a niente (in fondo, cosa ci manca?) e finalmente sgombro da tutte quelle calcificazioni che il consumismo negli anni gli ha costruito intorno, come un muro a coprirlo. E invece, timidamente, anche per il Natale si affaccia la ripresa. Certamente sarebbe rimasto più tempo per noi, per la famiglia, per i nonni, per lo zio lontano che non vedevamo da anni. Insomma sarebbe stato un Natale più vuoto, con la possibilità di riconoscere che quel che occorre alla felicità non è poi gran cosa. Invece saremo ancora per le strade, con le braccia ingombre di pacchi, con la testa piena di regali, cercando un angolo dove trovare un po’ di riposo, per sottrarci ai ritmi vorticosi degli auguri. Rinviando all’anno prossimo, la speranza in un Natale sereno.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Una vecchiaia interessante

imon De Beauvoir, donna intelligente e affascinante (aveva fatto innamorare Jean Paul Sartre, una delle menti più alte del secolo scorso) nel 1970 scrive La terza età: diventerà un classico della gerontologia (la scienza che si occupa di senilità). La signora ci dà due notizie. La prima è cattiva: la vecchiaia è sempre stata un male. Già nel passato era considerata una condizione infelice, spesso vissuta nella miseria economica e nella deprivazione di ogni ruolo sociale, non riconosciuta nemmeno a livello parentale. Per farla breve: più le società erano povere, più i vecchi venivano disprezzati. L’anziano si poteva garantire una vecchiaia tranquilla solo se possedeva un potere contrattuale, di natura economica o politica o culturale. La seconda notizia è pessima e riguarda la condizione

esistenziale costante della vecchiaia il cui dramma consiste nell’impossibilità di fare quel che si vuole. Avviene una specie di scollamento tra la progettualità e ciò che l’organismo riesce a eseguire. L’avvenire diventa limitato, il passato congelato. Terribile dunque il risultato di questa ricerca storico-filosofica: meglio provare ad affidarci invece a un approccio più “fisico” alla questione? Ci viene incontro Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto Paracelso, il “Lutero” della medicina. Egli affermò, nel 1500, che dato che l’essere umano è un "composto chimico", la vecchiaia è la conseguenza di una autointossicazione. Insomma nessuna buona notizia. Del resto sappiamo bene che è difficile fare i conti con questo passaggio di vita: eppure guardare in faccia la vecchiaia

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di Emanuela Lanfranco

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ci tocca, non fosse altro perché i dati sull’invecchiamento della popolazione nel nostro Occidente entusiasticamente confermano un allungamento spettacolare della vita. In particolare l’Italia è attualmente fra i paesi più vecchi del mondo con circa il 20% della popolazione al di sopra dei 60 anni: più di 12 milioni di persone. Inoltre recenti indagini hanno mostrato che nella nostra nazione vivono più persone al di sopra dei 65 anni (9,2 milioni) che giovani fino a 15 anni (8,7 milioni): è la prima volta in assoluto che si determinano queste condizioni. Le previsioni sono che nei primi venti anni del duemila un quarto degli europei avrà più di 60 anni. Allora, se da una parte pesa lo sguardo disincantato e pessimista nei confronti della vecchia, dall’altro siamo “condannati” a occuparcene: pare dunque necessario ripensare anche culturalmente a questa categoria che, e questo è già un vantaggio, comincia almeno a essere sdoganata dal silenzio e dalla invisibilità. Che cosa ci può aiutare a impostare più correttamente il problema della gestione dell’”emergenza” anziani? La prima risposta, la più evidente, è l’adozione di politiche sociali di assistenza sociosanitaria all’altezza dei bisogni. Ma non è la sola. Quel che ci può salvare è uno sguardo differente, nei confronti degli anziani. Che ci permetta di vederli non solo come persone bisognose di aiuto ma come adulti interessanti perché si sono adattati a un enorme cambiamento, come persone che stanno facendo o hanno fatto i conti con il totale sconvolgimento delle loro esistenze. Insomma imparare, noi adulti, a uscire sia dallo stereotipo di una vecchiaia negata (per esempio quello di molta pubblicità che vede gli anziani come capaci consumatori e in questo senso eterni giovani) sia da quello del pietismo assistenziale. “Quegli” anziani siamo noi, tra poco. Può essere interessante capirne un po’ di più. Si tratta di imparare a pensare a una

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vecchiaia non emarginata, inserita nella comunità di appartenenza e dunque perfino capace di proporsi come occasione per adottare strategie di cambiamento del nostro stile di vita. Si tratta di diventare un po’ più capaci di usare le nostre risorse di adulti ancora pieni di energia indirizzandole all’incontro con chi ci è compagno di viaggio: bambino o anziano che sia, portatore di quella differenza che sta scritta nell’umano. Riconoscere che ci sono tante forme di vecchiaia quante sono le variabili degli individui e che ciò che accomuna questo passaggio di vita è l’icertezza, l’insicurezza, la fragilità. Tutto l’opposto di quel che siamo abituati a perseguire. Cosa ci fa paura dei vecchi? Il loro essere emblemi dell’incertezza. Figure di fragilità. Non la loro, ma la nostra. Imparare a guardare la vita in tutto il suo percorso può essere interessante, prima per noi che per loro. Per fortuna non siamo immortali.

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Tra poco è Natale, e questo è un promemoria per tutti noi figli: Caro figlio mio Il giorno in cui mi vedrai invecchiare, abbi pazienza e cerca di comprendermi... Se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo… Se, quando con te ripeto sempre le stesse cose... non i interrompere ascoltami... quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia fino a che non ti addormentavi... Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il passo...non trattarmi come se fossi un peso vieni verso di me con le tue mani forti…nello stesso modo in cui l’ho fatto con te quando muovevi i primi passi... In cambio ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho avuto per te. (…trovato in facebook…)


Sommario Editoriale La mia rubrica Approfondimento

Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi

Anche la vita è un gioiello

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cover story

La Locanda dell'annunciata La "Cena del cuore" all'Osteria d'Ambrosio

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vip & news

Speciale: Seriate

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peciale

Luxary: Lario Bergauto e le Rolls Royce Febal Casa, showroom per palati fini Ecco Revelation, la magia che svela l'anima dell'orologio

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vip & news

Speciale: Gorle

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peciale

Le nuove frontiere del digitale Festa annuale della Bocciofila Bergamasca

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vip & news

Paolo Ferrazzi, bergamasco Doc acquisito In città il top dell'artigianato alimentare sardo La Cina è vicina. Grazie a un bergamasco

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interviste

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in Vetrina

Il Maggiordomo consiglia Luberg Enologia Cucina Wedding Golf Motori Sanità Arte Spiritualità

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rubriche

Avventure, Amori e Bugie... di Lucio Piombi Piero Cattaneo e l'invasione (pacifica) di Bergamo Diventare restauratori? Dopo la scuole è ancora fondamentale "fare bottega"

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cultura

Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti Abbonamenti: 035 35 91 011 segreteria@ediberg.it 1 anno - 27 euro Stampa: Sigraf - Treviglio (Bg)

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Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. www.ediberg.it

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Città dei Mille - anno 16 n. 6 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001

Pubblicità: Tel. 035 35 91 158

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Via Campagnola, 48/50 - BERGAMO - Tel. 035.4212211 Corso Carlo Alberto, 114 - LECCO - Tel. 0341.27881 Via Industriale, 97/1 - SONDRIO BERBENNO V. - Tel. 0342.492151 11DEL MONTE (BG) - Tel. 035.830914 Via Brescia, 78 - GRUMELLO


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Co ver

Anche la vita è un gioiello

Nel suo atelier «La 52° Strada» la titolare propone esclusivi articoli per tutti i gusti ed ha creato un concorso basato sul disegno e la realizzazione di preziosi che vede coinvolti gli allievi della Scuola d’arte «Andrea Fantoni». Lancia inoltre un invito: mettete sempre l’amore al centro della vostra esistenza

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a 52° Strada» è un vero gioiello che merita di essere visitato. Non stiamo parlando della famosa e bellissima arteria di New York, per molti irraggiungibile, ma dell’atelier che sorge al 52B di via S. Alessandro a Bergamo. L’insegna «La 52° Strada Art & precjous» rappresenta un vero e proprio invito ad intraprendere un magico itinerario capace di trasformare i sogni in realtà. Nel suggestivo spazio interno l’occhio può soffermarsi su innumerevoli proposte preziose: dal gioiello personalizzato creato in metalli diversi a quello solo in pietra, dalle cornici realizzate artigianalmente ai vasellami, dagli oggetti in ceramica pregiata a quelli in argento, dai peltri d’autore alle bomboniere e ai cristalli. Tutti pezzi esclusivi, come in una galleria

d’arte, e ciò si deve alla sapiente «regia» della titolare, l’artista orafa bergamasca Loredana Odillà Andreani che si dedica anche alla pittura e all’arredamento. Come designer, inoltre, ha reso del tutto personale l’allestimento della gioielleria. Uno dei suoi punti di forza è appunto l’esclusività delle proposte presenti nell’atelier. Ma spesso ne crea appositamente delle altre. «Assieme a chi si rivolge a me esponendomi un’idea – dice – preparo il disegno dell’oggetto e formulo un preventivo di spesa. Facendo leva sulla mia esperienza, se necessario offro anche degli opportuni suggerimenti. Partendo da questa bozza realizzo infine quanto mi è stato chiesto, ovvero un pezzo “su misura” che affido al cliente. Successivamente posso farne anche uno simile, ma non sarà mai uguale al precedente».

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di Francesco Lamberini

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Naturalmente l’insegna trae spunto proprio dalla tanto celebrata strada di New York che Loredana ha visitato, rimanendone incantata, durante i suoi innumerevoli viaggi intrapresi all’estero. Ne è rimasta talmente affascinata d’aver deciso di chiamare così la location a Bergamo che può essere considerata un mix tra il suo hobby e l’attività che svolge. Fra gli altri Paesi dove ha fatto delle esperienze o ha intrapreso degli itinerari, da citare il Messico, la California, le Maldive, il Madagascar, l’Australia e le Mauritius. «Più volte sono andata in Spagna – confessa Loredana – perché adoro l’architetto Antoni Gaudì, al punto d’aver fatto miei alcuni particolari delle sue pregevoli opere per realizzare dei gioielli». L’atelier di via S. Alessandro, che può essere considerato una sintesi delle esperienze fatte dalla titolare, è stato inaugurato a maggio del 2006 e nel frattempo Loredana lo ha reso sempre più confortevole, curandone ogni dettaglio in prima persona. Per i clienti è l’unica interlocutrice ed oltre a realizzare oggetti di prestigio, di ciascun monile fornisce anche una certificazione sull’origine dei materiali e il percorso fatto dagli stessi fino al raggiungimento del risultato finale. Circa l’80% di ciò che si trova nel negozio viene realizzato da Loredana e comunque anche la restante parte è opera di artigiani qualificati. Fra i progetti che sta sviluppando la titolare, uno è già partito il 16 ottobre. Si tratta di un concorso centrato sul disegno e la successiva realizzazione di gioielli per «La 52° Strada». Coinvolti in questa iniziativa sono gli studenti della Scuola d’arte «Andrea Fantoni» di via Angelo Mai a Bergamo, la stessa da lei a suo tempo frequentata. Per questa sperimentazione il preside Corrado Spreafico, coadiuvato dai docenti, ha scelto le classi quarte superiori. Sono 40 i ragazzi e le ragazze impegnati nel concorso, che hanno già iniziato a sviluppare dei disegni. Ciascuno di loro deve ideare tre gioielli ispirati ad altrettanti temi che sono l’amore, la passione e la sensualità e per ciascuno di questi

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temi avranno la possibilità di scegliere fra anelli, bracciali, orecchini e ciondoli. La realizzazione verrà fatta poi esclusivamente in argento. Infine ci saranno i quattro classificati, uno per ciascun tipo di manufatto, e il vincitore assoluto di questa iniziativa riceverà in dono il gioiello da lui ideato. Un altro uguale, inoltre, sarà destinato all’Istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri» di Milano, come contributo per una borsa di studio. Nella fase di realizzazione del gioiello che vincerà, Loredana avrà al suo fianco il fratello Giuseppe Andreani. «Ho scelto di coinvolgere la scuola Fantoni – precisa Loredana – perché credo nei giovani e voglio dar loro la possibilità di mettersi in gioco. Nel frattempo farò delle visite nell’Istituto d’arte per seguire al meglio il lavoro degli allievi e dare loro qualche suggerimento. Gli studenti si limiteranno a fornire dei disegni che contengano degli spunti innovativi mentre la realizzazione sarà a cura della “52° Strada”. A gennaio verranno infine esaminati i disegni e si procederà alla scelta dei quattro soggetti. Seguirà a maggio un’esposizione dei lavori allestita in un luogo un po’ particolare che è ancora in fase di valutazione». Riguardo alla sua attività in generale, Loredana sta attualmente prendendo in considerazione la possibilità di avviare un’analoga location in un’altra parte del mondo: è un progetto che rappresenta un po’ il suo sogno e i relativi contatti li ha già avviati. «Inoltre – dice – anche l’atelier di via S. Alessandro subirà presto uno sviluppo che lo renderà maggiormente accogliente e ancor più di alto livello». Ma va sottolineato che nonostante le elevate attrattive offerte dagli articoli sul fronte artistico, abbinate alla qualità dei materiali, la porta de «La 52° strada» resta aperta a chiunque. «Non a caso il negozio – dice la titolare – è frequentato da persone di ogni livello sociale poiché il costo degli oggetti proposti spazia dai 7 euro a “quello che vogliono”. Il mio obiettivo, infatti, è poter dare qualcosa di speciale a qualsiasi target di clientela. A tutti gli studenti poi

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pratico sempre il 10 per cento di sconto che vuole essere un modo per incentivarli. In occasione del Natale, inoltre, riservo sempre una sorpresa molto interessante ai clienti». Nell’atelier di via S. Alessandro si può trovare un grande assortimento di proposte: pietre preziose, collane bracciali, orecchini, anelli, ciondoli di ogni tipo e tutto ciò che ruota attorno al tema del matrimonio, con particolare riferimento alle bomboniere, realizzate per lo più da Loredana anche con tocchi personalizzati suggeriti dai futuri sposi. Inoltre vengono eseguite le riparazioni sui monili o sull’oggettistica in genere e gli infilaggi per quanto riguarda le collane. Ma dietro all’artista c’è in Loredana anche un grande cuore e forti emozioni che non esita ad esprimere. «Vengo da una grande famiglia – tiene a sottolineare – poiché mia mamma e mio padre sono dei genitori meravigliosi: mi hanno insegnato che nella vita occorre fare spazio soprattutto ai sentimenti

