relazione

Page 1

Terrarteteca sismocultura per lo sviluppo locale

idea progettuale a cura di:

Luigi D’Aponte con il supporto operativo di:

per “Co/Auletta. Le tue idee abitano qui”. qui”. concorso di idee per la riqualificazione, valorizzazione, trasformazione, del parco a ruderi di Auletta e del suo territorio.

febbraio 2012


Indice IL PROGETTO (relazione illustrativa) da dove nasce quest’idea 3 perché Terrarteteca 6 in che modo concretizzare questa idea 8 la cultura come settore strategico di sviluppo per Auletta 9 Terrarteteca: che fare 13 13 Epilogo L’EQUIPE (descrizione del gruppo di lavoro) 20

Riferimenti Luigi D’Aponte, sociologo/antropologo urbano Via L. Volpicella 372, 80147 Napoli via del Carpentiere 52, 40138 Bologna 3387991753 luigi.daponte@yahoo.it associazione Articolonove Napoli via L. Volpicella 372, 80147 Napoli via F. Fracanzano 21, 80127 Napoli 3200298652 articolonove@email.it

1


IL PROGETTO (relazione (relazione illustrativa)

2


Da dove nasce quest’idea? “Avere raggiunto la conoscenza senza la capacità di comunicarla è come non averla raggiunta affatto”.

Tucidide, La guerra del Peloponneso Sismocultura: complesso di successivi movimenti, azioni, a carattere culturale, della durata da pochi giorni ad alcuni mesi e/o persistenti nel corso degli anni, che investono una porzione più o meno ampia della superficie di un territorio, provocati dal contemporaneo agire di onde cerebrali (le idee) e concretizzazioni fisiche (i fatti) che si originano in seguito a un improvviso sommovimento di masse di soggetti attivi (ricercatori, artisti, studenti, gente comune) in un punto del contesto territoriale investito, e si manifestano con particolare intensità e con effetti virtuosi e di sviluppo sulla superficie attorno all’epicento (n.d.r. nel caso specifico il comune di Auletta). Nel termine vengono comprese anche le scosse preliminari che talora lo precedono (interventi di ricerca/azione preliminari) e le numerose altre dette scosse susseguenti (processi di partecipazione e condivisione locale) determinate da fenomeni di assestamento che seguono l’episodio principale. Propagandosi dall’epicentro le onde sismoculturali provocano una serie di scosse superficiali (azioni di disseminazione degli interventi culturali posti in essere in Auletta) a carattere sussultorio (microprogetti in altri comuni/aree del più vasto contesto territoriale d’appartenenza) o ondulatorio (messa in rete con l’epicentro Auletta delle altre porzioni di territorio oggetto d’interventi sismoculturali) che talora, combinandosi, determinano anche movimenti vorticosi (azioni di guerrilla marketing per la pubblicizzazione su scala regionale e nazionale del modello alternativo di gestione dello spazio storico-pubblico-urbano di Auletta e del suo graduale tramutarsi in T.P.C.L. Territorio patrimonio culturale locale). Per la creazione, la diffusione e la valutazione dell’intensità delle scosse culturali, è richiesto l’attivo coinvolgimento di intelligenze esterne/interne al contesto territoriale e di portatori di cultura ed interessi locali, i quali, debitamente formati a pratiche e linguaggi partecipativi, vengono elaborando quelle scale sismiche (gruppi di conduzione/valutazione delle azioni poste in essere) basate sull’osservazione sul campo, in locale, interdisciplinare, non gerarchica, degli effetti prodotti dalle onde sismoculturali attivate sul territorio.

Libero adattamento della voce “Terremoto”, vocabolario lingua italiana Treccani.it “Senza cultura non c’è futuro, senza cultura non c’è Italia.”

3


Una strana abitudine, tipica dei linguaggi specialistici è quella di affezionarsi e di utilizzare così intensamente alcuni termini tecnici al punto di perdere conoscenza del loro pieno significato e coscienza del loro appropriato utilizzo. Succede così che termini come “valorizzazione” e “sviluppo locale” siano divenuti così familiari anzi per meglio dire “di moda” nel linguaggio urbanistico e pianificatorio, che sovviene il dubbio se tanto successo e diffusione d’uso siano poi supportati da una piena consapevolezza del complesso significato di tali termini e soprattutto da una buona esperienza conoscitiva delle azioni e degli effetti che sulle realtà territoriali essi possono venire a produrre. “Valorizzare” significa conferire o accrescere valore ad una cosa, nel nostro specifico la “cosa” è un contesto, il territorio di Auletta ed il suo Parco a Ruderi, considerato nell’interezza delle sue molteplici componenti fisiche, storiche, culturali ed umane. Richiamando il significato originario di matrice più prettamente economicistica del termine, ogni intervento di “valorizzazione” è finalizzato all’attribuzione di un “valore” maggiore rispetto a quello precedente in conseguenza di una serie di azioni che esaltano tutte le qualità del bene fino ad allora più trascurate; ma valorizzare, sempre in chiave interpretativa economica, significa contemporaneamente anche verificare il “valore” effettivo di quell’ investimento. Facendo dunque tesoro di tali suggestioni possiamo sancire un nostro primo utile principio operativo-metodologico: non possono più sussistere iniziative di valorizzazione territoriale finalizzate alla mera tutela vincolistica del patrimonio culturale e paesaggistico posseduto e che non prevedano, fin dalla loro fase progettuale preliminare, anche gli strumenti e gli interventi necessari a rimborsare i costi pubblici di “start-up” sostenuti, favorire la creazione di futura nuova ricchezza da investire nella gestione ordinaria del sistema di beni valorizzato, prevedere e monitorare la ricaduta in termini socioculturali ed economici per la comunità del territorio target. Se così definiti e resi operativi, i percorsi di valorizzazione possono divenire atti propedeutici e/o integrativi di politiche di Sviluppo Locale di più ampio respiro da interpretarsi come sistema scientificamente progettato e monitorato di incremento qualitativo del ventaglio di possibilità/capacità di un contesto territoriale di potere/sapere agire, programmare e gestire, la propria esistenza o sopravvivenza ed i possibili e fattibili percorsi di crescita di benessere delle comunità che quel contesto abitano. Un progetto di riqualificazione/valorizzazione/trasformazione qualitativamente elevato ed economicamente efficace dovrebbe dunque, per quel che è la nostra visione delle cose:

essere progettato a partire da un conoscenza scientificamente definita dell’identità storico-culturale del contesto territoriale target; essere fondato sul coinvolgimento attivo di tutti gli attori del processo: residenti locali, istituzioni pubbliche, operatori economici privati, risorse esterne al territorio; essere animato dal sapiente equilibrio di tutte le diverse azioni utili: tutela, gestione, riconversione, promozione.

Ma creare strategie di trasformazione e sviluppo condivise non è però cosa facile ed immediata nel nostro Paese e soprattutto nelle regioni meridionali, dove la cultura della cooperazione e dell’integrazione pubblico-privato, nonostante gli attuali scenari di crisi economica nazionale e globale, stenta ancora a divenire modello di azione per quanto attiene la sfera degli investimenti di comune e pubblica utilità: pressioni lobbistiche, interessi criminali, pastoie burocratiche, operatori pubblici impreparati, investitori privati timorosi, capitale pubblico ridotto, servizi ed infrastrutture insufficienti, sistema formativo di bassa qualità, basti solo questo sommario elenco di criticità per porre in evidenza gli “argini” contro i quali inevitabilmente devono scontrarsi le azioni di cambiamento. Ma per chi pianifica e progetta nuove visioni future di un territorio, di una città, o solo di una porzione di essi, esiste uno straordinario “strumento” a disposizione ed in grado di offrire un valido contributo nel tramutare le criticità in condizioni favorevoli e positive; uno strumento a costo zero, sempre localmente disponibile, troppo ancora sottovalutato e poco utilizzato ma dallo straordinario carattere democratico: la partecipazione delle popolazioni locali. Indagare il vissuto rispetto al patrimonio di beni posseduto, monitorare i molteplici bisogni esistenti, progettare il coinvolgimento diretto nella tutela e gestione del patrimonio territoriale, condividere pubblicamente le azioni e le strategie da intraprendere, sono questi i principali fattori in grado di innalzare significativamente le possibilità di successo di un progetto come quello per Auletta. Ogni spazio ha la sua storia, ogni luogo la sua identità, conoscerla è preambolo indispensabile di qualunque intervento o politica territoriale. Ma a stratificarsi nel corso del tempo, sostanziando così l’identità di un luogo e delle persone che lo abitano, non sono solo gli elementi materiali (edifici, strade, piazze, mura, ecc.), sono anche gli elementi immateriali, un insieme di ritualità del quotidiano, simbologie urbane e rurali, memorie di comunità, tradizioni

