Il fascino del microscopio

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a cura di

Centro di Oncoematologia Pediatrica ed Emotrapianti Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer

Gabriella Bernini Pierluigi Pestelli Fabio Tucci

Il fascino del microscopio un racconto durato trent’anni tra le mura dell’Ospedale Pediatrico Meyer



Ringraziamenti

Ieri • Via Luca Giordano Oggi • Viale Gaetano Pieraccini

In oltre 30 anni di vita, percorsa giorno dopo giorno in ospedale, abbiamo incontrato tanti eroi, eroi piccini ed eroi grandi. Abbiamo ascoltato le loro voci, gioito dei loro sorrisi, sofferto insieme. A loro e alle loro famiglie va innanzitutto il nostro grazie per averci fatto scoprire il lato più nascosto del bene, per averci regalato una ricchezza immensa di emozioni, per averci permesso di stare accanto a loro. Ma soprattutto grazie per la fiducia con la quale in ogni momento essi si sono affidati a noi. Abbiamo trascorso insieme giorni stupendi e giorni tristissimi ma ci siamo sempre sentiti sorretti e siamo andati avanti grazie alla forza che hanno saputo trasmetterci in ogni momento. Il piccolo Laboratorio annesso ad un reparto di Clinica Medica dell’ “Ospedalino” di cui erano a disposizione solo pochi letti assegnati a Ematologia Pediatrica, voluto e sostenuto da un uomo infaticabile quale è stato il prof. Carlo Guazzelli il quale ha dedicato tutta la sua vita allo studio di questa disciplina in tempi in cui la leucemia dei bambini era considerata invariabilmente una malattia mortale, è cresciuto nel tempo ed ora nel nuovo Meyer, ha acquisito le prerogative di un vero e proprio punto di riferimento altamente specialistico per la ricerca. Al prof. Carlo Guazzelli tutti noi, medici, infermieri e tecnici dobbiamo molto non solo per questo ma soprattutto per il coraggio che ha saputo infonderci, per la curiosità che ha saputo stimolare in noi in ogni momento della nostra vita professionale ed inoltre per la tenerezza con la quale ci ha insegnato a stare accanto ai malati. A distanza di tanti anni dalla sua morte ancora lo sentiamo, vivo, tra noi. Ma il nostro grazie va anche a quanti ci hanno insegnato ad essere pediatri, a capire fino in fondo il mondo particolare di quel bambino che ci veniva affidato, di quell’adolescente scontroso che voleva essere libero a tutti i costi e che non lesinava le sue critiche ma voleva anche essere tenuto teneramente per mano. Grande riconoscenza dobbiamo a quanti, in questi anni ,sono stati nostri compagni di lavoro, con i quali abbiamo vissuto, giorno dopo giorno, esperienze di vita indimenticabili. Ad Amelia Morrone (Laboratorio di Diagnostica del Sistema Nervoso e del Metabolismo, AOU Meyer), ad Anna Maria Buccoliero (Sez. Anatomia Patologica, AOU Meyer), grazie per i loro preziosi consigli e per la loro amicizia, e grazie anche a Andrea Zampino per la sua pazienza. Non possiamo dimenticare inoltre le Associazioni che in tutti questi anni ci hanno sostenuto non solo economicamente ma anche e soprattutto infondendo fiducia e apprezzamento per il lavoro che facevamo. Un grazie particolare alla Fondazione Meyer e al dott. Tommaso Langiano: senza di loro questo nostro modesto contributo non avrebbe visto la luce. Ed infine la nostra più profonda gratitudine va ai nostri familiari che in tutti questi anni ci hanno sopportato ed hanno condiviso con noi gioie e dolori. Gabriella Bernini Pierluigi Pestelli Fabio Tucci

Maxima debetur puero reverentia (Giovenale, Satire, XIV, 47)

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Legenda A. aFP ALCL ANAE ATP ATPasi ATRA

alfafetoproteina linfoma anaplastico a grandi cellule alfa naftil acetato esterasi acido adenosintrifosforico attività adenosintrifosfatasica trans retinoic acid

B. BFM β-HCG BOM

Berlin-Frankfurt-Munster-BFM”, beta - human corionic gonadothropine biopsia osteomidollare

C. CAE CID

cloro acetato esterasi coagulazione intravascolare disseminata

D. DDAVP DEB DNA E. ECP EFS FGE EPO

desmopressina (1-deamino-8-D-arginina vasopressina) diepossibutano acido desossiribonucleico proteina cationica degli eosinofili sopravvivenza libera da malattia (event free survival) fly-generating enzyme eritropoietina

F. FAB

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stadiazione francese, americana, britannica (riferito a leucemie) FACS fluorescent-activated cell sorting (tecnica computerizzata utlizzata in citometria per analizzare campioni di cellule trattate con anticorpo monoclonale coniugato a un fluorocromo) FCM citometria a flusso FHL o FHLH linfoistiocitosi emofagocitica familiare FISH fluorescent in situ hybridization / ibridazione fluorescente in situ G. GAG

glicosaminoglicano

H. Hb o HGB emoglobina HLH linfoistiocitosi emofagocitica HPHF hereditary persistence of fetal hemoglobin / persistenza ereditaria di HbF I. IG/TCR

riarrangiamenti

J. JMML

juvenile mielomonocitic leukemia

L. LDH LH LLA LMA

latticodeidrogenasi linfoma di Hodgkin leucemia linfoblastica acuta leucemia mieloide acuta

LMC LNH LNH LBL M. MPO MBP MDS MKC MODS MOF MPL MPO MPS MRD

leucemia mieloide cronica linfoma non Hodgkin linfoma non Hodgkin linfobalstico mieloperossidasi proteina basica maggiore miel displastic symdromes = sindromi mielodisplastiche megacariocita multiorgan distress syndrome multi organ failure recettore per la trombopoietina mieloperossidasi mucopolisaccaridosi malattia residua minima

N. NADP+(H ) nicotinammide adenina dinucleotide fosfato / (H) è la forma ridotta NAE naftil acetato esterasi NAF floruro di sodio NB neuroblastoma NE esterasi non specifiche NK cellule natural killer NO ossido nitrico NSE esterasi non specifiche O. OH-P (17) 17 idrossiprogesterone P. PAS Pb PBSC PCR PEROX PK PLT PMN PPA PRL

periodic acid schiff piombo peripheral blood staminal cell (cellule staminali da sangue periferico) polymerase chain reaction perossidasi piruvatochinasi piastrine polimorfonucleati proteina protettrice/ catepsina A prolattina

R. RB

retinoblastoma

S. SIRS SNC

sindrome di risposta infiammatoria sistemica sistema nervoso centrale

T. Tdt TPO

transferasi desossinucleotidil terminale trombopoietina


Indice

Presentazione Introduzione CAPITOLO 1 - NOTE GENERALI 1a . Come si legge un emocromo 1b. Come si fa un vetrino 1c. Colorazioni particolari e citochimica delle leucemie 1d. Apposizione 1e. Qualche notizia su sistema emopoietico e su cellule staminali

III 1 3 3 5 7 11 15

CAPITOLO 2 - MIDOLLO IN CONDIZIONI DI NORMALITÀ 2a. Qualche notizia utile 2b. La serie rossa 2c. La serie bianca 2d. Dal megacarioblasto alle piastrine 2e. Ed altro ancora …

23 23 29 38 50 56

CAPITOLO 3 - SERIE ROSSA 3a. Morfologia del globulo rosso: variazioni sul tema… - Il concetto di anisocitosi e poichilocitosi - Variazioni di colore - Variazioni di dimensione - Variazioni di forma - All’interno del globulo rosso si possono ritrovare… - Nel neonato... 3b. Le anemie - Anemie del neonato - Anemie normocitiche - Anemie macrocitiche - Anemie microcitiche Anemia da carenza di ferro - Anemie emolitiche Le talassemie Drepanocitosi Anemie emolitiche autoimmuni 3c. Globuli rossi in condizioni patologiche diverse - Le policitemie - La malaria - La filariasi - La malattia del sonno

67 67 68 71 73 74 81 83 88 88 89 90 91 91 94 98 101 105 107 107 108 110 111

CAPITOLO 4 - SERIE BIANCA 4a. Periferico in condizioni fisiologiche 4b. Periferico in condizioni patologiche diverse - La sepsi - Infezione da Epstein Barr - La pertosse - La sindrome di Kostmann

113 113 121 121 124 124 125

CAPITOLO 5 - MIDOLLO IN CONDIZIONI PATOLOGICHE DIVERSE 5a. Insufficienze midollari 5b. Neutropenie - Neutropenia ciclica - Neutropenie congenite gravi 5c. Sindrome di Shwachman- Diamond 5d. Anemie aplastiche - Anemia di Fanconi - Porpora trombocitopenica amegacariocitica - Anemie siderobastiche

129 129 129 131 132 135 136 138 136 137

315


5e. Oltre le insufficienze midollari… 138 - Linfoistiocitosi emofagocitica 138 - Leishmaniosi 139 - Artrite reumatoide giovanile 141

CAPITOLO 6 - MIELODISPLASIE E SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE 6a. Le mielodisplasie (SMD) 6b. Disordini mieloproliferativi - Leucemia mielomonocitica giovanile - Policitemia vera - Trombocitemia essenziale

145 145 154 154 156 157

CAPITOLO 7 - LEUCEMIE 7a. Generalità 7b. Leucemia linfoblastica acuta (LLA) - Lo striscio periferico - Lo striscio midollare - La citochimica 7c. Leucemia mieloide acuta (LMA) Alcune notizie utili - Caratteristiche dello striscio periferico - Lo striscio midollare (inclusa la chitochimica) 7d. Leucemia mieloide cronica (LMC)

161 161 162 163 178 201 202 202 205 215 249

CAPITOLO 8 - LINFOMI 8a. Qualche notizia in generale 8b. Linfoma non Hodgkin - Il coinvolgimento del liquor nel linfoma non Hodgkin 8c. Il linfoma di Hodgkin

253 253 254 261 263

CAPITOLO 9 - IL LIQUOR IN ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA 9a -Qualche notizia in generale 9b. Variazioni sul tema… 9c. Liquor in corso di leucemie e linfomi 9d. Coinvolgimento del liquor in alcuni tumori solidi

267 267 267 270 275

CAPITOLO 10 - TUMORI SOLIDI 10a. Tumori SNC - Medulloblastoma - Tumori a cellule germinali 10b. Neuroblastoma 10c. Tumore di Wilms (nefroblastoma) 10d. Tumori primitivi dell’osso 10e. Retinoblastoma

281 281 284 283 284 291 291 294

CAPITOLO 11 - MALATTIE DA ACCUMULO LISOSOMIALE 11a. Mucopolisaccaridosi - Tipo II Hunter - Tipo III SanFilippo 11b. Glicoproteinosi - Sialidosi - Galattosialidosi 11c. Sfingolipidosi - Deficit multiplo di solfatasi (m. di Austin) - Gangliosidosi GM1 - Malattia di Niemann-Pick - Malattia di Gaucher 11d. Glicogenosi - Malattia di Pompe - Malattia di Danon Legenda

297 298 298 299 300 300 302 302 302 304 305 307 310 310 313 314

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Centro di Oncoematologia Pediatrica ed Emotrapianti Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer

Gabriella Bernini Pierluigi Pestelli Fabio Tucci

Il fascino del microscopio un racconto durato trent’anni tra le mura dell’Ospedale Pediatrico Meyer


Progettazione Grafica e Coordinamento Editoriale QUARTOPIANO studiodesign Firenze Impaginazione Daniela Annetta per QUARTOPIANO studiodesign Firenze Stampa Tipolitografia CONTINI srl Sesto Fiorentino (Firenze)

Finito di stampare nel Marzo 2013

IV


Presentazione Nel suo bel libro sul mestiere di medico, Giorgio Cosmacini afferma che il “sapere – potere del mestiere come non deve prescindere da una tecnologia efficiente ed efficace, così non può sottrarsi alla esigenza di una comprensione curativa globale della umanità del paziente. La qualità della cura è sperimentata da questi anche in funzione di tale globalità”. Vivere in questo modo la professione medica spiega il desiderio degli Autori di continuare a trasmettere agli altri i contenuti della propria esperienza professionale. Questo volume oltre ad essere un pregevole contributo di ematologia ed oncologia pediatrica, è anche un distillato della esperienza affettiva, pratica, concreta vissuta dagli Autori con il paziente e per il paziente. Si comprende allora la scelta di narrare la propria esperienza attraverso il microscopio ottico: questo infatti conserva ancora il carattere di strumento di lavoro diretto del clinico che non se ne è separato come è avvenuto per la gran parte delle tecnologie più pesanti e sofisticate, necessariamente affidate alla gestione di appositi specialisti. Nello scorrere dei preparati si potrà ritrovare oltre alla precisione scientifica anche la storia recente dell’ospedale Meyer, storia della quale gli Autori sono stati autorevoli compartecipi. Ho il privilegio di scrivere queste righe per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo volume e in particolare Gabriella Bernini a nome di tutto il Meyer: per come ha vissuto nobilmente la professione medica, per l’amore e la sapienza che ha dedicato ai suoi pazienti e alle loro famiglie, per questa affascinante ed istruttiva storia che insieme a Luigi Pestelli e Fabio Tucci ha voluto raccontare.

Dr. Tommaso Langiano Direttore Generale Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer

Firenze, 28 Febbraio 2013

V


A Gigi e per Gigi che se ne è andato troppo presto, in punta di piedi


Introduzione Lungi dal voler essere un atlante di ematologia e oncologia pediatrica, questo elaborato è solo una sintesi dell’esperienza accumulata negli anni con l’ausilio del microscopio ottico. In quanto tale rispecchierà solo alcuni campi di queste discipline. Così racconteremo solo quello che in tanti anni ci è stato dato di osservare con il solo intento di esser di aiuto a quanti studenti, giovani medici, appassionati della medicina abbiano la curiosità di vedere, la voglia di imparare, il desiderio di mettersi a un microscopio e verificare il mondo meraviglioso che con questo apparecchio il nostro organismo ci offre. Al giorno d’oggi, con i progressi della medicina moderna, potrebbe sembrare superfluo mettersi al microscopio e studiare la morfologia di una cellula. Ben altri sono i mezzi a disposizione dei ricercatori, in grado di carpire quelle informazioni che al di là della morfologia, sono essenziali per formulare una diagnosi corretta. Ciononostante il microscopio ottico a tutt’oggi costituisce un mezzo prezioso essenziale da un punto di vista esclusivamente pratico per il clinico.

La storia del microscopio viene da lontano. Saranno gli anni a cavallo tra il XVI e il XVII secolo testimoni della scoperta di questo strumento. Alla fine del 1500 in Olanda due esperti molatori, i fratelli Janssen avevano osservato che combinando tra loro diversi tipi di lenti si poteva ingrandire di diverse volte una immagine. L’apparecchio che misero a punto permetteva di vedere bene cose che l’occhio umano riusciva a malapena a distinguere. Fu comunque Galileo (fig. 1) che nel 1609 dopo studi accurati sui principi fisici del funzionamento delle lenti, dette vita al famoso “occhialino” che poi assunse il nome di microscopio nel 1625. Anton van Leeuwenhoek (fig. 2), un curioso venditore olandese di stoffe, ebbe il merito di approntare uno strumento ancora più preciso, in grado di studiare particelle invisibili ad occhio nudo. Così iniziò l’avventura del microscopio, un’avventura che continua ancora oggi ad affascinare gli studiosi.

1

Fig. 2. Anton van Leeuwenhoek, 1632-1723

Nel 1673 egli scriveva … “alla lunga ho osservato che il sangue è fatto di piccoli globuli rotondi, rossi che danno al nostro sangue il suo colore…”

Fig. 1. Galileo Galilei, 1564- 1642

Ma se vogliamo la storia comincia ancora più lontano, dalla invenzione della famosa “pietra da lettura”, anno 1.000 d.C fino ai microscopi di ultima generazione che usiamo quotidianamente. Anche Nerone comunque, storicamente molto miope, si era accorto che, guardando attraverso uno smeraldo, riusciva a vedere meglio…


Per gli appassionati di storia della Medicina, ecco una breve cronologia: 1000d.C.

Invenzione delle “pietra da lettura”

1590

Zaccharias e Hans Janssen costruiscono il primo microscopio precursore del microscopio composto

1609

Galileo compie alcuni perfezionamenti

1625

L’“occhialino di Galilei” viene nominato microscopio

1665

Robert Hooke pubblica il suo libro “Microscophia”

1674

Anton van Leeuwenhoek costruisce il microscopio semplice

XVIIIsec

Vengono compiuti alcuni miglioramenti sui microscopi

1877

L’avvento del microscopio ottico

1931

Ernst Ruska inventa il microscopio elettronico

1932

Calcina Zernike inventa il microscopio a contrasto di fase

1981

Viene inventato il microscopio a scansione ad effetto tunnel

Ci siamo chiesti come impostare questa nostra esperienza. Così come nel passato i ricercatori annotavano a mano nei testi di studio le loro scoperte, abbiamo pensato di aggiungere alla fine dei capitoli qualche pagina in più in maniera che chi lo volesse potesse aggiungere alla nostra la sua esperienza arricchendolo di riflessioni e di immagini.

2

Dal giardino di Gigi ….

N.B. Salvo indicazioni diverse gli strisci di sangue periferico e di midollo si intendono colorati con May Grunwald – Giemsa


Cap. 1

Note generali 1a. Come si legge un emocromo L’era morfologica della ematologia inizia nel 1877 con la scoperta del microscopio ottico e con la introduzione dei coloranti a base di anilina attraverso i quali fu possibile distinguere le diverse cellule del sangue. Attualmente l’esame emocromocitometrico viene letto con metodi automatizzati in grado di rispondere in maniera completa e altamente sensibile in tempi molto brevi. Bisogna tener conto che l’emocromo così come la formula leucocitaria variano in relazione all’età, alla razza, alle condizioni di salute/malattia in cui si trova il paziente nel momento in cui viene eseguito l’esame. È quindi un valido aiuto per il clinico quando lo si sappia leggere tenendo conto dei parametri cui è stato accennato. Dall’emocromo possiamo sapere non solo il numero dei globuli rossi, dei bianchi o delle piastrine o la concentrazione della emoglobina ma molte altre notizie che vediamo elencate nella fig. 1 (esame emocromocitometrico di un bambino di 7 anni) e che possono essere preziose per una migliore definizione per es. di uno stato anemico oppure essere suggestive di patologie più complesse implicanti più linee cellulari. EMOCROMO Cosa racconta … WBC (globuli bianchi) RBC (globuli rossi) Hb (emoglobina) HCT (ematocrito) MCV (Vol. Corp. Medio) MCH (contenuto Hb) MCHC (concentraz. Hb) RDW (indice anisocitosi) HDW (indice anisocromia) PLT (piastrine) MPV (Vol. Corp. Medio piastrine)

La formula leucocitaria x103/µl x10 6/µl g/dl % fl pg g/dl % g/dl x103/µl fl

5 - 15 3.6-5.2 11-13 33-42 75-85 22-29 28-36 11.6-16.5 2.2 – 3.2 130-400 7.1-10

N E B L M

N L M In questo contesto corre l’obbligo di soffermarci un attimo sugli E indici eritrocitari: B MCV = volume corpuscolare medio Luc (large unstained cells) (valori medi in età pediatrica → 76-84fL) Definisce la “citosi” MCH = emoglobina corpuscolare media (valore medi in età pediatrica 26-28 pg) MCHC = concentrazione corpuscolare media di Hb (valori medi in età pediatrica 33-35g/dl)

% % % % % %

25 – 65 30 – 70 2 – 15 0–6 0-3 1 - 10

Definiscono la “cromia”

RDW = indice di distribuzione dei volumi eritrocitari: 12-16% (misura il grado di anisocitosi). In genere è espresso come coefficiente di variazione = deviazione standard della distribuzione dei volumi eritrocitari/MCV. Non meno importante è la conta dei reticolociti, utile per es. per una prima diagnosi differenziale tra anemie da perdita cronica di sangue, da difetto di produzione e anemie emolitiche. - Un aumento dei reticolociti può suggerire una perdita cronica di sangue o una emolisi. - Una conta normale o inferiore alla norma, una diminuita produzione di GR. I reticolociti sono una popolazione di globuli rossi molto giovani (1-2 gg di vita) che presentano un fine reticolo che altro non è che residuo di materiale ribosomiale (fig. 2). Anche questi variano con l’età: alla nascita sono circa il 3% per calare all’1% dopo poche settimane. La conta dei reticolociti deve essere aggiustata per il grado di anemia, al fine di ottenere l’“indice reticolocitario”: in un paziente che ha un sanguinamento cronico o una emolisi l’indice reticolocitario è almeno 3% mentre in un paziente con anemia da diminuita produzione di GR è inferiore al 3%. Indice reticolocitario: Conta reticolociti x HTC paziente HTC normale Come abbiamo già segnalato un parametro molto importante per leggere correttamente un emocromo è l’età. Così non deve stupire un neonato con una Hb di 18-20 g/dl, mentre ci si preoccuperà se alla nascita la concentrazione di Hb è uguale o inferiore a 12 g/dl. Così per il numero dei leucociti,

3


intorno a 15.000 - 17.000/mm3 nei primi giorni di vita. Anche la formula leucocitaria può variare in relazione all’età: nei primi anni di vita è presente, in condizioni di benessere, una linfocitosi che lascia il posto col passare degli anni prima ad una equiparità tra linfociti e neutrofili e poi ad una predominanza di questi ultimi. Riassumendo i parametri fondamentali di cui tenere conto, variabili in relazione all’età e alla razza nonché alle condizioni di salute/malattia, sono: - conteggio totale dei globuli bianchi (WBC) (n. di cellule x µL di sangue) - conteggio totale dei globuli rossi (RBC) (n. di cellule x µL di sangue) - emoglobina (Hb) espressa in gr/dL - HCT espresso in % (di sangue occupata dai globuli rossi) si calcola tenendo conto della seguente formula MCV x RBC - MCV (Volume corpuscolare medio) espresso in fL - MCH contenuto medio emoglobinico (espresso in picogrammi di Hb per cellula) - MCHC concentrazione corpuscolare media emoglobinica (espressa in g/dL) MCH = Hb MCHC = Hb RBC HTC - RDW indice di distribuzione volumetrico dei globuli rossi esprime la anisocitosi cioè le possibili differenti dimensioni dei globuli rossi - HDW è in grado di valutare il contenuto emoglobinico di ciascuna cellula e ne esprime la eterogeneità (anisocromia) - PLT conteggio totale delle piastrine (n. di cellule x µL di sangue) - MPV media analitica dei volumi piastrinici - Un parametro di particolare rilievo, non sempre riportato è costituito dal piastrinocrito (PCT) che misura la massa emostatica attiva (MPVxPLT), importante ai fini di una valutazione del rischio reale di sanguinamento. La lettura di una formula leucocitaria al microscopio ottico su 100 elementi quale viene eseguita in un Laboratorio di Ematologia Clinica può risultare imprecisa per diversi motivi, primo fra tutti la più o meno corretta esecuzione dello striscio, il numero di cellule contate, l’esperienza dell’operatore nel riconoscimento dei diversi tipi cellulari. Va tenuto conto inoltre del dispendio di tempo e dei costi. Per questi motivi ci si avvale in genere di una formula automatizzata che permette di leggere un maggior numero di cellule (dell’ordine di 10.000) con conseguente ridotta imprecisione e in più breve tempo; inoltre è in grado di evidenziare tipi particolari di cellule come i LUC (grosse cellule non colorate), linfoblasti atipici, granulociti immaturi, eritroblasti. Più precisamente i LUC sono cellule grandi, perossidasi negative che rappresentano linfociti giovani, plasmacellule, istiociti e blasti. Normalmente non superano il 3%. Nel caso ci sia bisogno di valutare con più attenzione alcune caratteristiche di cellule particolari normalmente assenti come per es. nel caso del rilievo di cellule immature ecco che l’esperienza dell’ematologo attraverso la lettura al microscopio diventa fondamentale. Di particolare rilievo in ematologia clinica è la formula nucleare di Arneth che distingue i granulociti neutrofili a seconda delle segmentazioni del nucleo (fig. 3 e tabella 1):

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La formula leucocitaria N

La formula nucleare di Arneth

E

Riguarda prevalentemente i granulociti neutrofili classificati in 5 classi a seconda delle segmentazioni del nucleo Neutrofili monosegmentati 5% (o-5%)

B

Neutrofili bisegmentati Neutrofili trisegmentati Neutrofili tetrasegmentati Neutrofili pentasegmentati Neutrofili plurisegmentati

L M N L M E B Luc (large unstained cells)

% % % % % %

25 – 65 30 – 70 2 – 15 0–6 0-3 1 - 10

35% 41% 17% 2% 0%

(1o-35%) (4o-54%) (15-20%) (o-5%)

Nel primo gruppo sono compresi tutti gli eventuali elementi immaturi della serie leucocitaria che possono comparire in circolo (indipendentemente dal loro grado di maturazione, + le forme metamielocitiche a nucleo reniforme e le forme granulocitiche con nucleo a bastoncello. Deviazione a destra +++ granulociti con nucleo plurilobato Deviazione a sinistra +++ granulociti giovani poco lobati

Prima di concludere queste brevi notizie su quello che può essere definito uno degli esami di laboratorio più richiesti in età pediatrica, corre l’obbligo di sottolineare che un errore comune cui spesso si incorre nella valutazione dell’esame emocromocitometrico è quello di non tener presente che i valori normali forniti nei referti stampati dalla macchina contaglobuli automatica sono in genere relativi alla età adulta e pertanto non possono venire assunti come riferimento per un paziente in età pediatrica. Un valore di MCV di 75fL è sicuramente indicativo di microcitosi in un adulto ma non in un bambino di 2 anni; un valore di Hb di 10.5g/dL può rivelare una anemia nell’adulto ma non nel bambino di un anno. Cosi per quanto riguarda la conta dei leucociti e la formula leucocitaria: è normale il riscontro di una conta più elevata nel primo anno di vita rispetto all’adulto così come un rapporto neutrofili/linfociti a favore di questi ultimi sempre nel bambino piccolo.


1b. Come si fa un vetrino Innanzitutto conviene soffermarci su alcune notizie utili dal punto di vista tecnico circa la tecnica di allestimento di un vetrino. Ci sono alcune regole fondamentali da tenere presenti: 1) sembra banale ma è fondamentale che i vetrini siano puliti ed esenti da qualsiasi traccia di materiale estraneo 2) una goccia di sangue deve essere posta sul vetrino porta oggetto, quindi: 3) accostare alla goccia sul vetrino portaoggetti un vetrino copri-oggetto molato in maniera che la goccia si espanda 4) strisciare il vetrino copri-oggetto su quello porta-oggetto delicatamente da sinistra verso destra mantenendo una angolatura di 45° per ottenere uno striscio uniforme e a limiti netti sui 4 lati 5) lasciare asciugare per circa 1 ora e poi colorare Da tenere presente che lo striscio risulterà tanto più spesso quanto maggiore è l’angolo di incidenza e tanto più sottile quanto questo è minore. Nel materiale strisciato distinguiamo poi 3 porzioni. La porzione tra corpo e coda rappresenta la parte migliore per la lettura (fig. 5): Lo striscio non deve essere troppo lungo, troppo corto o troppo spesso. Nello striscio di sangue si osservano 3 porzioni testa, corpo e coda. Lo spessore dello striscio va riducendosi dalla testa alla coda. I margini dello striscio devono essere abbastanza lontani da quelli del vetrino in maniera che sia possibile andarli a valutare. Come già segnalato, la zona ottimale di lettura è quella compresa tra il corpo e la coda dove sarà possibile apprezzare correttamente le caratteristiche delle cellule ematiche

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I tempi di colorazione variano di poco in relazione allo spessore del vetrino e alla sua ricchezza in elementi cellulari. Una volta che il vetrino è perfettamente asciutto si può procedere alla sua colorazione che può essere diversa a seconda di quello che vogliamo mettere in evidenza. In generale la colorazione più usata è quella con May Grunwald-Giemsa che riportiamo in breve: 1) coprire il vetrino con May Grunwald e lasciare per 2-3’ a seconda dello spessore dello striscio 2) lavare con acqua corrente e pulire il rovescio del vetrino accuratamente con una garza in maniera da togliere qualsiasi residuo di colorante 3) coprire il vetrino con Giemsa (preparato all’istante e diluito 1/10 in H2O) mantenere per 15’ e poi lavare in acqua corrente 4) lasciare asciugare all’aria dopodichè il vetrino è pronto per essere letto.


Nella fig. 6 esempi di striscio periferico mal eseguito dove la maggior parte delle cellule non è valutabile.

Nella fig. 7 il confronto tra uno striscio mal eseguito ed uno ben eseguito: Immagini di striscio male eseguito o eseguito su vetrino non sgrassato

Immagini di striscio ben eseguito

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Figura 8 —Strisci ben eseguiti. Strisci ben eseguiti Le cellule sono morfologicamente ben valutabili


1c. Colorazioni particolari e citochimica delle leucemie Da Françoise Vincent Raspail, un chimico francese vissuto a cavallo tra il 1700 e il 1800 che a buon diritto può essere definito il pioniere della moderna istochimica, fino ai giorni nostri, la citochimica in genere e quella delle leucemie in particolare continuano ad essere di valido aiuto per una più corretta definizione delle attività enzimatiche e delle caratteristiche strutturali biochimiche all’interno della cellula. Ad esempio la presenza di un determinato colore in una cellula può indicare una particolare reazione chimica: la reazione PAS (acronimo di Periodic Acid Schiff) è indicata quando si voglia dimostrare la presenza di glicogeno in una cellula. Così è possibile distinguere fra le cellule normali del sangue e del midollo i leucociti polimorfonucleati e i megacariociti che contengono glicogeno in gran quantità, dai linfociti che ne hanno solo piccole quantità. Sono riportate ora alcune tra le colorazioni, più frequentemente utilizzate in un laboratorio di Ematologia Pediatrica. 1) colorazione per la messa in evidenza dei corpi di Heinz. Si tratta di inclusioni citoplasmatiche all’interno del globulo rosso conseguenti la Fig. 8 – Françoise Vincent Raspail precipitazione di emoglobina per cause diverse come per es. il deficit di (1794-1878). glucosio - 6- fosfato deidrogenasi, la carenza di glutation - redattasi, emoglobinopatie da emoglobine instabili. Le alterazioni degli eritrociti che non consentono di mantenere il glutatione in forma ridotta possono essere messe in evidenza con colorazioni particolari (acetilfenidrazina, blu brillante di cresile) (fig 9). Fig. 9 – Corpi di Heinz (masserelle di colore blu scuro) all’interno di un globulo rosso.

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2) colorazione per il ferro (blu di Prussia) Con questa colorazione si possono evidenziare siderociti e sideroblasti: si tratta di globuli rossi circondati da un alone blu che variano come numero e caratteristiche morfologiche a seconda dei diversi stati patologici (tabella 2):

Colorazione per il ferro (Blu di Prussia) Midollo

Mette in evidenza i siderociti e i sideroblasti. A tale scopo si usano strisci di sangue o di aspirato midollare, colorati con May Grunwald-Giemsa ed essiccati. sideroblasti

siderociti

~ 20 -60%

Siderociti nel sangue periferico 0-3‰

Intossicazione da Pb

> 90% con granuli grossolani, ad anello

siderociti a volte >

Talassemia

> 90%, granuli grossolani, ad anello

siderociti a volte >

Dopo splenectomia

≤80% fini granuli

Siderociti molto aumentati

Anemia da carenza di Fe

< 15%, con fini granuli

Midollo osseo normale


3) PAS (reazione periodica di Schiff) come già accennato permette di stabilire la presenza e l’entità del glicogeno in una cellula (fig. 11). Premessa - Presente nelle cellule sotto forma di precipitati diffusi e granulari o a zolle - Esclusivamente nel citoplasma e nella serie bianca - Aumenta con il progredire della maturazione cellulare Serie eritropoietica: assente Serie linfocitaria +Trombociti e megacariociti +

- Diagnosi differenziale tra LLA e LMA - Glicogeno ++ nei LNH - Glicogeno ++ negli eritroblasti in corso di talassemie e in altre emoglobinopatie Fig. 12 – Megacariocita con evidente PAS positività: tipica la colorazione violacea che riflette la presenza di glicogeno.

8

4) Mieloperossidasi: la positività si manifesta normalmente in forma di granuli distinti di colore blu-verde localizzati nei granulociti neutrofili e nei loro precursori. Maggiormente evidenti negli eosinofili minimamente nei monociti (fig. 13).

Dimostrazione citochimica della perossidasi Premessa: - Si basa sulla scissione di H2O2 ad opera della perossidasi presente in molte cellule e sulla successiva ossidazione della benzidina, della diaminobenzidina o dell’aminoetilcarbazolo, con formazione di prodotti colorati che precipitano nella sede della reazione Sono positivi: - Tutti i granulociti dal promielocita fino al polimorfonucleato - una parte dei monociti nei quali le granulazioni sono più fini e più rare. - piastrine, megacarioblasti, megacariociti, cellule villose Sono negativi: - Mieloblasti giovani e linfociti.

Mieloperossidasi Positiva a seconda della maturazione delle cellule mieloidi


4) Fig. 14 – Mieloperossidasi positiva (colorazione color ruggine) in tutti i granulociti dal promielocita al polimorfonucleato. promielocita

mielocita

neutrofilo

metamielocita

5) Colorazione per la fosfatasi acida (fig. 15).

Dimostrazione citochimica della fosfatasi acida Dimostrabile in diverse cellule del sangue, del midollo, e dei linfonodi - elevati valori di attività in: - eosinofili - megacariociti, - cellule del reticolo, - plasmacellule

Nel citoplasma delle cellule in cui vi è attività si sviluppa un precipitato rosso vivo, in parte omogeneo, in parte granulare

fosfatasi acida

plasmacellula

LNH-T, LLA-T

Gaucher

Plasmacellule: la citochimica dimostra una marcata positività per quanto riguarda la fosfatasi acida mentra la mieloperossidasi è negativa (notare la differenza di colorazione tra il mielocita e la plasmacellula)

mieloperossidasi

mielocita

6) Esterasi aspecifiche (figg. 16, 17, 18, 19).

Dimostrazione citochimica delle esterasi aspecifiche - Quasi tutte le cellule del sangue contengono esterasi aspecifiche più o meno attive, dimostrabili citochimicamente con - α naftil acetato esterasi - naftol-AS-acetato esterasi Monociti: attività molto elevata Granulociti: l’attività diminuisce progressivamente con la maturazione Neutrofili e eosinofili maturi: solo poche granulazioni positive Promielociti: +++ granulazioni Mieloblasti +Linfociti solo poche granulazioni isolate mentre nei linfoblasti +++

La positività è determinata dal colorito brunastro

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alfa-naftil acetato esterasi: la positività è evidenziata da granulazioni brunastre disseminate nel citoplasma, la reazione è positiva a moderata intensità nei monociti, nelle cellule reticolari e nei megacacariociti, debolmente positiva nei linfociti ed ancor meno sugli elementi plasmacellulari, la reazione è negativa nelle cellule della linea granulocitaria

Dimostrazione citochimica della naftol-AS- acetato- esterasi Il prodotto della reazione è blu, omogeneo e granulare. Il grado di attività delle singole forme cellulari è simile a quanto detto per la α-naftilacetato-esterasi Dimostrazione citochimica della naftol-AS-D-cloroacetato- esterasi Il prodotto della reazione è costituito da granulazioni che assumono un colore rosso L’attività delle singole cellule corrisponde a quanto rilevato con la reazione della perossidasi

Eosinofili negativi Monociti negativi o con tracce di positività

Naftol-AS-D cloro acetato: la positività è evidenziata da granulazioni rosso-arancio disseminate nel citoplasma. Questa reazione è positiva soltanto nelle cellule della linea granulocitaria dal mieloblasto al granulocita maturo; è debole o assente nei monociti e nei linfociti

10 7) Inibizione della α – naftil - acetatoesterasi da parte del floruro di sodio (NaF) (fig. 20).

Inibizione della α- naftilacetato-esterasi da parte del floruro di sodio (NaF) - Le cellule positive per la α – naftilacetato esterasi si rappesentano con granulazioni brunastre (+++ nei monociti) - l’aggiunta di NaF comporta l’inibizione dell’ α – naftilacetato-esterasi (i monociti per es. perdono la caratteristica colorazione brunastra)

In questa maniera è possibile differenziare i monociti e i promonociti nel sangue e nel midollo Importante per la caratterizzazione morfologica delle leucemie monocitiche e promonocitiche

8) Fosfatasi alcalina leucocitaria (tab. 3). Nei tessuti emopoietici la fosfatasi alcalina sembra essere concentrata nei neutrofili segmentati e a forma di banda. Nei siti di attività della fosfatasi appariranno dei granuli di colore rosso o blu a seconda del colorante usato Conteggio 0 0+ 2+ 3+ 4+

Totale (%)* nessuno 0 - 50 50 - 80 80 – 100 100

Misura dei granuli piccoli piccoli Da medi a grandi Medi e grandi

Intensità di colorazione nessuna debole moderata marcata brillante

* % di volume di citoplasma occupato dai precipitati azocolorati


9) Reazione di Sudan Black B (fig. 21).

Reazione di Sudan Black B Le cellule della serie linfoide presentano colorazione negativa, mentre la serie mieloide e i monociti si colorano caratteristicamente

I neutrofili e i loro precursori mostrano granulazioni intracellulari blu-nere

Colorazione valida per le leucemie mieloidi e le mielomonocitiche

I linfociti non si colorano affatto

I monociti si colorano intensamente di nero

1d. Apposizione È una tecnica, al giorno d’oggi superata, molto semplice ma utile, per evidenziare morfologicamente cellule tumorali nel contesto di un tessuto bioptico. Si tratta di depositare delicatamente su un vetrino una piccola quantità di materiale, farlo asciugare e poi colorarlo con May Grunwald Giemsa. La lettura al microscopio ottico può essere indicativa e avvalorare il sospetto clinico in attesa del referto del patologo. Fig. 22 – Linfoma di Hodgkin - apposizione da linfonodo in un tappeto di linfoblasti.

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Fig. 23 – Linfoma di Hodgkin: nel tappeto di blasti è possibile rilevare la cosiddetta “cellula pop corn” (indicata dalla freccia rossa).

tappeto di linfoblasti


Figg. 24 e 25 – Linfoma non Hodgkin (apposizione da linfonodo): tappeto di blasti con citoplasma fortemente basofilo e vacuoli citoplasmatici.

Fig. 26 – Linfoma non Hodgkin istiocitico. Linfoma istiocitico in bambino di 2 anni – apposizione da linfonodo a ingrandimenti diversi: le cellule presentano citoplasma abbondante, debolmente basofilo e ricco di vacuoli

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Fig. 27 – Apposizione da linfonodo in linfoma non Hodgkin leucemizzato.


Fig. 28 – Paziente con tumore di Wilms: apposizione da materiale prelevato mediante biopsia. Tumore di Wilms: apposizione di materiale bioptico che evidenzia agglomerati di cellule tumorali

Fig 29 – Materiale da apposizione di neuroblastoma toracico (colorazione con May Grunwald – Giemsa e colorazione specifica con anticorpo anti GD2). La colorazione del materiale bioptico con anticorpo anti-GD2, pur non essendo patognomonica, è suggestiva della presenza di cellule di neuroblastoma anche con la tecnica della apposizione.

Apposizione massa toracica - neuroblastoma

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(Colorazione con May Grunwald - Giemsa)

(Colorazione con atc ant. GD2) Figg. 30 e 31 – Apposizione di materiale prelevato da granuloma tubercolare. Evidente la tipica disposizione a suola di scarpa (fig. 31).

numerose cellule epitelioidi in aggregato sinciziale


Fig. 32 – Cellula di Langhans mediante tecnica di apposizione (a maggior ingrandimento).

Cellula gigante di Langhans

Fig. 33 – Granuloma tubercolare: cellule epitelioidi disposte a “retata di pesce”.

