Reality 55

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Editoriale

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Carissimi lettori, siamo nel 2010, primo numero di Reality dell’anno. Ormai vi lasciate trasportare dai nostri articoli, le vostre menti viaggiano con le nostre immagini. Ci avete così viziato che il nostro impegno si fa ancor più solido, concreto, inossidabile. Sappiamo che siete esigenti e che non sempre riuscite a trovare ciò che desiderate. Dobbiamo dire che da sempre, e soprattutto oggi, fare buon giornalismo non è semplice; i giornalisti combattono quotidianamente per trovare la notizia, il fatto o meglio il misfatto, che riesce a vendere, a cogliere, a catturare l’interesse dell’opinione pubblica. Una guerra continua: una guerra senza deflagrazioni, senza morti, ma che porta ad un continuo accanimento e irrefrenabile cattiveria l’uno verso l’altro. Oggi l’informazione non si limita a raccontare, a spiegare, a informare appunto, ma a volte giudica, etichetta, mette timbri. Ma veramente i media sono così superficiali e scadenti? O forse alcuni lettori e ascoltatori prediligono certe notizie e programmi, magari i soliti che incrementano la nascita e la crescita di certi periodici? Vero anche che molte persone oggi si rifiutano di guardare la tv e leggere giornali, non più attratti da certi modi di fare informazione, dove non ci si sorprende più di niente, dove tutto è semplicemente scontato. Ecco, forse è proprio la voglia di sorprendere, stupire, fare audience che all’eccesso ha ribaltato il suo effetto, rendendo il tutto non più interessante, ma semplicemente mediocre. Reality, nel suo piccolo, vuol darvi correttezza e lealtà. I nostri articoli fanno informazione, valorizzano certe tematiche e argomenti, senza però a priori escluderne o danneggiarne altri. La spinta che ci manda avanti è quella di essere, ormai da anni, nei vostri salotti, nei vostri studi, nei vostri negozi, nei vostri uffici, facendovi compagnia nei momenti di relax. Ci piace! Buona lettura.

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Reality

MAGAZINE D’INFORMAZIONE

Centro Toscano Edizioni srl Sede legale via Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Redazione casella postale 36 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Studio grafico via P. Nenni, 32 50054 Fucecchio (FI) Tel. 0571.360592 - Fax 0571.245651 info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Direttore responsabile Margherita Casazza direzione@ctedizioni.it Direttore artistico Nicola Micieli Redazione redazione@ctedizioni.it Studio grafico lab@ctedizioni.it Abbonamenti abbonamenti@ctedizioni.it

Text Cristian Amorelli, Carlo Baroni, Graziano Bellini, Floridia Benedettini, Andrea Berti, Patrizia Bonistalli, Fabrizio Borghini, Brunella Brotini, Margherita Casazza, Carla Cavicchini, Stefania Catastini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Federica Cipollini, Angela Colombini, Gustavo De Feo, Carmelo De Luca, Martina Ercoli, Angelo Errera, Federica Farini, Enrica Frediani, Tamara Frediani, Luca Gennai, Federico Ghimenti, Luciano Gianfrancschi, Cluaudio Guerini, Paola Ircani Menichini, Kirilla, Mattehew Licht, Nicola Micieli, Claudio Mollo, Paolo Pianigiani, Sara Remorini, Giampaolo Russo, Carla Sabatini, Domenico Savini, Gaia Simonetti, Sara Taglialagamba, Giuliano Valdes, Vanessa Valiani, Valerio Vallini.

Photo Marco Bonucci, Alena Fialová, Giorgio Mascagni, Alfredo Sabatini, archivio CTE.

Stampa Bandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi) ISSN 1973-3658

Reality numero 55 - marzo 2010 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007 © La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore. Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2007 - Via G. Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI), tel. 0571 360592, e-mail: info@ctedizioni.it - AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.



eality55 ARTE & MOSTRE

Sommario

Stefano Tonelli 2009

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Sul bordo del Buio e della Luce Goya il contemporaneo

Il sofà di Maranghi Nell’officina di Vulcano Storie di terracotta Lucca celebra Ragghianti Luzzati maestro del costume Variazioni di Clelia Cortemiglia Rebis STORIA&TERRITORIO

38 40 42 44 47 48 50 52 53

La civiltà dell’acque 1914 la beffa della tramvia 1810-2010 la soppressione Il patto di famiglia Alle radice del carnevale Dagli occhi al cuore Al timone del Miravalle Un presepe di costumi Camera con vista POESIA&LETTERATURA

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Sandro Penna Amourang L’anoressia nell’arte Il profeta dei terremoti

MUSICA&SPETTACOLO

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Palm Springs La Venere di Milo Follia Burlesque Kerstin Schwarz Damm Xena Zupanic Come in altalena

EVENTI&SOCIETÀ

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Architettura e contemporanità Il massaggio infantile PSA le informazioni Parliamone! Primo soccorso CRM nuova moda Glamour al profumo di Cavalleria Alla più bella Made in Italy Due mari una corsa ECONOMIA&AMBIENTE

94 96 97 98 100

Viaggiare in sicurezza! Cosa sono i voucher formativi Investi in qualità Ripartiamo dall’apprendistato Sistema Sistri

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5 SENSI Tenuta San Pietro Da Liverpool a Chester Rotary Sband Carnevale d’Autore Iniziamo a correre! Sapori sotto il segno dei Pesci Il Giacinto, il fiore dell’amore Persefone

LE VETRINE DI REALITY

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ArtAround Booking a Book Show Reel Juke Box


Parliamo di...

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Sul bordo del buio Stefano Tonelli Sul bordo del buio e della luce sta in bilico il tempo nostro. Stiamo vivendo un nuovo silenzioso olocausto che non stermina i corpi ma la nostra umanità. In tutto il pianeta si sta spegnendo l’interruttore dell’altruismo, del senso profondo del nostro passaggio in questa vita. Ed il bordo,

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di Nicola Micieli

n osservatorio in limine, sul bordo del buio e della luce. Allo spazio ambiguo, sfuggente, irrapresentabile – se non per illuminazione visionaria – che è l’area del transito, più che confine, tra il visibile e l’invisibile, tra l’estensione del mondo fenomenico e la dimensione interiore ovvero spirituale dell’essere, Stefano Tonelli assegna il suo recente ciclo pittorico. Su quello scrimine in cui la luce riverbera frangendosi nella cortina del buio, e dal buio cava le impronte, le scaturigini delle sue forme percepibili, idealmente egli stesso si colloca. In quanto pittore e persona dotata di senso e di intelletto in sinergia, cui tocca il compito della rivelazione. Che significa poi farsi tramite d’un fluire di segni e d’un agglutinarsi di immagini come evocate, per la loro aleatorietà, da un’altra dimensione, appunto. Da un sovramondo della leggerezza, direi meglio, tanto è labile, e a un tempo essenziale, il loro manifestarsi corporale carico di sensi non riducibili agli schemi possibili della logica cognitiva. Sensi non permutabili in schemi logici eppure portatori di verità, per quel loro manifestarsi di luce guizzante e assumere identità di figura e prevedibilmente dissolversi, appena cessi il contatto medianico che rende possibile la visione, e richiede che idealmente si schermi lo sguardo distraendolo dalle apparenze, ci si immerga nel buio degli infiniti spazi cui corrisponde, altrettanto estesa e profonda, l’infinitudine dell’interiorità umana. Stefano Tonelli è da tempo pittore incline a intendere la tela come luogo, forzatamente approssimato, ove si compie il miracolo della manifestazione dell’essere. C’è un fondo spiritualista nella sua concezione dell’arte come tensione a tradurre in segno carico di energia una vibrazione dell’animo, in orditura di segni e partitura figurale una proiezione della mente. Egli si dispone alla pittura rendendosi disponibile ad accogliere quel che suggeriscono i suoi sensi in tensione, la sua mente oscurata dall’abbaglio della visione. Ai sensi e alla mente coinvolti nell’esperienza creativa, e parlo di esperienza perché Tonelli si rinnova ogni volta nella concretezza del gesto pittorico, egli presta una scrittura grafo-pittorica di estrema motilità, davvero idonea a tradurre il fervore dei segni che come animule chiedono di essere catturate, nel loro trascorrere rapidissimo. Nel ciclo recente dei dipinti dislocati sul bordo del buio e della luce, Tonelli ha messo a fuoco corpi celesti, conformazioni cosmiche, nebulose lontane, nuclei e filamenti luminosi, mondi e riverberi di mondi, grembi generatori di luce e luci risucchiate da un più remoto agglutinarsi del buio. Ovvio pensare alla abbrividente, incantata accelerazione d’un viaggiatore siderale. Per il quale il confine tra il buio e la luce non è una linea di demarcazione, come si diceva, ma un luogo del transito, e dunque della trasformazione, dove microcosmo e macrocosmo si incrociano e rilanciano specularmente le proprie immagini, che lo sguardo visionario del viaggiatore cattura e trattiene nella memoria. Si faccia caso al modo in cui Tonelli permuta in essenza angelica e in spiritualizzata figura squisitamente umana i nuclei di luce che pulsano nelle sue partiture, e sono cellule di organismi remoti nello spazio infinito, tracciati filamentosi di monadi luminose, scie di corpi che non esauriscono l’energia che le anima nel loro trascorrere, gangli e selve di connessioni neuronali che dal loro incontrarsi e interagire generano sempre nuove conformazioni. Ebbene, Tonelli legge sempre i segni del destino cosmico dell’uomo in quei nuclei e tracciati e scie e gangli e inestricabili circuiti neuronali che assumono, allo stadio più alto della manifestazione visiva, la forma simbolica delle spirali ruotanti, dei cerchi di accensioni angeliche, dei mandala che prefigurano una possibile manifestazione del divino.


e della luce




giorno dopo giorno, si assottiglia. Dobbiamo al più presto ritornare ad una resistenza interiore. Fare entrare di nuovo la luce nel buio delle nostre coscienze è l’atto prioritario la rivoluzione che ognuno di noi può fare, ogni giorno, a partire da oggi. E l’arte a tutto ciò deve servire. Nelle mie ultime opere propongo il silenzio per offrire a chi sa guardare il canto del proprio cuore, perché la speranza si faccia luce. “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”.

NOTIZIA

STEFANO TONELLI Nato a Montescudaio nel 1957, vive e lavora tra Montescudaio e Roma. Le sue prime personali risalgono al 1978. Ha esposto in Italia (Verona, Venezia, Reggio Emilia, Milano, Ancona, Roma, Bergamo, Napoli, ecc.) e all’estero (Parigi, Amburgo, Madrid, Lisbona, Bruxelles, New York, ecc.), è apparso su molte riviste specializzate tra cui Arte, Art’è, il Venerdì di Repubblica, Contemporart, Il Grande Vetro, ecc. Hanno parlato di lui: José Saramago, Gillo Dorfles, Nicola Micieli, Ilario Luperini, Vittorio Raschetti, ecc.



C’è, in questo ciclo di Stefano Tonelli, lo stupore di un mondo che si svela alla vista ma che non rivela il suo segreto, un mondo in cui i fenomeni descritti non sono fisici ma interiori, dove l’infinitamente piccolo è come l’infinitamente grande. Al centro di tutto questo, anche quando assente, è sempre infatti l’uomo, con la sua ansia d’esistere, i suoi dubbi e le sue incertezze, le sue folgorazioni e le sue paure, i suoi abissi profondi e le sue vette. Un uomo smisuratamente piccolo, fatto di luce, pronto a buttarsi a capofitto nelle tenebre, come un tuffatore cosmico che voglia perdersi per ritrovarsi, immergersi per riemergere, smarrire la propria luce per ritrovarla, ancora più intensa, più piena. La luce ed il buio diventano in tal senso gli estremi opposti di un viaggio infinito e in continuo formarsi, dove splendori e tenebre sono fatti della stessa sostanza. Ribaltando il senso tragico dell’etica latina, potremmo dire per questo ciclo di opere, che “la vita come esultanza si immerge felice nella luce”. E questo inconsueto libro, in conclusione, diventa un diario privato che conduce per mano l’occhio dello spettatore attraverso particolari scelti e fotografati direttamente dal pittore, quasi a farne un dono, una confessione, un segreto sussurrato alla vista interiore di chi vi saprà gettare lo sguardo. Marco Tonelli Dalla presentazione al catalogo della mostra “Stefano Tonelli. Sul bordo del buio e della luce”. Ulisse Gallery, Roma 20 febbraio-10 aprile 2010



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il contemporaneo

TEXT Carmelo De Luca

Mostre

Goya P

ittore di corte, abile ritrattista, incisore, sostenitore del dipinto con scene di vita popolare, Goya possiede uno stile sensuale, incisivo, brutale, visionario, insomma una grande

Il pittore della vita popolare a Milano, presso Palazzo Reale, fino al prossimo 27 giugno con moltissimi capolavori libertà espressiva da rendere i suoi dipinti unici e facilmente riconoscibili. Tali prerogative influenzano profondamente le correnti artistiche dei secoli successivi, suggestionate da cotanta efficacia espressiva della quale le sue opere sono intrise, prime fra tutte il Romanticismo e l’Impressionismo; ma come dimenticare il forte influsso del maestro spagnolo anche sull’operato di pittori contemporanei quali Mirò, Bacon, Pollock, Guttuso, De Kooning, Picasso! L’imposizione dell’io soggettivo, l’impeto gestuale, la realtà violentata o violenta rappresentano i temi cari a Goya, ripresi, elaborati, personalizzati dai grandi nomi della pittura a cavallo tra il XIX e XX secolo. L’esposizione meneghina vuole aiutare il visitatore a comprendere come l’operato artistico del pittore continui a rivivere nei dipinti di grandi nomi dell’arte attraverso il confronto dei bellissimi manufatti presenti in mostra. Un filo conduttore, caratterizzato dalla libertà d’espressione, dall’imposizione scenografica del corpo, dalla paura razionale e irrazionale aggrega in un suadente legame simbiotico L’Autoritratto, La lattaia di Bordeaux, Asensio Julià, Il Ritratto di Don Juan Goicoechea e moltissimi capolavori di altri maestri che scoprirete visitando il Palazzo Reale di Milano sino al prossimo 27 giugno 2010.

1. La lattaia di Bordeaux, 1826 ca 2. Autoritratto, 1815 3. Asensio Julià, 1798 ca

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Sofà

Mostre

Il

TEXT Fabrizio Borghini

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l 2010 si preannuncia un anno importante per il maestro Giovanni Maranghi, non solo per gli impegni espositivi che lo attendono in Italia e all’estero, ma perché nel corso dell’anno festeggerà due ricorrenze

Sono sognanti, corrucciate, assenti, enigmatiche quanto basta per preservare, alla vista di tutti, i loro sentimenti più reconditi, la loro personalità, la loro vulnerabilità... significative: il cinquantacinquesimo compleanno e i trentacinque anni trascorsi nel mondo dell’arte. Forse, però, quest’ultima celebrazione è sicuramente da ridefinire perché, praticamente, l’artista ha trascorso

Maranghi

l’intera sua esistenza nel mondo che fin da piccolo lo ha affascinato. È più appropriato, perciò, affermare che sono passati sette lustri dalla sua prima mostra tenuta nel 1975 alla Galleria San Ferdinando di Bari. Quello per l’arte è un amore sbocciato in tenera età quando il piccolo Giovanni, al seguito del babbo, andava a respirare l’aria austera dei musei fiorentini o quella più mondana delle inaugurazioni delle mostre d’arte. Ma in quei suoi primi anni di vita erano frequenti anche i ‘pellegrinaggi’ negli studi dei pittori fiorentini del dopoguerra dove si recava con la deferenza di un credente che entra in un luogo di culto. In quel periodo adolescenziale rimase folgorato, in ugual misura, dalle opere dei grandi del passato e dal carisma degli artisti contemporanei dei quali subiva il fascino ma dai quali, al contempo, cercava anche di assimilare tecniche e contenuti.

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Questo incantamento infantile e adolescenziale ha contribuito, in seguito, ad indirizzarne gli studi verso l’arte spronandolo a frequentare il Liceo Artistico e, successivamente, la facoltà di Architettura e l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Tutte queste radici ed esperienze, oggi le possiamo ritrovare, a vario titolo, nelle opere di un artista che, seppur giovane, è già affermato sulla scena nazionale e internazionale. Ha esposto, infatti, nelle più prestigiose gallerie della Penisola (a Milano, Ischia, Cervinia, Sanremo, Firenze, Forte dei Marmi, Siena) ma anche d’Europa (a Amsterdam, Bruxelles, Parigi, in Lussemburgo, Russia, Germania, Svezia, Svizzera) e del nord America (a Carmel, Chicago, New Orleans, Sarasota, Palm Beach). Di lui si sono occupati insigni critici come Tommaso Paloscia, Nicola Micieli, Romano Battaglia, Maurizio Vanni, Maria Vittoria Corti, Giovanni Faccenda.


Colto e raffinato, Maranghi ha fatto della ricerca la ragione del suo ‘vivere’ artistico. Infatti, pur dotato di una tecnica che ormai ha raggiunto vertici altissimi, ama sperimentare in continuazione usando ora l’encausto, ora il collage; oppure utilizza i materiali più diversi, come ha fatto recentemente con la resina, per cercare soluzioni stilistiche in grado di consentirgli un approfondimento sempre maggiore delle tematiche che predilige. In particolare, la figura femminile e il mondo che le ruota intorno che viene indagato in maniera approfondita ma distaccata; Maranghi lancia, infatti, degli input allo spettatore abbandonandolo poi a sé stesso dopo averlo stimolato ad inoltrarsi in un intrigante labirinto disseminato di ‘indizi’ che consentiranno, ai più perspicaci, di decifrarli per andare a ricomporre un mosaico esistenziale totalmente declinato al femminile. Per far questo, si trasforma in un bizzarro stilista, in un sontuoso arredatore, in un fantasioso acconciatore, in un pignolo architetto che ama collocare il razionale accanto all’irrazionale per dar vita ad un unicum dicotomico e fascinoso che corrisponde, guarda caso, proprio a quell’universo femminile che invita a scoprire e penetrare a chi si pone davanti a una sua opera. Le donne di Maranghi sono abbondanti, ma l’artista riesce, padroneggiando magistralmente il segno, a renderle lievi. Così come le mongolfiere, imponenti ma allo stesso tempo leggere da poter librare dolcemente la loro mole verso il cielo, queste donne imponenti riescono a volteggiare nel quadro con l’imprevedibilità e l’eleganza del volo di una piuma. Le loro rotondità sono sottolineate con bonaria ironia tanto da far sembrare i quadri autobiografici per l’autoironia che sprigionano queste signore e signorine compiaciute della loro opulenza fisica, dei seni straripanti, dei glutei felliniani, dei grossi polpacci evidenziati da tacchi tozzi che sorreggono scarpe a barca dagli improbabili 1. Extra large barocco 2. Chocolat 3. Bouquet 4. Non ti muovere

colori che vanno a fare da pendant alle inusuali tinture delle acconciature cotonate e delle labbra siliconate. L’intero corollario è sintomo di una manifesta sfrontatezza, di una indipendenza conclamata nei confronti delle convenzioni; sono femmine liberate dall’ossessione dell’uomo, dall’obbligo di dover essere seducenti ad ogni costo: sono così come sono, tout court. Autosufficienti sentimentalmente ed esistenzialmente, non hanno bandito l’uomo dal loro universo ma lo hanno relegato in un ruolo subalterno. Sono sognanti, corrucciate, assenti, enigmatiche quanto basta per preservare, alla vista di tutti, i loro sentimenti più reconditi, la loro personalità, la loro vulnerabilità, che celano dietro grandi cappelli. Sbandierano orgogliose la loro ‘diversità’ rivelando una totale indifferenza nei confronti del giudizio degli altri e della morale corrente. Maranghi le porta alla ribalta senza forzare la mano, fa capire che non è lui l’abile regi-

4 sta che le mette in scena ma solo colui che le raffigura così come le vede, con l’occhio indagatore del sociologo, dello psicologo, dell’entomologo che le osserva con la lente d’ingrandimento come fossero lepidotteri. Non chiede loro di interpretare un ruolo, non pretende da loro posture ammiccanti o compiacenti ma incastona le loro ‘personalità’ all’interno di un impianto scenico tratteggiandone le psicologie come farebbe un analista ansioso di trasferire i risultati della sua cartella clinica sulla tela. Non c’è sarcasmo nella visione dei comportamenti, delle pose, del modo di agghindarsi delle goffe donne maranghiane; se l’artista accentua gli accostamenti cromatici o il segno grafico, lo fa esclusivamente per interpretare ed evidenziare non per irridere. La sua sottile vena grottesca, tipicamente toscana, la lascia trapelare solo nei titoli dei quadri dove traspare, anche, il malcelato amore per il surrealismo che tanta parte ha avuto ed ha nella sua vicenda artistica.

Nato nel 1955 a Lastra a Signa, Giovanni Maranghi svolge i suoi studi nella vicina Firenze, diplomandosi al Liceo Artistico Leon Battista Alberti per poi iscriversi alla Facoltà di Architettura dell’Ateneo Fiorentino. Alterna i suoi studi da universitario con la frequentazione dei corsi di nudo libero presso l’Accademia delle Belle Arti. Appena ventenne trova spazio per un’esposizione personale presso la Galleria San Ferdinando di Bari. Da questo momento, seguiranno numerose mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Fra gli appuntamenti di maggior rilievo di questi primi anni, si ricordano, quello alla Galleria d’Arte Spinetti di Firenze nel (1982), alla Galleria Dalders ad Amsterdam (1985) e alla Galleria Diva di Bruxelles (1887). Gli anni ’90 si aprono con un’importante personale “La poltrona dei sogni” alla Galleria Nuovo Sagittario di Milano, con la quale vivrà un importante rapporto di lavoro che lo porterà in breve tempo a conoscere e a farsi conoscere ai collezionisti d’arte. Sempre negli anni novanta sarà protagonista in California con una personale alla Medici Gallery nella città di Carmel e ancora allo Studio 205 di Chicago. Questo ciclo statunitense si chiude provvisoriamente nel 1997 con una personale a New Orleans. L’artista torna ad esporre in Italia con la “Giostra degli incantesimi” presso la Pieve di S.Lorenzo a Signa, nel 1998. Il nuovo secolo si apre con “Gnacchi e Timparlini” all’Hotel Excelsior di Firenze; una mostra ispirata alle “poesie metasemantiche” di Fosco Maraini. Nel 2001, Mondadori Editore, gli dedicherà un redazionale e uno special sul periodico “Arte”.L’attività espositiva, prosegue poi con “Illusiones coscientes” alla Galleria Nichido di Parigi. Fra il 2005 e la fine del 2007 altri importanti appuntamenti a, Siena, Pietrasanta, Matera, Firenze (all’interno delle Palazzine Lorenesi in occasione di “Pitti Immagine”) e Forte dei Marmi. Contemporaneamente espone in Olanda, Francia, Russia e Usa. In questi anni, Maranghi, oltre all’Encausto, tecnica da lui a fondo indagata, sperimenta altre soluzioni, che vanno dal “collage”, alle più attuali “resine”, in quel perenne gioco che è congeniale al suo discorso pittorico. Il 2008 è l’anno di “Extra – Large Barocco”, mostra di particolare interesse e grande fascino all’interno della Basilica della SS. Vergine del Carmelo a Piacenza, dove il tema della Donna si confronta con quello della clausura. Di lì a poco, altri due appuntamenti non meno importanti: “Donne”, trenta opere che ancora indagano il mondo femminile, esposte alla Galleria Brunetti di Ponsacco; e “Colazione da Maranghi”, originale evento, all’interno dell’Antico Spedale degli Innocenti a Firenze, in occasione del quale presenta il calendario “Mukki Latte” per l’anno venturo. Anno venturo, ma ormai anno presente, che inizia, con due appuntamenti negli Stati Uniti: alla Galleria Faustini di Palm Beach, e alla Chetkin Gallery di New York . L’ultimo impegno dell’Artista è stato a Goteborg in Svezia, nella scorsa primavera. “…a fior di labbra”, nella galleria di Tatiana Tournemine, “Art Comparaison”, è il titolo del suo secondo appuntamento parigino.

NOTIZIA

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fonde storia

Nell’officina di Vulcano

Arte

si

TEXT Nicola Micieli

D

ieci metri di altezza, diciannove tonnellate di metallo. Un colosso che raffigura un soldato, ritto su un basamento di sette metri. Basco e baffi, camicia con mostrine rimboccata a mezzo

Un grande fonditore come Massimo Del Chiaro pensa e lavora al servizio della memoria avambraccio. Ha il braccio destro steso in avanti, la mano a palmo aperto: un gesto insieme di comando e di accoglienza. Realismo didascalico in accentuazione retorica, se vogliamo parlare di stile. Era un monumento di grande visibilità a Baghdad: una presenza evidente e incombente, più che un segno simbolico del potere. Nel maggio del 2003 le vicende politiche consigliarono di abbatterlo. Ma per farlo non bastarono le bordate di carrarmato. Saddam Hussein, il dittatore caduto per volontà e mano americana, resisteva in effige. Merito di chi quella figura l’aveva gettata nel bronzo armandola a dovere e davvero a prova di bomba. Esecuzione a regola d’arte, insomma. L’arte della bronzistica che richiede, su quella scala, competenze straordinarie, di

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anche la

cui sicuramente disponeva e dispone Massimo Del Chiaro, una vita trascorsa al lavoro nell’officina di Vulcano. Basti sapere che nel 1949, subito dopo le elementari, Del Chiaro era già garzone di fonderia, presso Lera a Viareggio. In breve divenne fonditore esperto del mestiere e dei suoi segreti, per passione e intelligenza. Quindi si mise in proprio. Si fece imprenditore a Pietrasanta, la città e il contesto consacrati all’arte del marmo e del bronzo, e alle professionalità necessarie a soddisfare le più diverse esigenze degli artisti. Da imprenditore Del Chiaro si è impegnato ad affinarlo e a rinnovarlo, l’antico mestiere, e ha accettato sfide tecniche e impegni operativi davanti ai quali altri si sarebbero scoraggiati. I risultati si possono apprezzare in mezzo mondo. Reggono anche alle cannonate! Difatti occorse smantellarlo pezzo per pezzo, bisognò decostruirlo, perché alla fine crollasse il gigante di Baghdad uscito dalle sue officine. Agli occhi del mondo che alla televisione seguiva la demolizione, non poteva darsi immagine, né metafora, più eloquente dell’epi-

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1. Massimo Del Chiaro 2. La statua di Saddam Hussein sta per essere sollevata e collocata sul basamento 3. Arman, Rampante, bronzo verniciato 4. Giuliano Vangi con Donna col cespo, bronzo patinato e acciaio 5. Operai durante la rifinizione di Uomo di Fernando Botero 6. Fase iniziale della collocazione della prima anta della porta di San Ranieri. A sinistra il bronzista Claudio Lombardi 7. Copertina del libro L’Arte del Bronzo

logo di una dittatura. Ma per Del Chiaro era il riconoscimento di un lavoro eseguito a dovere. Tante bronzee “icone” innalzate a celebrazione o in memoria di personalità e contingenze politiche destinate a lasciare almeno una traccia nel libro della storia, ma anche sculture ciclopiche concepite per altre situazioni civili o religiose, e diverse destinazioni d’uso culturale, hanno sostato sul piazzale della fonderia di Del Chiaro prima di raggiungere le piazze o gli spazi attrezzati per la definitiva (o temporanea, secondo i casi) collocazione in Paesi di questo o quel continente. Si intende che le officine della fonderia siano bastate a provvedere a ogni fase della complessa lavorazione, per dare adeguato corpo e figura a quelle plastiche visioni: modello, ingrandimento, formatura, cera, fusione, scassettatura, lavorazione del bronzo, armatura, montaggio, patina. Sono già suggestivi i nomi dei diversi momenti. Senza dimenticare il trasporto e l’installazione, che spesso richiedono speciali interventi e non di rado vere e proprie soluzioni ingegneristiche.

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5 Un libro da poco uscito per le Edizioni Monte Altissimo di Pietrasanta, curato da Antonella Serafini, ripercorre passo passo i sessant’anni di immersione di Massimo Del Chiaro nel luogo un tempo fumigante della fonderia, dove si lavora per la durata, non già per l’effimero. E dalle pagine del volume riemerge un universo, nel luogo di un’officina e di un fonditore. Si è detto dei monumenti, anche di quelli destinati prima o poi a cadere, ma appare evidente che un grande fonditore pensa e lavora al servizio della memoria. Quando occorra, veste persino i panni del rigoroso conservatore. Per esempio, la Porta di Bonanno nel Duomo di Pisa, monumento esimio della scultura romanica minacciato dal tempo e dagli agenti atmosferici, è tornata integra nella sua sede: in copia meravigliosamente eseguita da Del Chiaro, salvando l’originale. Per non dire del lavoro prestato agli artisti contemporanei, tanti da rendere impossibile l’enumerazione, da Arman a Beuys Botero Cascella Chia Cucchi De Kooning Fazzini Finotti Greco Manzù Paladino Pompili Sheppard Theimer Vangi, per dirne alcuni di una fitta schiera, le cui opere sono disseminate negli spazi agiti e nei musei di tutto il mondo. Ogni artista, si sa, addirittura ogni opera del medesimo artista è una richiesta di soluzioni specifiche, cui Massimo Del Chiaro ha dovuto dare risposte tecniche e operative soddisfacenti e spesso, credo, persino risolutive e di incremento creativo per gli stessi artisti. Sessant’anni di lavoro di un grande fonditore non passano invano.

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storie di

terracotta

Mostre

Giuliano Ghelli

TEXT Margherita Casazza

U

n castello, nel centro di Prato apre i propri portoni e si lascia invadere da un esercito disarmato, composto da busti femminili sui quali sono incisi segni che appartengono alla storia e all’arte universale, racconti di culture, di spazi aperti, di curiosità archeologiche e di viaggi. Una milizia tutta al femminile, ma sognatrice e romantica.

