2009_02_04

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opinioni commenti lettere proteste giudizi proposte suggerimenti blog L’OCCHIO DEL MONDO - Le opinioni della stampa internazionale

dal ”New York Times” del 03/02/2009

Le urne irachene battono Teheran di John Bolton a vittoria delle elezioni amministrative in Iraq, è una sconfitta per l’Iran. Il turno elettorale che si è svolto in maniera pacifica, la scorsa settimana, è stato un grande successo per l’Iraq e per gli Stati Uniti, anche se non c’è stata una grande copertura mediatica sull’evento. Questo appuntamento con le urne servirà anche per ridefinire il ruolo di Teheran a livello regionale. I critici della guerra irachena affermano che la caduta di Saddam Hussein, nel 2003, abbia rafforzato la posizione iraniana. Se avessimo lasciato Saddam al potere, sostiene questa corrente di pensiero, l’Iran oggi non sarebbe una minaccia globale. È una tesi assolutamente sbagliata. Ben prima che l’America cacciasse Saddam, Teheran sosteneva le organizzazioni terroristiche come Hezbollah in Libano e Hamas, a Gaza e nel West Bank. Cercando di conquistare l’egemonia politica in Paesi come Siria e Libano ed era da lungo tempo nei suoi piani segreti la costruzione di testate nucleari che avrebbero armato i missili strategici. Dopo l’arresto del dittatore iracheno e la sua condanna a morte, l’Iran ha certamente aumentato la presa e gli sforzi per metter il proprio marchio sulla comunità sciita in Iraq.

L

Il successo di queste elezioni creerà sicuramente dei problemi, ritardando il progetto iraniano. Hussein giustificava il suo regime – e la politica di acquisizione di armi di distruzione di massa - in nome della guerra contro l’Iran per proteggere il mondo arabo. Le critiche che vengono da Occidente, sulla defenestrazione di Saddam, non fanno che ripetere a pappagallo le tesi di un tiranno.

Sicuramente un altro governo iracheno avrebbe sostenuto la causa araba, senza invadere il Kuwait e neppure usando armi chimiche contro propri cittadini. Le elezioni provinciali irachene stanno realmente indebolendo l’azione dell’Iran. Primo, perché non sono state interamente dominate dal voto degli sciiti. Dopo aver sostanzialmente boicottato le elezioni politiche del 2005, i sunniti hanno votato in gran numero, sabato scorso. Molti di loro hanno capito quanto la loro assenza elettorale sia stato un errore.

Se dovessero dar seguito a questa tendenza, anche durante la tornata politica in programma a fine anno, allora il quadro politico, nel futuro Parlamento iracheno, ne uscirebbe sostanzialmente cambiato. Inoltre è improbabile pensare che l’Iran regga la “mala parata”tra gli sciiti iracheni. Come vorrebbe invece una visione che da troppo credito alla propaganda iraniana e troppo poco al buon senso degli sciiti. Ora dovranno decidere se sia meglio prendere ordini dai mullah di Teheran o eleggere direttamente i propri rappresentanti a Baghdad. A dispetto del successo di questo ricorso al voto amministrativo, non necessariamente la violenza di origine religiosa ed etnica avrà termine. Le elezioni non porranno fine neanche alle ambizioni dell’Iran. L’impressione è che a Teheran siano convinti che la loro influenza nella regione stia crescendo e che, sia gli Stati vicini che l’America abbiano fallito nel perseguire la loro politica di conte-

nimento. Una convinzione che non sorprende, visto l’approccio dialogante che ha assunto la nuova amministrazione di Obama. Tuttavia, le elezioni potrebbero impressionare profondamente l’opinione pubblica iraniana e quella del suo Paese vassallo, la Siria. I giovani iraniani, ben educati e dall’approccio sofisticato, stanchi dell’ortodossia religiosa e dei fallimenti in campo economico della rivoluzione khomeinista del 1979, potrebbero trarre delle conclusioni, di fronte al processo pacifico e democratico avvenuto in Iraq.

Ci sarà sicuramente del disagio, da parte di alcuni appartenenti alla sinistra americana, nell’ammettere che il «surge» (la politica militare Usa del gen. Petraeus in Iraq, ndr) continui a funzionare, da un punto di vista sia politico che militare. Per l’amministrazione di Barack Obama sembra sia giunto il momento di ammettere ciò che veramente significano quelle dita intinte nell’inchiostro viola (è il modo in cui si attesta l’avvenuta votazione, ndr): un trionfo per la democrazia.