4


popolari che contribuiscono anch’essi a delineare il volto del territorio, a renderlo allo stesso tempo unico ma riconoscibile a se stesso ed al contesto a lui straniero. Ogni singolo membro della Comunità locale è dunque “portatore” vivente della storia di quel luogo e di cui il patrimonio di beni e manufatti esistenti rappresenta la traccia “materica”; ma al tempo stesso ognuno diviene inoltre, agli occhi del visitatore esterno, il “comunicatore” (per il tramite del suo linguaggio, dei suoi usi, del suo comportamento) dell’identità del luogo stesso ed anche delle eventuali sue storture. Il “benvenuto” in un territorio sarà dato più che da un efficiente ed istituzionale sistema comunicativo e d’accoglienza, dal modo in cui la gente del luogo vive, sente, esperisce e conosce il giacimento culturale posseduto. Partire dunque dal ruolo attivo e protagonista da dover assegnare alla “comunità ospitante” è il primo step di qualsiasi progetto di Sviluppo che si voglia concretamente ancorato alla dimensione “locale” e che in essa trovi le necessarie risorse umane, culturali ed economiche in grado favorirne lo svolgimento ed il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il fine diviene dunque la ricostruzione del senso d’identità di un contesto territoriale, a partire da una rinnovata capacità di lettura della storia impressa sulla sua pelle di terra e pietra, così come di ascolto delle idee e dei bisogni di coloro i quali quei luoghi vivono. Ma ridare “identità” ad un territorio è ridare “identità” alle esistenze dei cittadini che lo abitano e che su relazioni quotidiane con i luoghi, fatte di gesti semplici, quasi meccanici, apparentemente scontati, vengono poi costruendo la base del loro più profondo rapporto con il mondo.

5


Perché Terrarteteca? Cultura: […] l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo sociale. Patrimonio: […] insieme delle ricchezze, dei valori materiali e non materiali che appartengono, per eredità, tradizione ad una comunità. Identità: […] senso e consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo. Ha carattere relazionale, intersoggettivo e l’interdipendenza fra fattori sociali e dinamiche interattive è alla base della sua genesi e del suo mantenimento. […] La crisi d’identità è un conflitto psico-sociale con disturbi del senso d’identità e della continuità del proprio io, che si riscontra, in forme particolari, [anche] anche in gruppi etnici. Turismo: l’insieme di attività e di servizi a carattere polivalente che si riferiscono al trasferimento temporaneo di persone dalla località di abituale residenza ad altra località per fini [diversi fra cui anche quelli] culturali.

definizioni estratte dal “Vocabolario della lingua italiana”, Treccani.it Un luogo, molteplici ferite, la recisione di un legame. Come accaduto nella quasi totalità del territorio campano investito dal sisma del 23 novembre 1980, anche per Auletta alle ferite fisiche ed emotive inferte dall’evento naturale sono susseguite ulteriori traumatizzati ferite ingenerate da una terrificante miscela di incapacità politica, criminalità ed inefficacia progettuale che hanno tramutato la nostra regione in un vero e proprio territorio di caccia per l’avidità umana. Il risultato è che sul corpo “naturale e culturale” del territorio si è venuta incidendo una lacerazione, un taglio, uno strappo che ha reciso in modo significativo il legame fra la comunità locale e parte del proprio ambiente di vita; ed alla base di un tale tipo di amputazione vi è sempre un gap culturale, un dislivello fra quanto per centinaia di anni la cultura locale è stata in grado di creare perché strumento di mediazione nell’interazione/integrazione uomo-ambiente, e quanto in poche decine di anni una sottocultura del profitto è stata invece particolarmente abile a distruggere. Quale oggi la cura per quel taglio? Come ricucire quello strappo? Una nuova cultura “dal basso e partecipata” è non solo la medicina ma anche l’antidoto contro possibili futuri nuovi traumi. Ed in uno spazio ruralurbano semivuoto pensare che la cultura rinasca autonomamente per sola spinta e volontà della popolazione locale è chimerico; saranno gli innesti culturali prodotti dalla “presenzazione” di variegati e multidisciplinari agenti esterni che operando secondo modalità d’intervento inedite e sperimentali, supportate da un impianto metodologico altamente scientifico e di matrice socioantropologica, favoriranno il determinarsi di condizioni di incontro e coinvolgimento delle forze attive locali interessate, se adeguatamente supportate, a

6


riavviare al fianco del lavoro di ricostruzione fisica dell’ambiente anche quello culturale. “Per tutti e da tutti” potrebbe essere il claim ideale di questa nostra proposta, come di qualsiasi azione di sviluppo locale che è tale ed ha possibilità di svilupparsi solo se il patrimonio culturale locale, quei “giacimenti”, sono riconosciuti dalla comunità e quest’ultima è posta nelle condizioni di partecipare attivamente ed in prima persona alla sua tutela ed alla sua gestione economica. La cultura è sempre il prodotto di una “moltitudine” (“tutti” per l’appunto), anche se nel nostro immaginario siamo portati ad immaginarla come produzione delle singolari doti di uno scrittore, di un artista, di uno scienziato o di un abilissimo artigiano: ogni elemento del nostro sistema di valori, simboli, concezioni, modelli di comportamento, attività materiali, si è venuto costituendo e viene mutando sotto il peso dell’azione plasmatoria di una molteplicità di individui; la cultura dunque, dalla comunità viene e ad essa torna nelle forme di caratterizzazioni che distinguono l’esistenza di ogni specifico gruppo sociale. Il processo di sviluppo culturale si manifesta e si trasmette alle generazioni successive per il tramite delle tracce materiali e immateriali che chi ci ha preceduto ha disseminato nel comune ambiente di vita, ed è proprio per il suo realizzarsi/mutarsi nel corso del tempo che il patrimonio culturale diviene uno dei principali fattori influenzati l’identità di un popolo che rafforza così il senso del sé ed assume consapevolezza delle proprie origini storico-culturali radicate dentro il territorio. Ma l’identità collettiva (come del resto anche quella individuale) si nutre, per sopravvivere e continuare ad assolvere alle sue funzioni, di relazioni ed interazioni che i membri della comunità devono quotidianamente e dinamicamente tenere vive con il complesso di beni, materiali e immateriali, costituenti il proprio patrimonio culturale: in questo caso, invece, il “fattore tempo” gioca a sfavore della comunità contemporanea, perché il suo trascorrere mette a rischio la sopravvivenza del patrimonio “tangibile” (a causa di una naturale erosione fisica del bene), così come di quello “intangibile” (per l’altrettanto naturale scomparsa dalla memoria collettiva); esponenzialmente cresce dunque anche il rischio di una “crisi d’identità” dell’ intera comunità e del suo territorio. E’ qui che entrano in gioco, “a contrasto” di tali molteplici rischi di carattere erosivi, mnemonici e identitari, gli effetti virtuosi di una buona azione di valorizzazione/riqualificazione del patrimonio, che trova necessariamente nel turismo culturale ed in quello di studio lo strumento operativo in grado di produrre, per il tramite di attività e servizi “sostenibili”, parte della quantità di risorse economiche in grado di preservare il patrimonio locale, così come le condizioni per meglio tutelare e promuovere la cultura, la storia e le specificità di un luogo; il tutto offrendo alla comunità locale concrete e fattibili opportunità di carattere lavorativo. Dunque “Terrarteteca”, Terra-Arte-Teca, Terra intesa nelle sue componenti fisico-geografiche e socio-culturali, che divengono oggetto di riflessione/interpretazione/comunicazione dell’ Arte, a sua volta declinata nelle varianti della musica, della parola scritta e narrata, dell’immagine fotografica ed audiovisuale, delle arti figurative grafico-pittoriche e plastiche; oggetti e idee prodotti dalle azioni artistico-culturali trovano un loro naturale contenitore locale, la Teca intesa come spazio espositivo permanente e archivio di ricerca specializzato, nei quali raccogliere, custodire e diffondere i segni, le memorie, i documenti attestanti il complesso rapporto uomo-cultura-ambiente di vita. Ma Terrarteteca è anche il richiamo di una condizione fisico-mentale: “Teng’ arteteca” un senso di irrequietezza vissuto da un territorio (con il terremoto ed il post-terremoto), dalla comunità che lo abita (che deve muoversi, andar via, abbandonare i suoi luoghi), dall’arte che rimette in agitazione il contesto e le persone al fine di far emergere ed affermare un nuovo “senso dei luoghi”.