La pittura mi dà ogni volta una particolare sensazione di felicità: dipingere è un mestiere felice Un futuro, che riscopre il passato dando una nuova immagine e interpretazione di come l’arte contemporanea può trasformare la visione degli spazi. L’associazione Asterisco, nella persona del suo presidente Roberto Toccafondi e con la collaborazione di Giulia Ballerini e Monia Nannini, laureate in storia dell’arte e con all’attivo già alcune pubblicazioni, ha voluto rilanciare lo spazio espositivo di via Banchelli con un omaggio alle opere di Giuliano Ghelli. Le porte della fantasia, con il loro significato simbolico, aprono alla scoperta di qualcosa che ognuno di noi crede misterioso. L’artista fiorentino propone dipinti dove i confini temporali si sgretolano, dove il passaggio, l’apertura, si trasformano in luogo mentale. Sulle pareti della galleria le porte si aprono su mondi, realtà nascoste, popolate da simboli e segni, non casuali, ma omaggi al passato; libri e poesie, che hanno segnato la vita dell’artista, si uniscono alle conoscenze nei viaggi in un intreccio ricco di significato e di profondità. La porta diventa un simbolo di divisione o di unione fra due mondi a seconda se si aprono o si chiudono e la soglia è l’unico punto d’incontro tra questi due universi. Giuliano Ghelli ci apre le sue porte verso il mondo della fantasia. 1. Il castello dell’Imperatore di Prato 2. L’esercito di terracotta di Giuliano Ghelli 3. Giulia Ballerini e Monia Nannini con Fabrizio Borghini 4. Sandra Stanghellini, moglie di Giuliano Ghelli, l’artista e Margherita Casazza 5. Il pubblico presente alla mostra

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RAGGHIANTI

Mostre

Lucca ANTICIPAZIONI

L

aureatosi con Matteo Marangoni alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove insegnò poi fino al 1972, negli anni della Seconda Guerra Mondiale Carlo Ludovico Ragghianti partecipò, in prima

Nel 2010 ricorrono i cento anni della nascita del celebre studioso e critico d’arte di altissimo prestigio nel mondo culturale e accademico linea alla Resistenza ed alla lotta contro il Fascismo e fu tra i fondatori del Partito d’Azione, presidente del CLN toscano e capo del governo provvisorio che l’11 agosto 1944 liberò Firenze. Sottosegretario al Ministero delle arti e spettacolo durante il governo Parri, anche successivamente si occupò di problemi istituzionali inerenti la riforma universitaria, la formazione dei docenti e la tutela del patrimonio artistico. Importante inoltre fu il suo impegno per l’introduzione dell’insegnamento della storia e critica del cinema nelle Università italiane che lo vide fondatore, nel 1950, dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Univer-

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celebra

sità di Pisa, divenuto poi l’attuale Dipartimento di Storia delle Arti. I suoi numerosissimi lavori scientifici dedicati a tutte le manifestazioni del linguaggio visivo, sono tuttora attuali e di fondamentale interesse per studenti e studiosi. Fra le numerose e importanti iniziative promosse durante la sua vita, nel 1980 ha fondato a Lucca il Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, divenuto poi una Fondazione nel 1984, anche per volontà delle Istituzioni e degli Enti privati e pubblici che vi aderirono. Per ricordare degnamente il suo fondatore, la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti ha in programma una serie di manifestazioni: un convegno di studi, l’edizione di una collana di tesi di laurea, dottorato o specializzazione dedicate a studi “ragghiantiani”, la pubblicazione di un volume dedicato all’Alto Medioevo ed un progetto espositivo sull’arte medievale lucchese. Come sottolinea il direttore della Fondazione Ragghianti, Maria Teresa Filieri, la decisione di ricordare Ragghianti nel suo anniversario focalizzando l’attenzione sugli studi che egli dedicò al Medioevo, nasce dalla volontà e dall’esigenza di dare il giusto rilievo ad uno degli argomenti che, pur ampiamente delineato in una folta serie di pubblicazioni, di fatto rimane tra i meno indagati tra i campi di interesse e di studio del critico lucchese.

IL CONVEGNO “Il primo appuntamento delle celebrazioni – spiega la dottoressa Filieri - sarà, nel maggio 2010, il convegno di studi “Carlo Ludovico Ragghianti: pensiero e azione”, organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Storia delle arti dell’Università di Pisa e con la Scuola Normale di Pisa, nel corso del quale critici d’arte e storici analizzeranno e valuteranno l’impegno che lo studioso ebbe modo di profondere in varie direzioni: dall’impegno politico agli incarichi nella politica culturale, fino al ruolo di storico e di critico d’arte con i suoi fondamentali studi sull’aspetto estetico dell’arte in ogni sua manifestazione; dall’archeologia all’architettura, dalla pittura alla scultura del Medioevo e del Rinascimento. Il convegno servirà anche a focalizzare l’attenzione sul teatro, la danza, il cinema. Una sezione speciale, infine, sarà dedicata agli studi che su Ragghianti, sulla sua opera o sulle linee da lui tracciate stanno conducendo giovani ricercatori, molti dei quali attivi all’interno della Fondazione Ragghianti. “Attorno al convegno – conferma la Filieri - si è già creata molta attenzione e attesa, specie per quanto riguarda la sezione riservata agli interventi dei giovani studiosi italiani e stranieri. Significativo, a questo proposito, è il fatto che la Fondazione sia già stata contattati da un noto editore tedesco, legato al mondo accademico, interessato alla pubblicazione degli atti”.


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1. Carlo Ludovico Ragghianti 2. Wright, Zevi, Ragghianti, Ministro Sforza e Stonorov alla mostra di Wright a Firenze nel 1951 3. Fibula aurea 4. Lamina di Agilulfo 5. Copertina della pubblicazione PRIVS ARS 6. Zevi, Ragghianti, Wright, Licia Collobi guardano la cupola del Brunelleschi da Palazzo Vecchio

LA COLLANA EDITORIALE Per sottolineare ulteriormente il sostegno che sempre Ragghianti offrì ai giovani studiosi a partire dal 2010 la Fondazione ha programmato anche una Collana editoriale di tesi di laurea, dottorato o specializzazione aventi come tema argomenti di studio di impronta “ragghiantiana” la prima delle quali sarà “seleArte (1952-1966) una finestra sul mondo” di Silvia Bottinelli. In occasione del convegno sarà poi anche presentato il volume “Prius ars”, arte in Italia dal IV al X secolo edito dalla Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte. Si tratta del testo elaborato da Ragghianti negli ultimi anni della sua vita, integrato con varianti, aggiornamenti e ampliamenti, che costituisce la prima parte dell’opera pubblicata nel 1969 con il titolo Arte in Italia, un vasto saggio che esplorava con acume e spregiudicatezza le molteplici manifestazioni delle arti nell’Alto Medioevo. Di particolare interesse sono i nuovi inserti elaborati dallo studioso, che riaffermano una lettura della cultura figurativa altomedievale secondo prospettive ancora inedite o sostanzialmente poco praticate che un saggio critico affidato ad Antonino Caleca evidenzierà dando risalto all’attualità del lavoro, illustrando le peculiarità del metodo di Ragghianti e i tratti essenziali della interpretazione del linguaggio visivo altomedievale formulata dallo studioso.

LE MOSTRE Seguirà, dall’autunno 2010, la prima di due esposizioni dedicate all’arte medioevale lucchese: “Lucca e l’Europa. Un’idea di Medioevo”. “Il progetto espositivo globale – spiega ancora il direttore della Fondazione - si propone di indagare una tematica costantemente presente nel pensiero storico e critico di Ragghianti, ripercorrendo alcuni tratti delle sue ricerche dedicate alla produzione artistica di circa otto secoli di storia, dalla fine del mondo antico alle soglie del XIII secolo. “Radicate nella realtà lucchese e aperte a tutti i necessari agganci col contesto europeo, le esposizioni riuniranno opere provenienti per larga parte da Lucca e dal suo territorio, ma anche da collezioni ed istituzioni italiane ed europee, a testimonianza dei flussi che da Lucca e verso Lucca hanno permesso la circolazione di modelli e tipologie artistiche tra la cultura lucchese e quella dell’Europa continentale. “La mostre ricostruiranno gli episodi cruciali per l’arte medievale lucchese come l’inedita ricomposizione dell’arredo presbiteriale della chiesa di S. Maria Forisportam, un importante complesso monumentale che nel corso dei secoli è stato smontato e disperso e le cui componenti si conservano oggi in diverse sedi. Vari i nuclei tematici affrontati tra cui il rapporto tra astrazione e modelli naturalistici nel periodo che va dall’alto Medioevo alle soglie del Romanico (splendidamente illustrato dalla varietà delle tecniche artistiche delle opere esposte quali la scultura lapidea, l’oreficeria ed un eccezionale nucleo di codici miniati) e il dialogo tra le arti diversamente e continuamente rinnovato così che tra XII e XIII secolo, mentre i tesori delle chiese di Lucca e della sua diocesi si arricchivano di avori bizantini e di smalti limosini e danesi, in Europa si riversavano le straordinarie sete operate che costituiscono il contributo medievale lucchese più celebre all’industria dell’arte. “Le mostre – conclude la dottoressa Filieri - saranno allestite presso i locali della Fondazione Ragghianti e avranno sezioni dislocate presso il Museo nazionale di villa Guinigi, dove si è recentemente aperta la nuova sezione dedicata alla scultura medievale. La prima manifestazione – che comprenderà circa 70 opere - sarà dedicata al periodo compreso tra il V e l’XI secolo, con uno stretto legame con gli scritti di Ragghianti sul Medioevo in corso di pubblicazione relativi in gran parte alle problematiche dell’arte dell’Alto Medioevo. “Successivamente, in una data ancora da definire, ma orientativamente collocabile verso la fine del 2011 o nel 2012, si realizzerebbe poi la seconda manifestazione, che incentrerà l’attenzione su uno dei momenti più interessanti dell’arte lucchese, compreso tra gli inizi del XII secolo e i primi decenni del XIII. “Alle manifestazioni - che saranno accompagnate dal relativo catalogo con schede e saggi - hanno già aderito concedendo opere in prestito italiane e straniere molte istituzioni museali, che hanno motivato l’adesione con un particolare apprezzamento per l’originalità del progetto”.

IL COMITATO SCIENTIFICO Il programma delle iniziative per ricordare Ragghianti è stato elaborato da un comitato scientifico costituitosi presso la Fondazione e composto da un gruppo di ex allievi di Ragghianti ora attivi in Università e Soprintendenze quali Maria Teresa Filieri, Clara Baracchini, Antonino Caleca, Marco Collareta, Gigetta Dalli Regoli, che hanno potuto contare sul sostegno e la consulenza di studiosi e specialisti quali Antonio Paolucci, Arturo C. Quintavalle, Bruno Toscano, Carlo Bertelli, Adriano Peroni, Manuel Castineros. Promosse dalla Fondazione Ragghianti e sostenute dalla Fondazione Cassa di Risparmio le manifestazioni contano sulla collaborazione della Soprintendenza,della Regione Toscana e di istituzioni ed enti locali lucchesi che, a vario titolo e in varia maniera, si affiancheranno alla Fondazione Ragghianti nel celebrare l’anniversario della nascita di uno dei figli più illustri della città di Lucca con un programma che potrebbe avere risultati positivi per il turismo “culturale” della città se si riuscirà a creare una sinergia di forze.

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Mostre

Luzzati

MAESTRO DEL COSTUME DI SCENA

TEXT Floridia Benedettini

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manuele Luzzati, genovese di nascita ma conosciuto in tutto il mondo per il suo genio creativo, illustratore di libri di fiabe, ceramista ma soprattutto costumista e scenografo per il teatro. Il suo disegno ha dato vita a due cartoni

La Fondazione Cerratelli punta sui giovani con la costituzione di un centro per aspiranti costumisti e scenografi animati, omaggio a Rossini e a Mozart, che gli meritarono due nomination all’Oscar. Un grande maestro del novecento che ideò allestimenti teatrali che sono divenuti capisaldi nella storia della scenografia mondiale; il costume con Luzzati divenne una vera e propria tela, come di quadro, dove stampare, dipingere e incollare ritagli di stoffa e trine, caratteristica che ritroviamo protagonista nelle sue opere grafiche.

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La Fondazione Cerratelli, ha reso omaggio al maestro genovese con tre anni di eventi espositivi, frutto di un grande lavoro di catalogazione realizzato in collaborazione con l’Università di Pisa, al termine del quale ci siamo accorti di possedere la più importante raccolta di costumi firmati Emanuele Luzzati. Quest’anno LELE LUZZATI atto III Un Mondo di Fiaba che si chiuderà il 30 aprile 2010, e che ha visto esposti i costumi ideati per Carmen, Carriera di un libertino e Don Giovanni, insieme ai disegni preparatori per il costume, è una grande celebrazione del mondo di fiaba che Luzzati ha creato sulla scena della spettacolo mondiale. Un grande castello di carta racchiude la danza festosa e sensuale delle sigaraie di Bizet, le fessure nella carta divengono scrigni preziosi per contenere i bozzetti originali del maestro, tutto incantato e surreale, come un grande sogno fatto di colore e poesia, per bambini e studenti, per nonni e genitori. La fondazione organizza laboratori didattici, per sperimentare le tecniche decorative che

Luzzati ci ha lasciato in eredità, il collage, la stampa e il patchwork utilizzando stoffe, carte colorate, bottoni e trine tutto per costruire con fantasia un mondo immaginario d’incanto. Quest’anno ha attivato un laboratorio per i più piccoli (scuole materne) dedicato all’affascinante arte della cartapesta, insegnata da un vero maestro attivo nei cantieri del carnevale viareggino, i piccoli artisti con colla artigianale e strisce di carta modellano le figure leggendarie di Collodi, pinocchio, geppetto e il grillo parlante… L’occhio attento della fondazione guarda lontano alla costituzione di un centro importante per la formazione di giovani che vogliono intraprendere i lavori che ruotano intorno al palcoscenico o alla macchina da presa; costumisti, scenografi ma non solo anche


4 perché la fondazione è luogo di formazione anche per la moda soprattutto da quando nell’archivio già preziosissimo dove si contano altre venticinque mila costumi sono confluiti migliaia di cartamodelli originali di importanti maison d’Alta Moda a rappresentare gli ultimi trent’anni di moda internazionale. L’importante archivio della Fondazione Cerratelli, grazie alla sapiente collaborazione con l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore, sarà disponibile sul sito ufficiale, attraverso una nuova scheda di catalogazione scientifica. Il costume è opera d’arte, questa è la definizione che recentemente è stata data dal Ministero per i Beni Culturali ai manufatti dell’ingegno e dell’abilità sartoriale. Ecco che l’archivio Cerratelli diviene una collezione d’arte, i costumi prodotti dalla Casa d’Arte fiorentina Cerratelli, sommi esempi di alto artigianato toscano, sono manufatti pregni di storia, sono vivi, come dice Gino Carlo Sensani sono Creature, non manichini. Nelle immagini: l’allestimento della mostra presso la Fondazione Cerratelli. In basso nella pagina precedente la copertina del libro Lele Luzzati atto III, Un mondo di fiaba, ed. ETS, 2009

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Mostre

Museo Ugo Guidi

ARIAZIONI Clelia Cortemiglia

TEXT Enrica Frediani

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a mostra Spazio, luce, incanti e spiritualità nel ritratto femminile, Museo Ugo Guidi, e Logos Hotel, Forte dei Marmi, inaugurazione 6 marzo ore 17,00 fino al 25 marzo, è stata pensata e realizzata per l’ “8 marzo”, la festa della donna. L’artista ha creato per l’occasione trentacin-

Il segno come racconto di mutabili suggestioni prospettiche disegnate dalla luce nella cosmica spazialità dell’infinito que ritratti dedicati a personaggi femminili che si sono in qualche modo distinti nel mondo del lavoro o fanno parte della sfera di amicizie dell’autrice. Ne citiamo alcune: Irene Barbensi, direttrice Fondazione Peccioliper; Margherita Casazza, direttrice rivista Reality; Valentina Cortese, attrice; Vera Montanari, direttrice riviste Grazia, Fair; Maria Nannini, albergatrice; Marzia Ratti, direttrice dei Civici Musei di La Spezia; Cristina Trivelin, critica d’arte; Emma Zanella, direttrice della Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate. In esposizione anche gli ultimi lavori della pittrice sul tema spazialità e luce.

di

Le opere in mostra evidenziano l’essenza del linguaggio espressivo dell’artista centrato sulla ricerca della luce e sull’incidenza della stessa sul segno lasciato sulla superficie. L’originaria formazione pittorica di Clelia Cortemiglia è improntata su un figurativo che mostra suggestioni cézanniane e morlottiane da cui Clelia apprende le sensibilità tonali che conducono a ricerche sugli effetti chiaroscurali, soffermando la sua attenzione sull’importanza del segno, inteso come enucleazione del messaggio visivo. Nella composizione paesaggistica, sarà la poetica delle suggestioni metafisiche di Sironi a suggerirle desolate atmosfere proiettate su angoli solitari della Milano industriale. La successiva frequentazione di Lucio Fontana, come testimoniano alcune foto del 1966 scattate durante un viaggio in Egitto con l’artista milanese, sua moglie e Clelia, produce una mutazione del linguaggio espressivo della pittrice che si indirizza verso la teoria spazialista dell’amico-maestro, essendosi instaurata fra loro, fin dai primi anni dello stesso decennio, una forte intesa basata su affinità culturali e sincera amicizia. Sarà lo stesso Fontana che, con intense trattazioni su “forme, colore, suono attraverso gli spazi”¹ condurrà la concettualità dell’amica, come lei stessa afferma,verso una dimensione di spazialità cosmica. Le prime opere astratte risalgono agli studi sulle cattedrali diroccate irlandesi, disegnate durante un soggiorno in Irlanda, dove virtuosismi materici caratterizzati da vortici e sovrapposizioni formali, si presentano carichi di declinazioni tonali negli attraversamenti improvvisi di bagliori luminosi e di aperture geometrizzanti a significare l’assenza dell’elemento fisico. Sono lavori che rimandano, coi loro vuoti nella massa volumetrica, all’architettura mancante delle antiche

chiese rivisitate in chiave astratta, ma anche al concetto di “spazio oltre”, ovvero, oltre la superficie rappresentata, verso una dimensione che si sviluppa nell’infinita dimensione retrostante il dipinto raffigurato. Appartengono a questo periodo la serie di dipinti realizzati in olio e acrilico dal 1972 al 1978, siglati S.K. 115; S.Rts. 139. ; S.Rt. 051; E 201; S.R.125; S.Rtl. 121. Nel decennio successivo la concettualità di Clelia Cortemiglia si sviluppa affinando e proseguendo la sua ricerca sulla tecnica intrapresa e sulla realizzazione di rappresentazioni raffinatissime, altamente sofisticate, basate sulla monocromia o bicro-

¹Manifesto del 1950 compilato da Fontana in occasione del I Congresso Internaz. delle Proporzioni alla XI Triennale di Milano)

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3 mia utilizzando esclusivamente i colori bianco o nero spesso impreziositi da figure geometriche realizzate in foglia oro. Nascono opere caratterizzate da segni geometrici in rilievo che si sovrappongono, s’intersecano, configurando fitte trame di tessuto prezioso le cui molteplici varietà dell’elemento segnico registrano figurazioni prive di rimandi naturalistici disposte a tutto campo sul supporto adottato. Le composizioni evocano profondità spaziali tridimensionali favorite dal gioco del tratto lineare che si sovrappone a quello circolare. Al centro, sullo sfondo bianco o nero, sovente appare una sfera in oro, un possibile sole, che conferisce una dimensione cosmica di profondo richiamo spirituale per il sentimento catartico che ne deriva in cui lo spettatore si sente coinvolto e forti sono le suggestioni che conducono al romanticismo inglese di fine ottocento dove l’uomo si trova solo di fronte a Dio, nell’immensità dello spazio infinito. Ma, nelle sue tele, si leggono anche riferimenti ad un simbolismo astratto, carico di un esistenzialismo culturale che appartiene al codice espressivo dell’artista con il quale individua riferimenti che conducono a caratteristiche personali raffigurate nelle tematiche dedicate ai ritratti dei personaggi rappresentati: da Pierre Restany, a Lucio Fontana, a Coco Chanel, a Federico Fellini, e molti altri ancora. L’artista lavora sul rapporto spazio+luce, ed è esattamente con questo titolo che chiamerà tutte le sue creazioni dal 1999 ad oggi aggiungendo solo un numero progressivo. Nell’operare favorisce l’interconnessione vibratile tra il segno, decisamente materico, e gli effetti della luce nella scala di cangianti sfumature umbratili proiettate sulla superficie della tela dove assumono mutabili suggestioni prospettiche al variare della fonte luminosa. Il disegno realizzato in rilievo con la pasta acrilica e il colore ad olio, appare in movimento proponendo nuovi ed inaspettati scenari al rinnovamento dell’angolazione luminosa. Tale particolarità colloca a buon titolo le creazioni di Cortemiglia tra le opere “dinamiche” dove il soggetto, per la caratteristica dell’impianto strutturale fondato sulla ripetizione di motivi geometrici in rilievo, agisce da promotore dell’azione dinamica, usufruendo dell’elemento luce. Entrambi gli elementi assumono, alternandosi, il ruolo attivo e passivo in una vicendevole contaminazione espressiva. Per questo motivo i dipinti dell’artista si possono apprezzare al meglio solo con una idonea illuminazione. 1. L’artista Clelia Cortemiglia 2. Lo studio nel Museo Guidi 3. Un’opera dell’artista

Clelia Cortemiglia, artista milanese, è stata allieva di Lucio Fontana. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private in Europa, America e in molti musei. Nel novembre 2010 è stata ricevuta in Vaticano dal Santo Padre Benedetto XVI ed un suo quadro è entrato a far parte della collezione vaticana.


Design

Rebis oggetto d’arte tra ragione

ed emozione

TEXT Angela Colombini

I

l design, da sempre in bilico tra arte e artigianato, ha attraversato i secoli con fatica per trovare una sua collocazione. Il susseguirsi degli eventi storici, sociali ed economici lo hanno minima-

Vittoria Lapolla dona una nuova anima alla poltrona Proust: un intervento artistico ed emozionale

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lizzato o esaltato, costretto al ruolo di schiavo delle masse o elevato a quello di profeta del lusso. Oggi il design è vera e propria arte applicata ad oggetti spesso di uso comune. Arte pensata attraverso un progetto, un progetto che però deve sottostare alle dure leggi del commercio. Arte da vendere dunque, arte che deve essere utile possibilmente a tutti. Ma creare un oggetto di design non è solo un’operazione commerciale. Il cuore pulsante di un artista batte nel corpo e nella mente di un vero designer. Nell’innovazione di una forma, nell’originale accostamento di colori su una superficie, nel decoro di un tessuto, si nasconde non solo un progetto ma anche un’emozione. Rebis nasce dall’idea di una giovane laureata alla Libera Accademia di Belle Arti di Firenze, Vittoria Lapolla. Vittoria prende spunto dalla poltrona Proust che Alessandro Mendini creò nel 1987. Alessandro Mendini, designer negli anni ‘70, fu anche direttore della rivista Domus che utilizzò per diffondere il suo personale concetto di design che si può riassumere in una parola: re-design. Per Mendini infatti nulla poteva essere originale. L’invenzione delle nuove forme viene sostituita dalla variazione di decori, modelli e superfici. Dal 1990 al 1994 Mendini fu art director della Swatch; l’azienda svizzera che lanciò con succes-

so gli orologi di plastica oggetto di culto e fenomeno economico di quegli anni. La poltrona Proust, dedicata al famoso letterato, è realizzata in tessuto e legno dipinto a mano con acrilici, decorata a macchie di colore attraverso la tecnica divisionista. Vittoria Lapolla dà nuova vita alla seduta reinventandola con uno stile tra l’etnico e lo chic. Ma cosa c’è in Rebis di tanto speciale? Un’emozione. Un’emozione fatta di forme e colori e di luce. Il modello grezzo della poltrona è stato decorato tramite la tecnica del batik con un motivo “natu-

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5 rale”: l’albero della vita, il serpente, gli uccellini, i fiori, le farfalle. Un “comodo” eden che prende spunto da un manoscritto di Herman Hesse “Favola d’amore”; la storia di Pictor che giunto in paradiso, appunto, osserva tutto ciò che ha attorno e nota che ogni cosa maschile o femminile si trasforma vicendevolmente e continuamente in qualcos’altro. Questo il significato di Rebis: un’unione alchemica che porta alla perfezione, intesa come unione degli opposti o ermafrodito. La tecnica del batik contribuisce a dare un senso di “favola” vero e proprio. Colori sgargianti e pieni di vita ottenuti rivisitando la “ricetta” tradizionale che prevede di strizzare il tessuto dopo ogni bagno per fare in modo che la cera si “crepi” e il colore penetri nelle increspature. Vittoria utilizza invece il tessuto steso dipin-

NOTIZIA

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Vittoria Lapolla è nata a San Miniato il 20 Agosto 1986. Inizia i suoi studi a Pisa presso l’Istituto Statale d’Arte Russoli diplomandosi nel 2005. Successivamente frequenta la Libera Accademia di Belle Arti laureandosi in Decorazione nel 2009 con 110 e lode. Durante gli studi ha modo di apprendere varie tecniche che l’appassionano, tra le quali la scultura con l’utilizzo di vari materiali, il batik, ossia pittura su seta, la decorazione e il restauro del vetro e la pittura murale. Le piace sperimentarsi in vari campi anche per avere la possibilità di utilizzare materiali innovativi, per questo si avvicina al design creando però oggetti con un’anima artistica, capaci di trasmettere emozioni così come accade per la pittura, la scultura, la musica, la danza ecc. Per alcune sue opere ha invece utilizzato materiali riciclati per creare oggetti di design, come ad esempio la lampada Goccia, creata usando un vecchio manubrio di una Vespa anni ‘70 e specchi rotti recuperati nella ditta di smaltimento rifiuti Ecolevante con sede a Santa Croce sull’Arno. Questa è stata anche oggetto simbolo della mostra itinerante Scart - il lato bello e utile del rifiuto tenuta a Udine dal 15 dicembre 2009 al 31 gennaio 2010.

gendo sulla cera come per la tecnica dell’acquarello. I colori utilizzati da Vittoria non sono certamente casuali. Il bianco come massima espressione dell’energia spirituale e il nero come contenitore delle emozioni, il giallo come perfezione, incorruttibilità, saggezza e sapienza, il rosso come passione e potenza e l’azzurro come serenità e meditazione. Tutti queste tonalità sapientemente amalgamate e accostate per creare quell’alchemica armonia che avvolge il “fruitore” di Rebis.

E adesso tocca alla luce. Sovrana indiscussa di questo “riposo paradisiaco” è riflessa da migliaia di Swarovski (ben 20.000) termoadesivi colorati, applicati sulle superfici tramite un saldatore. La luce così, attratta da questi piccoli gioielli, rende straordinariamente preziosa quest’opera. Una scintilla di vita per un oggetto di design emozionale. Il risultato è sbalorditivo. Sedersi su Rebis, circondati da un paradiso primevo, simbolo di amore e unione, quindi di vita. Un’esperienza sensazionale. 1. Vittoria con la sua creazione 2. Particolare della decorazione con Swarovky 3. Particolare della gamba della poltrona 4. Vetro sabbiato omaggio a Alfons Mucha 5. Matsubi 6. Horses 7. Cupido e La fine dell’amore 8. Goccia 9. Il Pretenzioso

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FIRENZE

Simboli di potere nel corso dei secoli, le gemme riacquistano maggiore prestigio durante il Rinascimento grazie alle apprezzate e difficili tecniche di incisione riprendendo l’antica tradizione di età classica. Bramate 25 marzo 2010 da principi e sovrani, queste 27 giugno 2010 minuscole opere d’arte trovano Museo degli Argenti fortuna presso la corte dei Medici Piazza Pitti 1 grazie anche alle caratteristiche Tel. 055 294883 di rarità, bellezza, all’attribuzione di poteri sovrannaturali, alla certezza di regalare un dono prezioso, poco ingombrante, certamente gradito. La collezione dei Signori di Toscana, da Cosimo a Lorenzo il Magnifico, rappresenta un unicum per qualità, originalità, spessore artistico, come dimostrano la Corniola con Apollo e Marsia, il Sigillo di Nerone, le opere di Ghiberti, Botticelli, Donatello, presenti in mostra.

Pregio e Bellezza

Maeght e i suoi artisti

L’ARTE INTORNO A TE a cura di Carmelo De Luca

ROMA

FERRARA

I giorni di Roma: l’età della conquista

28 febbraio 2010 2 giugno 2010 Palazzo dei Diamanti Corso Porta Mare 9 Tel. 0532 209988 Un elogio alla figura dell’editore Aimeé Maeght, fondatore di una celebre galleria d’arte a Parigi e di una fondazione a S. Paul de Vence divenute crocevia del grande Matisse, Giacometti, Braque, Duchamp, Chagall, Kandinsky, Léger, Miró e altri blasonati nomi legati all’ambiente dell’arte. La mostra, suddivisa in sezioni, indaga un nuovissimo aspetto in quanto legato al mondo di coloro che acquistano per rivendere a terzi autentici capolavori di maestri, allora, poco conosciuti o apprezzati. Maeght è stato certamente un raffinato talent scout nel selezionare opere da acquistare o artisti da sostenere, come dimostra l’intera produzione di litografie di Braque, la Femme de Venice di Giacometti e altri capolavori da ammirare nelle sale del Palazzo dei Diamanti.

17 marzo 2010 5 settembre 2010 Musei Capitolini Piazza del Campidoglio 1 Tel. 06 0608

L’evento capitolino permette di capire alcune peculiarità della Roma Repubblicana, in rapida ascesa sotto il profilo politico ed espansionistico, affascinata dalla raffinata cultura greca della quale assorbe il senso del bello, l’estetica, l’artistico al punto tale da farne un veicolo propagandistico nella diffusione della civiltà latina, in particolare la glorificazione dei personaggi che si avvicendano al potere. La pittura, l’architettura, soprattutto la scultura subiscono un repentino sconvolgimento profuso di bellezza, perfezione, possenza, espressività, eleganza. Le opere in esposizione, per l’appunto, ripercorrono l’aureo periodo tra il III e il I secolo a.C.


Uno sguardo nell’invisibile Un De Chirico influenzato dal simbolismo ricrea trasognanti architetture urbane indefinite ed oniriche, intrise da forti richiami alla classicità. La poesia metafisica, che pervade le bellissime tele presenti in mostra, costituisce la fonte tematica dalla quale il visitatore ha la possibilità di trarre parallelismi e deduzioni con le opere di Magritte, Balthus, Ernst, Carrà, Morandi, Savinio, maestri che assorbono la lezione di De Chirico inerente una dimensione umana caratterizzata dall’isolamento e dall’inquietudine interiore in un clima di silenzio surreale. Un evento da non perdere!

26 febbraio 2010 18 luglio 2010 Palazzo Strozzi Piazza Strozzi Tel. 055 2776461

FIRENZE

Da Jacopo della Quercia a Donatello

SIENA

Sotto i riflettori la produzione artistica senese riguardante 26 marzo 2010 il passaggio dal Gotico al Rinascimento. Un gran numero 18 luglio 2010 di pregevoli opere, tra pitture, marmi scolpiti, bronzi, Complesso affreschi, oreficeria, suppellettili, raccontano un’era Santa Maria della Scala feconda che vede la Città del Palio competere con e Loggiati Firenze. L’operato di Jacopo della Quercia è raccontato del Pellegrino attraverso capolavori quali la marmorea Madonna della Piazza Buondelmonte Melograna o la lignea Annunziata di S. Gimignano. I Tel. 0577 224811 maestri fedeli alla pittura di Simone Martini, dei fratelli Lorenzetti, l’operato di Donatello e Ghiberti visibile nel Fonte Battesimale del Duomo cittadino, il dipinto della Madonna della Umiltà dovuto a Gentile da Fabriano, i suadenti polittici del Sassetta, Giovanni di Paolo rappresentano alcuni gioielli presenti in mostra. L’esposizione trova degna conclusione nelle sale storiche di S. Maria della Scala, della Cattedrale con annesso Battistero, dove troneggiano molti affreschi quattrocenteschi del Vecchietta ed eleganti capolavori di oreficeria.