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e a lottare per un qualcosa che veramente vuoi. Sono cresciuta con queste basi molto forti, che sono servite da stimolo per realizzare quello che oggi ho. In pratica mi hanno insegnato ad amarmi». «Vorrei che le persone – conclude Loredana – imparassero a volersi un po’ più bene, ad aiutarsi un po’ di più e ad amare la vita, che non è fatta solo di materia ma soprattutto d’amore. Sono questi i presupposti per poter aspirare a un mondo migliore. Questo è un messaggio che vorrei mandare a tanta gente. Ai giovani, invece, dico di non smettere mai di sognare, come mi ha spesso ripetuto il mio papà». LA 52a STRADA BERGAMO Via S.Alessandro 52/B (corridoio 54) Tel. 035.248178 www.la52esimastrada.com


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La Locanda dell’Annunciata

Un ristorante in un luogo ameno, dove la natura conserva ancora il suo fascino, nel verde di Palazzago. Una vecchia casa borghese di campagna, già posto di ristoro, a ancora prima convento agostiniano

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n un luogo ameno, dove la natura conserva ancora il suo fascino, dove i colori rispettano le stagioni, una casa avvolta nell’edera nasconde dentro le sue le sue mura un gioiello, un ristorante. Ma non è il solito ristorante, è la parte della casa di Giampo e Mina che hanno voluto dedicare a un loro sogno che da tempo rimandava la sua realizzazione. Finalmente il 25 ottobre il sogno si è concretizzato e nel lusso dei suoi arredi le porte sono state aperte con una grande festa agli amici invitati per l’occasione. Il ristorante della Locanda dell’Annunciata, nasce dalla collaborazione tra due vecchi amici, Gianpiero Terzi e Silvana Capelli, accumunati dalla passione per la cucina italiana e per la buona tavola: in una vecchia casa borghese di campagna, già posto di ristoro negli anni ’20 del secolo scorso, e ancora prima, per secoli, convento agostiniano, approntano piatti

della tradizione rivisitati con fantasia per proporli agli amici vecchi e nuovi che credono che il buon vino - che viene da lontano nel tempo - sia un piacere per il corpo e per lo spirito e che provarci ancora oggi, come direbbe Mr. Sykes, "anche se non sarà più come una volta, è qualcosa". Locanda dell'Annunciata Via Annunciata, 20 Palazzago (Bg) tel. 035551099 www.locandadellannunciata,it info@locandadell’annunciata.it

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La "Cena del cuore" all'Osteria d'Ambrosio

I fondi raccolti sono stati devoluti al progetto "Cuori di bimbi" di Aiutare i Bambini. In 13 anni di attività la Fondazione ha finanziato 1.034 progetti portando sostegno a più di un milione di bambini

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uona cucina e solidarietà: sono g l i i n g re d i e n t i d e l l a “ C e n a del cuore”, che mercoledì 25 settembre si è svolta all’Osteria D’Ambrosio da Giuliana, uno dei locali più amati e frequentati in città. In più, due ospiti speciali: Roby Facchinetti dei Pooh, bergamasco dal cuore grande che ha voluto dare il suo appoggio a quest’iniziativa, e il dottor Paolo Ferrazzi, storico direttore del Dipartimento cardiovascolare e dell'Unità struttura complessa di cardiochirurgia del «Papa Giovanni XXIII», ora direttore del Centro per la Cardiomiopatia Ipertrofica e altre patologie presso il Policlinico di Monza. I fondi raccolti sono stati devoluti al progetto “Cuore di bimbi” della Fondazione “aiutare i bambini”, con cui il dottor Ferrazzi collabora da anni a titolo volontario. “L’obiettivo del progetto – ha

dichiarato il dottor Ferrazzi – è quello di salvare la vita dei bambini gravemente cardiopatici. Insieme alla Fondazione, organizziamo missioni di solidarietà nei Paesi dove i medici non sono in grado di eseguire interventi di cardiochirurgia pediatrica, molto complessi soprattutto sui neonati e sui bambini di pochi anni d’età”. La prossima missione di “Cuore di bimbi” è in programma in Uzbekistan. “Le missioni all’estero – ha dichiarato Goffredo Modena, Presidente di “aiutare i bambini” – hanno anche un importante risvolto formativo: vengono ripetute più volte negli stessi ospedali in modo che i medici italiani possano col tempo trasferire il loro know how ai medici locali, rendendoli pian piano autonomi nell’operare i bambini. La prossima missione in Uzbekistan, ad esempio, sarà la sesta che realizziamo in questo Paese”.

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Fondazione Onlus “aiutare i bambini” è una Fondazione italiana laica e indipendente, nata nel 2000 per aiutare e sostenere in Italia e nel mondo i bambini poveri, ammalati, senza istruzione, sfruttati ed emarginati. Nel 2012 un terzo dei fondi erogati sono stati destinati a progetti in Italia, in tre aree di intervento: sostegno alla prima infanzia, contrasto all’abbandono scolastico e sostegno all’occupazione giovanile. In tredici anni di attività “aiutare i bambini” ha finanziato 1.034 progetti portando sostegno a più di 1 milione di bambini. Info: www.aiutareibambini.it.

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Seriate

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Seriate: taglio del nastro ai nuovi ambulatori Il quartiere Paderno si è consolidato quale «distretto della cura e della prevenzione» di Seriate con l’apertura della nuova struttura sanitaria di via Donizetti 1. La cerimonia inaugurale si è tenuta sabato 9 novembre alle 10.30 alla presenza del vicesindaco Nerina Marcetta e del presidente della Sanitas Seriate srl, Giampaolo Volpi. L’appartamento di proprietà del Comune di Seriate, ma in affitto alla partecipata comunale Sanitas Seriate S.r.l., era pronto per l’uso. Iniziati il 12 agosto e diretti dall’ufficio tecnico dell’amministrazione comunale, i lavori di sistemazione, riqualificazione interna ed esterna - con cappottatura e interventi di isolamento termico e acustico, dagli alti standard qualitativi e finalizzati a risparmio energetico – sono stati terminati nei tempi previsti.

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Seriate lavora per la riduzione dei rifiuti. Con ottimi risultati

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Quattro azioni all’insegna della sostenibilità ambientale e del riciclo. Seriate, che nel 2012 ha registrato il 66,21% di raccolta differenziata, ha aderito anche quest’anno alla «Settimana europea per la riduzione dei rifiuti», dal 16 al 23 novembre. Primo appuntamento sabato 16, nel teatro tenda della biblioteca, con «Gusta il giusto, dona il resto», animazione, baratto di giocattoli per concludere con una appetitosa merenda senza sprechi. Lunedì 18 nell’auditorium «Eco serata: viaggio nella risorsa chiamata rifiuto». Divertente e pratica discussione sul tema dei rifiuti, per dimostrare ai cittadini come gli scarti possono diventare risorse. Chi voleva poteva addirittura portare una vecchia maglietta di cotone monocolore per capire come reinventarla in maniera ecosostenibile. Martedì 19 novembre in biblioteca si è tenuto «L’Eco zoo…», laboratorio eco creativo per realizzare con materiali di scarto e naturali simpatici animali, che sono diventati i protagonisti di simpatiche e divertenti avventure animate nel magico mondo del riuso e riciclo. La settimana a favore di comportamenti eco-sostenibili si è chiusa sabato 23 al cineteatro Gavazzeni, dove è stato allestito lo spettacolo «Storie d’acqua» a cura di Teatro Prova.

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Raccolta abusiva di vestiti usati Il Comune di Seriate non ha autorizzato alcuna raccolta domiciliare di rifiuti di abbigliamento. Per queste tipologie di raccolta utilizzate i contenitori stradali di Humana People to People, Caritas-Ruah, Umanitaria Padana che sono convenzionati con il Comune. Il volantino che è comparso su numerosi citofoni e ingressi di case private nei giorni scorsi è dunque da considerate abusivo. Per maggiori informazioni: servizio ambiente 035/304.266

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Omar Fantini, la risata è «fisica». Al «Gavazzeni» il tour teatrale Dalla tv anni ‘80 all’arzillo Nonno Anselmo. Nuovo show, «Dal vivo? Finché sono vivo» (regia di Simona Visinoni e Andrea Lucchi, produzione di Archimede Eventi), e nuovo tour teatrale, partito il 4 ottobre da Verona, per il comico bergamasco Omar Fantini. Risate e una strizzatina d’occhio al Cesvi, di cui lo spettacolo sostiene i progetti di sicurezza alimentare. Da Zelig Off a Colorado, da Metropolis a Amici@Letto, Fantini mescola irresistibili monologhi sulla vita quotidiana e alcuni dei suoi personaggi cult con sezioni improvvisate, rendendo così lo spettacolo ogni volta unico e diverso. Immancabili i monologhi sulle situazioni di vita quotidiana come quelle tipiche dei rapporti di coppia oppure la descrizione della prima cena al giapponese. E poi la musica, attraverso una galoppata nei pezzi che hanno segnato la storia degli ultimi 30 anni della disco dance. Dopo Verona, il tour di Fantini ha fatto a Latina (18 ottobre, Teatro Moderno), Cantù (9 novembre, Teatro Comunale San Teodoro), Ferrara (10 novembre, Teatro Sala Estense), Cornate d’Adda (15 novembre, Cine Teatro Ars), Mantova (22 novembre, Teatro Ariston), Settimo Torinese (29 novembre, Teatro Civico Garibaldi), Crema (6 dicembre, Teatro San Domenico), Bagnolo Mella (13 dicembre, Teatro Pio IX). A Seriate sarà il 15 dicembre, al Cine Teatro Gavazzeni, dove verrà consegnato l’assegno a sostegno del Cesvi. E sempre al Gavazzeni di Seriate, il 17 ottobre, è partita la nuova edizione di «Ridi ‘n Bergamo», laboratorio comico a cadenza quindicinale promosso sempre da Fantini.

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Seriate più sicura. La prima uscita serale congiunta tra agenti della polizia locale e una pattuglia di carabinieri della tenenza di Seriate ha registrato 26 controlli in piazza Bolognini, nella notte di sabato 19 ottobre. Non sono state accertate situazioni di irregolarità. Ad essi si aggiunge il normale servizio di polizia stradale che ha fermato 12 veicoli, registrando due violazioni. «L’amministrazione comunale da sempre è attenta alle istanze dei cittadini, per tutelarne la vivibilità e pianificare iniziative in sintonia con le loro segnalazioni, come quelle relative al centro storico. Questo intervento ne è una dimostrazione, che si somma con altre azioni di controllo del territorio inserite nel programma di mandato - dichiara il vice-sindaco Nerina Marcetta -. Obiettivo è prevenire fenomeni di micro criminalità, contrastare situazioni di disagio e ostacolo alla quiete pubblica, incentivare i controlli di polizia stradale, garantire l’agibilità dei parchi pubblici, luoghi di aggregazione sociale, non di devianza sociale. L’amministrazione c’è. E dà segno della sua presenza, facendo quanto può e mettendo in atto le risorse umane disponibili. Le azioni congiunte tra polizia locale, carabinieri della tenenza di Seriate, a cui si aggiungeranno anche i baschi verdi della Guardia di Finanza, seguono questa logica».


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Angiolo Alebardi in mostra. L’omaggio di Seriate

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In occasione del 130° anniversario della nascita, la città di Seriate ha omaggiato la figura di uno dei suoi “figli” più illustri: Angiolo Alebardi (Seriate 1883 -1969), allestendo in sala Carbonari l’omonima mostra antologica dal 10 al 30 novembre. Realizzata in concomitanza e collaborazione con quella a cura del circolo Greppi e allestita in spazio Viterbi della Provincia, l’esposizione seriatese ha voluto indagare la figura di Alebardi mostrando opere che il pittore trattenne per sé, provenienti dalla collezione privata degli eredi, eccetto un paio. L’antologica ha presentato tele realizzate in diversi periodi della vita, dalle differenti tematiche affrontate e tecniche usate. Si spazia da figure a ritratti, da paesaggi a nature in posa. «L’Amministrazione comunale da sempre ha riconosciuto la grandezza dell’artista, tanto da intitolare a lui la piazza antistante al palazzo municipale, avvenuta con cerimonia ufficiale il 14 ottobre 1995. Organizzare una mostra era un desiderio nutrito da una decina d’anni e oggi possibile grazie all’impegno dell’Associazione Seriatese Arti Visive»

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Il baratto come soluzione anti-crisi, economica e relazionale. L’assessorato al Commercio, in collaborazione con l’Associazione di commercianti Botteghe di Seriate, promuove il «Mercatino anticrisi»: ultimo appuntamento domenica 8 dicembre nel parco delle scuole di via Dante. Giornate aperte a tutti i cittadini, dai bambini agli adulti, che saranno attori attivi di questo momento di scambio umano, non solo «commerciale». «In tempo di crisi economica e di valori, abbiamo pensato a un modo semplice ed ecosostenibile per venirsi incontro, all’insegna del risparmio, del riciclo e della convivialità. Al mercatino anticrisi si possono sia barattare oggetti che non si usano più, in cambio di qualcosa d’altro di cui si ha bisogno, sia barattare opinioni e punti di vista. Un momento di incontro tra cittadini per affrontare uniti un momento critico», commenta il vice-sindaco Nerina Marcetta. Parole condivise dall’assessore al Commercio Antonino Casale che, entrando nel merito dell’iniziativa, aggiunge: «Il mercatino rientra tra le attività del Distretto Urbano del Commercio. Chi vuole partecipare all’iniziativa deve rivolgersi ai negozi che espongono la locandina e che si stanno occupando dell’organizzazione. Nei punti vendita i commercianti danno indicazioni utili su come iscriversi e allestire il proprio banchetto». Al mercatino anti-crisi si possono barattare o vendere a basso costo oggetti condannati all’inutilità. Una soluzione che trova sempre più spazio in un contesto di crisi e che consente di liberarci di oggetti che ci hanno “stancato” ma che possono piacere o essere utili a qualcun altro. Si può scambiare di tutto, dai vestiti ai libri, dai giocattoli agli attrezzi da lavoro, ma non generi alimentari né animali domestici. Per partecipare al «mercatino anticrisi», riservato esclusivamente a privati cittadini e non a operatori professionali, è richiesta una quota associativa (comprensiva di telo personalizzato) di 5 euro.

