Inaugurazione Anno Accademico 2017/18

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Inaugurazione 2017|18

Anno Accademico



Inaugurazione Anno Accademico 2017|18 Salone dei Cinquecento Palazzo Vecchio | Firenze


Inaugurazione Anno Accademico 2017|18 programma della giornata


Relazione del Rettore Luigi Dei Francesco Grazzini

Rappresentante degli studenti

Christiane Büchel

Rappresentante del personale tecnico amministrativo e collaboratori ed esperti linguistici

Prolusione Dania Marabissi

Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Telecomunicazioni: passato, presente e futuro

Coro dell’Ateneo

Diretto dal Maestro Patrizio Paoli Z. Randall Stroope, Caritas et amor Wolfgang Amadeus Mozart, Lacrimosa Thomas Tallis, If ye love me Morten Lauridsen, Dirait-on Leonard Cohen, Halleujah U2, MLK


Luigi Dei

Rettore Università degli Studi di Firenze

Relazione Inaugurazione Anno Accademico 2017|2018

Autorità civili, militari, religiose, Magnifiche Rettrici, Magnifici Rettori, Colleghe e Colleghi, Studentesse e Studenti, Signore e Signori, sono felice di porgere un caloroso benvenuto a tutte e tutti per la cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico 2017/2018. Grazie al Sindaco Dario Nardella per l’ospitalità in questa meravigliosa cornice: è ulteriore riprova di un legame forte e importante fra la città e la sua Università. Ringrazio Dario anche per le belle parole di saluto che ha voluto rivolgerci. L’inaugurazione dell’anno accademico di un’università deve essere momento di riflessione riguardo al contesto nazionale e internazionale in cui ci troviamo a esercitare il complesso mestiere di formatori e ricercatori.

Gli anni che stiamo vivendo a me pare evidenzino una crisi profonda delle democrazie occidentali, che appaiono confuse e tardano a individuare nuove mappe che aiutino a raccapezzarsi in un mondo diventato più largo – ma reso più stretto e piccolo dalle rivoluzioni tecnologiche – dove sette miliardi di abitanti premono per chiedere il loro legittimo posto a tavola.


Sono venuti meno riferimenti ideali e pensiero positivo, quali stella polare ed elemento aggregante per un consenso radicato e non estemporaneo. Non mi sembra esista una visione del futuro, anche utopica, su cui convogliare aspirazioni e inquietudini, un’idea di società più evoluta e giusta che possa fornire risposte alle tante diseguaglianze economiche, sociali e culturali, sempre più invasive. Le classi sociali diventano più frastagliate e squilibrate; la classe media, costola forte dello sviluppo economico del secondo dopoguerra, appare infragilita e impoverita; i processi di globalizzazione spesso incontrollabili. La politica sembra smarrita nella sua azione di contenimento dei grandi poteri sovranazionali. Ne consegue un profondo senso di spaesamento, grande instabilità, malessere diffuso, difficilmente incanalabile verso prospettive di realistica ascesa sociale. L’homo societatis, faticosamente costruito sulle macerie delle tragedie del secolo breve, sembra disgregarsi proprio nel momento in cui le grandi utopie di ascesa sociale dovrebbero trovare nuovo vigore per garantire la loro estensione ai nuovi arrivati. Così inizia a riemergere il mai domo homo biologicus, che compete accanitamente per la sua sopravvivenza e per quella della sua prole, assecondato dall’illusione

homo societatis versus homo biologicus


Luigi Dei Relazione

di un mondo aperto, in grado di produrre ricchezza e benessere per tutti, in accordo a un taumaturgico meccanismo auto-regolativo che ha emarginato parole – il cui recupero diventa urgente – quali solidarietà, cooperazione, collaborazione. L’icona di un’economia anch’essa “biologica” non offre spazi alle mediazioni e fonda tutto sulla competizione. L’homo biologicus sa come reagire alla folla delle masse che premono alla tavola imbandita: mors tua vita mea. Mentre la complessità cresce esponenzialmente, non altrettanto il pensiero innovativo che da sempre si sviluppa nelle biblioteche e nelle università. Si creano così le condizioni perché si affermino drammaticamente, nelle menti disorientate di milioni d’individui, soluzioni semplici: razzismi, arroccamenti nazionalistici, separazioni e secessioni, Brexit.

Ecco allora la grande sfida per le università: individuare spiragli da illuminare con forza e convinzione. Il sapere, la conoscenza, la ricerca incessante, la grande forza del pensiero creativo possono e debbono trovare grimaldelli concettuali per costruire nuovi modelli economici e di società, utopie del terzo millennio,


a partire da temi quali la sostenibilità, la vivificazione di quella parte di homo societatis che io voglio credere sia nel nostro DNA di homo sapiens, la capacità fantastica che l’uomo ha di adattarsi ed elaborare concetti, idee, paradigmi di pensiero che lo portano a buttare il cuore oltre l’ostacolo e a varcare linee d’orizzonte apparentemente piatte, ma che poi dischiudono nuovi mondi.

Abbiamo il dovere, noi ricercatori del pensiero che esplora l’ignoto, di provarci; sì di tentare, con l’avventura meravigliosa della ricerca, la costruzione di un nuovo modello di sviluppo e di crescita della civiltà umana. Sebbene possa apparire irrealizzabile e improponibile, un sistema diverso di governare le società ad alto contenuto tecnologico deve invece esserci, non può non esserci. Lo dobbiamo scovare: è un dovere civico ed etico dei ricercatori-educatori dell’università. Ho scritto recentemente un decalogo dei “perché” l’università pubblica è fondamentale per un Paese che voglia essere civile e puntare al progresso. Mi piace condividerlo in questa giornata in cui l’università è al centro dell’attenzione.


Luigi Dei Relazione

l’Università pubblica è fondamentale perché lo studio universitario è il seme da cui germinerà gran parte del nostro futuro; perché alcuni giovani vi trascorrono una parte essenziale della loro vita; perché grazie all’università quei giovani che non vi trascorrono una parte della loro vita possano avere un futuro con più diritti e i loro figli possano un domani, invece, frequentarla; perché le ricerche di oggi sono migliori condizioni di vita di domani; perché generando tante culture l’università ci fa scoprire che la cultura è una sola; perché per qualche cattivo maestro non si possono punire tanti bravi maestri; perché l’università può far nascere grandi idee e le grandi idee cambiano il mondo; perché all’università si studia il passato per cambiare il presente e progettare il futuro; perché oggi questo decalogo, volendo, può raggiungere milioni di persone in tempo reale e ciò accade grazie e per merito di biblioteche e laboratori universitari; perchè infine… “sciagurato un Paese che non ha bisogno di università”.


Questa è l’università in cui crediamo, un’istituzione che, come tutte le istituzioni, può avere certamente patologie e morbi da debellare con incisività chirurgica, ma che ha fondamentalmente un corpo sano, costituito da migliaia di persone oneste che lavorano per la crescita dei giovani, della società e della cultura. Un’università che vuole assolutamente valutazione, trasparenza, merito e che s’impegna quotidianamente a far prevalere questi valori in tutte le sue articolazioni, soprattutto istillandoli ai giovani che saranno il nerbo del suo futuro. Per questa università, pronta a renderne conto, reclamiamo investimenti e salutiamo con favore gli impegni delle ultime due leggi di stabilità per il diritto allo studio, per il reclutamento di giovani ricercatori, per la valorizzazione di tutto il personale che arreca il suo contributo per il bene dell’università pubblica. Ma non basta ancora: dobbiamo avere come obiettivo una maggiore percentuale di investimento rispetto al prodotto interno lordo per formazione, ricerca e cultura in senso lato.