FIRENZE

Parigi val bene una messa

31 marzo 2010 30 giugno 2010 Cappelle Medicee Piazza Madonna degli Aldobrandini Tel. 055 294883

Eloquente tributo al primo Borbone salito sul trono di Francia. L’operato del re viene illustrato ai visitatori del museo fiorentino attraverso diciannove tele, commissionate da Cosimo II dei Medici alle abili maestranze del luogo per commemorare la prematura morte del sovrano, marito della toscanissima principessa Maria. Realizzate quale artistico addobbo della Chiesa di San Lorenzo per la messa in suffragio, le belle pitture raccontano imprese, valori, virtù di Enrico IV. A supporto di tali tematiche, l’esposizione presenta incisioni, disegni, documenti, medaglie, tele immortalanti l’episodio e il legame di matrimonio tra i due illustri personaggi.

Reality

LA VETRINA


Il Surregailismo di Corrado Gai Dopo il successo delle mostre di Livorno e Piacenza svoltesi alla fine del 2009, l’artista livornese esporta il suo “Surregailismo” a Londra in una nuova personale pensata per l’esigente pubblico inglese. L’ampia raccolta antologica livornese, svoltasi con la collaborazione del Comune di Livorno, della Galleria d’arte In Villa e della rivista “Arte a Livorno… e oltre confine”, aveva richiamato un pubblico entusiasta nella sede dei Bottini dell’Olio di Livorno. Un ampia rosa dei suoi lavori, (cinquanta opere) sarà ora in bella mostra a Londra, negli eleganti spazi della Hay Hill Gallery, Galleria d’arte nata dalla joint venture tra la società russa Art Service Centre Ltd con oltre nove anni di esperienza sulla scena artistica internazionale e la società Ltd Britisch Sirin Limited.

LONDRA 1 marzo 2010 1 aprile 2010 Hay Hill Gallery

Una grande collettiva promossa nell’ambito della rassegna Versilia Wine Art Festival, giunta alla seconda edizione e divenuta una delle più importanti vetrine nazionali sull’universo vino. A cura del critico d’arte e giornalista Lodovico Gierut, la collettiva Etichette d’autore è un coinvolgente percorso artistico. Pittori, scultori e grafici riuniti nel segno del profumato nettare. Oltre trecento le opere esposte che raccontano ed interpretano il vino come storia, come elemento di aggregazione, come fonte d’inesauribile fascino. La mostra presenta due distinte parti. Nella prima vengono presentate etichette cartacee delle case vitivinicole che sono presenti alla manifestazione ed altre provenienti da importanti collezioni. Nella seconda le etichette realizzate appositamente per l’evento da oltre cento artisti.

24/29 marzo 2010 Chiesa di Sant’Agostino

FIRENZE

8 maggio 2010 31 maggio 2010 Polo Espositivo Villa Pacchiani

Luca Alinari Luca Alinari rappresenta una delle maggiori personalità pittoriche emerse dalla grande stagione di rinnovamento dell’arte italiana. La cifra stilistica di Alinari si condensa in un termine poetico: l’incanto. L’impianto narrativo delle sue opere nasce, suggerito con ampi gradi di libertà, dall’assemblaggio di elementi figurativi isolati e si organizza nel tempo in forma di racconto di carattere fantastico ed evocativo, il suo lavoro un tono di racconto o di favola, dipinto con apprezzabile leggerezza, per un’iconologia di trasognati orizzonti fantastici, colmi di riferimenti ai tempi, agli oggetti e ai giochi dell’infanzia. Lo spazio del quadro assume la struttura prospettica di una scena che accoglie figure, situazioni oniriche, elementi del paesaggio.

Reality

LA VETRINA

Totem

di Anna Galtarossa

16 marzo 2010 21 maggio 2010 Spazio Patrizia Pepe Tel. 055 874441

SULL’ARNO

PIETRASANTA

Etichette d’Autore

Gli ampi spazi della sede Patrizia Pepe sono per vocazione ambienti creativi, di anticipazione di ciò che avverrà nella moda e luogo dove incontrare artisti emergenti. La casa di moda fiorentina negli ultimi anni ha rafforzato il legame con la cultura contemporanea anche attraverso esposizioni a sostegno di nuovi talenti. E’ in questa direzione che verrà proposta la nuova installazione di Anna Galtarossa “TOTEM”.

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Storia

La civiltà delle TEXT Sara Taglialagamba

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’insediamento e la fondazione della città di Pisa prese luogo in una pianura alluvionale, il cosiddetto “piano di Pisa”. Le caratteristiche di un suolo alluvionale e l’apertura sul mare favorirono la rapida espansione e crescita della città toscana, oggetto spesso di contese per il predominio territoriale. La presenza di acqua favorì, infatti, il rapido sviluppo della città: tanto

I Medici e la costruzione dell’acquedotto a Pisa che questa fu più volte apostrofata con il nome di “Pisa dono del Serchio e dell’Arno”. Oltre ai due fiumi di ampia portata che lambivano la città e il territorio circostante, si aggiunge un terzo fiume detto Ozzeri, un ramo del Serchio o Auserculus, che entra in città all’altezza dell’attuale piazza delle Gondole, per poi sboccare in Arno presso il Ponte della Fortezza. Per la ricchezza idrica offerta dal territorio, i romani elessero Pisa, almeno dal II secolo a.C., come accampamento militare stabile ed avamposto di guarnigioni per contrastare gli attacchi delle popolazioni liguri. Costruirono un acquedotto per convogliare in città le acque che sgorgavano dal monte vicino, in un luogo attualmente chiamato “Caldaccoli”, toponimo probabilmente derivato dalle parole latine “calidae aquae”. Le acque di Caldaccoli arrivavano dunque a Pisa in prossimità dell’odierna Porta a Lucca, ed alimentavano una fontana pubblica usata per lavare e per

temperare le vasche troppo calde dei cosiddetti “Bagni di Nerone”.A seguito della caduta dell’impero romano, Pisa fu invasa dalle popolazioni barbariche. Superata questa fase, la città riuscì a diventare una grande potenza mercantile grazie allo scalo portuale marittimo sul Tirreno e alla rete fluviale che convogliava sulla costa le merci provenienti dall’entroterra. Le ottime condizioni economiche resero ben presto la città marinara oggetto delle contese dei Medici, desiderosi di espandere il loro dominio su Pisa per il controllo sul Mediterraneo. La città cadde sotto il dominio mediceo nel 1406 e in seguito, a causa di una seconda ribellione, nel 1509. A questa circostanza

risalirebbero anche i progetti di deviazione del corso dell’Arno per far invadere Pisa dalle acque richiesti dai Medici a Leonardo da Vinci. Intanto l’approvvigionamento idrico di cui la popolazione pisana usufruiva era offerto dai pozzi e dalle cisterne dislocate nella città, ma che fornivano acque insalubri a causa del terreno paludoso costituito da liquidi stagnanti, veicolo di malattie come tifo e colera. Inoltre peggiorarono le condizioni di vita, le frequenti esondazioni del fiume Arno, l’incuria delle campagne e il suolo acquitrinoso e paludoso che si estendeva attorno al territorio pisano. La popolazione di Asciano dimostrava invece una buona salute grazie alle acque pure e salutari di cui si

Sopra: Leonardo Da Vinci, Schizzo idrografico della pianura di Pisa, Codice di Madrid II, f. 52v-53r Jacques Callot, Ferdinando I che ordina i condotti dell’acqua nel piano di Pisa, 1614-1620, Londra, British Museum

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approvvigionava grazie all’acquedotto romano. Cosimo I istituì l’Ufficio dei Fiumi e dei Fossi in modo che provvedesse al risanamento dell’ambiente e al riassetto delle caratteristiche idriche del territorio. L’Ufficio, tra i vari compiti, favorì la costruzione di un acquedotto sotterraneo per approvvigionare la città e che avesse come punto di arrivo Piazza dei Cavalieri. Il progetto tuttavia fu realizzato solo in parte a causa di errori di calcolo di pendenza e di infiltrazioni di acqua paludosa lungo il condotto. Riprese i lavori Ferdinando I che pensò di realizzare una condotta sopraelevata a caduta naturale del tipo a canaletta, più costoso ma più sicuro. Infatti, se alla fine del Cinquecento, Montaigne in sosta a Pisa scriveva che la città aveva “un estremo difetto d’acque cattive, e c’hanno tutte del paludoso”, a seguito della costruzione dell’acquedotto già si potevano annotare gli effetti benefici: il medico Giacomo Mercuriale nel suo Trattato de’ Bagni di Pisa, stampato a Francoforte nel 1602, scriveva che “fu mandata a Pisa un’acqua molto salubre proveniente dai monti vicini” ed anche lo studioso di medicina. Antonio Cocchi confermava che “la città di Pisa gode di un’acqua bevibile che in bontà non cede ad alcuna al mondo, e forse supera le più famose”. Il nuovo progetto prevedeva di costruire un acquedotto ad archi: i lavori iniziarono nel 1588 per volere di Ferdinando I e furono portati a termine soltanto nel 1613 dal figlio Cosimo II. Per soprintendere ai lavori fu creato nel 1592 un ufficio apposito detto Fabbrica delle Fonti, al capo del quale fu posto un Provveditore, Bastiano Marracci, con l’obbiettivo che si occupasse esclusivamente dei lavori all’acquedotto, sgravando del peso di gestione amministrativa e finanziaria l’Ufficio dei Fiumi e dei Fossi. I lavori furono condotti da ingegneri specializzati nelle acque: Raffaello Zanobi di Pagno, David Fortini e Andrea Sandrini. L’acquedotto è costituito da una conduttura montana, realizzata in terracotta, che parte dai monti pisani e scende a valle, articolandosi in 954 archi, che si snodano per 6 Km da Asciano fino a Pisa e terminano in Piazza delle Gondole, in un crescendo di prodigiosità e grandezza tecnica. Nella parte alta della Valle delle Fonti si trovano il Cisternone e la cosiddetta “casa delle fonti”, l’abitazione destinata al fontaniere dell’Acquedotto Mediceo. Il cisternone fu fatto costruire da Cosimo III nei primi anni del Seicento: esso consiste in una grande vasca di raccolta delle acque, regolate dal fontaniere in funzione della necessità di approvvigionamento da parte della città. Lungo il percorso, le acque delle sorgenti passavano da un gran numero di bottini o “purgatoi” con il fondo pieno di ghiaia presa dall’alveo del fiume Serchio, in modo da depurarsi. L’acquedotto, che purtroppo oggi versa in uno stato di trascuratezza e di abbandono, rimane comunque una delle più grandi opere tecniche mai realizzate, che vedeva i Medici ergersi a padroni di una delle civiltà idrauliche più sviluppate di tutti i tempi, nella quale artificio tecnico, bellezza paesaggistica e pubblica utilità si fondevano all’unisono.


Storia

1914

La beffa della tramvia elettrica

TEXT Valerio Vallini

G

ià nel 1844 sulle ipotesi di tracciato della ferrovia Leopolda, l’attuale Pisa-Firenze, sorsero contrasti fra Santa Croce e San Miniato. Sorsero appena si cominciò a pensare alla linea per Em-

L’agitazione a Ponte a Egola e paesi limitrofi per ottenere la Tramvia elettrica poli - Pontedera e proprio sul tracciato che doveva attraversare il Valdamo Inferiore si accesero aspre polemiche per gli interessi dei due centri. Fu in questo periodo che l’avvocato Banti propose una modifica alla linea meridionale che, passando e ripassando l’Arno su due ponti, uno collocato fra La Rotta e bocca di Usciana, uno invece da definirsi, avrebbe rasentato Fucecchio, Santa Croce e Castelfranco e servito anche Ponte a Egola che si veniva delineando come un centro dove confluiva tutta la Valdegola. La proposta non venne in realtà mai accolta e la ferrovia fu costruita secondo l’originario tracciato dello Stephenson sulla riva sinistra del fiume [vedi in Franco Foggi Nel segno di Saturno]. Nel 1879, sul progetto della costruzione di una ferrovia economica con locomotiva a vapore, che avrebbe permesso il diretto collegamento con le stazioni di San Miniato, Pontedera ed Empoli, l’adesione di Santa Croce fu immediata. Nuovi ostacoli di origine municipalista si contrapposero, così come fu impedito e fatto fallire nel 1890 il progetto di un Piano Caricatore fra Ponte a Egola -che già aveva le sue 4 concerie con un centinaio di addetti - e Santa Croce che era già un grosso centro artigiano-conciario

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Ponte a Egola

con 32 concerie e 439 addetti. Seguirono altri progetti di ferrotramvie, promesse elettorali, impegni mai rispettati. Santa Croce riuscì a risolvere in parte i suoi problemi di viabilità con la costruzione del ponte in ferro sull’Arno nel 1892. Nell’aprile del 1913 - leggiamo in una cronaca - Ponte a Egola e le frazioni della Valdegola e San Romano, vivevano tranquille per le assicurazioni avute sulla costruzione del tratto Pinocchio-Ponte a Egola-San Romano, quando nel progetto sanzionato dal Consiglio provinciale e dall’autorità prefettizia si trovò che era incluso soltanto il tratto Casanova-San Miniato - che giovava soltanto alla città sul colle. Scottata e umiliata da questo voltafaccia, Ponte a Egola, alla vigilia della prima guerra mondiale, promosse come scrisse il Nuovo Giornale del 16 febbraio 1914, “Una vivacissima agitazione per la mancata promessa di includere nel progetto sovvenzionato delle nuove linee tramviarie Fucecchio-San Miniato-Empoli, testé approvato al Consiglio provinciale, il tratto di linea FucecchioPonte a Egola-San Romano”. Seguita il cronista, che firma con il cognome Marianelli, “Per chi conosce quei luoghi e sa l’importanza Industriale e Commerciale specialmente di Ponte a Egola, centro di concerie - ve ne sono oltre una ventina - e di affari, intende subito che l’agitazione, sorta per la minacciata, mancanza di una comunicazione tramviaria, ha la sua piena ragione di essere. Non si tratta del semplice desiderio di un paese per avere una comodità di più, ma è una urgente necessità per lo sviluppo, pei bisogni sempre crescenti, per la prosperità sicura del suo avvenire, di tutta una zona importante - traversata dalla via provinciale pisana - il cui centro di attività e

di lavoro fecondo è Ponte a Egola”. All’agitazione erano interessate le frazioni della Catena, di Cigoli, di Ponte a Egola, di Montebicchieri, di Stibbio, di Romaiano, di San Romano, della Serra e di Bucciano. “Dicono queste popolazioni - è di nuovo l’inviato del Nuovo Giornale che parla - noi abbiamo veduto con piacere questo vasto progetto di comunicazioni tramviarie e vi conribuiamo volentieri con tutti gli altri centri, ma perché dopo le formali promesse avute è stata tagliata fuori la nostra zona che è la più indicata per la necessità di un tronco tramviario?” Già, perché? Se lo chiedevano i partecipanti a quella tempestosa adunanza presieduta da Paride Giomi e alla quale parteciparono i più significativi rappresentanti delle famiglie di Ponte a Egola fra i quali: Giomi, Giusti, Matteoli, Marianelli, Billeri, Bini, Dani, Rossi, Vannucci, Matteucci, e alcune istituzioni e associazioni: la Pubblica Assistenza, la Filarmonica, Lega pellettieri, La Misericordia, ed altre. Erano inoltre rappresentate le frazioni di Stibbio: Circolo Ricreativo, Cooperativa, Circolo operaio; San Romano, Cigoli, Catena, Molino. In definitiva intorno a questa richiesta si muoveva un piccolo mondo di interessi e sentimenti. L’assemblea proseguì fra blandizie e minacce e tentativi di ricerca di compromessi: “Non bisogna prender di punta il Comune, ma far notare, con fermezza, che i nostri consiglieri declinano ogni responsabilità ove si cominciassero i lavori per il tratto Pinocchio-San Miniato e si trascurasse il nostro. La responsabilità dei guai che potrebbero accadere cadrà sul Comune.” Qualcuno propose che ove i consiglieri comunali non vengano ascoltati, si dimettano. Si giunse ad un ordine del giorno approva-


to all’unanimità che recitava : “Il Comitato pro-tramvia elettrica costituitosi a Ponte a Egola in unione agli altri rappresentanti delle altre frazioni cointeressate, riuniti in plenaria adunanza dopo ampia discussione e sempre all’interesse di avere appagati i loro legittimi interessi industriali e commerciali, delibera di intensificare la propria energia fino a tanto che si dovrà, senza alcuna dilazione, porre mano anche ai lavori della tramvia Pinocchio-San Romano”. Altre adunanze seguirono fra cui una a San Romano al teatro Stefano alla presenza di consiglieri comunali, sindaci dei comuni di San Miniato, San Romano e Monopoli, l’on. conte Francesco Guicciardini che coltivava

il suo collegio elettorale. L’Avv. Conti, di San Miniato, disse: “La nostra linea verrà sicuramente inclusa nel progetto e prestissimo. Essa è vantaggiosa, necessaria nell’interesse di San Miniato e delle frazioni, che insieme debbono cooperare alla sua effettuazione, animati da sentimenti di reciproca stima, di fraterna concordia”. La chiusa del discorso dell’avv. Conti fu vivamente applaudita. Cessati gli applausi il dott. Matteucci fece rilevare l’affermazione secondo la quale: “La linea tranviaria Pinocchio-San Romano Stazione si farà con certezza, con sicurezza e con la massima sollecitudine”. E’ questa una dichiarazione, dice il dott.

Matteucci, la quale per quanto esprima un’opinione personale dell’avv. Conti, ha per noi un gran valore e ne dobbiamo quindi tenere un gran conto: essa fatta da un consigliere comunale e anche provinciale ai suoi elettori costituisce una formale promessa di interessamento per la buona riuscita della nostra causa. […] Come si vede non mancarono le fermezze verbali, le prodigalità, gli impegni solenni, le dichiarazioni di ferrea volontà, ma la tramvia non si fece mai. I perché non emersero con chiarezza, le minacce furono assorbite dal rombo del cannone che si mangiò risorse e uomini, facendo piovere lutti e dolore in tutto il nostro Valdarno.


Toscana

Storia

1810-2010 / LA SOPPRESSIONE DEGLI

TEXT Paola Ircani Menichini

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a storia della Chiesa cattolica tra Sette e Ottocento mostra, a chi voglia approfondire gli avvenimenti e la politica del tempo, contraddizioni evidenti e cambiamenti radicali. La prima metà del secolo XVIII trascorse in una relativa tranquillità, nel conformarsi del popolo cristiano e dei governanti alle regole e alle “pratiche” assorbite pienamente dal Seicento; la seconda metà invece vide l’affermarsi di filosofie materialiste e una conseguente crisi nei rapporti fra gli stati nazionali e la Chiesa, soprattutto sul campo di battaglia della sopravvivenza o meno degli Ordini regolari. In Toscana le controversie si appoggiarono alla corrente eretica del giansenismo, il cui rappresentante più illustre fu il granduca Pietro Leopoldo. Pertanto varie leggi e motupropri furono promulgati per disin-

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centivare i giovani ad entrare nei conven- sione degli Ordini religiosi quindi rappreti, innalzando l’età della vestizione e della sentò il conseguente espandersi della crisi professione, togliendo l’autorità ai supe- tra Francia e Chiesa e si articolò in tre anni. riori, intervenendo sulle doti per le mona- La prima ordinanza fu del 29 aprile 1808 che, imponendo un esame da parte della dell’Amministratore generale della Toscana Segreteria del Regio Diritto, sopprimendo Eduard Dauchy ed interessò tutti gli istituti le compagnie laicali e altro ancora. Dal di vita consacrata tranne gli Scolopi, i Mi1785 i monasteri femminili dovettero sce- nori e quelli che apportavano un contributo gliere se restare di vita comune, sotLa prima ordinanza fu del 29 aprile 1808 toposti al vescovo, oppure diventare ed interessò tutti gli istituti religiosi tranne un “utile” conserquelli che apportavano un contributo vatorio (scuola) per le giovani sotalla vita civile del paese to giurisdizione di un “operaio” laico e con personale secolare (maestre oblate). alla vita civile come stabilimenti di carità, La Rivoluzione aggravò la crisi, che in ospedali e scuole. Ma degli uni e degli alFrancia dal 1789 al 1801 si articolò in tre tri - soppressi o «provvisoriamente consermomenti: la promulgazione della Costitu- vati», come è scritto nella legge - i beni di zione Civile del Clero nel 1790, la soppres- proprietà entrarono a far parte dell’Ammisione degli Ordini religiosi, e la persecu- nistrazione del Registro e Demanio, per zione contro il cattolicesimo, che coinvolse essere venduti ai privati, mentre ai religiosi anche papa Pio VI (morto prigioniero a fu corrisposta una pensione che doveva esValence nel 1799). La Toscana tuttavia era sere sufficiente per vivere. indipendente e relativamente tranquilla I decreti imperiali del 24 marzo e del 9 e, dopo la pace di Luneville (9 febbraio aprile 1809 invece fecero una parziale 1801) e il concordato tra Napoleone e marcia indietro, e ristabilirono alcuni conSanta Sede, i suoi religiosi poterono tirare venti di suore, in veste solo di conservatoun sospiro di sollievo. I regnanti, che ora ri, e quelli degli Ordini mendicanti nel goerano i Borboni, tra 1802 e 1804 emana- dimento dei loro beni, con il dissequestro rono alcune leggi con le quali ordinarono o la restituzione delle entrate già riscosse ai conventi di ritornare sotto l’obbedienza dal Tesoro Pubblico. dei loro padri generali e alle dipendenze Il decreto imperiale del 13 settembre 1810 della Santa Sede, secondo le norme del infine impose la definitiva e generale sopvecchio Concilio di Trento. I vescovi ebbe- pressione, revocando tutte le leggi anteriori: ro la facoltà di riconvertire i conservatori la chiusura dei conventi fu stabilita entro il femminili in monasteri e le novizie ed ex 15 ottobre, e la proibizione di portare l’abito maestre oblate poterono così professare regolare entrò in vigore dal I novembre. Va detto che dal 1808 per i monasteri la poe diventare suore. Appena pochi anni più tardi però una se- vertà materiale si era aggiunta all’incertezza conda prova di forza oppose l’Imperatore a del futuro. Già nell’aprile dei commissari Pio VII, provocando una crisi più grave che in avevano visitato e inventariato conventi, Toscana si manifestò dal 1808 al 1810. Infatti dal 27 ottobre 1807 l’ex Regno di Etruria dei 1. Jacques Louis David, Borboni era entrato a far parte dell’Impero Napoleone imperatore, 1806-1808 ca., Francese con il trattato di Fontainebleau. Parigi, Collection Frédéric Masson, Dal 14 aprile 1808 era stato diviso in tre di- Fondation Dosne-Thiers, Institut de France 2. Ritratto di Ferdinando III granduca partimenti e dal marzo 1809 era ritornato di Toscana. un granducato, con a capo Elisa Baciocchi, 3. La Toscana annessa all’Impero francese sorella di Napoleone, anche se la direzione divisa in tre dipartimenti nel 1808 (dell’Arno, degli affari era rimasta a Parigi. La soppres- del Mediterraneo e dell’Ombrone).


ORDINI RELIGIOSI

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chiese e cappelle, scuole, archivi, e avevano espropriato quadri e oggetti di valore e argenterie che avevano inviato alla Zecca di Firenze. Dal 1810 poi la maggior parte degli ex religiosi non ebbe più nemmeno una casa e dovette abitare presso i parenti o arrangiarsi come meglio poté. La situazione cambiò dopo la caduta di Napoleone, nel 1814. Ritornato Ferdinando III al granducato, i superiori generali degli Ordini prepararono il ripristino dei rispettivi monasteri in Toscana. Fu istituita dal governo una Deputazione sopra i Beni Ecclesiastici, ma la povertà della popolazione era grande. Pertanto i piccoli conventi non furono più riaperti, e per i conventi più grandi il granduca e la sua amministrazione stimarono opportuno compensare i vecchi espropri con dei fondi, invece di restituire i beni che ora facevano parte del patrimonio pubblico o erano stati venduti ai privati. Nel prossimo numero scopriremo le vicende del Convento di San Matteo a Castelfranco di Sotto


Il patto di famiglia

Storia

Anna Maria Luisa de’ Medici TEXT Tamara Frediani

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e Firenze e con essa tutta la Toscana, possono ancora offrire a cittadini e turisti un patrimonio artistico unico al mondo, lo devono in modo particolare ad una importante figura femminile della famiglia Medici.

Fu promotrice di un’importante convenzione per il patrimonio artistico Anna Maria Luisa nonostante sia quasi esclusivamente conosciuta per essere stata la sorella di Giangastone, ultimo rap-

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presentante ufficiale del casato fiorentino, nella realtà ha avuto un ruolo molto più importante di quello che la memoria le ha assegnato all’interno della propria dinastia: non molti sono a conoscenza che fu proprio la figlia del Granduca a richiedere ai Lorena - designati successori al trono granducale in seguito all’estinzione della discendenza medicea - di accettare una convenzione, un atto noto come “Patto di Famiglia” nel quale fu stabilito che i futuri governatori non avrebbero potuto trasportare “…o levare fuori dalla Capitale e dello Stato del GranDucato… Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje e altre cose preziose… della successione del Serenissimo GranDu-

ca, affinchè esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri”. L’accordo concluso il 31 ottobre del 1737 costituisce il primo importante testamento avente come finalità una destinazione pubblica ed il cui scopo fu quello di evitare il ripetersi della consuetudine praticata tra le dinastie che si succedevano al governo. Era prassi infatti che le opere d’arte venissero per così dire “ereditate”, e considerate di proprietà privata, venivano portate con sé dai vecchi governatori. In questo modo il patrimonio artistico locale veniva disperso tra le varie corti europee. Il “Patto di Famiglia” entrato in vigore


nel 1743 alla morte di Anna Maria Luisa, permise perciò a Firenze di mantenere la maggior parte delle sue opere d’arte. Anna Maria Luisa, era figlia del Granduca Cosimo III e della principessa Margherita Luisa d’Orleans, cugina di primo grado del Re Sole, unica figlia della coppia, era la seconda di tre fratelli, Ferdinando nato nel 1663 e Giangastone nato nel 1671. Nel 1691 sposò Johann Wilellm von der PfalzNeuburg diventando così Elettrice Palatina e da Firenze si trasferì a DÜsseldorf in Germania, che allora rappresentava la capitale del Palatinato. Dal matrimonio non nacquero figli e alla morte del consorte nel 1716 Anna Maria Luisa fece ritorno a Firenze. Nel frattempo era diventato chiaro che la famiglia Medici stava andando verso l’estinzione della propria diretta discen-

denza maschile: i matrimoni dei fratelli erano sterili, così come quello dello zio Francesco Maria con la giovane Eleonora Luisa Gonzaga. Senza altre possibili alternative Cosimo III tentò di far legittimare la successione di Anna Maria Luisa, tentando di farla accettare e riconoscere dalle potenze europee. Questa soluzione però non piacque alle altre corti del Vecchio continente e il trono granducale passò ai Lorena, nella persona di Francesco Stefano I, marito di Maria Teresa d’Asburgo. Firenze, come ogni anno, celebra il ricordo di Anna Maria Luisa de Medici il 18 febbraio, anniversario della sua morte, con un corteo storico che sfila dal centro fino alla Cappella dei Principi in San Lorenzo, luogo di sepoltura dell’Elettrice Palatina.



Carnevale

Tradizioni

alle radici del

TEXT Federica Cipollini

P

eriodo dell’anno denso di significati simbolici e rituali, il carnevale continua attraverso i secoli a rappresentare un momento di intensa partecipazione popolare. Molti studiosi di storia e di antropologia

Riti e tradizioni dei Saturnalia romani all’origine del nostro Carnevale hanno cercato di interpretare il significato culturale di questa festa, ormai diffusa in tutto il globo, le cui origini affondano non solo nel medioevo cristiano, ma addirittura nell’antichità pagana. Il Carnevale, infatti, non solo ha un significato in opposizione alla Quaresima che immediatamente lo segue, ma deriva, secondo studi assai accreditati, dalla festa romana dei Saturnali, che si svolgeva in dicembre, e presentava caratteristiche per volti versi assimilabili a quelle del Carnevale medievale e moderno. Durante questo periodo consacrato al dio Saturno, infatti, vi era una sorta di sospensione della

morale convenzionale, con un abbandono alla libido, sia gastronomica sia sessuale, e un gioco di inversione delle convenzioni e dei ruoli sociali, che potremmo riconoscere come radice dell’uso di travestirsi ancora in voga nel carnevale contemporaneo. Il rovesciamento dei ruoli sociali era simbolicamente incarnato dalla figura del Re per un giorno, solitamente uno schiavo, che veniva incoronato sovrano e per il breve periodo del Carnevale poteva impartire gli ordini più bizzarri a chiunque, ma pare venisse poi sacrificato sull’altare di Saturno al termine dei festeggiamenti, con un’uccisione rituale. Qualcosa di molto simile è sopravvissuto anche nella tradizione del Carnevale moderno, con il rogo rituale di un fantoccio denominato Re Carnevale, simbolo del termine del

periodo carnascialesco e dell’inizio della penitenza quaresimale. Questo gioco dei contrari, questo sovvertimento dei ruoli e delle regole morali, se da un lato appare una sorta di reazione d’insofferenza nei confronti dell’ordine costituito, dall’altro è, in effetti, un meccanismo antropologico che serve a rinsaldare certe strutture sociali cristallizzate, come ha dimostrato lo studioso russo Mihail Bachtin. Una valvola di sfogo, una sospensione dell’ordine funzionale alla sua successiva rifondazione, il Carnevale è sintetizzato, nella sua funzione, dal motto latino semel in anno licet insanire, una volta all’anno è permesso folleggiare, dove il perno del concetto è proprio in quell’avverbio, semel, una volta sola, e poi non più per un anno intero. In alto: Pieter Bruegel, Lotta tra Carnevale e Quaresima, 1559. A fianco un’immagine del Carnevale di Venezia

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Territorio

al

TEXT Graziano Bellini PHOTO Alfredo Sabatini

D

ove finisce l’acqua del Padule di Fucecchio? La risposta logica è: nel mare. Ma la risposta giusta è: dove comincia il colore. L’acqua del padule di Fucecchio finisce dove comincia il colore.

