La conoscenza per il progetto| Matteo Zambelli

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il case-based design

La creatività Philip Johnson-Laird, lo psicologo inglese il cui contributo si inserisce nel contesto delle scienze cognitive, nel paragrafo dal titolo “Che cos’è la creatività?”, contenuto nel libro Deduzione Induzione Creatività. Pensiero umano e pensiero meccanico, sostiene che il prodotto di un atto di creazione «è formato a partire da elementi esistenti, ma secondo combinazioni nuove per l’individuo e (nei casi più fortunati) per la società intera» [Johnson-Laird (1994), p. 163]. Questa è la “prima proprietà essenziale” del prodotto di un atto di creazione, Johnson-Laird ne elenca altre due1, ma ai fini del mio ragionamento è la più rilevante, perché sostiene che la creatività non parte dalla tabula rasa, ma da un insieme di “elementi esistenti”. In perfetta armonia con lo psicologo inglese, Bruno Munari nel libro Fantasia [1999] sostiene che «il prodotto della fantasia, come quello della creatività e dell’invenzione, nasce da relazioni che il pensiero fa con ciò che conosce. È evidente che non può fare relazioni tra ciò che non conosce, e nemmeno tra ciò che conosce e ciò che non conosce. [...] La fantasia quindi sarà più o meno fervida se l’individuo avrà più o meno possibilità di fare relazioni. Un individuo di cultura molto limitata non può avere una grande fantasia, dovrà sempre usare i mezzi che ha, quello che conosce, e se conosce poche cose tuttalpiù potrà immaginare una pecora coperta di foglie invece che di pelo. È già molto, sotto l’aspetto della suggestione. Ma, invece che continuare a fare relazioni con altre cose, si dovrà ad un certo punto fermare […]. Se vogliamo che il bambino diventi una persona creativa, dotata di fantasia sviluppata e non soffocata (come in molti adulti), noi dobbiamo quindi fare in modo che il bambino memorizzi più dati possibili, nei limiti delle sue possibilità, per permettergli di fare più relazioni possibili, per permettergli di risolvere i propri problemi ogni volta che si presentano» [Munari (1999), pp. 29-30]. 1 Le altre due sono: «il processo non ha uno scopo preciso, ma soltanto alcune restrizioni preesistenti o criteri che deve soddisfare. [...] Si crea all’interno di generi o paradigmi, e anche la creazione di un nuovo genere deve soddisfare certi criteri» e «un processo creativo fornisce un risultato che è nuovo per l’individuo, non puramente ricordato o percepito, e non costruito a memoria o per mezzo di una semplice procedura deterministica» [Johnson-Laird (1990), p. 276].


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