Solo allineandoci agli Stati più avanzati potremo riuscire a far crescere il Paese e non solo la sua economia. Il governo ci dia obiettivi precisi, le università individueranno le misure più appropriate per conseguire tali obiettivi, ma deve essere chiaro che per mettere


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in atto queste misure saranno indispensabili investimenti importanti e una drastica semplificazione delle procedure burocratiche. La ricerca ormai si sviluppa su scala planetaria e globale e corre. È velocissima nel suo progresso e di conseguenza le procedure amministrative a essa legate devono semplificarsi, per correre anch’esse. Diritto allo studio e ricerca avanzata richiedono investimenti per borse di studio ed edilizia studentesca, per capitale umano e per infrastrutture quali aule, laboratori, biblioteche. Non possiamo propugnare l’obiettivo dell’incremento del numero di laureati e contemporaneamente essere costretti al numero programmato, a causa delle carenze di risorse umane e infrastrutturali. Non è più accettabile.

Per le società, sempre più pervase dalla conoscenza in ogni loro ganglio, scuola e università saranno i capisaldi su cui potere e dovere costruire il futuro. L’Ateneo fiorentino è pronto a queste grandi sfide, con la grande vitalità delle sue ricerche, con l’esperienza e la guida dei Maestri e il talento prorompente dei giovani allievi, con l’alta professionalità di tutto il suo personale tecnico, amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici, con la freschezza di idee e creatività delle sue studentesse e dei suoi studenti.


Queste sfide, durante gli anni a venire, richiederanno impegno costante nell’ambito di tutte le nostre missioni universitarie da profondere con passione, dedizione e abnegazione. Segnaliamo che oramai da tre anni siamo in crescita nel numero di immatricolati e nel numero di iscrizioni alle lauree di secondo livello, a riprova di un andamento positivo che si riscontra anche a livello nazionale. Pur nelle restrizioni finanziarie, ogni anno l’offerta formativa si evolve, volendo captare segnali dal mercato del lavoro e dall’avanzamento di certe branche del sapere. Sono molto lieto, in tale contesto, di sottolineare che, grazie a una Convenzione con l’Arma dei Carabinieri, è partito a settembre il corso di laurea triennale in scienze giuridiche per la sicurezza che si svolge presso la Scuola Marescialli nel plesso di Castello. Nel frattempo cerchiamo di consolidare la qualità di tutti i corsi di studio con politiche di orientamento e tutoraggio, volte a ridurre abbandoni, velocizzare le carriere, ma fornendo al contempo una preparazione di elevato spessore, al fine di superare storici ritardi rispetto agli altri Paesi europei, circa l’età media di immissione dei laureati nel mercato del lavoro. I risultati ci danno ragione su alcuni parametri, ancora dobbiamo migliorare circa la riduzione dei cosiddetti fuori corso. Abbiamo sviluppato azioni importanti per servizi agli studenti

consolidare la qualità di tutti i corsi di studio


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servizi agli studenti con disabilità con disabilità e ci teniamo a ribadire l’eccezionale valore che attribuiamo, pur lavorando in estrema difficoltà, al nostro Polo Penitenziario di Dogaia a Prato. Sul diritto allo studio siamo stati capaci di varare sistema di un sistema di tassazione considerato fra i più virtuosi tassazione d’Italia, con il voto unanime di Senato e Consiglio virtuoso: equità di Amministrazione: le numerose fasce garantiscocontributiva no equità fiscale, la redistribuzione delle tasse con peso maggiore sui redditi alti consente di conseguire il principio della cosiddetta equità contributiva. Siamo l’Ateneo con una fra le minori tassazioni medie e che riesce, ciononostante, a chiudere bilanci in accrescere utile. Il nostro obiettivo formativo si può riassumere la qualità in due parole: accrescere la qualità media dei giovamedia e ni laureati e valorizzare al massimo l’eccellenza dei valorizzare l’eccellenza talenti. A questo secondo obiettivo stiamo lavorando intensamente in relazione al potenziamento del terzo segmento formativo: i dottorati e le scuole di specializzazione. Abbiamo voluto istituire all’interno dell’Ateneo una nuova struttura: l’Istituto Universitario di Studi Superiori dell’Ateneo Fiorentino, che promuoverà azioni di stimolo, potenziamento e inIstituto ternazionalizzazione del dottorato e delle scuole di Universitario specializzazione. Al suo interno troveranno sede andi Studi che le due Cattedre Unesco che hanno sede presso Superiori dell’Ateneo l’Ateneo fiorentino, quella sui diritti umani e quella Fiorentino sul rischio idrogeologico.


Il dottorato deve diventare un titolo che rappresenti un valore aggiunto per l’assunzione nel settore privato, così come in quello pubblico. Altri Paesi, ben più evoluti, impongono il titolo di dottore di ricerca per incarichi di un certo livello: questa è l’unica strada per una sua reale valorizzazione. Proprio su questo secondo tema abbiamo voluto investire con energia, stimolando i giovani eccellenti che provengano da qualsiasi parte del mondo, con finanziamenti ad hoc per i loro esordi alla ricerca: progetti competitivi destinati solo a ricercatori a tempo determinato, borse di dottorato su temi strategici, assegni di ricerca aggiuntivi grazie a fondamentali collaborazioni con la Fondazione Ente Cassa di Risparmio, e con il Consorzio COOP Italia d’intesa con l’Associazione Italiana per la Ricerca sulla malattia di Alzheimer Onlus. Vorrei ricordare, inoltre, la nostra forte volontà a investire sui giovani: durante l’anno in corso abbiamo espletato 78 concorsi per giovani ricercatori a tempo determinato. Siamo orgogliosi della qualità della ricerca del nostro Ateneo, soprattutto di quella dei neo-assunti, che ci ha posizionato fra gli atenei con il reclutamento migliore, in cui a prevalere è il merito. Stiamo competendo al progetto nazionale dipartimenti eccellenti con ben quattordici dipartimenti su ventiquattro: un risultato davvero di riguardo. La ricerca, con il

trasferimento tecnologico, è il futuro del Paese.

78 concorsi per giovani ricercatori a tempo determinato


Luigi Dei Relazione

Fondamentale è la connessione tra trasferimento tecnologico e ricerca. La ricerca, con il trasferimento tecnologico, è il fu-

rapporto Regione Toscana e Università

turo del Paese: questo deve diventare un obiettivo strategico per l’Italia a lungo termine, senza che vi siano marce indietro, indipendentemente dal segno politico di chi governerà. Ho volutamente legato il tema del trasferimento tecnologico alla ricerca. Questa connessione è fondamentale per fertilizzare le vaste praterie d’interazione con le imprese, col territorio e con le relative istituzioni. Stiamo portando avanti con reciproca, intensa convinzione, insieme alla Regione Toscana, progetti di grande innovazione su questo terreno, basati sull’idea che solo un sistema regionale dell’alta formazione può garantirci la penetrazione capillare delle nostre ricerche avanzate nel tessuto socio-economico e produttivo del territorio. Le mie Colleghe Rettrici o i miei Colleghi Rettori di altre Regioni restano sbalorditi e ammirati del rapporto fecondo e fruttuoso che esiste in Toscana fra la Regione e le sue sette istituzioni universitarie: borse di Dottorato del cosiddetto Progetto Pegaso, Bandi per la ricerca e per il trasferimento tecnologico, iniziative per l’internazionalizzazione, integrazione virtuosa col sistema sanitario regionale. E poi non dimentichiamoci il fondamentale apporto della Regione, con la sua