14 Fig. 34 – Visione di insieme in un granuloma tubercolare (tecnica di apposizione). Presenza di numerosi linfociti, alcune plasmacellule e diverse cellule di Langhans. Le cellule di Langhans derivano dalle cellule epiteliali, hanno un diametro che può raggiungere i 300µm, citoplasma omogeneo o finemente granuloso, nuclei numerosi disposti perifericamente o a corona


1e. Qualche notizia su sistema emopoietico e su cellule staminali È affascinante studiare la fisiologia della emopoiesi: dalla prima comparsa delle cellule del sangue nell’embrione nel sacco vitellino, al successivo coinvolgimento di altri organi durante la vita fetale, fino alla complessa evoluzione che dalla cellula staminale totipotente porta agli elementi maturi circolanti nel sangue periferico e in definitiva a come si è evoluto il trasporto di ossigeno nelle diverse specie. Senza voler entrare nel merito della cosa, perché questo non è lo scopo che ci siamo preposti, è noto che uno dei maggiori vantaggi dei mammiferi rispetto agli invertebrati è rappresentato dalla loro capacità di “impacchettare” grandi quantità di emoglobina nelle cellule. Questo permette il naturale passaggio di ossigeno ai tessuti senza che si produca un aumento massiccio della pressione oncotica, cosa che si verificherebbe se dovesse essere usata una concentrazione analoga di emoglobina, ad alto peso molecolare, libera nel plasma. Quando si verifica una maggior domanda di ossigeno si ha anche una maggior produzione di globuli rossi. Un curioso esempio è quanto si verifica per es. nell’anguilla: uno dei pochi vertebrati che allo stato giovanile non ha globuli rossi, nella vita adulta quando deve spendere energie per risalire la corrente dei fiumi, produce cellule nucleate contenenti emoglobina evidenziabili in circolo. Fig. 35 – Empedocle di Agrigento, V sec. A.C.

“Il sangue è vita” Veniamo a descrivere brevemente che cosa succede nell’embrione e nel feto umano. Schematicamente si possono distinguere 2 fasi della emopoiesi, quella prenatale che va dalla prima comparsa delle cellule del sangue nel sacco vitellino fino al coinvolgimento del midollo osseo e quella post natale dove l’emopoiesi è appannaggio quasi esclusivo del midollo osseo. La prima si caratterizza in quattro periodi diversi (fig. 36):

Emopoiesi prenatale:

- Mesoblastica o pre-epatica - Epatica - Splenica - Mieloide

Emopoiesi post-natale:

- Avviene quasi esclusivamente nel midollo osseo Più precisamente... La fig. 37 riporta schematicamente quanto avviene nei diversi periodi: 1. Le prime cellule del sangue sono eritroblasti che si formano in isole del sacco vitellino a partire dalle prime due settimane di vita fino all’ottava.

2. Gradualmente sia il fegato che la milza rimpiazzano il sacco vitellino come sede di produzione delle cellule del sangue. Dal secondo mese di gestazione il fegato diventa l’organo principe della emopoiesi e fanno la loro comparsa i leucociti nei diversi tipi granulari. Sia il fegato che la milza predominano in questa loro funzione dal secondo al quinto mese di vita fetale. 3. Nel quarto mese di gestazione il midollo osseo inizia la sua funzione di produttore di cellule del sangue. 4. Dopo il quinto mese di vita fetale il midollo osseo assume il suo ruolo definitivo di sede principale della emopoiesi.

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Nella fig. 38 è riportato uno schema classico ed esplicativo delle sedi di emopoiesi in relazione alla vita gestazionale e anche dopo:

Distribuzione delle cellule emopoietiche: A = emopoiesi prenatale (diverse sedi) B = emopoiesi post-natale (midollo) (da A.V. Hoffbrand, S.M.Lewis – Postgraduated Haemathology, 2nd.Ed., 1981, modificato) Nella tabella 4 viene riportato il tempo di prima comparsa delle diverse cellule negli organi emopoietici nel sangue circolante per settimana di vita gestazionale.

Eritroblasti primitivi Eritroblasti definitivi Granulociti Monociti Istiociti, macrofagi Megacariociti, piastrine Linfociti

sacco vitellino 3-4 6-7 3 - 4* 3-4 5 6

fegato

timo

milza

linfonodi

midollo

sangue

5 5 5 ? 5 5 6

10 10 10 8

8 8 8 11 8 11 8

11 12 12 - 13 11 9- 12

8-9 8-9 11 8-9 8-9 10-12

3-4 6-7 7-8 7-8 3-4 6-7 7-9

Prima comparsa delle diverse cellule negli organi emopoietici e nel sangue circolante/settimana di vita gestazionale * Possibile origine materna

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Da E.Keleman et al. Atlas of human emopoietic development, Berlin Springer-Verlag, 1979 (modificato).

Dopo la nascita il tessuto emopoietico viene prodotto in condizioni normali nel midollo osseo. Nel midollo le cellule emopoietiche sono raccolte in tralci ramificati racchiusi in un intreccio di sinusoidi e vasi sostenuti da una trama formata da cellule reticolari, da fibroblasti, da cellule dell’avventizia dei seni vasali e da un intreccio di fibre che costituiscono la matrice extracellulare. All’interno degli spazi midollari le cellule hanno una distribuzione topografica particolare: - megacariociti e megacarioblasti: vicino alle pareti dei sinusoidi (l’immissione delle piastrine in circolo avviene direttamente all’interno del lume vasale), - elementi eritropoietici: negli isolotti eritroidi (adesione a una cellula macrofagica, maturazione e differenziazione), - buona parte degli elementi granulocitopoietici a ridosso delle cellule grassose, - cellule più immature le più distanti dal lume dei vasi e dei sinusoidi, a ridosso della superficie ossea, vicino agli osteoblasti e agli osteoclasti. In alcune condizioni non fisiologiche la produzione di tessuto emopoietico può avvenire in sedi extramidollari (fig. 39).

Emopoiesi extramidollare In condizioni non fisiologiche può accadere che fegato, milza e linfonodi riprendano la loro funzione emopoietica: - Epatosplenomegalia - Proliferazione di cellule primitive indifferenziate in questi organi

- Anemia aplastica - Infiltrazione neoplastica - Leucemie

- Anemie emolitiche


La fig. 40 riporta in maniera sintetica alcune nozioni utili per capire meglio la struttura del midollo osseo e cioè la definizione di ematone, le caratteristiche dello stroma, e quelle della nicchia di cui è ospite essenziale la cellula staminale.

Midollo osseo: alcuni concetti utili...

Ematone

STROMA + CELLULE EMOPOIETICHE + CELLULE NON EMOPOIETICHE (CELLULE MESENCHIMALI)

Nicchia: ambiente ideale all’interno del midollo, capace di ospitare una o più cellule staminali e controllarne l’autorinnovamento nonché la produzione di progenie Stroma: insieme costituito da adipociti, cellule endoteliali, macrofagi e fibroblasti

La quantità di midollo attivo definito più comunemente come midollo rosso è in proporzione molto superiore nel bambino rispetto all’adulto: - adulto: massa midollare in soggetto di 70 kg variabile da 2600 a 4000 ml di cui midollo attivo 1200-1600 g.; - bambino: massa midollare in soggetto di 15 kg circa 1600 ml di cui midollo attivo 1000-1400 g. - durante la vita il midollo attivo o rosso viene ad essere gradualmente infiltrato dal grasso (midollo giallo) Il midollo osseo provvede per tutta la vita al ricambio giornaliero degli elementi maturi del sangue. Elenchiamo di seguito alcune notizie utili relative alla sua funzione: - un adulto ricambia in un anno almeno 15 kg di tessuto (circa 35ml/die), - la produzione di cellule può essere rapidamente modificata in base a precise richieste (infezioni per es.) - la vita delle cellule è relativamente breve: Globuli rossi 120 gg. Granulociti 8-10 ore Piastrine 8-10 gg. Linfociti da pochi gg. a molti aa. - alta specializzazione funzionale - sofisticati meccanismi di regolazione e di feedback. Tra le diverse funzioni del midollo inoltre ve ne sono altre, menzionate nella fig. 41: Funzioni osteogeniche in quanto contiene osteoblasti ed osteoclasti nonché fornisce i vasi sanguigni all’osso in formazione.

Funzione emocateretica (o emoclasica) in quanto svolge un ruolo importante nella distruzione delle cellule ematiche invecchiate o danneggiate ad opera dei macrofagi del sistema reticolo-istiocitario.

Funzioni immunologiche in quanto, indirettamente, partecipa alle reazioni immunitarie dato che fornisce al timo le cellule staminali che in questo organo si differenziano in linfociti T. Inoltre, produce monociti e macrofagi nonché linfociti B. Infine partecipa alle funzioni generali del tessuto connettivo.

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La produzione emopoietica è mantenuta tutta la vita da un pool di cellule progenitrici o staminali che danno origine alla popolazione dei precursori midollari, specifici di ogni linea maturativa. Complessivamente le cellule staminali rappresentano meno dello 0.5‰ delle cellule midollari. Le cellule staminali più ancestrali capaci di ripopolare il midollo dopo irradiazione o trapianto, in condizioni fisiologiche, si trovano in fase G0 e costituiscono una riserva per tutta la vita (da 1 a 10 x 100.000 cellule midollari). La cellula staminale totipotente “commissionata” nel midollo a produrre le diverse linee cellulari è in grado non solo di attività riproduttiva estremamente intensa (ogni giorno si generano 200-400 milioni di nuove cellule) ma anche di differenziarsi appunto nelle diverse linee cellulari. Per sostenere i necessari livelli di cellule del sangue del midollo osseo di un adulto deve produrre circa 3 milioni di globuli rossi e 120.000 globuli bianchi al secondo. Meno di uno su 5.000 delle cellule del midollo è una cellula staminale. La straordinaria capacità della cellula staminale, di riprodursi fa sì che il loro numero resti invariato durante tutta la vita. Dal mieloblasto al neutrofilo (fig. 42)

mieloblasto

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Una cellula staminale molto immatura richiede un periodo > di 3-5 settimane per garantire una progenie di cellule differenziate

neutrofilo La fig. 43 riporta sempre schematicamente il processo di evoluzione dalla cellula staminale totipotente che, nelle diverse fasi, dà luogo a due popolazioni cellulari, una identica a quella originaria (per mantenere costante il pool di cellule staminali ed impedirne l’esaurimento), l’altra in grado di differenziarsi fino alla perdita della capacità di differenziazione e al completamento della fase di maturazione. (Cedar SH. et al. – Indian J. Med.Res. 125:17-24,2007) Ad ogni divisione della cellula staminale segue la formazione di due cellule:

Cellula identica a quella originaria

Cellula più matura e differenziata citochine

Mantiene costante il pool di cellule staminali e ne impedisce l’esaurimento

Cellula identica alla cellula madre

Cellula più matura e differenziata

Il processo si ripete per numerosi cicli finché negli stadi terminali viene persa la capacità di differenziazione mentre si completa la fase di maturazione

Nella fig. 44 in maniera molto schematica sono riportate le diverse fasi dalla cellula staminale totipotente alle cellule mature non solo emopoietiche ma anche degli altri tessuti.

Gerarchia delle cellule staminali totipotente

multipotente

Cellule staminali emopoietiche

Altre cellule staminali Muscolo

Serie rossa

Piastrine Serie bianca

Nervo

Osso altri tessuti


La fig. 45 riporta le funzioni principali della cellula staminale.

La cellula staminale: quali le prerogative - capacità di ripopolare il midollo quando questo è stato sottoposto a regimi di condizionamento ablativi (TMO; PBSC) - capacità di automantenimento - capacità di differenziazione

- Totipotenza - Commissionamento - Differenziazione

La fig. 46 riporta in sintesi le cellule progenitrici delle diverse serie. Cellule progenitrici della serie eritroide

BFU-E e CFU-E

Cellule progenitrici della serie granulo-macrofagica

CFU-GM, CFU-G e CFU-M

Cellule progenitrici della serie megacariocitica

BFU-MK , CFU-MK

Diverso è il destino del progenitori a seconda delle loro prerogative (fig. 47). Il progenitore T linfoide migra nell’abbozzo del timo, ed in questa sede si differenzia nei vari tipi di linfociti attraverso un processo che è caratterizzato da eventi molecolari specifici, e che è sotto controllo del microambiente timico Il progenitore mieloide invece si differenzia progressivamente nelle diverse linee ematopoietiche sotto lo stimolo di fattori di crescita specifici (CFS o colony stimulating factors) e di interleuchine a loro volta rilasciati fisiologicamente da vari tipi cellulari: Cellule staminali del midollo Monociti-macrofagi Linfociti NK

Un ruolo fondamentale nella differenziazione delle cellule è svolto dalle citochine (fig. 48).

Un ruolo molto importante nella emopoiesi è svolto dalle citochine - Molecole prodotte da diversi tipi di cellule - In grado di stimolare le cellule staminale e altri tipi di cellule - Funzionano come dei veri e propri messaggeri che garantiscono la comunicazione tra i diversi tipi di cellule del sistema emopoietico ed immunitario garantendone la funzione e la sopravvivenza

Linfociti B IL-6 plasmacellule

Cellula staminale eritropoietina

Cellula staminale trombopoietina

globuli rossi

piastrine

Tab. 5 – I principali fattori di crescita, il loro bersaglio, la loro sorgente. Fattore di crescita

bersaglio

sorgente

IL-1

Cellule staminali Linfociti, Endotelio

Monociti

IL-3

Cellule staminali, Cellule mieloidi, eritroidi, Megacariociti

Cellule T

IL-4

Basofili, Linfociti B e T

Cellule T

Il-5

Eosinofili, Linfociti B

Cellule T

Il-6

Cellule staminali, Linfociti T e B

Leucociti, Fibroblasti

IL-7

Linfociti

Leucociti

IL-8

Granulociti

Leucociti

IL-9

Granulociti

Linfociti

G-CSF

Cellule eritroidi, Magacariociti

Monociti, Cellule endoteliali, Fibroblasti

M-CSF

Monociti

Monociti, Cellule endoteliali

Granulociti, Monociti, Megacariociti, Eritrociti

Cellule T, Monociti, Cellule endoteliali

Eritrociti

Rene, Fegato

GM-CSF eritropoietina

Fattori di crescita emopoietici

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A conclusione di questa breve rassegna la fig. 49 riporta in schema i diversi passaggi dalla cellule staminale totipotente fino alle diverse cellule mature.

20

Ed infine, in maniera molto sintetica, alcune notizie Tab. 6 – Caratteristiche morfologiche e progressione utili per la identificazione delle diverse cellule tenendo verso la maturazione a confronto. conto del grado di maturazione (fig. 50):

Alcune caratteristiche utili in generale

In seguito al processo di differenziazione le cellule daranno origine alle diverse categorie di elementi che andranno a popolare il midollo e il circolo periferico La identificazione e lo stadio di maturazione delle diverse cellule del sangue richiede la valutazione di tutta una serie di caratteristiche tra cui le principali sono:

- La grandezza della cellula - Il rapporto nucleo/citoplasma

Caratteristiche morfologiche Grandezza della cellula

Diminuzione progressiva.

Rapp. nucleo/citoplasma

Diminuzione progressiva.

NUCLEO - Cromatina

Diventa piĂš condensata.

- Presenza di nucleoli

Assenti nella cellula matura.

CITOPLASMA - colore - granulazioni

Ma altre ugualmente importanti sono elencate nella tabella che segue

Generica progressione della maturazione

- vacuoli

Dal blu intenso, al blu brillante, blu-grigio o rosa. Progressione da: assenza di granulazioni o granulazioni aspecifiche fino alle specifiche. Aumentano con l’età della cellula.


Note

21


Note

22


Cap. 2

Midollo in condizioni di normalità 2a. Qualche notizia utile Prima di parlare in maniera estesa delle diverse linee cellulari che popolano il midollo osseo ci sembra opportuno dare alcune informazioni tecniche su come si esegue un prelievo di midollo e sottolineare l’importanza del microambiente midollare. Ci sono alcune regole da rispettare che elenchiamo di seguito: 1) il prelievo deve essere eseguito da un medico esperto; 2) la sede di prelievo dipende dall’età (tibia bambini molto piccoli < 18 mesi; cresta iliaca post +++ bambini più grandi/adolescenti; cresta iliaca ant./sterno +++ adulto); 3) è obbligatorio predisporre di un campo sterile su cui lavorare comprensivo di un vassoio contenente il necessario per la procedura (aghi da aspirazione, aghi da biopsia, siringhe ed aghi di varia grandezza a seconda dell’età del paziente, provette sterili, provette con formalina, provette eparinate, guanti, lenzuolini e garze sterili, vetrini in numero di 10 ben puliti e sgrassati); 4) dal momento che la procedura è dolorosa predisporre con l’anestesista una sedazione. Il mielogramma o emomielogramma rappresenta il conteggio differenziale attraverso il microscopio ottico, espresso come valore percentuale, delle diverse cellule presenti nel midollo osseo, dalle progenitrici (fig. 1), alle cellule più mature in procinto di riversarsi nel circolo periferico. Il volume totale del midollo osseo nel corpo umano è di 2000 – 4000 ml; il contenuto cellulare è di 400.000 cellule/µl. Il rapporto leuco-eritroblastico è di 0.56 -2.67 ∞ 1.5 (esclusi granulociti maturi). La fig. 1 riporta le cellule progenitrici delle tre linee cellulari:

23 proeritroblasto

mieloblasto

megacarioblasto

A partire dalla cellula progenitrice si distinguono poi le diverse serie (tab. 1): Serie eritroblastica a partire dal proeritroblasto (il primo precursore identificabile al microscopio) fino al globulo rosso. Serie granuloblastica a partire dal mieloblasto (primo precursore riconoscibile al microscopio) fino ai granulociti (neutrofili, basofili, eosinofili). Serie megacarioblastica A partire dal megacarioblasto (primo precursore riconoscibile al microscopio) fino ai megacariociti maturi da cui si formano le piastrine. Per quanto riguarda i linfociti la loro maturazione avviene in parte nel midollo, in parte in altri organi linfoidi (in particolare i linfociti T completano la maturazione nel timo dove i loro precursori migrano dopo essersi formati nel midollo). I precursori eritroidi rappresentano, nel bambino sano dopo i 3 anni di vita e nell’adulto, circa un terzo della popolazione midollare. Il compartimento proliferante è costituito dal proeritroblasto, dagli eritroblasti basofili e da una parte di policromatofili più giovani; i policromatofili più maturi non si dividono ma vanno incontro a modifiche del nucleo e del citoplasma per diventare eritroblasti ortocromatici e questi, sempre modificandosi ed espellendo il nucleo formano i reticolociti. In media da un proeritroblasto si originano mediante 3-5 divisioni 8 reticolociti in un tempo di 72-160 ore. In condizioni normali il rinnovo del pool di reticolociti è di circa un 10% per giorno e in genere il tempo che intercorre tra il proeritroblasto e la comparsa del reticolocita in circolo è di circa 5 gg (fig. 2). La cellula che ne viene fuori è grande, (macrocita) di colore rosso, con residui ribosomiali, blu scuro evidenti.


Fig. 2 – Tempo che intercorre tra la comparsa del proeritroblasto e quella del reticolocita. Proeritrobasto Eritroblasto basofilo Eritroblasto policromatofilo Eritroblasto ortocromatico Reticolocita

60 ore

30 ore

50 ore

40 ore

Nella fig. 3 sono riportati i diversi passaggi che dalla cellula staminale totipotente portano alla produzione del reticolocita prima e del globulo rosso poi. Cellula staminale pluripotente Cellula staminale BFU-E e poi CFU-E proeritroblasto Eritroblasto basofilo Eritroblasto policromatofilo Eritroblasto ortocromatico reticolocita eritrocita La fig. 4 riporta gli stessi passaggi da un punto di vista esclusivamente iconografico:

1

5

2 24

6 3

4

Fig. 5 – Diversi elementi della serie eritropoietica in un midollo ben rappresentato: sono evidenti proeritroblasti, eritroblasti policromatofili giovani e maturi ed eritroblasti ortocromatici.


Il proeritroblasto è una grossa cellula (diametro > 12µm) con un nucleo grande a cromatina finemente granulare e nucleoli, il citoplasma è fortemente basofilo. Durante la maturazione il diametro cellulare e il nucleo diminuiscono di grandezza, la cromatina appare più addensata, a zolle; nel citoplasma la progressiva comparsa di emoglobina determina una sempre più netta acidofilia. La sintesi di emoglobina che costituirà poi il 95% delle proteine presenti nel reticolocita inizia a partire dal proeritroblasto e sarà massima nell’eritroblasto policromatofilo. Al momento in cui il contenuto in emoglobina raggiunge nell’eritroblasto policromatofilo una concentrazione critica intorno ai 20x10 6µg la cellula non si divide più. Oltre alla sintesi di emoglobina altre proteine specifiche, eritroidi, di grande importanza vengono sintetizzate (es. protoporfirine, glicoforine, antigeni gruppali etc.), per le quali rimandiamo a testi specialistici. Preme in questa sede sottolineare che anche il contenuto di RNA si riduce progressivamente dagli eritroblasti ortocromatici ai reticolociti per scomparire nel globulo rosso maturo. Le cellule della linea granulocitopoietica morfologicamente riconoscibili nel midollo osseo possono essere suddivise in due compartimenti: - compartimento proliferante e differenziante in cui si distinguono mieloblasti, promielociti e mielociti; - compartimento maturante e di riserva midollare che comprende metamielociti e granulociti maturi (fig. 6).

25

Il tempo che intercorre tra lo stadio di mieloblasto e quello di granulocita circolante è di 12- 13 giorni mentre il passaggio attraverso il compartimento maturante dura nel soggetto sano 5-7 giorni. Fig. 7 – Panoramica di cellule mieloidi nel midollo osseo normale dal mieloblasto molto immaturo fino alla progressiva maturazione del metamielocita con assunzione della forma nucleare a bastoncello.


Le cellule della linea trombocitopoietica vedono come precursori midollari morfologicamente riconoscibili il megacarioblasto, il promegacariocita, il megacariocita granulare e il megacariocita maturo (tab. 2) (modificato da Natan Oski’s, Hematology of infants and childhood, 7a.ed. 2009). Tab. 2 – Caratteristiche citologiche a seconda dello stadio di maturazione del megacariocita. stadio

Membrana di demarcazione

Morfologia nucleo

Colorazione

Grandezza

Granuli

Denominazione suggerita

I

Visibile solo al m. elettronico

Compatto (lobulato)

Basofilo (blu/ violetto)

6-24µm

Pochi, evidenti al m. elettron.

Megacarioblasto

II

Proliferante dal centro della cellula

A ferro di cavallo

Rossastro al centro

14-30µm

In aumento

Promegacariocita

III

Estesa ma asimmetrica

Multilobato

Più rossastro che blu

15-56µm

In gran numero

Megacariocita granulare

IV

Equamente distribuita

Compatto ancora maggiore evidenza di lobi

Eosinofilo +++ (rosso/violaceo)

20-50µm

Evidenza di pavimento piastrinico

Megacariocita maturo

Fig. 8 – Dal megacarioblasto al megacariocita. Dal megacarioblasto al megacariocita attraverso diverse fasi di maturazione

26

Prima di descrivere morfologicamente le diverse serie midollari riportiamo alcune visioni di insieme a diversa grandezza di midollo osseo normale dove è evidente la ricchezza di cellule e il polimorfismo. Fig. 9 – Quadro di insieme di midollo osseo di soggetto sano a piccolo ingrandimento: è evidente la ricchezza di elementi (20x).


Fig. 10 – Ancora una visione di insieme di midollo osseo in soggetto sano a maggior ingrandimento (40x).

Fig. 11 – Aspirato midollare ben rappresentato in tutti i suoi elementi (60x).

27

Fig. 12 – Aspirato midollare ben rappresentato sia per quanto riguarda la serie eritroide che la mieloide. La grossa cellula a sinistra in basso con citoplasma ampio e nucleo polilobulato è un megacariocita.


Fig. 13 – Ancora un midollo ben rappresentato in cui si distinguono un megacariocita

e un megacarioblasto

.

Fig. 14 – Ancora alcuni aspetti di midollo osseo ben rappresentato.

28

Fig. 15 – Aspirato midollare in cui si apprezzano, ben evidenti, elementi della serie eritroide accanto a elementi della serie mieloide, alcuni in avanzato grado di maturazione con aspetto a bastoncello del nucleo.


2b. La serie rossa Fig. 16 – La serie eritroide rappresentata in tutti i suoi elementi a partire dal proeritroblasto fino all’eritroblasto ortocromatico.

Fig. 17 – Visione di insieme di aspirato midollare normale: serie rossa, megacariociti, linfociti, monociti, plasmacellule, cellule reticolari con accanto le variazioni percentuali dei singoli elementi cellulari. Variazioni %

proeritroblasti

1-8

4

eritroblasti:

----

----

- basofili

1-5

2

- policromatofili

2-7

5

- ortocromatici

5 - 15

10

megacariociti

0.03 - 3

0.04

linfociti

3 - 17

10

plasmacellule

0.5 - 5

2

monociti

0.0 - 2

0.4

cellule reticolari

0.1 - 2

0.20.3

Fig. 18 – Proeritroblasto → Cellula rotonda, grande, 15-20 µm di diametro. Nucleo intensamente colorato, occupa la maggior parte della cellula, spesso fornito di 1-2 nucleoli. Cromatina finemente reticolata. Spesso nucleoli bluastri. Citoplasma basofilo (a seconda del quantitativo di RNA).

29


Fig. 19 – Proeritroblasti con il tipico alone chiaro: l’alone chiaro perinucleare è caratteristico della deposizione graduale e progressiva di emoglobina.

Fig. 20 – Proeritroblasto: non è rara la tendenza a sviluppare forme polinucleate.

Fig. 21 – Aspirato midollare in cui accanto ai proeritroblasti compaiono nidi di eritroblasti.

30

Fig. 22 – In 4 giorni si passa dal proeritroblasto, attraverso gli stadi di eritroblasto basofilo, policromatofilo e ortocromatico al globulo rosso (visione di insieme).


Fig. 23 – Eritroblasto basofilo: più piccolo del proeritroblasto, diametro 15µm. Cromatina condensata in grosse zolle disposte spesso radialmente Nucleo più piccolo, non visibili nucleoli. Citoplasma abbondante intensamente basofilo. Attività mitotica intensa. Si noti la diversità tra i 2 proeritroblasti (A) e il nido di eritroblasti basofili (B).

A

B

Fig. 24 – Aspirato midollare normale → in alcuni casi si rendono evidenti megaeritroblasti basofili polinucleati.

31

Figg. 25 e 26 – Eritroblasto policromatofilo. La colorazione mista del citoplasma dipende dal progressivo accumulo di emoglobina (sintetizzata a livello dei ribosomi citoplasmatici) che ha una reazione acidofila. Via via che l’emoglobina si accumula, il citoplasma diventa progressivamente acidofilo, le aree basofile (cioè il numero di poliribosomi) diminuiscono, scompare il complesso di Golgi, si riducono i mitocondri e il nucleo diventa più piccolo e più denso. Si passa così per gradi allo stadio successivo. Fig. 26: un eritroblasto policromatofilo in mitosi.


Figg. 27 e 28 – Eritroblasto ortocromatico: (o acidofilo) ha un nucleo piccolo con cromatina molto addensata; il citoplasma mostra intensa acidofilia (ha colore rosso-rosa con il metodo di Giemsa). Negli stadi più avanzati l’attività mitotica si arresta, il nucleo si fa picnotico finché viene espulso dalla cellula che diventa così un eritrocita maturo. Il nucleo espulso è incluso in una sottilissima porzione di citoplasma rivestito da membrana plasmatica; esso è fagocitato dai macrofagi. Fig. 28: evidente la differenza tra eritroblasto ortocromatico e policromatofilo.

Fig. 29 – Eritroblasto ortocromatico come appare prima che il nucleo venga espulso.

32

Fig. 30 – I diversi passaggi da eritroblasto policromatofilo a globulo rosso giovane e poi maturo.

Eritroblasti policromatofili con citoplasma contenente emoglobina e sostanza basofila, tipico il nucleo con cromatina a grosse zolle. Progressiva perdita di sostanza basofila → eritroblasto ortocromatico, diametro 7-10μm, rapporto nucleo/citoplasma a favore del citoplasma che diventa progressivamente sempre più rosso fino all’eritrocita giovane e poi maturo


Figg. 31 e 32 – Figure mitotiche dal proeritroblasto all’eritroblasto policromatofilo.

Figg. 33 e 34 – Ancora una visione di insieme con cellule della serie rossa a vario grado di maturazione. proeritroblasti

proeritroblasto

eritroblasto basofilo

eritroblasto policromatofilo

33


proeritroblasti

eritroblasto basofilo

eritroblasti policromatofili

eritroblasto ortocromatico globuli rossi

Figg. 38 e 39 – Dal proeritroblasto all’eritroblasto basofilo e al policromatofico.

34

Fig. 35 – Dal proeritroblasto all’eritroblasto basofilo e al policromatofilo.

proeritroblasto

Eritroblasto policromatofilo

Eritroblasto basofilo


Fig. 36 – Vari tipi di eritroblasto: basofilo, policromatofilo, ortocromatico.

basofilo policromatofilo

ortocromatico

Fig. 37 – Visione di insieme di un aspirato midollare con iperplasia eritroide in cui sono presenti eritroblasti a diverso grado di maturazione dal basofilo all’ortocromatico.

35

Eritroblasto policromatofilo Eritroblasto ortocromatico proeritroblasto

Eritroblasto basofilo


Fig. 38 – Reticolocita grandi cellule anucleate con citoplasma grigio o bluastro (per combinazione dello RNA citoplasmatico con la Hb).

Nel sangue periferico si possono ritrovare cellule rosse, molto giovani, nucleate. Esse possono essere normalmente presenti nel neonato nella prima settimana di vita. Successivamente possono essere riscontrate nelle seguenti condizioni patologiche: - intensa stimolazione del midollo (ipossia, emorragia acuta, grave anemia emolitica) - infezioni congenite, postsplenectomia - anemia megaloblastica, anemia diseritropoietica. Fig. 39 – Cellule rosse nucleate nel sangue periferico di un neonato nei primi 3-4 giorni di vita.

36

In questo contesto conviene fare un piccolo cenno alla cosiddetta reazione leucoeritroblastica. Con tale termine si definisce la presenza nel sangue periferico di cellule rosse nucleate, poichilociti, cellule a goccia, a bersaglio e granulociti immaturi in genere metamielociti e promielociti. Possono essere presenti anche piastrine giganti. Le cause possono essere diverse: a) per invasione del midollo: - tumori (leucemie, linfomi, tumori solidi) - infezioni (tbc, osteomielite, sepsi) - altro (osteopetrosi, malattie da accumulo, istiocitosi, vasculiti, artrite reumatoide) b) disordini mieloproliferativi: - policitemia vera - mielofibrosi - malattia mieloproliferativa transitoria in sindrome di Down. - leucemia mieloide cronica - ertroleucemia - trombocitemia c) malattie ematologiche: - eritroblastosi fetale - anemia perniciosa - thalassemia major - altre anemie emolitiche d) ipossia: - cardiopatie congenite cianogene - insufficienza congestizia di cuore - patologie respiratorie Essa deve essere distinta dalla reazione leucemoide, una leucocitosi reattiva caratterizzata da una progressione regolare di cellule mieloidi, da quelle immature alle forme mature.


Fig. 40 – Aspirato midollare: eritrociti giovani per morfologia e grandezza sovrapponibile a quanto si ritrova nel sangue periferico. Ne vengono prodotti 1.000 per ogni globulo bianco; ne vengono immessi in circolo 3x10 6 al secondo.

In breve in ciascun eritrocita: • 66% di acqua • 33% di proteine: • 95% emoglobina • 5% altre • L’ emoglobina è responsabile della maggior parte del trasporto di ossigeno e anidride carbonica • In ogni eritrocita 250-300 milioni di molecole di emoglobina. Fig. 41 – Striscio di sangue periferico con una cellula rossa nucleata; sono presenti inoltre acantociti, cellule a bersaglio, reticolociti, stomatociti.

37


2c. La serie bianca Il processo di maturazione completo dalla cellula primordiale fino alla liberazione del granulocita maturo nella circolazione sanguigna impiega circa 14 giorni, di cui 7,5 per la fase mitotica dal mieloblasto al mielocita e 6,5 per la fase post-mitotica dal metamielocita al granulocita maturo. Gli elementi maturi rimangono nel circolo sanguigno per una piccola frazione del loro ciclo totale di vita (8-12 ore, con una vita media di 6 ore) e passano rapidamente nel tessuto connettivo dove sopravvivono per altre 24-48 ore prima di degenerare ed essere fagocitati dagli elementi del sistema reticolo-istiocitario. Ăˆ verosimile che nel midollo osseo si costituisca una riserva di granulociti maturi che possa essere rapidamente mobilizzata in casi di richieste funzionali. Fig. 42 – Aspirato midollare normale: visione di insieme e variazioni percentuali dei singoli elementi cellulari della serie bianca. Variazioni % Mieloblasti

0.3 - 5

2

Promielociti

1- 8

5

Mielociti

-------

------

- neutrofili

5 - 19

12

- eosinofili

0.5 - 3

1.5

0.05

0.3

13 - 22

17.5

Granulociti:

------

------

- neutrofili

7 - 30

20

- eosinofili

0.5 - 4

2

0.0 – 0.7

0.3

- basofili Metamielociti

- basofili

Le fig. 43 e 44 riportano schematicamente i diversi passaggi dalla cellula totipotente commissionata, il mieloblasto, al granulocita (la linea rossa nella fig. 43 significa il passaggio dal sangue midollare al circolo periferico).

38


Cellula Staminale totipotente Cellula staminale GFU-GM poi GFU-G Promielocita neutrofilo Mielocita neutrofilo Metamielocita neutrofilo

Promielocita eosinofilo

Promielocita basofilo

Mielocita eosinofilo Metamielocita eosinofilo

eosinofilo

neutrofilo

Mielocita basofilo Metamielocita basofilo

basofilo

Figg. 45, 46, 47 – Le diverse caratteristiche morfologiche dal mieloblasto al granulocita.

Mieloblasto

Promielocita

Mielocita

Metamielocita

Granulocita

D i a m e t r o 12 - 20µm cellulare

15 - 25µm

15-20µm

12-18µm

12-20µm

Nucleo

rotondo

ovalare

rotondo o ovalare

reniforme

a bastoncello

Nucleolo

Da 2 a 5

Da 1 a 2

1o2

assenti

assenti

Citoplasma

Da debolmente basofilo a intensamente basofilo; no o rare granulazioni

Lievemente basofilo + granulazioni azzurrofile; presenti granulazioni specifiche

Debolmente acidofilo, granulazioni specifiche +++, +-granulazioni azzurrofile

Acidofilo, granulazioni intermedie tra il mielocita e il granulocita

Acidofilo, fini granulazioni specifiche +, rare granulazioni azzurrofile

Mieloblasto normale del midollo osseo. La freccia indica piccoli granuli azzurrofili di questa cellula molto immatura.

Un mieloblasto del midollo osseo con cellule mieloidi più mature. Confrontato con il precedente questo mieloblasto appare più maturo. I granuli azzurrofili vengono indicati dalla freccia.

39


Mieloblasti maturi

Mielociti

Promielociti

Metamielociti

Figg. 48 e 49 – Le cellule mieloidi: dal mieloblasto normale molto immaturo fino alla progressiva maturazione del metamielocito con assunzione della forma nucleare a bastoncello.

40


Fig. 50 – Il mieloblasto rappresenta il primo stadio di maturazione riconoscibile morfologicamente. È una cellula relativamente piccola (12-20 µm di diametro) con un grosso nucleo eucromatico contenente 2-4 nucleoli ed un citoplasma basofilo ricco di ribosomi e privo di granulazioni. Presenti inoltre metamielociti con il classico nucleo reniforme e un eritroblasto policromatofilo.

Figg. 51 e 52 – Promielocita diametro 15-20µm, nucleo ovalare o reniforme,6/10 del volume cellulare, citoplasma basofilo, numerose granulazioni di varia taglia (neutrofile scarse, eosinofile e basofile a vario grado di maturazione), durata vita 2 gg, poi mitosi.

41

Il promielocita è caratterizzato dalla comparsa delle granulazioni che consentono di distinguere i promielociti in neutrofili, basofili ed acidofili. Contemporaneamente al progressivo accumularsi di granuli, la basofilia citoplasmatica si attenua fino a scomparire. Il promielocita è più grande del mieloblasto Nello stadio di promielocita l’attività perossidasica è rilevabile non soltanto nei granuli primari ma è diffusa a tutto l’apparato secretorio, cisterne del reticolo endoplasmatico e cisterne del complesso di Golgi. Quando nello stadio successivo la produzione dei granuli si arresta, la reazione perossidasica scompare dagli organuli secretori e permane nei granuli. Nei promielociti neutrofili lo ialoplasma diventa leggermente acidofilo. Il nucleo si appiattisce e comincia a presentare una lieve intaccatura che delimita una zona citoplasmatica chiara occupata dal complesso di Golgi e dai centrioli. La cromatina si condensa e scompaiono i nucleoli. Nei promielociti neutrofili la comparsa dei granuli primari (o azzurrofili) precede quella dei granuli secondari o specifici. I primi, più densi e caratterizzati dalla positività alla reazione citochimica per la perossidasi, fanno la loro comparsa allo stadio di promielocita ed originano dalla faccia concava del complesso di Golgi. I granuli specifici sono prodotti più tardivamente, durante lo stadio successivo del mielocito, e si originano dalla faccia convessa del complesso di Golgi.


Fig. 53 – Promielociti a vario grado di maturazione.

Fig. 54 – Ancora promielociti in vario grado di maturazione. Si noti la differenza tra un mieloblasto e un promielocita.

Promielociti maturi Promielocita eosinofilo

42

Mieloblasto

Fig. 55 – Mieloblasto

promielocita

.

Promielocita


Fig. 56 – L’entità delle granulazioni da promielocita giovane a promielocita maturo. Fig 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Mieloperossidasi Positiva a seconda della maturazionedelle cellule mieloidi

Fig 1-2 promielocita giovane con alcuni granuli azzurrofili e citoplasma basofilo. Fig 3-4 promielocita maturo. Numerosi granuli azzurrofili sono disseminati nel citoplasma basofilo.

Figg. 57 e 58 – Mielocita diametro da 10-15 a 15-20 µm, nucleo ovale o eccentrico, 4/10 del volume cellulare, cromatina a zolle evidenti, citoplasma progressivamente acidofilo, % midollare 10%, durata delle vita 4 gg, poi mitosi.

43

Il mielocita (fig. 59 e 60) ha un volume cellulare ridotto e una basofilia citoplasmatica che scompare completamente; nei mielociti neutrofili è sostituita da una debole acidofilia. Le granulazioni riempiono tutto il citoplasma ed aumenta la condensazione nucleare. Il nucleo si appiattisce ulteriormente e si accentua la sua intaccatura. È presente ancora attività mitotica.


Nei mielociti neutrofili sono presenti due tipi di granuli: primari (o azzurrofili), più densi e positivi alla perossidasi e secondari (o specifici), più piccoli, meno densi e negativi alla perossidasi, che fanno la loro prima comparsa in tale stadio. Via via che si accumulano nel citoplasma, i granuli specifici diventano prevalenti (80% delle granulazioni citoplasmatiche). I granuli eosinofili presentano lievi variazioni durante la maturazione, sono di diametro maggiore dei granuli primari e un numero sempre maggiore di essi sviluppa nel suo interno un cristalloide. Nei granulociti acidofili e basofili i primi granuli specifici, ancora immaturi, compaiono in questo stadio (figg. 61 e 62).

44 Figg. 63, 64, 65 – Metamielocita diametro di 15µm; nucleo reniforme o a bastoncello, ricurvo, occupa 4/10 del volume cellulare, cromatina in zolle viola scuro e citoplasma debolmente acidofilo con numerose granulazioni specifiche come nell’elemento maturo.


Fig. 66 – Verso le forme più mature. Maturazione progressiva delle cellule mieloidi dal mielocito al metamielocito con assunzione della forma nucleare a bastoncello cellule mieloidi eosinofile a vario grado di maturazione: dal promielocita al mielocita metamielocita fino all’eosinofilo maturo

dal mielocito maturo al metamielocito fino al neutrofilo maturo

Mielociti a scarsa maturazione

metamielo

neutrofilo

Fig. 67 – Granulocita maturo: nucleo più deformato che diventa lobato o segmentato; come il metamielocita è mitoticamente inattivo e non elabora i granuli citoplasmatici; forma terminale incapace di ulteriore differenziazione. L’attività ameboide compare solo al termine del processo maturativo rendendo così la cellula capace di attraversare la parete dei sinusoidi.

45


Fig. 68 – La serie neutrofila.

Serie neutrofila

Mielociti a scarsa maturazione

metamielocita Fig. 69 – La serie eosinofila.

Serie eosinofila

46

dal promielocita al mielocita fino al metamielocita per arrivare all’eosinofilo maturo Fig. 70 – Visione di insieme: serie eosinofila.

Promielociti, mielociti, metamielociti (eosinofili)

neutrofilo


Di seguito alcune visioni di insieme sempre per quanto riguarda la serie mieloide (aspirati midollari normali). Fig. 71 e 72 – Metamielocita neutrofilo con il classico nucleo a bastoncello. Da notare la differenza con metamielocita eosinofilo.