7


In che modo concretizzare quest’idea? quest’idea? Se l’Arte è il linguaggio da adottare per comunicare il contesto territoriale, le scienze sociali divengono il pensiero con il quale rifletterlo. La metodologia d’intervento da noi proposta è come quella di un “cantiere” all’interno del quale si erige, su fondamenti teorici di diversa provenienza disciplinare, una “casa comune”, un luogo di sperimentazione di pratiche e di idee nascenti dall’incontro fra le scienze sociali (Antropologia, Sociologia), con il loro ricercare, comprendere e spiegare il modo in cui l’uomo si è mosso e si muove nello spazio e nel tempo, dunque nei diversi suoi luoghi, con le diverse sue creazioni, alimentando le diverse sue storie, e l’arte, quella particolare attività umana tesa a creare, attraverso forme, colori, immagini, suoni e parole, prodotti culturali ai quali riconoscere valore estetico e comunicativo. Scienze sociali per sviluppare pensiero critico. Arte per sviluppare azione creativa. Insieme per alimentare una lettura consapevole del “reale”, unite per la progettazione responsabile di un suo radicale miglioramento. “Occorrono uomini e donne creativi che sappiano usare la loro immaginazione”: per cambiare il futuro bisogna prima crearlo. Due i concetti ispiratori della nostra proposta d’intervento: partecipazione ed empowerment. Il principio partecipativo guida ogni azione progettuale finalizzata all’attivazione di quel corredo di potenzialità di cui sono in possesso tutti gli individui e le diverse comunità alle quali appartengono. Un principio che ripone fiducia nelle infinite capacità e qualità delle persone, nelle risorse della loro cultura d'appartenenza, nella forza del bagaglio di conoscenze individuali di cui noi tutti siamo portatori fin da bambini. Un metodo dunque che riconosce, stimola e alimenta la responsabilità individuale nel determinare i propri percorsi di sviluppo culturale e sociale. Le azioni e gli interventi centrati sull’emporwement mirano invece a rafforzare il potere di scelta dei singoli, migliorandone le competenze e le conoscenze in un’ottica non solo partecipativa ma anche emancipatoria. Le finalità dunque perseguite attraverso l’ipotesi progettuale da noi proposta mirano a favorire lo svilupparsi di processi di costante, progressiva e consapevole crescita delle potenzialità della comunità locale e delle eccellenze esterne coinvolte, accompagnati da un parallelo graduale incremento “dal basso e fra la gente” dei livelli di assunzione di impegno e responsabilità politica (nel senso originario del termine) e di sperimentazione di pratiche partecipative nella gestione dello spazio e della cosa pubblica. Valorizzarsi come centro di decisioni significative e come sorgente di iniziative, di intenzioni e di scelte. Ecco il fine. Tutti gli esseri umani valgono. Tutti gli esseri umani possiedono. Tutti gli esseri umani sono. E’ per loro che noi creiamo, formiamo, lavoriamo, viviamo, siamo.

“Ciascuno cresce solo se sognato”.

8


La cultura come settore strategico di sviluppo per Auletta Solo da pochi anni il patrimonio culturale è divenuto campo d’interesse dell’economia, vedendosi così riconosciuto il ruolo di nuovo settore strategico per lo sviluppo di un paese, dopo che per lungo tempo la disciplina economica è risultata priva degli strumenti analitici opportuni a coglierne le eccezionali potenzialità, finendo così per qualificarlo come entità difficilmente misurabile secondo standards quantitativi. In un tempo storico accellerato qual è il nostro, dentro cui si manifestano la maturazione/saturazione dei settori produttivi tradizionali ed una economia di mercato sempre più volatile, si sono venuti radicalmente mutando tempi e modi delle politiche di sviluppo adottate dagli organismi governativi per favorire la crescita produttiva dei propri paesi. E’ dunque indispensabile, soprattutto in una nazione com è l’Italia, ricercare e sviluppare nuove strategie che sappiano tramutare la valorizzazione e promozione di quei “giacimenti” culturali posseduti nel principale settore produttivo nazionale. 1 Una recente ricerca elaborata dall’Istituto di studi economici “Guglielmo Tagliacarne” per conto della Unioncamere e realizzata sotto l’egida del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ben ci illustra i “numeri” di questo “sistema economico” in graduale costante crescita:

1 2 3

2

il settore culturale ricopre già un ruolo rilevante nell’economia nazionale italiana , quantificabile in un valore aggiunto di circa 167 miliardi di euro (pari al 12.7 del valore nazionale) e l’impiego di 3.8 milioni di occupati (15.4 del totale degli occupati nazionale);

il sistema economico coinvolto dai beni culturali presenta trend di crescita mediamente 3 superiori al totale dell’economia nazionale , sia in termini di prodotto (+4.3 a fronte del +3.5 ) che in termini di occupazione (+2.9 a fronte del +1.3 );

il numero di imprese coinvolte in Italia nel settore culturale sono circa 900.000, suddivise nei comparti dei “Beni ed attività culturali”, “Industria culturale”, “Architettura ed edilizia di riqualificazione”, “Enogastronomia e produzioni tipiche”, “Produzioni di natura industriale ed artigiana”;

è un settore economico quello dei beni culturali che si dimostra ben attrezzato, a differenza di molti altri settori produttivi tradizionali nazionali, ad affrontare le sfide della contemporaneità:

Istituto Guglielmo Tagliacarne, “Il sistema economico integrato dei Beni culturali”, Roma, giugno 2009 fonte dati: Istituto Guglielmo Tagliacarne, su dati aggiornati all’anno 2006 fonte dati: Istituto Guglielmo Tagliacarne, su confronto fra dati dell’anno 2001 e 2006

9


a)

b) c)

grande attenzione ai temi dell’innovazione, in termini sia di positiva considerazione (82.3 rispetto al 59.5 della media nazionale) che di investimenti programmati (14,7 contro 10,7 ); maggiore apertura sui mercati esteri (4.8 contro 3.9 ); miglior performance di crescita del fatturato anche in fasi congiunturali non positive.