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Il mercatino dell’usato tra baratto e antica convivialità

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Anche Seriate aderisce a “RompiamoilPatto.org”, iniziativa di alcuni sindaci che, andando oltre l’appartenenza politica, hanno deciso di fare fronte comune e chiedere a Roma la cancellazione definitiva del “Patto di Stabilità”. Come più volte ribadito, Seriate è tra i comuni virtuosi, ha oltre 10 milioni di euro bloccati per il patto. «Soldi dei cittadini fermi, mentre si dovrebbero e potrebbero usare per garantire importanti servizi, realizzare opere fondamentali e primarie nel campo dell’edilizia scolastica, degli impianti sportivi oltre ad assicurare un’adeguata manutenzione delle strade e degli immobili comunali - ribadisce l’assessore Milesi -. Il totale dei progetti già approvati dalla giunta comunale ammonta a 6.438.062,22 euro. Ma potremmo fare molto di più se ci lasciassero lavorare per il bene comune».


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Luxary: Lario Bergauto e le Rolls Royce

una selezionata clientela di estimatori, giovedì 17 ottobre, la concessionaria BMW Lario Bergauto ha presentato la nuova Rolls Royce Wraith Coupé. Nella sede storica di Via Campagnola si sono tenute le prove su strada della berlina Rolls Royce Ghost e della nuovissima coupé Rolls Royce Wraith. Tecnici specialisti del Marchio hanno assistito gli ospiti alla guida del “Mito” trasmettendo la loro competenza per far godere al meglio l’altissima qualità del marchio inglese affinato dalla tecnologia tedesca. Rolls Royce Motor Cars è una società di BMW AG di cui Lario Bergauto è concessionaria nelle province di Bergamo, Lecco e Sondrio. Il Gruppo di cui fa parte Lario Bergauto è stato fondato da Renato Mariani nel 1955, è costituito da 12 concessionarie rappresentanti 10 marchi ed è attual-

mente diretto dal figlio Saul Mariani. Per l’occasione è stata allestita una lounge Rolls Royce nel soppalco dello show room BMW, gli invitati sono stati accolti con ostriche Belon di Bretagna, champagne Krug e Ruinart rosé, il meglio selezionato dal Bobadilla. L’elegante allestimento floreale di H2O ed i cadeaux di Jo Malone London hanno fatto da cornice al prestigioso evento.

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Febal Casa, showroom per palati fini

Apertura all’insegna di buona cucina e stile per lo store monomarca aperto in collaborazione con L’Artigiana del Mobile, azienda di Paladina specializzata nel mobile artigianale e di qualità

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ooking show per mostrare «sul campo» usi ed eccellenze delle cucine Febal e degli elettrodomestici Electrolux Rex, e per deliziare i palati dei presenti – con risotti, pesce, ravioli, verdure e finger food in genere - all’interno di un reale spazio abitativo, in cui un percorso tematico guidato conduce il visitatore attraverso una casa pensata, suggerita secondo le idee di uno stile inconsueto, capace di emozionare. Apertura all’insegna del gusto lo scorso 5 ottobre per il nuovo Febal Casa store, in Via Bellini 41, sulla rotonda della Briantea a Longuelo. Uno showroom aperto in collaborazione con L’Artigiana del Mobile, azienda di Paladina nata nel 1966, specializzata nel mobile artigianale e di qualità. Una «vetrina» ad alto impatto di 350 metri quadrati, con una vasta area tecnica (con centinaia di «campioni» tra cui scegliere) dove studiare la soluzione

ideale insieme al cliente. Non solo cucine, dunque, settore di partenza del brand, ma arredamento per tutti gli ambienti: Febal, da sempre associato nel mondo delle cucine a un concetto di design ricercato e di qualità, ha sviluppato programmi d’arredo completi per tutta la casa (anche zona living e notte) mantenendo inalterata la filosofia costituita da qualità Made in Italy, innovazione, possibilità vastissima di personalizzazione del prodotto. «Per la creazione dello showroom monomarca - spiega Fabio D’Adda, titolare de L’Artigiana del Mobile in società con Yuri Locatelli – Febal, con cui lavoriamo da vent’anni, ha deciso di appoggiarsi a noi. Loro ci hanno messo il prestigio del brand e dei prodotti, noi il buon nome nei servizi di vendita, nel montaggio, nell’assistenza al cliente». Nella sede di Paladina infatti - 1500 metri quadri di esposizione

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su tre livelli - opera uno staff completo di progettisti, montatori e consulenti per l’acquisto, più 450 mq di falegnameria dove si effettuano modifiche su misura. Il background, quindi, è ottimo. Per il nuovo store, infine, i primi segnali di risposta del pubblico sono positivi, «ma vedremo i frutti del nostro progetto solo tra qualche mese», conclude D’Adda.

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Ecco Revelation, la magia che svela l’anima dell’orologio

Presentato in anteprima nazionale alla Serafino Consoli il nuovo brand dell’alta orologeria svizzera Revelation. Sfrutta un sistema meccanico brevettato che consente al quadrante di svelare i meccanismi dell’orologio

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RU M E L LO D E L M O N T E (BG), 21 ottobre 2013 - E’ stato “Chronosphere”, l’avveniristico concept della Serafino Consoli, il teatro ideale per la presentazione in anteprima italiana del nuovo brand di orologeria svizzera Revelation. Un marchio che sta muovendo i primi passi nel palcoscenico internazionale e che propone linee di orologi di manifattura dallo spirito innovativo. L’idea è quella di coniugare – grazie a una tecnologia rivoluzionaria - due realtà sostanzialmente opposte nel mondo dell’orologeria. “Dopo un’attenta analisi – ha spiegato nel corso della serata Olivier Leu, fondatore della maison insieme alla moglie Anouk Danthe – ci siamo resi conto che è possibile considerare gli orologi sotto due categorie fondamentali. Da una parte ci sono quelli

scheletrati che mettono in mostra i meccanismi e i particolari della manifattura, ma che spesso rendono difficile la lettura dell’ora. Dall’altra ci sono gli orologi che puntano sul design del quadrante, nascondendo sostanzialmente ciò che anima il meccanismo, ma rendendo agevole la visione dell’ora. Ecco noi abbiamo cercato di unire queste due famiglie in un unico orologio che consentisse, a seconda dell’esigenza di chi lo indossa di “rivelare” il meccanismo che sta sotto”. Come è possibile tutto questo? Grazie ad anni di studi e ricerche e all’applicazione dei principi della polarizzazione della luce grazie all’impiego di nanotecnologie. Infatti, il quadrante degli orologi Revelation sfrutta la possibilità di far filtrare o meno la luce come avviene – facendo un esempio esplicativo - con le veneziane delle finestre. Quando sono chiuse la luce non passa,

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quando sono aperte la luce passa e illumina ciò che sta all’interno. Così, in ambito microscopico, avviene per gli orologi Revelation. Ma attenzione, non è un processo elettronico, sicuramente più facile da gestire e realizzare, bensì un processo totalmente meccanico, che sfrutta gli sforzi anche di ricercatori del mondo universitario svizzero (il primo progetto di ricerca universitaria nell’ambito dell’orologeria finanziato dalla Confederazione Elvetica) per dar vita a un sistema brevettato ed esclusivo. E’ questo il principio che sta dietro una visione generale più ampia da parte dei coniugi Leu. Quella di scrivere una pagina nuova e autentica nel mondo dell’alta orologeria. Infatti entrambi sono professionisti del settore che in passato hanno lavorato

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per alcune delle più importanti maison come Jaeger-leCoultre, Audemars Piguet, Richard Mille e Tag Heuer. Dal 2005 hanno iniziato a lavorare in un progetto completamente loro e due anni più tardi è nata Revelation. “Per noi – ha spiegato Ivan Consoli, ceo della Serafino Consoli – la scelta di credere in questo nuovo progetto è stata in linea con

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la nostra filosofia che punta su innovazione, autenticità, emozione. Siamo in primi in Italia e tra i pochi al mondo ad aver fin da subito dato spazio alla rivoluzionaria idea di Olivier Leu. Tante cose ci accomunano a cominciare dalla ricerca verso prodotti che generino vero stupore e meraviglia nel pubblico degli appassionati”. Oggi Revelation si presenta sul mercato

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con l’evoluzione dell’originaria collezione RO1. Dalla R03, cronografi e flyback, alla RO4 con il sistema Tourbillon Manège che mette in luce tutta l’abilità orologiera della manifattura. Per saperne di più: www.revelationwatches.ch


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Un paese di Paperoni Il primato in materia di redditi in provincia va avanti da anni, con ulteriore conferma anche nelle ultime statistiche diffuse a livello nazionale dal Ministero delle Finanze. Gorle per quanto riguarda l’anno fiscale 2011 si conferma al primo posto tra i comuni più ricchi nella Bergamasca, con un reddito complessivo di 126.812.105 euro e con una media di 33.754 euro per contribuente. Significativo anche il fatto che ben 184 persone del paese hanno dichiarato almeno 100 mila euro, disegnando un’«èlite» che raggranella (si fa per dire) ben 29.806.280 euro. Nessuna novità neppure nelle posizioni successive della classifica: Bergamo resta seconda, Mozzo sul terzo gradino del podio, Cenate Sotto in quarta piazza. Ponteranica perde tre posizioni, dal quinto all’ottavo, superata da Ranica e Sarnico.

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Una volta c’era un vero castello. Notevole Villa Zavaritt Caffetteria Pasticceria

Gorle ha origini remote, che si spingono fino al periodo dell’impero romano, del quale sono state rinvenute numerose tombe e sepolture umane. Di tale periodo è il ponte sul fiume Serio, che collega Gorle con Scanzorosciate, chiamato Ponte Marzio. Il nome deriva dal quarto re di Roma Anco Marzio; tuttavia il ponte attualmente transitabile al traffico è un rifacimento del precedente, di cui resistono le fondamenta. Il primo documento scritto che attesta l’esistenza del nucleo abitativo di Gorle risale all’anno 879. In epoca medievale il paese vide la costruzione di numerosi edifici, tra cui un castello di cui parla la testimonianza del capitano della Serenissima, Giovanni da Lezze. L’edificio risale circa all’XI secolo, quando venne edificato come fortificazione collettiva, opera di più persone del posto. In seguito passò nelle mani di ecclesiastici, che vi collocarono una delle loro residenze. Nel corso del XVI secolo la struttura fu soggetta a numerose modifiche ed alterazioni, tanto da renderne attualmente incerta persino la collocazione. Si pensa comunque che fosse compresa nell’attuale Villa Zavaritt, costruzione di notevole interesse edificata dal vescovo Regazzoni nel 1570, nei sotterranei della quale sono state rinvenute alcune tombe di epoca romana. Strutturata in stile rinascimentale e posta ai margini dell’attuale centro abitato, possiede un grande giardino.

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Le nuove frontiere del digitale

Studenti, laureati, docenti, esperti di ICT e nuovi media a confronto in occasione del terzo incontro organizzato da LUBERG, l'associazione dei laureati dell'università di Bergamo.

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avvento delle nuove tecnologie digitali ha rivoluzionato, nel corso degli ultimi vent’anni, comportamenti individuali e sociali, trasformando le modalità di comunicazione e di relazione fra le persone. Internet, web, social network, user generated content, pc, smartphone e tablet hanno ridefinito bisogni e desideri degli individui: è cresciuto il bisogno di comunicare, di accedere alle informazioni, di essere sempre e comunque connessi. Prospettive ed effetti delle nuove tecnologie sono stati i temi discussi durante il terzo incontro dei laureati, organizzato lo scorso 24 ottobre da LUBERG, alla Vecchia Filanda di Brusaporto. Come ha spiegato il direttore di DDAY.it, Gianfranco Giardina, moderatore della serata, "fenomeni che oggi sembrano consolidati in realtà hanno avuto origine solo pochi anni fa: basti pensare che Facebook è nato nel 2004 e il primo filmato su Youtube è stato caricato nel 2005. Siamo di fronte ad uno scenario che impone accele-

razioni e cambiamenti rapidissimi. L'Italia purtroppo è agli ultimi posti in Europa per le tecnologie, sia per infrastrutture sia per cultura. I percorso scolastici spesso non sono all'altezza per la preparazione tecnologica, che può aiutare non solo a trovare un lavoro ma anche a inventarsi un'occupazione". L'importanza di una maggiore consapevolezza digitale per la formazione e l'apprendimento è stata ripresa anche da Marco Lazzari, presidente del corso di laurea in Scienze dell'educazione di Bergamo: "Bambini e adolescenti giocano, si informano e creano reti di contatto via Internet. Le tecnologie digitali offrono quindi anche numerose opportunità di sviluppo e apprendimento. Partecipando attivamente, i giovani imparano anche una tecnica culturale indispensabile per fronteggiare la vita quotidiana. Il sistema scolastico dovrebbe quindi essere dotato di strumenti che favoriscano lo sviluppo negli studenti del senso critico necessario a valutare i contenuti dei siti, riconoscerne i pericoli e a

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proteggersi in totale autonomia". Vincenzo Esposito, direttore della divisione piccole-medie imprese di Microsoft, ha invece sottolineato "l'importanza delle nuove tecnologie per lo sviluppo e la crescita delle nuove imprese. La digitalizzazione delle informazioni e dei processi rappresenta una grande opportunità perché le imprese, più velocemente che in passato, possono estendere il proprio business, superando i confini tradizionali". "Il tema di questo incontro", ha aggiunto in chiusura il presidente di LUBERG, Domenico Bosatelli, "è molto ampio e non può certo essere esaurito in una serata. Vogliamo quindi organizzare anche altri appuntamenti. Intendiamo trovare una sede, uno spazio ampio per fare della LUBERG un punto di ritrovo e di interscambio per tutti i laureati bergamaschi, anche in un clima conviviale". I prossimi appuntamenti dei laureati saranno comunicati - ça va sans dire - attraverso il sito dell'associazione (Luberg. it) e i profili Facebook e Linkedin.

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Festa annuale della Bocciofila Bergamasca

Grazie anche alla generosità della presidente Giuliana D'Ambrosio, che dedica sempre questa serata alla sua mamma, la signora Anna, il ricavato della serata è stato devoluto all'International Heart School

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abato 16 novembre la Bocciofila Bergamasca ha festeggiato presso il ristorante “Cantalupa” la chiusura dell’anno sociale 2013. Orgogliosa la presidente Giuliana D’Ambrosio, nonché organizzatrice della serata, che anche in questa occasione ha voluto festeggiare i suoi atleti nel migliore dei modi. Nulla è mancato per rendere la serata ancora più bella: la musica, la magia, i fuochi d’artificio e la... tombola... ormai diventata il pezzo clou di questa festa, festa che per i bergamaschi è diventato un appuntamento di quelli da non perdere. Anzi, per la precisione, l’appuntamento annuale dove clienti-amici e amici-clienti si riuniscono, sapendo di ritrovare sempre un ambiente fantastico. Gli atleti della Bocciofila Bergamasca premiati: - Brugali Valerio per il grande impegno

nella Bocciofila Bergamasca; - Rossoni Paolo, 1° miglior punteggio 2012-2013 e 1° classificato Gara Nazionale Tagliuno; - Ghilardi Bernardo, 2° miglior punteggio 2012-2013; - Quadri Claudio, 3° miglior punteggio 2012-2013. Premiati anche: Maria Elisabetta Galbussera, Lisa, per tanti anni di fedeltà alla Trattoria Giuliana e Crippa Osvaldo, uno dei Soci fondatori della Bocciofila Bergamasca. Il ricavato della serata è stato devoluto all'International Heart School.