Le immagini del Padule di Fucecchio catturate e interpretate da due artisti toscani Non più l’acqua che riempie il vuoto, ma il colore che le fa da sponda. È la natura che vede l’anima prima di confonderla, è il mondo come l’ha visto Dio prima di renderlo accessibile a tutti. È cosi che appare dentro ad uno scatto. Occupa lo spazio della mente là dove le ombre creano figure e le figure si allungano fra le nuvole. Il gioco è cercare la

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Cuore

Dagli occhi


dimensione giusta dell’immaginario, è spostare a piacere il sole nel cielo per nasconderlo fra gli alberi. Oppure fermare ciò che è già immobile per renderlo vivo. Ma il vero trucco è muoversi con lo sguardo per non spostarsi troppo. Mentre guardo il Padule vedo le Apuane. Scatti una foto, amico mio, e scrivi un libro. Rimane ciò che volevi catturare, più quello che incautamente passava di lì. È un’operazione al cuore a cielo aperto. Se esci presto, in Padule fai tardi. Ma non è tardi per accorgersi che c’è ancora il tempo di rincorrere le folaghe e gli aironi mentre la Grande Acqua, che sembra ferma nello spazio bianco, esonda nell’oscurità e colora il cielo. Il Padule di Fucecchio, cosi com’è, lo vedi solo qui. Girando pagina ti rimarrà solo l’idea di un sogno. Alfredo Sabatini e Graziano Bellini, entrambi di Fucecchio (Fi), sono amici da una vita ed hanno in comune la curiosità per ogni forma d’arte. Alfredo Sabatini tiene un corso di fotografia a Fucecchio ed è presente in molte mostre fotografiche. Ha pubblicato nel 2009 il libro I ragazzi del capitello (quando i personaggi raccontano un paese). Graziano Bellini autore da sempre di poesie, testi di canzoni, articoli e racconti ha pubblicato nel 2008 il libro Due Libertà. Insieme cercano di creare emozioni. Mentre ci provano, si divertono; quando ci riescono, si divertono anche gli altri. Lo hanno fatto in passato con la musica scrivendo canzoni, lo fanno adesso con le immagini e le parole.


Miravalle

Turismo

al timone

l’uomo

che costruirà le terme più grandi del mondo TEXT Carlo Baroni

I

l palazzo si fonda sull’antica cittadella voluta all’indomani dell’anno Mille, durante il periodo di dominio del Barbarossa, come è ricordato anche dal nome della torre sul picco del colle adiacente. La Rocca di Federico II. Lui è un idrogeologo, consulente delle più importanti multinazionale, esperto di fonti sorgive che proprio in questi mesi è a capo di una cordata che realizzerà a Santo Domingo lo stabilimento termale più grande del mondo. Di fatto, però, qui stiamo parlando di San Miniato, della bella struttura che ospita l’Hotel Ristorante Miravalle e di Roberto Chetoni con la sua famiglia. Un nuovo capitolo si sta aprendo per questo

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hotel, già bello di suo, per l’imponenza e l’importanza delle sua mura disposte su quattro livelli, inseriti all’interno del nucleo originario dello storico palazzo medievale. Un capitolo già cominciato: con Chetoni alla guida del Consorzio che l’ha preso in gestione dal Comune che ne è il proprietario, sono arrivate le quattro stelle. Una notizia per San Miniato che finalmente ha il suo unico hotel tutto il resto della potenzialità ricettiva è appannaggio di affittacamere e bed and breakfast - riconosciuto di lusso e qualità per le sue 21 camere, per la sala ristorante che ospita fino a 120 persone, la hall in stile rinascimentale e la sala riunionimeeting, ricavata dall’antico salone delle udienze e dei processi dei capitani dell’Imperatore che può ospitare oltre 100 persone. Protagonista di quest’avventura insieme a Roberto Chetoni, la figlia Francesca che sta coordinando personale e promozione dell’immagine con la collaborazione dell‘esperto neo direttore Giancarlo Campana. Il resto di tutta questa storia è la preziosa cornice che riunisce tutto questo, la piazza del Duomo, dove svetta la torre detta “del Palazzo dei Vicari” che costituisce un monumento di enorme valore storico e paesaggistico per aver dato i natali alla contessa Matilde di Canossa. Ma non è finita qui. Roberto Chetoni ha un grande progetto per Miravalle, che piace al Comune e

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3 1. Roberto Chetoni 2. Francesca Chetoni 3. Giancarlo Campana 4. L’albergo Miravalle a San Miniato


che fa parte della riqualificazione com- stabilimento - racconta -: in Venezuela, Costerà un miliardo di euro. Sarà pronto pleta delle antiche mura: trasformare le Colombia, Costa Rica, Cuba, potrei fare nel 2014: terme, palazzo dei congressi, quattrocentesche cantine - un tempo un elenco infinito. Ho inventato 108 ac- 112 ville (costo 2 milioni di euro l’una), forse prigioni e segrete del castello - in que minerali e, come consulente di so- campo da golf con 26 buche, teatro al un centro benessere di straordinarie sug- cietà private, ho creato 19 stabilimen- chiuso e all’aperto, cinque ristoranti, gestioni. E lui di centri benessere, e non ti termali, alcuni famosi anche in Italia 20 campi da tennis con hotel, 1000 camere, centro commersolo di quello, se ne Roberto Chetoni trasformerà le quattrocentesche ciale, spa. Insomma il intende. Di fatto è un paese delle meraviglie. “Re delle acque“. Di segrete del castello di San Miniato Tornando a San Miniatutte le acque: quelle to voglio che Miravalle calde, rilassanti e tauin un centro benessere ai piedi della Rocca sia l’hotel di lusso che maturgiche, e quelle fresche, minerali più famose e gettonate. come Saturnia, Grotta Giusti e le Terme mancava; valorizzerò le cantine, aprirò Roberto Chetoni è consulente della San di San Pellegrino“. “A Santo Domingo ai turisti la Torre che poggia sul ristoranPellegrino, della Nestlè, della CocaCola, sto lavorando al più bel centro termale te, metterò un bar sulla piazza, amplierò delle più grandi multinazionali al mondo. dell’America Centrale, il più grande del la ricettività”. Operazione che compenPer loro ha girato e gira ogni angolo del mondo. E così sarà: abbiamo costituito sa e valorizza anche un progetto da un pianeta. “Per ognuna di loro cerco fon- la società di cui sono presidente, ci sono milione di euro del Comune su tutta la ti sorgive quando vogliono aprire uno gli investitori sia italiani che americani. struttura del Miravalle.


Presepe

Territorio

cripta di San Pietro in Vinculis

un

TEXT Giuliano Valdes

di costumi

L

’antica chiesa pisana intitolata a San Pietro in Vinculis (XII sec.), altrimenti conosciuta come San Pierino, è una delle perle dell’architettura romanica in città, restituita all’antico splendore

I costumi della Fondazione Cerratelli indossati dai protagonisti della Natività da un competente restauro (2005). Nella primavera del 2009 anche la sottostante cripta, un ambiente suggestivo e scenografico, è stata resa accessibile alla fruizione del pubblico e dei turisti, completando di fatto il restauro e il recupero di un luogo sacro che per quasi 15 anni era stato totalmente o parzialmente interdetto alle visite. In occasione delle recenti festività natalizie, dal 23 dicembre 2009 al 10 gennaio 2010, la cripta si è trasformata in ideale luogo scenico per un’inconsueta ed originale rappresentazione della Natività. Grazie alla “regia” di Mons. Aldo Armani e alla collaborazione della Fondazione Cerratelli di San Giuliano Terme, l’Accademia dei Disuniti ha curato l’esposizione del Presepe in Grotta. Le visite del pubblico hanno riscosso un notevole successo, registrando l’affluenza di circa 2.600 visitatori, molti dei quali turisti esteri. L’originalità dell’esposizione è consistita nel fatto che i personaggi del presepe indossavano, su manichini a grandezza naturale, i costumi provenienti dalla Fondazione Cerratelli, già impiegati in occasione di opere liriche e allestimenti cinematografici di grande rilievo. La sapiente illuminazione della cripta, con luci basse e radenti che esaltavano l’espressività dei personaggi, la suggestione del contesto architettonico, le musiche e la narrazione della Natività diffusa dagli altoparlanti, hanno reso alla perfezione il senso di questa radicata tradizione

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della cultura popolare cristiana. Il Museo della Fondazione Cerratelli accoglie oggi, a San Giuliano Terme, circa 25.000 costumi e 20.000 fra locandine di film, foto di scena, manifesti e bozzetti. Tali materiali costituiscono l’inestimabile patrimonio e l’eredità della nota Casa d’arte fiorentina, costituita all’inizio del secolo scorso dal baritono Arturo Cerratelli, uno dei primi interpreti della Boheme di Giacomo Puccini. I numerosi costumi di scena (alcuni anche del XIX secolo) usciti dalla sartoria Cerratelli hanno trovato impiego nella Lirica, nella Prosa e nel Cinema, “vestendo” alcuni tra i più noti capolavori di maestri, quali Pergolesi, Mascagni, Giordano, Donizetti, Verdi, Rossini, Bellini, Puccini Mussgorsky, Bizet; registi quali Bolognini, Bussotti, Castellani, E. De Filippo, Gregoretti, Miller, Ronconi, Schenk, Strehler, Visconti, Zeffirelli.

Fondazione Cerratelli

Via Giuseppe di Vittorio 2 56017 San Giuliano Terme (PI) Tel. 050 817900


TEXT Giampaolo Russo

È

una affascinante casa fiorentina del XVIII secolo, splendidamente restaurata nel rispetto dell’originale stile architettonico quella che la signora Gabriella Panconesi, insieme al marito Giuseppe An-

Inaugurato a Firenze “Granduomo”, esclusiva residenza affacciata su piazza del Duomo

cillotti, ha inaugurato in piazza del Duomo a Firenze. Non si tratta né di un albergo, né di un bed & breakfast ma di una residenza di lusso di 9 suites suddivise in 5 luminosi appartamenti ad un prezzo estremamente concorrenziale rispetto ai tradizionali alberghi di categoria superiore (dai 160 fino ad un massimo di 300 euro). L’ambiente è raffinato, curato in ogni minimo dettaglio dalla stessa proprietaria che per l’arredamento non si è affidata ad un architetto di grido

con vista

ma alla propria esperienza trentennale nel settore dei tessuti e delle confezioni. Il nome prescelto, Granduomo, non poteva che richiamare la magnifica vista che è possibile ammirare dai cinque appartamenti, sviluppati su 4 piani, ognuno dotato di angolo cottura e salottino, l’ideale per coloro che desiderano soggiornare per periodi lunghi o che sono accompagnati dalla famiglia. Ogni camera è dotata dei più sofisticati comfort, dalla TV satellitare con schermo LCD, presa per il modem Internet, linea ADSL, impianto autonomo di aria condizionata e di riscaldamento, telefono, videocitofono, cassetta di sicurezza, tavolo da pranzo, forno a microonde, frigorifero, tostapane, bollitore, macchina da caffé americano. Ben

Turismo

Camera

dodici sono le finestre che si affacciano su Santa Maria Del Fiore, il Duomo, “ la madre di tutte le chiese fiorentine, la sede dell’anima e della coscienza della irrequieta città ”. Grazie alla recentissima pedonalizzazione di piazza del Duomo gli ospiti di Granduomo si possono risvegliare con il rintocco della meravigliosa melodia del campanile di Giotto. Ogni ambiente riflette lo stile italiano nell’armonia dei colori, nella scelta dei broccati, degli arredi, dei pavimenti in legno, in pietra serena e marmo travertino. Le pareti, dai tenui colori riposanti, sono impreziosite da stucchi e pregiati sono i rivestimenti dei bagni. I principali monumenti, i musei, le boutiques più esclusive ed ogni punto di interesse culturale ed architettonico sono raggiungibili con passeggiate di pochi minuti dalla residenza ed inoltre è possibile usufruire di alcuni servizi de luxe come ad esempio la possibilità di riservare un cuoco che prepari la cena in camera oppure acquistare il soggiorno comprensivo della prenotazione per l’ingresso agli Uffizi, oppure ancora riservare un tour di sei ore con autista privato per visitare gli outlet nella toscana. Granduomo rappresenta un nuovo ed innovativo concept nel settore dell’ospitalità toscana. In alto Gabriella Panconesi e a sinistra immagini dell’interno della residenza Granduomo

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Lo scaffale dei poeti TEXT Valerio Vallini

S

andro Penna nacque a Perugia nel 1906 da una famiglia borghese. Dopo la giovinezza trascorsa nella città materna e studi irregolari si diplomò in ragioneria e fece diversi mestieri: il con-

Nel 1977, pochi giorni prima della morte, gli venne assegnato il Premio Bagutta per la raccolta “Stranezze” tabile, il commesso di libreria, il mercante d’arte. Nel 1929 si trasferì a Roma e qui ha sempre vissuto tranne una parentesi milanese. Con Saba e Montale frequentò l’ambiente delle Giubbe Rosse. Così ebbe modo di entrare in contatto con il mondo dei letterati, e coltivò una discreta collaborazione alle riviste “Letteratura”, “Il Frontespizio”, “Corrente”. La sua vita si accompagnò prestissimo alla solitudine come un gatto randagio che annusava /La calda ombra fra le case/ o un “Viaggiatore insonne” come titola una brevissima e intensa raccolta postuma. In gioventù ebbe molte donne. Poi qual-

cosa si infranse e si orientò verso adolescenti maturi anche in modo platonico e sentimentale fino ad una stabile relazione con un giovane che lo lasciò portandosi via l’affezionatissimo cane lupo. Nel 1939, grazie all’interessamento di Sergio Solmi pubblicò con il titolo di Poesie, Firenze, Parenti, la sua prima raccolta di versi. Alcune prose saranno più tardi (1973) raccolte nel volume Un po’ di febbre. Nei primi anni Cinquanta fu la volta di due opere importanti: Una strana gioia di vivere, edito da Scheiwiller nel 1956 e la raccolta completa delle sue Poesie edita da Garzanti che gli fece ottenere, nel 1957

il Premio Viareggio. Nel 1970 apparve presso l’editore Garzanti il suo libro Tutte le Poesie che comprendeva le poesie precedenti e molti inediti. In quello stesso anno fu assegnato a Penna il Premio Fiuggi. Nel 1976 venne pubblicato sull’ “Almanacco dello Specchio” una scelta di sue poesie e, alla fine di quell’ anno, il volume Stranezze per il quale, nel gennaio del 1977, pochi giorni prima della morte, gli venne assegnato il Premio Bagutta.

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Epigrammatico ma non ermetico, cultore del verso breve ma non ungarettiano, fino agli anni Ottanta del Novecento la fama di Penna non ha mai subito eclissi. La prima volta che m’imbattei nella poesia di Penna fu nel 1967 leggendo “Immagini e maniere” di Alfredo Giuliani. Nessuna traccia c’era di lui in Poesia Italiana del Novecento edita da Le Monnier. Penna era bandito dalla letteratura scolastica per i suoi orientamenti sessuali, e così anche la sua poesia sebbene questa fosse di un lindore e di un pudore singolari. Fu proprio Giuliani che mi fece scoprire e capire Penna. Che la sua poesia “nasce da una profondità inquieta, dall’esperienza del bene e del male, […] da un distacco quasi sovrumano


Da Tutte le poesie

Io vivere vorrei addormentato

La vita… ricordarsi di un risveglio

Io vivere vorrei addormentato entro il dolce rumore della vita.

La vita… è ricordarsi di un risveglio triste in un treno all’alba: aver veduto fuori la luce incerta: aver sentito nel corpo rotto la malinconia vergine e aspra dell’aria pungente.

3 sia dal proprio mondo misterioso, sia da quello grevemente intelligibile degli adulti.” Comunque già a partire dal dopoguerra, per il diffondersi di orientamenti antiermetici piacque di lui il timbro realistico e l’uso di un linguaggio antipoetico nel senso di sostituire talvolta, a parole ricercate e preziose, un lessico corrente e d’uso comune come treno, cinema, bar, orinatoio, lattaio, portineria, strada. Limpida e chiara, la sua poesia è assimilabile ad una “pittura povera” fatta anche di una quotidianità ordinaria, quasi piatta e banale, dalla quale nasce una poesia altissima, di una liricità intensa quanto pacata nel dettato e nella narrazione. Lasciatemi citare la poesia [Ero per la città]…/ La madre mi parlava dell’affitto./ Io ero ad altra riva. Il mio alloggio/ era ormai in paradiso…/. Nascono con pochi tocchi di pennello paesaggi di un realismo metafisico: “La veneta piazzetta, / antica e mesta, accoglie/ odor di mare…/”. “Difficile – afferma P.V. Mengaldo – cogliere con qualche esattezza il retroterra letterario di Penna: spiccano appena su un generico sfondo pascoliano-crepuscolare, debiti verso la poesia di un Govoni o di un Palazzeschi […] Il suo precedente più importante è il Saba delle canzonette che il nostro superò in leggerezza secondo un noto parere di Cesare Garboli per il quale del resto il triestino era un po’ troppo greve. Per me, parlando di Penna, non è tanto importante comunicare al lettore i rimandi, gli ascendenti stilistici, quanto di “realismo” o lirismo puro ci sia o non ci sia. E’ importante trasmettere la sua poesia pittorica e musicale, anzi come proprio dalla musica, secondo alcuni, deriverebbe la sua

1. Sandro Penna negli anni ‘30 2. Sandro Penna con Cesare Garboli 3. Uno scorcio di un vicolo di Perugia 4. Una panoramica del centro di Perugia

Ma ricordarsi la liberazione improvvisa è più dolce: a me vicino un marinaio giovane: l’azzurro e il bianco della sua divisa, e fuori un mare tutto fresco di colore. È l’ora in cui si baciano i marmocchi È l’ora in cui si baciano i marmocchi assonnati sui caldi ginocchi. Ma io, per lunghe strade, coi miei occhi Inutilmente. Io, mostro da niente.

Da Stranezze Guardando un ragazzo dormire Tu morirai fanciullo ed io ugualmente. Ma più belli di te ragazzi ancora Dormiranno nel sole in riva al mare. Ma non saremo che noi stessi ancora. Era il maggio felice e tu mia luna Era il maggio felice. E tu, mia luna, forse ridevi degli antichi amori. Ti ho lasciato il fanciullo, i cari odori di cui forse ridevi, antica luna. Da Il viaggiatore insonne

Sul molo il vento soffia forte…

A Renzo Vespignani

Sul molo il vento soffia forte. Gli occhi hanno un calmo spettacolo di luce. Va una vela piegata, e nel silenzio la guida un uomo quasi orizzontale. Silenzioso vola dalla testa di un ragazzo un berretto, e tocca il mare come un pallone il cielo. Fiamma resta entro il freddo spettacolo di luce la sua testa arruffata.

Salivano lente le sere E il mondo restava beato. La giovinezza mia era la lieve lieve gioia imprevista di soldato. Venne la guerra poi o, nella vita, non salirono più lente le sere. Polverosi i tramonti. Ed infinita La noia fitta delle primavere.

4 poesia. Per me, nel senso di poeta-pittore (parole come colori e ritmi timbrici), come non riprendere qui i versi di [Scuola] “/ Negli azzurri mattini/ le file svelte e nere/ dei collegiali. Chini/ su libri poi. Bandiere/ di nostalgia campestre/ gli alberi alle finestre.” Penna non datava i suoi versi. Per lui – come è stato detto da Natalia Ginzburg – il tempo non esisteva, e così non mostrava nessuna ansia di veder pubblicate le sue poesie. La poesia, per lui, era legata alla casualità come in questi versi: “ La semplice poesia forse discende/ distratta come cala al viaggiatore/ entro l’arida folla di un convoglio/ la mano sulla spalla di un ragazzo.” Casualità e atemporalità. Dono di sublimare le pulsioni sessuali o di viverle più intensamente, di iterarle come a renderle eternamente vive? Certamente la poesia, tutta la poesia, si nutre di vita e da questa prende sangue e ritmo. Ma poi i percorsi sono diversi. La poesia può diventare anche nemica del poeta, pretendere le sue leggi, il suo rigore. Ma non è il caso di Penna. Mi par di cogliere, in trasparenza, in questa breve escursione intorno e dentro la poesia di Sandro Penna, una sottile aria leopardiana come in questi versi di Stranezze: “Imbruna l’aria, e il lume/ del giorno a lui dintorno/.” Ascolto, in un ritmo lento, una malinconia che colgo in questi versi: “/Io sono in un locale greve e nero,/ pieno di fumo, pieno di parole./ Ma sono assente: e sogno il cimitero/ di un piccolo villaggio sotto il sole./” Assenza che ci riporta a un tempo soggettivo, un non tempo; un soffio di eternità e di bellezza come in questi versi che seguono: “ /Il mare è tutto azzurro./ Il mare è tutto calmo./ Nel cuore è quasi un urlo/ di gioia. E tutto è calmo.” Quanto lontani questa lingua e questo sentire dal fragore e dal chiasso, dalla sopraffazione, dal reale osceno che ci circonda. Che antidoto!


Amourang

Racconto

TEXT Matthew Licht

...

Tornato al motel e avendo dato una sbirciata alle due donne nude dalla porta della camera da letto, presi un coltello affilato da uno dei cassetti nell’angolo cottura. Eseguì l’autopsia su un tavolo

L’ultima parte del racconto dello scrittore americano che trovai fuori sul terrazzo. La mia diagnosi fu confermata: un gamberetto intero, morto e sbiancato dai succhi gastrici, balzò fuori dal ventre del pesce appena lo incisi. Mi chiesi se era il caso di lasciare questo diorama di vivisezione scientifica da far esaminare e valutare dalle fanciulle, ma finii col rilanciare in acqua le due creature. Disposi le conchiglie che avevo raccolto in ciò che pensavo fosse un disegno che una donna avrebbe apprezzato; rientrai per avviare la macchina da caffè e riuscii per avventurarmi in un’altra nuotata, molto più lunga. Dopo quello che era accaduto la sera prima, pensavo che il nostro prossimo incontro di gruppo – voglio dire tra me, mia moglie, e la sua amica di più vecchia data – sarebbe stato silenzioso e velato di vergogna e sensi di colpa. Ciò che era accaduto, anche se innegabile, era qualcosa da dimenticare, da tacere – c’era stato dell’alcol, con una serie di circostanze concomitanti e un’atmosfera particolare. Trovai le due donne sedute a un tavolo di vetro. Avevano aperto l’ombrello color arcobaleno e sorseggiavano, pensierose, i loro caffè. Indossavano dei kimono, che dovevano essere saltati fuori da una delle grosse valigie di Nibs. Le vestaglie slacciate fluttuavano nella brezza. Mormorai un “buongiorno” mentre mi dirigevo in bagno per fare una doccia calda. Nibs mi trattenne, avvolgendomi un braccio intorno alla gamba. Mi diede una pacca sul sedere come se le appartenesse. Disse “grazie”, senza traccia del suo solito sarcasmo, o tono da presa in giro o critica implicita. D’improvviso mi sentii alto due metri. Osservando il mare, l’orizzonte, e la spiaggia, mi sentivo come un uomo con due mogli: un signore feudale, un capo tribù, un dio. Ma sapevo di dover tenermi queste sensazioni per me. Con una faccia che non tradiva niente, baciai mia moglie e la sua amica.

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Amourang

AMOURANG Pianificammo la giornata: dato che era più vistosa, saremmo andati a fare un giro nella macchina affittata da Nibs. Le fanciulle volevano visitare un castello vicino agli Everglades. Il castello era stato costruito da un uomo bassetto che veniva dall’Europa dell’Est e a cui era parsa una buona idea prelevare manualmente immensi blocchi di corallo in questo clima caldo e umido, e costruirsi una casa-fortezza in mezzo al nulla, tra alligatori e tartarughe mordaci. Nibs disse che aveva letto in una rivista che l’aveva fatto per alleviare le pene di un amore non corrisposto. Mi misi al volante; mia moglie e la sua più vecchia amica stavano sedute dietro, come fossi il loro chauffeur e non il marito dell’una e l’amante dell’altra. Per l’occasione avevo indossato pantaloni larghi color crema e una vecchia T-shirt lisa. Mentre guidavo sbirciavo le mie donne dallo specchietto retrovisore. Il marito di Nibs era morto. Lei si sentiva svuotata, annichilita, gettata alla deriva nell’oceano imprevedibile della vita, ma aveva la sua vecchia amica accanto a sé che le teneva la mano e le accarezzava i capelli. Due ragazzine, di undici o dodici anni, sedute sull’erba, lontano dal mondo tra un mucchio di cespugli o alberi, in un parco nei dintorni di una cittadina del Midwest. Due ragazzine che progettavano il loro futuro, che per loro è sempre una cosa concreta, ben definita, e soggetta a certe regole di ferro che stanno giusto stabilendo in quel momento. Entrambe ci sposeremo quando avremo ventiquattro anni, nel mese di giugno. I nostri abiti da sposa saranno bianchi e ricamati di perle. Ognuna di noi avrà tre figli – due bimbe e un bimbo a testa. I nomi di questi sei bimbi sono l’oggetto di lunghe discussioni animate; poi la conversazione intima si fa seria. Una ghiandaia azzurra lancia uno strillo. Gli alberi attorno alle ragazzine si piegano leggermente nella brezza; le foglie svelano entrambe le loro tonalità. “Se una di noi dovesse morire…” Le due ragazzine giurano che ognuna alleverebbe i figli dell’altra fino all’età adulta, se ce ne fosse la necessità. E i mariti allora? Dovevano lasciare che l’eventuale vedovo fosse libero di risposarsi? Sposarsi, forse, con qualche persona odiata e impensabile, come, nella classe della Signora Archer, quella ragazza

robusta, bionda, e prepotente che pensa di sapere tutto? Le fanciulle sono d’accordo che ciò non deve accadere. “E se uno dei nostri mariti dovesse morire?” Tutto era stato pianificato in anticipo. Non vi erano stati bambini da allevare. Triste, forse, ma così erano andate le cose. Avere figli deve intimorire più le donne che gli uomini, pensai. Avere figli, tuttavia, è ciò che si suppone debbano fare le donne. Le donne si aspettano di avere figli; è ciò che ci si aspetta da loro. Cosa sarebbe l’equivalente per un uomo? Andare in guerra forse? Trovare un lavoro? Sposarsi? Alle medie non ricordo di aver fatto degli accordi vincolanti con i miei amici. Sfogliavamo le nostre prime riviste erotiche e i nostri pensieri non si rivolgevano ad abiti da sposo, professioni, o bambini. Per via di una conversazione tra due bambine, anche se l’avevo solo immaginata, e per via che era morto un altro uomo, ero finito col dover fare ciò che un uomo dovrebbe fare con una sola donna con ben due donne. Un cartello pubblicitario annunciava una


fattoria di alligatori, seguito da uno per un chiosco che vendeva hamburger e, per ultimo, il Castello di Corallo. I biglietti d’ingresso erano costosi. I blocchi di corallo, anche se enormi, sembravano cemento. I mobili in corallo che il piccolo lettone aveva così laboriosamente forgiato e scolpito erano scomodi. Le sue sculture di corpi celesti erano crude e infantili. D’altronde, appena usciti dalla cinta corallina, vi era un albero di manghi con dei frutti acerbi che penzolavano dai rami e una pianta d’ananas i cui piccoli frutti, perfettamente formati, spuntavano da uno spruzzo di verde, come se offerti al cielo. Non avevo mai visto crescere manghi o ananas. La gente ci osservava quella sera al ristorante. I camerieri e le cameriere facevano a turno per avvicinarsi al nostro tavolo e chiederci se andava tutto bene. Mi sentivo come se tutto il locale sapesse quello che avevamo combinato la sera prima, e ciò che avremmo fatto più tardi. Bevvi più vino di quanto convenisse a me o al mio portafoglio. Ricordo che flirtai in modo un po’ sfacciato con Nibs. Forse mi sono persino abbandonato a qualche palpata sotto il tavolo. Credo perfino di aver chiesto a una cameriera pimpante se le andava di unirsi al nostro trio scatenato nel nostro motel sulla spiaggia quando fosse finito il suo turno. Le dissi che avevamo una scorta d’alcol e che potevamo far proiettare dei film per adulti nella nostra suite. Il gestore del ristorante, un omone che sembrava un ex-capitano di una squadra di football, si avvicinò per chiederci se c’era qualche problema. Mi disse che avevano esaurito l’alcol per quella serata. Non ci furono incontri bollenti quella notte; ho solo vomitato appena siamo rientrati nella nostra suite. Dopo aver riassestato il bagno, sentendomi meglio, annunciai alle mie due donne che avevo l’intenzione di fare un tuffo rivitalizzante. Sicuramente le sarò sembrato un buffone mentre mi spogliavo e uscivo dalla suite per affrontare le profondità nere e salmastre da solo. Nessuna delle due disse, “stai attento a non affogare, tesoro.” L’acqua era tiepida, deliziosa – l’abbraccio di una madre. Nuotai verso la schiera interminabile di navi mercantili. Pensavo di po-

terne raggiungere una prima di essere preso dagli squali martello. I marinai cinesi mi avrebbero teso una corda, issato a bordo, e mi sarei trovato a Kowloon o a Sydney nel giro di qualche settimana, lasciandomi alle spalle ogni imbarazzo. Sobrio, tremante, e intirizzito, trovai che la porta dell’altra camera da letto era stata chiusa a chiave dall’interno. Le mie due mogli vi si trovavano dentro, addormentate e, forse, l’una abbracciata saldamente all’altra. Non bussai, né feci una scenata o urlai per essere ammesso nel mio harem a reclamare il mio droit de seigneur. Mi feci una doccia e mi addormentai sull’altro letto con la TV accesa. Mi svegliarono delle urla strane e smorzate. Sembrava che un gatto, o una piccola scimmia, stesse affogando nei paraggi. Le urla non provenivano dalla TV di fronte a me, che in ogni caso era regolata al volume più basso. Né provenivano dalla stanza delle orge dalla quale ero stato escluso. Attraversavano il muro, dalla stanza o la suite accanto alla nostra. La porta dell’altra camera si aprì; balzarono fuori due donne ben riposate con addosso degli accappatoi di spugna. “Beh? Infilati i pantaloni e vai a vedere cosa succede!”. Fuori sul terrazzo sentivo un piagnucolio, dei grugniti, e dei singhiozzi d’incredulità. Prima bussai con due nocche, poi a pugno chiuso, poi con dei gran colpi. La porta si aprì appena e vidi una faccia pallida e rugosa; i capelli bianchi appiccicati alla testa; una mano rinsecchita e maculata si aggrappava a una camicia da notte di quelle di una volta. La vecchia non voleva, non poteva parlare. Fece qualche passo indietro. Entrai e vidi un vecchio calvo e robusto steso supino sul letto matrimoniale, gli occhi e la bocca sbarrati, con lo sguardo rivolto al nulla, che urlava silenzio. La vecchia – sua moglie, adesso la sua vedova – mi prese la mano. “Questo non doveva accadere”, disse. “Siamo qui per via di me. Il medico ci ha detto che ho solo un mese o due: ho il cancro. Volevamo fare solo un ultimo viaggio insieme.” Non mi lasciò andare la mano finché non arrivò un’ambulanza. Anche allora, non la lasciò andare.