Metamielociti neutrofili con nucleo a bastoncello

Metamielocita eosinofilo

Fig. 73 – Evidenti le differenze tra un mieloblasto maturo, lo stadio di promielocita e quello di metamielocita con il classico nucleo reniforme.

Mieloblasto normale con fini granulazioni citoplasmatiche 47

Promielocita Metamielocita


Fig. 74 – Ancora cellule della serie bianca a vario grado di maturazione. mieloblasto

metamielocita

promielocita metamielocita

Fig. 75 – Le differenze tra serie rossa e serie bianca.

mieloblasto

promielocita

proeritroblasti

48 eritroblasti

Fig. 76 – Ancora un aspirato midollare normale rappresentativo della serie bianca a vari gradi di maturazione. mieloblasti e metamielocita

promielociti

metamielociti neutrofili mielociti

mielociti


La fig. 77 rappresenta schematicamente il sistema immunitario e serve ad introdurre brevemente alcuni elementi cellulari che hanno un diverso destino rispetto alle altre cellule del midollo: intendiamo parlare brevemente dei monociti e dei linfociti. I monociti derivano, attraverso lo stadio di monoblasto e di promonocita, dalla cellula staminale mieloide, rimangono pochi giorni nel midollo per poi passare nel circolo periferico dove permangono per 8-72 ore ed infine nei tessuti dove svolgono la loro azione macrofagica trasformandosi in macrofagi diversi a seconda del tipo di tessuto.

Come è stato accennato i monociti maturi rimangono nel circolo sanguigno per breve tempo durante il quale aumentano 5-10 volte di volume, si arricchiscono di granuli citoplasmatici, incrementano l’attivitĂ fagocitarla, producono enzimi litici e fattori solubili. Successivamente migrano nei tessuti e si trasformano in macrofagi diversi a seconda del tipo di tessuto. Tessuto connettivo: Fegato: Osso: Polmone: Rene: SNC:

istiociti cellule di Kuppfer osteoclasti macrofagi alveolari cellule mesangiali microglia

I linfociti hanno un altro destino ancora: dalla cellula staminale pluripotente si sviluppa la cellula linfoide commissionata a dare luogo nel midollo sia ai linfociti natural killer che ai linfociti B e, attraverso il timo, ai linfociti T. Fig. 78 – Cellule staminali totipotenti danno luogo a cellule della serie mieloide CFU-M (colony-forming unit-M) e a quelle della serie linfoide CFU-Ly (colony-forming unit-Ly). Cellula staminale totipotente Cellula staminale CFU-GM poi CFU-M monoblasto promonocita monocita

Cellula staminale CFU-Ly linfoblasto

prolinfocita

linfocita

49


2d. Dal megacarioblasto alle piastrine Il principale sito di produzione delle piastrine è il midollo osseo a partire dalla seconda metà della gravidanza. Nelle fasi più precoci la frammentazione dei megacariociti circolanti con liberazione in circolo delle piastrine avviene principalmente a livello dei sinusoidi epatici e della microcircolazione placentare in maniera analoga a quanto succede nell’adulto a livello della circolazione polmonare. La megacariocitopoiesi è controllata da diversi fattori ematopoietici, tra cui, fin dalla vita fetale, il più importante è la trombopoietina (TPO) anche se un ruolo specifico e selettivo è svolto da IL -3, IL-6 e IL-11: IL-3: - coopera con altri fattori di crescita e in particolare con la trombopoietina, nel promuovere lo sviluppo dei megacariociti. IL-6: - determina un aumento delle PLT principalmente promuovendo la maturazione dei megacariociti ed in particolare stimolando la loro proliferazione. - interferisce con la funzione piastrinica - aumenta l’attivazione delle piastrine indotta dalla trombina IL-11: - promuove la maturazione dei megacariociti ed agisce insieme alla TPO e IL-3 negli stadi precoci della megacariocitopoiesi; in definitiva ha un suo ruolo nell’ incrementare la produzione di PLT. Le cellule progenitrici sono i megacarioblasti. Essi derivano da una cellula staminale totipotente che viene “commissionata” allo scopo: la cellula staminale CFU-MEG (Fig. 79). I megacarioblasti nel loro processo maturativo aumentano progressivamente di volume e si trasformano in cellule giganti plurinucleate dette megacariociti, il cui diametro può raggiungere i 100µm.

Cellula staminale totipotente Cellula staminale CFU-MEG megacarioblasto

megacariocita

50

PIASTRINE

Fig. 80 – Aspirato midollare normale in cui sono evidenti due megacarioblasti.


I megacarioblasti hanno un diametro di 7-10 µm, per gli elementi piu’ piccoli e di 15 – 24 µm per quelli di maggiori dimensioni; essi presentano una morfologia indifferenziata e sono privi di organuli specifici, Il nucleo rotondo o ovale ha una cromatina marginata e contiene uno o due nucleoli (fig. 81).

Fig. 82 – Le diverse fasi maturative che portano dal megacarioblasto al megacariocita.

51

Nel megacariocita la maturazione nucleare avviene in contemporanea con quella citoplasmatica e culmina con la formazione di membrane di demarcazione il cui sviluppo porta alla frammentazione del citoplasma dei megacariociti e alla formazione delle PLT (fig. 83).


È possibile che il megacariocita maturo emetta un lungo prolungamento citoplasmatico “propiastrina” che serve da precursore delle PLT definitive. Dopo il rilascio delle PLT il nucleo e il citoplasma vengono fagocitati dalle cellule reticolo-endoteliali macrofagiche (figg. 84, 85 e 86).

Il megacariocita è la più grande cellula del midollo osseo con diametro da 20 a 150 µm, il nucleo può avere più lobature, il citoplasma è intensamente acidofilo. La colorazione con PAS permette di evidenziare, all’interno del nucleo grossi blocchi maturativi che bloccano la produzione di piastrine (figg. 87 e 88).

52

Figg. 89 e 90 – La differenza tra megacarioblasto e megacariocita nel cui citoplasma sono evidenti le piastrine. I megacariociti rappresentano lo 0,2-0,5% delle cellule del midollo osseo. Ogni megacariocita libera in media 2000-4000 piastrine in pochi giorni.


Fig. 91 – Nido di di megacariociti in aspirato midollare normale.

Figg. 92 e 93 – Megacariociti ben strutturati.

53

Figg. 94 e 95 – Megacariocita in metafase e megacariocita maturo dal quale si stanno liberando le piastrine.


Figg. 96, 97 e 98 – La reazione PAS (acido periodico di Schiff) evidenzia, colorandoli in rosso magenta i diversi componenti tessutali.

Fig. 99 – Ancora un megacariocita in procinto di “ liberare “ piastrine.

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Fig. 100 – Aspirato midollare con agglomerato di piastrine, è presente a destra in alto un linfocita.

La comparsa della piastrine durante la vita fetale si colloca intorno alla quinta settimana di gestazione e sembra che fino a partire dalla 18a settimana il numero della piastrine nel feto sia sovrapponibile a quanto si riscontra nel neonato e nell’adulto. Il numero delle piastrine rimane fisso per tutta la vita, la loro sopravvivenza in circolo è di circa una settimana Un delicato equilibrio tra produzione e distruzione è il principale regolatore del loro numero. Le piastrine sono piccole cellule prive di nucleo (1-2µm di diametro, 0.5-1µm di spessore, volume 5-7µL), altamente specializzate. Esse circolano in numero variabile da 150.000 a 400.000/mmc. Si distribuiscono nel circolo (70%) e nella milza (30%) e sono fra loro in continuo interscambio. Le piastrine circolanti in parte vengono consumate durante il processo emostatico e in parte muoiono per senescenza. Conoscendo il numero delle piastrine circolanti e la durata della loro sopravvivenza, introducendo un fattore di correzione che tenga conto del numero di piastrine intrappolate nella milza, è possibile calcolare la quantità di piastrine prodotte e distrutte giornalmente (“turnover” piastrinico). Un soggetto normale con 300.000 piastrine/mmc, sopravvivenza piastrinica di 10 giorni e recupero piastrinico del 60%, ha un turnover di 37.500 piastrine/mmc/die. Le piastrine (durata in circolo 7-10 gg), giocano un ruolo critico nel processo di emostasi. Entro pochi secondi dall’avvenuto danno vascolare sono in grado di dar luogo prima ad un aggregato piastrinico poi a un “ tappo piastrinico “ primitivo che provvede a tamponare la fuoriuscita di sangue. Successivamente la fibrina provvederà a formare il vero e proprio coagulo. L’adesione delle piastrine al sub-endotelio e la conseguente aggregazione richiede l’interazione tra piastrine, componenti della parete vascolare e glicoproteine di adesione presenti nel plasma circolante. Un tempo si credeva che la funzione delle piastrine fosse importante nelle prime fasi dell’emostasi e cessasse con la formazione del tappo emostatico, invece esse giocano un ruolo importante …

- nel processo di guarigione della lesione vascolare

- nella riparazione del vaso danneggiato (fattore di crescita derivato dalle piastrine)

- nel rimodellamento del vaso

- nell’induzione della aggregazione (adenosindifosfato)

- nella modulazione del tono vascolare attraverso la - nell’inibizione delle interazioni derivate dal complesso produzione di tromboxane A2 eparina-antitrombina (fattore piastrinico 4) - nel controllo della fibrinolisi (inibitore 1 della attivatore del plasminogeno)

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2e. Ed altro ancora… In un aspirato midollare oltre alle linee cellulari già menzionate si possono ritrovare altri elementi molti dei quali destinati a migrare nei tessuti ed avere una attività macrofagica. Fig. 101 – Alcuni macrofagi.

I macrofagi rappresentano, per frequenza numerica, la seconda classe di elementi cellulari nel tessuto connettivo lasso. Come le altre cellule del tessuto connettivo hanno vita limitata quindi devono continuamente rinnovarsi; ciò è possibile tramite due meccanismi: - Migrazione dal sangue periferico al tessuto dei loro precursori, i monociti, e trasformazione di questi in macrofagi. - Attività mitotica dei macrofagi pre-esistenti. Fig. 102 – Funzioni dei macrofagi. Ruolo fondamentale nei processi di difesa tramite la fagocitosi e l’induzione della risposta immunitaria.

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Intervengono nel metabolismo del Fe (per fagocitosi del globulo rosso invecchiato da parte del SRE, milza, fegato e midollo) e nella riutilizzazione di questo per produrre nuova emoglobina

In seguito a stimoli infiammatori producono sostanze diverse:

Macrofagi - In grado di influenzare l’attività dei fibroblasti - Prostaglandine - Enzimi idrolitici attivi a pH acido e neutro - Componenti del complemento - Fattori stimolanti la eritropoiesi

Conviene ricordare brevemente il destino del monocita dalla cellula staminale totipotente midollare a quella pluripotente di derivazione mieloide, al monoblasto e poi al monocita e infine al macrofago tissutale (figg. 103 e 104). Nella fig. 103, schematicamente viene riportato il destino della cellula staminale che percorre due strade: a. replicare se stessa, b. differenziarsi e dar luogo a diversi tipi di cellule.


Nella fig. 104 sempre schematicamente viene riportato il percorso attraverso il quale dalla cellula staminale totipotente si arriva al monocita e ai macrofagi tissutali.

MIDOLLO

CFU-GM

Nel midollo, dalla cellula staminale totipotente a quella pluripotente di derivazione mieloide al monoblasto e poi al monocita e, infine al macrofago tissutale

monoblasto

promonocita

macrofagi tissutali

monocita

I monociti in circolo sono circa 500-1000/mmc, di grandezza variabile da 20- 30 µm a 30 - 40 µm, nucleo reniforme o a fagiolo e citoplasma finemente granulare contenente lisosomi, vacuoli fagocitici e filamenti di citoscheletro. Fig. 105 e 106 – Monociti in circolo.

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Fig. 107 – Aspirato midollare: cellula istioide in metafase.


Figg. 108, 109, 110, 111, 112 – Varie immagini di cellule istioidi (aspirato midollare).

58 Figg. 113, 114, 115, 116, 117 – Ancora immagini di cellule istioidi da aspirato midollare.


Osteoblasti cellule allungate, diametro 30µm, nucleo in genere eccentrico,cromatina a grosse zolle, diversi nucleoli, colore azzurro cupo; citoplasma blu intenso che a una certa distanza dal nucleo mostra una zona più chiara (arcoplasma), alcune in agglomerati. Responsabili della sostanza intercellulare dell’osso (osteoide) e della sua mineralizzazione. (fig. 118).

Quando raccolti in agglomerati possono essere scambiati per cellule tumorali, se isolati bisogna saperli distinguere dalle plasmacellule (fig. 119, 120, 121, 122): cellule caratterizzate da citoplasma basofilo, nucleo eccentrico con cromatina disposta a forma di ruota di carro. Nel citoplasma della plasmacellula si può evidenziare una zona più chiara (apparato di Golgi e cetrioli).

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nido di osteoblasti


Osteoclasti cellule da 20 fino a 100 µm di diametro, multinucleate (fino a 50 nuclei) derivate dalla fusione di macrofagi mononucleati e coinvolte nei processi di riassorbimento associati al rimodellamento dell’osso. (Fig. 123 e 124). Possono essere non facilmenti distinguibili da un megacariocita.

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Figg. 125, 126, 127 – Le plasmacellule. Principale fonte di anticorpi circolanti, si formano dai linfociti. Plasmacellule e linfociti non sono tipi cellulari differenti ma stati funzionali diversi dello stesso tipo cellulare: la plasmacellula rappresenta la forma attiva dei linfociti ed è capace di sintetizzare ed immettere in circolo un gran numero di anticorpi in risposta ad uno stimolo antigenico. L’evoluzione del linfocito in plasmacellula si manifesta con un cospicuo aumento del reticolo endoplasmatico e dei ribosomi che sintetizzano anticorpi e conseguente incremento del volume citoplasmatico. La plasmacellula matura è uno stadio terminale nel senso che cessa di dividersi, mentre il linfocito da cui deriva si divide attivamente; inoltre, mostrano motilità molto modesta e sono sprovviste di proprietà fagocitarie.


Le plasmacellule sono elementi ovali o rotondi con abbondante citoplasma intensamente basofilo; il loro diametro è di 10-20 µm. Il nucleo ha di solito una posizione eccentrica e contiene ammassi di cromatina condensata disposti a raggiera lungo la membrana nucleare; il citoplasma, molto abbondante ed intensamente basofilo, è ripieno di cisterne di reticolo endoplasmatico granulare che sono invece scarse nei linfociti; una piccola area non colorabile con i coloranti basici, che rappresenta la regione del complesso di Golgi e dei centrioli, è spesso visibile in vicinanza del nucleo. Dato che la basofilia del citoplasma è abolita dalla ribonucleasi, ne consegue che essa è dovuta ad un elevato contenuto di ribosomi e polisomi. Il citoplasma contiene occasionalmente masse acidofile di natura glicoproteica denominate corpi di Russell (Fig. 128).

Sono cellule “programmate” per autodistruggersi dopo un massimo di cinque giorni e il loro suicidio è necessario per difendere l’organismo. Le plasmacellule sono il prodotto della mutazione dei linfociti B. Questo processo ha luogo ogni volta che l’organismo, dopo aver subito l’attacco di virus e batteri, ha bisogno di cellule in grado di produrre migliaia di anticorpi al secondo. Passati 4 o 5 giorni, durante i quali contribuiscono all’eliminazione dei virus, le plasmacellule vanno soggette a un meccanismo di autodistruzione. La loro sopravvivenza potrebbe comportare l’ insorgere di malattie autoimmuni o addirittura tumori. Figg. 129, 130, 131, 132, 133 – Aspirato midollare - varie immagini di plasmacellule giovani alcune in mitosi.

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Fig. 134, 135, 136 – Aspirato midollare: plasmacellule morfologicamente diverse tra loro.

Figg. 137, 138 – Aspirato midollare: plasmacellule morfologicamente diverse tra loro.

Figg. 139, 140, 141 – Aspirato midollare: plasmacellule morfologicamente diverse tra loro.

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Fig. 142 – Plasmacellula a morula.

Fig. 143 – Plasmacellula “fiammeggiante”.


Plasmacellule: la citochimica dimostra una marcata positività per quanto riguarda la fosfatasi acida mentre la mieloperossidasi è negativa. Fig. 144, 145, 146 – Fosfatasi acida, marcata positività delle plasmacellule.

Figg. 147, 148 – Mieloperossidasi positiva nel mielocita, negativa nella plasmacellula.

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Fig. 149 – Aspirato midollare: plasmacellula “ fiammeggiante” accanto a numerosi elementi della serie mieloide e a un linfocita.


Fig. 150 – Alcune plasmacellule nel contesto di aspirato midollare ricco di elementi della serie eritroide e mieloide a vario grado di maturazione.

Fig. 151 – Aspirato midollare con plasmacellule diverse tra loro, elementi della serie eritroide e mieloide a vario grado di maturazione.

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Fig. 152 – Aspirato midollare: una plasmacellula fiammeggiante accanto a un granulocita (a maggior ingrandimento).


Note

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Note

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Cap..31 Cap

Serie rossa 3a. Morfologia del globulo rosso: variazioni sul tema … Gli eritrociti normali hanno forma di lente biconcava (di profilo “a forma di pavesino”). La colorazione con MayGrunwald ne determina il colore rosa intenso al centro mentre la periferia ha un alone più chiaro. Il diametro oscilla tra 6,7-7,7 µm, lo spessore è di 2 µm. Contengono una concentrazione emoglobinica corpuscolare pari a 27-32 pg. L’emoglobina (Hb) comprende una parte proteica (globina) costituita da catene alfa, beta, delta e gamma, ed il gruppo prostetico dell’eme, che contiene nuclei tetrapirrolici con il ferro al centro della struttura, che riveste il compito di “ossidarsi” e trasportare l’ossigeno per cederlo ai tessuti. (Figg. 1 e 2). Al termine della loro vita gli eritrociti sono fagocitati in gran parte dal midollo osseo e in piccolo numero dalla milza.

Durante la maturazione della cellula, nel midollo, c’è uno stadio (durata 1-2 gg.) in cui il nucleo viene espulso dall’eritroblasto ortocromatico: questo stadio corrisponde al reticolocita che matura nel midollo in 3-4 gg per poi passare nel sangue periferico come eritrocita maturo (vita 120 gg. circa). I reticolociti possono essere presenti anche nel sangue periferico i (0,5% - 2,5% degli eritrociti circolanti). Fig. 3 e 4 – Reticolociti → Eritrociti giovani; ipercromatici, di circa 10µm di diametro con contorno ovale; con mitocondri e residui di sostanza basofila di natura ribosomiale.

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Nel neonato sono intorno al 2-6%. In meno di una settimana si situano intono a 0.5-2% come nell’adulto. Il numero dei reticolociti nel sangue periferico è indice di valutazione della attività eritropoietica midollare. In base alla % di reticolociti si possono definire le anemie come: normorigenerative, iporigenerative; iperrigenerative. Fig. 5 – Reticolociti come compaiono in un vetrino precolorato (colorazione vitale). Le cellule contengono ancora dei mitocondri e dei residui di sostanza basofila di natura ribosomiale.

Variazioni dell’eritrocita in condizioni non fisiologiche possono essere legate a diverse cause: - eritropoiesi anomala che può essere efficace o inefficace - inadeguata formazione di emoglobina - danni o modificazioni dell’eritrocita dopo che ha lasciato il midollo osseo inclusi quelli conseguenti ad una funzione della milza ridotta o assente - tentativi del midollo osseo di compensare una anemia con un incremento della eritropoiesi Ne conseguono modificazioni che si possono sintetizzare come segue: - modificazioni della grandezza (anisocitosi) o della forma (poichilocitosi) e basofilia puntiforme - contenuto ridotto o disposto in maniera particolare della emoglobina (ipocromasia, anisocromasia o dismorfismo) - contrazioni irregolari della forma, (sferocitosi, ellissocitosi) o frammentazione (schistocitosi) o la presenza di inclusioni - segni di immaturità (policromasia e eritroblastemia)

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La valutazione morfologica degli eritrociti deve quindi tener conto dei seguenti criteri: - grandezza - forma - concentrazione e distribuzione della emoglobina - colorabilità - inclusi Nella valutazione delle possibili cause che determinano alterazioni dell’eritrocita bisogna quindi tener conto al di là degli artefatti, di variazioni di distribuzione, di grandezza, di forma, di colorazione.

- Il concetto di anisocitosi e poichilocitosi (Figg. 6 e 7)


Fig. 8 – Anisocitosi = presenza in uno stesso striscio di eritrociti di dimensioni diverse (microciti-normocitimacrociti).

Fig. 9 – Anisocitosi con macrociti, normociti, sferociti. Macrocita

Sferocita Normocita

Fig. 10 – Poichilocitosi = nello stesso striscio compaiono eritrociti deformati e con grande varietà di forme a contorni più o meno regolari e diverso contenuto di emoglobina.

Figg. 11 e 12 – Poichilocitosi forme diverse in uno stesso striscio.

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Figg. 13, 14, 15, 16 – Poichilocitosi: presenza di forme diverse e a contorni piÚ o meno regolari e diverso contenuto di Hb.; tipica dei globuli rossi maturi, si suppone sia dovuta ad alterazioni della membrana. La poichilocitosi si associa sempre a anisocitosi.

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Fig. 17 – Marcata poichilocitosi sono presenti cellule a bersaglio, acantociti, schistociti, cellule a goccia, cornociti, anulociti.


Fig. 18, 19, 20 – Ancora marcata poichilocitosi con numerosi anulociti, cellule a bersaglio, cellule a goccia, cornociti.

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La poichilocitosi può essere non solo la conseguenza di una eritropoiesi abnorme ma anche di un danno del globulo rosso dopo la sua formazione. Questo può essere legato ad una anomalia intrinseca alla cellula come per es. una emoglobinopatia oppure legato ad un difetto enzimatico del globulo rosso. Il danno inoltre può essere secondario a cause estrinseche come farmaci, sostanze chimiche, sostanze tossiche, caldo o agenti meccanici diversi.

- Variazioni di colore In relazione al contenuto di emoglobina i globuli rossi si distinguono in: - normocromici - ipocromici - ipercromici È importante qui ricordare alcuni parametri importanti di valutazione di Hb in base al contenuto della stessa nel globulo rosso: MCV = Volume corpuscolare medio →

si calcola dividendo il valore dello HCT per il numero di GR (espresso in milioni per microlitro) moltiplicato per 1000

MCH = Emoglobina corpuscolare media →

si calcola dividendo la quantità di Hb (per litro di sangue) per il numero di GR(per litro)

MCHC = si calcola dividendo il valore di Hb/dl per lo HCT Concentrazione emoglobinica media →


Figg. 21, 22 – Macrociti ipocromici.

Fig. 23, 24 – Globuli rossi microcitici ipocromici (anulociti con emoglobina disposta alla periferia).

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- Variazione delle dimensioni Fig. 25 – Normociti diametro > 7- 7.8µm Fig. 26 – Microciti diametro 4-7µm Fig. 27 – Macrociti diametro > 8-10µm

normocita

microcita macrocita

Fig. 28 – In particolare: si notino le differenze tra reticolocita, sferocita, normocita, microcita, macrocita.

MCV in fl

L’eritrocita …. In quanto a dimensioni 120 100

macrocita 90 80 normocita 70 60 50 50

Fig. 29 – Variazioni di forma e dimensioni: Notare le differenze oltre che di forma e dimensioni anche di intensità di colore tra: sferocita; reticolocita, normocita e megalocita (macrocita). normocita megalocita

reticolocita

sferocita

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Fig. 30 – Sferociti globuli rossi piccoli ipercolorati, diametro circa 6µm, spessore aumentato → sfericità, assenza di zona chiara centrale: Tipici della sferocitosi ereditaria ma presenti anche in altre anemie emolitiche.

- Variazioni di forma Fig. 31 – Nello stesso striscio sono presenti cellule a bersaglio, anulociti, acantociti, cornociti, schistociti, dacriociti.

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Fig. 32 – Anulociti: globuli rossi con emoglobina concentrata nella periferia della cellula mentre la zona centrale appare più grande e poco colorata rasentando una spiccata ipocromia: es anemia ferropriva.


Fig. 33, 34 – Stomatociti Sono globuli rossi a forma di scodella che presentano un’area pallida centrale a fessura. Essi sono presenti nella stomacitosi ereditaria.

Figg. 35, 36 – Dacriociti (dacryon = goccia) globuli rossi che presentano una estroflessione allungata ad uno dei poli (cellula a goccia). Frequenti nelle talassemie e nella anemia con corpi di Heinz.

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Figg. 37, 38, 39 – Cheratociti (cornociti) Sono caratterizzati dalla presenza di due estroflessioni alle estremità che determinano la configurazione “a corna”: Le cellule sono state anche definite cellule ad elmetto. Queste cellule possono derivare da ripetute collisioni in taluni disturbi circolatori, come nella coagulazione intravascolare disseminata o nelle anemie emolitiche dovute a trauma meccanico.


Fig. 40 – Schistociti (schisis = fenditura): globuli rossi frammentati di ridotte dimensioni e di aspetto polimorfo, triangolari o in piccoli frammenti per impatto con una superficie vascolare alterata (vasculite, depositi di fibrina ect). Si ritrovano in: - alcuni disordini geneticamente determinati: talassemie, anemia diseritropoietica congenita, piropoichilocitosi) - in disordini acquisiti della formazione del globulo rosso quando l’eritropoiesi è megaloblastica o diseritropoietica - in seguito a stress meccanici es. anemia emolitica microangiopatica, anemie emolitiche legate a patologia cardiaca - in corso di ustioni gravi.

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Figg. 41 – Drepanociti: globuli rossi a forma di falce per effetto di emoglobinopatia (HbS).


Fig. 42 – Cnizociti - Le cellule sembrano contenere al centro un bastoncino. Tutte le condizioni che sono associate a sferocitosi possono presentare tali cellule; in questa figura si notano anche cellule a bersaglio.

Figg. 43 – Cellule a bersaglio o a coccarda: il termine si riferisce a un globulo rosso in cui l’emoglobina si dispone in una zona rotondegginate centrale e in un anello periferico vicino alla membrana della cellula; separati da un alone chiaro citoplasmatico (es. tipico le talassemie).

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Figg. 44, 45, 46 – Acantociti o globuli rossi a riccio di castagna: 5-10 spicule a base larga; di lunghezza, spessore, forma variabile; si dispongono irregolarmente sulla superficie del globulo rosso. Si ritrovano in anomalie ereditarie delle proteine di membrana del globulo rosso es. a-β lipoproteinemia; epatopatie, CID (Coagulazione Vascolare Disseminata), stati postsplenectomia o iposplenismo, deficit di vit.E, ipotiroidismo.


Fig. 47 – Striscio periferico tappezzato di acantociti “ diagnostico “ di una a- β lipoproteinemia.

Fig. 48 – Acantocitosi in iperbilirubinemia: anche le cellule a bersaglio presentano spigolature.

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Fig. 49 e 50 – Striscio di neonato di 6 gg. con evidente acantocitosi (immaturità + iperuricemia).


Figg. 51 e 52 – Ellissociti (ovalociti): Morfologicamente questi eritrociti mostrano una progressiva deformazione da cellule ovali a cellule con vari aspetti ellissocitici (eritrociti a sigaro): si trovano nella ellissocitosi ereditaria, nelle anemie megaloblastiche, nelle talassemie, infezioni batteriche gravi, reazione leucoeritroblastica, anemia megaloblastica, malaria e in condizioni normali (meno dell’1%)).

Fig. 53 – Codociti: Eritrociti a forma di coppa caratterizzati da una marcata riduzione dello spessore, che mostrano una zona centrale poco colorata circondata da un anello periferico di emoglobina. I codociti compaiono frequentemente nelle anemie ipocromiche (talassemie, emoglobinopatie, anemie sideropeniche).

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Fig. 54 – Echinociti: 10-30 spicole uguali per dimensioni, distribuite sulla superficie dell’eritrocita (causate da artefatti, uremia, disidratazione, malattie del fegato, deficit di PK, ulcera peptica, K. gastrico).

Fig. 55 – Astrociti: cellule a forma di stella. La figura evidenzia numerose cellule a stella in un paziente con anemia da carenza di Ferro.

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Fig. 56 – Cellule blister → aree dell’eritrocita senza emoglobina che danno alla cellula la forma di blister (deficit di G-6PD durante la crisi, SS; embolia polmonare).


- All’interno del globulo rosso si possono ritrovare …. Fig. 57 – La figura mostra uno striscio di sangue periferico in cui accanto ad alcuni artefatti legati ad una non corretta pulizia del vetrino sono evidenti granulazioni basofile.

Fig. 58, 59 – Particolare di granulazioni basofile. Si tratta di aggregati ribosomiali. Si osservano nelle talassemie, nel deficit di Fe, eritropoiesi inefficace, nel deficit di pirimidina-5’-nucleotidasi, nelle emoglobinopatie instabili, nell’avvelenamento da Pb.

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Figg. 60, 61, 62 – Anelli di Cabot: sono strutture non presenti nei globuli rossi normali, si tratta di tenui formazioni ad anello o a otto riconoscibili nel citoplasma di alcuni globuli rossi circolanti. Probabilmente rappresentano dei residui del fuso mitotico non correttamente eliminato nel corso della maturazione del globulo rosso.


Fig. 64 – Corpi di Howell-Jolly Residui nucleari. Si ritrovano in asplenie e iposplenie, anemia perniciosa, anemie diseritropoietiche, anemia da deficit di Fe grave. Nella figura sono presenti all’interno di un megaloreticolocita.

Figg. 65, 66, 67 – Corpi di Heinz. Inclusioni citoplasmatiche, si formano all’interno dei globuli rossi in conseguenza della precipitazione di emoglobina. Si tratta di aggregati di emoglobina o Hb denaturata. La loro presenza è legata al fatto che per condizioni patologiche diverse le emazie non sono in grado di mantenere il glutatione in forma ridotta. Localizzati alla periferia dell’eritrocita, presentano forte adesione alla membrana eritrocitaria; visibili dopo colorazione con blu brillante di cresile. Importante la diagnosi differenziale con i reticolociti. Si ritrovano in talassemie, emoglobine instabili, asplenia, epatopatie croniche, deficit enzimatici della via dei pentoso-fosfati dopo stress ossidativo. piastrina

Corpi di Heinz

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reticolocita

Corpi di Heinz


Fig. 68 – Evidente la differenza tra un reticolocita e un globulo rosso in cui sono presenti attaccati alla membrana citoplasmatica i corpi di Heinz.

- Nel neonato...

Non possiamo concludere questo capitolo senza soffermarci sui diversi aspetti del globulo rosso del neonato anche se per alcuni versi ne abbiamo già accennato. Per meglio comprendere quanto sia diverso il mondo ematologico del feto e del neonato da quello del bambino più grande dobbiamo necessariamente accennare, brevemente, alla emopoiesi nell’embrione e nel feto. Madonna del parto, Antonio Veneziano, Pieve di Montefiesole (Fi), XIV sec.

L’emopoiesi nell’embrione e nel feto può essere divisa in tre periodi: - Mesoblastico - Epatico - Mieloide Tutte le cellule del sangue sono derivate dal mesenchima a partire dal 14° giorno di gestazione. Foci isolati di eritropoiesi compaiono a 3-4 settimane dal concepimento (sacco vitellino). Nel sacco vitellino queste aree si differenziano in due direzioni: - le cellule periferiche di queste isole andranno a formare le pareti dei primi vasi sanguigni - le cellule del centro andranno a produrre le cellule primitive del sangue → emocitoblasti (precursori sia delle cellule del sangue che dell’endotelio). Le prime cellule del sangue a comparire nell’embrione sono le cellule della serie rossa: - Eritropoiesi megaloblastica (megaloblasto → cellula grande con citoplasma policromatofilo abbondante, nucleo con cromatina finemente dispersa che dà luogo a eritrociti grandi a contorni irregolari talvolta ipocromici che si possono osservare in circolo a partire dalla 5a settimana di gestazione). Lo sviluppo continua verso cellule più piccole della serie normoblastica. - Eritropoiesi normoblastica inizia verso la 6a settimana di gestazione e verso la 10 a settimana il 90% delle cellule eritrocitiche circolanti appartiene alla eritropoiesi normoblastica. A partire dalla 5a - 6a settimana di gestazione la produzione del sangue è appannaggio del fegato. Sempre tra la 5a e la 10a settimana si osserva un sostanziale aumento di volume di questo organo con aumento delle cellule nucleate da 2.3 x10 6 a 1.7 x 10 8. Il fegato fetale diventa così la sede della eritropoiesi e durante il periodo dal 3° al 6° mese di gestazione i precursori eritroidi rappresentano all’incirca il 50% di tutte le cellule prodotte da questo organo. Il fegato quindi è il principale organo della emopoiesi dal 3° al 6° mese di vita fetale e continua a produrre elementi formati fino alla prima settimana postatale.

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In breve nella Tabella 1 è riportata l’età di comparsa dei progenitori emopoietici durante la vita gestazionale. Tabella 1 – Progenitori emopoietici circolanti nel sangue fetale. Età gestazionale (mediana)

CFU-GEMM

CFU-GM

BFU-E

Progenitori (x103/mL)

10+0 sett. (7+6 – 13+1)

10.5 ± 1.3

3.3 ± 0.4

5.4 ± 0.8

19.2 ± 2.1

15+0 sett. (14+5 – 20+0)

32.5 ± 15.7

31.4 ± 12.0

19.7 ± 12.6

83.6 ± 31.3

39+0 sett. (38+0 - 40+0)

5.6 ± 0.7

9.7 ± 5.7

11.1 ± 2.1

26.4 ± 5.6

Nella Fig. 69 – Riportiamo il diagramma classico relativo alla distribuzione in percentuale delle cellule emopoietiche sia in epoca pre-natale che post-natale.

Distribuzione delle cellule emopoietiche: A: nelle varie sedi dell’emopoiesi pre-natale. B: nel midollo rosso di differenti ossa, nel periodo post-natale. (da A. V. Hoffbrand, S. M. Lewis - Postgraduated Hemathology, 2nd Ed., 1981. Modificato)

Il livello di produzione degli eritrociti e quindi di Hb tocca il minimo durante la seconda settimana di vita, aumenta nei mesi successivi e raggiunge il suo massimo (2% di massa circolante/giorno) intorno al 3° mese di vita. Non meno affascinante è il percorso che dalla emoglobina embrionale porta alla formazione di emoglobina fetale e da questa alla emoglobina adulta. i progenitori eritroidi che si ritrovano nel fegato, midollo osseo e sangue periferico del feto producono quantità identiche di emoglobina fetale. Durante questa età della vita gestazionale vengono a prodursi diverse emoglobine; dapprima le embrionali, poi la fetale ed infine la adulta (Tabella 2).

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Tabella 2 – Sviluppo delle catene globiniche. STADIO EMOGLOBINE Embrionale Gower 1 Embrionale Gower 2 Embrionale Portland Embrionale Fetale Fetale Fetale Fetale A Adulta A Adulta A2 Adulta F

COMPOSIZIONE e4 o ζ2ε2 α2 ε2 ζ2 g2 α2g2 α2g2 α2b2 α2b2 α2δ2 α2g2

Come è noto la sintesi di Hb e la produzione di eritrociti diminuisce drammaticamente durante i primi giorni di vita. Questa improvvisa e massiccia diminuzione nella produzione di eritrociti va di pari passo con l’aumento altrettanto massiccio di ossigeno nei tessuti e riflette la scomparsa virtuale di eritropoietina nel plasma. Al momento della nascita tra il 55% e il 65% della sintesi di Hb è rappresentato da HbF. Questa diminuisce poi rapidamente salvo in alcuni casi come per es. anemia dei prematuri, neonati di madri diabetiche, displasia broncopolmonare. ALLA NASCITA l’ esame emocromocitometrico dimostra: RBC 5.14± 0.7 x 106/µl HGB 19.0 ± 2.2 g/dl HCT 61 ± 7.4 % MCV 119 ± 9.4 fL MCH 35.0 pg MCHC 31.6± 1.9 g/dl RDW variabile* *per la presenza nei primi giorni di vita di stomatociti, cellule giovani, nucleate, a goccia.


Già DOPO UNA SETTIMANA i valori in particolare per quanto riguarda l’emoglobina sono inferiori: RBC 4.86± 0.6x106/µl HGB 17.9 ± 2.5 g/dl HCT 56 ± 9.4% MCV 118 ± 11.2 fL MCH 32.5 pg MCHC 32.0± 1.6 g/dl RDW 11 – 16.5% Per essere ancora più bassi NEL LATTANTE Globuli rossi HGB HCT MCV MCH MCHC RDW

3.70± 0.3x 106/µl 11.3 ± 0.9 g/dl 33 ± 3.3 % 88 ± 7.9 fl 31.5 pg 34.8 ± 2.2 g/dl 11 – 16.5 %

Il globulo rosso prodotto dal feto umano è diverso da quello lattante e del bambino più grande e dell’adulto: - differenti proprietà di membrana - differenti emoglobine - particolare profilo metabolico. La vita media dell’eritrocita nel nato a termine è più breve che nell’adulto; quella del prematuro ancora di più. Tanto più immaturo è il neonato tanto più breve è la vita media dell’eritrocita. Nato a termine ~ 90 giorni Prematuro ~ 45 - 70 giorni Le cause sono legate a: - Alterazioni della membrana - Maggiore suscettibilità al danno meccanico A questo proposito ricordiamo anche se ne abbiamo già accennato la forma del globulo rosso del nato pretermine e del neonato;, Pre-termine 40% biconcavi; 30% a scodella; 27% forme diverse Neonato 43% biconcavi; 40% a scodella; 14% forme diverse diversa da quanto si verifica nel bambino più grande e nell’adulto. È tutt’altro che raro quindi trovare nel periodo neonatale eritrociti con forme morfologicamente diverse; quando questa evenienza è molto marcata si parla di picnocitosi neonatale. Figg. 70, 71, 72 – Non è raro trovare nel neonato sano stomatociti, acantociti, nell’ambito di una anisopoichilocitosi legata alla presenza di forme diverse contemporaneamente.

85


Sempre nella prima settimana di vita si possono ritrovare (Figg. 73 e 74) cornociti, schistociti

ed anche (figg. 75 e 76) dacriociti, cheratociti.

In neonati con ittero, come è stato peraltro giĂ segnalato, la iperbilirubinemia determina una deformazione della membrana del globulo rosso che assume le caratteristiche dell’ acantocita (fig. 77).

86

Fig. 78 – Stomatociti: normalmente presenti solo nei primi giorni di vita.


Sempre nel neonato sano non è raro il riscontro di una “eritroblastosi neonatale” con immissione nel circolo periferico di eritroblasti. Fig. 79 – Striscio periferico di neonato con un eritroblasto; sono presenti inoltre macrociti (MCV 120 µm), cellule a bersaglio, acantociti, anulociti, cornociti, un linfocita.

Figg. 80, 81 – Ancora eritroblasti nel sangue periferico di un neonato sano.

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Conviene tenere a mente a questo proposito che i correnti conta globuli elettronici non distinguono gli eritroblasti dai linfociti essendo questi nucleati e grosso modo della stessa grandezza: per questo motivo la conta delle cellule può essere falsata. Sempre entro la prima settimana di vita si possono ritrovare in condizioni di pieno benessere cellule rosse nucleate (figg. 82 e 83). Si tratta di cellule rosse molto giovani che ancora non hanno perso il nucleo, in uno stadio precedente al reticolocita.

Trovare queste cellule oltre questa età della vita, come peraltro è già stato segnalato, può voler dire che il midollo è sottoposto a intensa stimolazione (ipossia, emorragia acuta, grave anemia emolitica). Esse possono essere presenti in patologie quali anemia megaloblastica, anemia diseritropoietica oppure infezioni congenite o in pazienti già sottoposti a splenectomia.


3b. Le anemie Anemia si definisce una riduzione (-2DS) rispetto ai valori medi per l’età di emoglobina. Ne consegue un ridotto apporto di ossigeno ai tessuti ed una sintomatologia che da una parte è legata alla ipossia tissutale e dall’altra a tutti quei meccanismi di compenso che l’organismo mette in atto per contrastare il danno. La gravità della sintomatologia dipende inoltre dalla gravità dell’anemia e dalla velocità di insorgenza.