Azienda per il Diritto allo Studio, per l’erogazione di borse, alloggi, mensa, con livelli qualitativi e quantitativi che ci mettono ai primi posti nel Paese. Abbiamo recentemente aperto la Casa dello Studente al Polo Scientifico Tecnologico di Sesto Fiorentino con quasi cento posti letto. E sempre nell’ottica di un sistema regionale dell’alta formazione, lavoriamo intensamente fra atenei e scuole di eccellenza per percorsi formativi comuni. Oltre al già citato Progetto Pegaso per il Dottorato, nell’anno accademico 2018/2019 partiranno i corsi di studio nelle scienze sociali, in collaborazione fra la nostra università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola Superiore Sant’Anna. Il rapporto col territorio non si esaurisce certo nel trasferimento di conoscenza, si concretizza anche con azioni di orientamento in uscita per i nostri laureandi e laureati. Su questo fronte abbiamo avuto risultati impressionanti nelle due ultime edizioni del Career Day, destinato alle carriere professionali del post-laurea. La partecipazione delle aziende e degli studenti è così cresciuta che dall’anno prossimo saremo costretti a cambiare sede: dal teatro Obi Hall allo spazio della Leopolda. È un bellissimo segnale che le aziende chiedano di avere questo scambio diretto con i nostri studenti e che gli studenti rispondano così attivamente: questo accade grazie alla feconda sinergia con Confindustria e Camera di Commercio.

Casa dello Studente al Polo di Sesto

corsi in collaborazione con la Scuola Normale Superiore e la Scuola Superiore Sant’Anna

Career-Day e relazioni in crescita con le aziende


Luigi Dei Relazione

L’università sta cambiando, sta mettendo radici in terre fino a oggi meno seminate: abbia fiducia il territorio con le sue strutture produttive nei nostri giovani, nelle loro competenze, nel loro sapere faticosamente acquisito nelle biblioteche, nei laboratori, nelle aziende ospedaliero-universitarie. Proprio in queste aziende, Careggi e Meyer, l’università offre il suo contributo con le tre inscindibili funzioni dei suoi professori e ricercatori: didattica, ricerca e attività assistenziale. Sono molto felice per protocollo di il recente accordo sul Protocollo d’Intesa fra le uniintesa con le Università di versità di Pisa, Siena e Firenze e la Regione Toscana Pisa, Siena, teso a concordare il ruolo delle università non solo e Regione nelle aziende, ma più in generale nelle tre grandi Toscana aree vaste e nel sistema sanitario regionale. Un risultato straordinario che ci pone sicuramente all’avanguardia in Italia, anch’esso frutto di una eccellente e feconda sinergia con la Regione Toscana. Il Protocollo apre spazi di grande rilevanza che pongono al centro la qualità dell’assistenza sanitaria in un contesto d’integrazione fra ospedali e università: la ricerca universitaria e la formazione dei medici del domani sono imprescindibile punto di riferimento per costruire una sanità toscana sempre in costante miglioramento.


Internazionalizzazione: obiettivo trasversale di ogni nostra attività. Tutto questo assume ancora più senso in un contesto di sempre maggiore apertura verso il mondo: in una parola internazionalizzazione. È un tema e un obiettivo ormai trasversale a ogni nostra attività; è, se vogliamo, il tema del nostro tempo, di un’epoca in cui il mondo è, con le sue terribili contraddizioni e ingiustizie sociali, sempre più piccolo e a portata di “clic”. Molto è stato fatto e stiamo facendo per rendere più internazionale il nostro Ateneo. La mobilità degli studenti in entrata e in uscita, non solo nell’Europa unita, ma anche, dall’anno appena concluso, fuori dalla Comunità; il regolamento per i professori stranieri in visita recentemente approvato; le iniziative in collaborazione con l’Agenzia Italiana per la Collaborazione allo Sviluppo; i corsi di studio in lingua inglese e i corsi di studio a doppio titolo o titolo congiunto con eccellenti università europee; la collaborazione formalizzata con il British Institute e l’Institut Français, nonché l’accordo ormai in vigore da oltre tre anni col Servizio Tedesco per lo Scambio Accademico; i rapporti sempre più stretti e fecondi con le università statunitensi sul nostro territorio e con l’Università Tongji di Shanghai; infine, la sempre più stretta integrazione, secondo obiettivi comuni e condivisi, fra

mobilità degli studenti in entrata e in uscita

corsi di studio in inglese e corsi di studio a doppio titolo

collaborazioni con British Institute, Istitut Français, Servizio tedesco per lo Scambio Accademico, Tongji University


Luigi Dei Relazione

Centro Linguistico d’Ateneo, Centro di Cultura per Stranieri e Istituto Confucio. Internazionalizzazione richiede anche grande forza comunicativa per veicolare nel mondo chi siamo, cosa facciamo, come lavoriamo per il bene della ricerca, della formazione e della cultura universale.

La comunicazione, insieme all’internazionalizzazione è l’altro grande asse trasversale a tutte le nostre attività.

Lectio Magistralis in Aula Magna inaugura 81° Maggio Fiorentino

È importante la comunicazione interna, così come quella verso l’esterno. Stiamo profondendo un impegno di eccezionale intensità per rafforzare questo processo. L’Ateneo deve avere la giusta aspirazione ad attrarre gli individui sulla via del sapere e del progresso, oltre che essere luogo di ricerca e studio. Un Ateneo al centro della città e che catturi l’attenzione del mondo, punto di riferimento e di sinergico dialogo anche per tutte le altre istituzioni culturali: annuncio con grande gioia che l’ottantunesimo Maggio Musicale Fiorentino si inaugurerà sabato 5 maggio 2018 alle undici del mattino con una Lectio Magistralis sul tema della creatività artistica nei regimi totalitari nella nostra Aula Magna e colgo l’occasione per ringraziare il Soprintendente Cristiano Chiarot per l’opportunità offerta.


Abbiamo deciso di offrire per l’anno che viene un florilegio di iniziative aperte alla cittadinanza per celebrare ben cinque ricorrenze di grande significato per l’università: cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, cento anni dalla nascita di Nelson Mandela, ottanta anni dalle Leggi Razziali, settanta anni dalla Costituzione e, infine, cinquanta anni dal 1968, la data che segna per noi, oltre a tante significative e importanti altre valenze, il passaggio dall’università d’élite a quella di massa. Il nostro agire richiede anche infrastrutture in grado di fornire adeguata ospitalità alle nostre attività per consentire loro di svolgersi a livelli elevati di qualità. Lavoriamo con zelo anche su questo fronte: il progetto grande Biblioteca Umanistica di piazza Brunelleschi procede, inaugureremo a breve i locali ex-Convento Orbatello via della Pergola per il Dipartimento di Lettere e Filosofia, abbiamo inaugurato circa sei mesi fa la bellissima struttura per Architettura nell’ex-Carcere di Santa Teresa in via della Mattonaia, abbiamo collaborato al progetto del Campus per la formazione in campo pediatrico col Meyer, procederemo alla edificazione di un nuovo plesso aule per l’area biomedica nell’ambito di un progetto integrato con Careggi e Regione Toscana e stiamo ragionando di un piano di fattibilità per l’insediamento di Agraria al Polo di Sesto Fiorentino, dove, per altro, grazie a un accordo fra l’Ateneo, i Comuni di Sesto

Biblioteca Umanistica ex Convento Orbatello Santa Teresa Meyer Campus

Agraria a Sesto


Luigi Dei Relazione

Fiorentino e Campi Bisenzio, la Città Metropolitana, la Regione Toscana e la Eli Lilly, sorgerà entro il 2021 il nuovo Liceo Agnoletti e un nuovo plesso aule per i nostri studenti.