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Paolo Ferrazzi, bergamasco Doc acquisito

Il professore, oggi direttore del Centro per la Cardiomiopatia Ipertrofica e Patologie Valvolari presso il Policlinico di Monza, è stato per 13 anni alla guida del Dipartimento Cardiovascolare degli Ospedali Riuniti

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a rivista Città dei Mille è nata con lo scopo di far conoscere Bergamo anche tramite le persone che con la loro professionalità le hanno dato lustro. Il professor Paolo Ferrazzi è sicuramente una di queste. Per ben tredici anni ha diretto il Dipartimento Cardiovascolare degli Ospedali Riuniti. Però il mio incontro con lui non è più, purtroppo, presso l’ospedale della città, perché dal mese di luglio il professore opera in quel di Monza. Ma la sua bergamaschità è ormai un dato acquisito a tal punto da farne un bergamasco Doc. Senza la g, certo, perché a Bergamo non è nato, ma ha contribuito a far conoscere la città nel mondo. Quindi, dicevo, non ci siamo visti in ospedale ma davanti a una tazza di caffè, dove mi ha parlato della sua nuova «residenza» ospedaliera. Il termine è appropriato: «residenza» perché gran parte della giornata il professor Ferrazzi la vive

in ospedale, non solo in sala operatoria, ma soprattutto accanto ai pazienti da lui operati. Questo significa che per tutti quelli che hanno subito un intervento il professore diventa la garanzia del futuro, la sicurezza che, di qualsiasi cosa abbiano bisogno, lui c’è. Non è poco, al giorno d’oggi: ormai la sanità italiana è presa quasi unicamente di mira da critiche negative. Sapere che ci sono medici che non guardano l’orologio a fine turno, ma lasciano il telefono sempre acceso per essere raggiunti in ogni momento, è confortante. Queste notizie le ho raccolte di prima mano, intervistando diverse persone che nel corso degli anni hanno avuto, nella sfortuna, la fortuna di essere stati pazienti del professore. È un concetto che voglio sottolineare: non sono stata io sua paziente, ne qualcuno a me caro. Quindi nessun coinvolgimento personale; semplicemente

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di Emanuela Lanfranco

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mi sembra giusto mettere in evidenza le positività. Professor Ferrazzi, la continuità del suo lavoro l’ha portata a operare a Monza, dove sicuramente avrà dei progetti. «L’esperienza che ho acquisito nel corso di questi anni sullo studio del trattamento della cardiomiopatia ipertrofica, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo (questa esperienza qualifica il professor Ferrazzi al 3° posto nel mondo, ndr), m’ha portato alla realizzazione di una nuova tecnica, in corso di pubblicazione, per il trattamento di questa malattia. È una patologia genetica che colpisce una persona su 500, e il 20% dei casi è di interesse chirurgico. Se non diagnosticata in tempo, può portare al decesso, in parole più semplici determina la temuta causa di morte sui campi sportivi. Le linee guida nazionali impongono di concentrare le esperienze in pochi istituti, per poter affrontare il paziente a 360 gradi dal punto di vista medico, chirurgico e in particolare genetico». Quindi possiamo dire che il Policlinico di Monza sarà la base di questo progetto? «Al Policlinico di Monza, ho istituito un Centro super specializzato in alcune patologie come la cardiomiopatia ipertrofica, l’insufficienza mitralica e altre cardiopatie valvolari con scompenso cardiaco. La mia intenzione inoltre, attraverso il nuovo Centro istituito presso il Policlinico di Monza, è quella di implementare dei centri super specializzati nel trattamento della cardiomiopatia ipertrofica all’estero, che facciano da riferimento nazionale abbracciando sia la parte clinica che di ricerca. Inoltre il Policlinico di Monza è presente con una struttura in Romania “Spitalul Monza” che associato all’International Heart School potrebbe avere una funzione di traslazione delle conoscenze nei paesi dell’Est europeo sia per la cardiomiopatia ipertrofica ma anche in altri tipi di chirurgia conservativa ». Potrebbe spiegare in parole semplici cosa intende per chirurgia conservativa? «Si tratta della ricostruzione di valvole miocardiche e della chirurgia coronaricaarteriosa, chirurgie che garantiscono risultati a lungo termine di sopravvivenza. L’espansione di queste tecniche permette

ai paesi in via di sviluppo di saltare lo stadio di utilizzo di protesi e altri interventi che necessitano poi terapie aggiuntive e di numerosi controlli per tutta la vita (vedi anticoagulanti), che rappresentano un problema di difficile gestione economica organizzativa per il paese. Al contrario le tecniche conservative danno una prospettiva di vita migliore per il futuro del paziente, ma sono tecniche più difficoltose dal punto di vista chirurgico». Professore, Lei dirige anche la già citata International Heart School, scuola fondata dal professor Lucio Parenzan, che in questi anni ha specializzato tanti cardiochirurghi. Oltre la materia specifica, cosa insegna ai suoi allievi? «Innanzitutto in questa scuola si punta alla formazione di “dottori in chirurgia”, non tecnici in chirurgia. Purtroppo la tendenza a formare dei tecnici super specializzati è uno dei difetti della medicina moderna. Infatti ritengo che ciò che premia sia sempre la componente umana, quindi bisogna investire sugli uomini. Una struttura all’avanguardia, senza la presenza degli uomini giusti che abbiano passione per il loro lavoro, rischia di perdere la sua anima e di non poter trasferire ai pazienti quello di cui hanno realmente bisogno: calore umano e ottime cure.

Quanti medici della scuola entreranno a far parte del nuovo progetto? «Sono stati selezionati 9 medici, 5 per la chirurgia pediatrica e 4 per gli adulti, che saranno distribuiti in base alle loro specialità tra il Policlinico di Monza, il San Gerardo di Monza, l’Ospedale Niguarda di Milano e l’A.O. Papa Giovanni XXIII di Bergamo». La scuola ha sede a Bergamo, c’è la possibilità che venga decentrata? «Prossimamente saranno istituite altre sedi dove poter istruire i nuovi medici nella loro area geografica di provenienza, per diminuire i costi, aumentare il numero di studenti». Professore, dopo quarant’anni di carriera ha deposto il bisturi a Bergamo per riprenderlo, praticamente il giorno dopo, al Policlinico di Monza. In tutti questi anni quanti interventi ha eseguito? Ha pensato, almeno una volta, di lasciare la professione? «Durante il mio percorso professionale ho eseguito 10.300 interventi suddivisi tra chirurgia congenita nei bambini, chirurgia acquisita negli adulti e trapianti di cuore. Ancora adesso mi sveglio la mattina felice di andare a trovare i pazienti operati, finché sentirò vivo questo stimolo ed avrò progetti in testa da realizzare continuerò a cercare di dare il massimo nella mia professione».

Luglio 2013 ad oggi: Direttore del Centro per la Cardiomiopatia Ipertrofica e le Cardiopatie Valvolari del Policlinico di Monza. 2009 ad oggi: Direttore dell’International Heart School – Fondazione di Bergamo per la Formazione Medica continua – ONLUS. 2000 a Giugno 2013: Direttore Dipartimento Cardiovascolare Clinico e di Ricerca dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo. 1999 a Giugno 2013: Direttore Unità Struttura Complessa di Cardiochirurgia dell'Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo. 1995-1999: Primario Unità Operativa di Cardiochirurgia dell'adulto presso lo Stabilimento di Massa (Ospedale G. Pasquinucci) dell’Azienda Ospedaliera CREAS-IFC del CNR: 1987-1995 Aiuto Corresponsabile presso la Divisione di Cardiochirurgia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, 1985.1995 Responsabile e Coordinatore del Programma Trapianti presso la sua Divisione. 1984 Special Fellow: presso l'University of Alabama a Birmingham (USA), diretta dal Dott. J.W. Kirklin. 1973.1987: Assistente Medico presso la Divisione di Cardiochirurgia degli Ospedali Riuniti di Bergamo. PROGRAMMI CLINICI IMPLEMENTATI DAL DOTT. PAOLO FERRAZZI PRESSO GLI OSPEDALI RIUNITI DI BERGAMO ANNO INTERVENTO 1985 Arteria mammaria per chirurgia dei by pass 1985 Trapianto cardiaco (terzo in Italia) 1987 Trapianto pediatrico 1988 Assistenza ventricolare meccanica più lunga al mondo 1988 Primo ECMO in Europa post cardiotomico 1990 Ricostruzione della valvola mitralica 1991 Primo trapianto Cuore-Polmone in Italia 1993 Ricostruzione della valvola aortica 2002 Chirurgia dello scompenso cardiaco -STICH Trial2005 Ideatore di una nuova tecnica chirurgica per la riparazione di aneurismi apicali 2010 Ideatore di un nuovo intervento per il trattamento della Cardiomiopatia ipertrofica 2012 Il dott. Ferrazzi è il Chirurgo che ha effettuato il più alto numero di interventi di cardiomiopatia ipertrofica in Europa

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In città il top dell’artigianato alimentare sardo

Antonella Pinna ha aperto a Bergamo il nuovo showroom Eticalimenta. Nel nord della Sardegna la sua famiglia possiede 170 ettari di terreno adibiti alla coltivazione di ulivi ultracentenari e verdure

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Ittari, in provincia di Sassari, i fratelli Pinna possiedono 170 ettari di terreno, adibiti alla coltivazione di ulivi ultracentenari «Bosana», cultivar diffusa nel Nord della Sardegna. E a Bergamo, in via E. Baschenis 9/e, è stato inaugurato il nuovo showroom Eticalimenta, dove Antonella Pinna ha creato un magnifico luogo di incontro tra prodotti di alto artigianato alimentare e il consumatore. Dottoressa Pinna, come nasce l’idea di portare a Bergamo i prodotti della sua azienda? «L’azienda agricola appartiene alla nostra famiglia sin dai primi del ‘900, e abbiamo iniziato a commercializzare i prodotti nel 1999. È sempre stata gestita da mio padre direttamente. Poi i miei fratelli, Gavino e Leonardo, decisero di abbandonare

le loro carriere per dedicarsi anche loro alla nostra terra e infine io, quando mio padre si ammalò, dovetti rimboccarmi le maniche e iniziare questa attività». Avete iniziato con la produzione di olio. «Sì, eravamo partiti con la parte olearia: avevamo deciso di fare olio di qualità e di commercializzalo noi direttamente. Erano gli anni in cui gran parte della gente non capiva la differenza tra gli oli, quindi l’idea di mettere sul mercato un prodotto di altissima qualità, che fosse poi poco rispondente ai gusti della gente, aveva di fronte a sé una strada tortuosa: non tutti erano disposti a pagare per il reale valore dell’olio. Insomma, anni pioneristici. Il percorso è stato lungo però ci ha dato soddisfazioni». La coltivazione poi è stata diversificata. «Una parte dell’azienda è stata destinata

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di Emanuela Lanfranco

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a coltivazioni di verdura. Siamo anche produttori di carciofo spinoso sardo, che vendiamo ai mercati generali, e utilizzando le ricette di famiglia con l’aiuto di mia madre Maria Caterina abbiamo deciso di usare l’olio per la conservazione di queste verdure. Ci siamo premuniti di un laboratorio nostro e abbiamo iniziato la produzione. Coltiviamo con metodi naturali, oltre ai carciofi, asparagi, favette, peperoni, cipolline, melanzane, bietole selvatiche, cavolfiori e zucchine». Durante il vostro percorso avete avuto

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la fortuna di incontrare un grande personaggio, bergamasco... «Abbiamo conosciuto Gino Veronelli, che aveva iniziato a occuparsi di olio, e in modo particolare di olio denocciolato. Ci propose di differenziare la nostra azienda con la produzione di olio denocciolato: abbiamo acquistato il frantoio più idoneo e abbiamo sposato questo progetto, assai rischioso perché 12 anni fa la gente non accettava l’idea di pagare l’olio un prezzo alto. Ma di questo progetto, cavalcato da Veronelli come solo lui sapeva fare, ce ne

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siamo innamorati, così come del prodotto che nasceva da quel progetto, soprattutto perché a noi è sempre stato a cuore fare ricerca». Quindi, dall’incontro con Veronelli avete cominciato a produrre un altro tipo di olio. «Gli oliveti cha avevamo erano di unica tipologia di albero, Bosana, quindi volevamo capire se da questa cultivar potevamo, frangendola con nuovi sistemi, ottenere prodotti diversi. Quindi abbiamo affiancato all’olio tradizionale della nostra


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azienda questo denocciolato. In realtà facevamo già un prodotto di altissima qualità, riconosciuto a livello nazionale e internazionale, quindi abbiamo sostanzialmente voluto studiare le ulteriori potenzialità di questa cultivar». E da questo sistema di lavorazione dell’olio avete creato anche la vostra linea di prodotti gastronomici. «Mettere insieme le due cose, la qualità dell’olio con le verdure, ci ha dato ragione». Dottoressa Pinna, lei si occupa prevalentemente della commercializzazione del prodotto. «Sono entrata in azienda quando mio padre si è ritirato, e mi sono sempre occupata dei clienti, delle fiere. In questo percorso ho conosciuto tante aziende,

tanti personaggi , forse i più significativi di questo settore, e così mi è venuta l’idea di Eticalimenta. La mia curiosità gastronomica, il desiderio di far conoscere i prodotti della mia terra e di salvaguardare la genuinità degli alimenti della nostra azienda, che dal produttore vanno direttamente al consumatore, ci ha portato ha creare questo marchio. Un marchio di commercializzazione, non di produzione, che raggruppa, oltre ai nostri, prodotti e artigiani di grandissimo livello. Quindi a noi si appoggiano le aziende che vogliono il contatto diretto con il produttore». Eticalimenta, a Bergamo, possiamo definirlo spaccio diretto aziendale? «Si, la scelta di avere un luogo fisso dove poter commercializzare i nostri prodotti è stata fatta sia per avere una visione dei

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prodotti che per dare anche al privato la possibilità di conoscere e acquistare direttamente i prodotti». Potremmo tradurre il nome in «etica dell’alimentazione»? «La nostra è un’alimentazione salutistica. La nostra azienda si è impegnata sia nel rispetto della qualità dei prodotti che dell’ambiente. Abbiamo un impianto fotovoltaico, abbiamo cercato di non creare rifiuti in azienda - utilizziamo i noccioli delle olive come fonte energetica -, la sansa (residuo solido di olive dalla produzione dell’olio, ndr) la utilizziamo in campagna, non abbiamo reflui, gli avanzi della lavorazione delle verdure vengo trinciati e usati come concime. Impatto zero, in sostanza. Lo stesso vale per i prodotti che commercializziamo, che selezioniamo: sono caratterizzati da uso di materie prime del territorio e farine del territorio, quindi grano coltivato in Sardegna. E le nocciole per i torroni o dei cioccolatini sono sarde. Niente conservanti, ovviamente: rispetto per l’ambiente ma anche e soprattutto per la salute del consumatore. Ora mi sto muovendo verso i prodotti integrali: ho selezionato un pane integrale, ma anche un pane carasau integrale di un forno che lavora a legna». C’è un apertura di Eticalimenta verso altri territori. «L’Italia produce qualità e aprirsi verso altri territori è la naturale conseguenza della filosofia di Eticalimenta». Il consumatore è diventato più attento, sa leggere le etichette. «Sì, è molto informato, e questo grazie anche alla disponibilità di alcun produttori che hanno creato un circuito di qualità dei prodotti. Eticalimenta è tutto questo, da noi trovi il prodotto finito, con tutta la sua storia dietro, raccontata direttamente da noi produttori. Per esempio per Natale abbiamo una grande richiesta di prodotti per confezionare pacchi regalo; è richiesto proprio il prodotto alimentare di qualità, e a disposizione dei clienti ci sarà tutta la nostra massima disponibilità anche per l’informazione su Eticalimenta».