L’IMMAGINE

Sarebbe bello avere una lista unica per tutte le componenti del Ppe Capisco male la “giustezza”di uno sbarramento per il Parlamento europeo. Lo vedo anzi come un impoverimento e una limitazione al dibattito, utile solo ad un assediato Veltroni che, pur di evitare una possibile figuraccia a giugno, di patti Faustiani ne farebbe non so quanti. Anche il Cavaliere ci spizzicherebbe un po’, ma è talmente in vantaggio... Io ho, però, da uomo “liberal-popolare”, un’aspirazione: riuscire ad avere una lista unica per tutte le componenti del Ppe. Non credo ragionevole andare divisi cercando motivazioni da “spacco il capello in quattro”e ho letto con piacere quanto scritto da Irene Trentin nell’intervista a Mario Mauro del 31 gennaio.Viene da pensare che eventuali ostacoli potrebbero essere più di natura personale che altro, a meno che non ci siano sotterranee guerre di potere disonorevoli per chi aspiri al governo del Paese. Oggi vorrei essere un mattone per ricostruire un’amicizia che prescinda dal Premier; questi, si sa, vanno e vengono, le affinità culturali e storiche che portano a sognare le stesse cose restano.

Dino Mazzoleni

NON OCCORRE ESSERE ADAM SMITH

DI PIETRO NON È UNO SPROVVEDUTO

Se guardiamo il Tg3 Rai dovremmo decidere tutti di tagliare ogni spesa superflua come sigarette, caffè al bar, cinema, teatro, perché spaventati da una crisi economica che le tv di sinistra cercano di accreditare come sconvolgente, tragica e inarrestabile. Non occorre essere un Adam Smith per sapere che se chi può mantenere le stesse abitudini di spesa, contribuisce a sostenere l’economia e quindi anche l’occupazione. Al contrario, spaventando tutti i consumatori, altro non si fa che aggravare la crisi. Quando metteranno giudizio i lavoratori che votano ancora per questa sinistra affamata di potere per il potere?

Di Di Pietro si può pensare tutto fuorché sia uno sprovveduto. Egli ha modificato la politica italiana da magistrato, pensa di avere un destino per guidarla. A danno soprattutto del Pd e di Veltroni, che ha commesso l’imprudenza di introdurre la volpe nel pollaio concedendo all’Italia dei Valori l’apparentamento a sinistra.

R. Alibeni

Lettera firmata

AMBIENTALISMO E PORTAFOGLIO Auto ecologiche ce ne sono già in vendita. Ma chi le compra? Ho parenti e amici verdi fin sopra i capelli ma seguitano a scorazzare su e giù a bordo di automobili col motore a scoppio, non elettrico o ad altra energia alternativa.

Cameriere, ho una larva nel piatto! C’è chi guardando questa larva d’ortottero si lecca i baffi. E la pregusta bollita, ripiena o intinta nel cioccolato. Non stiamo parlando di un cuoco cinese o africano ma di un insospettabile chef belga, che alla cucina di questi e altri animaletti ha dedicato anche un libro di ricette. Prelibatezze come bignè di grilli e cavallette fritte spopolano già sui tavoli di feste e pranzi di nozze

E questa perché l’ambientalismo è una gran bella cosa ma lo è anche il portafogli e le automobili ecologicamente corrette costano un occhio della testa.

Nicoletta Parini

L’ANNO (GIUDIZIARIO) CHE VERRÀ Non solo i processi in Italia sono troppo lenti, ma una volta giunti

al verdetto, dopo svariati anni, rendere esecutivo l’atto non è sempre una cosa diretta e rapida. Ogni volta che si apre l’anno giudiziario la cosa viene ripetuta dagli addetti ai lavori, e poi viene puntualmente disattesa, insieme a tutti i problemi che vertono la giustizia. A questo punto, e con stretto riferimento alla questione

delle intercettazioni, le parole del ministro Angelino Alfano: «smetterla con gogne mediatiche», sono opportune, perché anche un buon provvedimento nella sua esagerazione può portare all’oppressione del cittadino ed alla confusione nella certezza del discernere.

Bruno Russo


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