Università deve essere anche punto di riferimento per azioni di educazione civica. Ma l’università, come detto, deve essere anche punto di riferimento per azioni di educazione civica: il gruppo Ateneo sostenibile, da me costituito, ha già realizzato e sta progettando iniziative di grande inciFontanelli sività. Fontanelli in collaborazione con Publiacqua per annullare l’uso di acqua minerale in bottiglie di Orti urbani plastica, orti urbani in collaborazione con l’Azienda per il Diritto allo Studio, un portale web con informazioni per la cittadinanza, un progetto da avviare Raccolta con Alia per la sensibilizzazione sulla raccolta diffedifferenziata renziata, l’istituzione di un premio per la sostenibilità dal titolo provvisorio Salomone verde. Fatemi concludere ricordando ciò che ho detto un mese e mezzo fa in questo medesimo Salone alle matricole del nostro Ateneo. Li ho invitati a iniziare il viaggio universitario verso conoscenza e competenze con tre parole d’ordine.


Tre parole d’ordine per gli studenti che iniziano il percorso universitario. La prima è sorriso anche se si addensa qualche nuvola nel cielo, sorriso in un momento in cui potrebbero avvertire timori per il cammino incognito o paura di sorriso non farcela, sorriso perché, come cantano i versi di “Smile” di Charlie Chaplin, questo è il momento in cui bisogna partire e continuare a provare. La seconda è cambiamento, perché esso è alla base cambiamento del progresso e della capacità che l’uomo ha di superare gli ostacoli. E per cambiare bisogna affinare lo spirito autocritico e l’inquietudine di mettersi spesso in discussione. In questi anni universitari i giovani di oggi, quasi senza accorgersene, costruiranno le donne e gli uomini che poi saranno. Questo bellissimo processo avverrà lentamente e accadrà che durante il percorso si fortificheranno non solo competenze e conoscenze, ma anche e soprattutto valori: amicizia, solidarietà, condivisione, dignità, libertà del pensiero, giustizia sociale, rispetto degli altri, di tutti gli altri senza distinzione alcuna, capacità di comprendere chi non la pensa come noi, tolleranza e infine consapevolezza di appartenere a una schiera, ahimè ancora minoritaria, di privilegiati cui è garantito l’accesso allo studio, purtroppo ancor oggi per molti un ponti miraggio. La terza, infine, non vi sorprenda, è ponti. Sì, ponti per abbattere muri, il tema a cui dedicheremo, in collaborazione con il Teatro della Compagnia, il Concerto di Natale con la nostra Orchestra e il nostro Coro.


Luigi Dei Relazione

L’università come luogo d’incontro, di dialogo, di confronto, di discussione, anche di litigiosità dialettica, ma essenzialmente spazio in cui si costruiscono ponti e si lanciano corde per darsi una mano l’un con l’altro. L’università è per definizione l’opposto: è luogo d’incontro, di dialogo, di confronto, di discussione, anche di litigiosità dialettica, ma essenzialmente spazio in cui si costruiscono ponti e si lanciano corde per darsi una mano l’un con l’altro. Bisogna essere ostinati e perseveranti nel costruire questi ponti, dobbiamo guardare verso l’orizzonte lontano e non verso le punte delle nostre scarpe. Oggi abbiamo cinquantamila studenti e noi dobbiamo aiutarli a diventare cittadini adulti di un mondo aperto e dialogante. E come ultimo appello li ho esortati a ricordare sempre le parole di una canzone: se qualcuno vi prenderà in giro mentre andrete alla ricerca di un’isola utopica che lui dice non c’è, voi non datevi mai per vinti e continuate a cercarla. Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino, poi la strada la troverete da voi, porta all’isola che, a differenza di quel che sostiene Bennato, c’è, ci deve per forza essere e proprio da questa meravigliosa isola,


dichiaro aperto l’Anno Accademico 2017-2018.


Francesco Grazzini

Rappresentante degli studenti

Inaugurazione Anno Accademico 2017|2018

Magnifico Rettore, Eminenza Reverendissima, Signor Sindaco, Sono felice, oltre che sinceramente emozionato, di Autorità tutte poter intervenire in questa cerimonia, in rappresenqui presenti, tanza dei cinquantamila studenti iscritti all’Università Cari colleghi studenti di Firenze. Da fiorentino e studente di Scienze Politiche poi, prendere la parola nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, mi emoziona ancor di più.

Voglio partire dalla scelta. La scelta che ognuno di noi studenti ha fatto iscrivendosi a questo Ateneo. Io stesso, soltanto qualche mese fa, ho nuovamente deciso di rimanere a Firenze per fare la Magistrale, sulla base di una intuizione positiva, scaturita in questi anni trascorsi qua. E l’occasione che mi è data oggi, di poter rivolgere questo discorso all’intera comunità accademica, vuole essere un tentativo di trasmettervi, attraverso alcuni esempi concreti, che cosa, da studente e da rappresentante degli studenti, mi entusiasma e mi appassiona del vivere l’Università.


Penso innanzitutto alla possibilità che c’è nel rapporto tra studente e professore. Nessuno di noi sarà stimolato dalle pagine che studia se chi gliele spiega non è appassionato lui stesso per primo. Cerchiamo lo sguardo di veri e propri maestri, che ci aiutino a rafforzare l’intuizione che abbiamo avuto scegliendo un determinato corso di studio.

Cari docenti, solo prendendo sul serio le nostre passioni, i nostri interessi e le nostre attese ci permetterete di vivere il percorso universitario non con l’impazienza della fine, ma come un’avventura della conoscenza. È anche a partire da questi rapporti che cresce il desiderio di approfondire le nostre passioni e rendere concreto quello che studiamo, attraverso la possibilità che l’Università ci offre con le iniziative finanziate. Solo negli ultimi due anni abbiamo potuto incontrare illustri esponenti di ogni scienza e disciplina, (attraverso convegni, workshop o viaggi nelle loro sedi). Per citarne solo alcuni, Paolo Grossi, Presidente della Corte Costituzionale, a Giurisprudenza, Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati, ad Ingegneria o Antonio Natali, già Direttore della Galleria degli Uffizi, a Storia dell’Arte. In questi anni quindi, ho avuto modo di conoscere, partecipare e vivere quello che l’Università di Firenze è ed offre. Ne ho osservato le potenzialità, ma an-

incontri illustri attraverso Workshop, convegni e viaggi


Francesco Grazzini Intervento

che le criticità, sulle quali ogni giorno, insieme agli altri studenti che con me si sono impegnati nell’esperienza di rappresentanza, lavoriamo negli organi in cui siamo eletti. Per contribuire a migliorare l’Università e giocarci questi anni non come una parentesi in attesa del “pezzo di carta” che ci farà accedere alla vita vera, ma come anch’essi parte integrante della vita vera!

Credo infatti che l’entusiasmo del vivere l’Università, passi anche dall’affrontare le problematiche che sorgono, in modo sempre costruttivo e mai ideologico. Il fondo di finanziamento ordinario, che si attesta su circa 7 miliardi di euro, non riesce a far fronte a tutte le necessità dell’Università italiana. Malgrado questo, gli sforzi quasi miracolosi di docenti e ricercatori sono stati in grado di mantenere in molti ambiti un alto livello di didattica e ricerca. E ne è una dimostra14 Dipartimenti zione la valutazione ANVUR dei 180 dipartimenti di eccellenza all’interno d’eccellenza, di cui quattordici appartenenti al nodell’Ateneo stro Ateneo. Misure come questa sono passi positiFiorentino vi, ma sicuramente non sufficienti se non diventano strutturali.


Quest’anno, la questione di maggior rilievo che abbiamo affrontato in Senato Accademico, è stata senza dubbio la riforma della tassazione. La quale coglie no tax area alcuni spunti positivi per il diritto allo studio: come l’introduzione della no tax area per gli ISEE sotto i 13.000€, o il concetto di modulazione delle rate in base a criteri di produttività e regolarità negli studi. Ma manca un criterio fondamentale: quello del merito, calcolato con la media dei voti ottenuti. Con il nuovo sistema infatti, i benefici che si ottengono raggiungendo la soglia dei 25 CFU nel tempo previsto, sono gli stessi sia che la media sia del 18 o che sia del 30 e lode.