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La Cina è vicina. Grazie a un bergamasco

Lorenzo Riccardi collabora con molte aziende italiane che investono in Asia, dove vive da 7 anni. «Bisogna conoscere il territorio, la normativa locale, saper gestire i gap linguistici e culturali»

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i sente sempre parlare di fuga di cervelli. Anche bergamaschi. A volte però l'andare a lavorare all'estero è praticamente una necessità dettata dal settore di preparazione, dalla passione, dalle direzioni prese dal business globalizzato. Senza professionisti come Lorenzo Riccardi investire in Asia sarebbe impresa ardua. Tra le sue attività più complesse e di maggior successo da citare l’assistenza al Gruppo Ferrero nei rapporti con l’amministrazione finanziaria cinese in ambito fiscale e con uno studio specifico sui prezzi di trasferimento. Come spiegherebbe la sua professione a un non addetto ai lavori? «Sono un dottore commercialista con base in Asia da oltre 7 anni. Mi sono specializzato in fiscalità internazionale e asiatica, seguendo un buon numero di

investimenti italiani nella regione. Mi occupo di bilanci, diritto societario e tributario, contabilità e amministrazione di società produttive e commerciali in Cina, Vietnam, Hong Kong, Singapore e Sud Est Asiatico. Più o meno quello di cui si occupa uno studio professionale di dottori commercialisti italiano ma a oltre 10 mila km di distanza dall’Italia. Per fare questo bisogna conoscere il territorio, la normativa locale e gestire una serie di gap linguistici e culturali che determinano forti distinzioni tra Europa e Asia». Fa gola a molti, la Cina. E sono sempre più le aziende bergamasche che vi investono. Quali i settori in cui il terreno è più fertile, quali le chances, quali i rischi? «Al momento i settori del fashion retail e del lusso made in Italy sono quelli che

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di Fabio Cuminetti

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maggiormente attraggono investimenti dall’Italia, dai marchi più famosi a quelli meno conosciuti ma con alto potenziale. Trussardi, ad esempio, tra i gruppi che vengono da Bergamo si sta impegnando in modo importante nel promuovere il proprio brand in Cina e in Estremo Oriente. Oltre al fashion retail e ai marchi del lusso come Ermenegildo Zegna, Giorgio Armani, tra i primi ad arrivare nel paese e Prada che ha scelto la strada di un Ipo alla borsa di Hong Kong, arrivano ora brand di seconda fascia, oltre ad accessori, gioelli e un panorama di brand sempre più ampio. Si aggiunge a questo l’apertura della nuova Free Trade Zone, recentemente inaugurata a Shanghai, che potrebbe rappresentare la svolta per l’ingresso in Cina di importanti player internazionali che fino ad oggi hanno preferito Hong Kong e Singapore come sede primaria per il controllo del proprio investimento in Asia Orientale». Free Trade Zone, ovvero un’area in cui il governo fissa condizioni agevolate per l'esercizio dell'attività imprenditoriale. «Esatto. Entro un’area di ventinove chilometri quadrati sarà consentito alle istituzioni finanziarie estere di operare con una maggiore libertà rispetto al resto della Cina. Il primo passo sarà trasformare Shanghai in un centro finanziario internazionale e in seguito, attraverso l’estensione della riforma a tutto il territorio cinese, invertire la tendenza che fino a ieri vedeva l'economia del Paese orientata alla produzione per l'export. Il Consiglio di Stato Cinese ha infatti dichiarato che tali misure sono solo il primo passo di una più profonda riforma finalizzata a promuovere l’innovazione, si tratterebbe insomma di un esperimento per testare l’introduzione di una riforma economica e finanziaria di portata nazionale. All’interno della Ftz vi sarà un libero flusso di capitali esteri, sarà garantita la piena convertibilità della valuta nazionale, le aziende potranno importare beni nella Ftz e sarà consentito condurre business offshore per le banche cinesi qualificate».

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Parlavamo di aziende bergamasche: con quali ha avuto a che fare, a parte Trussardi? «Piccoli e grandi gruppi tra cui Radigi group, Alfa parf, Stucchi, Ire Omba, Comelit e altre società di dimensioni più piccole ma ad elevato potenziale». Un mercato immenso, quello cinese. Produrre direttamente in loco quanto può aumentare le possibilità di sfruttarlo? O è più che altro una meta ambita per il basso costo del lavoro? «Non è più molto ambita per questo motivo, a dire il vero. Certo la Cina resta la “fabbrica del pianeta”, ma il futuro del basso costo della mano d’opera è destinato a spostarsi verso il Vietnam e altri paesi del sud est asiatico. Piuttosto la Cina ha dimostrato grande capacità di attrarre marchi del lusso e investimenti nell’automotive. Pechino rappresenta oggi il principale mercato di sbocco per moltissimi settori e al tempo stesso il luogo ideale dove produrre, anche se a costi sempre più alti. L’Europa dell’est presenta mediamente costi inferiori rispetto alle città costiere della Cina continentale; oggi la Cina punta a sviluppare il consumo interno e non guarda più all’export. Vietnam e Indonesia rappresentano valide alternative per l’outsourcing produttivo creando sinergie nello sviluppo economico regionale». Si parla di un rallentamento anche dell’economia cinese. Che comunque rispetto all’Europa corre. La sua opinione da un punto di vista privilegiato. «Il Pil della Cina non può continuare a crescere a ritmi così sostenuti. Credo però che l’introduzione della Free Trade Zone possa comunque prolungare questo trend. Inoltre, si considera che i paesi dell’associazione Asean (Associazione delle Nazioni del sud est asiatico) garantiranno uno sviluppo continuo insieme a Pechino per i prossimi vent’anni. Dal 2015 verrà infatti implementato un sistema di accordi locali e internazionali per creare tra la Cina e i paesi del sud

est asiatico la più grande area di libero scambio al mondo, con agevolazioni o esenzioni sui dazi ed un sistema territoriale che privilegia gli investimenti localizzati all’interno dell’area. Piaggio e Ducati sono due esempi tipici di questa strategia regionale, con stabilimenti produttivi ad Hanoi e Bangkok puntano a sviluppare un mercato esteso a Cina e sud est asiatico, con forti agevolazioni su dazi e transazioni internazionali». Quali gli studi e le esperienze decisive per il suo “sbarco” in Cina? È stata una scelta fortemente voluta fin dall’inizio o maturata a contatto con la realtà lavorativa? «Ho studiato economia in Italia e mi sono trasferito in Asia dopo aver ottenuto l’abilitazione di dottore commercialista. Ho Studiato alla Univeristy of International Business and Economy di Pechino e mi sono specializzato in fiscalità internazionale seguendo il corso di International Tax Law all’Ibfd di Kuala Lumpur. L’interesse per l’Asia nasce però da tanti viaggi fatti in passato, tra India, Cina e paesi del sud est asiatico. Chi vive e lavora per lungo tempo in questi paesi unisce sempre l’interesse per una carriera internazionale alla passione per culture e paesi che rappresen-

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tano un mondo nuovo, esotico e pieno di fascino». Come si trova un italiano, e più specificamente un bergamasco, in Cina? «A Shanghai esiste una comunità di 5 mila italiani e tra questi i bergamaschi rappresentano un buon numero. Dalla nostra città arrivano manager, professionisti e imprenditori che seguono le aziende del territorio. Brembo, che rappresenta il principale investimento bergamasco in Cina, porta molti manager del territorio, insieme a tutti i gruppi di media dimensione che hanno una filiale nel paese. Certo per rimanere a lungo termine è necessario apprezzare le qualità e accettare i difetti di questo Paese che per cultura è molto diverso dall’Italia». Torna spesso a Bergamo? «Le radici e le relazioni contano molto nel lavoro di un professionista, per questo motivo cerco di tornare in Italia almeno una volta ogni due/tre mesi. Quando sono a Bergamo incontro gli imprenditori per parlare di Cina e gli amici per riscoprire la qualità delle nostre belle città. A Shanghai si impara la reattività e si resta affascinati dal dinamismo, ma la qualità della vita rimane a Bergamo, in un caffè in Città Alta o in una passeggiata sui colli». Tempo libero: ne ha, innanzitutto? Cosa preferisce fare? «Sono appassionato di arte contemporanea e di cinema. Anche queste passioni sono spesso legate all’Asia dove vi sono molti buoni artisti e registi d’eccezione. Amo anche viaggiare, ricordo con piacere le escursioni e i paesaggi in Nepal, Mongolia e Tibet, mentre il viaggio più lungo é stato nel 2011: Shanghai– Bergamo via terra, percorrendo la transiberiana e ogni frontiera fino all’Italia». Sogni per il futuro. «Sogno di continuare a viaggiare e di partecipare a progetti interessanti, stimolanti e innovativi. Mi piacerebbe continuare a lavorare con la stessa passione di ora, cogliendo il meglio del momento di sviluppo in Asia e delle qualità che ancora ha l’Italia». DIC 2013-GEN 2014


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IL MAGGIORDOMO CONSIGLIA A cura della Associazione Italiana Maggiordomi

L’invito

Si invita con una telefonata per una colazione, un thè, un cocktail o un pranzo. Ma all’invito telefonico si fa seguire un biglietto da visita per memoria se si tratta di una colazione, di un cocktail o di un pranzo importanti. L’invito telefonico deve essere preciso e gentile, alcune frasi come “venga tra l’una e l’una e mezza” possono mettere l’invitato in imbarazzo. Se si invita la sera, per una cena (o pranzo serale), si specifica come devono essere vestiti i signori, per esempio se si tratta di una cena minore si dirà vestito normale. Il signore capirà che deve venire in blu o in grigio fumo. Se invece gli verrà detto cravatta nera capirà che lo si aspetta in smoking, se gli uomini sono in smoking, le signore saranno in abito lungo. Invitando una signora sola, la padrona di casa preciserà anche a lei vestito da pomeriggio oppure da sera. Se la persona che si desidera invitare, al momento della telefonata, non è in casa si può lasciare detto a chi risponde o all’assistente, invece se si tratta di una persona di riguardo, o è la prima volta che la si invita, sarà corretto richiamare personalmente più tardi. Ci si “sdebita” di un pranzo o meglio colazione, quando si è stati invitati in casa per la prima volta, mandando dei fiori o un omaggio gradito. È sempre meglio mandarli il giorno stesso. I fiori vengono accompagnati da un biglietto da visita con poche parole, intonati ai rapporti che intercorrono tra chi invita e chi è invitato, preferibilmente scritto a mano. Se non si accetta un invito a pranzo/colazione non si mandano fiori, ma se dopo aver accettato si è costretti per qualche circostanza imprevista a disdire, i fiori verranno mandati lo stesso, preceduti da una telefonata di scuse. Se è la padrona di casa a dover disdire il pranzo o la cena, telefonerà personalmente agli invitati o manderà un biglietto, per giustificarsi.

I tempi corretti per mandare un invito. L’invito a un avvenimento informale può essere fatto per telefono, telefonando almeno 3 giorni prima dell’evento oppure scrivendo una mail con almeno una settimana di anticipo. Se si tratta, invece, di un’occasione formale è bene spedire l’invito almeno 15/20 giorni prima. Il contenuto dell’invito. Per primo dobbiamo scegliere una carta adeguata alla formalità dell’evento, in seguito verranno annottate, a penna, le informazioni utili avendo cura che la grafia risulti ben leggibile. L’invito deve contenere: - mittente - data e ora per accogliere gli invitati - luogo in cui ricevere i vostri ospiti - breve descrizione dell'evento (pranzo/colazione o cena seduti, a buffet, ecc.) - un numero di telefono da chiamare per la conferma - indicazioni sul vestito adeguato all'evento (dress code) solo se si tratta di una cena particolarmente formale. Inoltre è opportuno, nell'invito stampato, in basso a sinistra, scrivere sempre la sigla R.S.V.P. (répondez s'il vous plait) o P.C. (pregasi confermare) per avere certezze su chi sarà presente.