Un territorio come quello di Auletta è una realtà multidimensionale, in quanto in esso convivono elementi storici, paesaggistici, architettonici, antropologici, sociali ed economici; è nell’ambito del suo spazio che vengono determinandosi e producendo i propri effetti (positivi e negativi) le dinamiche di sviluppo necessarie a garantire le migliori condizioni possibili di benessere per la popolazione e l’integrità e la conservazione nel tempo dello stesso territorio. Ma i mutamenti delle dimensioni spazio-temporali, il declino delle forme tradizionali di produzione, il graduale abbandono delle aree rurali interne, hanno agito modificando radicalmente i contesti di vita, producendo un generalizzato clima di “disordine” sul versante delle identità collettive ed individuali, oltre che dei sistemi valoriali. Oggi, a contrasto di tale sensazione di “dissolvimento” si è avviato un ritorno verso il “locale”, giungendo a focalizzare l’attenzione su perimetri sempre più circoscritti di territorio antropizzato (e non), lì dove si ritiene affondino le radici culturali e sia dunque possibile cominciare a ritessere le trame del senso di appartenenza ai luoghi ed alle comunità. La nostra proposta progettuale assume il processo di (ri)costruzione e ridefinizione dell’identità locale come parametro base e viene perseguendo a tal fine tre macrobiettivi: 1.

caratterizzare e distinguere il contesto locale di Auletta e del territorio circostante, nella moltitudine omologata globalizzata; 2. acquisire un modello organizzativo del territorio stesso centrato su senso d’appartenenza, partecipazione, coesione sociale; 3. tramutare le ritrovate “specificità” del contesto locale in un vero e proprio “vantaggio competitivo” capace di generare processi di crescita economica e sociale. Per lo specifico del terzo macrobiettivo, così come accade in ogni forma di agire economico, alla base dell’acquisizione/creazione di nuovo “valore” è indispensabile che vi sia una accurata azione di investimento di capitale: nel nostro specifico sarà più opportuno parlare 4 di “capitale territoriale” e soffermarci schematicamente ad illustrarne le componenti nella successiva tabella:

4

La Commissione Europea, per il tramite di diversi pronunciamenti e progetti, ha confermato la necessità di individuare nuovi parametri di riferimento per calcolare lo sviluppo in ottica di superamento del concetto di crescita esclusivamente connesso alle variazioni di Prodotto Interno Lordo. In questo più ampio quadro generale si parla dunque di “capitale territoriale”: si faccia riferimento, per lo specifico, alla “Territorial Agenda of the European Union” (Lipsia, maggio 2007), ed all’ “European Spatial Planning Observation Network” (programma adottato dalla Commissione Europea nel novembre 2007). Per l’esperienza italiana, si rimanda al Piano Territoriale Regionale dell’Emilia Romagna (approv. Giunta del. n. 276 3/2/10), per la parte specifica dedicata a “La Regione Sistema: il capitale territoriale e le reti”. Per approfondimenti: R. Martelloni, “Nuovi territori. Riflessioni e azioni per lo sviluppo e la comunicazione del turismo culturale”, Milano, 2007, Franco Angeli, pagg. 1526

10


Le componenti del Capitale Territoriale5 dimensione materiale: a)

componente culturaleculturale-paesaggistica: paesaggistica qualità, quantità e tipologia patrimonio culturale posseduto; risorse paesaggistiche presenti; caratteristiche climatiche e geomorfologiche; qualità generale dell’ambiente.

b)

componente insediativainsediativa-infrastrutturale: infrastrutturale sistema delle interconnessioni e dei trasporti presenti; caratteristiche e qualità della struttura urbana; strutture turistiche esistenti (ricettive e di ristorazione); strutture ed attrezzature culturali; qualità generale della vita.

c)

componente sociosocio-economica: tipologia e qualità tessuto imprenditoriale operante nell’area; capitale, finanziamenti e risorse economiche disponibili sul territorio (sistema bancario, attrattività fondi pubblici, qualità/quantità scambi economici, ecc.); caratteristiche del mercato del lavoro; indici di benessere/disagio della comunità; assetto formativo territoriale e livelli istruzione popolazione; intensità e qualità delle iniziative culturali; capacità di tutela/promozione del territorio e del suo patrimonio culturale, paesaggistico ed enogastronomico; valutazione di specifiche caratterizzazioni locali (ad. es. impatto socioeconomico della criminalità organizzata)

dimensione immateriale:

d) componente sociosocio-antropologica: senso d’appartenenza percepito; tradizioni popolari presenti; grado conoscenza e consapevolezza della storia e della cultura del territorio; sistema dei valori civili e sociali; livelli di integrazione/inclusione sociale presenti; creatività e dinamismo socioculturale; autopercezione della cittadinanza; cultura dell’accoglienza.

Una almeno sufficiente dotazione di capitale territoriale iniziale, seppur deficitaria in alcune sue componenti, è la condizione di base indispensabile per l’avvio di qualsiasi intervento di valorizzazione; saranno poi quelle stesse azioni di sviluppo, se correttamente poste in essere, a dare vita ad un circolo virtuoso in grado di produrre nel tempo un incremento di quella stessa dotazione “di base” di capitale. E’ chiaro quindi come in gioco non vi sia solo la ricerca degli strumenti e delle iniziative più idonee a favorire l’incremento di “competitività” di un territorio a mezzo del proprio patrimonio culturale e di una (r)innovativa capacità attrattiva turistica, ma il più generale miglioramento delle condizioni di vita e della capacità di produzione di reddito della popolazione residente, senza le quale non è nemmeno possibile immaginare il suo concreto coinvolgimento nell’azione di salvaguardia, difesa e gestione delle emergenze ambientali e culturali esistenti. Grande attenzione dovrà essere posta affinchè la crescita di capitale territoriale avvenga in maniera armonica ed equilibrata fra le parti: le diverse iniziative intraprese localmente non dovranno mai propendere ad incrementare la sola dimensione economica, perché ciò comporterebbe un rischio per gli stessi beni culturali, esposti al rischio della loro equiparazione a semplici beni “di consumo” con conseguente e pericolosa degenerazione utilitaristica e di mero sfruttamento finanziario. 6 Come da indicazioni contenute nel “Rapporto Brundtland” , l’ambiente e lo sviluppo “non

sono realtà separate, ma al contrario presentano una stretta connessione. Lo sviluppo non può infatti sussistere se le risorse ambientali sono in via di deterioramento, così come l’ambiente non può essere protetto se la crescita non considera l’importanza anche economica del fattore ambientale. Si tratta, in breve, di problemi reciprocamente legati in un complesso sistema di causa ed effetto”7; uno sviluppo è dunque sostenibile quando fa si “che esso soddisfi i bisogni dell'attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere 5

si è assunta a riferimento la schematizzazione adottata in R. Martelloni, op. cit., pag. 19 Nel 1983, in seguito a una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fu istituita la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, che aveva l’obiettivo di elaborare un’“agenda globale per il cambiamento”. La Commissione era presieduta dalla norvegese Gro Harlem Brundtland, e nel 1987 pubblicò un rapporto, il Rapporto Brundtland, che introdusse la fondamentale teoria dello sviluppo sostenibile. 7 Onu/World Commission on Environment and Development, “From one Earth to one World” (Brundtland report), 1987 6

11


ai loro”8 In relazione allora al territorio di Auletta, risulterà evidente che ogni iniziativa di valorizzazione e promozione turistico culturale nell’area dovrà prioritariamente rispondere a principi di sostenibilità e quindi: • • •

tutti gli interventi e le azioni pianificate non dovranno in nessun modo alterare l’ambiente; le attività di valorizzazione non dovranno mai ed in nessun modo ostacolare ma anzi essere stimolo per lo sviluppo di altre iniziative ed attività a ricaduta sociale; parte delle risorse derivanti dalle iniziative economiche che saranno avviate sul territorio, dovranno essere reinvestite per garantire la graduale autosufficienza del sistema e preservare il patrimonio culturale e le condizioni di equilibrio ambientale; le attività poste in essere sul territorio devono offrire una risposta “integrata” sia alle esigenze dei turisti che ai bisogni della comunità locale.