Riteniamo che sia sì importante incentivare gli studenti a dare esami e a farlo velocemente, ma riteniamo altrettanto importante incentivarli a farlo bene. La borsa “produttività e merito”, abolita nel contesto di questa stessa riforma, era a questo proposito un incentivo veramente efficace ed apprezzato dagli borsa di merito studenti. Per questo ci auguriamo che si possa aprire una nuova finestra di dialogo negli organi, per fare in modo che non sparisca completamente. Cari studenti, dobbiamo essere protagonisti della nostra esperienza in Università. In una società sempre più alla ricerca di un sapere che sia immediatamente spendibile nel mondo del lavoro, la nostra responsabilità è quella di non lasciarci schiacciare da questa dinamica.


Francesco Grazzini Intervento

Dobbiamo avere il coraggio di emergere L’università è per me strumento prezioso di conoscenza e luogo in cui si manifesta con maggior chiarezza il mio posto nel mondo.

Più di un buon voto all’esame, più di un tirocinio retribuito, più della certezza del lavoro, più di tutto, in questi anni c’è la possibilità di crescere, di diventare più consapevoli di chi siamo Concludendo, sono fermamente convinto, perché è stata questa l’esperienza di questi primi mesi in Senato Accademico, che lavorare secondo un sindacalismo di protesta, sottolineando sempre e solo quel che in Università non funziona, non serva a niente. E che anzi, crei un circolo vizioso da cui sconfitta ne esce per prima l’Università stessa. E non è quello che vogliamo. Invece tutto acquista senso se riguarda me. Perché senza di me l’università non c’è.


Crediamo che solo approfondendo la natura di ciò che ancora oggi spinge i ragazzi ad iscriversi all’Università, quell’intuizione positiva sulla vita universitaria, potremo avere un metodo per affrontare produttivamente i problemi che affronteremo, dimostrando che - come abbiamo scritto all’entrata della nostra stanza - la politica nasce dall’amore

per il luogo in cui si vive.


Christiane Büchel

Rappresentante del personale tecnico amministrativo e collaboratori ed esperti linguistici

Einen schönen guten Tag, verehrte Damen und Herren!

Inaugurazione Anno Accademico 2017|2018

Ecco le parole con le quali solitamente apro una lezione: essendo lettrice ho il dovere e privilegio di parlare in aula nella mia lingua madre - come fanno i miei circa 85 colleghi dell’Università di Firenze, quasi 2 mila in tutta l’Italia, che condividono con me il compito istituzionale di avvicinare – tramite l’insegnamento - i nostri studenti ad una ventina di culture e lingue spesso nuove e lontane, e di fornire in tal modo il nostro contributo all‘internazionalizzazione di questo Ateneo dove circa metà di noi insegna nel Centro Linguistico di Ateneo e l’altra metà afferisce al Dipartimento di Lingue, Letterature e Studi interculturali, insegnando nei Corsi di Studio di Lingue, Magnifico di Economia, di Scienze politiche e di Scienze della Rettore, Formazione. Egregi Prorettori care colleghe e cari colleghi È questo il momento in cui di solito parla un rappresentante degli apprezzatissimi colleghi tecnici, amministrativi e bibliotecari, i quali con il loro la-


voro tengono insieme l’organismo complesso dell’università, garantendone il buon funzionamento, nonostante tutte le difficoltà che comportano i sottofinanziamenti ormai da anni, l’esplosione della burocrazia e l’insufficienza delle assunzioni nel reparto dei lavoratori contrattualizzati, comparto che abbraccia anche i collaboratori ed esperti linguistici (ovvero i lettori di madrelingua) dell‘Università degli Studi di Firenze. Vorrei salutare i colleghi negli uffici, nelle biblioteche e nei dipartimenti, i colleghi strutturati ma anche i tanti, troppi colleghi precari e quelli in appalto che spesso lavorano da anni ormai nelle portinerie e nella pulizia, ed esprimere loro la mia gratitudine per il fatto che questa volta ho l’opportunità, in quanto lettore, di svolgere il compito di rappresentare tutto il personale contrattualizzato, una realtà vasta e multiforme. E vorrei esprimere al Magnifico Rettore di questo Ateneo il ringraziamento di tutti i colleghi lettori per averci offerto tale opportunità.

La figura professionale del lettore/CEL di madrelingua è presente nelle università da quasi quattro decenni, ma purtroppo gode di scarsa visibilità nella vita della nostra comunità. In particolare, nel contesto universitario italiano, è sempre stata sottolineata la natura supplementare, aggiuntiva di questa figura, tanto che dal 1994 i letto-


Christiane Büchel Intervento

ri vengono chiamati agli atti “Collaboratori ed esperti linguistici” (CEL), termine che enfatizza ancora una volta il carattere di collaborazione. La realtà lavorativa ci dimostra invece che i lettori/CEL, come i lettori universitari di altri paesi, all’interno delle aule svolgono un’attività d’insegnamento con l’autonomia didattica consona al profilo professionale di insegnanti di ogni genere e grado. Nel 1989 una sentenza della Corte di Giustizia Europea condannò il trattamento discriminatorio nei confronti dei lettori e obbligò le università italiane ad assumerli come lavoratori dipendenti, portatori di diritti, inclusi quelli assistenziali e previdenziali. Nel 1993 un’altra sentenza della Corte di Giustizia costrinse gli atenei ad assumere i lettori con contratti a tempo indeterminato anziché annuali. Aveva prevalso il principio europeo secondo il quale i lavoratori stranieri dovrebbero godere degli stessi diritti e doveri dei lavoratori nazionali.

La legislazione europea aveva allora conferito ai lettori il diritto di cittadinanza negli atenei italiani. Così rimasero europee la figura, l’impostazione e l’operato stesso dei lettori. Senza dubbio le università italiane con le stabilizzazioni dei lettori nel 1993 strinsero legami convenienti e vantaggiosi per il profilo e l’innovazione degli atenei.


1 Per prima cosa si trattava di personale docente in senso lato nella cui formazione l’Italia non ha dovuto investire.

Gran parte dei lettori è arrivata con i titoli di laurea, specializzazioni e anche dottorati scientifici già in tasca, conferiti loro nei rispettivi paesi d’origine, in paesi terzi o in istituzioni dell’Unione Europa.

Loro si erano messi in viaggio con l’intenzione di arricchire il proprio curriculum. L’Italia era per loro una tappa del loro percorso scientifico e personale, nel perseguimento di una carriera scientifica da filologi delle lingue romanze o germaniche, filosofi, musicologi, studiosi delle più varie letterature del mondo, storici, linguisti, giuristi e quant’altro. 2 Questo ci conduce al secondo aspetto delle stabilizzazioni dei lettori: le università italiane accolsero come nuovi dipendenti persone con evidente interessi e ambizioni scientifiche, senza però dover sbilanciare i delicati processi di acquisizione del personale docente regolati per legge. Inoltre, limitandoli per contratto a mansioni di pura didattica ed escludendo in tal modo ex ufficio l’ipotesi di attività scientifica del personale lettore, nemmeno i fondi per la ricerca scientifica d’Ateneo vennero messi a repentaglio


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da questa figura docente. Molti lettori continuano ancor oggi – a dispetto delle difficoltà oggettive da affrontare – a svolgere un’attività scientifica e ricorrendo maggiormente a fondi esteri, p.e. dell’Europa o del proprio paese di provenienza.