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Talento, impegno e passione

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l riconoscimento e la valorizzazione del talento è uno dei principali valori che orienta l'azione dell'associazione dei laureati. Il talento non è una qualità astratta ma si manifesta nella quotidianità sotto forma di creatività, passione, impegno e determinazione. E si può esprimere come prodotto culturale/artistico, come proficuo percorso di studio, o come brillante carriera professionale. Per questa ragione, anche ne 2013 LUBERG ha identificato laureati e studenti che nel corso dell'anno si sono distinti per il talento, conferendo il premio ai vincitori del concorso letterario 2013 e nominando il laureato e i neolaureati dell'anno. La cerimonia di premiazione si è tenuta lo scorso 25 novembre nel meraviglioso contesto della Sala Conferenze (Aula 5) della sede di Sant'Agostino dell'università. CONCORSO LETTERARIO Si sono chiuse il 21 giugno scorso con la presentazione di 67 racconti le iscrizioni alla prima edizione 2013 del concorso letterario LUBERG. Rivolto ai soci LUBERG, ai

laureati e agli studenti di tutti i dipartimenti dell’Università di Bergamo, il concorso 2013 è stato organizzato con l'obiettivo di rafforzare il rapporto con la lettura e la scrittura. Presidenti onorari di questa prima edizione del concorso sono stati il regista bergamasco Ermanno Olmi, il presidente di Luberg Domenico Bosatelli e il rettore dell’università di Bergamo Stefano Paleari. La giuria, presieduta da Franco Brevini, ha identificato tre racconti fra i dieci finalisti: Francesco Bernuzzi, Giorgio Donadoni, Michele Foresti, Andrea Grassi, Caterina Gritti, Erica Locatelli, Giovanni Matteo Merla, Paolo Pirrone, Andrea Rundo, Gianni Vacchelli. LAUREATO DELL'ANNO Sin dalla sua costituzione LUBERG ha posto nel suo programma di individuare e premiare un laureato encomiabile dell’Università di Bergamo. L’assegnazione del premio alla carriera per il laureato dell’anno viene effettuata tra i laureati che hanno raggiunto eccellenti traguardi professionali,

distinguendosi per capacità e intraprendenza nei campi dell’industria, del commercio, della finanza, della Pubblica Amministrazione o del mondo Accademico. Per l'anno 2013 il Consiglio Direttivo di LUBERG ha deciso di candidare al premio laureati dell'Università degli Studi di Bergamo che si siano distinti nel campo dell'imprenditorialità. NEOLAUREATI DELL'ANNO Il titolo di neolaureato dell'anno viene conferito a tutti gli studenti (un laureato per dipartimento) che si sono distinti per un curriculum studiorum particolarmente brillante, per i risultati conseguiti nel corso di laurea, per l’originalità, per il rigore scientifico della tesi o per i tempi di conseguimento della laurea medesima. Lo scorso novembre sono stati insigniti del premio gli studenti Greta Ambrogi (Lingue, letterature straniere e Comunicazione), Darwine Dalvecchio (Lettere e Filosofia), Stefano Duci (Ingegneria), Barbara Galbusera (Scienze umane e sociali), Gabriele Pelliccioli (Giurisprudenza), Kinzica Laura Soldano (Scienze aziendali, economiche e metodi quantitativi). CONVENZIONI E VANTAGGI Per l'anno 2013/2014 è stato stipulato un nuovo accordo anche on il Teatro Donizetti che consentirà a tutti i soci LUBERG di seguire gli spettacoli a tariffa ridotta. La riduzione sarà valida per tutti i giorni di spettacolo della stagione "Altri percorsi" (parte della rassegna si svolge al Teatro Sociale in Città Alta) e nelle giornate di martedì, mercoledì e giovedì non festivi, della stagione di prosa 2013-2014. Per ottenere la riduzione è sufficiente che i soci presentino alla biglietteria del Teatro Donizetti una tessera di appartenenza all’associazione (la riduzione è valida solo per il possessore della tessera). Per ulteriori dettagli consultare il sito Luberg.it

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*Enologia di Pietro Pellegrini

Solive, dal Franciacorta tutta la passione per il territorio

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uando ho incontrato Gian Mario Bariselli e la sua famiglia non ho avuto bisogno di molto tempo per capire che Solive sarebbe stata l’Azienda giusta per noi. La cantina, i suoi vini, l’azienda agricola e le persone che la conducono da anni con passione, mi hanno fatto respirare… la giusta aria in Franciacorta. È dalla condivisione degli stessi principi, dal rispetto della naturale espressione del territorio, nel segno della tradizione e di una sana innovazione, unita alla centenaria esperienza nel settore di riferimento, che è nato uno stretto legame tra le nostre due aziende. Dalla suggestiva posizione che domina i vigneti della collina Bellavista, Cantina Solive abbraccia il cuore della Franciacorta fino al lago d’Iseo: 30 ettari dislocati nelle tenute di Torbiato, Adro e Corte Franca, coltivati a vite, producono l’uva necessaria per la vinificazione di cinque differenti proposte di bollicine a catalogo - Franciacorta Docg Brut, Franciacorta Docg Satèn, Franciacorta Docg Rosè, Franciacorta Docg Pas Dosè, Giòsep Millesimato – e di due vini fermi, il Curtefranca Doc Bianco e Curtefranca Doc Rosso. Le colline moreniche del lago Sebino, che degradano dolcemente verso la pianura Padana, offrono alle vigne un bacino ben esposto al sole, mitigato dal vicino lago e protetto dall’arco alpino, particolarmente favorevole per la viticoltura. Per degustare questi vini e i prodotti del territorio, tra le vigne e i roseti, la famiglia Bariselli possiede anche un agriturismo con ristorante ed accoglienti alloggi. Una location d’altri tempi, espressione delle tradizioni e dell’accoglienza familiare, con una vista panoramica mozzafiato sulla campagna circostante. Gli amanti

della natura possono rifugiarsi qui, per lasciarsi allietare dalle proposte della tradizione enogastronomica del Franciacorta, lasciandosi coinvolgere da un ritmo di vita diverso e antico, immersi in una struttura rurale, recentemente restaurata. Poco distante, sorge un piccolo Museo Contadino che cela una rara collezione di attrezzi e macchinari agricoli d’epoca, fra i vari pezzi oggi introvabili, campeggia su tutti il “Locomobile”, il primo motore Landini. Le origini di Cantina Solive, il cui nome evoca lo splendere del sole sulle vigne nel cuore del Franciacorta, partono dal lontano 1898, dalla passione per il territorio di una famiglia di allevatori e agricoltori nel cuore di Torbiato. È nel 1922 che viene acquisito il primo appezzamento di terreno e, grazie alla tenacia e alla dedizione al lavoro, il figlio Giuseppe e i nipoti Gian Battista e Francesco riescono ad acquisire la grande cascina nel borgo storico di Torbiato e i terreni che formano le attuali proprietà di famiglia. Successivamente, nel 1975, vengono impiantati i primi vitigni e rinnovati i vitigni storici, già sulle terre acquisite. Nel 2002 nasce la cantina Solive nel comune di Erbusco: una nuova costruzione, sviluppata su quattro piani per una superficie coperta di 2.800 mq che sorge in posizione collinare panoramica, immersa tra i vigneti della collina Bellavista. L’architettura, personalmente ideata da Gian Mario Bariselli, recupera le tradizionali tipologie rurali, con un sensibile utilizzo dei materiali locali: dal mattone alla pietra di Sarnico e di Credaro, dai coppi in cotto recuperati alle possenti

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travature lignee e gli intonaci a calce. L’inaugurazione della cantina Solive e della collezione Solive Franciacorta DOCG avviene successivamente nel 2010. Oggi nella grande cascina nel cuore di Torbiato di Adro vivono le famiglie di Gianbattista e Francesco, con i rispettivi figli e nipoti. In questa grande famiglia patriarcale, il lavoro e l’amore per la campagna vengono tramandati con serenità e armonia da 5 generazioni. Solo conoscendo di persona questa gente è possibile percepirne la straordinaria unità, la naturale capacità di condivisione, la forza motrice che muove il loro progetto di vita. È proprio per questo forte legame con le radici che il primo millesimato di Cantina Solive, presentato in occasione del Vinitaly 2013 a Verona, viene dedicato alla figura esemplare del nonno Giuseppe. Pieno, elegante e di grande personalità, il Franciacorta Giòsep si presenta alla vista di un color giallo inteso e acceso, con riflessi oro. Dal perlage fine e persistente, sprigiona un profumo intenso ed evoluto di lieviti e crosta di pane, con gradevoli sentori di miele e frutta matura, esaltati dalla morbidezza e dalla persistenza al palato. Un’etichetta che parla di tradizione, prodotta sulle colline moreniche della Franciacorta, da vigneti potati a Guyot, Vitigno chardonnay 85% e pinot nero 15%, Giòsep è stato affinato con pazienza sui lieviti 36 mesi, fino al momento del degorgement effettuato nella primavera 2012.

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*Cucina di Chicco Cerea

Around the world

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bitiamo, cari amici, in una città meravigliosa. Un gioiellino che molti, sempre di più, ci invidiano. Soprattutto all'estero. Merito di quel capolavoro unico e assoluto che è Città Alta, ma anche della vicinanza con l'imprescindibile snodo di Milano. La qualità della vita, poi, più a misura d'uomo della grande metropoli, fa la differenza. Al centro della svolta di questo interesse per la nostra città, inutile negarlo, vi è l'aeroporto di Orio al Serio. Un centro nevralgico non solo per Bergamo – che di sicuro potrebbe meritare un flusso superiore di turisti – ma per l'intero nord Italia. Oggi si parte e si viene dappertutto, siamo connessi con chiunque e con tutto il mondo e fa bene pensare – anche come auspicio favorevole per il rilancio della nostra economia – che uno dei punti più vivi d'Europa sorga proprio alle porte della nostra città. Si tratta di uno straordinario biglietto da visita per il “made in Bergamo” e più in generale del “made in Italy”, che anch'io come ristoratore non mi sono lasciato scappare, offrendo, insieme ai miei soci, un bistrot che sorge proprio all'interno dell'aeroporto di Orio al Serio, pensato per i tanti passeggeri in transito, ma con un'attenzione speciale anche per tutti gli amici bergamaschi. Uno spazio moderno in cui assaggiare la nostra cucina gustosa, veloce, dai prezzi contenuti, ma sempre di qualità. Ora vi racconterò Vicook Bistrot.

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Un design accattivante, posto all'ingresso nel piano ammezzato dell'aeroporto, dà il benvenuto a ogni curioso visitatore che, ogni giorno dalle 11.00 alle 23.00, vuole concedersi una pausa gourmet: uno spuntino, un pranzo veloce, una merenda golosa, come pure un aperitivo di classe o una cena sfiziosa. Ho pensato piatti semplici, ma non banali. I grandi affettati e i formaggi della tradizione italiana incontrano i grandi classici della nostra cucina. Penso a un piatto universalmente conosciuto come le lasagne, che però proporrò in una versione strepitosa con il baccalà. “Around the world” è una sezione del nostro menu che rivisiterà “a modo nostro” – penso a dei meravigliosi hamburger gourmet – altrettanti cibi classici del mondo. Proponiamo una cucina veloce, sempre espressa, che i nostri “agguerriti” cuochi prepareranno proprio davanti agli ospiti giustamente esigenti, mentre avranno la possibilità di consultare il proprio tablet nell'unica zona wi-fi gratuita di tutto l'aeroporto. Per i più piccoli poi abbiamo allestito anche uno spazio giochi per divertirsi accanto a mamma e papà in tutta sicurezza. Non voglio dimenticare la necessaria attenzione che dedichiamo ai piatti vegetariani come a quelli privi di glutine. I nostri menu variano di continuo e per mostrare a tutti che la qualità può essere accessibile a prezzi onesti abbiamo pensato a un menu del giorno a 15 euro, regalando due ore di sosta breve nel parcheggio dell'aeroporto a chiunque si

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siederà a mangiare con noi. Cari amici, non ci resta che partire insieme per nuove avventure! Insieme a voi, cari lettori, abbiamo percorso un po' di strada insieme. Con questo articolo ci salutiamo, ma non ci perderemo di vista perché il confronto che abbiamo di volta in volta animato insieme è stato proficuo e mi ha aiutato a crescere. Grazie di cuore a tutti voi, con il mio più caro augurio di un felice Natale.


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*Wedding di Angelo Lorenzi

Mood d'inverno

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e si desidera realizzare un matrimonio al top il segreto del successo non è l'eccesso, ma l'attenzione al dettaglio. Nulla può essere sottovalutato e ogni soluzione deve essere studiata nei minimi particolari. Ricevimento e abito della sposa, ad esempio, sono argomenti che vanno di pari passo e non possono prescindere l'uno dall'altro. Se l'ambientazione scelta dalla coppia di sposi per il Giorno perfetto è una tenuta in campagna, anche l'abito indossato in chiesa e successivamente alla festa, dovrà essere in perfetto mood; di diverso tipo se la cornice fosse stata una villa settecentesca o una location sul mare. Alle porte dell'inverno scelgo di restare in tema e, in linea con la mia filosofia, vi racconto un matrimonio dal sapore invernale. Siamo all'otto dicembre, il giorno dell'Immacolata Concezione, alla sommità del Santuario di San Donato, racchiuso in un'oasi di verde, resa bianca da un manto innevato, che regala agli invitati alla cerimonia una vista mozzafiato.

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Dopo il fatidico "Sì!", è Villa Acquaroli, scelta dai due sposi per il ricevimento, ad offrire agli ospiti un giardino imbiancato ed un accogliente ingresso, dal quale prende vita un ricco aperitivo a buffet, che si snoda tra il suggestivo Giardino d'Inverno e le sale adiacenti, riscaldate dall'atmosfera di centinaia di candele e dal legno del caminetto acceso. L'allestimento ha preso vita tra i toni del bianco, che hanno interessato ogni voce del matrimonio. Dal bianco della passatoia e delle decorazioni con cui abbiamo caratterizzato la chiesa, al bianco della scalinata in marmo che conduce al piano nobile della villa, dove si impongono scenografici candelabri in cristallo trasparente. Tutto per ricordare la magia del periodo: le palle di neve sono diventate delle morbidissime sfere di rose, arricchite con leggerissimi cristalli di vetro, che riflettono luci e colori tra un petalo e l'altro. Per gli sposi un tavolo imperiale, con una miriade di fiori bianchi intervallati da antichi candelabri di legno e mille candele su una preziosa tovaglia di lino bianco. Per gli ospiti invece tavoli rotondi, caratterizzati da campane in vetro di diverse altezze e dimensioni cosparse di neve, per custodire gelosamente, come in uno scrigno trasparente, rose delle più varietà. La facciata della villa si accende di colore, creando la giusta atmosfera, per il momento magico della torta nuziale. Nonostante il freddo, il "taglio" si svolge ai piedi del giardino innevato. Per scaldare l'animo dei partecipanti un simpatico cadeau: copertine in pile bianco per tutti, impreziosite da ricercate passamanerie in perfetto tema natalizio.