- Anemie del neonato L’anemia nel neonato è una condizione insolita che riconosce cause diverse, che può diventare una emergenza tenuto conto del fatto che il neonato sano è particolarmente ricco alla nascita di globuli rossi ed emoglobina. Tre sono i meccanismi principali attraverso i quali si verifica una anemia in epoca neonatale: - Diminuita produzione di GR - Aumentata distruzione (emolisi) - Perdita di sangue (emorragia) Talora la patologia può essere multifattoriale (+++prematurità. infezioni). Un dato utile per arrivare alla causa può essere rappresentato dal momento in cui inizia l’anemia: Prima della nascita: l’idrope fetale può essere evidenziata prima della nascita (ecografia) oppure essere un rilievo “a sorpresa” alla nascita. Le cause possono essere ematologiche e non ma il quadro sintomatologico è sovrapponibile: edemi imponenti, ascite, versamento pleurico, insufficienza cardiaca, anemia grave. Nella fig. 84 – Sono riportate le cause ematologiche di idrope fetale. Idrope fetale: le cause ematologiche: -diminuita produzione di GR: infezione da Parvovirus B19 a. di Diamond-Blackfan a. diseritropoietica congenita leucemia congenita - perdita di sangue sindrome della trasfusione da gemello a gemello emorragia materno-fetale

88

- aumentata distruzione di GR emolisi immune (Rh e Kell) talassemia major deficit di piruvato chinasi deficit di glucosio fosfato isomerasi gb-talassemia varianti instabili rare delle catene

Nelle prime 24 ore di vita: Una anemia grave (Hb< 8.0g/dl) può essere legata a: - emolisi immune - emorragia - idrope fetale (se già in fieri) Dopo le prime 24 ore di vita: - emorragia interna - emorragia esterna - disordini emolitici non immuni Ci è sembrato opportuno fare cenno delle diverse cause di anemia nel neonato senza peraltro entrare nello specifico per il quale rimandiamo a testi specialistici. Fig. 85 – Anemia in neonato: emazie ipocromiche, reticolociti, acantociti, cellule a bersaglio, eritroblasti.


Fig. 86 – Anemia in neonato: spiccata ipocromia e anisocitosi.

acantocita

Corpo di Jolli

anulocita

Fig. 87 – Anemia grave neonatale che ha richiesto emotrasfusione: quadro post trasfusione. acantocita

89 GR trasfuso

schizocita

reticolocita

- Anemie normocitiche (MCV 72-79 fL) Globuli rossi ridotti di numero ma con MCV normale e MCHC normale, e quindi un normale contenuto globulare medio della Hb (Fig. 88). La riduzione di Hb è proporzionale a quella del numero delle cellule. Di questo tipo sono le anemia post- emorragiche, le anemie aplastiche ed alcune anemie emolitiche. Fig. 88 – I globuli rossi sono di dimensioni normali; in alcuni l’emoglobina è disposta alla periferia; sono presenti rari stomatociti.


- Anemie macrocitiche (MCV > 85 fL) Tutte le anemie macrocitiche qualunque ne sia la causa sono caratterizzate da una spiccata macrocitosi con MCV intorno a 100-110 fL e da una peculiare morfologia degli eritroblasti. All’origine una sintesi alterata o inadeguata di DNA. La divisione cellulare è rallentata ma non la maturazione citoplasmatica che prosegue normalmente. In questo contesto è presente una asincronia di maturazione tra nucleo e citoplasma a favore di quest’ultimo. Globuli rossi ridotti di numero con MCV aumentato e MCHC normale. Esempi: l’anemia perniciosa e quelle perniciosiformi. Figg. 89, 90 – Anemia macrocitica: lo striscio mette in evidenza anulociti giganti (diametro molto simile a quello dei linfociti) e anisocitosi. anulociti giganti (diametro molto simile a quello dei linfociti) e anisocitosi

Figg. 91, 92 – Numerosi anulociti scarsi di emoglobina che si dispone ad anello; la fig. 92 esprime le differenze tra un reticolocita, un normocita, uno sferocita, un megalocita. normocita megalocita

90

reticolocita

sferocita

Fig. 93 – Anemia macrocitica. Marcata anisocitosi con ipocromia delle emazie, anulociti di grandi dimensioni (diametro ~9,5µm) di poco inferiori ai granulociti neutrofili.


- Anemie microcitiche (MCV < 70 fL) Emazie di piccole dimensioni, scarso contenuto di Hb; i globuli rossi oltre che essere diminuiti come numero hanno: MCV <, MCH <, MCHC <.

anemia da carenza di Fe.

Esempio classico è la È sicuramente la forma più frequente di anemia in età pediatrica. È presente in circa il 25% dei bambini,nel 6 % degli adolescenti, nel 15% delle donne. In gravidanza è presente nel 30% dei casi. Particolare interesse riveste la valutazione del rischio a seconda dell’età. Così il prematuro è a maggior rischio di sviluppare una anemia da carenza di Fe tra i 3 e i 6 mesi, il neonato a termine tra i 6 e i 12 mesi. In genere la sintomatologia esordisce in maniera insidiosa, subdola. Il bambino piccolo diventa irritabile, la crescita si fa lenta o addirittura si arresta. Il bambino più grande può avere episodi infettivi ricorrenti che lo portano all’attenzione del medico oppure diventare svogliato a scuola, manifestare stanchezza e, se è uno sportivo, diminuzione delle sue prestazioni. In tutti è presente disappetenza; nei casi più gravi pica e geofagia. Certamente l’anemia è la manifestazione più eclatante ma non è la prima tappa del deficit di Fe. La progressiva riduzione del contenuto di Fe dell’organismo comporta alterazioni secondo una sequenza ben precisa (Tabella 3). SEQUENZA DELLE ALTERAZIONI CONSEGUENTI LA PROGRESSIVA RIDUZIONE DI FERRO DAI DEPOSITI 1. DEPLEZIONE DELLE RISERVE DI FERRO - ematocrito e Fe serico normali - ferritina serica in diminuzione 2. ERITROPOIESI IN CARENZA DI FERRO - ferro serico in diminuzione - aumento capacità totale legante il ferro - non variazioni dell’ematocrito - livello serico recettore libero transferrina > - popolazione GR mantenuta, reticolociti poveri Hb 3. ANEMIA - Gr microcitici, ipocromici ed altro ancora… In pratica cosa succede (fig. 94). La fonte principale di Fe per la produzione di Hb è quella quota legata alla transferrina in condizioni normali questa quota è in grado di supplire a tutte le richieste: normale eritropoiesi eritropoiesi accelerata (emorragie, emolisi acute)

91 Carenza di Fe per cause diverse

All’inizio riduzione dei depositi di Fe (epatociti, macrofagi del fegato, della milza, del midollo) senza riduzione del Fe serico

No anemia

Depositi esauriti ( ferritina < 12 mg/dl) < ferro serico; > ++ sintesi di transferrina che rimane libera < indice di saturazione della transferrina ( rapporto Fe/transfer.) +++ porfirina eritrocitaria libera ma all’inizio Hb e MCV normali diminuzione Hb La diagnosi al di là dell’esame obiettivo si fonda su esami di laboratorio che per brevità sono riportati nella fig. 95:

Emocromo : - GR microcitici, ipocromici 1) MCV < 2) MCH < 27.0 pg 3) MCHC < 30 - RDW > 17 Recettore libero per la transferrina +++

La diagnosi

- Protoporfirina eritrocitaria libera +++ Ferritina serica <

Fe serico e capacità di legare il Fe - Fe siero < - > capacità di legare il Fe - < saturazione Fe (16% o meno) Risposta alla somministrazione per bocca di Fe - +++ reticolociti dopo 5 -10 gg. dall’inizio - In seguito livelli di Hb in > da 0.25 a 0.4 g/dl/giorno - Ht + 1%/giorno


Solo in ultima analisi e dopo attenta valutazione si possono prendere in considerazione indagini come aspirato midollare e biopsia osteo-midollare. Fig. 96 – Anemia ferropriva: quadro di insieme → evidente l’anisocitosi con forme a sigaro (ellissociti), anulociti, cornociti, dacriociti.

Fig. 97 – Anemia da carenza di Ferro con: MCV 45fL, marcata anisopoichilocitosi, emazie ipocromiche, anulociti, ellissociti, cornociti. NB. Lo MCV può essere falsato dalla presenza di forme diverse di emazie come in questi vetrini.

92

Fig. 98, 99 – Anemia da carenza di ferro: particolare in cui quasi tutti i globuli rossi hanno assunto la forma di anulociti.


Fig. 100, 101 – Anemia ferropriva prima (freccia azzurra) e dopo trasfusione (freccia rossa) Da notare la differenza tra i globuli rossi del donatore (normociti, normocromici) e quelli del ricevente (microcitici ipocromici con forme ad anello).

I globuli rossi del donatore si distinguono facilmente per la forma, le dimensioni, il colore piÚ intenso legato alla maggior concentrazione di Hb. Fig. 102 – Anemia ferropriva + trait talassemico: anisopoichilocitosi marcata in cui si riconoscono oltre alla ipocromia dei globuli rossi e forme ad anello, cellule a bersaglio, cornociti, codociti, dacriociti.

93


- Anemie emolitiche Caratteristica essenziale per la definizione di anemia emolitica è data dal fatto che, per cause diverse, il globulo rosso ha una vita inferiore a 120 giorni. Le alterazioni che portano a questo possono essere: 1. di natura intracorpuscolare (una grande varietà di mutazioni genetiche e di deficit nutrizionali acquisiti che hanno come conseguenza difetti delle catene globiniche e della sintesi dell’eme, anomalie proteiche della membrana eritrocitaria, difetti enzimatici intracellulari). In questo contesto si distinguono: - alterazioni della membrana - alterazioni enzimatiche - alterazioni della emoglobina 2. di natura extracorpuscolare: - meccanismi immuni e non immuni. Sono esempi la sindrome emolitico–uremica, la porpora trombotica trombocitopenica; la distruzione immunomediata dei globuli rossi per condizioni diverse, ambientali quali lo stress, il caldo, i danni meccanici, ossidativi o legati all’azione di tossine. Nella tabella 4 vengono elencate alcune peculiarità che inducono a sospettare una anemia emolitica: ASPETTI CLINICI CHE INDUCONO A SOSPETTARE UNA ANEMIA EMOLITICA 1) Fattori etnici: (l’8% della popolazione nera presenta un trait drepanocitico; incidenza +++ di trait talassemico nelle popolazioni del Mediterraneo; incidenza +++ di deficit G6PD tra gli ebrei sefarditi) 2) Età (ittero e anemia da incompatibilità Rh e ABO) 3) Storia familiare + per anemia, ittero o calcolosi colecisti 4) Anemia persistente o ricorrente associata a reticolocitosi 5) Anemia non responsiva; iperbilirubinemia persistente o saltuaria; splenomegalia; emoglobinuria; orine scure Le alterazioni di membrana possono essere primitive (sferocitosi ereditaria, ellissocitosi ereditaria, stomatocitosi ereditaria) o secondarie (a-β lipoproteinemia). Tra le prime sicuramente quella più frequente è la sferocitosi ereditaria: Sferocitosi ereditaria (fig. 103). Autosomica dominante (75% dei casi); nel 25% dei casi storia familiare negativa

94

La gravità dell’anemia e il grado di sferocitosi possono non essere sovrapponibili nei componenti affetti di una stessa famiglia Comune nelle popolazioni del Nord Europa Incidenza 1:5000 instabilità della membrana dovuta ad anomalie o anche deficit dello stato del globulo rosso difetto combinato anchirina / spectrina ++++ Fig. 104 – Sferocita → globulo rosso piccolo, ipercolorato, diametro circa 6µm spessore aumentato → sfericità, assenza di zona chiara centrale.


Figg. 105, 106 – In una stessa famiglia i componenti affetti possono avere un grado di sferocitosi diverso e anche l’anemia può essere più o meno grave.

Fig. 107 – Sferocitosi ereditaria con modesta anisocitosi.

95

Ellissocitosi ereditaria (Fig. 108).

Ellissocitosi ereditaria - Autosomica dominante a penetranza variabile. - Incidenza 1: 25.000. a) Non legata allo Rh (anemia grave nell’omozigote) b) Legata a Rh (in genere malattia più blanda) - Caratteristiche cliniche variabili. - Circa il 12% ha sintomi indistinguibili dalla sferocitosi ereditaria. - La % degli ellissociti varia dal 50 al 90%. Ellissocitosi comune - stato di portatore silente - forma media - con picnocitosi infantile

Ellissocitosi comune con emolisi cronica - con diseritropoiesi - forma omozigote - piropoichilocitosi

Ellissocitosi sferocitica che clinicamente appare come una sferocitosi ma con storia familiare +

Ovalocitosi Sud Est asiatico


Figg. 109; 110 – Morfologicamente questi eritrociti mostrano una progressiva deformazione da cellule ovali a cellule con vari aspetti ellissocitici (eritrociti a sigaro).

Stomatocitosi ereditaria (fig. 111).

Stomatocitosi ereditaria - anemia emolitica ereditaria (autosomica dominante ) - alterata permeabilità di membrana verso ioni Na+ e K+ ( le cellule contengono elevate concentrazioni di Na+ e basse concentrazioni di K+). La cellula si gonfia tanto da essere definita “idrocita”

96

associata con epatite neonatale causa di ascite perinatale Fig. 112 – Gli stomatociti si distinguono facilmente perché presentano una fessura pallida centrale e non una area circolare.


a-β lipoproteinemia (fig. 113).

- malattia da alterato metabolismo dei lipidi - ereditarietà autosomica recessiva - assenza di b lipoproteina nel plasma - Caratteristiche cliniche: steatorrea segni e sintomi neurologici (stanchezza, atassia, nistagmo, retinite pigmentosa atipica con atrofia maculare, cecità) anemia emolitica di media entità con acantociti (50-90%) e reticolocitosi - Diagnosi clinica, b lipoproteina assente nel plasma, biopsia intestinale (tenue)

Fig. 114 – Quadro quasi patognomonico di a-β lipoproteinemia → Acantocitosi vera con i tipici eritrociti a riccio di castagna.

97 Molti sono i difetti enzimatici che possono determinare anemia emolitica; alcuni conseguenti ad alterazioni della via che produce ATP, altri della via che produce NADPH ed altri ancora più rari difetti di ATPasi per es.): Uno dei più frequenti è rappresentato dal deficit di G-6PD. Si tratta di una malattia genetica ereditaria causata da difetto congenito dell’enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD), normalmente presente nei globuli rossi e fondamentale per la loro sopravvivenza. La carenza dell’enzima provoca un’emolisi acuta con ittero. La crisi è scatenata quando il soggetto affetto assume (o ne inala i vapori) fave, piselli, Verbena Hybrida, altri particolari vegetali, sostanze (naftalina, trinitrotoluene) o alcuni farmaci (antipiretici e analgesici, antimalarici, sulfamidici, salicilici, cloramfenicolo, alcuni chemioterapici, chinidina, menadione, blu di metilene ecc.). Tutte queste sostanze inibiscono l’attività dell’enzima, aggravando una situazione già carente di per sé. Dal punto di vista clinico la malattia è molto eterogenea e si può esprimere in maniera diversa a seconda della % di attività dell’enzima. Figg. 115, 116 – Deficit di G6PD i globuli rossi assumono l’aspetto di cellule blister→ aree dell’eritrocita senza emoglobina; a forma di blister.


Tra le anemie emolitiche di natura intracorpuscolare si annoverano anche le Emoglobinopatie. Queste possono essere dovute ad alterazioni quantitative (α e β- talassemie) e qualitative (es. HbS, C,H, M) delle globine oppure ad alterazioni dell’eme (porfiria eritropoietica congenita).

Le talassemie Comuni nei paesi del Mediterraneo (da qui il nome di anemia mediterranea), del Sud-Est asiatico e di alcuni paesi dell’Africa equatoriale, anche se, in seguito agli spostamenti migratori, sono attualmente presenti in quasi tutto il mondo. Nelle regioni più colpite il 10% della popolazione è talassemico. La maggior diffusione sulle coste è dovuta al fatto che nelle zone paludose vicino al mare imperversava la malaria; poiché il ciclo di vita del plasmodio passa attraverso i globuli rossi, i talassemici portatori sani offrivano un habitat meno accogliente al parassita e pertanto vivevano di più, aumentando la percentuale della popolazione portatrice della malattia. Per meglio comprendere la patogenesi di queste emoglobinopatie riportiamo nella fig. 117 quanto si verifica durante la vita gestazionale in merito all’ evolversi delle diverse emoglobine nell’organismo umano.

98 (Purves, Savada, Orians, Heller; Biologia – L’informazione e l’eredità; Zanichelli, 2005).

Diversi sono i quadri clinici che si vengono a determinare (tabella 5). Portatore silente (α o β)

Normale dal punto di vista ematologico

Tratto talassemico (α o β)

Anemia modesta con microcitosi e ipocromia

HbH (α talassemia)

Anemia emolitica anche grave, ittero, splenomegalia

Idrope fetale(α talassemia)

Morte in utero per anemia grave

β talassemia omozigote (Cooley)

Anemia grave, ritardo della crescita, epatosplenomegalia, deformità ossee iperplasia midollare, trasfusione dipendente

talessemia intermedia

possibile necessità di trasfusione

Da Cunningham M.J. Et al. Cpt 20 –Hematology of infancy and childhood, Nathan –Oski , 2009 7th ed. modificata.

Tabella 6 – β - talassemia: varianti in condizioni di omozigosi o di doppia eterozigoti. tipo

anemia

Globina Catene δ G l o b i n a mRNA β globina Catene β

Mutazione gene β globina

β+thal.

grave

presente

diminuite

diminuito

Mutazioni puntiformi o delezioni

β thal.

grave

presente

assente

Assente o anomalo Mutazioni puntiformi o delezioni

δβthal.

media

assente

assente

assente

Delezione, mutazione

HPFH

assente

assente

assente

assente

Mutazioni puntiformi o delezioni

0


Fig. 118 – β - Talassemia major Si evidenziano cellule a bersaglio, anulociti, sferociti e un eritroblasto.

Fig. 119 – β - Talassemia major è evidente l’anisopoichilocitosi, sono presenti cellule a bersaglio, reticolociti, sferociti, codociti.

99

Trait talassemico - Nessuna sintomatologia riferibile alla ridotta produzione di catene β; globuli rossi in numero maggiore rispetto al soggetto sano (microcitemia), più poveri di emoglobina (intorno al 15% in meno rispetto al soggetto sano) Circa il 20% dei soggetti presenta un leggero ingrossamento della milza. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, il gene ereditato dal genitore sano consente una produzione di globuli rossi e di emoglobina più che sufficiente per condurre una vita normale. Figg. 120, 121 – Strisci di sangue periferico in pazienti con trait talassemico con modesta anisopoichilocitosi, sono presenti rare cellule a bersaglio, cornociti, anulociti.


Figg. 122; 123 – confronto tra uno striscio di sangue periferico normale e uno striscio di soggetto con tratto talassemico. Striscio periferico normale

Tratto β talassemico

Tabella 7 – α - Talassemia: varianti cliniche in relazione al difetto genetico. Fenotipo (condizione clinica)

100

n.geni α – globinici funzionali

Genotipo

Produzione catene α

Normale

4

αα/ αα

100%

Portatore silente

3

αα/ α-

75%

Tratto α talassemico (anemia lieve microcitemia)

2

αα/ --

50%

Malattia da HbH (β4)- (anemia emolitica moderatamente grave)

1

α-/ --

25%

Idrope fetale o α talassemia omozigote

0

--/--

0%

Figg. 124, 125, 126, 127 – Striscio periferico di paziente con α – talassemia Anisopoichilocitosi marcata, cellule a bersaglio, anulociti, dacriociti, ellissociti, schistociti.


Drepanocitosi Genetica: 1. trasmissione autosomico recessiva 2. Gli omozigoti (2 geni anormali) non sintetizzano HbA 3. Gli eterozigoti (1 gene anormale) hanno un contenuto di HbS nei globuli rossi variabile dal 20 al 40% 4. HbS origina come risultato di mutazione spontanea e delezione del gene della βglobina sul cromosoma 11. La HbS nella sua forma ridotta è meno solubile della HbA. Le molecole assumono un aspetto particolare che determina la forma a falce del globulo rosso (Fig. 128).

Globulo rosso normale

Globulo rosso falciforme

Distruzione prematura del globulo rosso: Aumentata viscosità del sangue, flusso del sangue alterato e tendenza a formare trombi (Figg. 129, 139).

Tabella 8 – Drepanocitosi nei diversi aspetti di omozigote, stato di eterozigote e S-β+thalassemia. SS omozigote

AS tratto eterozigote

S-β+thalassemia

Hb

HbS +++

Hb A = 60% Hb S = 40

HbS ++ HbA2+ HbA variabile

MCV

<

<

69 -76 fL

HbF

50 -20 - 10% (variabile con l’età) -

HbF variabile

Reticolociti(%)

Reticolocitosi variabile

1.8 - 3.4

% variabile con l’età

Nei portatori sani la contemporanea presenza di Hb A ostacola la gelificazione dell’Hb S e non si ha malattia. Fig. 131 – due portatori sani …e la loro prole.

101


Fig. 132 – Soggetto con anemia sospetta per Hb anomala (Hb S): nello striscio sono presenti cellule sospette a forma di falce in un quadro di anisopoichilocitosicitosi.

Fig. 133 – L’esame emocromocitometrico, che permette di rilevare una diminuzione dei globuli rossi e dell’emoglobina, fa porre solo diagnosi generica di anemia. Però un laboratorista attento, analizzando al microscopio la forma dei globuli rossi, può notare la presenza dei globuli rossi a falce ed indirizzare verso la diagnosi.

102

Quando i soggetti malati si trovano negli ambienti poveri di ossigeno, l’Hb S “precipita” all’interno dei globuli rossi e gelifica; in questo modo i globuli rossi, perdono la tipica forma biconcava per assumere quella a falce (fig. 134).


Fig. 135 – Paziente con sospetto di anemia falciforme test di falcizzazione (dopo 24 ore in assenza di O2).

Fig. 136, 137 – Madre e padre della paziente con sospetta anemia falciforme dopo test di falcizzazione: entrambi gli strisci presentano un tappeto di cellule falciforme in un quadro di anisopoichilocitosi.

103

Nelle figure successive sono riportati di seguito i diversi strisci prima e dopo test di falcizzazione per meglio evidenziare le differenze tra lo stato di eterozigote AS e lo stato di omozigote SS. Fig. 138, 139 – Paziente prima e dopo test di falcizzazione.


Figg. 140, 141 – Padre prima e dopo test di falcizzazione.

Figg. 142, 143 – Madre prima e dopo test di falcizzazione.

Esiste la possibilità che un genitore sia portatore sano di drepanocitosi e l’altro portatore sano di talassemia, qualora i genitori trasmettano i due geni malati si corre il rischio che il figlio nasca con la microdrepanocitosi o talassodrepanocitosi. Fig. 144, 145, 146 – Microdrepanocitosi. Presenza di numerose cellule a bersaglio e rari drepanociti.

104


Nel caso si renda necessaria una trasfusione di globuli rossi in un paziente affetto da drepanocitosi, i globuli rossi del donatore si rendono evidenti in quanto mantengono la loro forma biconcava a differenza di quelli del ricevente a forma di falce. Figg. 147 (microscopio ottico), 148 ( microscopio a contrasto di fase) - Paziente affetto da drepanocitosi dopo trasfusione: evidente la differenza tra globuli rossi del donatore e globuli rossi a falce del ricevente.

È opportuno ricordare a conclusione di quanto riferito per quanto riguarda le emoglobinopatie da difetto delle globine le interazioni con la malaria: i soggetti eterozigoti con HbS, HbC, HbE, α e β talassemia sono più protetti dalla malaria rispetto alla popolazione in generale. Per inciso anche i soggetti con G6-PD deficienza presentano la stessa tendenza. Per quanto riguarda i soggetti eterozigoti per HbS non si sa ancora con precisione il meccanismo che regola i rapporti tra malaria e gene HbS (polimorfismo bilanciato). Diverse le ipotesi: - aumentata fagocitosi dei globuli rossi infettati - difficoltà del parassita a crescere all’interno dei globuli rossi HbS - difficoltà da parte del parassita a entrare nel globulo rosso più rigido - diminuita disponibilità di NO (ossido nitrico).

Anemie emolitiche autoimmuni La sindrome emolitico-uremica è una malattia rara che si osserva soprattutto negli anziani e nei bambini, in particolare nei primi anni di vita. È caratterizzata dalla comparsa di tre sintomi tipici: anemia emolitica microangiopatica, piastrinopenia e insufficienza renale acuta a causa della quale molto spesso è necessario ricorrere alla dialisi. Figg. 149, 150, 151, 152 – lo striscio periferico mette in evidenza che la quasi totalità dei GR presenta frammentazioni di membrana, sono presenti in prevalenza schistociti, anulociti, cheratociti.

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Anemia microangiopatica post trapianto emopoietico Si tratta di una emolisi causata da un danno della membrana eritrocitaria con frammentazione dei globuli rossi; conseguente emolisi intravascolare e comparsa di schistociti nello striscio periferico. Figg. 153, 154 – Anemia emolitica microangiopatica: Presenza di acantociti, cellule a bersaglio, schistociti in un quadro di intensa anisopoichilocitosi.

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Gli esami di laboratorio dimostrano una anemia emolitica microangiopatica caratterizzata dalla presenza, sullo striscio del sangue periferico, di emazie deformate o frammentate (schistociti). Le piastrine spesso sono diminuite sotto il valore di 20.000/mm3. Nei casi di compromissione renale, l’esame delle urine mostra vari gradi di proteinuria. Figg. 155, 156, 157, 158 – Anemia emolitica microangiopatica in cui è evidente l’anisopoichilocitosi e lo spezzettamento dei globuli rossi (schistociti), sono presenti inoltre anulociti, cellule a bersaglio, astrociti, cellule a goccia, echinociti.


3c. Globuli rossi in condizioni patologiche diverse Saranno descritte in questo capitolo alcune della patologie più frequenti o più gravi a carico del globulo rosso che sono state osservate.

- Le policitemie Si tratta di patologie molto rare in età pediatrica. Si distinguono in relazione all’età. a) policitemia nel neonato C’è evidenza di policitemia in questa età della vita quando, nella prima settimana di vita, l’ematocrito è oltre il 65% e la concentrazione di emoglobina supera i 22g/dL. In questi casi bisogna, prima di porre diagnosi di policitemia ,prestare attenzione al tipo di prelievo di sangue eseguito: per es il prelievo di sangue capillare può dare un falso positivo perché dà valori significativamente più alti rispetto al prelievo eseguito da una vena più grossa e risente della diversa temperatura delle estremità dalle quali il prelievo capillare è ottenuto. b) policitemia del bambino più grande Nel bambino più grande si parla di policitemia quando la massa di globuli rossi circolanti è oltre i 30ml/kg di peso corporeo, che rappresenta il limite superiore del normale (escludendo la emoconcentrazione conseguente una disidratazione). In pratica significa che la concentrazione di Hb è superiore a 17 g/dL e l’ematocrito maggiore del 50%. Le cause possono essere diverse. Oltre ad una forma di policitemia legata a emoconcentrazione e disidratazione si distinguono: 1) policitemia primitiva - policitemia vera (0.1-1% di casi al di sotto dei 20-25 anni) - policitemia familiare benigna (eritrocitosi) 2) policitemia secondaria In questo contesto ci limiteremo a annotare i criteri diagnostici della policitemia vera (Tabella 9) nel bambino più grande rinviando a testi specialistici di Ematologia Pediatrica per maggiori approfondimenti. Policitemia vera: criteri diagnostici (*) Criteri maggiori

Criteri minori

1 - massa di globuli rossi circolanti oltre i 30ml/kg di peso corporeo 2 - Sat.O2 arterioso ≥ 92% 3 - esclusione di eritrocitosi familiare 4 - esclusione di qualsiasi causa di aumento della eritropoietina(EPO) (ipossia, emoglobina con elevata affinità per l’O2, alterazione del recettore EPO, inappropriata produzione da tumore)

1 - presenza di mutazione JAK2V617F 2 - formazione di colonie eritroidi endogene 3 - ipercellularità midollare con proliferazione trilineare 4 - Fosfatasi alcalina leucocitaria aumentata 5 - bassi livelli di EPO

(*) necessari 2 criteri maggiori e 1 minore Figg. 159, 160, 161 – Paziente di 16 anni con policitemia vera: GR. 6.790.000; Hb 19.2; MCV 80.

Contrasto di fase

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- La malaria

La malaria è una parassitosi, provocata da protozoi del genere Plasmodium. Fra le varie specie di parassita Plasmodium quattro sono le più diffuse, ma la più pericolosa è il Plasmodium falciparum, con il più alto tasso di mortalità fra i soggetti infestati. Il serbatoio del parassita è costituito dagli individui infettati in maniera cronica. I vettori sono zanzare del genere Anopheles . La malaria è la più diffusa fra tutte le parassitosi, con il suo quadro clinico di malattia febbrile acuta che si manifesta con segni di gravità diversa a seconda della specie infettante. La sua diffusione attuale non si limita alle aree tropicali dell’America del Sud, dell’Africa e dell’Asia , ma interessa sporadicamente anche gli USA e altri paesi industrializzati, in cui essa si manifesta a seguito di spostamenti di persone che contraggono la malattia in zone in cui essa è endemica. L’incidenza è notevolmente aumentata negli ultimi 20 anni e si calcola che circa 270.000.000 di persone contraggano l’infezione ogni anno. All’interno dell’ospite umano, il parassita si modifica passando attraverso diversi stadi di sviluppo e riuscendo a eludere le difese del sistema immunitario, infetta i globuli rossi e il fegato, fino a raggiungere una forma che è capace di infettare un’altra zanzara quando punge la persona malata. Circa due settimane dopo essere stato “ospitato” dalla zanzara, e avere subito ulteriori trasformazioni, il plasmodio è nuovamente pronto a infettare un altro essere umano. I sintomi della malattia appaiono da 9 a 14 giorni dopo la puntura da parte della zanzara infetta e tipicamente sono: febbre alta, mal di testa, vomito, sudorazioni e tremori e altri sintomi simili a quelli dell’influenza. La malaria arriva a essere letale distruggendo i globuli rossi e quindi causando una forte anemia e ostruendo i capillari che irrorano il cervello (in questo caso si tratta di malaria cerebrale) o altri organi vitali. Tipicamente, i sintomi della malaria si presentano ciclicamente seguendo il ciclo stesso di riproduzione e moltiplicazione del parassita. In qualche caso però, il Plasmodium falciparum può uccidere, se non trattato, senza dare i sintomi ciclici. Pressoché scomparsa in Italia dopo le bonifiche delle aree paludose e appannaggio esclusivo di viaggiatori in paesi ad alta endemicità, è possibile che la malaria diventi una malattia sempre più frequente per lo spostarsi di popolazioni da zone con elevata incidenza (Africa sub-sahariana) nel nostro paese.

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Fig. 162 – La malaria nel mondo: in bianco le aree indenni, in grigio chiaro le aree a basso rischio, in grigio scuro le aree ad alto rischio:

A

A A

B C C

A

C

C

B

Zona A: rischio generalmente lieve e stagionale; nessun rischio in molte aree (zone urbane. P. falciparum assente o sensibile alla clorochina) Zona B: rischio debole nella maggior parte delle regioni. La clorochina protegge da P. vivax, in associazione al proguanil conferisce una certa protezione contro il P. falciparum e può attenuare la gravità della malattia se si verifica nonostante la profilassi. Zona C: rischio elevato nella maggior parte delle regioni africane tranne in altitudine. Rischio debole nella maggior parte delle regioni dell’Asia e dell’America latina, ma elevato in alcune aree come il bacino amazzonico, e alcune parti rurali del Sud-Est Asia. Resistenza alla clorochina in quasi tutte le regioni e alla sulfadossina + pirimetamina in Asia ed in alcune regioni dell’Africa e dell’America latina Da: WHO, Voyages Internationaux et Santé, Vaccinations exigées et Conseils d’hygiène, 2001


Figg. 163, 164 – Striscio periferico di paziente con malaria (P. falciparum) in cui sono presenti numerosi trofozoiti.

Fig. 165 – Striscio periferico di paziente con malaria (P. falciparum) in cui è presente un gametocita.

Fig. 166 – Striscio periferico in cui si osservano due globuli rossi con all’interno il Plasmodio ad anello; la freccia indica il Plasmodio con doppio corpo di cromatina, tipico del P. Falciparum.

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Figg. 167, 168 – Striscio periferico di paziente con malaria (P. ovale).


- La filariasi Le filariasi (o filariosi) sono un gruppo di parassitosi che interessano sia l’uomo sia gli animali, causate da nematodi della famiglia delle Filariidae, detti comunemente “filarie”. Come per tutti i nematodi, il ciclo vitale delle filarie prevede 5 stadi di sviluppo larvale, nell’ospite definitivo vertebrato e nell’ospite intermedio (vettore) artropode. Le femmine adulte producono migliaia di forme larvali al I stadio, dette microfilarie, che vengono ingerite dall’insetto vettore. Alcune microfilarie hanno una periodicità circadiana (di 24 ore) e si trovano nel circolo dell’ospite vertebrato in massima concentrazione una volta al dì, nel momento in cui abitualmente l’insetto vettore ematofago si nutre. Le microfilarie passano due stadi di sviluppo nel vettore. La larva al III stadio viene inoculata di nuovo dal vettore nell’ospite vertebrato definitivo, durante il suo pasto ematico. La larva passa altri due stadi di sviluppo prima di diventare adulta e raggiungere la sua localizzazione definitiva, a seconda della specie. Si tratta di lunghi vermi a turacciolo conosciuti come Wuchereria bancrofti, Brugia malayi e Brugia timori. Le femmine producono microfilarie che approdano al sistema circolatorio da 6 a 12 mesi dopo l’infezione. Sono note due varianti: nella prima le microfilarie circolano nel sangue periferico durante la notte con un picco nel periodo compreso tra le 22 e le 2. Nella seconda variante le microfilarie circolano continuamente nel sangue periferico e presentano il massimo picco durante le ore diurne. Quest’ultima forma e’ endemica nel Pacifico meridionale e in alcune zone dell Asia sud-orientale. La trasmissione avviene attraverso la puntura di una zanzara che veicola larve contagiose. L’infezione e’ causata da un verme nematode che di solito si insedia nel sistema linfatico delle persone infette (filariasi linfatica o elefantiasi) o nei tessuti sottocutanei (oncocerchiasi). La sintomatologia è caratterizzata da febbre acuta ricorrente, linfadenite, idrocele, chiluria ed elefantiasi delle estremità, delle mammelle e dei genitali. Nel medio e lungo periodo il 30% dei colpiti avrà problemi alla vista e il 10% dei colpiti andrà incontro alla cecità. Figg. 169, 170 – Striscio periferico in paziente affetto da filariasi.

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-


- La malattia del sonno

Aldo Luigi Mario Castellani (Firenze, 8 settembre 1874 – Lisbona, 3 ottobre 1971), un medico, batteriologo e patologo italiano. È stato lo scopritore del Trypanosoma gambiensis, il microrganismo che attraverso la puntura della mosca tse-tse provoca la malattia del sonno nell’Africa tropicale.

Trypanosoma è un genere di protozoi flagellati, dal corpo fusiliforme, assottigliato, provvisto di nucleo e di blefaroblasti, dal quale parte un flagello che appoggiandosi al corpo forma una membrana ondulante; l’estremità anteriore è libera. Differenti specie infettano una varietà diversa di vertebrati, tra cui l’uomo, provocando la malattia che prende nome di Tripanosomiasi; i t. si trovano nel sangue e nel tubo digestivo. Alcune forme vivono anche allo stato libero in natura. Altri vertebrati interessati sono equini, uccelli, roditori, pesci, rettili e alcuni ruminanti Il nome deriva dal greco trypaô (perforare) e soma (corpo). La maggior parte delle specie sono trasmesse ai vertebrati da artropodi vettori. L’infezione puo’ essere contratta biologicamente da certi insetti vettori come cimici triatomine (tripanosomiasi americana) e glossine, chiamate comunemente mosche tse-tse (tripanosomiasi africana). Figg. 171, 172 – Tripanosoma Gambiensis (malattia del sonno).

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Note

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Cap. 4 1

Serie bianca 4a. Periferico in condizioni fisiologiche Figg. 1, 2, 3 – Striscio periferico ben eseguito (colorazione con May Grunwald Giemsa): accanto a globuli rossi (alcuni anulociti) sono presenti elementi della serie bianca in particolare granulociti neutrofili con nucleo variamente segmentato e granulazioni citoplasmatiche, un eosinofilo, un monocita e presenza di cellule immature della serie mieloide (mielocita, metamielociti, neutrofili giovani a bastoncello) che si possono normalmente ritrovare nello striscio periferico.

Fig. 4 – La foto descrive i diversi elementi della serie bianca che si possono ritrovare in uno striscio di sangue periferico e precisamente in sequenza; granulociti neutrofili, eosinofili, basofili, linfociti, monociti.

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Se nella valutazione di un emocromo il laboratorio ha fornito soltanto il valore in percentuale, non ha dato una risposta esaustiva perchÊ per una corretta valutazione si deve basare sul valore assoluto delle diverse popolazioni di globuli bianchi. Tabella 1 – Valore percentuale e valore assoluto delle diverse popolazioni di globuli bianchi. Valori percentuali

Valori assoluti per millimetro cubo

Neutrofili

(40-75%)

(2.000-8.000/mmc)

Linfociti

(25-55%)

(1.500-5.000/mmc)

Monociti

(2-10%)

(100-900/mmc)

Eosinofili

(0.5-6%)

(20-600/mmc)

(0-2%)

(2-150/mmc)

Basofili


Tabella 2 – Vita media e dimensioni. Neutrofili

~ 9µm

< 1 settimana

Eosinofili

~ 9µm

< 1 settimana

Basofili

~ 8µm

~ a 3 giorni

Linfociti

~ 8µm

da giorni a mesi a anni

Monociti

~12µm

pochi giorni *

* I macrofagi nel connettivo vivono per diversi mesi

Fig. 5 – Per formula leucocitaria si intende la determinazione percentuale dei vari tipi cellulari di leucociti presenti nello striscio di sangue periferico.

Formula leucocitaria Eosinofili

La % di errore nella lettura è: 0-10% per 100 elementi 0-7% per 200 elementi 0-4,4% per 500 elementi

Linfociti Neutrofili Monociti Basofili

Luc

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La formula leucocitaria normale varia a seconda dell’età, delle condizioni di salute/malattia dell’individuo. In uno striscio si possono trovare in % diverse quelle che vengono definite cellule LUC: si tratta di cellule che presentano note di immaturità. Normalmente la % non supera il 2-3%. Fig. 6 – Cellule del midollo si possono ritrovare, fisiologicamente, nel sangue periferico come per esempio: metamielocita - mielocita - promielocita.

Mielocita

Metamielocita Promielocita

Granulocita neutrofilo Circa il 30% della percentuale midollare (la % varia con l’età). - Nucleo a bastoncello ricurvo nelle forme più giovani e a lobatura in quelle più mature, con cromatina a grosse zolle e citoplasma acidofilo. - Durata della vita una settimana. - Diametro di 12-15 µm e nucleo da 2 a 5 lobature secondo il grado di maturazione (formula di Harnet). - Nel sesso femminile possono presentare un nucleo con appendice di cromatina a bacchetta di tamburo, il cosiddetto “corpo di Barr”.


Figg. 7, 8 – Granulocita neutrofilo.

I granulociti neutrofili detti anche polimorfonucleati per la caratteristica polilobatura del nucleo hanno funzioni di difesa dell’organismo contro infezioni batteriche e fungine. Vengono chiamati neutrofili perché non incorporano coloranti istologici, né acidi né basici . Rappresentano il 50-70% dei leucociti. Ogni giorno circa 100 miliardi di cellule staminali del midollo osseo si differenziano in granulociti neutrofili. Fig. 9 – Granulociti neutrofili con nucleo plurilobato e granulazioni tossiche nel citoplasma.

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Granulazioni “tossiche” è il termine usato per descrivere la presenza di granulazioni che compaiono nel granulocita neutrofilo in numero variabile a causa di infezioni batteriche o di altro genere di infiammazione. Granuli sparsi grossolani possono essere presenti in corso di anemia aplastica o di mielofibrosi. Al contrario granulociti ipogranulari o agranulari si possono ritrovare nelle sindromi mielodisplastiche o in alcune forme di leucemia mieloide. Fig. 10 – Tipi differenti di granuli all’interno del neutrofilo.