Le attività scientifiche finanziate in questa maniera riescono comunque ad arricchire il profilo e il prestigio dell’Ateneo italiano di appartenenza. 3 La stabilizzazione della figura del lettore ha anche favorito negli anni l’importazione di personale accademico con competenze didattiche innovative per l’Italia, con formazioni scolastiche ed universitarie estere ed esperienze didattiche, sia da discente che da docente, acquisite in contesti accademici ed istituzioni internazionali.

Nello svolgimento del proprio insegnamento i lettori coltivano, per necessità professionale se non altro, la loro diversità. Infatti il punto di riferimento per ogni lettore rimane spesso il sistema universitario di provenienza. L‘impostazione didattico-organizzativa delle lezioni, ma anche il prestigio della propria figura professionale si nutre di tutto questo.


Il lettore rappresenta una figura di mediatore interculturale all’interno delle università. Infine per i lettori è, quindi, indispensabile restare non solo in contatto, ma legati con un vero cordone 4 ombelicale alla propria terra: solo così possono apparire per gli studenti italiani rappresentanti di una esperienza altra, un portale e una promessa di un altro mondo, gli indicatori di un percorso. In questo senso il lettore rappresenta una figura di mediatore interculturale all’interno delle università in una fase storica che sarà sempre di più caratterizzata dalle migrazioni di massa e dalla interdipendenza sovranazionale a tutti i livelli, con le società, inclusa quella italiana, sempre più multiculturali e con l’esigenza di strumenti interculturali, di dialogo e di comprensione reciproca, per lo scambio con culture diverse, in quanto risorse e potenziali fonti di mutuo arricchimento per tutta la comunità, a partire dalle nostre università e dalla formazione cultural-linguistica dei nostri studenti. Non si può dire, però, che il rapporto storico dei lettori con l‘Università italiana sia stato facile o indolore in questi quasi 40 anni, o che abbiamo ancora superato tutto le criticità. Ancor oggi le questioni inerenti ai nostri diritti sono ben lontane dall’essere risolte.


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Negli anni 90 ci siamo impegnati per l’assunzione regolare, nei decenni seguenti per il miglioramento delle nostre condizioni contrattuali nell’interesse di una continuità didattica nelle nostre materie e di una vita dignitosa per noi e per le nostre famiglie. Oggi si guarda con maggiore attenzione e non poca preoccupazione alle modalità di pensionamento basate su calcoli che prendono in considerazione solo metà del nostro stipendio per il calcolo della pensione e del trattamento di fine rapporto. Con il prossimo rinnovo del contratto nazionale di lavoro – scaduto ormai da più di 8 anni per tutti i dipendenti pubblici – speriamo di vedere risolti questi problemi previdenziali affinché le nuove generazioni di lettori – e si spera che questa figura professionale avrà anche in futuro il diritto di cittadinanza all’interno dell’Ateneo – possano dedicarsi, come noi e ancora più di noi, con pieno riconoscimento professionale (ancor oggi non garantito), alla formazione ed educazione della popolazione studentesca – contribuendo ad una maggiore professionalità e capacità concorrenziale sul piano internazionale.


La conoscenza delle lingue facilita ai docenti il proseguimento degli studi e della ricerca all’estero, la partecipazione a convegni internazionali e aiuta altresì il personale tecnico-amministrativo nei compiti istituzionali. La serietà professionale, comune a tutte le categorie del personale universitario negli uffici, nelle portinerie, nelle biblioteche, ai colleghi docenti, richiede, in tempi di internazionalizzazione, anche l’impegno di tutti per l’apertura della propria realtà lavorativa verso il mondo, un impegno che inizia con l’acquisizione delle lingue, premessa indispensabile per comunicare con altri mondi, dei quali i lettori sono sempre stati ambasciatori, mediatori e tramiti, anche con i loro corsi rivolti al personale universitario, e ad altri gruppi professionali.

L’operato dei lettori apre il mercato del lavoro internazionale agli studenti di tutto l’Ateneo, insegnando loro le basi linguistiche per fare esperienze di formazione e professione altrove. Infine, ma non per ultimo, i lettori in questi anni hanno dato il loro contributo didattico alla formazione di gran parte degli insegnanti di lingue che si adoperano attualmente nelle scuole medie e superiori del territorio e che in questi anni stanno portando gli alunni delle scuole a livelli linguistici mai conosciuti prima. Una volta giunti all’università, questi nuovi diplomati frequentano gli insegnamenti universitari


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Ich danke di lingua a livello medio-alto. Arrivano già formati, dai loro insegnanti delle superiori, i quali una volta erano i nostri studenti. Sono il frutto di quello che abbiamo seminato nei decenni e ne siamo orgogliosi. E con la nostra collaborazione con gli Uffici per le Relazioni Internazionali e l’Ufficio Erasmus, diamo il nostro contributo al buon funzionamento della mobilità internazionale degli studenti e dei docenti di questo Ateneo, per aiutare la comunità universitaria ad essere in grado di andare fuori nel mondo, come abbiamo fatto noi lettori, per poi tornare, si intende, ed arricchire questo loro paese d’origine con un proprio bagaglio di esperienze.

Un patrimonio linguistico-culturale personale da ri-investire in Italia al servizio della società e del suo sviluppo interculturale. Crediamo in questo come contributo concreto al progresso della società italiana. Se ora vi saluto in alcune delle tante lingue insegnate in questo Ateneo, vorrei in verità non dare un tocco di colore folcloristico ma ricorrere alla pluridecennale tradizione di apertura verso altre culture ed altri mondi che distingue questo Ateneo: un‘apertura di cui la presenza stabile di personale internazionale è sempre stato indizio forte e la condicio sine qua non.


Ihnen für Ihre Aufmerksamkeit Muchas gracias ありがとう Je vous remercie de votre attention

谢谢

Obrigada Thank you very much!


Dania Marabissi

Ricercatore Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione

Inaugurazione Anno Accademico 2017|2018

Telecomunicazioni: passato presente e futuro Ciascuno di noi è consapevole di vivere nella Società dell’Informazione, dove la tecnologia connessa è parte centrale delle nostre vite. In circa due decenni abbiamo assistito ad una considerevole trasformazione dei principali servizi, rendendoci conto, da consumatori, dei vantaggi conseguenti. Alla base di tutto questo ci sono le telecomunicazioni. Tuttavia non è facile rispondere alla domanda “che cosa sono e a cosa servono le telecomunicazioni?”. Forse proprio perché ci viviamo dentro non ce ne rendiamo conto, le diamo per scontate, un po’ come l’aria che respiriamo. La nostra attenzione è attirata dalle innumerevoli applicazioni e servizi di cui possiamo usufruire, ma difficilmente ci soffermiamo a pensare che quelle applicazioni funzionano perché i nostri dispositivi sono in grado di elaborare e comunicare informazioni.


La maggior parte delle applicazioni sul nostro smartphone, per esempio, diventa inutile in assenza di connettività. Grazie alle tecnologie delle telecomunicazioni l’informazione di qualsiasi tipo (whatsapp, social network, film, fotografie, musica, misure di parametri) viene trasformata in numeri che possono così essere elaborati e trasferiti in modo affidabile e sicuro ad un destinatario che si può trovare a migliaia di km o a pochi cm di distanza attraversando cavi, aria, acqua, il corpo umano. Inoltre le telecomunicazioni permettono di raccogliere informazioni da ciò che ci circonda grazie a radar, telerilevamento e sensori, così come di localizzare e monitorare persone e cose.