Libri

L’anoressia nell’arte e nella letteratura TEXT Gaia Simonetti

Donatella Lippi

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’anoressia vista in parallelo ieri e oggi. Il tempo è passato, i secoli sono trascorsi, ma resta un tema attuale, fin troppo presente nella società contemporanea. L’atteggiamento negativo nei confronti del cibo

Una documentazione per immagini legata al concetto di magrezza attraverso i secoli negli anni è l’oggetto di una recente pubblicazione, “Storia della Magrezza. Corpo, mente, anoressia”, che non vuole essere, però, una storia dell’anoressia. E’ invece un tentativo di dare una risposta alla domanda “chi era e chi è la persona magra”, utilizzando testi letterari e immagini. Recenti indagini attestano che l’anoressia costituisce la prima causa di morte per “malattia” nelle giovani donne, mentre le caratteriste epidemiologiche evidenziano che il disturbo, negli ultimi quaranta anni, è praticamente raddoppiato. Secondo la Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare (Sisdca) sono colpite dalla malattia circa 150200.000 donne. Attualmente, la prevalenza di anoressia e bulimia nella popolazione generale è dello 0,2% - 0,3%. Lo studio condotto da Donatella Lippi, professoressa della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze offre l’occasione per riflettere sull’anoressia da un punto di vista non strettamente medico.

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Professoressa Lippi, come nasce l’idea del libro? Nasce da una sfida: il mio interesse era concentrato sulla possibilità di verificare se l’iconografia, nel corso del tempo, e la letteratura avessero registrato la presenza di un disturbo alimentare che oggi chiamiamo anoressia nervosa. I disturbi alimentari infatti hanno costituito una presenza costante nella storia della Medicina e il termine anoressia, che indicava solo una generica mancanza di appetito, compare nella letteratura medica classica già nel II sec. d.C., ma con una accezione che è molto diversa da quella attuale. Quali sono le problematiche connesse all’anoressia? Sono estremamente diversificate e complesse, molto spesso determinate da variabili che si sono consolidate in un divenire storico multiforme ed articolato, ma è vero, senza anticipare nulla che tolga interesse alla lettura del libro, che l’anoressia nervosa è frutto della società moderna, di una società che chiede molto, troppo alla donna, impegnata su troppi fronti e in troppi ruoli. Essere magre era un “diktat” in passato? Anche nei secoli scorsi esistevano le persone magre, ma erano situazioni diverse: dalla aegritudo amoris al digiuno sacro, dalla

disfunzione ipofisaria alla psicopatologia, il rifiuto del cibo ha assunto valenze diverse e la sua interpretazione è stata conseguente alle teorie mediche in voga ed ai contesti socio-culturali in cui si è verificato. L’arte conferma come esistano raffigurazioni diverse di questo fenomeno: dalla magrezza per fame, alla consunzione per malattia, dalla emaciazione provocata dalla vecchiaia, al deperimento per scelta. Qual è il messaggio che il suo libro vuole lanciare e lasciare? E’ multiforme: da una parte, è importante sottolineare l’importanza dell’uso dell’opera d’arte e dei brani di letteratura, non medica, per valutare come e quanto un fenomeno sociale è stato registrato in un linguaggio originale e diverso. Dal punto di vista contenutistico, la lettura delle immagini e dei testi conferma una diversa percezione del corpo, nel corso del tempo, attraverso queste testimonianze: valori e dis-valori sono strettamente legati al momento storico in cui si vive e agli obiettivi che ci poniamo, alle nostre aspirazioni. Questo relativismo, documentato così visivamente, può essere uno stimolo a capire come quelli che sembrano essere gli scopi fondamentali siano, in realtà, assolutamente contingenti e transeunti.


Terremoti

Personaggi

IL PROFETA DEI

TEXT Luciano Gianfranceschi

D

apprima il disastroso terremoto a L’Aquila (aprile 2009), poi quello ad Haiti (gennaio 2010). Nel mezzo, la trasmissione televisiva

Raffaele Bendandi aveva messo a punto un metodo per prevedere i sisma. Però con un difetto, non il metodo ma l’uomo: era un ricercatore indipendente, ovvero autodidatta. di Voyager, con il conduttore Roberto Giacobbo che ha citato anche Raffaele Bendandi “il quale, ho sentito dire, prevedeva i terremoti”.

Invece io l’ho intervistato nel 1976 a Faenza, sua città natale. Dove, dopo la morte nel 1979 all’età di 86 anni, gli hanno intitolato le scuole. Ero andato a trovarlo, perché anche quello era un anno disastroso, circa mille morti per il sisma nel Friuli. Avevo l’indirizzo di casa, via Manara n. 17, in cui viveva solo. Oggi l’abitazione, che alla sua morte è passata al Comune e l’ha ristrutturata, è un museo visitabile (info tel. 0546 25206). Il “maestro – come veniva chiamato, essendo un artigiano – mi spiegò come faceva a prevedere “quando tira il terremoto”. In sintesi: “I sisma non sono altro che scricchiolii della scorza terrestre, provocati dal variare della tensione gravitazionale esterna. Dunque, allorché la terra viene a trovarsi sottoposta alle attrazioni sommate del sole, della luna e dei pianeti, ne risente i più potenti effetti: la sua sfera si deforma leggermente E in tale circostanza del tutto particolare, i punti deboli della superficie cedono e avviene il terremoto”. Sono passati anni: come mai gli scienziati sostengono che “è impossibile prevedere i sisma?”. E il metodo empirico di Bendandi, allora? Aveva un difetto, non il metodo ma l’uomo: era un ricercatore indipendente, ovvero autodidatta, avendo frequentato le elementari fino alla sesta classe: e per il suo non essere scienziato, veniva più temuto che considerato negli ambienti accademici. Eppure dopo ogni sisma lo interpellava anche la Rai Tv: perché di terremoti se ne intendeva. Però sulle previsioni nessuno lo consultava: siccome ci prendeva… faceva paura? Non lo zittirono, perché “parlavano” i terremoti. E le previsioni, che sistematicamente venivano prese in considerazione troppo tardi, anziché essere approfondite. Nel 1931 pubblicò – a

proprie spese – l’unico libro: “Un principio fondamentale dell’universo. Il sole, sua attività, genesi del ciclo undecennale”. Con l’ipotesi dell’attrazione gravitazionale dei pianeti sul Sole, quale origine di un ciclo “mareale” di attività, denotato dalla comparsa di macchie solari ogni undici anni. “Ebbene, soltanto quarant’anni dopo l’astronomia “ufficiale” giungerà a tali conclusioni, ovviamente senza citare Bendandi”, sottolinea il prof. Gianluca Medri, presidente Società torricelliana di scienze e lettere a Faenza. E stando a Franco Gabici, direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali a Ravenna, il misterioso segreto delle previsioni di Bendandi “sta in certi diagrammi che conservava gelosamente. Così a Lino Zauli affidò un impegnativo incarico: se il mastro non avesse avuto soddisfazione in vita, Zauli avrebbe dovuto bruciare tutto. Questi non accettò, e Bendandi ridusse immediatamente in cenere le più significative ricerche”. Dunque non è colpa di Bendandi se il suo sogno di prevedere i terremoti è tuttora un incubo.

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Monika Antes “Amo, dunque sono”

Edizioni: Mauro Pagliai Editore

BIOGRAFIA

Ammirata da Gorki, Zweig, Joyce, amata da Cardarelli, Papini, Boccioni, Boine, Quasimodo, Evola: in questo intreccio di stima e passione si compendia la figura di Sibilla Aleramo (1876-1960), protagonista della letteratura italiana ed europea. Nel tracciarne il ritratto, Monika Antes lascia la parola alle sue opere, schiettamente, inesorabilmente autobiografiche. Sibilla Aleramo, “libera e forte”, ha fatto dell’amore il nucleo rovente della propria esistenza e della propria opera, in un percorso di liberazione per molti aspetti emblematico. Col suo vissuto e col suo talento, nota Monika Antes, “ha dato espressione umana e letteraria ai desideri di molte donne, realizzandoli nella propria vita, al di là di quanto consentiva la moralità del luogo e del tempo”. Per questo è da considerarsi un’antesignana del femminismo nel nostro paese. Monika Antes è una delle più importanti studiose di Dino Campana e della letteratura italiana fra Ottocento e Novecento.

Edizioni: Edizione dell’Erba

A cura di Adriano Lotti Indro Montanelli racconta la sua terra

DOCUMENTI

NOVITÀ EDITORIALI a cura dii Angelo Errera

QUADERNI “Il paesaggio toscano è un capolavoro di armonie... Alla sua base c’è un miracolo d’intelligenza e di gusto, di cui nel mondo non ho visto l’eguale, una concezione rigorosa e asciutta delle linee e delle promozioni che nulla concede al superfluo e che riflette plasticamente quelle qualità essenziali del “genio fiorentino” che si ritrovano anche nelle sue espressioni artistiche”

Eugenio M. Casalini I Frati di Cafaggio (SS. Annunziata) a Campaldino

Edizioni: Biblioteca Toscana dei Servi di Maria Questo libro è la ristampa di una parte di Registro di Entrata e Uscita di Santa Maria di Cafaggio (REU) 1286-I290 (Biblioteca della Provincia Toscana dei Servi di Maria, Collana Maior VII, 1998), riguardante la vita della SS. Annunziata alle sue origini. Ritengo importante riproporlo per la ricchezza di notizie ivi contenute, utili allo studio del Santuario, dell’Ordine dei Servi di Maria e della Firenze dei tempi giovanili di Dante Alighieri (E. Casalini)


Paolo Ciampi Una domenica come le altre Edizioni: Mauro Pagliai

Una domenica pomeriggio come le altre. Un malore improvviso, una disperata corsa in ospedale, la morte della madre. Comincia così, con questo dolore, per diventare subito qualcos’altro, un racconto sulla vita che c’è dopo. A partire dai dieci giorni e dalle dieci notti che seguono, in una successione di stati d’animo e di situazioni ad alta intensità emotiva, tra nostalgie e scene grottesche, scatti di umorismo ed esplosioni di rabbia. Sensi di colpa e cartoni animati, silenzi e fallimenti enogastronomici, per ritrovarsi e per ritrovare il mondo che sta intorno e la persona che non c’è più. Un libro tenero e spiazzante per raccontare la possibilità di leggerezza che può riservare anche la perdita di una persona importante. Perché nonostante tutto il non detto e il non fatto c’è sempre una primavera dopo l’inverno.

RACCONTO

Sara Lorenzini Diario semiserio di una redattrice a progetto Edizioni: Mondadori

DIARIO

Il tuo fidanzato ti ha lasciata? Hai appena scoperto di avere una sorella che vive in Argentina? Sei affetto da una malattia rara e incurabile? Fantastico! Allora sei la persona giusta per partecipare al programma “A cuore aperto”, il people show in cui si raccontano storie di vita vera, preferibilmente tragiche e condite da abbondanti lacrime in diretta tivù. A reclutare i personaggi più degni di portare i propri guai in prima serata è un gruppo di affiatati redattori con i quali lavora anche Emma: armata di tenacia e intuito queste le qualità indispensabili di un buon redattore -, ha tre mesi di tempo per scovare la storia bomba che le garantirà l’agognato rinnovo del contratto a progetto. Con freschezza, intelligenza e ironia, Sara Lorenzini ci racconta il dietro le quinte della televisione e restituisce l’immagine di una precarietà diversa da quella a cui siamo abituati: non soltanto una dimensione lavorativa dura e talvolta frustrante, ma anche un’occasione di cambiamento e crescita.

Lorenzo Mugnai e Lorenzo Righi Il Cammino dei Draghi. L’Alba della Guerra

FANTASY

Edizioni: Sarnus

Sette giovani Eredi. Speravano in una vita normale fino a quando hanno scoperto il destino che un antico Drago Bianco aveva poggiato sulle loro spalle come pesanti ali di pietra. Forti delle loro abilità e delle loro responsabilità, devono affrontare una doppia battaglia tra Bene e Male: contro le schiere nemiche capitanate dal Mezzo-Demone Zorak e contro se stessi. Perché il Male ha molte radici e si insinua anche nel profondo del loro animo. L’antico rituale per risvegliare il potente Demone Daeva ha avuto inizio e deve essere fermato, ma non prima che abbiano sconfitto la parte oscura che s’insinua nei loro cuori. Un cammino ricco di colpi di scena, dove ogni aspetto della vicenda sarà continuamente stravolto fino a renderla imprevedibile. All’orizzonte i primi raggi di un sole rosso si allungano: L’Alba della Guerra è vicina.

Reality

LA VETRINA


Cinema

Palm Springs Film Festival TEXT&PHOTO Andrea Cianferoni

G

razie alla sua vicinanza con Los Angels, il Palm Springs Film Festival riesce a far convogliare nella sug-

“Up in the air” fa il pieno di riconoscimenti e si conferma un intelligente spaccato della società americana al tempo della crisi gestiva cornice della californiana Coachella Valley il meglio della cinematografia mondiale composta da registi, attori, produttori, distributori e tecnici cinematografici. Tra i protagonisti di questa 21a edizione la pluripremiata attrice britannica Helen Mirren, migliore protagonista femminile di The last Station, il film che ha aperto il festival, storia drammatica e controversa del più grande

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scrittore russo di tutti i tempi: Leo Tolstoy. In totale erano presenti ben 194 films provenienti da 70 differenti Paesi, tra cui le anteprime mondiali quali Dark Resonance (Bangladesh), Dumbstruck (US/Japan/Bahamas), Paulista (Brazil), and the European hit

The Girl With the Dragon Tattoo (Sweden/ Denmark/Germany). L’Australia era il paese ospite speciale dell’edizione di quest’anno, presente con 10 films tra cui Samson and Delilah e Beautiful Kate. Ha certamente lasciato l’impronta la partecipazione di Ma-


Nella pagina precedente in alto: Quentin Tarantino. In basso da sinistra: Jeremy Renner, Mariah Carey, Jeff Bridges, Anna Kendrick, Helen Mirren, Morgan Freeman, Jason Reitman e Marion Cotillard In questa pagina a destra: Sean Penn, Michelle Pfeiffer.

riah Carey, sul palco del Palm Springs Film Festival per ricevere un premio per la sua interpretazione in Precious, completamente ubriaca. Consapevole del suo stato d’animo Mariah Carey ha ricevuto il premio barcollando e sbiascicando qualche frase indistinta, nel tentativo di ringraziare il pubblico. Un momento imbarazzante, ma al tempo stesso molto divertente, sia per il pubblico che per la cantante stessa che non ha smesso un attimo di ridere in totale balia dell’alcool. Una esibizione che però non ha offuscato di molto l’ottima performance dell’attrice afroamericana nel film diretto da Lee Daniels, che racconta le vicissitudini dell’adolescente Precious Jones, obesa e semianalfabeta adolescente. Nella Harlem povera e disagiata degli anni ottanta, violentata dal padre e rimasta incinta, da alla luce un bambino con la sindrome di Down. Quando la scuola scopre che Precious è nuovamente incinta, sempre a causa delle violenze del padre, la caccia. Grazie all’interessamento della direttrice, la ragazza viene mandata in un istituto per ragazzi con problemi sociali.

Li inizia pian piano a recuperare la fiducia in stessa, imparando a leggere e scrivere, con l’aiuto di un’insegnante e di una assistente sociale (interpretata da Mariah Carrey), ed inizia un percorso verso una vita normale e dignitosa. Un film che lancia un messaggio di speranza e ottimismo in una società che è sempre più individualista e violenta. Altra interpretazione degna di riconoscimento quella della giovane Anna Kendrick, a cui è andato il premio come Rising Star (attrice emergente) per le sue interpretazioni in film come Rock Science ma soprattutto il recente ed acclamato Up in the Air, già presentato al festival del Film di Venezia, storia di un “tagliatore di teste” (interpretato da George Clooney) che solo apparentemente domina il pianeta dall’alto della sua business class di American Airlines da dieci milioni di miglia. Un film, diretto dal bravissimo Jason Reitman, a cui andato il riconoscimento come miglior regista, che fotografa perfettamente la grande crisi economica e sociale che sta attraversando l’America e che riflette sulla natura rapace delle grandi società,

ma anche e soprattutto sulla solitudine e incapacità di instaurare un vero legame affettivo. L’attrice francese Marion Cotillard, già apprezzata per il suo ruolo nel film La Vie En Rose, ha portato a casa il più ambito premio per un’attrice grazie alla sua performance nel musical Nine mentre il regista Quentin Tarantino ha ricevuto il “Sonny Bono Visionary Award” per essere uno dei più dotati, iconoclastici registi della sua generazione che con Ingloriuos Bastards ha creato una divertente rivisitazione della storia.


LA

Milo

Interviste

DI

TEXT Carla Cavicchini

L

a Milo! Spumeggiante, sorridente, entusiasta, pronta a mordere la vita col suo squillante sorriso, ove spicca quell’intonato rossetto che fa pandant con la mise che indossa. Ha appena finito

Ha appena finito di girare un film con il regista Massimiliano Verdesca e ultimamente ha lavorato con Salvatores di recitare a teatro, con gran scrosci d’applausi e lei appare raggiante con tutta la troupe teatrale e macchinisti attorno che chiedono cortesemente spazio per smontare palco e… “palchetti”! Una storia di donne, otto, con un bel po’ di mistero attorno. Spuntano vizi, ambizioni, ma anche repressioni per il quotidian borghese. Un bel giallo che ci rimanda a nostalgiche

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pellicole degli anni ’50, con tanti tubini, gonne fascianti, tacchi intriganti e tanto, tanto gusto per il retrò! Rossa! Si, lei è rossa fuoco, con piega ondulata che le incornicia il bel volto, anche se, nell’immaginario collettivo, la “Sandrocchia”, chissà perché, è ricordata bionda, biondissima, come le star platinate e sinuose che incedevano magistralmente. E invece ben venga tal “remise in form” per questa creatura felliniana, così brava a fare la muta come un animale... Da palcoscenico! Alta e slanciata, mostra lunghe gambe toniche e nervose, con caviglie sottili, che la fanno volare per la sua agilità. Risponde alle mia intervista piacevolmente, raccontando una marea di cose, come quel rievocare il suo status di quando, ragazzina, abitò per un po’ di tempo in Toscana. ”Sa, eravamo sfollati, in provincia di Pisa, a Vicopisano: oggi quando ho visto il cartello Montelupo,…da Montelupo si vede Capraia, Dio li fa, eppoi li appaia! Giusto? Ho sentito un tuffo al cuore”. Ma poi ride. E ride qual bollicine frizzanti che schiumano dal tappo! “Già - prosegue – gli anni della guerra. Dopo sfollammo a Ruota, in provincia di Lucca, e girammo qua e là con mamma mia, tutti quei bombardamenti e cannoneggiamenti...” I suoi occhi assumono un’espressione più cupa, ed è particolare osservar lo sguardo che parla. Ma si riprende immediatamente. “Finita la guerra andai a Viareggio con la famiglia e mi sposai a 15 anni, Oddio! Con un matrimonio andato subito male e quindi me ne scappai a Milano per fare la modella, e poi Roma mi stuzzicò non poco per la mia carriera d’attrice”. Il resto è cronaca. Racconta poi d’aver fatto tante cose, e adesso calcar “la polvere del palcoscenico” le piace. Ha appena finito di girare un film a Lecce come protagonista, che le ricorda tanto il cinema d’una volta… ”Il regista, Massimiliano Verdesca, ha un talento pazzesco, ma ho lavorato ultimamente per Salvatores, ho fatto la-

vori a Salerno, con proposte continue per il grande schermo ed altri progetti teatrali. Riposo? È una parola che non conosco! Al cinema odierno manca quella poetica, quel modo di trasfigurare la realtà, e soprattutto d’evidenziare l’aspetto più esaltante delle persone. Tutti noi abbiamo cose da portare in superficie, ecco! Bisogna però metterci l’anima! Pensiamo a De Sica, a quel capolavoro di “Miracolo a Milano”, poverissimo… ma d’una grandezza unica. Quella appunto dell’esser umano. Se manca niente vale, no?” Chista è na femmina che gioca diligentemente. Ha approfondito e capito lo spessore della vita, e quindi riesce a sdrammatizzarla. Furba, ingenua, smaliziata... è la Sandra dai mille volti e mille personalità, tanto che è scesa a patti con Pirandello: dice che si trova bene con tutti, set, e fuori set, basta che siano intelligenti… come può essere benissimo… anche un elettricista! Della vita sentimentale… ”No, no, niente, avrei dovuto sposarmi ultimamente, ma ci ho ripensato… Lavoro tanto, salto sugli aerei, faccio prove,… L’amore richiede cura, attenzione, impegno…” Come una pianta! “Giusto! Se non è più amore non m’interessa”. “I ricordi li conservo tutti dentro di me, nessuno me li ruba. Come Antonio Pietrangeli, grande, regista e semplice-


mente unico a raccontar le donne nel cinema italiano. Così sensibile, attento… ma anche Marcello (dire Mastroianni è un optional!) grande, colto, insuperabile, intelligente, curioso, attento. Proprio una bella persona. A volte un po’ smemorato, come me… ma è normale, fa parte del gioco… quando si vive intensamente, qualcosa rimane da parte”. Fellini e… l’amore. Per lui. “Lavorare con Federico era magia pura… indescrivibile. Ho parlato varie volte della mia lunghissima storia con lui, pubblicai anche un libro, Caro Federico! C’è un gran ritorno ai sentimenti… una voglia, un desiderio che aleggia nell’aria… fino a scendere per essere acchiappato!” La fantasia proprio non le manca. L’acciuffa, la fa sua, la modella con diletto, gioco, ma anche rigore. Al diavolo chi non ce l’ha! “Lo sa che non tengo foto? Nemmeno le mie, non mi piace, ma lui ce l’ho proprio vicino al letto. Ci parlo, talvolta ci litigo pure… Federì, mannaggia, perché non mi aiuti, e fai qualcosa!” Percepisco il suo status femminile, una femminilità leopardata, morbida, sgusciante, d’enorme impatto, con fisicità prorompente… eppur silente, avvolgente, ove plasmare è giocosità pura. Mentre mi sovviene la Venere di Milo, avverto una magia, un sortilegio, poiché vedo spezzoni di “8 e mezzo”, con lei castana, indecifrabile, ammaliatrice qual Elena di Troia. Già, da qualche parte ho letto che il nome di battesimo è Elena Greco. Fugge come una saetta mentre mi riprendo dal coma. Signora…! L’accompagnatore accanto a lei, che mi da l’idea dell’impresario…”Senta, ci manda a cena per favore?” Si, si, subitissimo, volevo solamente mandare i saluti da parte di Badoglio, il noto astrologo fiorentino. “Ah…Cesare, grande amico, ricambio volentieri, glielo dica!” La portiera dell’auto viene chiusa. Un tonfo sordo. Stuunf! Caspiterina! Talvolta il silenzio non è così d’oro!


Follia Burlesque

Eventi

al Carnevale di

TEXT Andrea Berti

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l Burlesque contagia il Carnevale di Viareggio. C’erano anche i lustrini, le guèpiere, i reggical-

Centro Congressi “Principe di Piemonte” come un circo dell’’800. Star internazionali dell’arte della seduzione, musica dal vivo e tanto spettacolo. ze e bustini delle Regine dell’arte della seduzione ad animare il Centro Congressi “Principe di Piemonte” trasformato in un grande circo dell‘800. Due notti (12-13 febbraio) ispirate al cabaret Vaudeville e al varietà retrò, arricchiti da musica live, spettacolari performance di fuoco, magie e mercatini vintage.

L’evento ideato da Fabrizio Gatta con il patrocinio del Comune di Viareggio, Apt Versilia, Fondazione Carnevale e Viareggio Versilia Congressi, ha portato tra le braccia di Burlamacco accompagnato da un’Ondina comprensibilmente gelosa, acclamatissime e bellissime performer del calibro di Scarlett Martini (art director del Burlesque Garden), Coco Framboise (Canada), Evita Mansfield (Spagna), Lada Redstar (Francia) e Tara Mi Sioux (Usa). Le cinque pin-up, sono state anche del carro di apertura “Omaggio a Franco Signorini” realizzato dalla Vecchia Viareggio durante le sfilate. Un mega evento di respiro internazionale, dopo la prima edizione della Polo Beach Cup, inserito alla vigilia, dal tanto clamore suscitato a livello nazionale, nel cartellone mondiale del burlesque che comprende tappe a Londra, Am-

1. Artiste Burlesque 2. Burlesque al Carnevale di Viareggio 2010 3. Momenti dello spettacolo

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sterdam, Parigi. Già in preparazione la prossima edizione in versione primavera-estate con tantissime novità. Ma veniamo alle serate. Esaurite. E su questo non c’era dubbio. Evento “non-ordinario” del Carnevale, sul palcoscenico del Centro Congressi si sono intrecciati, in un fil-rouge accattivante ed erotico, spettacoli di spogliarello soft (così vengono chiamati) e la musica dal vivo dal Re dello swing Emanuele Urso con la sua Orchestra, e ancora le performance dell’istrionico amicano Armitage Shanks, i lula hoop del famigerato Craig The Incredible Hula Boy e la musica, rigorosamente live, di Ricky Rialto, Antonio Sorgentone Trio e Gianluca Domenici, unico performer-canoro viareggino con le sue ormai famose canzoni dedicate al Carnevale. Un evento che mancava alla Viareggio delle mascherate e del Carnevale più famoso d’Italia e d’Europa.

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Musica

Kerstin Schwarz Damm Alla scoperta del suono di Bartolomeo Cristofori TEXT Gustavo De Feo

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artolomeo Cristofori nacque a Padova nel 1655. Sicuramente la sua fama e creatività non passarono inosservate agli specialisti del tempo, dato che nel 1688 il gran principe Fer-

Innovatore del geniale meccanismo che è alla base del pianoforte moderno dinando De’Medici lo ingaggia come cembalaro e curatore dell’importante collezione d’istrumenti musicali che lui possedeva. In questo periodo ha la libertà di costruire nel suo laboratorio a Firenze non solo clavicembali e spinette secondo tradizione, ma anche di innovare. Questa innovazione si è tradotta sia nelle scelte dei materiali (come il clavicembalo d’ebano), alla sperimentazione di nuove forme come la spinetta ovale di cui costruì due copie, oppure dello spinettone, fino alla creazione che avrebbe cambiato la storia della musica: “Il gravicimbalo col piano e forte”. La prima notizia ufficiale di questo strumento viene d’un inventario mediceo del 1700 dove si legge la seguente descrizione “Un Arpicimbalo di Bartolomeo Cristofori, di nuova inventione, che fa il

piano e il forte, con alcuni salterelli con panno rosso, che toccano nelle corde, et alcuni martelli che fanno il piano e il forte”. Il geniale meccanismo che spinge i martelletti a seconda della forza applicata su un tasto è denominato “scappamento” é la base del pianoforte moderno. La prima descrizione dettagliata si trova in un articolo scritto da Scipione Maffei nel 1711 nel Giornale de’letterati. Bartolomeo Cristofori sopravisse Ferdinando II, e mantenne il suo incarico fino alla sua morte nel 1732. Kerstin Schwarz Damm nacque in Germania. Dal 1990 al 1997 ha lavorato come restauratrice di strumenti musicali presso il museo “Händel-Haus” di Halle. Nel 1994 inizia un progetto di ricerca sulle opere di Bartolomeo Cristofori presso il Museum für Musikinstrumente der Universität Leipzig a Lipsia, dove si trovano quattro esemplari dei suoi strumenti, tra i quali un pia-

1. Fotografia che rappresenta l’unico ritratto pervenuto di Bartolomeo Cristofori. L’originale è stato distrutto durante i bombardamenti di Lipsia durante la seconda guerra mondiale 2. Kerstin Schwarz Damm al lavoro sulla copia della meccanica da lei costruita 3. Copia della spinetta ovale realizzata da Kerstin Schwarz Damm assieme a Tony Chinnery 4. Pianoforte originale costruito da Bartolomeo Cristofori nel 1722, custodito nel Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma

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noforte del 1726. Nel 1997 costruisce una prima copia di questo strumento (la prima mai eseguita); mettendola successivamente a disposizione di numerosi concerti e masterclasses tenuti in Italia, Germania, Francia e Spagna, così come per l’incisione di alcuni dischi. Dal 2006 questa copia si trova presso il Museo degli Strumenti Musicali nella Galleria dell’Accademia a Firenze. Nel 2000 costruisce una seconda copia dello stesso pianoforte (Cristofori 1726) su commissione del Museo degli Strumenti Musicali dell’Università di Lipsia, successivamente esposta nel museo e usata per concerti e durante le visite guidate. La sua passione per la ricerca degli strumenti di Bartolomeo Cristofori, la portò in Toscana dove abita da più di dieci anni. Dal 2001 collabora regolarmente con il Museo degli Strumenti Musicali di Firenze dove cura la conservazione e manutenzione dei due strumenti di Bartolomeo Cristofori ivi presenti (il clavicembalo d’ebano e la spi-


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netta ovale del 1690). Per lo stesso museo costruisce nel 2002, assieme a Tony Chinnery, una copia della spinetta ovale, e nel 2009 una del clavicembalo d’ebano. Le copie sono esposte nel museo accanto agli strumenti originali e sono suonate durante i concerti regolarmente organizzati dal museo. Attualmente costruisce una copia del pianoforte di Cristofori del 1722 per il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma che conserva l’originale. Nel 2008 Kerstin Schwarz fonda la ditta propria “ANIMUS CRISTOPHORI” e nel 2009, in collaborazione con la Galleria dell’Accademia di Firenze, la casa discografica dello stesso nome.

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Xena Zupanic

Xena Zupanic

Personaggi

affascinante creatura croata

XenaSono Zupanic pazza di me!