Granuli dei neutrofili - granuli primari . Simili ai lisosomi, contengono idrolasi acida, contengono mieloperossidasi - granuli secondari . Specifici dei neutrofili, sono i più numerosi, contengono sostanze implicate nella risposta infiammatoria - granuli terziari . Contengono enzimi secreti dalle cellule; possono inserire molecole di adesione nella membrana citoplasmatica


Fig. 11 – Striscio periferico con granulociti neutrofili diversi dal nucleo a bastoncello al plurilobato; è presente inoltre un granulocita eosinofilo.

Fig. 12 – Granulociti neutrofili con nucleo plurilobato e granulazioni tossiche nel citoplasma.

116 Figg. 13, 14, 15, 16 – Granulociti neutrofili con nucleo plurilobato; i diversi componenti sono tra loro collegati da filamenti cromatinici.


Fig. 17, 18, 19 – Anomalia nucleare di Pelger-Huet: condizione rara (1:5000 strisci), ereditaria (carattere autosomico dominante) in cui la maggior parte dei neutrofili appaiono bilobati (nucleo a “pincenez”), con lobi di dimensioni pressoché uguali. Nell’uomo solo allo stato di eterozigote. Esiste una forma acquisita secondaria a infezioni croniche, mielodisplasie, leucemia, dopo somministrazione di farmaci, nota come pseudo Pelger-Huet.

Granulocita eosinofilo - Diametro di 12-15 µm. - 0-450/ µL. - Citoplasma a voluminose granulazioni riunite a gruppi di forma rotondeggiante e di colore arancio. - Nucleo a 2 – 3 lobature. - Durata della vita 5 giorni. - Numerosi granuli con proprietà tintoriali acidofile (si colorano con coloranti acidi come l’eosina, da cui il nome eosinofili). I granuli contengono: idrolasi lisosomiali e perossidasi, nonché due proteine caratteristiche, la Proteina Basica Maggiore (MBP) e la Proteina Cationica degli Eosinofili (ECP), sostanze ad elevato potere citotossico nei confronti di batteri e di cellule in generale. Figg. 20. 21, 22 – Granulociti eosinofili.

Granulocita basofilo - Diametro di 10-14 µm. - Nucleo a trifoglio con lobi ravvicinati che gli conferiscono un aspetto rotondeggiante. - Citoplasma a voluminose granulazioni di colore violetto e di taglia diversa, che ricoprono il nucleo rendendolo indistinto. - Rappresentano circa il 0.01- 0.3% del numero totale dei leucociti e in media non vivono più di tre giorni. - Abbondanti granuli basofili che, colorandosi intensamente, impediscono di vedere distintamente il nucleo. I loro granuli contengono istamina, eparina, leucotrieni e vari enzimi quali perossidasi, fosfatasi acida, arilsolfatasi.

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Figg. 23, 24, 25, 26, 27, 28 – Granulociti basofili.

Linfocita

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Linfocita Generati per proliferazione e successiva differenziazione di alcune cellule staminali (indifferenziate) della linea linfoide, che si trovano nel midollo osseo e che vanno incontro a modificazioni strutturali e funzionali, differenziandosi in linfociti B e T immaturi. I linfociti B immaturi permangono nel midollo osseo, dove acquisiscono la maturità funzionale. I linfociti T immaturi invece migrano nel timo. La popolazione linfocitaria può essere costituita da elementi di varia grandezza; Piccolo - Diametro da 6 a 9 µm. - Nucleo grande (9/10 del corpo cellulare). - Citoplasma scarso, nettamente basofilo. Figg. 29, 30 – Linfocita piccolo.


Grande - Diametro di 10-15 µm. - Nucleo 7/10 del corpo cellulare, forma rotondeggiante incurvata, cromatina densa in blocchi compatti separati da zone piu’ chiare, assenza di nucleoli. - Citoplasma maggiormente rappresentato, basofilo. Figg. 31, 32 – Linfocita grande.

Figg. 33, 34, 35 – Varie immagini di piccoli e grandi linfociti.

119 Si parla di linfociti “ attivati “ quando la cellula acquisisce un rapporto nucleo/citoplasma spesso a favore del citoplasma che può presentare vacuoli. Il nucleo a sua volta ingrandito presenta cromatina grossolana, a zolle. Figg. 36, 37 – Linfociti attivati.

Monocita - 1-6% di tutti i globuli bianchi. - Durata della vita 30 – 37 ore. Piccolo - Diametro di 20- 30 µm. - Nucleo grosso, ovalare (6-8/10 del corpo cellulare), cromatina chiara, di aspetto fioccoso. - Citoplasma blu cenere. - Granulazioni citoplasmatiche azzurrofile.


Figg. 38, 39 – Monocita piccolo.

Grande - diametro 30 - 40µm, - nucleo di forma irregolare o reniforme, chiaro, cromatina filamentosa, - citoplasma ampio di colore blu, con granulazioni fini, azzurrofile. Fig. 40 – Monociti grandi.

Figg. 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47 – Aspetti morfologicamente diversi del monocita.

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Fig. 48 – Aspetti morfologicamente diversi del monocita da forme piccole con citoplasma scarso e alone centrale a forme più grandi con nucleo reniforme dentato, cromatina grossolana e citoplasma più ampio azzurrofilo.

4b. Periferico in condizioni patologiche diverse - La sepsi Nel bambino affetto da tumore la causa più frequente di morte è legata alle complicanze infettive durante il decorso della malattia (immunosoppressione legata alla malattia stessa e alle terapie antitumorali). In oncoematologia pediatrica e in reparti di terapia intensiva e trapianto, la sepsi è una evenienza tutt’altro che rara e se non riconosciuta in tempo e come tale curata, in breve può portare a morte il paziente. Per questo motivo può essere utile la lettura al microscopio ottico di uno striscio di sangue periferico nel caso di sepsi in paziente immunocompromesso e quindi ricordare in breve questa patologia e i diversi passaggi che caratterizzano questa emergenza dalla infezione fino alla morte del paziente. Nonostante i progressi della medicina moderna la sepsi rimane una delle maggiori cause di morbidità e mortalità, in particolare nel neonato, nel paziente critico per cause diverse e nel paziente immunocompromesso. La sepsi rappresenta la conclusione di tutta una serie di eventi nei quali da una parte l’ospite, dall’altra i fattori infettivi, sono responsabili della elevata morbidità e mortalità. La sepsi può prendere avvio da una infezione da parte di batteri, virus, funghi e parassiti o da i loro prodotti tossici. Il rischio che da una infezione localizzata si passi ad una infezione sistemica e alla sepsi dipende da diversi fattori: - Età del paziente e stato di salute. - Maturità immunologica. - Ambiente. Esistono diversi quadri clinici che a partire dalla infezione evolvono verso lo shock refrattario e la morte per il coinvolgimento irreversibile di organi ed apparati. - SIRS: risposta infiammatoria sistemica caratterizzata dalla presenza di 2 o più delle seguenti condizioni: - Temperatura corporea > 38°C o < 36°C. - Frequenza cardiaca > 90/min. - Frequenza respiratoria > 20/min. - Leucociti > 12.000 o < 4.000/mm3 o presenza di cellule iposegmentate > 10%. - Sepsi; una risposta infiammatoria sistemica ad una noxa infettiva (il primo passo è rappresentato da una infezione localizzata). - Sepsi grave; sepsi associata ad uno o più segni di disfunzione di organo lontano/i dalla sede/i di infezione. - Shock settico; ipotensione marcata in relazione all’età del paziente, che non risponde alla somministrazione di liquidi e che si associa a disfunzione d’organo (sepsi grave). - Shock settico refrattario; shock che persiste da almeno un’ora e che non risponde alla somministrazione di liquidi e vasopressori.

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MOF/MODS (multiorgan failure/ multiorgan disfunction syndrome); alterata funzione di due o più organi in paziente in stato di shock nel quale non si riesce a mantenere l’omeostasi senza interventi intensivi. In maniera molto schematica e squisitamente didattica possiamo semplificare come segue: Fig. 49 – Relazione fra Infezione, SIRS, Sepsi, Sepsi severa e Shock settico.

Fig. 50 – I diversi passaggi che dalla infezione conducono attraverso la sepsi e lo stato di shock, alla morte.

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Fig. 51 – Incidenza e percentuali di mortalità in relazione ai diversi quadri clinci. Infezione

INCIDENZA

SIRS

SEPSI

SEPSI 7-13%

SEPSI GRAVE

SEPSI GRAVE 28-50%

SHOCK SETTICO

SHOCK SETTICO 45-80%

da Levy et al., Crit. Care Med. 31, 1250 - 56, 2003

MORTALITÀ


Figg. 52, 53, 54, 55, 56, 57 – La sepsi attraverso il microscopio; i neutrofili si presentano con grossolane granulazioni, nucleo ipersegmentato, citoplasma con vacuoli.

123 Figg. 58, 59, 60, 61 – Stato settico con intensa neutrofilia in paziente immunocompromesso.


- Infezione da Epstein-Barr - Globuli bianchi da 10.000 a 30.0000 – 50.000/mmc. - spiccata linfomonocitosi, presenza di linfomonociti atipici - lieve neutropenia. - Lieve piastrinopenia. - Attività transaminasi aumentata. - Attività fosfatasi alcalina aumentata. - Attività gammaGT aumentata. - LDH attività aumentata e iperbilirubinemia. Fig. 62 – Striscio periferico suggestivo per infezione da EBV con numerosi monociti e neutrofili giovani.

Figg. 63, 64- In particolare l’aspetto dei monociti grandi con nucleo a cromatina in zolle grossolane circondato da citoplasma abbondante, azzurrofilo e alone più chiaro centrale vicino al nucleo.

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- La Pertosse Bordetella pertussis (cocco bacillo Gram neg.) Leucocitosi (fino a 25.000-30.000/mmc) con linfocitosi marcata e linfociti piccoli)


Figg. 66, 67, 68, 69, 70 – Paziente di 2 anni con pertosse – striscio periferico GB 40.000 90% linfociti piccoli con scarso citoplasma e note di immaturità (non linfoblasti)).

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- La Sindrome di Kostmann -

Neutropenia congenita grave geneticamente determinata. Trasmissione autosomico recessiva. Prevalenza < 1/1.000.000. Arresto della maturazione mieloide allo stadio di promielocita. Conta assoluta di neutrofili < 200/µl. Infezioni ricorrenti gravi nei primi mesi di vita. Unica vera terapia il TMO allogenico.

Sangue periferico

Midollo Anemia, neutropenia, monocitosi, eosinofilia

+++ promielociti, monociti, eosinofili, plasmacellule; assenti metamielociti, neutrofili giovani, PMN


Fig. 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77 – Sindrome di Kostmann; marcata displasia delle cellule mieloidi (striscio periferico).

126


Note

127


Note

128


Cap. 51

Midollo in condizioni patologiche diverse 5a. Insufficienze midollari Una insufficienza midollare si può manifestare a carico di una sola linea cellulare (eritroide, mieloide o megacariocitica) o a carico di tutte le tre linee cellulari: in questo caso si parla di pancitopenia con midollo aplastico o ipoplastico. Il danno può essere qualitativo piuttosto che quantitativo come nel caso della anemia congenita diseritropoietica. Si deve inoltre tener presente che l’insufficienza midollare può essere secondaria a condizioni neoplastiche o non neoplastiche che hanno come prerogativa l’invasione del midollo.

5b. Neutropenie Si definisce neutropenia la diminuzione del numero assoluto dei neutrofili nel sangue periferico. Il range di normalità varia in base alla razza e all’età. Per la popolazione caucasica il limite inferiore è : - nel neonato dopo le prime 2 settimane di vita e nel lattante fino all’anno di età: 1.0x10 9/L - dopo l’anno di età fino all’età adulta: 1.5x 10 9/L. La popolazione nera ed altre etnie hanno valori inferiori rispetto alla popolazione caucasica (valori di 0.2-0.6 cellule x 10 9/L). La neutropenia dopo il 1° anno di vita e nella popolazione caucasica viene definita: - lieve tra 1.0 e 1.5x10 9/L - moderata tra 0.5 e 1.0x10 9/L - grave per valori inferiori a 0.5x10 9/L - agranulocitosi per valori inferiori a 0.2x10 9/L Tab. 1 – Cause principali di neutropenia Neutropenia: cause principali da difetto di produzione A) Congenita (1/1.000.000) - neutropenia ciclica - agranulocitosi congenita - anemia di Fanconi (*) - discheratosi congenita - neutropenia in deficit immunitari - neutropenia in corso di malattie metaboliche

da alterata dismissione in circolo Mielocatessi da distruzione dei granulociti maturi - infezioni batteriche, virali, da protozoi - da agenti chimici e farmaci - neutropenie iso e autoimmuni

B) Acquisita (1/100.000) - stati carenziali - farmaci - tumori (*) molto spesso inizia con il coinvolgimento di una solo linea cellulare per poi diventare una pancitopenia

Possono essere anche distinte più semplicemente: - in base all’età di comparsa (presenti alla nascita o che compaiono durante la vita), - in base alla durata (acute durata < 6 mesi; croniche durata > 6 mesi), - in base al meccanismo fiosiopatogenetico prevalente: - da ridotta produzione midollare - da aumentata distruzione - da impossibilità dei neutrofili a lasciare il midollo Possono essere infine classificate in: - isolate - associate ad altra patologia

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Fig. 1 – Aspirato midollare – scarsa maturazione mieloide in paziente con grave neutropenia. Lo striscio è costituito prevalentemente da mielociti, promielociti e rari mieloblasti; sono presenti inoltre eosinofili non maturi allo stadio di mielocita e promielocita. Assenza della serie rossa. Presenza di numerosi linfociti.

Fig. 2 – Aspirato midollare – scarsa maturazione mieloide in paziente con grave neutropenia (a maggiore ingrandimento): nido di promielociti in un contesto dove sono presenti piccoli linfociti e eritroblasti.

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Fig. 3 – Blocco maturativo a livello dei promielociti, con virtuale assenza di mielociti e granulociti neutrofili. Non segni di displasia. Rari gli elementi con vacuoli citoplasmatici. Presenza di una piccola plasmacellula; numerosi linfociti e alcuni eritroblasti.

Plasmacellula

Eritoblasti


Figg. 4, 5, 6, 7, 8 – Aspirato midollare aplastico in paziente con grave neutropenia: scarsi promielociti, qualche neutrofilo giovane, rari eritroblasti.

Fig. 9 – Aspirato midollare – grave neutropenia – serie rossa ben rappresentata da eritroblasti – rarissime cellule mieloidi allo stadio di promielocita.

Eritroblasti

Promielocita

- Neutropenia ciclica La malattia,sporadica o autosomica dominante, si caratterizza per oscillazioni periodiche del numero dei neutrofili del sangue periferico (ogni 21 giorni) con un nadir di meno di 200 cellule/µL. L’incidenza è di 0.5-1 caso/1.000.000 nella popolazione. Durante il nadir neutropenico la sintomatologia è caratterizzata da malessere, febbre, gengivite, ulcere del cavo orale, periodontite, faringite, linfoadenomegalia. Tra le più gravi complicazioni la mastoidite, la polmonite, ulcere vaginali e intestinali. In genere la sintomatologia migliora con il passare degli anni assieme a un aumento dell’intervallo tra i cicli e a livelli maggiori di neutrofili. Sebbene la neutropenia ciclica sia considerata benigna il 10% dei pazienti muore per complicanze infettive (polmonite, peritonite e sepsi da clostridium). In alcuni pazienti durante la fase di neutropenia che dura dai 3 ai 5 giorni, si può riscontrare monocitosi che recede quando i neutrofili riprendono a salire. Possono essere presenti oscillazioni sia dei reticolociti che delle piastrine tanto che alcuni parlano di emopoiesi ciclica.

131


- Neutropenie congenite gravi Sindrome di Kostmann. Si tratta di una malattia autosomica recessiva (occasionalmente autosomica dominante), rara (2/1.000.000) che accanto ad una neutropenia grave (neutrofili < 200/ÂľL) manifesta frequenti episodi febbrili, infezioni cutanee fin dai primi giorni di vita (onfalite), stomatite, polmonite, ascessi perirettali, alcuni dei quali limitanti per la vita in special modo nei primi mesi dalla nascita. Sono presenti inoltre splenomegalia (20% dei casi) e linfoadenomegalia. Nella tabella 2 che segue riportiamo alcuni dati salienti dal punto di vista ematologico e midollare. A livello periferico - anemia - neutropenia (<200/mm3) - monocitosi - eosinofilia

A livello midollare - anemia - neutropenia (<200/mm3) - monocitosi - eosinofilia - aumento dei promielociti (*) - assenza di metamielociti, polimorfonucleati, neutrofili giovani - aumento dei monociti e degli eosinofili - aumento delle plasmacellule (*) morfologia displastica, nuclei atipici, vacuolizzazione del citoplasma

Fig. 10 – Aspirato midollare di un soggetto sano. Fig. 11 – Aspirato midollare in s. Kostmann. Serie mieloide ben rappresentata a grado di- Promielociti displastici con nucleo atipico e vacuolizzazioni verso di maturazione. citoplasmatiche.

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Figg. 12, 13, 14 – aspirato midollare in sindrome di Kostmann: alcuni eritroblasti insieme a elementi della serie mieloide immaturi, presente nella fig. 12 anche una plasmacellula. Nelle figg. 13, 14 evidente la vacuolizzazione che caratterizza il citoplasma azzurrofilo.

Plasmacellula


Figg. 15, 16, 17 – Sindrome di Kostmann: displasia nucleare e citoplasmatica nelle cellule della serie mieloide con promielociti che presentano un nucleo distorto con cromatina a gomitolo e citoplasma azzurrofilo vacuolizzato.

Figg 18, 19 – Aspetto tipico del midollo osseo di un paziente con sindrome di Kostmann che mostra l’assenza di neutrofili maturi confrontato con il quadro midollare di un individuo sano con neutrofili a diversi gradi di maturazione. Midollo normale

Sindrome di Kostmann

133


Fig. 20 – sindrome di Kostmann. Blocco midollare a livello dei promielociti. Assenza di mielociti e granulociti neutrofili. Infiltrato di linfociti ed eosinofili. Assenza di blasti. Segni di displasia a carico della serie mieloide con vacuolizzazioni citoplasmatiche.

Per meglio comprendere quanto sia importante una accurata lettura del quadro morfologico midollare nel caso in cui il paziente sia affetto da neutropenia grave per la quale si sospetta una sindrome di Kostmann, viene riportato di seguito: 1) L’aspetto morfologico della serie mieloide allo stadio di promielocita, mielocita, metamielocita (Figg. 21, 22, 23). Mielocita

Promielocita

134

Metamielocita

2) La lettura del mielogramma con accanto i vetrini dell’aspirato midollare sospetto (Figg. 24, 25, 26, 27). Cellularità normale Frustoli normali Mieloblasti

3

Promielocita N.

9

Mielocita N. Metamielocita N.

26 4

Totale serie mieloide

42

Linfociti Mat.

38

Megacariociti

3

Eritroblasto basofilo

4

Eritroblasto policrom.

10

Eritroblasto ortocrom.

3

Tot. serie erititroide Rapporto L/E Blasti

17 2,47 0

3) Il referto: quadro compatibile con la sindrome di Kostman – mielogramma ben rappresentato in cellularità. Iperplasia mieloide con atteggiamento di blocco midollare della serie mieloide, nelle fasi precoci di maturazione, presenza di atteggiamenti mielodisplastici con vacuolizzazioni. Normale la serie eritroide e megacariocitica, numerosi linfociti (38%) e rare cellule istioidi.


5c. Sindrome di Shwachman – Diamond - Malattia multiorgano rara ereditaria (carattere autosomico recessivo), monogenica (mutazioni gene SD mappato sul cromosoma 7 a livello centromerico). - Tra i segni e i sintomi più evidenti insufficienza progressiva del midollo osseo, neutropenia ,insufficienza pancreatica (esocrina), bassa statura, condrodisplasia metafisaria (25% dei casi). - Con il passare del tempo possibile sviluppo di Mielodisplasia e Leucemia mieloide acuta. - Tra i segni dismorfici più evidenti la sindattilia, l’uvula bifida, il palato molle corto, l’ipertelorismo. - Diarrea, perdita di peso, arresto della crescita, eczema, otite media, polmonite possono essere presenti fin dai primi mesi di vita. Quasi tutti i lattanti presentano malassorbimento dall’età di 4 mesi. - Neutropenia: cronica, intermittente, non ciclica con conta dei neutrofili < 1000 cellule/µL. - L’anemia può essere frequente e un quarto dei pazienti può sviluppare una trombocitopenia da media a moderata. Figg. 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34 – Sindrome di Shwachman: arresto della maturazione mieloide, cellule mieloidi displastiche con nuclei distorti e presenza di vacuoli, metamielociti, neutrofili giovani con nucleo reniforme, in alcuni bilobato, citoplasma con fini granulazioni (granulopoiesi inefficace). Serie eritroide normale o iperplastica.

135


5d. Anemie aplastiche Si definisce con questo termine l’incapacità parziale o totale da parte del midollo di produrre cellule del sangue cui consegue una pancitopenia periferica (diminuzione dei globuli rossi, dei bianchi e delle piastrine senza splenomegalia, epatomegalia o linfoadenopatia). L’anemia aplastica può essere congenita od acquisita. Fig.35 – Aplasia midollare : ipocellularità marcata sia della serie eritroide che della mieloide con ampie zone “vuote”.

- Anemia aplastica congenita familiare (Anemia di Fanconi)

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- Ereditarietà autosomico recessiva. Matrimoni tra consanguinei nel 10-20% delle famiglie. - La pancitopenia è un reperto comune. - Si manifesta tra i 4 e i 12 anni, ma può essere presente alla nascita oppure manifestarsi nell’età adulta. - Può rendersi evidente con una anemia isolata o leucopenia o anemia + trombocitopenia. - Macrocitosi( MCV elevato) ,HbF ++, Atg i presente, DEB positivo(test al diepossibutano). - L’esame del midollo osseo rivela ipocellularità e aree sostituite da grasso. Si possono mettere in evidenza aree diffuse di emopoiesi con precursori eritroidi caratterizzati da dissociazione nucleo/citoplasma con caratteristiche di megaloblasti. - Anomalie congenite caratterizzate da macchie cutanee brunastre a macchia di leopardo, bassa statura, anomalie scheletriche (ossa lunghe, radio, pollice,), iperreflessia, ipogenitalismo, microcefalia, microftalmia, strabismo, ptosi, nistagmo, anomalie auricolari, sordità, ritardo mentale, anomalie cardiache e renali. - Alta incidenza di sviluppare leucemia acuta o tumori solidi. - Diagnosi prenatale: villocentesi alla 9a-12a sett. di gestazione o amniocentesi alla 14 a sett. Figg. 36, 37 – Anemia di Fanconi: sia nello striscio midollare che in quello da sangue periferico assenti i precursori della serie eritroide, di quella mieloide e megacariocitica. Evidente l’anisocitosi con figure macrocitiche e ipocromiche. Nel periferico cui si riferiscono le fotografie assenti leucociti e piastrine, i globuli rossi presentano anisocitosi e anisocromia.

- Porpora trombocitopenica amegacariocitica - età di inizio: nascita, primo anno di vita - bassa statura e anomalie scheletriche (assenza del radio per es.) - anomalie cardiovascolari in una buona percentuale di pazienti - striscio periferico: trombocitopenia, eosinofilia, anemia rara - striscio midollare: megacariociti assenti o abnormi, normale la serie eritroide e quella mieloide


Figg. 38, 39, 40, 41 – Displasia dei megacariociti (sospetta porpora trombocitopenica amegacariocitica). Nucleo piccolo unico o multiplo, a cromatina densa,matura o picnotico, qualche volta eccentrico oppure plurilobato, dismorfico, oppure nudo. Citoplasma in quantità variabile da scarso a abbondante a contorni talora irregolari.

137

- Anemie sideroblastiche Anemie caratterizzate da notevole accumulo di Fe nelle cellule eritroidi. - Marcata eritropoiesi inefficace e talora emosiderosi - La maggior parte di ferro si accumula nei mitocondri che si dispongono ad anello intorno al nucleo o si distribuiscono in fini granuli nel citoplasma 1) Ereditarie 2) Acquisite (idiopatiche e secondarie) - Il Fe continua a entrare nei mitocondri degli eritroblasti del midollo, ma poichÊ non viene sintetizzato eme, si accumula e finisce per danneggiare i mitocondri e la cellula dando luogo a quella che viene definita eritropoiesi inefficace. Fig. 42 – Nel midollo iperplasia eritroide con il 10-15% delle cellule eritroidi sotto forma di sideroblasti ad anello.

sideroblasto

Gli esami di laboratorio mettono in evidenza: - MCV <, normale o > - Reticolociti sempre < - Sideremia, saturazione transferrina e ferritinemia sempre >


5e. Oltre le insufficienze midollari …. - Linfoistiocitosi emofagocitica (HLH) Si distinguono 2 forme principali : a) una forma primitiva (linfoistiocitosi emofagocitica familiare FHL o FHLH) malattia rara (incidenza dello 0,12 per 100.000 bambini /anno) esordio nei primi 2 anni di vita, eccezionale nell’adolescente rapporto maschio/ femmina circa 1:1 b) una secondaria (sHLH) qualsiasi età, associata in genere a infezioni e/o tumori Figg. 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49 – Cellule istioidi emofagocitanti.

138


- Le leishmaniosi Le leishmaniosi si trovano praticamente in tutto il mondo, tranne che in Oceania e in Antartide. Il numero totale di individui a rischio raggiunge i 350 milioni. La WHO stima che ci siano 12 milioni di persone infettate nel mondo con 600,000 nuovi casi ogni anno. Di questa quota circa il 25% sono forme viscerali soprattutto nel Subcontinente indiano, nel Sudan e in Brasile. Le forme cutanee sono più numerose nel Medio Oriente (Afghanistan, Arabia, Siria, Iran) e nelle Americhe (tranne il Canada, il Cile e l’Uruguay). In Italia sono presenti L. tropica (responsabile di forme cutanee) e L. infantum (responsabile di forme viscerali). L.infantum infesta in modo importante i cani randagi (fino al 25% del totale), soprattutto nelle regioni meridionali, in Liguria e Toscana, (per es. isola d’Elba), dove è presente la macchia mediterranea. In Italia le leishmanie sono trasmesse da pappataci delle specie Phlebotomus perfiliewi e P. perniciosus (fig. 50).

Attacco dei macrofagi e fagocitosi Moltiplicazione e reinfezione

Inoculazione

Amastigoti Promastigoti

Rilascio degli amastigoti da parte dei macrofagi

139 Moltiplicazione e trasformazione in promastigoti

La sintomatologia nel bambino è caratterizzata da calo ponderale, grande spossatezza, anoressia, epato-splenomegalia, pancitopenia e iper-gammaglobulinemia. Nei pazienti che vivono in zone endemiche, l’esordio della malattia è molto insidioso e può decorrere in modo non evidente per molto tempo. La splenomegalia può essere molto imponente e raggiungere dimensioni impressionanti (talvolta occupando anche lo scavo pelvico), con vistosa distensione addominale. Se la piastrinopenia è importante, possono aversi fenomeni emorragici (sanguinamenti dalle mucose, petecchie). La leucopenia può predisporre a episodi settici. Le forme che decorrono in modo cronico possono simulare il marasma infantile (kwashiorkor) con edema generalizzato e alterazione di cute e annessi. Figg. 51, 52 – Aspirato midollare in corso di Leishmaniosi: le cellule istioidi parassitate si presentano con citoplasma blu – rossastro sbiadito, nucleo scuro e blefaroblasti a bastoncello.


Fig. 53 e 54 – Leishmanie libere si possono ritrovare nel contesto dello striscio midollare: probabilmente derivano da cellule monocitoidi parassitate, che si disintegrano all’atto dello striscio midollare. laishmanie libere

plasmacellula

leishmanie

Nella foto che segue (Fig. 56) il confronto tra uno striscio midollare invaso da leishmania e uno striscio periferico in cui si riconoscono linfociti attivati, eritroblasti e rari metamoielociti.

140

Aspirato midollare

Come si presenta per converso uno striscio periferico di pz. con Leishmaniosi: si riconoscono linfociti attivati, eritoblasti, rari metamielociti


Fig. 56 – G.P, mesi 10, leishmaniosi.

- Artrite Reumatoide Giovanile Malattia cronica “idiopatica”, giovanile ,caratterizzata da infiammazione persistente delle articolazioni; i tipici segni di infiammazione articolare sono dolore, tumefazione (gonfiore) e limitazione (difficoltà) del movimento articolare (mobilità). Figg. 57, 58, 59, 60, 61 – Aspirato midollare – sospetta artrite reumatoide – presenza di numerose plasmacellule, qualche eosinofilo, granulociti neutrofili giovani con nucleo reniforme o a bastoncello.

141


142


Note

143


Note

144


Cap. 6 1

Mielodisplasie e sindromi mieloproliferative 6a. Le mielodisplasie (SMD) Le sindromi mielodisplastiche sono un gruppo di condizioni in cui il midollo osseo è attivo ma inefficace. Ne conseguono anomalie morfologiche e/o pancitopenia. Più esattamente si tratta di disordini a carico delle cellule staminali emopoietiche che si traducono in: • Emopoiesi inefficace (Midollo ipercellulare). • Anemia e/o neutropenia e/o piastrinopenia. • Evoluzione in leucemia acuta. • Frequenza crescente con l’età. • • •

Caratteristiche salienti

Anemia

Neutropenia

Piastrinopenia

eritropoiesi inefficace, iperplastica e displastica, ridotta formazione di eritrociti, pochi reticolociti

granulocitopoiesi inefficace, displastica, maturazione incompleta, difettiva

piastrinopoiesi inefficace, megacariociti displastici, ipodiploidi

Indagini “obbligatorie per una corretta diagnosi. • • • • • •

Esame emocromocitometrico + formula leucocitaria e reticolociti. HbF. Aspirato midollare/biopsia osteomidollare (cellularità, diseritropoiesi, displasia MKC, % di blasti, sideroblasti ad anello). Immunofenotipo (cellule CD34+, immunofenotipi aberranti). Citogenetica (bandeggio e FISH). Citochimica + colorazione per il Fe.

Come già accennato le caratteristiche morfologiche sono dettate dalle modificazioni displastiche a carico delle tre linee cellulari. Un tema comune è la asincronia tra i programmi di differenziazione usuali nucleo- citoplasma per cui il nucleo appare abnorme e meno maturo di quanto lo sia il citoplasma circostante. Anomalie tipiche eritrocitarie: • modificazioni megaloblastoidi • depositi perinucleari a forma di anello del Ferro • nuclei multipli • gemmazione nucleare e frammentazione • lobulazioni nucleari abnormi Dismegacariopoiesi: • micromegacariociti • nuclei abnormi • lobulazioni nucleari abnormi Caratteristiche displastiche a carico dei granulociti: • forma immature • ipo-agranulazione • anomalie tipo Pelger-Huet Displasia monocitica: • monociti midollari aumentati di numero • granulazione abnorme con aumento dei granuli azzurrofili • emofagocitosi • nuclei abnormi • forme giganti

145


La cellularità midollare è in genere normale o aumentata. I pazienti con mielodisplasia inizialmente presentano citopenia di una sola linea cellulare per poi progredire verso la pancitopenia con anemia, trombocitopenia, leucopenia. Anemia → bassa conta reticolociti, macrocitosi, cellule a goccia, moderata poichilocitosi; spesso cellule rosse nucleate megaloblastoidi in circolo. Leucopenia → disgranulopoiesi, mieloblasti circolanti, progranulociti, e anomalia pseudo Pelger-Huet. Striscio periferico con aumento monociti e presenza di monoblasti. Tab. 1 – Caratteristiche morfologiche del sangue periferico secondo la classificazione FAB delle mielodisplasie.

Classificazione FAB delle sindromi mielodispastiche Sangue periferico Sindrome mielodisplastica

blasti

altro

Anemia refrattaria

<1%

reticolocitopenia, macrociti ovali, più raramente PLT e cellule polimorfonucleate diminuite o displastiche

An. refrattaria con sideroblasti ad anello

< 1%

come nella an. refrattaria + inclusioni basofile, eritrociti dismorfici

Leucemia mielomonocitica cronica

< 5%

come nella an. refrattaria + monociti, > granulociti maturi, PMN pseudo Pelger-Huet, PMN ipogranulari

An. refrattaria con eccesso di blasti

< 5%

come nella an. refrattaria + displasia e citopenia di almeno 2 linee cellulari, PMN pseudo Pelger-Huet, PMN ipogranulari, PLTipogranulari e di grandezza anomala

An. refrattaria con eccesso di blasti

≥5%, <10%

o corpi di Auer

Tab. 2 – Caratteristiche morfologiche del sangue midollare secondo la classificazione FAB delle mielodisplasie.

Classificazione FAB delle sindromi mielodispastiche Sangue midollare

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Sindrome mielodisplastica

blasti

Anemia

<5%

iperplasia eritroide, diseritropoiesi

An. refrattaria con sideroblasti ad anello

<5%

iperplasia eritroide, diseritropoiesi, 15% sideroblasti ad anello

Leucemia mielomonocitica cronica

≤20%

iperplasia monocitica, iperplasia eritroide

An. refrattaria con eccesso di blasti

5-20%

iperplasia granulocitica, iperplasia eritroide, diseritropoiesi, disgranulocitopoiesi, dismegacariocitopoiesi

An. refrattatria con eccesso di blasti in trasformazione

20-30%

altro

corpi di Auer

Tab. 3 – La nuova classificazione WHO.

SINDROMI MIELODISPLASTICHE LA “NUOVA” CLASSIFICAZIONE WHO 1. Citopenia refrattaria con displasia unilineare

Anemia o neutropenia, o piastrinopenia

2. Anemia refrattaria con sideroblasti ad anello

Anemia, sideroblasti ad anello

3. Citopenia refrattaria con displasia multilineare

Anemia e/o neutropenia e/o piastrinopenia (almeno due citopenie)

4. Anemia refrattaria con eccesso di blasti – I

Citopenia uni o multilineare, con blasti midollari 5 -9%

5. Anemia refrattaria con eccesso di blasti – II

Citopenia uni o multilineare, con blasti midollari 10 -19%

6. SMD con del (5q) isolata

Anemia, del(5q)

7. SMD NON CLASSIFICATA LA CLASSIFICAZIONE È BASATA SUL TIPO E SUL NUMERO DI CITOPENIE E SULLA PERCENTUALE DEI BLASTI NEL MIDOLLO


Tab. 4 – Caratteristiche displastiche in corso di mielodisplasia (da Cantu et al. Ann. Hematol, 2005, modificato).

Fig. 1 – Sideroblasti ad anello come è possibile mettere in evidenza in un quadro di anemia refrattaria.

sideroblasto

147 Tab. 5 – Anomalie cromosomiche e sindromi mielodisplastiche. LE PRINCIPALI ANOMALIE CROMOSOMICHE - 5 o del (5q)

- Identifica una particolare SMD (quando è un’anomalia isolata)

- 7 o del (7q)

- Significato prognostico negativo, sia isolata che associata ad altre anomalie

- +8

- Significato incerto

Tab. 6 – Alterazioni citogenetiche specifiche nelle sindromi mielodisplastiche.

Alterazioni citogenetiche specifiche nelle SMD


Fig. 2 – Striscio periferico in paziente ricoverato per accertamenti. Striscio periferico: presenza di cellule immature della serie mieloide ( ) e neutrofili con displasia nucleare ( )

Le cellule displastiche sono cellule uguali alle altre cellule normali sotto l’aspetto differenziativo, pur cambiando qualcosa a livello morfologico; un esempio è la perdita della distinzione tra i poli della cellula (polo basale e polo apicale). Figg. 3, 4 – Striscio di sangue periferico: sono presenti cellule immature della serie mieloide come per mielodisplasia a poche settimane di distanza dall’esordio di leucemia mieloide acuta.

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Fig. 5 – Particolare in cui è evidente l’aspetto ipogranulare della cellula mieloide.


Figg. 6, 7 – Striscio di sangue periferico: sono presenti cellule immature della serie mieloide e neutrofili con displasia nucleare come per mielodisplasia in una fase precedente la diagnosi di Leucemia mieloide acuta.

Figg. 8, 9, 10, 11 – Ancora uno striscio periferico sospetto per esordio di leucemia mieloide acuta.

Striscio di sangue periferico presenza di alcune cellule immature della serie mieloide ( ) e alcuni neutrofili con displasia nucleare ( ). presenza di rari eritroblasti con nucleo displastico ( ) presenza di vacuoli citoplasmatici.

Figg. 12, 13, 14, 15 – Aspirato midollare che prelude ad una leucemia mieloide acuta. Alterazioni morfologiche ancora più rilevanti che nel sangue periferico e diverse: frequente il riscontro di eritroblasti binucleati, cellule in mitosi, ponti internucleari o intercitoplasmatici, estroflessioni citoplasmatiche. La serie bianca è spesso caratterizzata da asincronismi maturativi quali la persistenza di masse nucleolari, iper o ipogranularità citoplasmatica, forme “monocitoidi”; in fase avanzata si evidenzia un aumento dei mieloblasti e promielociti immaturi.

149


Fig. 16 – Visione di insieme di midollo mielodisplastico con elementi eritroidi e mieloidi che presentano nuclei displastici. Le cellule mieloidi presentano ipogranulazioni citoplasmatiche vacuoli e propaggini citoplasmatiche.

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Figg. 17, 18 – granulociti neutrofili giovani con nucleo distorto a forma di trifoglio, o a banda con estremi uniti da un sottile filo cromatinico, nuclei nudi. Nella fig. 18 due grossi gomitoli nucleici riuniti da ponte cromatinico. La serie eritroide è rappresentata prevalentemente da eritroblasti distorti.

Figg. 19, 20, 21 – Ancora uno striscio midollare, di aspetto monomorfo con elementi della serie eritroide e della mieloide con rapporto nucleo/citoplasma alterato. Neutrofili giovani con citoplasma ipogranulare, vacuolizzazione citoplasmatica. Da notare nella fig. 21 i diversi aspetti dei granulociti neutrofili. Sempre nella stessa figura evidenti le propaggini citoplasmatiche di un promielocita.

151


Fig. 22 – Evidenti note di immaturità a carico della serie mieloide ed eritroide, nuclei distorti, vacuoli citoplasmatici, granulociti ipogranulari. Nel centro un aspetto tipico a trifoglio del nucleo.

Fig. 23 – A fronte di poche cellule della serie eritroide, preponderanza degli elementi della serie mieloide immaturi con aspetti displastici del nucleo.

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Fig. 24 – A maggiore ingrandimento ancora più evidenti le note di immaturità: i nuclei sono displastici con aspetti monocitoidi e cromatina a zolle, in alcuni il citoplasma si presenta sfrangiato, in altri con chiare propaggini.

Fig. 25 – Nuclei distorti, aspetti grossolani della cromatina in alcuni casi disposta a gomitolo. Citoplasma a margini irregolari, ipogranulare, presenza di vacuoli.

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Figg. 26, 27, 28 – Serie eritroide e mieloide con evidenti note di immaturità e displasia nucleare.


6b. Disordini mieloproliferativi - Leucemia mielomonocitica giovanile Si tratta di un disordine mieloproliferativo clonale della cellula staminale che si manifesta in genere nei primi anni di vita. La causa rimane sconosciuta. Diverse anomalie cromosomiche ricorrenti sono state associate a questa forma di leucemia ma la loro importanza patogenetica non è stata ancora chiaramente definita . Nel 1997 il Gruppo di Studio Europeo sulle sindromi mielodisplastiche nell’età pediatrica ha pubblicato quelli che sono i criteri più importanti ai fini di una corretta diagnosi (Tab. 7).

154

Tabella 7 – Criteri diagnostici più importanti per la diagnosi di leucemia mielomonocitica giovanile (EWOG-MDS). I. CARATTERISTICHE CLINICHE ED EMATOLOGICHE (tutte obbligatorie) conta monociti nel sangue periferico > 1x10 9 ; % blasti nel sangue periferico e nel midollo < 20%, splenomegalia II. STUDI ONCOGENETICI ( sufficiente 1 parametro) mutazione somatica in PTPN11* o RAS; mutazione NF1 o diagnosi clinica di NF1; monosomia 7 * Se presente è obbligatorio escludere una mutazione germinale (s.Noonan) III. in assenza di un parametro del punto II il seguente criterio è obbligatorio assenza del cromosoma Philadelphia (riarrangiamento BCR/ABL ) e almeno due dei seguenti criteri: HbF aumentata per l’età Precursori mieloidi nel sangue periferico Leucociti > 10x109 Anolamie clonali (oltre la monosomia 7) Ipersensibilità in vitro da parte dei progenitori mieloidi al GM-CSF (fattore stimolante le colonie granulociti-macrofagi) Da AIEOP EWOG-MDS, 2006 ALTRE CARATTERISTICHE CLINICHE epatomegalia, linfadenopatia, pallore, febbre, rash. I segni e i sintomi all’esordio, oltre quelli già segnalati nella tab. 7 sono malessere, disturbi della crescita fino al suo arresto, tosse, infezioni ricorrenti, decadimento delle condizioni generali. Oltre ad un numero di bianchi elevato è presente monocitosi, anemia, trombocitopenia, ipergammaglobulinemia. La leucemia mielomonocitica giovanile è una malattia progressiva e spesso porta rapidamente a morte il paziente in special modo nel bambino più grande. Nel bambino molto piccolo il decorso è più lento.