È pertanto innegabile che le telecomunicazioni, insieme agli altri settori dell’informazione, sono stati nell’ultimo secolo i propulsori di un grandissimo e rapidissimo cambiamento della nostra società. D’altra parte la parola comunicazione è strettamente legata al concetto di comunità e quindi di organizzazione sociale, tutto il mondo vivente si basa su informazioni date e ricevute. Ed i principali protagonisti di questa rivoluzione sono Internet e le reti senza fili (wireless). Infatti il successo commerciale delle comunicazioni wireless e dell’accesso wireless ad Internet è stato monumentale, con una conseguente esplosione del traffico dati (anche detto Data Tsunami).


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I telefoni cellulari rendono disponibile su un palmo della mano tutto ciò che il mondo connesso può offrire. Oggi circa il 50% della popolazione mondiale accede ad Internet, piÚ del 65% ha un telefono mobile piÚ del 90% degli utenti accede ad Internet anche tramite un telefono mobile. Global Internet use and Penetration Internet and mobile Internet user numbers compared to population

total number of active internet users

3.819 billion

51%

92%

of the total population

total number of active mobile internet users

3.507 billion

of the total population

Diffusione di Internet e delle comunicazioni mobili [www.wearesocial.com]


E cosa è Internet? È la rete delle reti che permette di collegare miliardi di dispositivi in tutto il mondo, in grado di scambiarsi qualsiasi tipo di dato.

Grazie a questo la diffusione delle informazioni e delle conoscenze ha raggiunto un’estensione mai riscontrata prima nella storia dell’umanità, attuando un processo di “democratizzazione del flusso dei dati” irreversibile e con grandi impatti sociali. Ci sono, per esempio studi che mostrano come sia cambiata la nostra memoria. Quando siamo di fronte ad una domanda di cui non conosciamo la risposta la prima reazione è di prendere il nostro “dispositivo connesso”. Ma soprattutto, se pensiamo di poter riusare quell’informazione in futuro, invece di cercare di memorizzare l’informazione in sé, siamo più propensi a memorizzare dove trovarla in rete [B. Sparrow, J. Liu, D.M. Wegner “Google Effects on Memory: Cognitive Consequences of Having Information at Our Fingertips”, Science, 2011].

Ma oggi Internet è molto di più di un semplice contenitore inesauribile di informazioni, è anche una realtà di servizi, risorse, affari, enti e persone.


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Le persone sono costantemente e globalmente parte di una rete che permette di comunicare, informarsi, istruirsi, lavorare, controllare la propria salute e divertirsi. È un mondo virtuale dove le azioni fisiche possono essere eseguite digitalmente, e che azzera la distanza geografica. Oggi senza telecomunicazioni non solo smetteremmo di parlare al telefono ed inviarci i messaggi, ma fermeremmo i treni e gli aerei, dovremmo tornare alle vecchie cartine per viaggiare e all’enciclopedia per trovare informazioni, non avremmo la tv e la radio, ma neanche il telecomando per aprire un cancello o il pagamento con carta di credito. Non ci sarebbero previsioni meteo o immagini satellitari, non potremmo controllare il funzionamento di un pacemaker.

Ma se le telecomunicazioni oggi sono tutto questo è grazie alla ricerca scientifica, e per rendercene conto facciamo un passo indietro per capire dove eravamo qualche anno fa. La possibilità di comunicare a distanza con i propri simili è da sempre una delle attività più fortemente perseguite dall’uomo: dai segnali di fumo, alle lettere affidate a commessi viaggiatori a cavallo, al telegrafo ottico. Il primo grande passo in avanti è stato fatto nel


1844 con il telegrafo di Morse e nel secolo successivo è stato tutto un susseguirsi di invenzioni che hanno cambiato il nostro mondo: il telefono, le comunicazioni senza fili, i satelliti, la televisione.

In particolare ricordiamo che in questa evoluzione grandissimo ruolo hanno avuto i ricercatori Italiani, il primo un fiorentino, Antonio Meucci che nel 1871 brevettò il telefono, anche se il merito gli fu riconosciuto solo più di 100 anni dopo dalla Corte di Washington. Fu infatti Graham Bell a prenderne i meriti e anche gli onori fondando una delle più grandi aziende di telecomunicazioni del mondo e soprattutto uno dei più importanti laboratori di ricerca del mondo (Bell Laboratories). Largamente riconosciuto fu invece il merito di Guglielmo Marconi che nel 1896 depositò il primo brevetto per la telegrafia senza fili, che ha portato poi negli anni 1910-20 alle prime trasmissioni radio a lunga distanza (transoceaniche). Tanto per far capire quanto Marconi fosse consapevole di aver inventato qualcosa di rivoluzionario, nel suo studio, sotto la frase tratta da “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare “I’ll put a girdle round the Earth in forty minutes” (Puck rivolto al re Oberon), Marconi scrisse “I’ll put much quicker than that” ed era il 10 gennaio 1911.


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Nel 1948 C. Shannon matematizza il concetto di informazione e questo permetterà poi di elaborarla e codificarla per trasferirla in modo affidabile e sicuro. La sua teoria dell’informazione oggi è applicata anche in altri importanti contesti fra i quali lo studio delle cellule, del DNA, delle scienze cognitive e dell’astrofisica. Per arrivare alla progenitrice di Internet, la rete Arpanet, si deve aspettare fino la fine degli anni ‘60. Nel frattempo sono nate le comunicazioni digitali ed hanno iniziato a diffondersi i calcolatori.

Ma è negli ultimi 20-30 anni che la ricerca nel mondo delle telecomunicazioni ha portato ad una velocità di evoluzione che forse non ha pari in altri settori. La prima connessione alla rete Internet da un centro di ricerca italiano del CNR è stata il 30 Aprile 1986, quarto paese al mondo a connettersi alla rete Americana dopo, Inghilterra, Norvegia e Germania, ma diversamente da ciò che si può immaginare con connessione Internet, questo voleva dire solo uno scambio di un messaggio elementare, di pochi numeri (01011..), con un computer della Pennsylvania. In pochi anni però la rete Internet, grazie alle invenzioni ed innovazioni che si sono rapidamente susseguite tra cui quella del CERN, il world wide web (www), è cresciuta e diventata una rete di comunicazione di massa.


Quindi negli anni ’90 inizia la convergenza tra le telecomunicazioni ed il mondo dei computer e dell’informatica e nasce l’ICT (Information Communication Technology). Se infatti prima le reti di telecomunicazioni erano dedicate ad uno specifico servizio, soprattutto telefonia e radiotelevisione, con la diffusione delle comunicazioni digitali e della rete Internet si avvia un processo di unificazione dove qualsiasi contenuto, può essere trasferito su una piattaforma comune. Negli anni ‘90 nascono anche le prime comunicazioni cellulari digitali, che si affermano rapidamente e su larga scala. La crescita degli utenti mobili è stata, e continua ad essere esponenziale. A metà 2017 si avevano circa 5 miliardi di utenti ma con 8 miliardi di sottoscrizioni, in alcuni paesi in numero superiore alla popolazione, e si stima che in media si avranno più di un milione di nuove sottoscrizioni mobili al giorno fino al 2022. Nel solo ultimo anno l’incremento del traffico mobile è stato del 70% [Ericsson mobility report 2017]. Cisco stima che nel 2020 ci saranno più persone con un telefono cellulare che con elettricità.


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Mobile Growth Continues Through 2020 By 2020, more people will have mobile phones than electricity at home people with mobile phone people with electricity people with bank accounts people with running water people with cars people with landlines

5.4 billion 5.3 billion 4.5 billion 3.5 billion 2.8 billion 2.2 billion

69%

of global population

68% 58% 45% 36% 28%

Previsioni di crescita delle connessioni mobili (Cisco)

E questo grazie alla ricerca che ha permesso di passare rapidamente dalla prima generazione di reti cellulari, nate esclusivamente per chiamate vocali e con grandi limitazioni di copertura del territorio e di mobilità, fino all’attuale 4G. Una rete pensata per i dati di qualsiasi tipo, basata sui principi della rete Internet e con velocità di trasmissione delle informazioni che sono migliaia di volte superiori a quelle delle prime reti.