TEXT Luca Gennai

È

nota ai più come “l’ente urlante” del programma di Piero Chiambretti Markette, colei che urlava: ”Voglio morire!”. Xena, l’ente urlante, il grido formante. Il grido che nientifica il niente, ab-

Un’artista completa, camaleontica e cannibale che splende di una luce eternamente oscura bassa abissalmente. Privata di tutto, anche della brama di patire, spogliata di ogni intendimento e di ogni interesse, lei è l’aborto derelitto che chiude il lume sopra il suo

niente. Il lume levante in luna calante. Indiscussa icona del gothic fetish, nata in Croazia, è laureata in Filosofia e Storia dell’Arte all’università di Zara. Diplomata all’Accademia d’Arte drammatica di Zagabria, ha nel suo bagaglio la scuola superiore di Cinema e Televisione di Zagabria. Ha frequentato la scuola di recitazione Quelli di Grock a Milano e la vediamo attiva con

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sue performance sia in teatro che in tv e in vari locali a tema in Italia e all’estero. Ha recitato anche in alcuni videoclip di cantanti italiani come: Gianluca Grignani La fabbrica di plastica, Elio e le Storie Tese Pipper, Soerba I am happy. In pubblicità come per L’Amaro Ramazzotti L’abbiamo vista in film uno tra tutti Nirvana di Gabriele Salvatores. Il suo curriculum artistico è veramente troppo vasto per essere citato tutto, il teatro, la videoart, le mostre, la radio e la televisione. Conduttrice per due stagioni consecutive del programma culturale 3E 33, terza rete di Radio Zagabria, vi ha interpretato radioprogrammi ecc. Presente anche alle sfilate di moda come modella per Lacroix, Gautier, Montana, Moschino, Versace. È una Artista a 360° ed è impossibile rimanere indiffereti dalla bellezza che emana. Certo è che come artista è un’insaziabile ricercatrice dell’erotismo più oscuro, fondendo arte inquietante che richiama temi fetish, bondage e gothic, il tutto rappresentato con ornamentali scenografie e musiche dilanianti e oscure che fanno immergere lo spettatore in una crudezza primitiva dell’essenza. Difficile spiegare a parole l’essenza di questa artista, soltanto guardando con i propri occhi si può capire meglio ciò che trasmette con il suo modo di rappresentare i suoi concetti. Solo chi ha già visto un suo spettacolo dal vivo sa di cosa stiamo parlando. Xena ha un fascino ipnotico, misterioso, perverso e dannato. Di sé stessa dice: X come Xena. Xena come straniera. Straniera a me stessa, esiliata dalla parte diurna del mio essere. Le mie per-

formances sono delle esplosioni, passioni della notte dove il negativo, l’eccesso, mi portano al di là dei limiti della mia esistenza temporale. L’essenza del mio agire non è soltanto nel mio trasformarsi ma di più nelle trasformazioni dell’energia altrui. Essa è il mio cibo cannibalesco, il mio sangue vampiresco, la mia saliva camaleontesca. Altri, il pubblico, sono io elevato alla potenza. Sono un animale a caccia perenne, mai la preda tenera. Letto così fa quasi paura, ma vi assicuro, io che l’ho conosciuta e sono potuto stare con lei in occasioni del quotidiano, è una delle donne più sensibili che abbia mai incontrato, ci siamo persi nei ricordi bellissimi che mi raccontava, abbiamo riso e anche pianto su questi ricordi: alcuni belli altri tristi; mi ha parlato della sua maternità da giovanissima (sua figlia è come una sorella, tanto è poco lo scatto d’età), mi


ha parlato della guerra che era fuori mentre dava gli esami universitari per laurearsi. Ricordi dolorosi; mi ha parlato della madre che ha accudito dopo che è rimasta paralizzata su una sedia a rotelle, mi ha parlato dell’amico stilista con cui aveva un atelier di alta moda, scomparso misteriosamente perché scopertosi irribediabilmente ammalato. Ricordi dolorosi, di un artista che ho riconosciuto davvero ancora più grande dopo questi racconti, che ci hanno fatto luccicare gli occhi e scendere le lacrime. In casa Xena, ho potuto vedere la sua vita in ogni piccolo centimetro, la sua casa, il contenitore di sé stessa. Spesso Xena Zupanic viene ritratta da pittori come Fabio Ballario di Torino o Andy di Monza. Nell’ottobre del 2008 è stata tra i protagonisti di CON QUESTI OCCHI; l’evento presentato al museo Piaggio a Pontedera, dove ci ha deliziato con una sua performance in cui ha recitato brani da lei appositamente scritti per l’evento sulla tematica dell’Handicap, tema che a lei sta molto a cuore, e i brividi che ha suscitato al numeroso pubblico intervenuto sono tutt’oggi presenti in chi ha vissuto quella serata.

Essere pazzi di sè: la più alta salvaguardia del proprio io. Io trascendentale, sepolto freschissimo nella profondità di quel veleno potente chiamato anima. Essere pazzi di sè: contenere tutte le misure del mondo, il relitto, il reietto trascurabile, imisurabile. Ogni pazzo di sé salva la comunità, rimanendo fuori dal recinto, fuori dalle mura delle possenti cittadine, in perenne dissoluzione dell’anima velenosa che disseppellisce il suo io, tre volte pazzo di sé. Annusa questo io folle di sé, il cavaliere con il fiore azzurro in mano, quel mai trapassato, romantico Novalis, la promessa di una terra nuova, verginale (pensa l’io pazzo di sé), annusa fieramente, guardando dritto negli occhi e contando semicosciente, sognante: uno, due, tre…



da Mocata a Peter Gabriel

Musica

Come in altalena TEXT Claudio Guerrini

“M

usic is my favourite way of travel”, dice David Arkestone, e la musica quando annulla la gravità che c’è nella nostra mente può veramente portarci come direbbe Bowie... On Mars. Ma quando un musicista si cimenta nella rilettura di musica altrui la metafora forse più centrata è quella dell’altalena, che ci permette, partendo da un terreno che conosciamo un viaggio semi-alato che poi ci riporta al punto di partenza, ma più ricchi. Inoltre, l’altalena è per i bimbi, e in ogni rivisitazione è sicuramente presente anche l’aspetto ludico. Sposa con gusto questa dinamica il talentuoso pianista Fabrizio Mocata autore tra il 2008 e il 2009 di due notevoli e coraggiosi lavori di rivisitazione musicale di stampo jazzistico, ma decisamente e forse ancor più adatti ai semplici amanti della buona musica che ai jazzofili integralisti. Nel primo di questi due lavori, Puccini Moods si ridipingono con fantasia colorata aree tratte da Turandot, Madama Butterfly, Bohème. Ecco allora che Butterfly Milonga ci avvolge con le fumose e seducenti atmosfere del Tango Argentino, e Scuoti quella fronda ci compiace con la sua piacevole e incalzante leggerezza e da spazio a pregevoli momenti virtuosistiFabrizio Mocata

ci. Mocata riesce a far suonare nuova e fresca persino Nessun Dorma rendendola notturna e sfumandone i contorni come con una luce di candela. Il secondo CD è la registrazione del concerto tenutosi nella chiesa di San Lorenzo a Santa Croce sull’Arno (Pisa) in onore di Oringa Menabuoi, deceduta nel 1310, meglio conosciuta come la Beata Cristiana di Santa Croce appunto... Al concerto, per inciso, ero presente ed ho molto apprezzato, come il resto del pubblico, almeno a giudicare dall’applauso finale, la fusione tra musica di qualità e alta capacità di coinvolgimento del Mocata ensemble, quartetto jazz + quartetto d’archi. La rivisitazione musicale prende spunto dal Magnificat di Bach in Re Maggiore quello di Vivaldi in Sol Minore, dando spazio anche a Schubert, Dvorak e qualche composizione originale, tra cui la conclusiva Tema di Mocata stesso, della quale ho apprezzato la passionale vena poetica. Coinvolgente la gioiosa quasi carioca rilettura dell’Ave Maria di Schubert, ammiccante Air. In sintesi: cammino blasfemo piacevolmente riuscito, personalmente vi invito a peccare... Se gruppi come Yes ed ELP hanno rivestito la musica classica di un certo Rock Sense, il pianista americano Christopher O’Riley ha percorso il sentiero al contrario, dedicando ben 2 album alla riuscitissima rilettura di quello che oggi è senza dubbio il gruppo multimilionario più interessante e sperimentale dell’intero panorama rock planetario, i Radiohead. Vedono la luce True Love waits e Hold me to this, sicuramente due operazioni commerciali ben riuscite, altrettanto certamente nutrimento di classe per l’orecchio. No surprises non perde un’oncia di sinfonicità e ci lasciamo avvolgere volentieri dalla toccante Black Star, davvero bellissima. Talk show host risulta centrata ed Everything in its right place, forse tra le più adatte ad una rilettura, ci rapisce sin dalle prime note. Da menzionare il coraggioso viag-

gio dentro Talking about you, virtuosistica nell’esecuzione e piacevolmente immediata all’ascolto. Curiosamente il solito brano compare riproposto due volte in questo articolo, è Street Spirit, presente anche in Scratch My Back, ultima fatica di Peter Gabriel, disco di covers figlio di un curioso baratto con gli artisti reinterpretati, che a loro volta daranno luce ad un lavoro di canzoni di “Pietruzzo”. Il lavoro, come sempre partorito all’interno dei meravigliosi Real World Studios esclude in partenza strumenti ritmici elettrici (No Guitars, No Drums) acquisendo un linguaggio avvolgente e crepuscolare, ora confidenziale, ora sinfonico. Corale è infatti l’arrangiamento di una sigolare Heroes di Bowie, quasi lamentata, piacevolmente dissonante e confidenziale Street Spirit dei Radiohead. Promossa anche Listening Wind dei Talking Heads.Devo dire che, vista la peculiarità degli artisti scelti, aspetto con impazienza il controbaratto. Indossando questi abiti così singolari il buon “Pietro” ci mette un po’ alla prova e ci chiede come sempre impegno per la mente e l’orecchio, ma noi siamo più che disponibili, visto quello che ci ha dato negli ultimi decenni. Io personalmente poi, mi prendo un volo e vado a vedermelo alla O2 Arena di Londra, e voi, volete farvi con me questo giro in altalena? http://realworldrecords.com http://www.christopheroriley.com http://www.fabriziomocata.com

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ANIMAZIONE

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Regia: Shane Acker Distribuzione: UIP Data di uscita: 16 aprile 2010 9 é una bambola di pezza che vive in un mondo parallelo al nostro, dove non esiste più traccia dell’umanità, perché delle macchine mostruose ne vanno a caccia per rubarne le anime. 9 scopre un gruppo di altre bambole come lei e le sprona a darsi da fare per sconfiggere questa terribile minaccia...

AZIONE Iron Man 2

Dopo che la sua doppia identità é stata svelata pubblicamente, il miliardario Tony Stark, rifiuta di collaborare con l’esercito che chiede di poter usufruire della sua tecnologia; non condividendo i fini bellici, Stark, rispedisce l’offerta al mittente. Non dovrà aspettare troppo tempo, però, per indossare nuovamente la sua armatura, infatti, una terribile minaccia arriva dal suo nuovo nemico Whiplash...

DRAMMATICO

SOLO IL MEGLIO DEL CINEMA a cura di Kirilla

Regia: Jon Favreau Distribuzione: UIP Data di uscita: 30 aprile 2010

Departures

Regia: Yojiro Takita Distribuzione: Tucker Film Data di uscita: 9 aprile 2010 Dopo aver visto sfumare il suo futuro come violoncellista, per lo scioglimento dell’orchestra dove suonava, Daigo, si vede costretto a far ritorno al suo paesino natale insieme alla moglie. Vista la penuria di lavoro a disposizione, l’uomo accetta di lavorare come cerimoniere funebre, cioè colui che prepara il cadavere prima di essere sepolti. Nonostante il dissenso dei suoi parenti ed in particolar modo della moglie, la sua volontà é quella di continuare per la strada che ha intrapreso...


ANDREA CARBONI (Red Birds)

Andrea Carboni è un Pisano “infedele”, trascorre l’infanzia tra la città natale e Ginevra avvicinandosi alla musica grazie allo studio del pianoforte.Carboni privilegia la linea di un pop sofisticato, da camera e con alcune venature folk, con una forte caratterizzazione Italiana; lo sviluppo della scrittura in forma ballata che costituisce il nucleo de La Terapia dei sogni passa da Buckley figlio, le influenze francofone di De Andrè, alcune recenti produzioni Asthmatic Kitty e un mood che materializza le atmosfere di un’epica negativa ed oscura vicina per certi versi ai verticalismi di Paolo Benvegnù: Carboni in questo senso supera assolutamente la media degli ultracorpi sguinzagliati sul nostro territorio grazie ad un talento non comune per la sfumatura e la drammatizzazione.

Il nuovissimo mondo BOLOGNA VIOLENTA (Bar la Muerte)

s/t

DEIAN e LORSOGLABRO

Cinico come un Serial Killer e acuto come un sociologo Nicola Manzan è autore di questo disco.Questo è un disco nero, brutale e tra un break e scratch si racconta con frammenti di spezzoni della cronaca nera attuale, un mondo ormai in declino più totale. brani che durano solo cinquanta , sessanta secondi, flash sonori stile Carcass o i primi Napalm Death, Dj Spooky o Alec Empire, finalmente un disco italiano di violenza primordiale che ci vomita addosso la situazione attuale, brutale, è lo stato delle cose visto in cut-up. Semplicemente geniale.

(Musicalista/Snowdonia/Innabilus) Interessante questo disco e questo nuovo singolare cantautore torinese.In questo cd ci troviamo tanta originalita su basi e vatmosfere che sembrano fare parte della tradizione cantautoriale italiana, la voce di Deian è molto interessante tanto da farmi ricordare un grande cantautore italiano come Herber Pagani.Belli i testi che spesso parlano di persone che non riescona ad esprimere i propri sentimenti. Il lavoro è impregnato da sensibilità fuori dal comune e sicuramente ne sentiremo molto parlare di questa musica “orsoglabrica”

LA MUSICA CHE CI PIACE SCOLTARE a cura di Luca Gennai

La terapia dei sogni

Enoeraew

BLACK SUN PRODUCTIONS and BAHNTIER (Rustblade/Masterpiece) Le recenti collaborazioni tra Massimo e Pierce con Stefano Rossello, danno vita a questo progetto che si apre con un lento processo di musica ipnotica e aerea che piano piano devia l’ascoltatore in mondi paralleli dominati prettamente dall’amore e dal desiderio. Questo è disco sperimentale dalle tinte industriali e rituali al limite della catalessi, dalle atmosfere claustrofobiche, riporta alla mente l’originalità dei Coil. Curiosa la cover Dei Virgin Prunes “Sweet home under white Clouds” rimaneggiata, risulta essere imbevuta dello stesso liquido rituale-magico che scorre nel disco, ma mantiene intera l’anima oscura e ne fa una nuova e originale rivisitazione. Un disco per i palati sopraffini.

Reality

LA VETRINA


Architettura

e contemporaneità LO SAPEVATE CHE A POCHI CHILOMETRI DA CASA NOSTRA... TEXT Stefania Catastini

“… era una casa come quelle carine, dove c’é sempre un giardino, una piccola finestra, un albero e un tetto che invita alla curiosità e alla pace” (Ettore Sottsass Jr a proposito di Casa Cei-Bitossi)

La prassi di una creatività legata alla vita Intervista impossibile con Ettore Sottsass Jr. Aforismi di una vita trascorsa tra arte architettura e design passando anche dal nostro territorio “Esiste un rito magico con il quale si invoca e si propizia la pioggia innaffiando la polvere secca della terra”. “Allo stesso modo si invoca e si propizia l’universo costruendo una casa. La casa è la ricostruzione dello spazio dell’universo come l’acqua versata sulla terra è la ricostruzione della pioggia”. “L’architettura è sempre stata e oggi è più che mai un rito magico: tutte le volte che si perde la realtà magica dell’architettura si perde anche l’architettura”. “Se qualcosa ci salverà, sarà la bellezza”. “In generale io ho un atteggiamento per il quale non cerco di cambiare la situazione o le situazioni ma cerco di cambiare me stesso in rapporto alle situazioni”. “In realtà mi prendo quasi tutte le responsabilità della mia stessa vita”. “Per me l’architettura comincia quando si preoccupa delle persone che la abitano... Se questa attenzione non c’è, allora è edilizia”. “Oggi le riviste di architettura sono soprattutto cataloghi di pubblicità, pagine di sedie e divani, perché quello si vende. Quello è l’arredamento. Invece una stanza non è solo un divano per ricevere gli amici, è un luogo dove si vive a lungo, dove si consumano arrivi e abbandoni. Un luogo che bisogna conoscere”. “L’architettura si abita mentre l’arte si guarda; questa è una differenza fondamentale. L’architettura è un’esperienza fisica e sensoriale perché ci si va dentro”. “L’unica opera pubblica che ho fatto è la Malpensa, certe cose le ho anche sbagliate perché pensavo di avere un committente privato, pensavo di disegnare per la gente che aspetta di partire o che arriva, invece mi sono accorto che l’aeroporto contemporaneo praticamente è uno shopping center, la parte del passeggero è la meno importante, non interessa a nessuno cosa diventi il passeggero e quali siano i suoi problemi”. “L’arte è un modo per vincere la paura... Un modo di tentare di finir dentro nell’ignoto, di fermarlo questo ignoto in qualche maniera”. “Non si tratta di rimanere giovani, ma di restare in tensione con il mondo”. “Quando disegno non cerco di salvare il mondo, cerco di salvare me stesso... Non sono un rivoluzionario né un missionario”. “Per me il viaggio è una forma di lavoro: come andassi a scuola, in una scuola strana dove qualche cosa vedo, qualche cosa mi dicono, qualche cosa mi raccontano”. “Posso navigare in questo mare e posso forse servire da esempio con il silenzio più che con le urla. Penso che non ci debba essere posto per nessun tipo di violenza, neanche quella culturale. E soffro anche un po’ perché vedo che non sono in molti oggi quelli che pensano che si possa stare zitti, fare le proprie cose, metterle sul tavolo e dire molto semplicemente: Ho fatto questo e Sono questa persona”. “Certamente chi mi lascia fare qualcosa è sempre gente molto ricca, “perché i poveri non vengono da me, ma non vanno da nessuno, i po-


Ettore Sottsass Jr.

veri ricevono quello che il potere gli da come abitazione, come distacco dal centro delle città”. “L’architettura si abita mentre l’arte si guarda; questa è una differenza fondamentale. L’architettura è un’esperienza fisica e sensoriale perché ci si va dentro”. “Il viaggio è la curiosità stessa e anche l’accettazione che al di là del muro del tuo giardino ci siano altri giardini, ci siano altre cose, insomma una forma di antinazionalismo, di antiprovincialismo”. “In Memphis non si parlava mai di arte, si parlava di design... che poi le cose che disegnavamo non servissero a nessuno, è un’ altro problema, perché forse sognavamo delle vite diverse da quelle che normalmente si vivono”. “Io ho un grande interesse per il peso delle cose; non mi interessa volare, mi interessa pesare sulla terra”. “Io non credo di aver inventato niente, ho proposto un modo di essere. Possiamo fare un intervallo e incontrarci magari il prossimo anno? Potrei dirvi il contrario di quello che ho detto oggi”. ETTORE SOTTSASS JR. Architetto e designer, nasce a Innsbruck nel 1917; figura eclettica e poliedrica, difficilmente inquadrabile secondo i canoni di un’estetica, più e più volte messa in discussione, in sessant’anni di carriera Ettore Sottsass Jr. è stato designer, architetto, urbanista, pittore, viaggiatore, fotografo. La sua ricerca artistica, etica ed esistenziale, l’ha portato a contatto col Razionalismo, il Movimento Arte Concreta, lo Spazialismo, la cultura Pop. Nel 1981 fonda il gruppo Menphis assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi ed altri nomi internazionali. Figlio d’arte, contamina la formazione accademica di architetto con esperienze dirette nel campo delle arti visive conoscendo e stringendo amicizie con artisti come Luigi Spazzapan, oltre ad aprire collaborazioni con giovani che diverranno loro stessi nomi importanti, da Aldo Cibic a James Irvine o Matteo Thun. Un maestro dalla straordinaria, ironica, fresca creatività che ha continuato a stupire fino alla sua morte avvenuta il 31 Dicembre 2007 per arresto cardiaco all’età di novanta anni.

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1. Vista sud/est 2. Vista nord/ovest 3. Vista nord/est 4. Particolare ingresso 5. Particolare facciata 6. Vista sud 7. Vista sud/ovest 8. Particolare copertura 9. Doppiovolume interno 10-11-12. Particolari cacciata lato ovest


Salute

Il massaggio TEXT Patrizia Bonistalli

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infantile

’offerta pregevole da parte della Società sportiva Movida di un’apprezzata molteplicità di programmazioni accattivanti scaturisce dall’impegno consistente ed appassionato di un insieme di professio-

Una proposta continua nella nostra richiesta di benessere sin dalla nascita nisti di livello superiore, sinergicamente impegnati in continui monitoraggi, confronti, acquisizioni di nuove strategie ed intese: dietro le quinte di un ambiente ricreativo, tipicamente invitante e vivacemente compiuto, si esegue un lavoro formativo sapiente, condiviso e mai casuale. L’osservazione meticolosa, a cui da sempre segue la selezione indovinata delle migliori proposte per il benessere e la salute della persona, ha aperto le porte del centro ad un percorso di antica tradizione ma al contempo in espansione oggi nel mondo occidentale: il massaggio infantile. Tecnica importata in Italia a metà degli anni ’80 dagli Stati Uniti, acquisisce la propria collocazione ufficiale al costituirsi nell’89 a Genova dell’Associazione Italiana Massaggio Infantile. L’istruttore del massaggio infantile, in seguito ad un intenso apprendimento iniziale che termina con un esame di abilitazione, al fine di riconf e r-

marsi un attivo ed adeguato formatore, è tenuto a partecipare a corsi annuali di aggiornamento organizzati dalla AIMI. Grazie ad un lavoro personale costante, l’istruttore è abilitato ad insegnare ai genitori una tecnica di massaggio che non si limita ad essere un semplice procedimento, quanto invece costituisce una benefica forma di comunicazione tra genitore e neonato. Angela Sassi, docente di massaggio infantile per Movida, accoglie gli allievi in piccoli gruppi di 5 - 6 coppie genitore-bambino in uno spazio caldo, dotato di ogni comfort. Il corso, organizzato in cinque incontri settimanali è finalizzato ad apprendere la composizione pratica del massaggio. L’istruttore aiuta il genitore a porsi in una condizione emotiva e fisica di equilibrio ed armonia, affinché egli possa abbandonare qualunque tensione e raggiungere uno stato di

rilassamento. Accomodati su uno spazio morbido ad una distanza bimbo-genitore tale da consentire un buon contatto visivo e di avvicinamento, si impara a creare attraverso tutti i sensi una congiunzione non verbale, un tempo in cui imparare a conoscersi, ad osservare i segnali di approvazione e di time-out che il bambino fa giungere, rispettandone i tempi ed i bisogni. Inizialmente introdotto ai genitori tramite l’utilizzo di una bambola, il massaggio richiede preferibilmente l’impiego di olio vegetale di mandorle dolci spremuto a freddo, un prodotto che rende più fluido lo scorrimento delle mani sul bimbo; inoltre, essendo inodore previene ogni interferenza con l’odore del genitore. Ciascun incontro rappresenta uno spazio in cui possono sorgere considerazioni, quesiti, preziosi spunti di crescita comune. Il lavoro eseguito dal docente di massaggio infantile, si svolge innegabilmente in un periodo delicato, quello della nascita di un bambino, tempo assai vulnerabile in cui


si è fortemente più sensibili a qualsivoglia segnale esterno. Per questo, spiega Angela, l’istruttore può definirsi come un “facilitatore di relazione” che ha l’incarico di porgere nell’ambito del suo ruolo strumenti semplici e appropriati ad ogni singola esigenza familiare anche più specifica, che coadiuvino il genitore nel contatto con il bimbo lungo il sottile e singolare percorso di tutela delle sue fasi di crescita. Il ciclo d’incontri sul massaggio infantile s’inserisce in un contesto più ampio: Movida propone corsi per donne in fase di

gestazione a partire dal quarto mese, fino a proseguire in acqua con il lavoro post-parto dai tre mesi fino a i tre anni del bambino. Il percorso da gestanti a neomamme testimonia la forte relazione tra massaggio infantile ed acquaticità; gli strumenti consegnati ai genitori durante il massaggio consentono di proseguire, anche in acqua, quella condivisione di uno spazio fisico ed emotivo in reciproca e graduale consapevolezza e rispetto.

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Medicina

PSA le informazioni che il paziente deve avere

TEXT Brunella Brotini

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a prevenzione è uno dei metodi più efficaci per combattere i tumori ed è per questo che vengono effettuati gli screening. Screening significa applicare a larghe fascie della popolazione test poco invasivi idonei a distinguere gli individui potenzialmente affetti da tumore da coloro che non lo sono e quindi non saranno sottoposti ad esami di secondo livello. Non c’è dubbio che il dosaggio del PSA come test di screening per il carcinoma prostatico (il PSA è un enzima prodotto dalle cellule prostatiche per fluidifìcare il liquido seminale) sia in grado di anticipare la diagnosi di carcinoma di circa 10 anni e di diagnosticare molti più tumori di quanto sarebbe possibile se si riservasse il test solo agli uomini che

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presentano un nodulo sospetto. Tutta- (cosa invece importantissima per decivia ancora non è dimostrato che l’antici- dere se intervenire o no). po diagnostico implichi una riduzione di Per intendersi, muoiono più uomini con il mortalità per questa neoplasia. In parole cancro alla prostata che per un cancro alla povere, il test in uso oggi non è in gra- prostata! E ciò perché appunto con il PSA do di dirci quali si individuano antumori hanno biche tumori molto Lo screening con dosaggio sogno di essere piccoli senza agoperati e quali gressività e che del PSA è raccomandato no, col risultato non si manifesolo in caso di sospetto clinico steranno mai nel che tantissime persone vengocorso della vita. no sottoposte a biopsia prostatica per L’intervento chirurgico di ablazione di proverificare la reale presenza della malat- stata può dare effetti collaterali importantia. Approssimativamente 2 su 3 sono ti quali impotenza e incontinenza urinaria, biopsie negative, ma talvolta la biopsia così come la radioterapia, mentre la terapuò fallire, non identificando un tumo- pia ormonale dà sempre impotenza. D’alre che invece c’è. E la preoccupazione tronde il monitoraggio nel tempo rende di avere un cancro può rimanere anche la vita insopportabile. Che fare allora? con risultato bioptico negativo. Un test Sia l’Associazione Italiana Oncologia che PSA positivo induce a trattare il tumore il Consiglio Nazionale della Ricerca Sciensenza che sia possibile sapere se reste- tifica negano l’efficacia del dosaggio rà tranquillo per tutta la vita o avrà del PSA come screening raccoun comportamento mandando il suo utilizzo solo aggressivo. Spesin caso di sospetto cliniso un test positico di malattia. vo non allunga La cosa più semla vita ma ne plice è parlarne anticipa la cocon il medico noscenza con di famiglia tutta l’ansia che invierà il che ne conpaziente dalsegue, senza lo specialisapere però se sta o verso è in lenta o raanalisi intepida evoluzione grative.


Parliamone! TEXT Angelo Errera

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uali sono nel terzo millennio le dipendenze nella nostra società? Alcool, fumo droga e purtroppo da qualche anno il gioco. Oggi molte sono le offerte e i modi con i quali giocare, az-

Istituzioni, associazioni e famiglie si confrontano per capire e superare i problemi della nostra società zardare, provare a vincere, a cambiare vita, destino o addirittura sfidarlo. Ma quali sono le cause che spingono a ciò, quali problemi danno al fisico, alla mente, ma soprattutto che conseguenze hanno su chi sta vicino a persone con dipendenze o su chi purtroppo si scontra con loro nel proprio percorso?

Queste le tematiche affrontate nella serata organizzata in sala consiliare del comune di Santa Croce sull’Arno, patron della serata, insieme a Fidapa sezione San Miniato, Associazione italiana donne medico, Pari Opportunità Santa Croce e ASL 11 Empoli. Dopo

il saluto del sindaco Osvaldo Ciaponi e di Elisa Bertelli, consigliere Pari Opportunità, l’introduzione di Brunella Brotini, presidente FIDAPA, Grazia Chiarini, referente AIDM, sono intervenuti i relatori Marina Zazzo psichiatra e psicoterapeuta di Pisa, Francesca Calella, U.O. gastroenterologia ASL 11 e Luigi Rossi, Attività Distrettuale e Medicina Territoriale ASL 11 illustrando come si può arrivare alla dipendenza, gli effetti sul fisico, come vengono metabolizzate le sostanze, su cosa si basano gli alcool-test, le statistiche nelle ASL Toscane rispetto alle dipendenze e le percentuali per fasce di età. Il dato è sconcertante, molte sono le dipendenze e molti gli incidenti stradali, a volte mortali, dovuti all’uso di droga o alcool; questo porta tutti noi ad una riflessione: importantissima diventa la sensibilizzazione, la prevenzione, far vedere, anche se in maniera a volte troppo forte, come tramite un effetto domino si può arrivare a cose pazzesche, a tragedie, a famiglie rovinate, ma il peggio è che spesso le vittime sono persone molto lontane da certi “vizzi”. Cristina Gori, studentessa Itc “Cattaneo” di San Miniato, ci ha dato, con la lettura della poesia finalista al concorso nazionale della fondazione Elisabetta e Maria Chiara Casini (nata in memoria delle giovani sorelle vittime di incidente stradale),

un suo emozionante contributo. Gli interventi da parte del pubblico sono stati numerosi, molti a testimonianza e a favore della prevenzione, ma anche a far notare di come oggi molti sono gli “spot” e le occasioni che ci indirizzano verso il gioco, il bere, lo spendere, il comprare di tutto di più. Importante può essere capire il perchè molti adolescenti o addirittura preadolescenti fanno uso ed abuso di alcool e droghe, cosa gli spinge a questo? Come la famiglia, la scuola e la società possono intervenire? Cosa possono fare per evitare che giovani ragazzi si chiudano in sé stessi oppure diventino succubi di leggi dettate dal branco gettando via la loro vita? Una volta capito tutto ciò, una forte campagna di prevenzione potrà forse diminuire questi casi? Una cosa è certa: serate come questa, dove istituzioni, associazioni, singoli e famiglie s’incontrano e si confrontano, mettono a segno valorosi punti verso la sconfitta ed il superamento di problemi che coinvolgono pesantemente la nostra società.