Proseguendo la disamina sul ruolo della cultura e del turismo culturale e di studio come possibile settore strategico di sviluppo per l’area nella quale insiste Auletta, bisogna evidenziare che qualsiasi progettazione condotta in tale ambito deve oggi necessariamente tener conto delle nuove tendenze che stanno radicalmente mutando il modo di intendere ed esperire il viaggio. La dimensione emozionale, la ricerca di benessere e di esperienze significative, vengono sempre più rappresentando la “base motivazionale” di una sempre più larga fetta di turisti. Questo turismo esperienziale, caratterizzato dal “sentire” più che semplicemente dal “fare” attività, è un turismo che pone al centro le passioni, gli interessi, le vocazioni delle persone e che spinge a ricercare mete nuove, fuori dai circuiti più standardizzati. Il viaggio sta dunque sempre più recuperando uno dei suoi tratti originari: l’esplorazione. Questa tendenza, che sta oggi influenzando il turismo in genere, trova nello specifico di quello “culturale” il campo privilegiato di soddisfacimento delle proprie esigenze: spostarsi per motivi più squisitamente culturali e paesaggistici impone un livello alto di coinvolgimento e partecipazione nei confronti di quelli che sono i simboli ed i significati attraverso i quali si esprime la cultura locale di luogo; tali tendenze, di conseguenza, impongono agli stessi territori azioni mirate e di qualità finalizzate al recupero, al rafforzamento ed alla corretta rappresentazione esterna della propria identità, del proprio genius loci, dal momento che essa diverrà uno dei principali attrattori dei visitatori, sempre più interessati alla ricerca di “autenticità” con la quale identificarsi e nella quale condurre molteplici esperienze emozionali. Per rispondere a parte delle esigenze di cui è portatore quello che possiamo definire “turismo esperienziale”, i beni culturali e le dinamiche per promuoverli stanno subendo significativi mutamenti che si vengono consolidando nel modus operandi di chi è chiamato a gestire i siti culturali. Fra le varie nuove tendenze ve ne una che se sapientemente pianificata è in grado di generare innalzamenti significativi del potenziale di un territorio in quanto agente direttamente sulla sua visibilità e riconoscibilità: si tratta dell’ “evento culturale”. Un evento culturale è per sua stessa natura finalizzato ad attrarre in uno specifico luogo un numero significativo di persone ad esso interessate. Dunque, un contesto poco frequentato se in grado di ospitare eventi di differente natura ripetuti nel tempo, vedrà inevitabilmente legarsi la propria immagine e la propria “vocazione” all’organizzazione di tali avvenimenti, mettendo in moto un meccanismo virtuoso in grado di stimolare, nel corso del tempo, anche la successiva nascita ed affermazione di una serie di iniziative economiche di “supporto” ed a “servizio” dell’organizzazione degli eventi principale. Un sistema di luoghi ed eventi culturali così così articolato potrebbe favorire, anzi richiederebbe, anche il costituirsi di un “micro-sistema” ricettivo strettamente connesso alle specifiche esigenze legate alla fruizione di tale particolare tipologia di offerta culturale.

8

ivi

12


TERRARTETECA: che fare? fare? Un contesto territoriale: Auletta. Una specifica area del Centro Storico: Parco a Ruderi. Un obiettivo: elaborare una nuova visione per il futuro di Auletta fondato su principi partecipativi/cooperativi fra risorse locali e non. Una proposta di rifunzionalizzazione dello spazio: Terrarteteca. Sismocultura per lo sviluppo locale. Un nuovo volto e una nuova vita per il Parco a Ruderi: i “Rioni e le stanze della cultura” (Immagine, suono, parola, arti figurative). Risultati attesi: trasformazione del Parco a Ruderi di Auletta in un laboratorio culturale stabile aperto, riferimento regionale e nazionale per la ricerca e documentazione del rapporto uomo-culturaterritorio per lo specifico dell’ interpretazione elaborata e sperimentata dalle diverse forme espressive artistiche.

“TERRARTETECA “TERRARTETECA. ERRARTETECA. Sismocultura per lo sviluppo locale”, locale”, project manager: manager: Luigi D’Aponte Se la finalità è quella di tramutare, attraverso la riqualificazione/rigenerazione del Parco a Ruderi, Auletta in un “territorio riconosciuto patrimonio culturale locale”, allora è dalla cultura che bisogna partire, dalla sua ricerca, dalla sua tutela, dalla sua condivisione, dalla sua trasmissione. Terrarteteca intende perseguire, promuovere ed affermare tale finalità attraverso la creazione di un sistema inedito, innovativo, sostenibile e remunerativo di rifunzionalizzazione degli spazi interni/esterni del Centro storico di Auletta che per il tramite della cultura, declinata/interpretata/comunicata secondo molteplici e variegati canoni e linguaggi antropologici ed artistici, mette a sistema, valorizza e rielabora in chiave contemporanea le diverse componenti che vengono costituendo il complesso rapporto sussistente fra comunità-cultura-territorio. Il nostro è un gruppo di progettazione/conduzione di matrice altamente interdisciplinare che componendosi di professionisti di provenienza accademica ed artistica intende verificare per il tramite di questo specifico concorso d’idee una modalità sperimentale di ideazione e realizzazione di processi di trasformazione urbana. Un gruppo di lavoro che è venuto elaborando la presente proposta progettuale a partire dall’ analisi e

13


valutazione delle criticità presenti sul territorio target e sintetizzabili in: a) b) c) d) e)

emigrazione/fuga delle risorse giovanili del territorio; elevata problematicità nell’incremento dell’attrattività turistica locale; discutibili interventi di ricostruzione post-terremoto sia in termini funzionali che estetici; livelli preoccupanti di degrado o rischio di degrado ambientale nelle aree non antropizzate del territorio; sempre più scarse opportunità di investimenti economici con conseguente negativa ricaduta in termini occupazionali.

Per provare a far fronte a tali complesse e profonde criticità del contesto, si è deciso di elaborare e presentare una progettualità che contenesse e facesse convivere al suo interno: 1. 2. 3. 4. 5.

recupero e valorizzazione delle memorie individuali e collettive; tutela e difesa del sistema ambientale rurale-urbano; rifunzionalizzazione e rivitalizzazione del Centro storico; sperimentazione di un modello di gestione partecipato e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico; messa in rete locale, regionale, nazionale di Auletta con soggetti pubblici e privati, istituzionali e informali, individuali e collettivi, che operano e promuovono cultura (Università, Centri di Ricerca, Musei, Accademie, Associazioni, Ong, Fondazioni, ricercatori, studenti, ecc.).

L’area del Parco a Ruderi viene così idealmente e fisicamente suddivisa in quattro diverse zone, quattro “Rioni” ognuno dei quali a sua volta suddiviso in “Stanze”; ad ogni Rione corrisponde una specifica modalità di ricerca/analisi/rielaborazione del rapporto Uomo-Cultura-Ambiente secondo una delle quattro discipline artistico-antropologiche assunte a riferimento: Rione Rione Rione Rione

1 e 2: “Archivio del Territorio Narrante” (la parola; l’immagine); 2: “VideoGrafie” (l’immagine); 3: “Tracce sonore” (il suono); 4: “Poetiche figurative dello spazio” (le arti figurative).