Si è fatto in modo che oggi i telefoni cellulari parlino lo stesso linguaggio dei computer, e quindi gli interlocutori non siano più necessariamente degli umani, ma possano essere delle macchine.


La ricerca ha affrontato le sfide delle comunicazioni in aria dove interferenze, ostacoli, oggetti mobili rendono la propagazione dei segnali mediante onde elettromagnetiche estremamente difficoltosa. Si è quindi riusciti a migliorare le tecniche di trasmissione e ricezione arrivando a sfiorare i limiti teorici e poi inventando metodi e strategie per eluderli e quindi superarli. Si è riusciti a rendere possibile muoversi a velocità elevate ed in qualsiasi parte del mondo continuando a parlare con il nostro telefono e con il nostro numero, a proteggere i dati che trasmettiamo e a rendere possibili comunicazioni con ritardi piccolissimi.

Questo grazie alla sinergia tra la ricerca universitaria e al mondo delle imprese che hanno creduto ed investito in questa tecnologia.

Ma, quindi adesso dove ci porterà la ricerca scientifica in questo settore? Infatti comprendiamo di aver fatto tanta strada, ma da ricercatori percepiamo anche di averne ancora tanta davanti.

Le sfide di domani sono quelle di una mole sempre maggiore di dati da trasmettere e gestire, tempi di risposta da ridurre, connessioni tra un numero di dispositivi in crescita e affidabilità e sicurezza da innalzare a nuovi livelli.


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Quindi il prossimo futuro sarà dominato dalla tecnologia 5G, nello sviluppo della quale, la nostra Università, con il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, ha un ruolo di primo piano essendo coinvolta, insieme ad operatori ed importanti aziende del settore, nella sperimentazione della tecnologia 5G nella città di Prato, in risposta ad un bando ministeriale (Ministero per lo Sviluppo Economico). Questo pone, una volta tanto, il nostro paese all’avanguardia in questo settore in uno scenario mondiale.

Con la tecnologia 5G potremo navigare con velocità fino a 20 volte superiori a quelle attuali e con piccolissimi ritardi. Potremo scaricare un film in alta definizione in meno di 10s mentre oggi con il 4G impieghiamo circa 10 minuti. Questo sarà possibile grazie all’integrazione di nuove metodologie che sono oggi oggetto di ricerca. Le reti diventeranno più flessibili, saranno in grado di interpretare il contesto in cui operano e riconfigurarsi di conseguenza, sfrutteranno nuove risorse oggi non utilizzate per le difficoltà di propagazione dei segnali, useranno centinaia di antenne invece che una sola, e adotteranno tecniche in grado per esempio di creare dei cavi virtuali, in aria, tra l’antenna e il dispositivo lavorando solo sull’elaborazione dei numeri che compongono i segnali stessi.


Nelle reti 5G le connessioni tra umani verranno largamente superate da quelle tra macchine (M2M communications), secondo il paradigma dell’Internet of Thing o Internet of Everything. Ogni cosa, non solo i nostri computer o smartphone, ma ogni oggetto potrà essere connesso in rete e controllabile a distanza: le auto, i macchinari, gli elettrodomestici, i sensori, i lampioni, i dispositivi che monitorano la nostra salute. Si stima che nel 2022 ci saranno circa 29 miliardi di connessioni di cui 18 saranno relative a oggetti [Ericsson Mobility Report 2017]. E l’attesa per il ritorno economico di applicazioni IoT è elevatissima, McKinsey (una delle più importanti società di consulenza al mondo) stima nel 2025 si potrebbe generare un mercato che può arrivare fino a 11 trilioni di dollari per anno.

Quindi il 5G non sarà semplicemente l’evoluzione del 4G, ma una piattaforma che aprirà nuove possibilità di sviluppo.

Ha potenzialità enormi sul fronte dei servizi che potranno essere sviluppati e sarà il volano di crescita. Il contesto delle telecomunicazioni, infatti, una volta ben delineabile entro un confine preciso, sempre più sarà fluido, senza contorni: le telecomunicazioni saranno energia, servizi di sicurezza e sorveglianza, salute, servizi di mobilità, città intelligenti, industria.


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Industria 4.0.

Mobilità connessa

E-Health

Tanto per citare alcuni di questi ambiti: Integrando i dispositivi connessi con l’automazione e la robotica stiamo andando verso la quarta rivoluzione industriale, la cosiddetta Industria 4.0, ovvero sistemi sempre più complessi ed automatizzati che permettono un’interazione tra tutte le fasi della filiera produttiva grazie ad un massiccio uso della rete di comunicazione, con dispositivi connessi e quindi controllabili in tempo reale. Le nuove reti di telecomunicazioni saranno anche l’autostrada telematica sulla quale far viaggiare i sistemi di automazione che controllano le auto intelligenti fino ad arrivare a quelle senza guidatore. Grazie alla capacità e alle bassissime latenze del 5G le auto dialogheranno tra loro e con l’infrastruttura, così saranno informate su ciò che accade intorno, e grazie all’intelligenza artificiale decideranno il miglior percorso e l’azione da intraprendere evitando incidenti ed ottimizzando il traffico. La capacità del 5G di supportare comunicazioni critiche (ovvero affidabili e veloci), permetterà anche di far crescere notevolmente il mondo della medicina a distanza. La telemedicina non solo migliorerà la prevenzione e il monitoraggio di alcune malattie croniche, come problemi cardiaci o il diabete. Ma soprattutto con il 5G, insieme alle connessioni cablate, si darà largo spazio alle terapie e all’interazione diretta in tempo reale tra paziente e medico anche a km di distanza, fino ad arrivare alla diffusione della tele-chirurgia. Questo grazie anche alla realtà vir-


tuale aumentata, ovvero simulare la realtà effettiva in un mondo tutto virtuale, che con il 5G potrebbe diffondersi su larga scala. Si potrebbe così creare l’illusione per il chirurgo di trovarsi al tavolo operatorio ricreando a distanza stimoli sensoriali e permettendogli di guidare il robot con un margine di errore praticamente nullo. Ma il futuro delle

telecomunicazioni non è solo 5G, continuando a parlare di salute per esempio si stanno studiando modi efficaci e non dannosi per comunicare con dispositivi impiantabili nel corpo umano, per il monitoraggio e la cura di alcune malattie. Così come si sta cercando di realizzare comunicazioni molecolari, ovvero si vogliono usare le molecole come supporto per codificare e trasportare l’informazione per la comunicazione tra nanomacchine, dispositivi di piccolissime dimensioni. Ed è forse la parte di ricerca legata alla biologia ed al mondo sensoriale che rappresenta il futuro più remoto, dal replicare i meccanismi di comunicazione biologici al cercare di trasferire non solo audio ed immagini, coinvolgendo quindi solo vista e udito, ma anche altre sensazioni, quali tatto, olfatto e gusto (human bond communications). Fino forse un giorno ad arrivare alle comunicazioni brain-to-brain, una sorta di telepatia.


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Quello che possiamo concludere è che l’unico limite della ricerca scientifica, in questo come in altri settori, è solo la fantasia. Le telecomunicazioni evolveranno verso mete forse

inimmaginabili ad oggi, raggiungendo e superando traguardi sempre più ambiziosi e continueranno anche nei prossimi anni ad essere un fattore determinante dei cambiamenti della nostra società. Come ricercatori ci impegneremo affinché la nostra Università sia parte di questa storia.






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