Società

società e dipendenze


Salute

punto di

Primo Soccorso TEXT Sara Remorini

L

a Pubblica Assistenza di Santa Croce ospita gratuitamente presso i propri locali un Punto di Primo Soccorso - PPS, al quale i cittadini possono rivolgersi per esigenze sanitarie da affrontare subito ma in sé non così gravi da dover ricorrere al Pronto Soccorso e che possono essere risolte senza ricorso immediato ad esami strumentali, a visite specialistiche o a ricovero. Le sintomatologie trattabili nel Punto di Primo Soccorso - PPS sono sindromi e affezioni riferite a codici a bassa priorità, quali traumatologie minori, piccole ferite, punture d’insetti, ustioni, orticarie ed eruzioni cutanee di lieve entità, dolori di varia natura, ecc., cioè tutte quelle problematiche che solitamente al Pronto Soccorso hanno un’attesa di più ore, andando ovviamente in coda ai codici di emergenza di grado superiore. Le dotazioni farmacologiche, strumentali e strutturali sono essenziali ed adeguate al trattamento delle problematiche sopra indicate; nel Punto di Primo Soccorso (PPS) non vengono rilasciate ricette mediche o certificati né si effettuano esami, visite mediche programmate, iniezioni e vaccinazioni. I cittadini possono rivolgersi direttamente al Punto di Primo Soccorso – PPS recan-

dosi alla Pubblica Assistenza di Santa Croce sull’Arno in Largo U.Bonetti, accedendo dal lato rivolto verso i padiglioni del Carnevale, dove troveranno tutti i giorni, dalle 8:00 alle 20:00, il medico del 118, che è l’unica figura individuata per trattare le patologie di cui sopra nei nostri locali. Qualora l’utente non trovi risposta sanitaria adeguata alle sue patologie, sarà cura del medico del 118 provvedere ad inviarlo al Porto Soccorso di Empoli con la nostra ambulanza pronta sul posto od orientarlo ad altri livelli di assistenza. Nel caso invece in cui il medico in servizio presso il Punto di Primo Soccorso - PPS sia impegnato fuori sede con l’equipaggio di soccorritori e l’ambulanza della Pubblica Assistenza,

è consigliabile che i cittadini si mettano in contatto con la Centrale Operativa 118 che prenderà in carico l’assistenza indicando la presenza del medico o inviando ad altri centri. Nonostante la notevole spesa aggiuntiva da sostenere per l’adeguamento dei locali al Punto di Primo Soccorso – PPS, la Pubblica Assistenza di Santa Croce ha comunque deciso di ospitare anche questo servizio per garantire la continuità di presenza del Punto di Emergenza Territoriale (PET) presso l’Associazione, scegliendo, in virtù dello spirito di volontariato e altruismo che ci animano, di supportare i servizi che più possono rispondere alle necessità della nostra comunità. Basti pensare che attualmente sono stati superati i 1375 accessi (dato del 08/02/10), ad alcuni di questi accessi ha fatto seguito il trasporto presso il Pronto Soccorso di Empoli con la nostra ambulanza di emergenza con 3 soccorritori a bordo, sempre pronta a partire, mentre gli utenti non trasportati in Pronto Soccorso sono stati trattati nel tempo massimo di circa 1 ora, pertanto queste persone non hanno “intasato” il Pronto Soccorso di Empoli, non hanno atteso le 5/6 ore che avrebbero atteso presso l’Ospedale, sono state restituite all’attività ed alla famiglia in tem-

O.N.L.U.S. PUBBLICA ASSISTENZA COMPRENSORIO DEL CUOIO E DELLE CALZATURE Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale Sede: 56029 S. CROCE SULL’ARNO (PI) - Via G. Amendola, 14 - Tel. 0571 33333 - 30105 - Fax 0571 34100 Sez. 56024 PONTE A EGOLA - Via Curtatone e Montanara, 74 - 76 - Tel. 0571 499111 Sede Operativa: 56020 STAFFOLI - Via Delle Pinete, 3/B - Tel. 0571 37061 www.pa-santacroce.it / info@pa-santacroce.it

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po breve, con risparmio economico, oltre che maggior gradimento del servizio, per tutti. La Pubblica Assistenza di Santa Croce in questo modo copre un arco temporale di 24 ore continuative di servizi: il Punto di Primo Soccorso - PPS è attivo tutti i giorni dalle 8:00 alle 20:00; il servizio di Guardia Medica è attivo tutte le notti dalle 20:00 alle 8:00, tutti i prefestivi dalle 10:00 alle 20:00 e tutti i festivi dalle 8:00 alle 20:00. Tutti questi servizi li ospitiamo perché siamo qui per rispondere alla comunità ma tra le tante risposte una domanda ce la poniamo anche noi: è giusto che dei costi che questa riorganizzazione ha comportato se ne sia fatta carico soltanto la Pubblica Assistenza di Santa Croce?



nuova moda o concetto interessante ?

Società

CRM TEXT Sergio Matteoni

T

ra le miriadi di sigle che esistono in relazione alla tecnologia (ERP, B2C, UMTS, IP, PDA, etc) da qualche tempo ne è apparsa un’altra: CRM. Ma cosa significa esattamente ? Qualcuno potrebbe rispondere: Customer Relationship Management, ma fondamentalmente, al di là dell’acronimo, CRM è l’arma con cui le grandi aziende hanno combattuto fino a ieri e che oggi è disponibile anche per le piccole imprese. La tecnologia va avanti ed i prezzi dei computer diminuiscono insieme alle loro dimensioni, d’altro canto le loro presta-

Al fine di sviluppare la competitività del sistema produttivo la Regione Toscana concede aiuti diretti alle imprese per il sostegno a progetti d’investimento innovativi immateriali ed in particolare per quelli finalizzatiall’acquisizione di servizi avanzati e qualificati come l’introduzione di sistemi CRM fino al 50% a fondo perduto. Scadenza: ad esaurimento fondi

zioni invece aumentano e con queste la possibilità di analisi dei dati ed esecuzione di procedure. Allo stesso tempo le PMI si trovano, a causa anche della grave crisi che stanno attraversando, ad avere a che fare sempre più con un mercato “povero” in termini di numero di clienti potenziali. La diminuzione del numero di clienti fa crescere la concorrenza e diventa sempre più difficile differenziarsi ed acquisire nuovi clienti. La risposta a tutto questo risiede nei quattro pilastri basilari di un’azienda: Strategia, Personale, Processi e Tecnologia.

La scelta della nuova tecnologia deve essere flessibile e facilmente assimilabile dall’azienda STRATEGIA

Ovviamente, l’implementazione di strumenti CRM deve essere allineata con la strategia dell’azienda e con le necessità tattiche e operative della stessa. Il processo corretto è che il CRM sia la risposta a precisi requisiti di strategia aziendale, per quanto riguarda le relazioni con i clienti, e che non venga implementato senza che sia coerente con la stessa.

PERSONALE

L’implementazione della tecnologia non è sufficiente. In ultima istanza, i risultati arrivano sempre facendo il corretto uso delle persone a disposizione. È necessario modificare la cultura dell’organizzazione, cercando la massima concentrazione sul cliente da parte di tutte le persone. In questo punto, la tecnologia è secondaria, ed elementi come la cultura, la comunicazione interna sono strumenti chiave.

PROCESSI

È necessario ridefinire i processi per l’ottimizzazione delle relazioni con i clienti, ottenendo processi più efficienti ed efficaci. Questo tipo di tecnologia, può rendere il ciclo di produzione dei processi di business più redditizi e flessibili.

TECNOLOGIA

Molto importante è la scelta della soluzione CRM che deve essere flessibile e facilmente assimilabile dall’azienda anche se chiaramente la soluzione necessaria in ogni caso sarà differente in funzione delle proprie necessità e risorse. Ma tutte le aziende possono trarne profitto applicando strategie migliori per ottenere i massimi vantaggi dai propri clienti. Tali strategie sono redditizie anche per i clienti, in quanto mostrano che l’azienda pensa alle loro esigenze e come soddisfarle. Maggiori informazioni su www.worklandcrm.it

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C

al profumo di

GLAMOUR

Moda

AVALLERIA

TEXT Federica Farini

C

hi ricorda Julia Roberts in “Qualcosa di cui sparlare”, commedia datata 1995? In una cornice di centri ippici, cavalli e gare ad ostacoli a farla da padrona

Dallo schermo cinematografico alle passerelle, la contaminazione dello stile cavalleresco fa tendenza. E la tradizione si fa sempre più fashion. Cavalleria Toscana, la griffe che “cavalca” l’onda della moda del futuro era l’immagine di una donna semplice ma raffinata, nel suo abbigliamento da cavallerizza dalle linee tanto pulite ed essenziali quanto irresistibilmente eleganti. Nel 2009 fa capolino Nicole Kidman nel film colossal “Australia”, in pieno stile amazzone-chic. Stivali in cuoio, pants aderenti e giacche fit cominciavano a innestarsi nel nostro guardaroba con un contratto a tempo indeterminato. Oggi, gennaio 2010, a Pitti Immagine Uomo Autunno/Inverno 2010/2011 la griffe Cavalleria Toscana irrompe sulla scena. Una sfilata indovinata, tanto classica quanto at-

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tuale, qualità e buongusto simboli di uno stile dal valore aggiunto: la filosofia di voler portare nella vita di tutti i giorni non solo capi ricercati, ma anche la tradizione e le virtù della cavalleria, nel motto “veloce, forte ma anche elegante e leggiadro”, aggettivi che descrivono sì il cavallo, ma anche colui che ama montarlo. Un marchio sorretto da un buon vento in poppa, prodotto interamente in Italia, con un fatturato in crescita e una clientela che vanta tra gli affezionati vips e figli di sovrani. Il marchio nasce a Vinci nel 2008, quando due giovani imprenditori fiorentini, Jonathan Sitzia e Alessandro Ambrosino (successivamente affiancati da Gianluca Carraro), decidono di dare vita a una linea di abbigliamento tecnico di alta qualità per l’equitazione, trasformando la loro passione in un business dai nobili valori. L’ispirazione dei “Cavalieri Toscani” prende infatti vita durante il servizio militare in missioni umanitarie internazionali (tra cui Iraq, Kosovo, Macedonia). La collezione di Pitti 77 illumina la scena con una prima linea di classe, di

matrice sportiva, ispirata al concetto di una cavalleria moderna, in pantaloni sagomati, cashmere pettinati, giacche a clessidra e accessori da selleria. Logo e stemmi sono solo accennati, senza eccessi, per concentrare l’attenzione sul prodotto. La classe


Dress-input da provare

Pantalone da cavallerizza + decolletè con plateau (open toe) con tacco a spillo Per le più audaci: pantalone da cavallerizza + sandalo con tacco a spillo

si esprime attraverso camicie dai colletti stondati, capispalla in stile trapuntino da equitazione, imbottiti in piuma d’oca quasi impercettibile e smoking tecno-sartoriali. Sono i dettagli a farla da padroni, come bottoni a campanella in argento invecchiato, gemelli in madreperla, inserti di pelle tono su tono su toppe e sopracolli. Il maschile e il femminile si differenziano solo per le modellature dei pantaloni e delle giacche e per la scelta delle nuance cromatiche: color vinaccia per lei, muschio per lui. Il passepartout di super tendenza è rappresentato dal pantalone da fantino, dalla forma “à gigot”, enfatizzata nella parte alta. L’apice di charme si tocca nell’inaugurazione che accompagna la sfilata, presso il Centro Ippico Toscano di Firenze, dove la collezione e i codici della cavalleria si trasfigurano in scenografia in una performance di dressage, recitazione dell’investitura di un’amazzone. Gusto e ricercatezza al profumo di folklore, chiavi della moda del futuro (come suggerisce anche la Commissione Stile di Moda In per l’Autunno/Inverno 2010/2011) ed emblemi del mondo interpretato e rappresentato da Cavalleria Toscana, l’eleganza della tradizione associata alla vitalità dell’innovazione. Perché la moda del futuro si sviluppa sulle radici. A partire dal nostro guardaroba.


Cronache Mondane

TEXT Domenico Savini

N

ella splendida cornice del giardino l’Hôtel Four Seasons, a Firenze, reso ancor più suggestivo dalla neve, si è svolta, la domenica prima di Natale, la manifestazione benefica a

Un excursus degli eventi legati all’arte, alla moda, alla mondanità, allo spettacolo alla beneficenza favore dell’Istituto degli Innocenti. Dalle 12 alle 16 gli ospiti si sono intrattenuti nei vialetti ghiacciati, come in una fiaba dei fratelli Grimm, sorseggiando cioccolata calda, accompagnata con fumanti caldarroste. Ma la vera magìa del luogo è stato l’allestimento della serra, dove cristalli e giochi di luci, fiori e piante creavano un incanto prenatalizio, sotto la regìa e il grande impegno di Cecilia Sandroni, come sempre, quando dirige un evento, capace di rendere perfetto un luogo, e magica ogni atmosfera. Un effetto migliore per augurarsi il “Buon Natale” non potevamo aspettarcelo: a Firenze, a due passi dal Duomo! Ancora pochi giorni prima del fatidico 25 dicembre, Anna e Angelo Cutuli, insieme con gli amici Mauro e Alessandra Della

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bella

Alla più

Martira, hanno festeggiato insieme i 18 anni delle rispettive figlie: Agnese, Maria Novella e Diletta, tutti insieme al Cavalli Club in piazza del Carmine. Dopo una cena placée per gli adulti e a buffet al piano-bar per i giovani, i rampolli della migliore società fiorentina si sono stretti intorno alle tre debuttanti per il tradizionale taglio della torta, e dopo tutti a ballare fino alle prime luci dell’alba, che a Dicembre vuol dire veramente molto, molto tardi. Insieme: adulti e giovani. Un modo simpatico per augurare agli amici presenti, oltre il “Buon Compleanno” alle tre deliziose “Jeunes filles in fleure”, anche il “Buon Natale” e un lieto 2010. Nemmeno trascorsa la parentesi natalizia, quando le strade di Firenze erano ancora illuminate dagli addobbi, si sono accesi i riflettori sulle manifetsazioni più accreditate della mondanità e della Moda fiorentine. Pitti Immagine Uomo 2010: e qui è stato tutto un fiorire di incontri, a cominciare dalla sfilata di Corneliani alla Stazione Leopolda. Per realizzare un’atmosfera suggestiva è stato ricostruito un vero e proprio bosco e tra rami e nebbie avvolgenti, gli ospiti, tutti perfettamente accolti e comodamente seduti, hanno ammirato un’anteprima di questa collezione Uomo, in cui ha prevalso il Classico. Il classico buon gusto lo abbiamo ritrovato nella cornice festosissima di palazzo Corsini sul Lungarno, la sera dell’11 gennaio, alla serata organizzata dalla Casa editrice Mondadori, dove oltre cinquecento riguardosi ospiti sono stati accolti dai dirigenti della Storica Editrice milanese, gustando, tra l’altro, un ottimo buffet di sapore siciliano. Nelle sale, i vari stilisti – ciascuno in una sala – hanno presenta-

to le loro creazioni, dove gli indossatori, scelti tra le migliori agenzie d’Italia, hanno anche qui riportato quanto è diverso nella Moda, ma improntato a un classico rigore. Tra tutti si è distinto il Mister Toscana 2009 Gabriele Marzi, impeccabile nel suo completo Schneider. Altri appuntamenti da “Luisa” in via Roma, ospiti dell’amico di tutti e di sempre Andrea Panconesi, dove la Moda si è coniugata con la letteratura e col mondo della canzone, con un applauditissimo concerto del cantante e personaggio televisivo Morgan. Non si può parlare di cronache e di eventi connessi con l’arte, senza un accenno alla splendida rappresentazione dell’opera di Rossini “L’italiana in Algeri”, in scena al Teatro Comunale di Firenze. Tutto ci è apparso affascinante: la musica, i cantanti, i costumi, le coreografie. Pubblico in delirio, come raramente accade a Firenze. C’è da dirsi e da dire: sublime Rossini, la Tua arte ci incanta e ci scalda in quest’inverno gelido che ci sembra interminabile.

1. Paolina Borghese o Venere Vincitrice del Canova 2. Domenico Savini con Flora Fraser 3. Agnese Cutuli, Maria Novella e Diletta Della Martira 4. Gabriele Marzi alla serata Mondadori


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E poi Roma, con le sue seduzioni: Villa Borghese e i suoi capolavori, con la canoviana Venere Vincitrice! Paolina Borghese col suo pomo di vittorie: “Alla più Bella”. Tutta l’aristocrazia romana: i Colonna, i Salviati, gli Aldobrandini, i Massimo, i di Gallese, Zenaide Giunta di Fiume, pronipote dei Bonaparte, si sono riuniti all’ “ombra di Paolina” per la presentazione del volume di Flora Fraser dedicato alla sorella prediletta di Napoleone. Flora è insieme con la madre Antonia Fraser, la maggiore biografa delle famiglie reali. Quelle di Maria Antonietta e delle

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mogli di Enrico VIII hanno fatto il giro del mondo e ispirato film da Oscar. Accolti dalla splendida e sempre perfetta Anna Coliva, direttrice di Villa Borghese, e grande mecenate della serata, Antonio Paolucci, Giuseppe Scaraffia e Alessandra Borghese hanno parlato del mito di Paolina e dell’opera immortale di Canova. Poi, tutti all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, che è la villa di Paolina stessa a Roma. Qui, accolti splendidamente dall’ambasciatore Stanislas de Laboulaye, gli ospiti, seduti ai piccoli tavoli nel gran salone di Paolina, hanno

assaporato la raffinata cucina francese. Come detto, tutto il Gotha di Roma è intervenuto a questa elegante serata, tra conversazioni in inglese, francese e in italiano. Tutto ciò non sarebbe dispiaciuto alla vera padrona di casa, la divina “princesse Borghèse”, che avevamo avvicinato con una certa emozione, immortalata dal Canova, nella villa che prende il nome dalla storica famiglia romana, col pomo della Vittoria in mano. E mai, nella storia dell’arte, è stato perfetto riconoscerLe la definizione “Alla più Bella”.


Moda

le grandi firme del

MadeinItaly TEXT Andrea Cianferoni

I

l ritorno di Raffaella Curiel sulle passerelle capitoline di AltaRoma, il prossimo cambio della guardia nel consiglio di amministrazione della società consortile

Tra le novità di AltaRoma il ritorno di Raffaella Curiel e il progetto “Archivi della moda del 900” che organizza ogni 6 mesi le sfilate di alta moda e il progetto “Archivi della moda del 900” sono le principali novità dell’ultima

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edizione appena conclusasi di AltaRoma AltaModa. La stilista milanese è tornata a sfilare nella capitale dopo un anno di assenza e di incomprensioni, <<totalmente dimenticate>> come lei stessa dichiara ricevendo la targa d’argento del Comune di Roma dal Sindaco Alemanno alla fine della sfilata di alta moda per la prossima estate nella sala della Promoteca del Campidoglio davanti ad un parterre vip. La collezione della Curiel è un omaggio alla capitale ed ai suoi colori come il bianco travertino dei Fori Imperiali, il giallo ocra dei palazzi storici, il verde di Villa Borghese. Colori altrettanto inebrianti quelli dello stilista partenopeo Fausto Sarli, che ha inaugurato la settimana (corta) della moda nel complesso monumentale di Santo Spirito in Saxia. Si commuove nel vedere un video, prima della sfilata , con le immagini delle collezioni degli ultimi venti anni indossate dalle top model di un tempo: Carla Bruni, Eva Herzigova, Valeria Mazza. Dalle passerelle di Parigi è arrivata la modella russa Vlada Roslyakova che ha indossato per Sarli l’abito da sposa-cigno dedicato al Presidente della Repubblica e alla signora Clio, napoletani come Sarli. Abed Mahfouz, stilista libanese che predilige ormai da alcuni anni le passerelle capitoline per far sfilare le sue collezioni tanto amate dalla principesse arabe e dalle first ladies mediorientali, ha scelto per i suoi quaranta abiti colori vivaci cosparsi di diamanti e pietre preziose. Si è ispirato alla genetica invece Guiellermo Mariotto, direttore artistico di Gattinoni, maison di cui è amministratore delegato Stefano Dominella, uno dei candidati insieme a Silvia Venturini Fendi per la successione alla presidenza di AltaRoma. Ha dedicato la sua nuova collezione di haute couture alla scienza facendo indossare alla modella Clementine Luibova, padre siberiano e madre italiana, concepita 17 anni fa grazie alla provetta, l’abito della Rinascita simbolo della collezione. Al polso della modella il “Dna Bracelet”: una doppia elica di agate uruguaiane e oro realizzata dall’orafo Gianni De Benedittis che ha riprodotto la struttura molecolare del dna della ragazza. Preziosissimi coralli di Sciacca opera dell’orafo scultore Massimo Izzo pendolano tra i capelli delle modelle dee di Marella Ferrera, neo di-

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1. Gianni Calignano 2. Renato Balestra 3. Raffaella Curiel 4. Marella Ferrera 5. Fausto Sarli 6. Abed Mahfouz 7. Valeria Mangani 8. Daniele Pecci 9. Abed Mahfouz 10. Marella Ferrera 11. Mario e Giada Pirro con Guglielmo Marconi


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rettrice dell’Accademia di Moda di Tripoli. La stilista catanese si è ispirata alla natura, alle sue forze benefiche e ad una tradizione artigianale per creare abiti che sono, ogni volta, l’espressione più alta della creatività e della sartorialità. La donna di Yulia Yanina ha “giocato in casa” grazie alla disponibilità dell’ambasciatore Alexey Meshkov che ha ospitato la sfilata della stilista russa a Villa Amabelek, residenza diplomatica della Repubblica Russa. La Yanina ha creato per le clienti amiche miliardarie russe arrivate a Roma con jet privati, trenta abiti da sera con il leitmotiv delle bolle di sapone. A chiudere il calendario di AltaRoma Renato Balestra che ha presentato in passerella una collezione leggera e fluida, in cui

i colori tenui si alternano al blu in tutte le tonalità: dal 10 blu balestra al blu notte. Lo stilista triestino ha scelto come testimonial della sua sfilata Maria Perrusi, Miss Italia 2009, la quale ha indossato in passerella un abito nuziale bianco vaporoso, ricamato con perline e madreperla. Importante novità dell’edizione di quest’anno il progetto “Archivi della moda del 900” per il recupero e la valorizzazione degli archivi della moda, al fine di ricostruire una realtà produttiva e culturale di assoluta eccellenza,

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promosso da Soprintendenza Archivistica per il Lazio, Ministero per i Beni e le Attività culturali e Associazione nazionale archivistica Italiana insieme ad altri soggetti pubblici e privati operanti nel settore della moda. Al Tempio di Adriano invece, dopo l’edizione zero della scorsa estate, è stato confermato“Fashion on Paper”, festival dedicato all’editoria indipendente di moda e costume, curato da Maria Luisa Frisa.



Due mari per una corsa

Sport

TIRRENO ADRIATICO

TEXT Angelo Errera

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a 45a edizione della Tirreno - Adriatico, con i suoi 1.247 km molto impegnativi su cui si confronteranno prestigiosi team, si riconferma una competizione molto ambita dai migliori professionisti; quest’anno sarà dedicata alla memoria di Franco Ballerini. Nell’ambito delle iniziative “Aspettando la Tirreno Adriatico” avvenuta il giorno 28 febbraio, l’amministrazione comunale di San Miniato e la Consulta di San Miniato Basso hanno dedicato una scultura al ct appena scomparso. La comunità di San Miniato ha voluto dedicare l’installazione alla sua memoria per continuare a condividere con lui l’amore per lo sport. L’arch. Riccardo Paoletti e i maestri fabbri Roberto e Pierpaolo Tommasini, hanno realizzato una struttura in lamiera e ferro alta 3 metri, la quale rappresenta appunto, un Pinocchio in bicicletta. Pinocchio infatti è l’antico nome di San Miniato Basso, ed è per questo motivo che il famoso burattino di Collodi è diventato il simbolo di molti eventi culturali e sportivi sanminiatesi.

Nella foto in alto a destra i relatori con “la maglia azzurra”. In ordine da sinistra: Comandante Vittorio Alessandro (Capo Ufficio Relazioni Esterne del Comando Generale delle Capitanerie di porto), Michele Acquarone (Direttore generale RCS Sport), Alfredo Martini (ex ct nazionale italiana di ciclismo), Gianni Valenti (Vice direttore La Gazzetta dello Sport), Giuseppe Bellandi (sindaco di Montecatini Terme), Mauro Vegni (Direttore organizzazione TirrenoAdriatico). Nelle altre foto momenti della conferenza stampa e l’immagine della scultura.

IL CALENDARIO DELLE TAPPE 10 marzo Livorno - Rosignano Solvay 11 marzo Montecatini Terme - Montecatini Terme 12 marzo San Miniato - Monsummano Terme 13 marzo San Gemini - Chieti 14 marzo Chieti - Colmurano 15 marzo Montecosaro - Macerata 16 marzo Civitanova Marche - San Benedetto del Tronto

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Trasporti

Viaggiain sicurezza!

TEXT Centro Revisioni & Collaudi Valiani

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a Valiani Giuliano & Figli S.n.c. oltre ad essere un’importante officina e carrozzeria per Bus, Truck & Van autorizzata Iveco, Mercedes-Benz, ZF, BMC e King Long è attiva dal 1992 anche con il proprio Centro Revisioni & Collaudi. Il tema della sicurezza è un argomento di rilevante importanza per noi e per chi ci sta intorno. La revisione del proprio autoveicolo, motociclo, ciclomotore o altro rappresenta un obbligo di legge e un aspetto fondamentale per verificare l’idoneità del veicolo a circolare sulle strade garantendo al contempo una maggiore sicurezza stradale ed una valida tutela ambientale. È importante far controllare periodicamente il proprio veicolo e sottoporlo a revisione alle scadenze di legge. La circolazione dei veicoli non revisionati oltre il termine di scadenza è vietata, se non per il solo giorno della revisione per recarsi ad effettuare il controllo. Chi circola con un veicolo non revisiona-

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to è soggetto ad una sanzione amministrativa ed al ritiro della carta di circolazione nonché alla probabile non copertura assicurativa dei danni provocati in caso di incidente. La revisione può essere effettuata presso gli Uffici Provinciali del Dipartimento Trasporti Terrestri oppure presso i Centri Revisione autorizzati. Il Centro Revisioni & Collaudi della Società Valiani Giuliano & Figli S.n.c. in Santa Croce sull’Arno (PI) è un centro revisione autorizzato dal D.T.T. di Pisa con autorizzazione n° 5106 del 16/02/1998 ed opera secondo gli standard ministeriali per garantire ai propri clienti la massima sicurezza stradale. Forte di un’esperienza più che decenna-

le, è in grado di garantire la soddisfazione del cliente per tutto ciò che riguarda l’affidabilità dei veicoli e la loro idoneità per la sicurezza stradale. Il Centro Revisioni & Collaudi dispone di ben tre linee di revisione tecnica, una dedicata alle auto, una alle moto ed una agli autocarri pesanti. I responsabili tecnici effettuano le operazioni di revisione e di collaudo immediatamente senza bisogno di alcuna prenotazione e di alcun appuntamento. Numerosi sono i servizi che si trovano presso il Centro Revisioni & Collaudi, tra questi il servizio di pre-revisione del veicolo che a seguito degli opportuni controlli tecnici consente di avere una scheda tecnica dei lavori strettamente necessari per il superamento positivo della revisione. Basta recarsi presso il Centro Revisioni & Collaudi della Società Valiani Giuliano & Figli S.n.c. per poter effettuare la revisione dei motoveicoli, dei ciclomotori e persino delle moto d’epoca con il controllo tecnico, sull’apposita linea di revisione moto, dei freni, dei gas di scarico, del rumore, delle luci, ecc., oppure per poter effettuare la revisione di autovetture, autocarri leggeri e campers


utilizzando l’apposita linea di revisione auto con il controllo tecnico delle luci, del sistema frenante, dei dispositivi di emergenza, dell’avvisatore acustico, della ruota di scorta, del triangolo, dei gas di scarico, ecc…il tutto per garantire la più completa sicurezza del veicolo. Tramite i funzionari della D.T.T. di Pisa è possibile inoltre effettuare, fissando un apposito appuntamento, anche la revisione di rimorchi trainati da autovetture, di roulottes, di carrelli porta barche e carrelli porta cavalli. Oltre ai normali servizi di revisione è possibile fare anche numerosi collaudi, come il collaudo del gancio traino e dei carrelli appendici vettura, il collaudo degli impianti a gas nuovi oppure la sostituzione delle bombole del gas, il collaudo per il ripristino dell’alimentazione a benzina, il collaudo di motorini e moto per smarrimento della carta di circolazione, il collaudo dei veicoli per l’aggiornamento dei pneumatici nel caso in cui vengono installati pneumatici non previsti originariamente in sede di omologazione, il collaudo dei veicoli per la ripunzonatura del telaio illeggibile e ancora il collaudo per la trasformazione dei veicoli ed i vari aggiornamenti. All’interno del Centro Revisioni & Collaudi è attivo anche lo sportello telematico dell’automobilista con un’apposita agenzia pratiche auto e loro rimorchi, moto ed autocarri dove i consulenti auto sono in grado di fornire tutta l´assistenza necessaria per il disbrigo delle pratiche come la prima immatricolazione, l’autentica di firme per passaggi di proprietà, il recupero della carta di circolazione, il passaggio di proprietà, il rinnovo dell’immatricolazione, la richiesta della targa ripetitrice per carrelli e rimorchi trainati da vetture, il riscatto del veicolo dal leasing ed il servizio di pagamento bollo sicuro. Il Centro Revisioni & Collaudi effettua da anni tramite i funzionari della D.T.T. di Pisa e dietro apposito appuntamento anche le revisioni degli autocarri con massa complessiva superiore a 35 q.li e degli autobus di linea extraurbana. Il Centro Revisioni & Collaudi si pone dunque come proprio obiettivo quello di fornire una grande varietà di servizi differenziati e di alta qualità nell’ottica di un soddisfacimento completo dell’automobilista. E’ aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle ore 08:00 alle ore 12:30 e dalle ore 14:30 alle ore 19:00 e il sabato mattina dalle ore 08:00 alle ore 12:00. L’orario delle revisioni è dal lunedì al venerdì dalle ore 08:15 alle ore 12:00 e dalle ore 14:30 alle ore 18:30 e il sabato mattina dalle ore 08:15 alle ore 12:00. Viaggiare in sicurezza… conviene!!! Valiani Giuliano & figli snc - Centro Revisioni & Collaudi Via del Trebbio Nord 43 - 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Tel. 0571 3889630 - Fax 0571 3889315 - www.gruppovaliani.it


? Voucher

Formazione

cosa sono

formativi

TEXT Francesca Ciampalini - Carla Sabatini

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voucher Formativi sono dei “buoni di spesa” emessi solitamente dalle pubbliche Amministrazioni (Regioni e Province) che consentono la partecipazione a percorsi di formazione erogati dagli organismi di formazione accreditati e dalle Università.

Le Regioni parlano sempre di più di “voucher formativi”, cosa sono e dove informarsi? I voucher sono stati introdotti in alcune regioni italiane a partire dal 1998 grazie alla normativa europea che ha consentito di orientare alcune risorse comunitarie e nazionali verso percorsi di formazione individuale scelti direttamente dai singoli destinatari in base alle proprie esigenze e fabbisogni. I voucher sono infatti finalizzati a sostenere la realizzazione dei progetti formativi dei singoli individui al fine di soddisfarne le esigenze di aggiornamento ed ampliamento di conoscenze e competenze professionali. La caratteristica fondamentale di tali finanziamenti agli interventi personalizzati consiste proprio nel fatto che viene riconosciuto il diritto soggettivo alla formazione esclusivamente in base alle proprie necessità. Grazie ai voucher i singoli individui interessati a frequentare un corso di formazione a pagamento possono richiedere il finanziamento o cofinanziamento alla Regione o Provincia di residenza/domicilio, tramite bandi regionali o provinciali. Le informazioni relative ai bandi per richieste di voucher sono reperibili presso le Regioni, Province e Comuni. Sul nostro comprensorio Fo.Ri.Um. sc in qualità di Agenzia Formativa accreditata dalla Regione Toscana in collaborazione con Netaccess in qualità di Test Center ECDL accreditato da A.I.C.A. Associazione Italiana Calcolo Automatico ha elaborato un catalogo per la riqualificazione individuale. Sono infatti disponibili percorsi formativi, min 44 max 150 ore, rispondenti alle esigenze di sviluppo professionale dei lavoratori. I corsi spaziano dalla semplice alfabetizzazione sia in ambi-

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to informatico che della lingua inglese all’aggiornamento e al consolidamento dei livelli più avanzati. La formazione continua costituisce uno degli strumenti fondamentali per sviluppare il peso e la qualità della “forza lavoro” nel nostro paese e per venire incontro alle esigenze dei lavoratori i corsi si svolgono anche in orario serale 1° gruppo 18.30-20.30 - 2° gruppo 20.30-22.30 con frequenza bisettimanale lun-mer oppure mar-gio. Alcuni percorsi prevedono il rilascio della Patente Europea del Computer e della Qualità . Sia i corsi che gli esami (ove previsti) sono tenuti mensilmente presso la Netaccess Soluzioni Informatiche di Santa Croce sull’Arno.