Cuore centrale del progetto è l’ “Archivio del territorio narrante”, contenitore di segni, tracce, documenti che testimoniano in maniera diretta il complesso legame che la comunità, per il tramite della cultura declinata nelle sue forme locali, viene intessendo con i propri ambienti di vita: foto e cinema di famiglia, cinema amatoriale/documentario, cinematografia a tema, diari, memorie scritte, lettere, cartoline, manifesti, fonti scritte e orali, oggetti del quotidiano, tutto quanto culturalmente prodotto “dal basso e per la gente” viene costituendo il “contenitore” (l’archivio) che preserva e ricorda il “contenuto” (la memoria) il quale diviene oggetto da comunicare/reinterpretare/attualizzare per gli altri “Rioni” e le altre discipline coinvolte. 0gnuna delle quattro zone nelle quali viene suddivisa l’intera area del Parco a Ruderi, utilizzerà alcuni degli spazi edificati presenti dando vita alle “stanze della cultura”. Nello specifico ogni “Rione” è fisicamente e funzionalmente così articolato: SPAZIo FISSO: dove vengono ad insediarsi le attività continuative di programmazione/organizzazione, raccolta ed elaborazione dati e documenti (sezioni Archivio, centro documentazione, settore studi e ricerca, segreteria operativa). SPAZIO SPERIMENTALE: sono gli ambienti, interni ed esterni, dentro i quali nei diversi “Rioni” vengono realizzandosi le attività laboratoriali e di workshop programmate nel corso dell’anno, di durata variabile (giornaliere, weekend, settimane, attività mensili e/o bimestrali e comunque articolabili sulla base anche delle esigenze poste dalle Istituzioni o dai gruppi partecipanti alle iniziative proposte) ed attraverso le quali vengono producendosi “segni e documenti” che concretizzano in forme tangibili, per il tramite del “fare artistico”, la ricerca/azione sui temi del rapporto uomo-cultura-territorio avanzata dal “sapere antropologico”. La documentazione prodotta in ambito laboratoriale viene poi conservata e diffusa sia per il tramite di pubblicazioni editoriali (i “quaderni del Borgo”), sia attraverso una piattaforma web aperta, riferimento virtuale per tutto quanto accade e viene prodotto nel corso del tempo dentro il territorio reale.

14


SPAZIO TEMPORANEO: gli oggetti artistico-culturali prodotti dalle iniziative promosse nei workshops diventano anche parte essenziale nella fase di realizzazione delle “installazioni temporanee” allestite a conclusione dei diversi cicli laboratoriali realizzati in ciascun’area del Parco a Ruderi. Lo spazio temporaneo è così costituito da installazioni ambientali interne/esterne mutevoli nel corso del tempo in forma, sostanza e contenuto, metafora della mutevolezza di forme, sostanza e contenuti della stessa città, delle sue dinamiche, dei segni che essa viene definendo. Uno spazio storico-urbano così rifunzionalizzato diviene potenziale meta di turismo culturale e di studio per diverse tipologie di fruitori/visitatori: - studioso (Università, centri ricerca, istituzioni scolastiche, musei, ecc,) per lo SPAZIO FISSO; - sperimentatore (tipologie sopraindicate, associazioni, gruppi formali e informali locali, singoli cittadini,ecc.) per lo SPAZIO SPERIMENTALE; - viaggiatore (gruppi organizzati di turismo culturale, scolastico e di studio, gruppi turistici informali, singoli visitatori, ecc.) per lo SPAZIO TEMPORANEO.

“Archivio del territori territorio erritorio narrante arrante” (Rioni (Rioni 1/2), /2), referenti referenti: Elena Ezechielli, Luigi D’Aponte “Come prima caratteristica, la conoscenza di tutti i fatti umani nel passato, della maggior parte di essi nel presente, ha quella di essere una conoscenza per tracce” [Marc Bloch] Tracce che raccontano qualcosa e che mostrano la storia non come semplice accumulo di fatti, ma come ricostruzione di ambienti, di condizioni di vita, di lavoro e di cultura. Tracce che allo stesso tempo hanno bisogno di essere raccolte, conservate e mostrate per assolvere alla loro latente funzione di fonte/documento. Perché un “Archivio del territorio narrante” ad Auletta? La città è la memoria storica vivente, in rapporto contemporaneo con la natura e quindi con il territorio, con la cultura e dunque con le comunità che la producono. La città è per sua indole e definizione un contesto antropizzato il cui fine è garantire la riproducibilità nel corso del tempo delle comunità umane che la abitano, così come delle azioni che queste pongono in essere rispetto al contesto territoriale e finalizzate a garantirne la sopravvivenza. Dunque la città è spazio naturalmente proteso verso il futuro. Cosa serve dunque in uno spazio urbano come quello del borgo storico di Auletta, svuotato della dinamicità umana e culturale propria di un luogo abitato? È necessario ridare visioni di futuro allo spazio fisico e alla componente umana andando ad esplicitare in maniera tangibile e concreta quella memoria storica vivente che terremoto e post terremoto hanno temporaneamente nascosto al visibile. Nasce da qui l’esigenza di assemblare un “contenitore” (l’archivio) dove poter far riemergere al vissuto e alla percezione delle comunità locali e non, tale memoria storica, tramutando quest’ultima in un “contenuto” (inter)attivo, che liberato dai vincoli della mera conservazione, possa essere studiato, riutilizzato e fruito a servizio di un percorso di ricostruzione identitaria del territorio e della comunità che lo abita. Attraverso tale processo la memoria si fa pensiero contemporaneo riattualizzato alle nuove esigenze degli abitanti e propedeutico alla ridefinizione/rifunzionalizzazione delle destinazioni d’uso dello spazio edificato. Quale memoria, dunque, da archiviare e riattualizzare? È la memoria costituita dal sedimentarsi di tracce che gli individui e le collettività hanno lasciato nel corso del tempo sulla pelle di terra e di pietra di Auletta: da fonti orali (il vissuto comunitario; le microstorie individuali; l’oralità popolare), da fonti scritte (lettere; cartoline; diari; manifesti; quotidiani; documenti), da fonti materiali (gli oggetti del quotidiano) e da immagini fonte (foto; cinema di famiglia; cinema amatoriale/documentario; cinematografia a tema), di queste molteplici e variegate componenti viene costituendosi l’Archivio del Territorio Narrante. Un archivio così fatto non rischia di ridursi ad una pura “chosologie”, ovvero accumulo di oggetti e documenti vari, ma diviene strumento culturale in graduale e continua evoluzione, che per il tramite dei percorsi dinamici che è in grado di produrre a partire dalla propria collezione, disegna un movimento a spirale che mai si congiunge chiudendosi in se stesso ma progressivamente evolve realizzando nuova contemporaneità e quindi futura memoria che nasce e si afferma in continuità con quella precedentemente raccolta e archiviata. Con tale ottica l’Archivio del Territorio Narrante diviene un vero e proprio centro di studio e ricerca, all’interno del quale le molteplici fonti possedute

15


possono concretamente dialogare tra loro seguendo logiche e interazioni/integrazioni di carattere interdisciplinare e che tramutano in spazio di interrogazione infinita lo stesso Archivio, dove tutto ciò che afferisce al rapporto uomo-cultura-territorio può essere scoperto, analizzato, comparato, unito, separato e sempre e comunque dinamicamente valorizzato.