Figg. 29, 30, 31, 32 – Aspirato midollare compatibile con leucemia mielomonocitica giovanile. Cellularità +++. Rarissimi o assenti i megacariociti, spiccata iperplasia mieloide. Serie eritroide poco rappresentata. Marcata linfocitosi e monocitosi. Nella fig. 32 cellula con aspetto a trifoglio del nucleo.

Fig. 33 – Particolare di striscio midollare in cui è evidente la componente monocitica. Sono presenti 2 elementi della serie eritroide allo stadio di eritroblasto.

155

Fig. 34 – Formula leucocitaria su striscio periferico di paziente con leucemia mielomonocitica giovanile.

Formula leucocitaria: - Neutrofili 18% - Precursori mieloidi 8% - Linfociti 67% - Monociti 4% - Eosinofili 1% - Eritroblasti 2%


- Policitemia vera Pur rimandando al capitolo 3 per una trattazione più ampia delle policitemie, ci limiteremo ad alcune note relative alla policitemia vera come malattia mieloproliferativa caratterizzata da un aumento del numero dei globuli rossi in circolo con aumento della emoglobina e dell’ematocrito la cui causa è da ricercarsi in una espansione clonale di una cellula staminale multipotente abnorme che produce progenitori eritroidi che possono proliferare in assenza di eritropoietina. Il midollo mostra ipercellularità un aumento del numero dei megacariociti e una diminuzione dei depositi di ferro. Rarissima in età pediatrica (meno dell’1% in soggetti di età inferiore a 25 anni). Più difficile nel bambino la dimostrazione della mutazione JAK2 V617F . Vengono riproposti di seguito alcuni strisci di paziente con policitemia vera peraltro già proposti nel capitolo 3, così come pure per quanto riguarda i criteri diagnostici della policitemia vera. Figg. 35, 36, 37 – Paziente di 16 anni con policitemia vera: GR. 6.790.000, Hb 19.2. MCV 80 (miscroscopio a contrasto di fase).

156 Tabella 8 – Policitemia vera: criteri diagnostici. Policitemia vera: criteri diagnostici (*) Criteri maggiori 1. massa di globuli rossi circolanti oltre i 30ml/kg di peso corporeo 2. Sat. O2 arterioso ≥ 92% 3. esclusione di eritrocitosi familiare 4. esclusione di qualsiasi causa di aumento della eritropoietina(EPO) (ipossia, emoglobina con elevata affinità per l’O2, alterazione del recettore EPO, inappropriata produzione da tumore) Criteri minori 1. presenza di mutazione JAK2V617F 2. formazione di colonie eritroidi endogene 3. ipercellularità midollare con proliferazione trilineare 4. Fosfatasi alcalina leucocitaria aumentata 5. bassi livelli di EPO (*) necessari 2 criteri maggiori e di 1 minore


- Trombocitemia essenziale Disordine mieloproliferativo caratterizzato da un aumento delle piastrine circolanti non attribuibile ad alcuna causa. Si tratta di una malattia clonale della cellula staminale che nel 50% dei casi è associata ad una mutazione JAK2V617F. E’ stata inoltre associata a una mutazione del gene che codifica per la trombopoietina o per il suo recettore (MPL). Criteri obbligatori per la diagnosi di trombocitemia essenziale Striscio periferico con PLT > 1.500.000/mmc (secondo AA. > 450.000/mmc costante). Concentrazione di Hb ≤ 13g/dL. Depositi di ferro normali. Cromosoma Philadelphia negativo sia in citogenetica che in molecolare. Trombociti giganti. Piastrine con disposizione a lamina. Midollo proliferazione ++ della linea megacariocitica con aumento del numero dei megacariociti maturi che si presentano ingranditi. Nessuna altra causa evidente di trombocitosi (v. oltre le diverse cause di trombocitosi) in assenza di rilievo delle mutazioni sopra riportate (tabella 9).

Traumatica Ereditaria Nutrizionale Metabolica

Mielodisplasie

Cause

Immunitaria Infettiva Da farmaci

Neoplastica

Trombocitosi

Miscellanea

- splenectomia - malattie croniche intest. - AR - poliartrite nodosa - Kawasaki - tromboflebite - embolismo polmonare - stroke cerebrovascolare - emorragia acuta grave - idiopatica

Figg. 38, 39, 40, 41 – Sangue periferico disposizione a lamina delle piastrine.

157


158

Figg. 42, 43 – Trombociti giganti.


Figg. 44, 45, 46 – Striscio midollari in trombocitemia essenziale: i megacariociti.

159


Note

160


Cap. 71

Leucemie 7a. Generalità Nel midollo prevalgono due grandi linee cellulari: la linfoide (che comprende un tipo di globuli bianchi, cioè i linfociti, e le plasmacellule che da essi originano) e la mieloide. Le cellule più immature di entrambe le serie vengono chiamate blasti ed in condizioni normali sono meno del 5% di tutte le cellule midollari. Se la trasformazione tumorale riguarda i blasti della serie linfoide si parla di leucemia linfoblastica; negli altri casi si parla di leucemia non linfoblastica. Tab. 1 – Note morfologiche distintive tra linfoblasti e mieloblasti

Caratteristiche morfologiche dei linfoblasti e dei mieloblasti caratteristiche

linfoblasti

mieloblasti

Grandezza

10 -20μm

14-20μm

Nucleo - forma

rotonda o ovale

rotonda o ovale

- cromatina

uniforme, omogenea

dispersa, finemente reticolata

- nucleoli

0-2, indistinti

2-5 e protrusi

- membrana nucleare

liscia, rotonda

irregolare

- rapporto nucleo/citopl.

alto

basso

Citoplasma - colore - quantità - granuli - Corpi di Auer

blu scarso, circolare assenti assenti

blu-grigio più abbondante presenti presenti

In linea generale l’incidenza delle leucemie è di circa 400 nuovi casi/anno in soggetti di età inferiore a 15 anni con un rapporto maschi:femmine di 5:4 circa. Rappresentano la forma più frequente di cancro in età pediatrica: • 32% di tutti i tumori al di sotto dei 15 anni • 27% delle diagnosi di tumore in età inferiore a 20 anni. Una prima distinzione deve essere fatta tra forme acute e forme croniche. Tra le prime sicuramente la leucemia linfoblastica acuta è la più frequente rappresentando circa il 75- 80% dei casi, mentre le leucemie non linfoblastiche acute costituiscono il 20-25% dei casi. È molto raro nell’età pediatrica diagnosticare una leucemia cronica: le leucemie mieloidi croniche rappresentano in questa età della vita meno del 5% dei casi. L’età di incidenza varia a seconda del tipo di leucemia: nella leucemia linfoblastica acuta un picco di incidenza è riconoscibile tra i 3 e i 6 anni di vita mentre nelle forme acute non linfoblastiche se si eccettua la elevata incidenza nel primo anno di vita, l’età di insorgenza si mantiene stabile per tutta l’età pediatrica.

161


7b. Leucemia linfoblastica acuta (LLA) Innanzitutto conviene dare alcune notizie utili alla comprensione della malattia non solo da un punto di vita clinico e prognostico ma anche laboratoristico. Nella fig. 1 riportiamo per completezza alcune caratteristiche della LLA.

Leucemia linfoblastica acuta -Il tumore più frequente in età pediatrica -Le leucemie acute costituiscono il 35% di tutte le neoplasie infantili → di queste la leucemia linfoblastica acuta costituisce l’80% -30-45 nuovi casi/milione tra 0 e 18 anni -In Italia 400 nuovi casi/anno -Negli ultimi anni incremento intorno all’1% -Importanza nella patogenesi della Ecogenetica

Blasti

Esame citomorfologico e chitochimico -Tipizzazione immunofenotipica -Studio citogenetico -studio molecolare

Di seguito sono riportati nella tabella 2 segni e sintomi all’esordio di una LLA.

162

Segni di anemia

Sonnolenza, stanchezza, perdita dell’appetito, pallore Anemia normocitica normocromica

Suscettibilità alle infezioni

Febbre ricorrente Numero assoluto neutrofili ridotto

Tendenza al sanguinamento

Petecchie, ematomi, sanguinamento mucose, trombocitopenia, coagulopatia frequente

Interessamento di organi

Dolori ossei e articolari, epatomegalia e splenomegalia, linfoadenopatia generalizzata, possibile massa mediastinica con s. vena cava sup.

Segni di malattia sistemica

Febbri di origine sconosciuta, perdita di peso, sudorazione notturna

Nella tabella 3 riportiamo gli esami di laboratorio necessari e obbligatori per una diagnosi di LLA. Sangue periferico

Midollo osseo

Emocromo completo di formula

Aspirato midollare; se insufficiente BOM (biopsia osteomidollare) Citochimica Morfologia in alcuni casi

LDH Elettroliti Funzione epatica e renale (+ acido urico)

Immunofenotipo

Coagulazione

Citogenetica, DNA index

Sierologia virale

Genetica molecolare

SNC: rachicentesi x esame completo, colture, cytospin


Tabella 4 – Fattori prognostici. favorevoli

sfavorevoli

Età

>2 < 6 anni

< 1 anno

Conta cellule bianche

< 20.000

> 100.000

Risposta iniziale alla terapia mo- Blasti < 1x 10 /L nodose ( giorni PDN)

Blasti > 1x 10 9/L

Risposta midollare al 33° giorno

Blasti < 5%, ripresa completa emopoiesi (M1)

- Blasti > 5% < 25% e/o ripresa incompleta emopoiesi (M2) - Blasti > 25%(M3)

Cromosomi Traslocazioni

> 50 t(12;21)

< 45 t (9;22); t(4;11)

DNA index

≥ 1.16

< 1.16

EFS a 5 anni

> 80%

10 – 60%

9

Tabella 5 – classificazione citogenetica. LLA IMMUNOFENOTIPO

CARIOTIPO

LLA- early B

t(4;11); t(9;22)

Common

6q-; del(12) o t(9;22); ~ aploide

LLA-preB

t(1;19) ; t(9;22)

LLA-B

t(8;14); t(2;8); t(8:22)

LLA-early T

t/del(9p)

LLA-T

6q-

Tabella 6 – Profilo citochimico delle leucemie acute (in rosso la leucemia linfoblastica acuta).

Profilo citochimico delle leucemie acute M0

M1-M3

M4

M5

M6

LLA

-

+

+

+/-

-

-

-cloroacetato

-

+

+

-

-

-

- a naftolacetato

-

-

+*

+*

+

-

Sudan Black B

-

+

+

+/-

-

-

PAS

-

-

-/+

-/+

+

+

mieloperossidasi esterasi

* Queste reazioni sono inibite dal floruro di Na

- Leucemia linfoblastica acuta: lo striscio periferico Fig. 2 – Striscio periferico di paziente con LLA all’esordio: pallidi e scarsi i globuli rossi con forme ad anulocita, pressoché assenti globuli bianchi normali, assenti le piastrine, lo striscio è costituito da un tappeto di linfoblasti.

163


Fig. 3, 4, 5 – LLA sempre all’esordio: i linfoblasti hanno praticamente sostituito la cellularità normale eccezion fatta per i globuli rossi. Lo striscio periferico si presenta classicamente monomorfo.

164


Figg. 6, 7 - LLA all’esordio: a maggior ingrandimento i blasti linfoidi si presentano come cellule in cui il nucleo comprende quasi tutta la cellula e il citoplasma azzurrofilo è ridotto ad una banda sottile ai bordi della cellula stessa (striscio periferico).

Figg. 8, 9 – LLA all’esordio: ancora più evidente il rapporto nucleo/citoplasma; nel nucleo possono distinguersi uno o più nucleoli (striscio periferico).

Fig. 10 – Striscio periferico di LLA all’esordio in cui oltre i blasti sono riconoscibili un linfocita e un granulocita neutrofilo.

Fig. 11 – Striscio periferico di LLA all’esordio: la differenza tra un blasto e un linfocita. Da sottolineare l’aspetto del nucleo del linfoblasto che si presenta dentato e il fatto che il citoplasma è pressoché assente.

linfocita

blasti

165


Fig. 12 – Le differenze tra un neutrofilo, un eosinofilo e un blasto. neutrofilo

blasto

eosinofilo

Fig. 13 – Le differenze tra un linfoblasto e un basofilo. basofilo linfoblasto

Fig. 14 – Un linfoblasto in mitosi (interfase).

166

linfoblasto in mitosi (interfase)

Fig. 15 – Linfociti.

linfociti

Figg. 16, 17 e 18 – Linfociti e linfoblasti a confronto: corretto il rapporto nucleo/citoplasma nel primo che si presenta con nucleo a contorni regolari; diversa la morfologia del linfoblasto in cui il nucleo ha spesso contorni irregolari o presenta una dentatura e il citoplasma è quasi assente (striscio periferico).

linfoblasto

linfociti


Tabella 7 – Leucemia linfoblastica acuta: classificazione FAB. Caratteristiche citologiche L1 Grandezza predominano piccole cellule Cromatina nucleare omogenea

L2 cellule grosse, eterogenee variabile

Forma del nucleo Nucleoli

regolare, talora incisa o dentata non visibili o piccoli

Citoplasma

scarso

Basofilia del citoplasma

lieve o moderata, raramente intensa

irregolare, comunemente incisa e dentata 1 o piĂš presenti spesso grandi variabile, anche abbondante variabile, in alcuni casi intensa

Vacuoli citoplasmatici

variabili

variabili

L3 cellule grosse, eterogenee finemente punteggiata e omogenea regolare, ovalare o tonda prominenti, 1 o piĂš, vescicolari poco abbondante molto intensa spesso prominenti

Fig. 19 – Visione di insieme: strisci periferici esordio di leucemie linfoblastiche acute L1, L2, L3.

L1

L2

L3

167


LLA – FAB L1 - La più frequente - 90% di tutti i casi - cellule piccole, - rapporto nucleo/citoplasma alto - citoplasma è scarso, limitato lungo il perimetro cellulare, membrana nucleare rotonda o frastagliata, nucleoli non evidenti Colorazioni citochimiche: solo PAS pos. Figg. 21, 22, 23, 24 – LLA FAB L1 all’esordio (striscio periferico).

168

Fig. 20 – LLA - L1.


Fig. 25 – LLA FAB L1 all’esordio (striscio periferico): visione di insieme in cui a parte i globuli rossi e qualche cellula in apoptosi sono evidenti i linfoblasti con caratteristiche FAB 1 sparsi e a formare, classicamente, “nidi“.

Fig. 26 – Esordio di LLA FAB L1 con 1.300.000 globuli bianchi.

169

Fig. 27 – LLA FAB L1 all’esordio con numero di globuli bianchi di 1.000.000: lo striscio è praticamente sostituito da blasti.


LLA – FAB L2 - 5-10% di tutti i casi. - Cellule più grandi, di dimensioni variabili, nucleoli prominenti, e citoplasma più abbondante più o meno intensamente basofilo. - Possono essere indistinguibili dai blasti LMA-M1 per cui è obbligatoria la citochimica. Colorazioni citochimiche: solo PAS pos.

Fig. 28 – LLA – FAB L2 Fig. 29 – LLA tipo FAB L2 all’esordio: da notare il citoplasma che si può presentare con delle piccole propaggini e con vacuoli (striscio periferico).

170

Fig. 30 – LLA FAB L2 all’esordio: blasti di dimensioni maggiori, citoplasma più ampio, nucleo distorto, vacuoli citoplasmatici (striscio periferico).


Figg. 31, 32, 33 – LLA FAB L2 all’esordio: cellule di dimensioni maggiori, nuclei grandi con nucleoli ed aspetto dentato, presenza di vacuoli (striscio periferico).

Fig. 34 – LLA all’esordio FAB L2 con iperleucocitosi (striscio periferico).

171

Dal punto di vista morfologico è difficile talvolta distinguere una LLA da una LMA (tipo mielomonocitico) se non per la grandezza dei blasti, l’abbondanza del citoplasma e la sua colorazione, la presenza di vacuoli citoplasmatici e nucleari. In questi casi la citochimica e l’immunofenotipo sono indispensabili per una corretta diagnosi. Figg. 35 e 36 – Esempio di LLA FAB L2 in cui dal punto di vista morfologico è difficile fare una distinzione con una LMA (striscio periferico).


Qualche volta una leucemia linfoblastica acuta all’esordio si può presentare con una doppia popolazione di blasti. Figg. 37, 38 – LLA all’esordio con una doppia popolazione di blasti L1 e L2.

LLA – L3 - 1-2% di tutti i casi. - Cellule molto simili a quelle del linfoma di Burkitt. - Citoplasma intensamente basofilo. - Vacuolizzazione del citoplasma (aspetto tarlato). Colorazioni citochimiche: solo PAS pos.

172

Figg. 39, 40 – LLA-L3

Fig. 41 – LLA FAB L3 all’esordio: evidente la scarsità del citoplasma, l’aspetto tarlato. Tra i blasti ne spicca uno in metafase (striscio periferico).


Fig. 42 – Ancora una visione di LLA tipo FAB L3 all’esordio (striscio periferico).

Figg. 43, 44, 45, 46 – Blasti LLA FAB L3 all’esordio: a maggior ingrandimento si mettono in evidenza le particolarità di queste cellule, grandi con nuclei distorti e prominenti, talora con dentature, citoplasma basofilo, vacuoli citoplasmatici e nucleari. In qualche cellula si distinguono propaggini del citoplasma (striscio periferico).

173


È IMPORTANTE VALUTARE LO STRISCIO PERIFERICO NEI PRIMI 7 GIORNI DI MONOTERAPIA CON PDN (prednisone) PER COMPRENDERE LA RISPOSTA ALLA TERAPIA Fig. 47 – ESORDIO

Fig. 48- 8° GIORNO DI TERAPIA CON PDN

Ed ancora un esempio tra 1° giorno (Figg. 49, 50)

174 e 2° giorno (Figg. 51 e 52) dove il nucleo si presenta meno compatto


Figg. 53, 54, 55, 56,57 – LLA all’esordio e dopo 2, 4, 6, 8 giorni di PDN (risposta completa alla terapia): ESORDIO

2° giorno di PDN

4° giorno

4° giorno di terapia con PDN neutrofili 8% linfociti 52% blasti linfoidi 40 %

6° giorno di PDN

8° giorno di PDN

175

Fig. 58 – Esempio di scarsa risposta di LLA in 8° giornata di terapia con PDN (blasti > 1.000/µL)


Figg. 59 e 60 – Confronto tra un linfoblasto (nucleo grande in cui sembra di intravedere un nucleolo, prominente, dentato, citoplasma molto scarso), e un linfocita (evidente il citoplasma intorno al nucleo, assenza di nucleolo). linfoblasto

linfocita

Figg. 61 – Ancora un esempio di scarsa risposta di LLA in 8° giornata di terapia con PDN (blasti > 1.000/µL).

Neutrofili 16% Linfociti 66% Blasti linfoidi 18%

176

Fig. 62 – Recidiva di LLA FAB L2: il periferico presenta un tappeto di blasti che si distinguono per dimensioni, rapporto nucleo/citoplasma a favore del primo, nuclei distorti, dentati, rari vacuoli. Qualche raro granulocita neutrofilo con nucleo displastico, ipersegmentato.


Solo qualche notizia in riferimento a un tipo particolare di leucemia denominata LEUCEMIA “INFANT” • Dal 3 al 5% dei bambini con LLA sono in età < a 12 mesi • Questo tipo di leucemia differisce da quella dei bambini più grandi per caratteristiche cliniche , biologiche e risposta alla terapia • All’ esordio: - Massa tumorale ++ - Epatosplenomegalia - Iperleucocitosi - Coinvolgimento SNC • • • •

Blasti indifferenziati early pre-B Immunofenotipo CD19+, CD10-, HLA-DR+ e frequente coespressione di marcatori mieloidi come CD13, CD33 o CD65 Anomalie cromosomiche ++ per es. 11q23; t(4;11) +++ nei pz. con iperleucocitosi EFS a 5 anni 25 – 50% (in particolare in età < a 6 mesi)

Fig. 63, 64, 65 – Esordio di LLA in neonato di 20 gg. Tappeto di blasti di diversa grandezza con nuclei prominenti, citoplasma scarso, presenza di vacuoli nucleari e citoplasmatici, rare cellule mieloidi (striscio periferico).

GR.2.480.000/mm3 Hb 13.7 g/dL MCV 144 fL MCH 55.1 pg. GB. 1.300.000/mm3

177


- Leucemia linfoblastica acuta: lo striscio midollare Conviene distinguere diversi momenti: - Esordio - Classificazione FAB - In terapia: variazioni sul tema - Post trapianto emopoietico - In recidiva post trapianto

Esordio Fig. 66 – LLA striscio midollare all’esordio (a piccolo ingrandimento): il midollo è pressoché sostituito da blasti che conferiscono al vetrino il classico aspetto monomorfo.

Fig. 67 – LLA striscio midollare all’esordio (lo stesso vetrino a un ingrandimento maggiore).

178


Fig. 68 – LLA all’esordio: è evidente l’aspetto monomorfo dello striscio midollare dove si riconoscono anche rari elementi della serie mieloide.

Fig. 69, 70, 71, 72 – Esordio di leucemia linfoblastica acuta con numerose mitosi. Nella Fig. 72 anche cellule in apoptosi.

179

Fig. 73 – Leucemia linfoblastica all’esordio: nido di linfoblasti.


Fig. 74, 75, 76 – Strisci midollari di LLA all’esordio. Nella fig. 74 sono evidenti anche linfociti e un mielocita. Nella Fig. 75 anche una mitosi.

Fig. 77 – Midollo parzialmente infiltrato di blasti (46%) con presenza di numerose cellule mieloidi e rare cellule eritroidi.

180


Figg. 78, 79, 80 – Particolari del vetrino precedente a maggiore ingrandimento in cui sono più evidenti gli elementi della serie mieloide e della eritroide.

I linfoblasti sono cellule poco differenziate, dotate di citoplasma basofilo, privo di corpi di Auer e di granulazioni azzurrofile, con nucleo e due nucleoli e cromatina a struttura fine, ammassata.

Clasificazione FAB La classificazione morfologica li distingue in:

L1 - cellule piccole, cromatina omogenea, contorno regolare, basofilia modesta Dimensioni 10-15µm, popolazione cellulare piuttosto omogenea, nucleo rotondeggiante, regolare a volte con incisioni, cromatina finemente dispersa o addensata, citoplasma molto scarso che a volte si presenta come una banda sottile che circonda il nucleo con spiccata basofilia

Fig. 81 – Striscio midollare di LLA – L1 all’esordio a piccolo ingrandimento.

181


Figg. 82, 83- Striscio midollare di LLA FAB L1 all’esordio in cui si riconoscono gli aspetti peculiari del linfoblasto FAB L1.

L2 - cellule medio-grandi, con cromatina dispersa o addensata, nucleoli ben visibili, contorno irregolare, netta basofilia Dimensioni > 15µm con popolazione cellulare eterogenea e nucleo di forma irregolare con profonde incisioni, cromatina finemente dispersa e addensata con nucleoli quasi sempre presenti variabili per numero e dimensioni. Il citoplasma si presenta più abbondante che in L1 con basofilia di grado variabile.

182 Fig.84 – Leucemia linfoblastica acuta FAB L2: striscio midollare a piccolo ingrandimento. Fig. 85 – Leucemia linfoblastica FAB L2: striscio midollare in cui si riconoscono oltre ai linfoblasti L2, anche cellule della linea mieloide a vario grado di maturazione.


Figg. 86, 87, 88, 89, 90, 91 – Esordio: Linfoblasti L2 con scarso citoplasma fortemente basofilo e presenza di vacuoli sia nucleari che citoplasmatici con cellule in mitosi (strisci midollari a diversi ingrandimenti).

183


Fig. 92 – Striscio midollare di LLA FAB L2 in cui si riconoscono anche elementi della serie eritroide.

Figg. 93, 94 – LLA FAB L2 in cui sono riconoscibili anche elementi della serie mieloide e della serie eritroide a vario grado di maturazione.

184

L3 - cellule grandi, citoplasma abbondante e intensa basofilia, vacuoli nucleari e citoplasmatici Dimensione 15-20µm con popolazione cellulare omogenea di forma rotonda o ovale, regolare con cromatina densa e punteggiata, vacuoli evidenti in gran parte delle cellule sia citoplasmatici che nucleari, citoplasma piuttosto abbondante che circonda completamente il nucleo con un intenso grado di basofilia.

Fig. 95 – LLA FAB L3 all’esordio: striscio midollare tappezzato di blasti in cui si riconoscono solo un elemento della serie mieloide giovane e due eritroblasti.


Fig. 96 – LLA FAB L3: striscio midollare con tappeto di blasti, 3 cellule della serie mieloide e due eritroblasti, una cellula in apoptosi.

Figg. 97, 98, 99, 100 – Ancora strisci midollari di leucemia linfoblastica L3 all’esordio a diversi ingrandimenti: alcuni blasti in mitosi, rari elementi della serie eritroide e della mieloide. Da notare le dimensioni delle cellule tumorali, i nuclei distorti e prominenti, alcuni con incisioni, il citoplasma fortemente basofilo, la presenza di vacuoli citoplasmatici e nucleari.

185


In terapia: variazioni sul tema La valutazione nel suo insieme comprende: - mancata risposta al Prednisone: presenza di più di 1.000 blasti/μLnel sangue periferico; - presenza di una quota di blasti superiore al 25% (M3) nell’aspirato midollare del 15° giorno; - mancata remissione midollare completa dopo 33 giorni di terapia di induzione: presenza di più del 5% di blasti al giorno +33 del protocollo chemioterapico di induzione - il concetto di malattia residua minima (fig. 101).

Malattia residua minima

Con l’avvento di tecniche più sofisticate è stato possibile misurare livelli submicroscopici di cellule leucemiche e definire meglio l’importanza di questi ai fini prognostici della malattia residua minima (MRD)

PCR- MRD

Analisi molecolare dei riarrangiamenti IG/TCR, trascritti di fusione, mutazioni geniche, o mRNA iperespresso

186

0.01%

FCM . MRD La citometria a flusso al 15° giorno della terapia di induzione rappresenta per es. un metodo altamente sensibile , semplice, rapido e di costo contenuto

Insieme i metodi MRD oltre alla loro capacità di predire l’evoluzione della malattia sulla base di una risposta precoce alla terapia, possono essere usati per riconoscere una recidiva prima ancora che sia manifesta morfologicamente, per determinare il residuo leucemico prima del TMO e quantizzare l’efficacia delle terapie Fig. 102 – Rari eritroblasti. I linfoblasti presentano nucleo con alterazioni tipiche per apoptosi.

14° giorno


Figg. 103, 104, 105, 106 – Blasti in apoptosi, ripresa della serie eritropoietica, istiociti giganti fagocitanti con grossi vacuoli nucleari.

14° giorno

Figg. 107, 108 – Fenomeno della apoptosi: perdita di volume, distacco dalle cellule vicine, nucleo in disgregazione con cromatina condensata.

187 14° giorno

Figg. 109, 110– Blasti in apoptosi, ripresa della serie eritropoietica, istiociti giganti fagocitanti con grossi vacuoli nucleari.


Figg. 111, 112, 113 – Blasti in apoptosi, ripresa della serie eritropoietica, istiociti giganti fagocitanti con grossi vacuoli nucleari.

Fig. 114 – Aspirato midollare LLA 14° giorno di terapia megacariocita + eritroblasto.

188

Figg. 115, 116 – In dettaglio, sempre al 14° giorno ripresa della eritropoiesi con marcato aumento degli eritroblasti. Nella fig. 115 due blasti in apoptosi.


Figg. 117, 118 – Ancora al 14° giorno marcato aumento degli eritroblasti.

Fig. 119 – Blasti in apoptosi, eritroblasti basofili e policromatofili al 14° giorno di terapia.

Fig.120 – Ancora al 14° giorno evidente apoptosi dei blasti.

189

Fig. 121 – LLA al 14° giorno non c’è stata risposta adeguata alla terapia e non sono evidenti segni di apoptosi; il midollo è monomorfo.


Fig. 122 – LLA al 33° giorno di terapia. Sono evidenti eritroblasti e rare cellule della serie mieloide con displasia nucleare (chemioterapia).

Figg. 123, 124, 125, 126 – LLA al 33° giorno in remissione (si considera la remissione completa quando i blasti nel midollo sono meno del 5 %) serie mieloide ed eritroide ben rappresentate, alcune cellule in apoptosi.

190


Figg. 127, 128, 129 – LLA in remissione al 33° giorno: serie mieloide ed eritroide ben rappresentate. Nella fig. 129 un megacariocita.

Figg. 130, 131, 132 – LLA in remissione al 33° giorno: particolari con megaeritroblasti basofili polinucleati. Nelle figg. 130 e 132 cellule in apoptosi.

191

Figg. 133, 134, 135 – LLA in remissione al 33° giorno: megaeritroblasti basofili polinucleati. Nella fig. 134 megaeritroblasto in mitosi.


Fig. 136 – LLA in remissione al 33° giorno: piccoli nidi di eritroblasti policromatofili.

Fig. 137 – LLA in remissione al 78° giorno: midollo polimorfo con ripresa della serie eritroide e mieloide.

192

Fig. 138 – LLA in remissione al 78° giorno: midollo polimorfo con ripresa della serie eritroide e mieloide (ingrandimento maggiore).


Figg. 139, 140 – Ancora LLA al 78° giorno con ripresa della serie eritroide e mieloide.

Figg. 141, 142 – LLA in remissione al 78° giorno: striscio midollare polimorfo ben rappresentato in tutti i suoi elementi (a maggior ingrandimento).

193 Fig. 143 – LLA in remissione al 78° giorno. Da notare la ricchezza di elementi sia della serie mieloide che della eritroide.

neutrofilo a bastoncello

metamielociti

promielocita

mielocita

eritroblast0 basofilo

78° giorno


Figg. 144, 145 – LLA remissione al 78° giorno: particolare con evidenza della serie eritroide. Nella fig. 144 un istiocita all’interno di un isolotto eritroide.

istiocita

Fig. 146 – LLA in remissione al 78° giorno: ripresa della serie eritroide e mieloide con note di displasia (chemioterapia).

194

Fig. 147 – Leucemia linfoblastica acuta: recidiva midollare con presenza di linfoblasti e numerose cellule mieloidi. linfoblasti

cellule mieloidi


Fig. 148 – LLA in recidiva: accanto ad eritroblasti a vario grado di maturazione si notano elementi decisamente immaturi (aspirato midollare).

Fig. 149 – Particolare di blasti linfoidi in recidiva: nuclei disformi rapporto nucleo/citoplasma a favore del nucleo, citoplasma fortemente azzurrofilo con vacuoli, presenza di nucleoli (aspirato midollare).

195

Fig. 150 – LLA in recidiva a piccolo ingrandimento. La freccia indica un proeritroblasto (aspirato midollare).


Strisci midollari post-TMO Fig. 151 – Aspirato midollare LLA POST TMO serie mieloide ben rappresentata – assenza della serie rossa. Assenza di blasti.

Fig. 152 – particolare della precedente con evidenza della serie mieloide.

196

Fig. 153– Leucemia linfoblastica acuta post TMO. Il quesito è: infiltrazione linfocitaria o blasti ?


In recidiva post-trapianto Fig. 154 – Leucemia linfoblastica acuta post TMO: infiltrazione linfocitaria o blasti? (a maggior ingrandimento) sono presenti elementi della serie eritroide (proeritroblasti ed eritroblasti) oltre a cellule della serie mieloide ma sono presenti anche elementi “sospetti” con nucleo prominente e citoplasma scarso o assente.

Figg. 155, 156, 157, 158 – Leucemia linfoblastica acuta post trapianto emopoietico: dubbio di recidiva.

197


Figg. 159, 160 – Leucemia linfoblastica acuta post trapianto emopoietico: dubbio di recidiva.

Figg. 161, 162, 163 – Leucemia linfoblastica acuta post trapianto emopoietico: recidiva franca. Sono evidenti i linfoblasti, alcuni con nucleo dentato, la maggior parte con citoplasma azzurrofilo ridotto ad un sottile anello. Presenti inoltre nuclei nudi. Il nucleo si presenta inoltre a cromatina grossolana e scarsi nucleoli.

198


- Leucemia linfoblastica acuta: la citochimica La metodica permette di stabilire caratteristiche particolari e anche diagnostiche di molte cellule studiando la presenza in essa di proteine o altre sostanze specifiche per un determinato tipo cellulare. Per ulteriori spiegazioni rimandiamo al capitolo 1. Da ricordare ancora una volta che i blasti della leucemia linfoblastica acuta si distinguono per essere,dal punto di vista citochimico, classicamente PAS positivi. Nella figura che segue la differenza tra cellule, i linfoblasti , perossidasi negativi e cellule, i metamielociti, perossidasi positivi. Fig. 164 – Linfoblasti perossidasi negativi e metamielociti perossidasi positivi.

Figg. 165, 166 – LLA FAB 1: aspetto monomorfo a piccolo ingrandimento, citoplasma basofilo, finemente granulato a maggior ingrandimento.

199

neutrofilo PAS positivo

Fig. 167 – PAS positivo a fini granuli ai bordi della cellula linfoblastica

linfoblasto PAS positivo


Figg. 168 (May Grunwald-Giemsa), 169 ( mieloperossidasi), 170 (PAS) – LLA FAB L1 Da notare nella Fig. 169 un mielocita tipicamente perossidasi positivo.

Perossidasi negativa PAS positivo

Fig. 171 – Esordio di leucemia linfoblastica acuta: come già descritto in precedenza linfoblasti tipicamente perossidasi negativi accanto a metamielociti caratteristicamente positivi.

200

Figg. 172, 173 – Esordio di leucemia linfoblastica acuta: linfoblasti PAS positivi a grosse zolle ai bordi della cellula.


Figg. 174, 175, 176 – Esordio di Leucemia linfoblastica acuta pre B: PAS positivo a fini granuli e zolle nel 40% dei blasti.

Figg. 177, 178 – Leucemia linfoblastica acuta pre B: esordio α-naphtil positiva a fini granuli (brunastri), cloro acetato negativa.

201


7c. Leucemie mieloidi (LMA) - Alcune notizie utili Anche per questa patologia si tratta di un disordine mieloproliferativo clonale secondario a trasformazione maligna di un progenitore emopoietico o di una cellula staminale di derivazione midollare, capace di automantenimento e caratterizzata da una alterata capacità di differenziazione e ridotta possibilità di autodistruzione. Ne deriva un accumulo di elementi cellulari maligni di origine mieloide (mieloblasti) nel midollo osseo, in circolo e in altri organi. In genere la infiltrazione midollare è pari al 20%. Fig. 179 – Leucemia mieloide acuta: generalità.

Leucemia mieloide acuta - 10% delle leucemie del bambino - in Italia circa 60 nuovi casi/anno in età tra 0 e 15 anni Associato a sindromi predisponenti genetiche ereditarie od acquisite

Sbilanciamenti cromosomici S. da instabilità cromosomica S. da difetti dei meccanismi di crescita e sopravvivenza cellulare

202

Anemia aplastica grave Trombocitopenia amegacariocitica Monosomia 7 acquisita Emoglobinuria parossistica o frigore

In età pediatrica le LMA sono meno frequenti delle leucemie linfoblastiche acute (LLA) con un rapporto LMA/ LLA 1:4, eccetto che nel periodo neonatale nel quale si verifica un picco d’incidenza di LMA. L’incidenza delle LMA rimane stabile durante l’infanzia mentre se ne osserva un lieve progressivo aumento durante l’adolescenza. Tabella 7 – Caratteristiche morfologiche dei linfoblasti e dei mieloblasti.

Caratteristiche morfologiche dei linfoblasti e dei mieloblasti caratteristiche

linfoblasti

mieloblasti

Grandezza

10 -20μm

14-20μm

Nucleo - forma

rotonda o ovale

rotonda o ovale

- cromatina

uniforme, omogenea

dispersa, finemente reticolata

- nucleoli

0-2, indistinti

2-5 e protrusi

- membrana nucleare

liscia, rotonda

irregolare

- rapporto nucleo/citopl.

alto

basso

Citoplasma - colore - quantità - granuli - Corpi di Auer

blu scarso, circolare assenti assenti

blu-grigio più abbondante presenti presenti


La diagnosi di leucemia mieloide all’esordio richiede una accurata interpretazione della morfologia cellulare dell’aspirato midollare: - caratteristiche dei blasti - presenza dei corpi di Auer - rilievo di peculiarietà displastiche a carico delle linee cellulari eritroidi, mieloidi e megacariocitiche. Fig. 180 – Nido di mieloblasti mal distinguibile dal punto di vista morfologico da un nido di linfoblasti.

Figg. 181, 182, 183, 184 – I corpi di Auer, una delle pecularietà della LMA. Si tratta di depositi citoplasmatici a forma di ago che si colorano con May Grunwald-Giemsa e sono intensamente mieloperossidasi positivi, possono essere anche liberi (fig. 184).

203


Nelle LMA, a differenza delle LLA lo striscio periferico è ancora meno indicativo ai fini della diagnosi a meno che la iperleucocitosi non sia massiccia (> 300.000/mmc ). In questo caso la valutazione completa può non richiedere l’aspirato midollare (particolarmente difficile da ottenere anche per le condizioni generali del bambino in genere molto compromesse): il sangue periferico può essere utilizzato per tutte quelle indagini atte a stabilire l’esatta tipologia della LMA. Come nella LLA anche nella LMA rimane importante la colorazione citochimica. Ricordiamo brevemente che: - MPO e Sudan Black B (SBB) sono colorazioni per linee cellulari di: granulociti, esosinofili e monociti - la perossidasi (Perox) è presente nei granuli delle cellule mieloidi dalla fase di promielocita e successive maturazioni - le esterasi sono utili per distinguere le cellule granulocitiche dalle cellule della linea monocitaria - la cloroacetato esterasi è specifica per granulociti e mastcellule - le esterasi non specifiche (NSE o NE): · α-naftil butirrato esterasi e α- naftil acetato esterasi colorano intensamente monoblasti e monociti - il PAS può essere utile per la diagnosi di leucemia mieloide acuta M6 (eritroleucemia): · gli eritroblasti leucemici sono intensamente PAS + mentre i precursori normali eritroidi sono negativi. Tabella 8 – Classificazione istochimico-morfologica FAB. Sigla

Categoria

Criteri morfologici

M0*

Indifferenziata

MPO <3% ma con granulazioni caratteristiche al microscopio elettronico; NAE neg.

M1

Mieloblastica senza maturazione

Blasti > 90% nel midollo esclusi eritroblasti; <10% componente monocitaria; <10% granulociti; MPO>3%

M2

Mieloblastica con maturazione

Blasti > 30<90%; granulociti >10%; monociti <20% (NE), MPO>3%

M3**

Promielocitica (APL)

>20% promielociti anomali ipergranulari (corpi di Auer), MPO>3%

M3V** Promielocitica variante ipogranula- Nuclei reniformi, granulazioni fini nel citoplasma, poco visire (APLv) bili al MO, ma MPO +++, MPO>3%

204

M4

Mielomonocitica

Blasti>30%; NE componente granulocitaria 20<80%; componente monocitaria 20<80%; >5x10 9/l monociti nel sangue periferico o lisozima ++, MPO>3%

M4eo

Mielomonocitica con iper eosinofilia Criteri come M4 associati a eosinofili anormali con granuli eosinofili e basofili; MPO>3%

M5

monocitica

>80% NE componente monocitaria; NAE positiva

M5a

monoblastica

>80% NE componente monocitaria; monoblasti > 80% della componente monocitaria; NAE positiva

M5b

Monocitica con differenziazione

>80% NE componente monocitaria; monoblasti < 80% della componente monocitaria; NAE positiva

M6

Eritroleucemia

Cellule eritroidi > 50% delle cellule midollari; blasti > 30%NE

M7***

Megacarioblastica

Blasti > 30%, NE; megacarioblasti; vescicolazioni; (mielofibrosi)

Di seguito alcune peculiarità rispettivamente di M0, M3, M7 MO* MPO e SBB <3% in citochimica Markers B e T lineage neg CD13 e CD 33 pos. in circa il 60 e 80% rispettivamente dei paz. Coespressione di CD13 e CD33 in circa il 40% dei casi CD117,CD7 e TdT riscontrati nel 55, 41 e 46% dei casi rispettivamente M3** il rischio emorragico (potenzialmente fatale) prima e durante la terapia di induzione M7*** CD61, CD42, CD41 e Atg Fattore VIII correlato


Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha pubblicato una nuova classificazione per le LMA che considera una serie di valutazioni morfologiche, immunofenotipiche e citogenetiche che sono eseguite sul materiale ottenuto mediante aspirato midollare e consente una classificazione delle LMA in sottogruppi più omogenei (Fig. 185) LMA con anomalie genetiche ricorrenti (*) LMA con displasia multipla (de novo o secondaria a AREB o AREBt) LMA correlate alla terapia (agenti alchilanti, inibitori topoisomerasi II) LMA di derivazione ambigua (LMA indifferenziata, LMA bilineare; LMA bifenotipica)(*) LMA non altrimenti caratterizzata: - (FAB M0,M1,M2,M4,M5a e M5b) - LMA eritrocitaria M6 ( M6a eritroleucemia e M6b eritroide pura - L Acuta megacariocitica (FABM7) - L.Acuta basofila - L. Acuta con mielofibrosi - Sarcoma mieloide (granulocitico) (*) per una più precisa descrizione rimandiamo a testi di ematologia pediatrica

- LMA caratteristiche dello striscio periferico Figg. 186, 187 – Esordio striscio periferico. Leucemia mieloide acuta.