Per gli interessati è stato istituito un servizio per avere tutte le informazioni riguardo alla possibilità di accedere a tale opportunità nonché di assistenza alla compilazione dei moduli da inviare all’Ente erogatore: Fo.ri.um. Via del Bosco 264/f Santa Croce sull’Arno (PI) Tel 0571/360069 - info@forium.it www.forium.it Netaccess Via Pacinotti 2 Santa Croce sull’Arno (PI) Tel 0571/366980 - info@netaccess.it www.netaccess.it


investe in Qualità

Aziende

DELTA CONSULTING

TEXT Dott. Federico Ghimenti & Dott.ssa Martina Ercoli

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el percorso di crescita professionale e valorizzazione delle risorse umane la Delta Consulting nel mese di febbraio 2010 ha ottenuto le Certificazioni UNI EN ISO 9001 – 14001 e OHSAS 18001 rilasciate dall’Istituto di Certificazione della Qualità Certiquality.

Delta Consulting è la prima società in Italia ad ottenere la Certificazione Integrata Qualità - Ambiente - Sicurezza Tra i principali servizi di consulenza offerti, quello della Qualità rappresenta il fiore all’occhiello in quanto valorizza l’impresa e pertanto Delta ha deciso di aderire alle tre norme internazionali di carattere volontario riguardanti la gestione aziendale, la tutela ambientale e la sicurezza dei lavoratori; per poter offrire una consulenza di alto profilo è necessario infatti che le metodologie siano state adottate anche dal consulente stesso. Quanto fatto rappresenta un risultato di primo piano a livello italiano infatti Delta Consulting è la prima società in Italia ad ottenere la Certificazione Integrata Qualità – Ambiente – Sicurezza per i settori 34 e 37 “Progettazione ed erogazione di assistenza e consulenza in materia ambientale, salute e sicurezza; progettazione ed esecuzione di servizi di formazione in campo ambientale e della sicurezza”. L’obiettivo principale di Delta Consulting è la diffusione della cultura per la Qualità e dei Sistemi di Gestione nelle piccole e medie imprese con lo sviluppo dei sistemi Gestionali conformi agli standard SA8000, UNI EN ISO 9000, 14000, EMAS e OHSAS 18000.

Delta Consulting S.r.l. Via Puccioni, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Tel. +39 0571 34503 Fax +39 0571 34504 www.consultingdelta.it info@consultingdelta.it

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Lavoro

Confartigianato Imprese

ripartiamo dall’

apprendistato

TEXT Vanessa Valiani

R

ipartire dall’apprendistato nell’artigianato per superare la crisi economica e rendere più competitivo il nostro paese sul piano internazionale. Questo il tema centrale dell’incontro promosso da Confar-

Piano di azione giovani 2020, uno strumento di stimolo all’integrazione fra le istituzioni formative e il mondo del lavoro tigianato imprese e ADAPT (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali), tenutosi a Roma presso la sede confederale dell’associazione lo scorso tredici Gennaio. La decisione di partecipare al convegno è scaturita da un lato dall’esigenza (del tutto personale) di adempiere al meglio le mie funzioni rappresentative - soprattutto a

Vanessa Valiani, presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato di Pisa

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seguito della mia recente nomina di presidente dei giovani imprenditori di Confartigianato Pisa, dall’altro da un vivo interesse per le problematiche giovanili, con particolare attenzione a quelle legate al lavoro e alla formazione. Infatti, fulcro della lunga discussione, alla quale sono intervenuti, fra gli altri, il ministro del lavoro Maurizio Sacconi, il segretario generale di Confartigianato imprese, Cesare Fumagalli, nonché Giorgio Santini, segretario confederale CISL, è stato il “Piano di azione giovani 2020”, un progetto sostenuto dal Ministero del lavoro, di concerto col ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Con l’espressione piano di azione giovani 2020 non si fa riferimento ad un nuovo insieme di leggi di riforma, bensì ad uno strumento di stimolo all’integrazione fra le istituzioni formative e il mondo del lavoro, seguendo la strada già in parte percorsa dalle riforme dei governi precedenti. Uno strumento che si propone di preparare i giovani di oggi ai mercati del lavoro di domani, nel tentativo di restituire al paese manodopera qualificata e competitiva. Varie, dunque, sono le aree di intervento del piano giovani. In primis si vuole intervenire nella scuola superiore, rilanciando gli istituti tecnico – professionali, capaci di fornire abilità e capacità più facilmente e velocemente spendibili nel mercato del lavoro. Di qui l’inserimento all’interno dei corsi di studio di percorsi formativi che permettano di veicolare in modo effettivo il concetto di

“alternanza scuola-lavoro”. In altri termini, si consentirà l’alternarsi di un apprendimento formale, ricevuto sui banchi di scuola, alla formazione in azienda, tenendo conto delle inclinazioni e delle preferenze del singolo studente. I benefici immediati di tale metodologia consisterebbero, così, nella facilitazione del passaggio da scuola a lavoro e il contenimento del tasso di dispersione scolastica, ancora troppo elevato in Italia. Se da una parte, infatti, è necessario frenare gli effetti della crisi economica attuale, utilizzando misure “passive” (cassa integrazione guadagni, sussidi etc.) a sostegno dei lavoratori, dall’altra è incontestabile l’importanza di introdurre un sistema che favorisca e migliori le condizioni di occupazione giovanile. Essenziale al perseguimento degli obiettivi del piano d’azione giovani è la rivitalizzazione del contratto di apprendistato. Questo contratto, che negli anni si è diffuso anche nei settori dell’industria e dei servizi, è per vocazione legato alla realtà dell’impresa artigiana, al cui interno il giovane lavoratore sviluppa abilità tecniche, creatività, capacità di fare. Nel biennio 2008/2009 il numero complessivo degli apprendisti in Italia è cresciuto di almeno un punto percentuale rispetto al biennio precedente, tuttavia, analizzando i dati riguardanti il solo settore dell’artigianato, lo scenario pare essere diverso. Infatti, secondo uno studio condotto dalla stessa Confartigianato imprese, pur nel mezzo della profonda crisi che grava sulla


maggioranza delle imprese artigiane -dovuta al generale calo della domanda interna ed internazionale (nel solo manifatturiero si è registrata una diminuzione di ben 307.400 occupati nell’arco degli ultimi 24 mesi) - tuttavia, si calcolano oltre 23.400 figure di difficile reperimento. A ciò si aggiungono altri dati di estrema importanza: la difficoltà di reperimento di personale nell’artigianato è del 25% superiore alla media di tutte la imprese; il 70% degli apprendisti nelle aziende artigiane è poi assunto con contratto a tempo indeterminato. Quelle mancanze sembrano essere il prodotto non solo di una innegabile difficoltà delle Regioni di dare attuazione alla normativa generale del contratto di apprendistato di cui alla legge Biagi, ma anche, come già precedentemen-

te sostenuto, della dispersione di talenti in corsi di studio poco “professionalizzanti”, che finiscono per differire nel tempo il momento di incontro col mondo lavorativo. Dunque, in ultima analisi, un più stretto collegamento fra il sistema educativo e lavoro permette ai giovani di orientarsi verso professionalità che corrispondano alle necessità del mondo del lavoro. Il settore dell’artigianato deve cogliere questa opportunità per uscire dalla crisi. Il contratto di apprendistato può esserne lo strumento più utile. Solo la trasmissione di saperi, know-hows, che costituiscono la base più forte del nostro made in Italy, può contrastare sistemi produttivi sempre più globalizzati e deregolamentati. Da parte mia, ritengo che il contratto di

apprendistato costituisca una risorsa, una leva occupazionale anche per i giovani del nostro territorio, probabilmente una parziale soluzione alla crescente disoccupazione giovanile. Indubbiamente un’opportunità per “diversificare” e tentare un riallineamento fra domanda e offerta di lavoro. Tuttavia vorrei riscoprire nei miei coetanei, ma soprattutto nelle generazioni future, uno spirito di competizione virtuosa, sacrificio e senso di responsabilità. La scuola, dal canto suo, deve riprendere ad adottare criteri di valutazione e selezione più rigidi, al contempo intelligenti e moderni, che premino l’impegno e realmente dotino il giovane della capacità di orientarsi in una società, e, successivamente, in un mercato del lavoro sempre più complessi e problematici.


Ambiente

sistema

SISTRI

Il controllo della tracciabilità dei rifiuti TEXT Dott. Cristian Amorelli

S

ulla Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2010 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009, prorogato successivamente dal Decreto 15 febbraio 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2010 che, entrando in vigore il 28 febbraio 2010, ha modificato completamente tutte le modalità di gestione amministrativa e di trasporto dei rifiuti speciali. In particolare tale Decreto ha istituito un sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti denominato SISTRI. Le imprese obbligate ad aderire al sistema SISTRI sono individuabili in:

Gestori Ambientali; • le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti; • i Consorzi che organizzano la gestione di particolari rifiuti per conto dei consorziati;

Primo gruppo • i produttori iniziali di rifiuti pericolosi con più di cinquanta dipendenti; • le imprese e gli enti con più di cinquanta dipendenti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi; • i commercianti e gli intermediari di rifiuti; • le imprese di trasporto di rifiuti speciali iscritte all’Albo Nazionale

Potranno aderire al sistema su base volontaria dal 12 agosto: • imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che non hanno più di dieci dipendenti; • imprenditori agricoli che producono rifiuti non pericolosi; • trasportatori in conto proprio di rifiuti non pericolosi.

Secondo gruppo • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi che hanno fino a cinquanta dipendenti; • i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi, che hanno tra i cinquanta e gli undici dipendenti.

Le scadenze che dovranno essere rispettate sono: Primo gruppo - Iscrizione e versamento del contributo dal 13 febbraio al 30 marzo 2010 - Doppia gestione (cartacea ed elettronica) dal 13 luglio al 12 agosto 2010 - Gestione solo elettronica dal 13 agosto 2010 Secondo gruppo - Iscrizione e versamento del contributo dal 15 febbraio al 29 aprile 2010 - Doppia gestione (cartacea ed elettronica) dal 12 agosto all’11 settembre 2010 - Gestione solo elettronica dal 12 settembre 2010 Il procedimento di iscrizione potrà essere effettuato tramite: - on line attraverso il portale SISTRI (www.sistri.it) - via fax al numero verde 800050863 - via telefono al numero verde 800003836 Successivamente all’inscrizione... l’impresa dovrà versare un contributo per la copertura dei costi del sistema e per l’ottenimento del dispositivo elettronico necessario per la gestione della movimentazione dei rifiuti. Il contributo in futuro dovrà essere versato annualmente entro il 31 gennaio.

Delta Consulting S.r.l. Via Puccioni, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Tel. +39 0571 34503 Fax +39 0571 34504 www.consultingdelta.it info@consultingdelta.it

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Sensi

di Margot

Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finchÊ arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa Albert Einstein


Tenuta San Pietro profumi e sapori delle terre lucchesi

Piaceri di palato

di Claudio Mollo


A

meni paesaggi quelli delle Colline Lucchesi, dove olivi e vigne fanno da cornice ad antichi casolari incastonati nel verde di questa bellissima parte di Toscana. Di faccia, in lontananza terre altrettanto ricche di fascino, come Montecarlo di Lucca e Altopascio. In questo alternarsi di spazi e colori, si trova la Tenuta San Pietro. Un complesso ricettivo articolato e piacevolmente disposto in più ambienti e su più livelli. Anche il ristorante omonimo, segue la stessa impostazione del resto del caseggiato, disposto su due piani e arredato in un bellissimo stile rustico-elegante. Dall’uliveto di proprietà un eccellente extravergine, mentre dall’orto, a seconda delle stagioni, un enorme valore aggiunto in quanto a sapore nei piatti: dalle erbe aromatiche ai piccoli pomodori, alla lattuga, al radicchio e a tanti altri frutti della terra. Gastone Di Domenico è colui che dirige il locale, mettendo a frutto le tante precedenti esperienze fatte in prestigiose strutture nazionali e internazionali. Lucchese di adozione ormai da oltre dieci anni, è un grande amante del buono, attento nel selezionare la qualità di produttori e artigiani del gusto, di cui le terre di Lucca sono davvero ricche. Di giorno il panorama è mozzafiato, la sera, il silenzio della campagna e il suggestivo gioco di luci esterne e interne rendono il locale, molto intimo e accogliente. La bella stagione poi, con gli al-

lestimenti esterni, lo trasformano in una bellissima terrazza sulla piana lucchese, disseminata di migliaia di luci che si perdono all’orizzonte. Il locale rimane chiuso nei mesi di novembre e dicembre e per riposo settimanale, il lunedì da gennaio a marzo, poi, negli altri mesi è aperto tutti i giorni sia a pranzo che a cena. In cucina, lo chef lucchese, Guido Lotti, altro importante punto di riferimento della Tenuta San Pietro. Anche il suo curriculum riporta tante esperienze fatte sia in Italia che all’estero a fianco di nomi noti della ristorazione. Un grande bagaglio culturale e tecnico che da qualche mese cerca di mettere in pratica nelle cucine della Tenuta con ottimi risultati. I suoi piatti raccontano l’amore per la sua terra e propongono pietanze ricche di sapore, dove tradizione e innovazione s’intrecciano piacevolmente in apprezzabili rivisitazioni, seguendo rigorosamente i ritmi delle stagioni. Sulla carta, rinnovata con una certa frequenza, le proposte sono prevalentemente di carne ma non mancano piatti di pesce delle vicine coste della Versilia. Scegliendo ad esempio un menu di carne si può iniziare con un filetto di coniglio marinato alle erbe aromatiche su letto di cavolo nero cotto al vino rosso, per continuare poi col risotto ai tre cereali, salsiccia fresca garfagnina e broccoletti, mantecato al pecorino. Per secondo lo chef consiglia dei bocconcini di filetto, avvolti con la pancetta dell’Antica Norcineria Bellandi con purè di sedano e verdure grigliate, e si può chiudere in bellezza con una mezzaluna di crema chantilly con cuore di rocher e salsa al pistacchio. Interessante anche la carta dei vini, molti provenienti dai vigneti delle due DOC lucchesi e poi toscani in prevalenza, senza però tralasciare il resto d’Italia, tutti conservati nella cantina sottostante il locale, seguita attentamente da Gabriele Marchetti, maitre e sommelier, altro componente dello staff della Tenuta San Pietro. Una squadra di professionisti

fortemente voluta e coordinata ad arte da Gastone Di Domenico, molto attento alla soddisfazione della clientela, che coccola e segue dal momento in cui entra nel locale a quando riparte. Se poi, dopo una cena più impegnativa si è fatto più tardi del previsto, ci si può fermare nelle accoglienti stanze della Tenuta, iscritta con tutti i meriti nella lista dei “Ralais du Silence” e scegliere una delle 8 camere luxury o in alternativa una delle 2 suite, che dovrebbero completare degnamente un ricordevole week end lucchese. E il mattino successivo, dopo una ricca colazione e magari, nella buona stagione, un tuffo in piscina, via in macchina verso la vicina città di Lucca, per passeggiare tra le vie del centro storico, visitando le tante chiese oppure facendo shopping nella suggestiva via Fillungo.

TENUTA SAN PIETRO Via per San Pietro, 22/26 SAN PIETRO A MARCIGLIANO - LU Tel. 0583 926676 – Fax 0583926678 www.tenuta-san-pietro.com


Da Liverpool a Chester? perché no!

P

Viaggi

er il viaggiatore in ceca di novità, sete di cultura, divertimento, l’Inghilterra del Nord rappresenta certamente una nuova frontiera molto apprezzata. Verdi distese arricchite da una vegetazione ad alto fusto, romantiche casette disperse su piccole collinette circondate da verdi prati, pascoli, campi di grano, bianche

spiagge selvagge contorniate da una macchia atlantica ricca di alberi secolari, insomma un paesaggio bucolico nel quale sono immerse due città assurte agli onori per il dinamismo che le caratterizza: Liverpool e Chester. La patria dei Beatles, ex prototipo di agglomerato industriale, affonda le sue radici nella tradizione marinara- portuale (le cui glorie sono visibile nell’interessante Merseyside Maritime Museum), l’atmosfera cosmopolita, variegata, proiettata al cambiamento la rendono una meta appetibile per i giovani e non solo. Assurta agli onori grazie al famosissimo Quartetto Musicale, la Città continua la sua tradizione “cantereccia” grazie alle nuove leve e ai luoghi simbolo di questa passione contagiante cittadini e turisti, pertanto il tour perfetto consiglia assolutamente il Museo Beatle Story e, ancora, il Cavern Club, Il Penny Lane, il Strawberry Field. 800 anni di storia portuale costituiscono un enorme bagaglio, non a caso l’atmosfera romantica che si respira lungo le passeggiate antistanti il mare meritano un po’ di tempo per assaporare la delicata brezza, comprendere l’espansione e la rivoluzione urbanistica nel corso dei secoli della quale i Docks , ex fabbriche ottocentesche trasformate in centro polifunzionale attraverso un restauro architettonico scenografico, suggestivo, di forte impatto visivo, rappresentano


una meravigliosa visione per gli occhi del turista. Addentrandosi lungo le strade del centro si scoprono bellissimi scorci panoramici, un susseguirsi di locali per “tutte le salse” e, ancora, gallerie, teatri, istituzioni culturali, altri musei che raccontano la storia monumentale della città, come dimostrano l’austero tribunale neoclassico St George’s Hall, l’edificio denominato Le tre Grazie, la Cattedrale Anglicana e quella Metropolitana di Cristo Re, interessante edificio contemporaneo a forma di croce di spine. Spostandosi verso i quartieri periferici, le novità non mancano come dimostrano i Calder Stones in arenaria (più antichi dei monoliti di Stonehenge), la bellissima villa Speke Hall in stile Tudor e, in onore alla blasonata storia calcistica della città, da visitare gli stadi di Anfield e Goodison Park. Spostandosi di una trentina di chilometri, eccoci arrivati nella brillante Chester dove l’intrattenimento non smentisce la reputazione di città in continua festa, infatti una miriade di locali per tutti i gusti popolano i quartieri monumentali di una delle più belle realtà architettoniche dell’intera Gran Bretagna. Per coloro che amano la danza, gli spettacoli, la lirica, vi aspetta una città musicalmente fertile e la vostra sete di cultura può essere appagata grazie alla presenza di innumerevoli istituzioni museali, raccontanti il luogo, le sue tradizioni, la gloriosa storia passata. Fondata dai Romani, Chester conserva numerosi monumenti assolutamente da visitare: le gloriose mura in arenaria, tardo medievali, racchiudono l’orologio vittoriano del 1897, la King Charles Tower, le famose Rows (case a graticcio porticate), la normanna Cattedrale dedicata a S. Werburgh, l’Abbazia Benedettina di S. Anselmo d’Aosta, resti archeologici risalenti al I sec. A.C. Allora cosa aspettate, buttate in valigia quattro stracci e salite sul primo volo disponibile con destinazione Liverpool e Chester, due pulsanti realtà proiettate verso il futuro e con tanta voglia di vivere.

Nella pagina precedente Liverpool: St Vincent de Paul Church; Pomphouse (quartiere dei Docks), interno della Cattedrale Anglicana; ingresso al Quartiere Cinese In questa pagina Chester: Rows nel centro storico; Orologio Vittoriano del 1897; Mura Medievali; Abside della Cattedrale


ROTARY SBAND Serata di raccolta fondi a favore della Caritas al teatro Verdi di Santa Croce sull’Arno, sul palco la Rotary Sband, ormai al suo ottavo concerto: due a Santa Croce al Teatro Verdi, a Villa Sonnino di San Miniato il debutto nel 2008, Boscotondo, Prato, Fucecchio, Fauglia e Pisa. La band o meglio la “Sband” ha richiamato un folto pubblico, data la loro fama, che ha ricambiato con calorossimi applausi, sia per l’esecuzione che per l’ interpretazione di famosi pezzi storici della musica mondiale. Rotary Sband nasce da un idea del prof Carlo Taddei (tastierista) ed altri soci del Rotary Club Fucecchio Santacroce, come Andrea Orsini (chitarrista e arrangiatore), Giorgio Bosco (presentatore e cantante), Andrea Gnesi (saxofonista), Marco Santoni (chitarrista e cantante), Marco Marcocci (chitarrista e cantante). In seguito al sestetto si aggiungono altri due componenti del Rotary Club Prato: Franco Piani (batterista e cantante) e Bruno Querci (bassista). Nel 2009 e 2010 gli ultimi due nuovi arrivi: Susanna Villani (cantante) nipote di un socio e Paolo Giannoni (fisarmonicista e clarinettista) socio Rotary Club.


CARNEVALE D’AUTORE 2010 Il 14 febbraio ha segnato la conclusione della manifestazione a Santa Croce sull’Arno (PI) “Carnevale d’Autore 2010” con la designazione dei vincitori. Una giornata ricca di aspettative per i gruppi che ogni anno con trepidazione e speranza attendono il risultato. Ogni gruppo si mobilita e per tutto l’anno realizzaza i costumi ricercando materiali innovativi e temi nuovi: maschere uniche, colorate, ricamate e soprattutto creative. Ogni anno lascia sempre qualche deluso e amareggiato, ma nonostante tutto anche la sconfitta può stimolare nuovamente la voglia di vincere l’anno successivo. Fra le targhe per i costumi più belli c’è un premio riservato al costume in pelle “Pelleidea”. Per questa edizione la rivista Reality Magazine ha consegnato la targa al costume vincitore e un riconoscimento alle altre maschere con opere realizzate in pelle. Il materiale è stato fornito da varie aziende del comprensorio e la creazione, anche per questa edizione, è stata di Maria Chiara Marcori. Romano Masoni, per l’edizione 2010, ha realizzato un’incisione dedicata ai personaggi storici del Carnevale d’Autore. Gruppo vincente 2010 La Nuova Luna

Pelleidea 2010 La doppia curva pericolosa Gruppo La Lupa (Elisa Pieragnoli)

Maschera Buffa 2010 Scimmietta non caoo Gruppo Il Nuovo Astro (Federico Ciabattini)

Carnevale di Domani 2010 Bozzolo Gruppo La Nuova Luna

Maschera Carnevale d’autore 2010 Il computer Gruppo Gli Spensierati (Vittoria Rosati)

Maschera ecologica 2010 Corto circuito Gruppo Gli Spensierati (Monica Nacci)


Iniziamo a correre! Il tre gennaio a Santa Croce sull’Arno si sono ritrovate migliaia di persone amanti della corsa. La podistica Gli Spensierati organizza da diversi anni la “Maratonina del carnevale”, che apre il calendario sportivo delle Tre Province, di Lucca e di Pisa, corsa che si articola in percorsi diversificati che vanno da 3 - 7 - 14 - 30 km. Una maratona che attraversa bellissimi paesaggi collinari e boschi ricchi di repentini saliscendi; lungo i vari percorsi vi sono ristori che accolgono i corridori con bevande calde e gustose merende. I podisti al loro arrivo, per riprendere l’energie perse, trovano un grandissimo buffet: da gustose salsicce e pane abbrustolito, a dolci di vari qualità. Inoltre premi per tutte le società partecipanti. Voglia di correre o anche camminare a contatto con la natura per avvicinarsi sempre di più al vivere in maniera sana, combattere lo stress che abitualmente ci accompagna nel nostro percorso quotidiano. Gli Spensierati vi aspettano per correre insieme a loro.


apori sotto il segno dei Pesci di Federica Farini

U

na piacevole alternanza fra brezze di terra e brezze di mare accarezza il paesaggio natale del Vermentino, vino dai tratti toscani, influenzato dalla prossimità del mare e dalle caratteristiche alluvionali dei terreni dove viene prodotto. La fertilità della terra si sposa con l’elemento acqua, essenza del segno zodiacale dei Pesci, governato dal pianeta Nettuno, dio del mare e simbolo degli abissi e delle profondità dell’inconscio umano. Acqua come il mare e i laghi che incorniciano la tenuta del Prelius, nome dell’antico lago costiero che al tempo degli Etruschi era al centro di un fiorente insediamento tra Castiglione della Pescaia e il promontorio dell’Argentario, separato dal mare da una stretta lingua sabbiosa dove ora si estende la suggestiva pineta grossetana. Il segno zodiacale dei Pesci si irradia nel frutto di questi territori: il Vermentino. La leggenda vuole che per sviluppare i suoi aromi, tipici di frutta fresca, questo vino debba “vedere e sentire il mare”, proprio come accade nella scenografica prospettiva dell’arcipelago toscano. Il sognatore e romantico Pesci trova nel Vermentino l’espressione della sua personalità luminosa e fragrante, come il suo sapore fresco, dalle note di pesca bianca, ananas e mela, accompagnato da profumi floreali di un bouquet elegante. Un vino che regala pace e quiete perché si fa sorseggiare da solo o in compagnia, come i Pesci, a volte volutamente solitari, bisognosi dei loro spazi per scrivere, per dipingere o per fantasticare. In cucina il Pesci è un cuoco-artista che si affida all’estro ed alla creatività per dare vita a piatti originali. Ama la delicatezza, i cibi morbidi e semplici, ma al tempo stesso originali e frizzanti. Come il simbolo che lo rappresenta, questo segno apprezza il pesce, cibo intelligente per definizione, ricco di nutrimento (omega tre e fosforo), sano per eccellenza, leggero e digeribile. La Toscana gli regala una ricetta perfetta, i filetti di sogliola alla fiorentina. Buon appetito a tutti, Pesci e non!

PER 4 PERSONE Mondare 500 g di spinaci, lavarli e farli cuocere per pochi minuti con un pizzico di sale, sgocciolarli e passarli in 30 g di burro. In una pirofila mettete 40 g di burro, i filetti di 2 sogliole da 400 g, versare 1 bicchiere di vino bianco secco, salare, pepare e infornare a calore moderato per circa 1/4 d’ora. Sgocciolare i filetti e ridurre il liquido di cottura a 2 cucchiaiate. Preparate la salsa Mornay: sciogliere in una casseruola 50 g di burro con 50 g di farina, versare mezzo litro di latte caldo in una volta sola, aggiungere sale, pepe, noce moscata e lasciate cuocere mescolando per 10-15 minuti. Unire il liquido di cottura della sogliole, qualche cucchiaio di panna liquida, 2 tuorli d’uova sbattuti e 50 g di groviera grattugiato. Tenere la salsa sul fuoco pochi minuti. Disporre gli spinaci in una pirofila unta, sovrapporre i filetti di sogliola, versare la salsa Mornay e cospargere di parmigiano grattugiato. Infornare fino a scorgere una crosta dorata in superficie.


Giacinto È

fiore dell’amore e della gelosia di Paolo Pianigiani Ovidio, nelle sue Metamorfosi, che ci racconta la storia di questo bellissimo fiore. Apollo, principe delle Muse, s’invaghì della bellezza di un giovane della Laconia. Giacinto, questo era il suo nome, era figlio di Amicla, re di Sparta. Il dio e il giovane stavano sempre insieme, sia quando andavano a caccia, sia confrontandosi nelle attività sportive. E di Giacinto si era innamorato perdutamente anche il vento di primavera, Zefiro, che seguiva i due amanti come un’ombra, covando nel profondo del suo cuore la gelosia. Un giorno, nei pressi del fiume Eurota, Giacinto sfidò il dio a lanciare il disco. Apollo ci mise tutta la sua forza divina, lanciando nell’infinito … Ma Zefiro, usando il suo respiro, deviò il disco, che cadde proprio sulla tempia del giovane, uccidendolo. Apollo, chinatosi disperato, non riuscì con nessuno dei suoi poteri a ridare la vita all’amico. Non gli rimase che trasformare il sangue rosso che gli usciva dalla ferita nel fiore, che porta il suo nome, il giacinto. In botanica questo fiore è una bulbosa ed è coltivata nei giardini e nelle case; ha fiori di vari colori: giallo, turchino, rosso, violetto, che si disperdono tutti nelle loro mille sfumature e varianti. Il profumo è intenso, penetrante, a volte può essere troppo forte, tanto da risultare dannoso. In antico gli si attribuivano proprietà venefiche. Originario dalle terre d’oriente, non si sa quando sia giunto in Europa. Inizialmente era un fiore selvatico e solo verso il 1500 si iniziò la sua coltivazione. Si ha notizia che nel 1688, a Firenze, i Medici ne importarono alcuni bulbi dall’Olanda, per i loro meravigliosi giardini. Esistono oggi circa 2800 varietà di giacinti. I significati attribuiti al fiore sono diversi e dipendono dal colore: GIACINTO blu GIACINTO giallo GIACINTO rosso GIACINTO bianco

Costanza e fedeltà nell’amore Gelosia Amore profondo e disperato Discrezione nei sentimenti, purezza d’animo

Ma il giacinto è anche simbolo di gioco e divertimento, a ricordare la voglia di vivere del giovane spartano, ucciso dalla gelosia di un vento, folle d’amore non ricambiato.

In alto: Giambattista Tiepolo, La morte di Giacinto, 1752-1753


© Foto Alena Fialová


Miti e Leggende

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emetra, dea delle messi, aveva una figlia di nome Core. Un giorno, Core mentre raccoglieva fiori, vide la terra aprirsi sotto ai suoi piedi e da essa uscì Ade, re dell’Oltretomba, sopra ad un carro trainato da quattro cavalli neri come la pece. Ade si era innamorato della fanciulla e, per questo era uscito dal suo nero regno per portarsela via con sé. Le grida di disperazione di Core si udivano ancora nell’aria,ma ormai essa era dentro la voragine,rapita dal feroce Ade. Demetra in quel istante sentì le urla e dopo essersi vestita a lutto cominciò a vagare in cerca di Core. Vagò nove giorni e nove notti senza ottenere nulla e alla fine si recò da Elio, il sole, che aveva visto tutto quello che era successo.”Demetra, non cercare Core” disse ed aggiunse: “Tua figlia ora é la sposa di Ade ed il suo nuovo nome é Persefone”. Udite queste parole, Demetra, che era la più mite degli dei, emise un urlo talmente forte che di colpo tutti i fiori e le piante smisero di crescere. Dopo poco tempo la terra diventò un deserto e nulla valse la supplica degli dei... Demetra non si placò.Allora Zeus, ordinò ad Ade di riportare la fanciulla sulla terra, purché non avesse ancora mangiato il cibo dei morti. Persefone aveva ingerito solamente sei semi di melagrana,portati dal giardiniere Ascolaphus e così Ade dovette rassegnarsi. Appena giunse sulla terra, la fanciulla corse subito ad riabbracciare la madre Demetra che, immediatamente cessò la sua collera facendo tornare la terra verde e piena di fiori. Zeus, allora, si avvicinò a Persefone, e le disse che ogni anno sarebbe dovuta rientrare nell’Oltretomba per sei mesi come sposa di Ade e, per ogni seme che aveva mangiato ci sarebbe stato un mese d’inverno. Gli altri sei mesi, ossia la primavera e l’estate, Persefone sarebbe tornata al mondo dei Vivi vicino a sua madre Demetra.

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