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In occasione di questo tipo di matrimonio, la sposa è molto romantica: perfetto un abito dalla gonna ampia, resa ancor più voluminosa da un gioco di balze in tulle di lunghezze differenti. Il look è completato da un mini coprispalle in visone bianco, alternato a inserti di organza di seta ricamata da piccole stelle geometriche. Nuance scelta? Bianco caldo alternato al color crema, a cui è abbinato un bouquet di candide rose vendela e, tocco vezzoso, un paio di micro-guanti in organza trasparente. Lo sposo, elegantissimo, indossa un classico tight che indubbiamente è il modo migliore per presentarsi all'altare. I pantaloni sono grigi, diritti, lineari, senza risvolto, lievemente gessati, di una tonalità più chiara rispetto alla giacca, che invece scegliamo grigia antracite, a un bottone solo, corta davanti e lunga dietro, panciotto in raso grigio chiaro, camicia bianca con classici gemelli di famiglia. Suggestioni, chiamate emozioni. Non solo dettagli, per dipingere il mood perfetto di questo caldo evento d'inverno.


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*Golf di Mario Ugo Pasini Professionista presso il Golf Parco dei Colli Bergamo

Colpi con il terreno in pendenza

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na delle situazioni che mette spesso in difficoltà i giocatori sul campo da golf è di dover giocare dei colpi con il terreno in pendenza. Le condizioni che regolarmente si presentano con il terreno in pendenza sono: la PALLA PIU' ALTA DEI PIEDI, la PALLA PIU' BASSA DEI PIEDI, la PALLA IN SALITA e la PALLA IN DISCESA. In tutte queste situazioni, il mantenimento della posizione presa all'address e l'equilibrio del corpo durante lo swing sono la base per far sì che i colpi vengano giocati nella maniera più ripetitiva e corretta possibile. Le indicazioni generali che non dobbiamo dimenticare perché ciò avvenga sono: prendere posizione davanti alla palla a favore di pendenza assecondandola con il peso del corpo, allargare i piedi per avere uno stance più ampio, eseguire uno swing più corto e con una velocità ridotta senza però rallentare attraverso l'impatto. Ognuno di questi colpi, ha anche delle indicazioni specifiche che si differenziano tra di loro, che di seguito andiamo a spiegare. PALLA PIU' ALTA DEI PIEDI: in questo colpo il tipo di inclinazione del terreno porta la palla più vicina al corpo, obbligando il giocatore a variare la posizione di address, che dev'essere leggermente più eretta, con un'impugnatura sul bastone leggermente accorciata e con il peso più verso le punte dei piedi per evitare di cadere sui talloni durante lo swing. Il risultato di queste varianti alla posizione fa si che lo swing sia più rotondo, favorendo un maggior attraversamento

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della palla ed evitando al giocatore di incontrare il terreno all'impatto con la testa del bastone. Con la palla più alta dei piedi, l'allineamento della faccia del bastone deve puntare a destra del bersaglio perchè la faccia stessa in questa condizione guarda naturalmente verso sinistra, producendo nel colpo una curvatura laterale, più è alto il loft del bastone più si dove puntare a destra. PALLA PIU' BASSA DEI PIEDI: riuscire a mantenere stabilità ed equilibrio è il ”segreto” per giocare correttamente questo colpo; per evitare di cadere verso le punte e di perdere equilibrio, il giocatore deve abbassare il proprio corpo verso il terreno, portando il peso più sui talloni, piegando bene le ginocchia e preferendo uno stance ancora più largo a favore dell'equilibrio. Con la palla più bassa dei piedi, la palla per effetto di una posizione della faccia del bastone che cambia rispetto alla posizione normale del terreno tenderà a girare verso destra, quindi l'allineamento della faccia dovrà puntare leggermente a sinistra del bersaglio. PALLA IN SALITA: per giocare un colpo in salita, la prima cosa da pensare è che per il bastone ci sia la possibilità di attraversare la palla senza incontrare troppo terreno. Posizionare la palla più verso il piede sinistro e assecondare la pendenza con le spalle portando il peso verso il piede destro per i giocatori destri, e l'opposto per i giocatori mancini, permette di creare quello spazio sufficiente per far sì che la testa del bastone attraversi la palla senza incontrare troppo terreno. Tirare

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un colpo con la palla in salita aumenta l'azione di rilascio delle mani, data da una maggior difficoltà del corpo ad attraversare la palla; tutto ciò porta la faccia del bastone a richiudersi attraverso l'impatto e quindi a far curvare la palla verso sinistra obbligando il giocatore a puntare leggermente verso destra. La scelta di giocare un ferro in più compensa un volo più alto della palla, permettendo al giocatore di coprire la distanza necessaria per raggiungere il bersaglio. PALLA IN DISCESA: l'errore più ricorrente che i giocatori fanno quando la palla è in discesa è di incontrare prima il terreno della palla. Per far sì che ciò non avvenga e avere quindi un'impatto solido, il giocatore deve posizionare la palla leggermente verso il piede destro, portando il peso del corpo sul piede sinistro (”peso a valle”) permettendo alle spalle di allinearsi al terreno. La difficoltà del giocatore di chiudere il colpo in discesa, porta la palla a curvare verso destra, obbligandolo a compensare con un'allineamento della faccia del bastone a sinistra del bersaglio. Anche in questa situazione, la gestione della scelta del bastone è importante, in quanto il loft che diminuisce in posizione di address porta la palla a volare più bassa, facendo scegliere al giocatore normalmente un ferro in meno. Il consiglio a fare un minimo di attenzione a queste indicazioni vi aiuterà sicuramente in modo specifico a gestire tutte quelle diverse situazioni e difficoltà che ogni colpo in pendenza vi può riservare sul campo da golf.


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*Motori Saul Mariani

Nuova Bmw X5, la regina dei Suv arriva alla terza generazione

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a nuova Bmw X5 è una delle protagoniste più attese nel segmento dei crossover. Dopo aver esordito al Salone di Francoforte, invade le strade di tutta Europa. Giunta alla terza generazione, si appresta a stabilire nuovi standard nella categoria delle Sports Utility Vehicle della quale è stato il modello fondatore e leader di mercato. La nuova X5 mette in primo piano il suo design elegante e sobrio che unisce il frontale muscoloso alla fluidità delle linee del profilo atletico che prosegue fino al posteriore. La silhouette slanciata e raffinata si sposa con la possibilità di personalizzare anche

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lo stile degli esterni con le nuove linee di design “Design Pure Experience” e “Design Pure Excellence”, oltre al pacchetto M Sport che rende il Suv bavarese ancora più grintoso e divertente da guidare. All’estremo piacere di guida offerto dalla nuova X5 contribuiscono i rinnovati interni. L’abitacolo offre maggiore abitabilità, aumento della versatilità, posizione di guida rialzata e plancia portastrumenti modificata nel design. Il bagagliaio è decisamente spazioso come confermano i 650 litri espandibili a 1.870 della capacità di carico. L’agio a bordo, già di per se al top, può essere esaltato con i sedili comfort

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per la zona posteriore o con la terza fila di sedili, entrambi nella gamma degli optional. Per quel che riguarda le motorizzazioni la nuova Bmw X5 viene proposta in prima battuta in tre varianti. La xDrive50i con la nuova generazione del propulsore benzina V8 da 450 Cv, la xDrive30d con diesel sei cilindri in linea rivisitato da 258 Cv e la M50d con diesel sei cilindri in linea con tripla sovralimentazione da 381 Cv. La gamma verrà poi allargata con la xDrive40d, la xDrive35i, la xDrive25d e la sDrive25d con emissioni di CO2 di solo 149 g/km.


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*Sanità Dott. Zanardi Federico chirurgo implantologo

Implantologia avanzata in sedazione cosciente

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umerose persone soffrono della cosiddetta “paura del dentista”, che in alcuni casi assume la forma di una vera e propria fobia. Quando in medicina si parla di sedazione cosciente, ci si riferisce ad una innovativa tecnica anestetica, in grado di mantenere il paziente in uno stato di incoscienza apparente: egli non sente infatti il dolore provocato dagli “attrezzi” del dentista, ma rimane comunque abbastanza cosciente da collaborare alla buona riuscita dell’intervento seguendo i consigli del medico. Quello che la sedazione cosciente riesce ad eliminare durante un intervento odontoiatrico, è il dolore senza la necessita di addormentare completamente il paziente. Questa capacità la rende probabilmente la migliore soluzione anestetica esistente. Soprattutto perché agisce nella sfera psicologica del paziente, che sa di doversi sottoporre ad un intervento in grado di provocare discreto dolore. Si pensi infatti alla cure per le lesioni cariose, le devitalizzazioni dei nervi,l'implantologia, l’estrazione degli elementi dentali compromessi. Tutte pratiche più o meno dolorose, che spesso spaventano il paziente al punto di impedirgli di recarsi dal medico. Questo tipo innovativo di sedazione può avvicinare il paziente alle pratiche mediche, rendendole meno invasive e dolorose, togliendo di sana pianta la motivazione della paura, che un tempo risultava dunque giustificata, ma che con

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le nuove tecniche anestetiche è ormai davvero fuori luogo. Prima della sedazione - spiega il dott. Z a n a rd i c h i r u r g o i m p l a n t o l o g o e responsabile odontoiatrico del Centro di Radiologia e Fisioterapia - l’anestesista responsabile della procedura controlla la storia clinica del paziente, visita il paziente e viene eseguito un piccolo check- up con analisi del sangue ed elettrocardiogramma. Durante la sedazione vengono costantemente monitorati i parametri vitali: frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria, saturazione in ossigeno. Viene inoltre controllato ogni 5 minuti il livello di coscienza e risposta agli stimoli del paziente. La sedazione cosciente è una pratica controllata, sicura ed efficace che permette di superare lo stress odontoiatrico, di lavorare con tranquillità, con un paziente collaborativo e perfettamente a suo agio e che non comporta la perdita dei riflessi protettivi (capacità di mantenere autonomamente la pervietà delle vie aeree e rispondere in modo adeguato agli stimoli fisici ed ai comandi verbali). La sedazione ha la finalità di raggiungere una condizione di rilassamento, amnesia e controllo del dolore durante le procedure nelle sedute odontoiatriche, pur mantenendo la propria coscienza. Il suo utilizzo sta conquistando un numero sempre maggiore di pazienti che, per paura, rinviano la visita dal dentista fino ad

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arrivare alle conseguenze più gravi dal punto di vista funzionale ed estetico. Sempre più persone ricorrono alla sedazione per le riabilitazioni implantoprotesiche, questo metodo innovativo, sicuro, rapido ed indolore per liberarsi della fastidiosa dentiera o per risolvere tutte le noie legate ai denti. Nell'implantologia a carico immediato spiega il dott. Zanardi - propongo spesso la sedazione cosciente cosicché il paziente si senta più tranquillo nell'affrontare un intervento in se' e per se' breve ma che spesso può spaventare. Questa riabilitazione implantoprotesica rappresenta lo stato dell'arte della moderna odontoiatria chirurgica e protesica. Vengono inserite, dopo l'eventuale estrazione degli elementi dentali compromessi, 6 viti endosee in titanio, e nelle sole 24-48 ore successive viene avvitata una protesi fissa definitiva e soprattutto esteticamente bella. Noi garantiamo questo manufatto 10 anni. Il paziente solitamente è felice perché riacquista in 2 giorni la funzione masticatoria, l'estetica, il comfort di una dentatura fissa e non per ultimo l'autostima nelle relazioni sociali che solo un bel sorriso conferisce.

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*Arte Mario Donizetti

Note di tecnica Le lacche organiche: il carminio

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l colore rosso del “Ritratto di Vecchio” qui riprodotto è stato da me realizzato con l’uso del “carminio”, pigmento organico steso a velatura sull’impasto di base di colori minerali eseguito con la mia tecnica del pastello encaustizzato e della tempera all’uovo. Il carminio autentico è il puro e semplice colore che si estrae dal corpo della cocciniglia, un insetto. Il colore si ottiene mettendo a bollire della cocciniglia, che a volte (ma molto raramente) è possibile ancora trovare in alcune vecchie farmacie poiché veniva usata per tingere pomate e sciroppi. L’aggiunta di mordente di stagno schiarisce la lacca e la rende meno trasparente. Se si vuol usare una lacca carminio dal tono profondo trasparente si usi appena filtrata e senza mordente, vale a dire estratta semplicemente con bollitura in acqua. La sua durata nel tempo è molto buona. Io l’ho esposta al sole per un anno e l’ho vista scurirsi leggermente e imbrunire. In ambiente normale, dove stanno normalmente i dipinti, non si altera per nulla. Unita alla fuliggine acquista una potenza straordinaria diventando di color bordeaux. Bisogna usarla con pennelli pulitissimi. A contatto con la soda diventa violetta, così se il pennello fosse sporco di sapone altererebbe immediatamente la tinta. Unita alla soda la tinta perde anche di stabilità. Se proprio si vuole usare violetta basta unirla a un po’ di azzurro di cobalto. La lacca di carminio è stata molto usata dal Cariani. Il Tintoretto ha velato con abbondanza di fuliggine e carminio preparando ad impasto prima tinte molto fredde con azzurri e bianchi e terra bruciata. Le velature con lacche colorate appartenevano al gioco raffinato dei Maestri, se non proprio al loro segreto. Leonardo ne fa esplicito cenno nel suo Trattato. La laccatura ammorbidisce i contorni duri e, se usata in concerto con le tinte sottostanti, dà ai colori una bellezza che è irraggiungibile con il semplice impasto. Questo lavoro è evidente nei Maestri fiorentini. Gli azzurri del Perugino, di Raffaello, di Piero della Francesca sono ottenuti con sovrapposte velature colorate su fondi quasi bianchi.

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*Spiritualità don Giambattista Boffi Direttore Centro missionario diocesano

Un Natale globalizzato? Perché no?