205

mieloblasto

linfocita


Figg.188, 189 – Le differenze tra mieloblasti e linfociti.

mieloblasti

linfocita

linfocita mieloblasto

Fig. 190 – Le differenze tra mieloblasti e monociti.

mieloblasto

206

mieloblasto con corpo di Auer monociti


Figg. 191, 192 – Ancora mieloblasti (Fig. 191)e monociti (Fig.192) a confronto.

Figg. 193, 194 – LMA striscio periferico con mieloblasti.

207

Figg. 195, 196 – Monociti in uno striscio periferico.


Fig. 197 – LMA: nido di mieloblasti in uno striscio periferico.

Figg. 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204 – Diverse immagini di mieloblasti in striscio periferico.

208

Mieloblasto con proiezioni citoplasmatiche germoglianti


LMA-M0 leucemia mieloblastica scarsamente differenziata - - - -

Più del 30% delle cellule del midollo sono mieloblasti. MPO neg. o < 3%. Markers di differenziazione della linea mieloide (CD13, CD14, CD33) positivi. I mieloblasti sono cellule molto grandi con il citoplasma più o meno abbondante, il nucleo con profilo caratteristicamente irregolare e cromatina addensata. Ciò è ben visibile al microscopio anche in uno striscio periferico (Fig. 205).

Fig. 205 – Mieloblasti in LMA – MO.

LMA-M1 leucemia mieloblastica acuta senza maturazione - - - - -

Molto più frequente rispetto a M0. A differenza di M0 il mieloblasto presenta un minimo grado di maturazione. MPO positiva > 3%. A livello midollare sono presenti più del 30% di mieloblasti e meno del 10% di promielociti e qualche neutrofilo. A differenza di M0 (assenza di neutrofili): in questa s’inizia a trovare una piccola percentuale di cellule più mature e qualche raro neutrofilo, pur mantenendo un elevato grado di immaturità cellulare. - Markers: CD13, CD14 e CD33. come per M0. Fig. 206 – Striscio periferico di LMA- M1.

Figg. 207, 208 – LMA-M1: i mieloblasti (Fig. 207) sono morfologicamente simili ai linfoblasti (fig. 208).

209


Figg. 209, 210 – LMA-M1 esordio: striscio periferico con blasti il cui nucleo spesso dentato e a cromatina grossolana occupa quasi tutta la cellula, il citoplasma, azzurrofilo è ridotto a un sottile anello periferico.

LAM-M2 leucemia mieloide acuta con maturazione

210

- Ancora predominano i mieloblasti, è presente comunque un certo grado di maturazione( più del 10% delle cellule midollari sono promielociti, mielociti e neutrofili.) Evidenti in queste cellule i granuli. - Markers della linea mieloide (CD13, CD14 e CD33) positivi. - MPO positiva. - All’interno di questo gruppo è possibile trovare dei pz. con t(8;21), il che conferisce loro la possibilità di una prognosi favorevole. - Al microscopio, oltre ai mieloblasti con nuclei molto grandi ed irregolari, cromatina addensata e senza granuli, è presente una piccola percentuale(10-15%) di cellule con granuli citoplasmatici, che sono mielociti quando il nucleo è rotondo, metamielociti se ha forma di ferro di cavallo o reniforme, promielociti se è segmentato più o meno giovane. Fig. 211 – LMA M2: striscio periferico all’esordio


LAM-M3 leucemia promielocitica acuta. - Persistono elementi immaturi della serie mieloide accanto a elementi un po’ più maturi della serie promielocitica, che risultano essere predominanti rispetto ai primi. - In genere i promielociti sono cellule che sono provviste di granuli citoplasmatici. Nella LAM-M3 si distinguono 2 forme: - LMA –M3 variante ipergranulare con elementi intensamente colorati all’ematossilina-eosina perché i promielociti contengono grandi quantità di granuli citoplasmatici - LMA –M3 variante ipogranulare (20% circa dei casi) con promielociti il cui citoplasma e scarso di granuli. - I corpi di Auer sono particolarmente frequenti in questa forma di leucemia. Sono presenti anche alcuni metamielociti Fig. 212 – LMA M3: striscio periferico all’esordio.

Qualche nota in più per la LMA-M3

Leucemia promielocitica acuta (Acute promyelocytic leukemia; APL) - 4-8% delle LMA, incidenza più alta nei soggetti di razza ispanica e in quelli di origine mediterranea (20% di tutte le LMA) - Età media di insorgenza 7-9 anni - Esordio drammatico caratterizzato da una coagulopatia talora fatale - Prevalente la variante microgranulare - GB <10 x 10 9/L (circa il 60% dei casi) prognosi significativamente migliore Caratteristiche morfologiche: FAB M3 o M3v Caratteristiche molecolari patognomonico riarragiamento cromosomico 17q21 che codifica per il recettore acido retinoico RARa generalmente fuso con il gene della Leucemia promielocitica (Promyelocytic Leukemia; PML) come risultato della t(15;17)(q22;21) Sensibili a ATRA: In <5% dei casi RARa è fuso con partner alternativi: - NPM1 nelle forme t(5;17) (q35;q21) - NuMA nelle forme t(11;17) (q13;q21) Resistenti a ATRA: Altre APL con interessamento di PLZF o STAT5b, risultato della t(11;17)(q23;q21) associata ad alta espressione di CD56, fine granulazione e prognosi severa o delezione interstiziale del cromosoma 17 Fig. 213 – LMA – M3 striscio periferico all’esordio sono evidenti granulociti neutrofili, rari linfociti, metamielociti, mielociti e mieloblasti.

211


LMA-M4 leucemia mielomonocitica acuta - Le cellule della serie monocitoide presentano un nucleo tipicamente reniforme. - Si tratta di cellule immature molto grandi, i promielociti (con nucleo più o meno rotondeggiante con granuli intracitoplasmatici) ed i promonociti (con nucleo reniforme). - Esterasi aspecifiche (NSE) positive. - Positivi i markers delle cellule monocitoidi (CD68). Fig. 214 – LMA - M4 all’esordio.

LAM-M4Eo → sottogruppo all’interno di LAM- M4 in cui si riscontra un notevole aumento a livello midollare di eosinofili, ciò conduce ad una prognosi migliore rispetto alla forma M4 (è necessario indicare sempre il sottogruppo M4Eo, ove presente). Si associa all’inversione del cromosoma 16 (inv 16). Fig. 215 – LMA- M4 i blasti assumono un aspetto morfologicamente simile ai monociti.

212

Fig. 216 – Leucemia mielomonocitica acuta (LMA-M4) striscio periferico le cellule mieloidi si riconoscono dai monociti per la presenza di finissime granulazioni citoplasmatiche. Nello striscio è presente un basofilo.

Basofilo


LMA-M5 leucemia monocitica acuta - Predominano le cellule di tipo monocitoide. Esistono due varianti di questa LMA: LMA-M5A leucemia monoblastica acuta: le cellule della serie monocitoide sono rappresentate per maggior parte da monoblasti; LMA-M5B leucemia monocitica acuta: le cellule monocitoidi presenti sono soprattutto monociti, quindi più mature. - La LMA-M5 è la forma che più frequentemente si localizza a livello dei linfonodi e dei tessuti, soprattutto, la cute. Fig. 217 – LMA-M5 come appaiono i monoblasti in uno striscio periferico. Sono presenti inoltre un metamielocita e alcuni linfociti.

I monoblasti sono elementi cellulari piuttosto grandi con i granuli citoplasmatici tipici delle cellule monocitiche. NSE e CD68 risultano positivi. La positività per la NSE (esterasi aspecifica) non è diagnostica come, invece lo è, quella per il marker specifico per i monociti-macrofagi, il CD68. Le cellule presenti non hanno solo nuclei tondeggianti ma, anche, a ferro di cavallo, come sono quelli dei monociti. Questi elementi cellulari sono molto irregolari, in modo lievemente più spiccato rispetto alla serie mieloblastica. Il midollo è ipercellulare con cellule immature con nuclei fortemente irregolari.

LMA-M6 Eritroleucemia acuta - - - -

Riguarda essenzialmente i precursori eritroidi, di qui il nome di eritroleucemia. Più del 50% delle cellule del midollo è infatti costituito da elementi immaturi della serie eritroide. Tipicamente colpisce soggetti in età avanzata. La presenza di vacuolizzazioni citoplasmatiche è tipica per questi elementi immaturi della serie eritroide e permette di identificarli in uno striscio di midollo.

Fig. 218 – LMA – M6: striscio periferico

213


LAM-M7 Leucemia megacariocitica acuta - Interessa in modo particolare la serie megacariocitaria. - Almeno il 30% delle cellule del midollo sono elementi blastici della serie megacariocitaria. - Gli elementi blastici della serie megacariocitaria sono leggermente più piccoli rispetto al megacariocita normale ed hanno una scarsa lobulazione nucleare (Fig. 221). Fig. 219 – LMA-M7. striscio periferico in cui i megacarioblasti presentano nuclei distorti e citoplasma azzurrofilo e germogliazione citoplasmatica.

Sono presenti megacariociti displastici. Frequentemente, si associa fibrosi midollare. Fig. 220 – LMA – M 7 micromegacarioblasti con germogliazione citoplasmatica.

214

Tabella 9 – La tabella riporta in percentuale la quota delle diverse cellule presenti. CELLULE MIDOLLARI

M1(%)

M2(%)

M4(%)

M5(%)

M6 (%)

90

>30 >30

>30 >30

>80b

< 30 o > 30 >30

-

< 50

< 50

-

> 50

Componente granulocitica , cellule non eritroidi

< 10

>10

>20

< 20

variabile

Componente monociticab, cellule non eritroidi

< 10

<20

> 20

> 80b

variabile

Blasti Cellule nucleate Cellule non eritroidi Eritroblasti, cellule tutte nucleate a

a) Promielociti, mielociti, metamielociti, neutrofili b) Promonociti e monociti c) Può includere mieloblasti

c


- LMA lo striscio midollare Figg. 221, 222, 223 – Tre distinte fasi di passaggio dalla cellula mieloide normale, polimorfa, al blasto, attraverso una fase intermedia (Fig. 221 → cellule mieloidi normali; Fig.222 → cellule mieloidi con scarsa maturazione; Fig. 223 → cellule mieloidi francamente leucemiche).

Figg. 224, 225, 226 – Ancora cellule mieloidi dalla cellula mieloide normale alla cellula francamente leucemica.

215

Figg. 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233 – Esordio di leucemia mieloide acuta con mieloblasti nelle diverse fasi della mitosi. Da notare l’aspetto monomorfo dei diversi strisci.


Fig. 234 – LMA all’esordio.

Fig. 235 – LMA in remissione.

216

Fig. 236 – Esordio leucemia mieloide aspetto monomorfo.


Figg. 237 – Esordio leucemia mieloide aspetto monomorfo, è presente all’interno della cellula corpo di Auer.

corpo di Auer

Fig. 238 – LMA esordio: Promielociti con scarse granulazioni e carattere di immaturità.

217

Fig. 239– 28° giorno di terapia presente tutta la serie mieloide con buona maturazione-remissione.


Figg. 240, 241, 242, 243 – LAM in terapia: cellule mieloidi con note di displasia – pressoché assente la serie eritroide.

218


Figg. 244, 245, 246, 247 – Recidiva di leucemia mieloide acuta: Mieloblasti con protuberanze citoplasmatiche.

LMA - M0 - - - - -

Blasti indifferenziati. Reazioni citochimiche negative. Immunofenotipo positivo per blasti mieloidi. Alterazioni citogenetiche aspecifiche. Elementi di grandezza diversa, nuclei rotondi od ovalari con un solo nucleolo prominente o con più nucleoli piccoli, citoplasma scarso agranulare.

Fig. 248 – LMA M0 all’esordio: aspetto tipico, monomorfo a piccolo ingrandimento.

219


Figg. 249, 250 – LMA M0 a maggior ingrandimento: blasti con nucleo che occupa quasi tutta la cellula, presenza di nucleoli, citoplasma scarso azzurrofilo sprovvisto di granuli.

Fig. 251 – Cellule mieloidi (promielocito e mielociti). Intorno un pool di blasti.

Fig. 252 – LMA M0 all’esordio: nido di mieloblasti: nuclei prominenti, spesso dentati con nucleoli e cromatina grossolana; citoplasma azzurrofilo ridotto a una sottile linea alla periferia della cellula, in alcuni casi con propaggini.

220

Fig. 253 – LMA M0 dopo 28 giorni di terapia: Assenza della serie eritroide e presenza di numerosi neutrofili maturi e alcune cellule mieloidi con scarsa maturazione.


Figg. 254, 255 – Particolare della precedente in cui è evidente la scarsa maturazione delle cellule mieloidi.

Figg. 256, 257, 258 – LMA M0 al 28° giorno di terapia: ai bordi dello striscio granulociti neutrofili giovani si alternano a cellule mieloidi caratterizzate da scarsa maturazione.

Fig. 259 –LMA M0 dopo 36 giorni di terapia: tre metamielociti e un mielocita con evidenti granulazioni citoplasmatiche.

221

Figg. 260, 261 – Dopo 36 giorni di terapia: serie mieloide con evidenti granulazioni citoplasmatiche.

metamielocita promielocita mielocita

linfocita


Figg. 262, 263 – LMA M0 - dopo 36 giorni di terapia: buona ripresa della serie mieloide maturante, un eritroblasto basofilo.

222

Fig. 264 – LMA M0 dopo 36 gg. di terapia: nido di cellule mieloidi mature e piccole plasmacellule; in alto grosso istiocita ( ).


Fig. 265 – LMA M0 dopo 45 gg. di terapia numerose cellule mieloidi a varia maturazione + rari eritroblasti; aspetto polimorfo che denota particolare ricchezza del midollo.

Figg. 266, 267, 268 – LMA M0 recidiva (dopo 36 giorni di terapia): nello striscio midollare si ripropongono elementi caratterizzati da nucleo prominente, il citoplasma è scarso e caratterizzato da propaggini, i contorni delle cellule sono irregolari; sono presenti anche vacuoli citoplasmatici.

223


Fig. 269 – LMA M0 recidiva (dopo 36 giorni di terapia): accanto a due mieloblasti, una cellula in apoptosi e un eritroblasto basofilo.

Figg. 270, 271, 272, 273 – LMA M0 recidiva (dopo 36 giorni di terapia) mieloblasti polimorfi con protuberanze citoplasmatiche. Predominano i nuclei prominenti caratterizzati da nucleoli. Nella fig. 270 anche i nuclei mostrano propaggini che si indovano nelle propaggini citoplasmatiche.

224


Fig. 274 – Leucemia mieloide acuta M0: Mieloperossidasi negativa in tutte le cellule mieloidi immature. Sono presenti inoltre un promielocita, un mielocita e un neutrofilo giovane debolmente positivi.

Fig. 275 – Particolare in cui sono evidenti le differenze tra delle cellule mieloperossidasi positive (con tipica colorazione ferruginosa) e il mieloblasto centrale mieloperossidasi negativo.

225

Fig. 276 – Leucemia mieloblastica acuta MO colorazione con PAS: le cellule mieloidi immature sono tipicamente negative.


Figg. 277, 278 – Leucemia mieloblastica acuta M0 α naphthyl+ cloro acetato esterasi negativa in tutte le cellule mieloidi immature. Promielocita

Mieloblasto

Mielocita

226

LMA M1 - - - - -

Blasti mieloidi con segni di differenziazione. Citochimica per mieloperossidasi positiva (MPO + > 3% ). Componente granulocitaria o monocitaria maturante <10%. Alterazioni citogenetiche varie (più frequenti t(9;22) ). Blasti ≥ 90%, citoplasma con granuli; spesso poco distinguibili dai linfoblasti, occasionalmente corpi di Auer.

Fig. 278 – LMA M1 all’esordio: lo striscio midollare è praticamente un tappeto di blasti in cui si riconoscono anche mitosi.


Figg. 279, 280, 281, 282 – LMA M1 all’esordio: striscio midollare con una ricca percentuale di blasti.

227

Fig. 283 – LMA – M1 nidi di blasti in cui sono evidenti propaggini citoplasmatiche e dismorfismi nucleari.


Fig. 284 – LMA M1 Esordio dove sono evidenti cellule polimorfe con scarsa granulazione citoplasmatica.

Fig 285 – LMA M1: striscio midollare al 28° giorno di terapia dove sono evidenti cellule mieloidi maturanti.

228

Plasmacellula a morula

Fig. 286 – Leucemia mieloblastica M1 senza maturazione: mieloperossidasi positiva nel 3% e negativa in tutte le altre cellule mieloidi immature. La freccia rossa indica un mieloblasto perossidasi negativo. La freccia azzurra indica cellule mieloidi mature perossidasi positive.


Fig. 287 – LMA M1 – esordio con striscio midollare tipico in cui le cellule mieloidi immature sono mieloperossidasi negative (le cellule appaiono di colorito azzurrognolo).

Fig. 288 – Leucemia mieloblastica acuta senza maturazione M1 α naphthyl+cloro acetato esterasi negativa in tutte le cellule mieloidi immature in cui i mieloblasti non assumono colore particolare mentre le cellule mature presentano una colorazione rosso vinaccia.

229

Fig. 289 – Leucemia mieloblastica acuta senza maturazione M1 colorazione PAS negativa in tutte le cellule mieloidi immature mentre le cellule mature presentano una colorazione violacea.


LMA M2 - - - - - - -

Blasti mieloidi con segni di differenziazione tra il 30-89%. Componente granulocitaria maturante >10%. Componente monocitaria <10%. Alterazioni citogenetiche varie ( più frequenti t(8;22)), geni AML1/ETO. Può essere evidente dismielopoiesi. Corpi di Auer spesso presenti ma sottili, a candelina. MPO > 3% ma +++ nelle forme neutrofile in maturazione.

Fig. 290 – LMA M2 striscio midollare all’esordio: tappeto di blasti.

Figg. 291, 292 – LMA M2 all’esordio: blasti mieloidi a diverso ingrandimento. Evidenti le granulazioni nelle cellule maturanti e l’aspetto dentato del nucleo.

230


Figg. 293, 294 – LMA M2 all’esordio: blasti mieloidi a diverso ingrandimento. Evidenti le granulazioni nelle cellule maturanti e l’aspetto dentato del nucleo.

Fig. 295 – LMA M2 evidenti le differenze tra mieloblasti e un promielocita.

mieloblasti

promielocita 231 Fig. 296 – leucemia mieloide acuta con maturazione M2 mieloperossidasi positiva.


Fig. 297 – Leucemia mieloide acuta con maturazione M2 α-naphthyl acetato esterasi + cloro acetato esterasi positiva nelle cellule mature, negativa in quelle immature.

Fig. 298 – Leucemia mieloide acuta con maturazione M2 PAS negativa.

232


Leucemia acuta promielocitica. M3 - Blasti mieloidi rappresentati per lo più da promielociti atipici (granulazioni azzurrofile abbondanti, corpi di AUER), citochimica per mieloperossidasi positiva, alterazione citogenetica tipica t(15;17). - I blasti mieloidi sono due o tre volte più grandi dei globuli rossi. - Alcune cellule presentano nuclei con forma irregolare e nella maggior parte dei casi i margini dei nuclei sembrano fondersi con quelli del citoplasma. La cromatina nucleare è reticolata e in parte presenta granuli. I nuclei contengono grandi nucleoli. Fig. 299 – Dalla cellula mieloide normalmente matura alla leucemia mieloide acuta M3.

PROMIELOCITA

SCARSA MATURAZIONE

LMA M3

MIELOCITA

METAMIELOCITA 233

Fig. 300 – LMA M3: striscio midollare all’esordio con numerose cellule mieloidi francamente patologiche.


Fig. 301 – Striscio midollare di LMA M3 all’esordio a maggior ingrandimento.

Fig. 302 – LMA M3 striscio midollare all’esordio con nido di cellule mieloidi immature con nucleo distorto ed eccentrico, nel citoplasma azzurrofilo spiccano fini granulazioni.

234

Figg. 303, 304 – LMA M3 Corpi di Auer: depositi citoplasmatici a forma di ago che si colorano con May GrunwaldGiemsa e sono intensamente mieloperossidasi positivi, possono essere anche liberi (Fig. 306).

corpi di AUER


Fig. 305 – LMA M3: i corpi di Auer sono mieloperossidasi positivi.

corpi di AUER Fig. 306 – Corpi di Auer liberi.

Figg. 307, 308 – LMA M3: variante ipergranulare: promielociti maligni con nuclei eccentrici, nucleoli prominenti, abbondante citoplasma con granuli azzurrofili.

235

Figg. 309 – LMA M3 (variante ipogranulare). Promielociti maligni con nucleo bilobato o a forma di farfalla, cromatina fine, nucleoli talvolta prominenti e abbondante citoplasma con granuli azzurrofili da scarsi a numerosi. MPO intensamente positivi.

blasti mieloidi


Fig. 310 – Leucemia mieloide acuta promielocitica M3 αnaphthyl +cloro acetato esterasi - negativa. Positiva nelle cellule mieloidi mature.

*

*

Fig. 311 – LMA M3 al 28° giorno di terapia.

236

Fig. 312 – LMA M3 particolare in cui sono evidenti le alterazioni prodotte dalla chemioterapia.


Figg. 313, 314 – LMA M3 al 38° giorno di terapia cellule mieloidi maturanti con note di displasia –assenza della serie eritroide.

38° giorno

38° giorno

237 Fig. 315 – LMA M3 al 78° giorno di terapia (remissione).

78° giorno


LMA M4 mielomonocitica - Blasti mieloidi >30%, componente granulocitaria e monocitaria maturante >20%, alterazioni citogenetiche varie (piu’ frequenti t(9;11) e trisomia 21). - Blasti pleiomorfici con caratteristiche granulocitiche e monocitiche, citoplasma abbondante con granuli, qualche corpo di Auer, nucleoli prominenti. Infiltrazione di precursori mieloidi maligni>30%, interessamento extramidollare, monocitosi nel sangue periferico. - MPO, Sudan Black Blu, NSE pos. Figg. 316, 317 – Blasti di aspetto e dimensioni diverse con forme monocitoidi e granulocitiche giovani; il citoplasma è provvisto di fini granuli.

Più del 20% delle cellule è rappresentato da cellule della serie monocitoide (serie monocitico-macrofagica). Il midollo osseo è caratterizzato ancora dalla presenza di elementi immaturi (mieloblasti) accompagnati da un aumento delle cellule della serie mielomonocitica, immature (monoblasti e promonociti) e mature (monociti). In questa LMA il grado di maturazione cellulare è maggiore rispetto alle forme viste prima, quindi è più alta anche la percentuale di neutrofili a livello midollare (> 20%). Come la forma di leucemia M3 è caratterizzata dalla presenza dei corpi di Auer. Figg. 318, 319 – LMA M4: particolare di striscio midollare con blasti pleiomorfi, nucleo a cromatina fine reniforne e nucleoli prominenti, citoplasma azzurrofilo, membrana cellulare irregolare, qualche raro vacuolo.

238


Fig. 320 – Esordio di LMA M4 striscio midollare con blasti a tappeto.

Figg. 321, 322, 323 – LMA M4 - Midollo aplastico con prevalenza di mieloblasti.

239


Figg. 324, 325, 326, 327 – LMA M4 all’esordio MP0 positiva.

240

Una piccola proporzione di pazienti con LMA M4 presentano una moderata eosinofilia nel midollo. Essi presentano granuli basofili ed eosinofili; MPO e cloro-acetato esterasi pos.

M4Eo Fig. 338 – LMA M4Eo all’esordio.


Fig. 339 – LMA M4Eo: chitochimica (a-naftil positiva).

Figg. 340, 341, 342 – Alcuni strisci midollari al 28° giorno di terapia.

241


LMA M5 - NSE intensamente pos.; MPO e Sudan Black neg. - Mentre nelle M0, M1, M2 ed M3 predominavano le cellule mieloidi, nella M4 mieloidi e monocitarie, nella M5 sono le cellule di tipo monocitoide a prevalere. Figg. 343, 344 – LMA M5 tipico l’aspetto monocitoide dei blasti.

Si distinguono: - forma “A”monocitica scarsamente differenziata. Monoblasti > 80% della quota monocitaria, componente monocitaria<20%. Pazienti più giovani, iperleucocitosi marcata, prognosi severa. - forma “B” monocitica con differenziazione monoblasti < 80% della quota monocitaria, alterazioni citogenetiche varie (relativamente frequente t(9;11)e del(11). Sangue periferico con monocitosi. Fig. 345 – LMA M5– striscio midollare: esordio con numerosi linfociti e rare cellule mieloidi con caratteri di immaturità.

242

Fig. 346 – LMA M5 all’esordio in cui accanto a cellule mieloidi francamente leucemiche si possono notare alcuni linfociti, rari eritroblasti.


Figg. 347, 348, 349 – Ancora alcuni strisci midollari tipici di LMA M5 all’esordio. Da notare l’aspetto polimorfo dei nuclei, i nucleoli prominenti, il contorno irregolare delle cellule, le fini granulazioni nel citoplasma tenuamente azzurrofilo.

243

Fig. 350 – LMA M5 in terapia presenza di 2 mieloblasti e di 2 elementi maturi.


LMA M6 - Eritroleucemia- coesistenza di blasti mieloidi ed eritroblasti abnormi, alterazioni citogenetiche molto variabili, spesso coinvolgono il cromosoma 3, t(3;3) o t(3;5). - Rara nei bambini; infiltrazione eritroblastica nel midollo > 50%; possibili: monosomie 5 o 7 o trisomia 8. Fig. 351 – LMA M6 all’esordio: striscio midollare in cui sono presenti blasti mieloidi con grossi nuclei eccentrici accanto ad eritroblasti che presentano alcune caratteristiche nucleari abnormi. In uno degli eritroblasti il nucleo eccentrico mostra propaggini.

Figg. 352, 353, 354 – LMA M6: Molto spesso è la presenza di vacuoli citoplasmatici tipica per questi elementi immaturi della serie eritroide che permette di identificarli in uno striscio di midollo.

244


Fig. 355 – LMA M6: striscio midollare all’esordio con evidenti blasti mieloidi accanto a forme eritroidi con nuclei dismorfici e vacuoli (visione di insieme).

Fig. 356 – Striscio midollare in cui sono evidenti blasti mieloidi leucemici accanto a forme abnormi eritroidi.

245


Figg. 357, 358 – Particolari di striscio midollare di LMA M6 con blasti mieloidi.

246

Fig. 359 – Leucemia mieloide acuta eritroleucemia M6 mieloperossidasi positiva +/-

*

*

*

.


Figg. 360, 361 – Leucemia mieloide acuta eritroleucemia M6 mieloperossidasi positiva +/-: morfologia e citochimica a confronto.

247

Fig. 362 – Leucemia mieloide acuta eritroleucemia M6 mieloperossidasi positiva +/-.


In sintesi è opportuno sottolineare alcune caratteristiche delle leucemie mieloidi acute per quanto riguarda la citochimica. Fig. 363 – LMA - M1, M2, M3 e perossidasi.

Leucemia mieloide acuta: la citochimica

M1

M2 M3

Perossidasi da + a ++

Fig. 364 – LMA - M1, M2, M3 e reazione PAS.

Leucemia mieloide acuta: la citochimica

M1

M2 M3 PAS da – a + diffuso

248

Fig. 365 – LMA - M4 e citochimica.

Leucemia mieloide acuta: la citochimica

M4 Leucemia acuta mielomonocitaria

Perossidasi ++

PAS da + a + +

α– naphthyl da + a ++

Cloroacetato da + a + +


7d. Leucemia Mieloide Cronica (LMC) Qualche notizia in generale Fig. 366 – Leucemia mieloide cronica in sintesi. Evoluzione clinica in 3 fasi: - Cronica - Accelerata - Crisi blastica

- 5% delle leucemie del bambino e dell’adolescente - Anomalia citogenetica/molecolare t(9;22) (BCR – ABL) cromosoma Philadelphia (Ph) - Marcata iperleucocitosi e spesso trombocitosi - Alterata funzionalità piastrinica +-

Aspirato midollare: Midollo ipercellulato con maturazione granulocitaria relativamente mantenuta. Incremento non significativo della quota blastica.

Fig. 367 – Leucemia mieloide cronica: le caratteristiche salienti sia a livello periferico che midollare.

Leucemia mieloide cronica Notevole iperplasia nel midollo osseo: • serie granulocitaria ++ • serie granulocitaria neutrofila +++

Sangue periferico: - marcata leucocitosi con cellule a diversi gradi di maturazione - cellule immature con caratteristiche morfologiche analoghe alle cellule normali ma con alterazioni citoplasmatiche e nucleari - negli elementi più maturi basofilia+++ - fosfatasi alcalina leucocitaria negativa nella serie granulocitaria

249

Fig. 368 – Leucemia mieloide cronica: i segni e i sintomi in relazione alle diverse fasi.

Leucemia mieloide cronica Fase cronica - Astenia, febbre, sudorazione notturna, dolore osseo, distress respiratorio, dolori addominali (splenomegalia) - Più raramente priapismo, disturbi visivi e uditivi fino alla perdita dell’udito

Crisi blastica - Blasti midollari > 30% ( mieloide nei 2/3 dei casi, linfoide per 1/3 solitamente a immunofenotipo B immaturo)

Fase accelerata - Splenomegalia progressiva, trombocitopenia - Blastosi midollare e periferica - Anomalie cromosomiche complesse in associazione a Ph+


Fig. 369 – Leucemia mieloide cronica: la morfologia.

Leucemia mieloide cronica

Fig. 370 – Leucemia mieloide cronica: la citochimica.

Leucemia mieloide cronica

250 Decisiva per la diagnosi la fosfatasi alcalina leucocitaria completamente negativa nella serie granulocitaria Per concludere altre notizie utili:

Leucemia mieloide cronica - Prognosi estremamente grave

- Solo trattamento efficace il TMO:

- preferibilmente da donatore familiare HLA compatibile in prima fase cronica o in alternativa da MUD

- Imatinib mesilato (inbitore della proteina tirosin-chinasi prodotta dalla fusione bcr-abl): - Induce una remissione clinica, citogenetica e molecolare nella maggior parte dei pazienti trattati in fase cronica ma non è in grado di garantire la guarigione - Inibitori di seconda e terza generazione


Note

251


Note

252


Cap. 8 1

Linfomi 8a. Qualche notizia in generale

Il giardino della villa medicea di Castello (Firenze) raccoglie fin dal Rinascimento agrumi particolarissimi. Tra questi spicca l’albero della bizzarria, di cui abbiamo notizia fin dal 1644. Si tratta di una vera rarità, molto particolare perché, pur avendo i caratteri dell’arancio amaro, presenta frutti sia dell’arancio amaro che del limone cedrato e frutti mostruosi, bitorzoluti, dai colori giallo, arancione e verde, con le caratteristiche morfologiche di entrambe le specie. In una lettera del 1655 il Redi racconta di essere rimasto particolarmente colpito da questo frutto così bizzarro che praticamente era costituito da tre frutti incastrati l’uno nell’altro: un limone esternamente, che conteneva un arancia con la buccia e tutto, e dal sapore di arancia; ed infine, al centro, un piccolo cedro.

Si pensò che la pianta fosse andata perduta durante la II Guerra Mondiale. È stata invece ritrovata negli anni ’80 da Paolo Galeotti, responsabile dell’ Orto Botanico della villa di Castello, e trapiantata presso il Giardino di Boboli e presso l’Orto Botanico di Firenze, dove è tutt’ora conservata (da “per Ville e per Giardini”, 15 maggio 2010)

I linfomi, a nostro avviso, per la loro eterogenicità, per le loro caratteristiche fanno pensare un po’ a questi frutti e quindi potrebbero essere considerati un po’ come una bizzarria della emotalogia oncologica. Fig. 1 – Qualche notizia in generale.

Gruppo di neoplasie dell’età pediatrica che condividono segni e sintomi caratteristici di una leucemia acuta e di un tumore solido - segni e sintomi ascrivibili spesso alla presenza di massa - modalità di diffusione tipica della cellula linfocitaria Linfomi non Hodgkin

10-15% di tutte le neoplasie maligne dell’età ped.

- Burkitt/Burkitt like - Linfoma a grandi cellule B

50-60%

- Linfoma linfoblastico 30% - Linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL) 10 – 15%

Linfoma di Hodgkin - 6% circa di tutte le neoplasie maligne dell’età pediatrica - distribuzione bimodale - +++ maschi

253


Fig. 2 – Il laboratorio di Ematologia e oltre … fino alla stadiazione.

Il laboratorio di Ematologia: - Emocromo e formula leucocitaria - Aspirato midollare bilaterale e biopsie osteomidollari bilaterali (più prelievi si rendono necessari per valutare la variabilità della infiltrazione blastica) - Biopsia linfonodale e/o in altra sede di malattia - es. liquido cefalorachidiano (microscopia e cytospin) nei LNH inoltre Diagnosi istopatologica e immunoistochimica Caratterizzazione immunofenotipica mediante FACS Genetica Biologia molecolare

Stadiazione

8b. Linfoma non Hodgkin 254

I LNH dell’età pediatrica sono malattie neoplastiche, in cui non si ritrova la ricchezza e complessità degli istotipi riportati nell’adulto. In generale i LNH pediatrici si possono riassumere in: LNH a cellule B-mature (in cui sono compresi il linfoma di Burkitt e il linfoma diffuso a grandi cellule B); LNH linfoblastico (LBL) citologia simil LLA; linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL) con alcune varianti morfologiche, anche se il “tipo comune” rappresenta circa il 70% dei casi.. Alcuni esempi di morfologia midollare nel sospetto di linfoma: Fig. 3 – Paziente con sospetto linfoma (aspirato midollare da 2 sedi) Spina iliaca sin.

Paziente con sospetto linfoma (aspirato midollare da 2 sedi) spina iliaca sin. cellularita normale, infiltrazione di linfoblasti del 25%

linfoblasti

linfoblasti


Fig. 4 – Paziente con sospetto linfoma (aspirato midollare da 2 sedi) Spina iliaca ds.

Paziente con sospetto linfoma (aspirato midollare da 2 sedi ) Spina iliaca ds.

cellularità scarsa: prevalenza blasti in leucemia/linfoma linfoblastico da precursori B- IV stadio Fig. 5 – Interessamento midollare con blasti (10%) accanto a tipici blasti con nuclei prominenti, nucleoli, vacuoli sia nucleari che citoplasmatici, sono presenti elementi della serie eritroide, in prevalenza eritroblasti, eosinofili, neutrofili giovani, una plasmacellula.

255

Figg. 6, 7, 8 – Apposizione da linfonodo in linfoma: blasti con nuclei prominenti, alcuni dentati, altri polimorfi, citoplasma tipicamente vacuolizzato debolmente azzurrofilo, disposti in pseudorosette.


Fig. 9 – Apposizione da prelievo linfonodale (particolare) sempre nello stesso paziente all’esordio. I blasti si presentano con grossi nuclei a margini irregolari e talora nucleoli prominenti. Il citoplasma è scarso,debolmente azzurrofilo. Vacuoli prevalenti a sede citoplasmatica.

Fig. 10 – Aspirato midollare dello stesso pz. con tappeto di blasti dopo 10 giorni dalla diagnosi.

256 Fig. 11 – Striscio periferico di linfoma a cellule T in mantenimento.


Figg. 12, 13, 14 – Stesso paziente in recidiva franca: sono evidenti i blasti con grossi nuclei a contorni irregolari, con vacuoli sia intranucleari che citoplasmatici. Il citoplasma è scarso, debolmente azzurrofilo.

Fig. 15 – Il linfoma di Burkitt è caratterizzato da cellule di media grandezza monomorfiche con citoplasma intensamente basofilo, nuclei rotondi od ovalari con cromatina granulare dispersa e molteplici nucleoli (morfologia tipo FAB-L3).

257

Fig. 16 – Linfoma di Burkitt: aspirato midollare all’esordio.


Figg. 17, 18, 19, 20 – Linfoma di Burkitt: aspirato midollare all’esordio (qualche particolare) blasti a contorni irregolari con citoplasma debolmente azzurrofilo cosparso di vacuoli, il nucleo, grande con cromatina grossolana; spesso nucleoli prominenti. Vacuoli sono presenti anche a sede nucleare.

Fig. 21 – Linfoma di Burkitt aspirato midollare all’8° giorno di terapia.

258

Eosinofilo in apoptosi

Eritroblasto policromatofilo Eritroblasto basofilo


Figg. 22, 23 – Linfoma di Burkitt aspirato midollare all’8° giorno di terapia: blasti con nuclei distorti o con propaggini, alcuni in apoptosi. Nella fig. 23 blasti disposti a rosetta.

Figg. 24, 25 – Apposizione da linfonodo in linfoma di Burkitt: Tappeto di blasti con citoplasma fortemente basofilo e vacuoli citoplasmatici.

Figg. 26, 27 – Linfoma anaplastico a larghe cellule variante istiocitaria (apposizione). Lamine di cellule grandi con nuclei a ferro di cavallo, cromatina scarsa e molteplici nuclei, in alcuni casi sono presenti un gran numero di istiociti (variante istiocitaria), in altri casi le cellule sono più piccole con nuclei irregolari (variante a piccole cellule).

259


Figg. 28, 29 – Linfoma anaplastico a larghe cellule variante istiocitaria. A maggior ingrandimento ancora più evidente la presenza di istiociti (apposizione).

260 Fig. 30 – Linfoma linfoblastico. Cellule uniformi per grandezza, con citoplasma scarso e nuclei più grandi di quelli dei piccoli linfociti, cromatina finemente distribuita, L1 e L2 della classificazione FAB. La membrana nucleare può apparire frastagliata (linfoma linfoblastico).

Per completezza riportiamo le caratteristiche salienti del linfoma diffuso a larghe celle B di cui non è disponibile alcun vetrino. Nella sua variante più frequente (variante centroblastica), è composto da cellule di media grandezza o decisamente grandi, citoplasma basofilo, nucleo tondo o ovalare e da 2 a 4 nucleoli provvisti di una membrana.


- Il coinvolgimento del liquor nel LNH Fig. 31 – Cytospin su liquido cefalorachidiano in linfoma non Hodgkin. Tappeto di linfoblasti.

Fig. 32 – Cytospin su liquido cefalorachidiano in paziente con LNH. Tappeto di linfoblasti e presenza di numerosi istiociti e cellula in metafase.

261


8c. Linfoma di Hodgkin

Thomas Hodgkin, 1832

Alcune notizie generali Causa sconosciuta Incidenza variabile 1-10/100.000 Andamento bimodale (picco 15-35 anni; > 50 anni) Rapporto maschi/femmine 3:1 Associazione con disordini immunologici (LES, AR, atassia-telangectasia, agammaglobulinemia tipo Swiss) Associazione con EBV Fig. 33 – Linfoma di Hodgkin: istotipi.

Linfoma di Hodgkin: - Linfoma classico 262

- A SCLEROSI NODULARE - A CELLULARITÀ MISTA - A DEPLEZIONE LINFOCITARIA - CLASSICO RICCO IN LINFOCITI

- Linfoma a prevalenza linfocitaria Fig. 34 – La cellula di Reed- Sternberg.