“VideoGrafie” (Rione 2), referente referente: Davide Lonardi L’ idea e’ legata alla scrittura per immagini, al racconto dello spazio attraverso l’immagine fotografica e in movimento. Grazie alla scrittura, alla registrazione degli eventi, al decifrare il territorio attraverso un obiettivo cerchiamo di ricavare un catalogo morfologico dell’area di studio. Il ciclo giorno/notte, i fenomeni di luce, gli eventi sismici, le fratture del paesaggio ci restituiscono una immagine complessiva che possiamo chiamare “immagine naturale” o breve cronistoria del paesaggio. Tutte le immagini prodotte e le ricerche confluiranno, in una fase successiva, nell’elaborazione di idee installative e in documenti di sintesi della ricerca. Una mappatura tridimensionale del parco a ruderi sara’ l’atto finale e potra’ essere letta come un volo sul recente passato e/o come un ideale visione futura. FASE DI PROGETTAZIONE (spazio ricerca): La fase di progettazione coinvolge direttamente i partecipanti e si sviluppa sull’elaborazione di gruppo delle caratteristiche emerse dall’ambiente e dal paesaggio visivo. Il concetto cardine di immagine naturale indichera’ quali elementi dell’ambiente hanno maggior rilevanza nell’ecosistema del paese e dello spazio. Si progetteranno a partire da questo una serie di interventi individuali che occuperanno gli spazi temporanei sotto forma di installazioni nell’arco del periodo di workshop e che saranno frutto del dialogo con lo spazio da parte dei partecipanti con la tecnologia e l’ambiente. SVILUPPO LABORATORIALE (spazio sperimentale): un gruppo di lavoro che porta creativita’ e energie individuali, con il quale sviluppare in dialogo positivo i principali temi di indagine del percorso. Grazie alla collaborazione di gruppo i risultati installativi saranno in grado di mostrare diversi approcci e punti di vista sul paesaggio e sul territorio, evidenziando il carattere multiforme dell’ambiente e le varie possibilita’ espressive delle immagini a supporto dell’idea generale: a) Analisi dello spazio visivo: si parte da un’ esplorazione dello spazio nella sua interezza. Si analizzano le vedute, gli sguardi possibili, i fattori che influenzano maggiormente l’immagine e le prospettive. Si valorizzano tutti gli aspetti che compongono il quadro generale del visivo e che metta al centro il paesaggio, il territorio e l’abitare. b) Micro e macro effetti: in un territorio la ricchezza la fa l’insieme dei fenomeni e dei processi. Una attenta valutazione di queste componenti ci aiutera’ a creare una morfologia reale del paesaggio di Auletta e del contesto territoriale d’appartenenza. c) Morfologie: la morfologia visiva, come quella di una forma, di un territorio, e’ l’ aspetto identitario, il carattere principale, la personalita’. Questa fase specifica laboratoriale indagherà dunque attraverso strumenti e linguaggi visuali la personalita’ dei luoghi. La morfologia visiva sara’ poi uno degli elementi fondamentali su cui elaborare le successive proposte installative. d) La rete/la mappa: la rete di relazioni sul territorio, con le sue dinamiche mai ferme nel tempo determinate dalle azioni umane, dall’uso stesso che l’uomo fa del paesaggio, viene tradotta in una mappa d’insieme che permettera’ al gruppo di lavoro di avviare la mappatura visuale del territorio. La mappatura vera e propria e’ la fase in cui si riposizionano sulla mappa i punti di osservazione e a ciascuno di essi si associano i materiali visuali elaborati. Alla fine del processo sara’ possibile visualizzare la connessione tra i punti e ricostruire la “mappa globale dell’immagine del tangibile e dell’intangibile” che verrà realizzandosi nel corso delle attività laboratoriali. Questa mappa diverra’ in ultima analisi una vera e propria carta geo-visiva aggiornabile e da poter installare negli spazi d’esposizione allestiti con touch-screen interattivi e consultabili. e) Percorsi im/possibili: tutte le mappe permettono congiunzioni molteplici tra i punti su di esse tracciati, nel nostro specifico caso trattandosi di luoghi reali, alcune traiettorie risulteranno possibili e altre no, questo permetterà di estrapolare ipotetici e realistici percorsi di scoperta dei nodi presenti sulla mappa visuale del territorio di Auletta. f) Esperimenti: tratteremo liberamente il materiale raccolto e produrremo i piu’ vari esperimenti visivi che possano aggiungere e arricchire il dialogo con il paesaggio. Tutti i mezzi espressivi tipici dell’esperienza visiva saranno leciti, grafica, fotografia, 3d, animazioni tecniche di ripresa speciali...

16


g)

Elaborazione del materiale: si opera una scrematura e una “raffinazione” allo scopo di valorizzare le operazioni meglio riuscite e di rendere organico il risultato del lavoro partecipato. Durante quest’ultima fase si affrontano anche le peculiarita’ e le esigenze che concretamente richiederanno le installazioni finali.

INSTALLAZIONI (spazio temporaneo): il lavoro si compie con la realizzazione di veri e propri oggetti, ossia installazioni che contengono al loro interno immagini in movimento. Le installazioni vengono pensate per un uso temporaneo in spazi esterni e permanente in interni (presso le stanze destinate ad ospitarle). Alcuni luoghi selezionati nel paese vedranno comparire piccoli o grandi oggetti inaspettati che ravviveranno angoli e daranno vita a nuove percezioni dello spazio. Non solo come oggetti d’arte visiva, ma anche come risultato del lavoro svolto, le installazioni testimonieranno il processo di studio attraverso il quale la coscienza dello spazio e di un paesaggio si possono esprimere e raccontare con l’uso dinamico dell’immagine. A fine di ogni ciclo annuale di interventi sarà realizzato il documento di sintesi finale, un documentario, un film dei processi e del periodo di lavoro riguardante la totalità delle attività svolte all’interno del borgo di Auletta recuperato a laboratorio culturale stabile aperto. Scopo principale sarà quello di raccontare il caleidoscopio delle esperienze che si sono succedute e che hanno visto il paese colorarsi, essere vissuto in un modo nuovo durante il ciclo di iniziative ed azioni culturali. Un ulteriore documento di sintesi sarà anche il lavoro di mapping 3d sul parco a ruderi, espressione di una coscienza globale dell’area geografica e della cultura locale che si trasforma in un elemento di coscienza attiva riportando i ruderi a nuovo ed inedito splendore.

“Tracce sonore” (Rione 3), 3), referente: Barbara De Dominicis "Una volta che un’ impronta sonora è stata identificata, meriterebbe di essere protetta, perché le impronte sonore rendono unica la vita acustica di una comunità" [Pierre Schaeffer] PREMESSE: a partire dalle esperienze del surrealismo che ripensano il concetto di cartografia tradizionale restituendoci delle mappa concettuali di alcuni luoghi simbolo, (uno splendido esempio è la personalissima Parigi personale tracciato da Breton nella sua Nadja) si è cominciata a delineare una rappresentazione dello spazio in base al flusso di emozioni di chi lo attraversa. Ma è con i situazionisti di Debord che si definisce un vero e proprio concetto di psicogeografia e la conseguente elaborazione di mappe assolutamente arbitrarie e personali, legate alla percezione soggettiva e sensoriale dei luoghi ma soprattutto a delle esperienze casuali. Abbandonarsi ad una “derivé”, una deriva, vagare, camminare per la città, senza meta, perdersi attratti da possibili incontri ed eventi che “registrati” permettono di comporre un personalissimo puzzle urbano, una mappa “psico geografica”. Sul finire degli anni sessanta le ricerche di Murray Schafer definiscono il concetto di Paesaggio Sonoro che si andrà sostanziando negli anni avvenire soprattutto grazie all’apporto di figure come John Cage e Alan Lomax. Introdotto da Murray Schafer nel suo libro del 1977 ”The Tuning of the World” la definizione di paesaggio sonoro contempla l’inclusione "tutti i suoni di un particolare ambiente che raggiungono l’orecchio umano". CONCEPT: cercheremo di mettere da parte le nostre consuetudini legate al modo di vivere gli spazi e tenteremo di disegnare il nostro territorio partendo da un punto di vista strettamente emozionale e prevalentemente sonoro. Il nostro intento è dunque quello di raccontare un territorio affidandoci tanto alla pratica situazionista delle mappe psicogeografiche quanto e soprattutto alla percezione sonora che ne definisce e racchiude l' essenza sonica, unica ed irriproducibile. L'emporio di memorie che vorremmo addensare racconta il paesaggio sonoro di Auletta tramite differenti strumenti che interagiscono insieme al fine di delineare un quadro della zona su più livelli. Quasi un almanacco delle diverse sensazioni e identità sonore del comune attraverso una serie di audio ritratti. L’ intento è quello di produrre una serie di mappe sonore, ciascuna atta ad illustrare un diverso aspetto dell’identità acustica territoriale di Auletta e geolocalizzate attraverso Google Maps. La mappe sonore si tradurranno in una serie di eventi/interventi collegati tra loro che contribuiranno sia alla creazione di un vero e proprio archivio sonoro di Auletta, che di un progetto web di arte partecipatoria in cui ciascun soundcatcher interagisce partecipando attivamente alla costruzione di mappe interattive concettuali.