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’annuncio del Natale risuona nell’alto dei cieli. Posso credere che la diffusione fu di quelle epocali: “per tutta la terra”. Che gli angeli avessero già in mente la globalizzazione faccio più fatica a pensarlo, ma di certo per la prima volta nella storia l’umanità intuì qualcosa che poteva riguardare tutti, infatti proprio i pastori, una delle ultime categorie della scala sociale, ce lo ricordano. Il segno della stella accompagnerà d’ora in poi il cammino dei cristiani. I Santi Magi, sapienti d’Oriente, con tutta la simbologia che ad essi si accompagna, seguiranno la scia per ritracciare nella propria vita il Mistero di Dio. Per fortuna il Natale torna ogni anno, ogni anno provoca la nostra umanità e fa appello alla dinamicità della fede. Non è sempre lo stesso, seppur segnato dagli stessi riti e da quell’atmosfera che, al di là del sentimentalismo, ci colloca in una possibilità di bene. Da luoghi diversi del mondo ci sono occhi che guardano la stella, qualcuno ha il coraggio di intavolare un dialogo, un racconto spesso intessuto di desideri, di attese, di sogni; altri rimangono misteriosamente in silenzio come ad aspettare che la stella stessa si faccia avanti con una proposta; c’è qualcuno che protende le mani, cerca di afferrarla, alla ricerca di quelle certezze a cui ancorare il proprio futuro. La stella indirizza con decisione il suo raggio di luce su un bimbo, piccolo, appena affacciato alla vita, incapace di tutto, assolutamente indifeso. Una provocazione? Una chiara indicazione di percorso? Un richiamo, un monito, la confidenza di una speranza? E potremmo continuare a farci tante e tante domande,

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ma anche a cercare risposte. La vita, questa la prima suggestione. Quel bimbo appartiene alla vita, è una conquista della vita. Sì, perché dove nascere è difficile, dove situazioni di precarietà sembrano sfidare continuamente il vivere e situazioni di comodità appaiono sempre più insidiose, è una sfida affidare alla vita la storia di un uomo. E’ preferibile giocare con il piacere, rinunciare a scegliere, rifugiarsi nel proprio egoismo, perché affidare la vita a qualcuno è un impegnativo gesto di responsabilità, è dichiarazione assoluta di essere felici della propria vita, quasi di non poterne fare a meno. Non solo, ma a quel bimbo la vita appartiene ed è demenziale pensare di potergliela strappare violando diritti, limitando investimenti, speculando sul suo futuro. Quando politica, economia, etica mettono da parte il rispetto per la vita allora la globalizzazione mostra il volto peggiore di sé e trasforma il progresso ed il benessere in un vortice di prepotenza che sempre di più vive alle spalle dei deboli, impoverisce chi è già segnato dalla precarietà e dalla miseria. Le grandi ingiustizie mangiano il midollo della vita senza nemmeno avere il tempo per rendersene conto. La stella illumina questa vita, le offre l’orizzonte del tempo e dello spazio per giungere al compimento, alla bellezza dei suoi giorni, alla ricchezza delle sue potenzialità. La stella, che risplende da Betlemme, rende inequivocabile il valore di ogni esistenza e responsabilizza anche il piccolo mondo di ciascuno di noi. La luce, proprio la luce è la seconda suggestione. Un cono di luce attraversa l’etere e trafigge la terra. Come fosse il tracciato di una grande strada, di un percorso che coinvolge.

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Una luce cerca la vita, evidenzia i contorni, sprigiona i colori, disegna le relazioni. Questo movimento di luce dalla stella al bimbo afferma l’importanza di ciascuno, il valore indiscutibile, il contributo unico per la storia e l’umanità che ogni essere umano è chiamato a portare. Il cammino di ritorno, dal bimbo alla stella, offre agli occhi la possibilità di indirizzare lo sguardo verso la luce e riempie dentro, perché nessuna vita è destinata al buio e al freddo, nessun respiro è inutile. Non è fuori posto ricordarci il valore dello scambio per recuperare la dimensione della comunità che sembra essersi eclissata nel tenebroso degli interessi personali. La luce della stella diventa un misterioso scambio di carità che, da una parte accoglie incontenibilmente l’abbondanza della proposta e dall’altra trabocca nel vissuto della carità. Anche qui siamo chiamati ad una nuova consapevolezza. La terza suggestione proviamo a scriverla da soli, mettendo noi stessi sotto il raggio di luce della stella. Credo che ne vedremo delle belle e scopriremo quell’angolo della vita dove abbiamo forze lasciato assopire, magari senza volerlo, il “bello” della nostra stessa vita. Se ci fosse qualche timore nessuna paura, non c’è pericolo di scottature, ma potrebbe essere una preziosa opportunità per recuperare il Natale alla fede e vivere nella fede lo globalizzazione che il Natale porta con sé. Scoprire una missione che avevamo dimenticato. Guarda la stella! Per un Buon Natale nella luce di Betlemme.


Cult

Avventure,Amori e Bugie… di Lucio Piombi

Uno strepitoso libro che in 135 pagine raccoglie le fasi più salienti della sua vita. In realtà ce ne vorrebbero 135 per ogni argomento, ma forse non basterebbero

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na piacevole serata quella trascorsa a casa Piombi. Anche la temperatura e la luna hanno contribuito a rendere ancora più bella l’atmosfera. Tanti amici, cibo ottimo e vino eccezionale: del resto la cantina di un sommelier e degustatore ufficiale Ais non poteva deludere. Quello che non ci aspettavamo di ricevere dal padrone di casa erano le confidenze più intime… Si, perché il nostro caro amico ha fatto dono di uno strepitoso libro che in 135 pagine raccoglie le fasi più salienti della sua vita. Ce ne vorrebbero 135 per ogni argomento, ma forse non basterebbero: la vita di Lucio Piombi è un avvincente romanzo che, pagina dopo pagina, ti fa rivivere la sua vita attraverso le sue passioni, e devo dire che nulla si è fatto mancare. Mi permetto di riportare il sommario:

Il calcio: dagli 8 a 13 anni, ripreso, poi, dai 35 ai 60 Il ciclismo: dai 10 ai 60 anni Il nuoto: dai 10 anni ad oggi Lo sci: dai 18 anni ad oggi (con un break dai 38 ai 60) Il cha-cha-cha: dai 19 anni ai 25 (non è uno sport ma fa sudare) Il tennis: dai 22 anni ai 27 anni La pallavolo: dai 15 anni ai 30 anni (con un picco ad alto livello dai 23 ai 25) L’equitazione: dai 25 anni ai 40 anni Fotografie Il golf: dai 35 anni ai 70 anni Il motociclismo: dai 16 anni ad oggi L’automobilismo: dai 20 anni ad oggi La ginnastica: dai 30 anni ad oggi La canoa: dai 35 anni ai 45 anni I pellegrinaggi: dai 45 anni ad oggi (non è uno sport ma fa bene all’anima). L’escursionismo: di 24 anni ad oggi

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La vela: dai 50 anni ad oggi E questo è il sommario dello sport praticato. Ci vorrebbe un sommario per tutte le sue passioni: la cucina, il vino, l’arte, le auto, l’antiquariato, le donne (sulle quali, come lui stesso ammette, è meglio mantenere il segreto), che «sono state tante»… La serata è stata allieta dalla musica di Luciano Ravasio e dalla testimonianza di Daniele Piombi, il fratello, che ha raccontato piacevoli aneddoti della vita di Lucio.

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Cult

Piero Cattaneo e l'invasione (pacifica) di Bergamo a 10 anni dalla scomparsa

Una mostra «aperta» in un percorso a tappe fra interni ed esterni che ha coinvolto Gamec, Piazza Vecchia, Palazzo della Provincia, Accademia Carrara di Belle Arti, Fondazione Adriano Bernareggi

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n occasione del decennale della scomparsa dello scultore Piero Cattaneo (1929 - 2003), l’associazione a lui dedicata ha celebrato l’opera del maestro attraverso un grande evento espositivo che ha coinvolto tutta Bergamo. La mostra ha ripercorso le tappe principali del lavoro dell’artista per far emergere i tratti che lo hanno reso, insieme alla sue opere, uno dei più significativi esponenti della storia artistica di Bergamo e protagonista della scultura lombarda e nazionale della seconda metà del XX secolo. Le opere di Cattaneo testimoniano una ricerca formale tra le più peculiari della seconda metà del Novecento: partito da tratti naturalistici, il suo linguaggio è divenuto sempre più simbolico sino ad appro-

dare, alla fine degli anni Sessanta, alle originali soluzioni plastiche che meglio contraddistinguono la sua fisionomia. In mostra, documenti privati e inediti hanno illustrato sia la produzione d’esordio di Cattaneo ancora in bilico tra pittura, grafica e scultura, sia le grandi opere bronzee realizzate con la tecnica della fusione a cera persa, così come gli interventi urbani e di carattere ambientale di grande impatto. Per la prima volta Bergamo ha dedicato a un artista del '900 una mostra «aperta» e diffusa in più luoghi del tessuto urbano: Città Alta e Città Bassa hanno fatto da quinta scenografica alle opere di Piero Cattaneo in un interessante percorso a tappe tra interni ed esterni per accogliere

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i diversi momenti creativi della sua ricerca artistica: dalla produzione plastica a quella pittorica, dalla grafica alla medaglistica. Cinque le sedi scelte per dare risalto alla diverse forme espressive dell’indagine dell’artista: un luogo espositivo museale, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, uno spazio pubblico, il porticato sottostante Palazzo della Ragione in piazza Vecchia, l’ottocentesco portico del Palazzo della Provincia, l’Accademia Carrara di Belle Arti e la Fondazione Adriano Bernareggi.

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(bronzo unico) Quadro interrotto, 1979

"Discorso" I, 1975 (modello in gesso)

(bronzo unico) Ricercare opera 12, 1968

Significato bianco e rosso, 1975 (pastiglia e acrilico su pressato)

Significato bianco e blu, 1976 (pastiglia e acrilico su pressato)

Senza titolo, anni '80 (modello in gesso)

Iterazione coninuo, 1979 (brionzo e acciaio inox)

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Cult

Diventare restauratori? Dopo la scuola è ancora fondamentale "fare bottega"

Un settore affascinante, che attende da anni una regolamentazione precisa. Una professione, soprattutto, dove l’esperienza resta fondamentale. Tiziano Villa: «Ci vogliono anni e anni per imparare il mestiere»

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l patrimonio storico, artistico e architettonico italiano è sterminato. Reclama cure continue e preparate. Esige veri restauratori. Ce ne sono di bravissimi, anche nella Bergamasca. Ma la regolamentazione del settore, negli ultimi anni, si può definire sgangherata senza timore di essere smentiti. «Veniamo da un buco legislativo che dura parecchi anni – spiega Tiziano Villa, titolare della Villa Restauri srl in società con Daniela Lepori – in cui la figura del restauratore specializzato, come siamo noi, non è stata riconosciuta». Sono due le Soprintendenze che effettuano controlli: ai Beni Artistici e Storici, e ai Beni Monumentali ed Architettonici. Si occupano soprattutto di proprietà

pubbliche ed ecclesiastiche; raramente, e solo ad altissimi livelli, sorvegliano il privato. Le due istituzioni danno le autorizzazioni in base a una legge che risulta in stallo da anni. «Doveva entrare in vigore nel 20002001 – va avanti Villa –, invece niente. Nel frattempo sono sorte le scuole previste dalla normativa, si sono diplomati alunni, si sono fatti lavori sempre sotto le Soprintendenze». Nel 2009 l’inghippo: si è tentato di far ripartire la legge ma con tale modalità retroattiva che rischiava di mettere al bando gente che aveva alle spalle anni di lavori certificati. C’è stata una sollevazione generale, e la Camera ora ha approvato un disegno di legge che cerca di mettere ordine con

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a cura di: Fabio Cuminetti

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criteri più sensati. È bene sapere che le Soprintendenze non decidono a priori se un tipo di progetto di restauro va bene o no. Possono solo dire se tale ditta che partecipa al bando pubblico, ad esempio, ha o non ha i requisiti necessari. Sono organi di tutela. Poi, una volta che il tal progetto è stato approvato, ha il via la sorveglianza: alcune operazioni vanno scelte insieme da impresa e Soprintendenza, che controlla che tutto venga fatto a regola d’arte e dà indicazioni sulle metodologie da utilizzare. «I funzionari – precisa Villa – vengono in laboratorio o sul cantiere e vedono come sta procedendo il lavoro. Alla fine, su presentazione di una relazioni dettagliata, emettono un attestato di buona esecuzione dei lavori». Da notare poi che esistono specifiche certificazioni per chi lavora per il pubblico. Villa Restauri srl è in possesso della Soa Os2, specifica per il settore artistico (per

restauro conservativo tavola dipinta ad olio raffigurante "Assunzione della Vergine" sec. XVI, Orta (NO)

fase di pulitura

dopo il restauro

la parte architettonica la sigla è Og2), che classifica chi possiede i requisiti tecnicioperativi necessari. Tra questi requisiti ci sono gli attestati di buona esecuzione di cui sopra. In ogni caso l’incertezza legislativa ha acuito il momento di crisi. Sta anche nascendo, dopo anni di attesa, l’albo dei restauratori, che sicuramente farà una scrematura. Si dà molta importanza alla preparazione scolastica, ma fondamentale è l’esperienza sul campo. Nella bottega fondata nel 1972 dal padre di Tiziano, Vincenzo Villa, si sono formati molti bravi restauratori, «ma ci vogliono anni e anni per imparare il mestiere», annota Tiziano. Certo, non tutti assumono. La Villa Restauri oggi ha cinque dipendenti e sulla crescita del personale ha sempre investito. I risultati si vedono: è la più importante realtà del settore in provincia, con un curriculum estremamente ricco. È accreditata presso varie Soprintendenze. Collabora con la Provincia di Bergamo - Centro Documentazione Beni Culturali per il recupero di opere d’arte, fin dagli anni ’70, e con diversi musei, enti pubblici e diocesi dell’Italia settentrionale. Si occupa di opere dipinte su tavola e tela, dipinti ad affresco e tecniche miste, decorazioni, elementi lignei dipinti e dorati, elementi lapidei e in cotto, facciate e superfici dipinte esternamente, vetrate artistiche antiche, lampadari antichi. Qualche esempio «sul campo»? Il lavoro effettuato al Casinò di San Pellegrino, capolavoro liberty che rimanda ai

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fase di pulitura

dopo il restauro

fasti della Belle Epoque a suon di statue, dipinti, decorazioni, lampadari di metallo e vetro soffiato. «Abbiamo restaurato lo scalone monumentale: le tele, tutti gli stucchi e i lampadari dell’intera struttura. Un lavoro importante, in subappalto, che abbiamo dovuto fare in pratica in sei mesi. Noi ci siamo occupati dei beni artistici», racconta Villa. Per quanto riguarda le pinacoteche basti citare il restauro della «Madonna in trono tra i Santi Tommaso e Sebastiano» di A. Previtali, 1506 (in mostra a Roma e Bruxelles), dell’Accademia Carrara. Non mancano le realizzazioni ex novo: vetrate istoriate e decorative eseguite con tecniche antiche e moderne, cornici lignee dorate e dipinte, decorazioni ad affresco o con tecniche differenti. Tanto mestiere, per tante applicazioni. Un patrimonio professionale che nasce dalla passione e che merita tutela.

restauro conservativo Casinò di San Pellegrino Terme (Bergamo), scalone, sec. XX

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