La cellula di Reed – Sternberg

VARIANTE LACUNARE

-Binucleata o multinucleata, citoplasma basofilo -Nucleoli evidenti, inclusioni eosinofile -Contesto cellulare di tipo reattivo (+++ linfociti, granulociti, eosinofili, macrofagi)

CELLULA “POP CORN”

CLASSICA

cellula grande mononucleata con contorno lobulare del nucleo, cromatina vescicolare


Figg. 35, 36 – Cellula di Reed Sternberg con nuclei multilobati di tipo megacariocitoide, tendenza a formare rosette.

Fig. 37 – Hodgkin all’esordio: aspirato midollare con infiltrazione blastica (circa 15%) (microscopio a contrasto di fase).

263

Figg. 38, 39 – Hodgkin all’esordio: aspirato midollare con infiltrazione blastica (circa 15%).


Fig. 40 – Linfoma di Hodgkin: apposizione da linfonodo: Sono evidenti linfoblasti a tappeto.

Fig. 41 – Linfoma di Hodgkin: apposizione da linfonodo in cui è evidente l’infiltrazione di blasti . Nello stesso vetrino è presente una cellula “pop corn”, caratteristica del LH a prevalenza linfocitaria nodulare, di aiuto dal punto vista morfologico nella diagnosi differenziale con il LH classico.

264

Cellula “pop corn” cellula di Hodgkin)


Note

265


Note

266


Cap. 9 1

Il Liquor in Oncoematologia Pediatrica 9a. Qualche notizia in generale Il liquido cefalo-rachidiano è contenuto nei ventricoli celebrali e in tutti gli spazi delimitati dall’aracnoide. Nell’adulto vengono secreti 0,4-0,5 ml di liquor per minuto: ciò significa che esso viene completamente sostituito ogni 7 ore. Questo spiega le variazioni che in condizioni patologiche possono verificarsi da un giorno all’altro. Il liquor normale e’ praticamente privo di elementi cellulari quindi anche pochi elementi possono essere indicativi di un quadro sospetto o addirittura patologico. Può essere variamente coinvolto in molti processi patologici dalle malattie infettive, alle neoplasie, alle malattie neuro metaboliche etc. L’ esame del liquor in Oncoematologia riveste una particolare importanza in alcune patologie come per es. le leucemie ma anche in alcuni tumori solidi ( es medulloblastoma ). Come detto prima anche il rilievo di rare cellule può essere indicativo di un quadro patologico e dato che con l’esame di routine spesso non è possibile contare più di 5-20 cellule e tanto meno valutarne la morfologia, in Ematologia si ricorre ad una tecnica particolare nota come Cytospin

Cytospin: la tecnica

- 0,5 ml di liquor vengono messi in speciali cuvette e centrifugati (con una particolare centrifuga) per 5 minuti a 500 giri. Il liquor viene concentrato su un vetrino cerchiato e poi colorato con May Grunwald Giemsa. - Molto importante è fare questa centrifugazione immediatamente dopo il prelievo altrimenti le cellule si sciupano e non sono più identificabili. - Con questa tecnica anche se non è possiamo dire con certezza il numero di cellule presenti possiamo valutarne la morfologia e segnalare l’eventuale coinvolgimento del liquor in un processo patologico.

9b. Variazioni sul tema… Figg. 1, 2, 3 – Liquor contaminato da batteri (cuvetta lavata non correttamente).

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Figg. 4, 5 – Rachicentesi eseguita non correttamente: Liquor contaminato da globuli rossi. Presenti anche neutrofili.


Figg. 6, 7, 8 – Liquor di paziente affetto da leucemia: non valutabile per la presenza di numerosi globuli rossi.

Fig. 9 – Cytospin: liquor in cui è evidente un tappeto di neutrofili come per meningite batterica.

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Fig. 10 – Cytospin: liquor con numerosi neutrofili e linfociti come per risposta meningea alla chemioterapia.


Fig. 11- Cytospin: liquor dove si evidenzia istiocita fagocitante.

Figg. 12, 13 – Cytospyn su liquor - infiltrazione linfocitaria (non linfoblasti).

Fig. 14 – Linfociti e macrofagi presenti nel liquor.

269

Fig. 15 – Cellule sinciziali presenti nel liquor.


Fig. 16 – Cytospin su liquor - infiltrazione linfocitaria con presenza di rari neutrofili, cellule monocitoidi e globuli rossi.

9c. Liquor in corso di leucemie e linfomi Fig. 17 – Cytospin da liquor infiltrato in corso di leucemie.

mieloblasti

tappeto di linfoblasti 270


Fig. 18 – Leucemia linfoblastica acuta: liquor con infiltrazione massiva di linfoblasti.

Figg. 19, 20, 21, 22 – Leucemia linfoblastica acuta: cytospin con modesta infiltrazione di linfoblasti.

271


Figg. 23, 24, 25, 26, 27, 28 – Cytospin su liquor di LLA in mantenimento dopo zoster. Presenza di numerosi linfociti, cellule monocitoidi e macrofagi. Non si evidenziano linfoblasti.

272


Figg. 29, 30 – Liquor infiltrato da mieloblasti.

Fig. 31 – Liquor infiltrato da mieloblasti: particolare.

mieloblasto

273

globulo rosso

neutrofilo

Fig. 32 – Linfoma di Burkitt: nel liquor sono presenti blasti, istiociti, una cellula in metafase.

metafase

blasti

istiociti


Figg. 33, 34, 35 – Cytospin su liquido cefalorachidiano (linfoma di BURKITT) tappeto di blasti con nuclei distorti, mostruosi, alcuni con germinazioni, citoplasma azzurrofilo con vacuoli; nella fig. 33 cellula in metafase.

Figg. 36, 37 – Cytospin su liquido cefalorachidiano tappeto di linfoblasti e presenza di numerosi istiociti; nella fig. 37 accanto ad un istiocita una cellula in metafase.

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9d. Coinvolgimento del liquor in alcuni tumori solidi Fig. 38 – Cytospin: liquor in cui sono presenti cellule tumorali (astrocitoma III Grado).

Figg. 39, 40, 41 – Cytospin: liquor con infiltrazione di cellule tumorali (germinoma).

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Figg. 42, 43, 44 – Neuroblastoma: liquor infiltrato da cellule tumorali con la tipica disposizione a rosetta.

Figg. 45, 46 – Cytospin: liquor contaminato da cellule di medulloblastoma.

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Figg. 47, 48 – Liquor infiltrato da cellule di medulloblastoma.


Figg. 49, 50 – Particolare di liquor infiltrato da cellule di medulloblastoma. Da notare la grandezza delle cellule neoplastiche con nuclei mostruosi, vacuoli diffusi intranucleari e intracitoplasmatici, citoplasma intensamente azzurrofilo, membrana cellulare irregolare.

Fig. 51 – Liquor cytospin –meningite in paziente con medulloblastoma – presenza di piccole rosette di cellule tumorali in un tappeto di neutrofili.

277

Fig. 52 – Stesso vetrino a un ingrandimento maggiore.


Figg. 53, 54, 55, 56, 57 – Cytospin su liquor in paziente con tumore celebrale post operazione presenza di numerosi macrofagi con residui nucleari nel citoplasma.

Figg. 58, 59 – Cytospin: liquor contaminato da cellule di retinoblastoma.

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Note

279


Note

280


Cap. 10 1

Tumori solidi Escludendo le leucemie e i linfomi, oltre il 90% dei tumori che colpiscono il bambino in età inferiore a 15 anni è costituito da tumori solidi - tumori SNC circa il 33% - Neuroblastoma circa il 12% In senso assoluto il neuroblastoma rappresenta il più frequente tumore solido extracranico del bambino. In questo piccolo capitolo saranno riportati alcuni dei più frequenti tumori solidi che abbiamo avuto modo di osservare attraverso il microscopio ottico nel laboratorio di Ematologia annesso al reparto.

10a. Tumori SNC Fig. 1 – Medulloblastoma: Notizie in generale.

- Medulloblastoma • 20-30% dei tumori cerebrali • spiccata propensione a diffondere per via liquorale (40% metastasi nevrasse) Prognosi: correlata allo stadio, alla sede, all’età del bambino

Rischio standard Bambini > 3aa. -Tumore totalmente asportato o con residuo < 1,5 cm3 - assenza di metastasi

Alto rischio Bambini < 3aa. - Tumore con residuo > 1,5 cm3 - Malattia metastatica

Fig. 2 – Andrea, anni 12 lesione solida in fossa cranica posteriore esordita con ipertensione endocranica: medulloblastoma.

Andrea, anni 12 lesione solida in fossa cranica posteriore esordita con ipertensione endocranica

medulloblastoma

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Fig. 3 – Midollo infiltrato in paziente con medulloblastoma: le cellule tumorali si dispongono a rosetta.

Figg. 4, 5 – Particolari che evidenziano la disposizione a rosetta. Nella fig. 5 un istiocita.

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Figg. 6, 7, 8, 9 – Cellule tumorali presenti nel liquor di paziente affetto da medulloblastoma: le cellule si caratterizzano per citoplasma azzurrofilo disomogeneo con vacuoli e nuclei mostruosi, distorti, con cromatina grossolana, vacuoli intranucleari.


- I tumori a cellule germinali del SNC (germinomi e teratomi) comprendono neoplasie per lo più di derivazione embrionale e sono successivi alla migrazione aberrante della cellula germinale verso la linea mediana craniale durante la embriogenesi. Circa i 2/3 di questi tumori si sviluppano nella regione pineale, 1/3 in sede soprasellare. In una discreta percentuale di casi sono secernenti (αFP e/o β HCG) Fig. 10 – Un esempio di tumore a cellule germinali intracranico.

Valerio C. n. 20.12.1990 a 5 anni ricovero per “polidipsia psicogena “(il bambino beve 3 litri di acqua al giorno!) a 6 anni e 10 mesi comparsa di peluria pubica e incremento delle dimensioni del pene, cefalea frontale → 17OH-P ai limiti sup. della norma a 7 anni e 4 mesi ricovero per pubertà precoce esame neurologico ndn Tanner P3G2T4 lunghezza del pene cm 7.5, diametro cm 3 FT4 0.45mcg/dl ( 0.90-2.10), TSH 2.27mcUI/ml (0.32-5.00) es.urine P.S. 1008, osmolarità orine 48 (400-1100), PRL 2204 mU(53-660) , bHCG 55.1, CEA 6.5 mcg/l(<5) , diuresi 3000-4000 ml/die

terapia con Eutirox, DDAVP, hydrocortisone

Fondo oculare ndn Età ossea 11 anni (+ 3 anni e 8 mesi) RM encefalo → in sede sellare e sovrasellare formazione (3.5x3.7 cm) che invade il diencefalo e si estende in sede interventricolare in corrispondenza del III vetricolo. Ampiamente compresso il chiasma

Intervento → germinoma secernente della regione sellare, bHCG +++ in liquor e siero

283


Fig. 11 – Valerio C. anni 7 mesi 6 alla diagnosi: germinoma secernente.

Fig. 12 – Liquor contaminato da cellule neoplastiche in paziente con germinoma.

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10b. Neuroblastoma Fig. 13 – Neuroblastoma: Notizie in generale.

Neuroblastoma 8-10% di tutti i tumori maligni dell’età pediatrica 1 caso ogni 7000 nati vivi In Italia 13.1 nuovi casi/anno/milione di soggetti in età < a 15 anni Incidenza ++++ tra 0 e 2 anni


Fig. 14 – Neuroblastoma ancora qualche notizia in generale: indagini fondamentali e caratteristiche del NBIVS. surrene

VMA ++++ Scintigrafia con M-IBG Aspirato midollare

fegato

NB IVS

nMYC

midollo

Fig. 15 – Un caso di neuroblastoma che esordisce come una vera e propria emergenza.

Martina C. mesi 9 TC multistrato in data 2.05.08 • formazione espansiva che si estende dal piano passante per l’osso ioide fino all’arco aortico • dimensioni 8.2 cm x 4.6 x 3.5 • dislocazione a ds e compressione della trachea • compressione della tiroide, del tronco brachio-cefalico, e della carotide interna omolaterale • carotide interna sin anteriorizzata e di calibro filiforme • vena giugulare ds calibro +++, giugulare sin non visibile

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Fig. 16 – Sara mesi 3: Tumefazione laterocervicale sin, + febbricola.

Diagnosi: Neuroblastoma della regione laterocervicale e sovraclaveare.

Fig. 17 – Il neuroblastoma ha una spiccata propensione a infiltrare il midollo osseo.

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Le cellule tumorali differiscono dai blasti linfoidi e mieloidi in base a: • cromatina distribuita omogeneamente, • nucleoli, scarsamente visibili, • citoplasma mal definito e agranulare. • tendenza a formare rosette più o meno voluminose.


Fig. 18 – Aspirato midollare numerose cellule mieloidi e eritroidi con presenza di una piccola rosetta di neuroblasti.

Fig. 19 – Aspirato midollare completamente sostituito da cellule tumorali – neuroblastoma .

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Fig. 20 – Neuroblastoma: aspetti diversi di midollo infiltrato.

Neuroblastoma :aspetti diversi di midollo infiltrato


Fig. 21 – Neuroblastoma: rosetta di cellule tumorali (aspirato midollare).

Fig. 22 – Neuroblastoma: colorazione immunoistochimica con atc antiGD2 su cellule separate (aspirato midollare). Controllo negativo dopo incubazione in assenza di atc

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Fig. 23 – Neuroblastoma: colorazione con Atc antiGD2 (aspirato midollare).


Fig. 24 – Neuroblastoma: particolare di midollo infiltrato da cellule tumorali. linfocita plasmacellula

neuroblasto

Fig. 25 – Neuroblastoma: particolare di midollo infiltrato da cellule tumorali. proeritroblasti promielociti

neuroblasto

neuroblasti

Fig. 26 – Neuroblastoma: dopo 3 mesi di terapia: persistono alcune cellule tumorali, sono presenti anche cellule istioidi fagocitanti detriti nucleari (aspirato midollare). neuroblasto

neuroblasto

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piccola cellula istioide fagocitante

cellula istioide con grosse zolle di detriti nucleari

Fig. 27 – Neuroblastoma in trattamento chemioterapico: cellule tumorali verso l’apoptosi. La freccia indica una plasmacellula (aspirato midollare).

plasmacellula


Fig. 28 – Confronto tra NB e sarcoma di Ewing: a parte l’infiltrazione tumorale, è evidente la tendenza alla rosettazione più marcata nel neuroblastoma, si segnala inoltre un rapporto nucleo/citoplasma nello Ewing a favore del citoplasma (aspirato midollare). Neuroblastoma

Ewing

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10c. Tumore di Wilms (nefroblastoma) Neoplasia primitiva del rene più frequente in età pediatrica - nel 75% dei casi prima dei 5 anni di vita - Bilaterale nel 5-7% dei casi - Incidenza 8.1/milione di bambini 0-15 anni - Familiarità 1-2% dei casi - Associato a malformazioni congenite(emiipertrofia, aniridia,malfomazioni genitourinarie) - Associato a s. di Beckwith-Wiedemann, s. Denys – Drash, s.WAGR Figg. 29, 30, 31, 32 – Tumore di Wilms: apposizione di materiale bioptico tumorale.

291

10d. Tumori primitivi dell’osso - 2% di tutte le malignità che colpiscono l’età pediatrica, al secondo posto tra i più frequenti tumori solidi dell’adolescente e del giovane adulto. - osteosarcoma e sarcoma di Ewing sono i più frequenti tumori dell’osso nel bambino e nell’adolescente. Fig. 33, 34 – Rispettivamente sarcoma di Ewing omero e della tibia.


Fig. 35 – Sarcoma Ewing gomito.

Figg. 36, 37 – Sarcoma di Ewing dell’osso: classico aspetto di midollo infiltrato da cellule tumorali.

292


Fig. 38 – Sarcoma di Ewing dell’osso: midollo infiltrato da cellule tumorali.

Fig. 39 – Sarcoma di Ewing dell’osso: midollo infiltrato da cellule tumorali disposte a rosetta, si evidenzia inoltre una cellula in metafase e un metamielocita.

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Figg. 40, 41 – Sarcoma di Ewing in dettaglio: l’aspirato midollare mostra cellule con citoplasma azzurrofilo, disperso, grandi nuclei prominenti con cromatina disposta grossolanamente, reticolata, assenza di nucleoli.


10e. Retinoblastoma È il più frequente tumore maligno intra-oculare del bambino, - 1/15.000 – 20.000 nascite, - 2/3 monolaterali, +++ non ereditari, - 1/3 bilaterali, +++ ereditari (trasmissione autosomica dominante) Fig. 42 – La leucocoria è indubbiamente una delle manifestazioni più frequenti all’esordio.

Fig. 43 – Alessia– mesi 17 all’esordio OS RB + distacco di retina. La TC orbite mette in evidenza la lesione tumorale in Sn.

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Fig. 44 – ecografia conferma la lesione tumorale e il distacco di retina.

Figg. 45, 46 – Cytospin: liquor contaminato da cellule di retinoblastoma.

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Note

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Cap. 11 1

Le malattie da accumulo lisosomiale Quanto segue nasce grazie alla collaborazione con la Sez. di Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie della AOU Meyer diretta dalla dott.ssa Maria Alice Donati cui siamo grati non solo per la professionalità dimostrata nel fornire notizie, consigli, suggerimenti ma anche e soprattutto per la disponibilità e per l’amicizia di cui ci sentiamo onorati. Come ogni altro capitolo esso sarà solo ed esclusivamente limitato a quanto ci è stato dato di osservare negli anni. La figura 1 gentilmente concessa dal dott. Winchester, non vuole essere altro che la dimostrazione della complessità del patrimonio lisosomiale di una cellula.

Reproduced by permission of Brian Lake and Brian Winchester , Great Hormond Street Hospital and UCL Institute of Child Health, London

I lisosomi sono organelli citoplasmatici essenziali per la cellula. Essi infatti sono dotati di enzimi, le idrolasi acide, tramite le quali è possibile la degradazione e il riciclo di macromolecole quali per es. i mucopolisaccaridi, gli oligosaccaridi, il glicogeno, gli glicosfingolipidi. In definitiva essi sono fondamentali per la funzione digestiva della cellula. Un loro difetto, attualmente se ne conoscono oltre 50, determina una non digestione di una determinata sostanza e quindi il suo accumulo (Fig. 2) e l’insorgenza di una patologia “da accumulo “ responsabile di malattie che oltre ad essere rare, sono molto complesse.

Figrura 2 Come appaiono al microscopio elettronico i lisosomi infarciti materiale da accumulo (biopsia cutanea in mucopolisaccaridosi)

Alcune insorgono molto precocemente, anche durante la vita fetale, altre più tardi nei primi anni di vita, altre ancora in età adulta. Al di là della sintomatologia clinica, legata al coinvolgimento di organi ed apparati, il decorso è progressivo, la diagnosi è nella maggior parte dei casi difficile e quindi tardiva e spesso non esiste una terapia specifica.

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Nella tabella 1 che segue, viene riportata una classificazione molto schematica delle malattie da accumulo lisosomiale rimandando a testi specialistici per maggiori e più dettagliate notizie.

CLASSIFICAZIONE DELLE MALATTIE DA ACCUMULO LISOSOMIALE - MUCOPOLISSACCARIDOSI - GLICOPROTEINOSI - SFINGOLIPIDOSI - ALTRE (malattia di Pompe; Difetti di proteine di trasporto; M. di Wollman; CeroidoLipofuscinosi Neuronale) In questo capitolo saranno riportati alcuni esempi di alterazioni riscontrate in alcune malattie da accumulo lisosomiale osservate al microscopio ottico.

10a. Mucopolisaccaridosi Le Mucopolisaccaridosi (MPS) sono conseguenti a deficit di enzimi lisosomiali deputati alla degradazione di glicosoaminoglicani (GAG), costituenti fondamentali del tessuto connettivo. Si tratta di patologie multisistemiche, croniche, a carattere progressivo ad esordio spesso nei primi anni di vita. Nella maggior parte dei casi i soggetti affetti alla nascita non presentano alcuna sintomatologia che può rendersi evidente in seguito con la comparsa di alterazioni scheletriche ingravescenti (ritardo staturale, displasie ossee, contratture), alterazioni del connettivo (dismorfismo facciale, alterazioni cutanee),coinvolgimento di diversi organi ed apparati come sistema nervoso, vista, udito, sistema cardiocircolatorio, apparato respiratorio; in molte MPS è presente epatosplenomegalia. In alcuni casi sono presenti ernie e infezioni ricorrenti. Nelle forme ad esordio precoce spesso è presente coinvolgimento neurologico. Nelle forme lievi le manifestazioni cliniche sono più tardive spesso con preminente coinvolgimento osteoarticolare e diagnosi in età giovanile o adulta. Fatta eccezione per la sindrome di Hunter sono tutte patologie che si trasmettono con carattere autosomico recessivo.

- Mucopolisaccaridosi tipo II Hunter

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- Trasmissione X- linked (gene della malattia sul cromosoma Xq28) - Prevalenza a livello mondiale ~ 1500 – 2000 malati - Incidenza 1:100.000 nati vivi - Difetto di iduronato-2-solfatasi - Patologia complessa multiorgano e multisistema. Sintomatologia in genere assente alla nascita, si manifesta tra i 2 e i 4 anni. Il quadro clinico varia a seconda della gravità della sindrome. - Tipica l’eterogeneità clinica: dismorfismi, ritardo psico-motorio, epatosplenomegalia progressiva, deformità scheletriche con ritardo della crescita e disostosi multiple, contratture articolari,pneumopatia ostruttiva e restrittiva, problemi cardiaci, assente opacità della cornea, exitus in 10-20 anni, contraddistinguono la forma a insorgenza precoce, nei primi anni di vita. Nella forma attenuata tipica dell’età adulta, le manifestazioni sono più lievi: assente il ritardo mentale, sono presenti comunque alterazioni osteoarticolari come per es. artrosi delle anche, danno retinico progressivo, paresi spastica, complicanze cardiache. - Diagnosi prenatale (dosaggio attività enzimatica di iduronato-2-solfatasi nel liquido amniotico e nei villi coriali o analisi genetico-molecolare) - Diagnosi postnatale (glicosaminoglicani urinari; attività enzimatica nel siero e nei fibroblasti; tests genetici) - Aspettativa di vita variabile a seconda della gravità (dalla I-II decade alla VI) - Terapia enzimatica sostitutiva con Idursulfatasi. Figg. 3, 4, 5, 6, 7 – Mucopolisaccaridosi II Hunter: evidenti nel citoplasma i vacuoli con tipico aspetto a castone (striscio periferico, colorazione con May Grunwald- Giemsa)


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- Mucopolisaccaridosi III Sanfilippo (MPS III) - Trasmissione autosomica recessiva - 1: 70.000 nati vivi La sindrome può essere causata da 4 diversi deficit enzimatici: MPS III A (Sanfilippo A): deficit di eparan-N-solfatasi, enzima codificato dal gene SGSH, locus 17q25.3 MPS III B (Sanfilippo B): deficit di alfa- N-acetilglucosaminidasi, enzima codificato dal gene NAGLU, locus 17q21.2 MPS III C (Sanfilippo C): deficit di AcCoA: alfa-glucosaminide –N-ac.transferasi enzima codificato dal gene HGSNAT sul cromosoma 14 MPS III D (Sanfilippo D): deficit di glucosamina -6- solfatasi, enzima codificato dal gene GNS locus 12q14.3 - Sintomatologia sovrapponibile in tutte le forme, caratterizzate da accumulo all’interno dei lisosomi del mucopolisaccaride eparansolfato (GAG).Clinicamente è presente un grave e rapido deterioramento mentale con gravi disturbi del comportamento quali ipercinesia,aggressività, disturbo del ritmo sonno-veglia e ,dopo la prima decade di vita, tetraparesi spastica, convulsioni. In definitiva si tratta di una malattia neurodegenerativa con progressivo deficit visivo e uditivo. - Terapia sintomatica.


Figg. 8, 9, 10 – Mucopolisaccaridosi tipo III (Sanfilippo): linfociti con evidenti vacuoli e granulazioni incastonate nel citoplasma; neutrofili ed eosinofili con granulazioni grossolane e meno evidenti immagini a costone (sangue periferico).

11b. Glicoproteinosi 300

- Sialidosi - Glicoproteinosi - Malattia a trasmissione autosomica recessiva - Deficit isolato di alfa-neuroaminidasi - L’enzima è codificato dal GENE NEU 1, mappato sul cromosoma 6p21.3 - Accumulo di oligosaccaridi in molti tessuti inclusi fegato, midollo osseo, encefalo Sialidosi tipo I seconda decade di vita (mioclono, macchia rosso ciliegia a sede maculare, diminuzione del visus, disturbi della deambulazione, convulsioni) Sialidosi tipo II forma congenita, infantile (ritardo psico-motorio progressivo, dismorfismi facciali, cifosi, sordità, atassia progressiva, mioclonie) - Diagnosi postatale: dosaggio enzimatico alfa neuroaminidasi e/o analisi molecolare gene NEU 1 - Diagnosi prenatale: dosaggio enzimatico alfa neuroaminidasi e/o analisi molecolare - Nessuna terapia specifica Figg. 11, 12, 13 – Sialidosi tipo 1 Eosinofili con grossolane granulazioni grigiastre (sangue periferico).


Figg. 14, 15 – Sialidosi tipo giovanile.

Fig. 16 – Ancora un caso di sialidosi (anni 8 alla diagnosi) (sangue periferico).

301


- Galattosialidosi - Glicoproteinosi - Malattia a trasmissione autosomica recessiva - Deficit combinato di alfa-neuroaminidasi e beta-galattosidasi causata da deficit primario di Proteina Protettrice/Catepsina A(PPCA) - La proteina PPCA è codificata dal GENE CTSA, mappato sul cromosoma 20q13.1 - Diagnosi post-natale: dosaggio enzimatico alfa-neuroaminidasi e beta-galattosidasi o analisi molecolare gene CTSA - Diagnosi prenatale: dosaggio enzimatico alfa-neuroaminidasi e beta-galattosidasi o analisi molecolare gene CTSA Fig. 17 – Galattosialidosi ad esordio con idrope fetale Linfociti con citoplasma invaso da vacuoli e da rare granulazioni incastonate, eosinofili con granulazioni grossolane grigiastre (sangue periferico, colorazione con May Grunwald- Giemsa).

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11c. Sfingolipidosi Gli sfingolipidi sono molecole complesse che si trovano soprattutto nel sistema nervoso: galattocerebroside, solfatidi, sfingomielina sono costituenti essenziali della mielina mentre i gangliosidi si trovano essenzialmente nella sostanza grigia. Oltre che nel sistema nervoso gli sfingolipidi si accumulano nel sistema reticoloendoteliale e in altre cellule.

- Deficit multiplo di solfatasi o malattia di Austin Qualche notizia in generale: - Sfingolipidosi - Malattia a trasmissione autosomica recessiva - Incidenza 1: 1,4 milioni nati vivi - Deficit di tutte le solfatasi conosciute, secondario al deficit dell’ ENZIMA FGE (FGLY-GENERATING ENZYME) - L’enzima FGE è codificato dal GENE SUMF1, mappato sul cromosoma 3p26. - Solfatidi, mucopolisaccaridi, gangliosidi, steroido solfati si accumulano nella corteccia cerebrale e negli organi viscerali - Fenotipo simile a leucodistrofia e mucopolisaccaridosi - Diagnosi postatale: enzimatica e/o genetico molecolare gene SUMF1 - Diagnosi prenatale: genetico molecolare e/o enzimatica - Nessuna terapia se non di supporto Tra i segni e i sintomi ricordiamo: DETERIORAMENTO NEUROLOGICO SIMILE A LEUCODISTROFIA METACROMATICA (deficit di Arilsolfatasi A,ARSA) FENOTIPO MUCOPOLISACCARIDOSI-LIKE: - facies grossolana - rigidità articolare - disostosi multipla - epatomegalia - ITTIOSI


Fig. 18 – maschio di anni 3: ittiosi

DIAGNOSI CLINICA NEUROIMMAGINI: LEUCODISTROFIA RX SCHELETRO: DISOSTOSI MULTIPLA STRISCIO PERIFERICO: LEUCOCITI CON GRANULAZIONI DOSAGGIO (su leucociti, fibroblasti): Arilsolfatasi A Arilsolfatasi B Arilsolfatasi C Solfamidasi Iduronato 2 Solfatasi…… MUCOPOLISACCARIDI NELLE URINE SOLFATIDI NELLE URINE

Figg 19, 20 – presenza di eosinofili con grossolane granulazioni marroni grigiastre; anche i linfociti presentano granulazioni citoplasmatiche, + o- vacuoli (striscio periferico, colorazione con May Grunwald-Giemsa).

303

Fig. 21 – Accanto a eosinofili tipici anche un linfocita (freccia rossa) con citoplasma ricco di vacuoli e granulazioni incastonate negli stessi vacuoli (sangue periferico, colorazione con May Grunwald Giemsa).


Figg. 22, 23, 24, 25 – In alcune malattie da accumulo lisosomiale (es. deficit multiplo di solfatasi, gangliosidosi GM1), gli eosinofili si riconoscono solo dalla morfologia del nucleo (striscio periferico, colorazione con May Grunwald Giemsa). In questo caso i vetrini si riferiscono a deficit multiplo di solfatasi (sangue periferico).

Neutrofili

Eosinofili con granulazioni marrone-grigiastre

- Gangliosidosi GM1

304

- Sfingolipidosi - Trasmissione autosomica recessiva - Deficit isolato di beta-galattosidasi (codificato dal gene GLB1 mappato sul cromosoma 3p21.3) - Classificata in base all’esordio e alla attività enzimatica residua in tre fenotipi clinici: tipo I: neonato e prima infanzia (ipotonia neonatale, idrope fetale occasionale, più spesso edema, dismorfismi facciali, arresto dello sviluppo neurologico, epatosplenomegalia, disostosi multiple, cecità, nistagmo). Nel 50% dei soggetti macchia rosso ciliegia dopo i primi 6 mesi di vita, exitus spesso entro i primi 2 anni) tipo II: forma giovanile (tarda infanzia/adolescenza, atassia, tetraparesi, lievi alterazioni ossee, assenti l’epatosplenomegalia e i dismorfismi) tipo III: adulto( distonia, atassia, disartria cerebellare, non alterazioni ossee, capacità cognitive normali o lievemente alterate) - Accumulo variabile soprattutto di gangliosidi GM1 nei lisosomi sia a livello delle cellule nervose che viscerali - Diagnosi enzimatica con determinazione della attività beta-galattosidasi nei leucociti o in fibroblasti - Diagnosi molecolare gene GLB1 - Diagnosi prenatale: analisi enzimatica e/o analisi molecolare su villi coriali (CVS) o amniociti (AL). Nella fig. 26 un esempio di Gangliosidosi GM1 tipo 1

Gangliosidosi GM1 tipo 1 ( forma infantile con cardiomiopatia) A una settimana di vita

Edema generalizzato transitorio epatomegalia lieve

A 4 mesi

Cardiomiopatia dilatativa

A 5 mesi

Facies dismorfica, ipotonia generalizzata, ROT iperattivi, edemi arti inf. teleangectasie, epatosplenomegalia, ritardo psicomotorio

A 18 mesi exitus

Linfociti con vacuoli nel citoplasma e granulazioni a castone (sangue periferico)


Figg. 27, 27, 29, 30, 31 – Gangliosidosi GM1 tipo I: linfociti con evidenti vacuoli o con vacuoli + grossolane granulazioni a castone; granulociti eosinofili con citoplasma grigiastro(sangue periferico, colorazione con May Grunwald-Giemsa).

Nelle malattie da accumulo lisosomiale, in alcuni casi, l’aspirato midollare e/o la biopsia osteomidollare possono essere di per sé suggestivi della malattia. Esempi possono sia la malattia di Niemann-Pick che la malattia di Gaucher classificate tra le sfingolipidosi.

- Malattia di Niemann-Pick - Sfingolipidosi - Trasmissione autosomica recessiva - Deficit di sfingomielinasi (11p15) - Sono colpiti entrambi i sessi - Si distinguono: Tipo A con epatosplenomegalia fin dai primi mesi, grave coinvolgimento SNC, raramente sopravvivono oltre i 18 mesi di vita. ( Incidenza ∼ 1:500.000) Tipo B, con epatosplenomegalia che compare nella prima infanzia, interessamento polmonare, non coinvolgimento SNC (Incidenza ∼ 1:200.000), Exitus in genere entro i 18 mesi di vita. - Esistono inoltre altre due varianti, C e D, nelle quali la caratteristica è rappresentata dall’accumulo di colesterolo nel SNC. Possono comparire nei primi anni di vita o in età prepuberale. La epatosplenomegalia è in genere moderata mentre è grave l’interessamento del SNC con difficoltà alla deambulazione, disturbi progressivi della deglutizione, perdita dell’udito e della vista. La forma D si distingue per insorgere nella popolazione della Nuova Scozia (common ancestral background). Segue un caso di malattia di Niemann-Pick, particolare dal punto di vista clinico: si tratta di una bambina che entra in ospedale per accertamenti in seguito al rilievo di epatosplenomegalia, bassa statura e un quadro Rx torace suggestivo per miliare tubercolare. Fig. 32 – La biopsia osteo-midollare mette in evidenza cellule schiumose e istiociti blu mare.

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Questo aspetto particolare induce ad altri accertamenti e in particolare al dosaggio nei fibroblasti di sfingomielinasi che nella paziente risulterà di 17nM/mg/h (V.N. 118-215). A completamento delle indagini la diagnosi sarà: Malattia di Niemann-Pick tipo B. Figg. 33, 34, 35 – Cellule di NIEMANN-PICK Si caratterizzano per avere un citoplasma ampio di aspetto spugnoso; in alcuni elementi caratterizzati da un minor accumulo, le inclusioni sono sferoidali e di colore blu intenso

Figg. 36, 37, 38 – Ancora cellule blu mare.

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- Malattia di Gaucher Sfingolipidosi (la più comune) - Esistono diversi tipi di malattia di Gaucher che si distinguono per età all’esordio, incidenza, segni e sintomi clinici, sopravvivenza per i quali rimandiamo alla tabella n. 2 Tab. 2 – i diversi tipi di malattia di Gaucher Tipo 1

Tipo 2

Tipo 3

esordio

Infanzia/adulto

Primi mesi

infanzia

frequenza

1:60.000

1:500.000

1:100.000

visceromegalia

+

+

+

segni e sintomi ematologici

+

+

+

scheletro

+

+

+

SNC

-

+++

++

sopravvivenza

6 -80 anni

< 2 anni

20 – 40 anni

- La sintomatologia nella forma infantile si manifesta precocemente con epatosplenomegalia e grave deterioramento del SNC (quadriplegia spastica, strabismo convergente con paralisi orizzontale dello sguardo, disfagia etc.) - Nella fig. 39 sono riportate schematicamente alcune delle caratteristiche salienti della malattia sia per quanto riguarda la trasmissione ereditaria che la diagnosi.

Malattia di Gaucher - Trasmissione autosomica recessiva - Deficit di b-glucocerebrosidasi - Diagnosi enzimatica

molecolare

Accumulo di glucosilceramide nei lisosomi delle cellule del sistema reticolo-endoteliale Leucociti, fibroblasti, villi coriali (12° settimana), amniociti (16° settimana) Analisi delle diverse mutazioni del gene glucocerebrosidasi che sono alla base del difetto enzimatico (cromosoma 1q21-q31)

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Dal momento che si tratta di una patologia multiorgano e multisistemica molti sono i distretti interessati (fig. 40)

Malattia di Gaucher Fisiopatologia

Nella tabella 3, sono riportati brevemente i segni e sintomi clinici più caratteristici e di converso le patologie che più frequentemente possono essere responsabili di errori o di ritardi nella diagnosi.

Malattia di Gaucher

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LA DIAGNOSI:

DIAGNOSI DIFFERENZIALE CON:

• Scarso accrescimento • Dolori ossei ricorrenti • ↑ Milza ± fegato • ↑ Milza ↓ piastrine • RX: lesioni ossee • Diatesi emorragica

• LINFOMA • LEUCEMIE • DISCOAGULOPATIE • OSTEOMIELITE • LEGG-CALVÈ-PERTHES

Figg. 41, 42, 43, 44 – La cellula di GAUCHER come appare nel sangue midollare. Cellule di 30-80µm di diametro, nucleo piccolo e rotondeggiante, disposto in periferia, rapporto nucleo/citoplasma a favore del citoplasma. L’accumulo di glucosilceramide nel citoplasma, di colore blu chiaro,definisce l’aspetto lamellare, a bulbo di cipolla o a foglio spiegazzato tipico della cellula.


Le figure che seguono (Figg. 45, 46, 47, 48, 49) si riferiscono ad alcuni strisci di sangue periferico relativi ad un paziente affetto da malattia di Gaucher neonatale: nei granulociti sono evidenti oltre a nuclei ipersegmentati, vacuoli, granulazioni, immagini a castone, vacuoli citoplasmatici sono evidenti anche nel linfocita di fig. 49.

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11d. Glicogenosi - Malattia di Pompe Glicogenosi tipo II conseguente il deficit di maltasi acida, unico enzima lisosomiale coinvolto nel metabolismo del glicogeno. La Fig. 50 riporta in sintesi alcune notizie utili.

Malattia di Pompe - malattia da accumulo lisosomiale - prevalenza 1/40.000 nati vivi - gene individuato sul cromosoma 17q25.2 - trasmissione autosomico recessiva - deficit di a-1,4 glucosidasi acida (maltasi acida) a) insorgenza precoce (neonatale e infantile), b) insorgenza tardiva Terapia con forma ricombinante di a-glucosidasi acida può migliorare la funzione cardiaca e muscolare

Diagnosi: mediante analisi enzimatica su linfociti e/o fibroblasti o su biopsia muscolare. Recentemente sono state messe a punto analisi enzimatiche su spot di sangue (fluorimetria-MS/MS). Analisi molecolare gene alfa glucosidasi Diagnosi prenatale mediante analisi enzimatica su villi coriali o amniociti/ analisi molecolare

Lo striscio periferico mostra la presenza di linfociti grandi con nucleo prominente e cromatina grossolana e presenza di vacuoli anche numerosi nel citoplasma. Nelle forme infantili esso mostra sempre linfociti vacuolati incostantemente presenti nelle forme tardive

310 - Nella forma a esordio precoce (prime settimane e/o primi mesi di vita) i segni e i sintomi salienti sono rappresentati da CARDIOMIOPATIA, SEVERA CARDIOMEGALIA, IPOTONIA GENERALIZZATA, DEBOLEZZA MUSCOLARE, SCARSO ACCRESCIMENTO. L’ECG evidenzia PR corto, QRS di grande ampiezza, ONDA T invertita, marcata deviazione asse SX. Figg 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60 – Lo striscio periferico mostra linfociti grandi con nucleo prominente e cromatina grossolana e presenza di vacuoli anche numerosi nel citoplasma. Nella forma infantile lo striscio evidenzia linfociti in cui sono pressoché costanti numerosi vacuoli al contrario di quanto si verifica nella forma tardiva in cui i vacuoli sono meno evidenti.


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- Malattia di Danon A conclusione del capitolo vengono riportate alcune note relative ad una malattia rara di recente identificazione caratterizzata da un accumulo lisosomiale di glicogeno ma con maltasi acida normale nota anche come malattia di Danon. Di seguito sono riportate le caratteristiche salienti: - trasmissione autosomica recessiva legata allo X per mutazioni del gene LAMP2 localizzato sul cromosoma Xq24 - prevalenza < 1/1.000.000 - età d’esordio infanzia (classicamente nei maschi di età ≥ 10 anni; esordio più tardivo nella femmina)


- deficit di LAMP2 (Lysosomial- associated Membrane Protein 2). Per inciso LAMP2 è una componente essenziale della membrana lisosomiale. - Sintomatologia: nei maschi affetti grave cardiomiopatia, miopatia, spesso ritardo mentale - Diagnosi: dimostrazione di attivitĂ della maltasi acida normale o aumentata Dimostrazione mediante biopsia muscolare di vacuoli citoplasmatici ripieni di glicogeno e di prodotti di degradazione citoplasmatica, assenza di proteina LAMP2 mediante immunoistochimica. Analisi molecolare delle mutazioni del gene LAMP2 Diagnosi differenziale: glicogenosi tipo 2 (Pompe), miopatia legata allo X con autofagia eccessiva (XMEA) - Trattamento sintomatico - A rischio di morte improvvisa nel giovane adulto a causa di aritmia Fig. 61, 62 – Malattia di Danon: linfociti con vacuoli citoplasmatici (sangue periferico, colorazione May Grunwald Giemsa).

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