17


SPAZIO SPERIMENTALE: un primo stadio è rappresentato dalla mappatura degli spazi nel perimetro di Auletta con riferimento a tre specifiche sottocategorie: ambiente [suoni antropici e naturali con particolare attenzione a quel microcosmo che rappresenta il residuo sonoro del sisma]; spazio pubblico [commercio, edifici pubblici e circolazione a tracciare la quotidianità del territorio]; spazio privato [memoria del luogo, memoria collettiva, memorie intime, memoria sismica: i temi della memoria del sisma e della conseguente perdita di identità e successiva riconciliazione con i luoghi del terremoto]. Questa prima fase sarà strettamente connessa all’attività laboratoriale (spazio sperimentale), verrà realizandosi nel contesto urbanizzato di Auletta così come negli ambienti meno antropizzati. La mappatura, interattiva e multidimensionale, organizzata con esplorazioni strutturate e pianificate nel corso del tempo, garantirà il graduale realizzarsi di un archivio sonoro dei luoghi. Il lavoro verrà così strutturandosi come un vero e proprio esperimento di soundscape composition, realizata in forma di workshops collettivi volti a promuovere l’interazione fra “field recordists” professionisti usi alla pratica del paesaggio sonoro, sperimentatori e popolazione locale [chi sarà sprovvisto di attrezzature sarà dotato di un kit di eplorazione sonora/ raccolta suoni; i laboratori metteranno i neofiti della raccolta di materiale audio in condizione di imparare a gestire tutte le fasi del processo creativo, inclusa quella dell'interazione e condivisione su piattaforme interattive] Un' altra fase cruciale di laboratorio si concentrerà altresi sullo sviluppo di una piattaforma internet per il mapping collettivo. Il lavoro sonoro sul territorio verrà ad integrarsi con quello di tipo visivo. Il secondo stadio sarà rappresentato dal lavoro d’inventario dei materiali raccolti: i suoni raccolti saranno suddivisi rispettando la catalogazione di Murray in Suoni della natura - Suoni dell’uomo – Suoni e società – Suoni meccanici – Calma e Silenzio – Indicatori sonori. La classificazione dei materiali ci permetterà, in una successiva terza fase di lavoro (lo Spazio temporaneo), di declinare gli stessi in più modi: installazioni sonore, piattaforme web e dvd [itinerari di visita basati su mappe sonore digitali], mappe interattive, performance live [da realizzare sulla base di collaborazioni con una serie di realtà nazionali ed internazionali attive in questi ambiti]. SPAZIO TEMPORANEO: Installazioni/Rielaborazioni audiovisive/Perfomances: Installazioni: le installazioni sonore saranno create in situ e disseminate lungo diversi percorsi [in numero di circa 16 lungo l’intero perimetro del Parco a Ruderi]. L' idea è quella di produrre dei piccoli oggetti da "inserire" armonicamente nell' ambiente in forma i appendice sonica del territorio. Rielaborazioni audiovisive: l’ insieme dei suoni nelle sue sottocategorie sarà installato su una serie di pannelli [touch_screen] e potrà essere miscelato dai fruitori mescolando, scomponendo e ricomponendo una serie di grafismi sonici contemporaneamente ad immagini proiettate e ad essi correlate. Performances: la musica sarà il frutto della rielaborazione elettronica dei suoni registratu durante le attività svolte nei diversiworkshops. La performance musicale sarà accompagnata da immagini a loro volta generate nel corso della mappatura del comune di Auletta

“Poetiche figurative dello spazio”, spazio”, referenti referenti: Ilaria Moscato, Moscato, Luigi D’Aponte PREMESSE: “Quella notte stessa ricevetti le prime telefonate. Gli artisti chiedevano: possiamo fare qualcosa? Subito ebbi l'idea che l'arte c'entrava in qualche modo. Si doveva rispondere all'evento catastrofico. C'era dell'energia nell'arte, tanta energia da potersi contrapporre a quella scatenata dalla Terra". Così Lucio Amelio, gallerista di notorietà internazionale, ebbe l'idea di creare a Napoli un cantiere work in progress sul tema del terremoto. Artisti di fama consolidata e giovani destinati ad emergere in futuro arrivarono a Napoli, per vedere con i propri occhi la tragedia dell'Irpinia. Ciascuno di loro realizzò delle opere, segnate dall'espressione di quei giorni, e che dal 1980 “presiedono” e preservano la memoria di quel triste e tragico evento. Molto spesso però la memoria, il ricordo, se non alimentati da “tanta energia da potersi contrapporre a quella scatenata dalla Terra”, possono diventare passiva contemplazione e sterile reminescenza di eventi passati, andando così ad aggravare quell’interruzione del rapporto culturale tra uomini e ambiente che inevitabilmente si viene comunque a creare in un territorio colpito da un evento sismico. Ed è ancora l’arte, in quanto forma comunicativa e sperimentale di linguaggi e codici, a poter colmare tale interruzione attraverso racconti e rappresentazioni in grado di vivificare

18


il passato e di esaltare il presente di un territorio, facendoli diventare importanti valori di richiamo e di attenzione costante. Poetiche figurative dello spazio è un azione culturale contro la contemplazione che muove dall’esempio di opere ed artisti che dagli anni Cinquanta in poi hanno rivisitato l’idea di paesaggio inteso come territorio dell’azione e non più della mera osservazione passiva, in forza di un più elastico concetto di autorialità che riconosce allo spettatore un ruolo partecipativo dell’opera stessa in quanto corpo costruttore e possessore attivo dello spazio, creatore di “architetture” (intese come strutture e forme) soggettive e fluide, in continua metamorfosi. La riflessione sul presente e sulla storia del comune di Auletta (in relazione al dramma del terremoto) verrà dunque condotta attraverso mezzi e tecniche in grado di descrivere e raccontare il territorio attraverso le pratiche, le tecniche e i linguaggi delle arti figurative, concretizzandosi nella forma di workshop e laboratori che verranno realizzandosi all'interno delle stanze del Rione d’appartenenza, oltre che nei “diversi” ambienti naturali MAPPE EMOZIONALI: l’aspetto più interessante e nello stesso tempo più problematico, nel rapporto con un luogo, con un territorio, è che non lo si può cogliere totalmente nella sua natura più insita e tangibile; abbiamo tutti l’impressione di comprenderlo o di poterlo identificare e raccontare, ma in realtà ne siamo incapaci, salvo forse sul piano emozionale. A questa “insufficienza” Poetiche figurative dello spazio risponde con un progetto/processo di visualizzazione del territorio, personale e soggettivo, attraverso la creazione di svariate e particolari tipologie di “mappe emotive” che indagano il rapporto tra soggetto e territorio, tra identità privata e spazio pubblico. Ogni individuo, infatti, possiede una personale geografia interiore che gli consente di intraprendere uno strano viaggio che favorisce il percepire, attraverso il sentimento, il mondo fisico e architettonico in cui si vive. Entrare in contatto, percorrere, un luogo, un territorio, significa lasciare delle tracce, dei segni. E noi nel nostro attraversamento, porteremo il nostro passato e la nostra esperienza del mondo, con tutte le visioni che fanno parte del nostro bagaglio culturale. Per la realizzazione delle “mappe emotive” sono previste le seguenti sei fasi: 1.

2.

3.

4.

Raccolta e selezione dei materiali sulle storie personali dei partecipanti ai laboratori: foto album di famiglia, lettere, racconti personali, etc [oltre ai materiali dei partecipanti si farà riferimento anche a quanto custodito nell’”Archivio del territorio narrante”]; Raccolta di informazioni e dati, attraverso dispositivi audiovisivi, sui “luoghi cari” e che rivestono un particolare significato per le soggettività e le collettività coinvolte nel workshop (sulla scorta del paesaggismo fotografico di Luigi Ghirri). Excursus sulla storia e sulle tecniche di realizzazione delle mappe emotive con particolare riferimento a la Carte de Tendre di Madeleine de Scudéry (1650ca. considerata il primo esemplare del genere), alle “mappe psicogeografiche” di Asger Jorn e Guy Debord, fino ad arrivare alle più recenti sperimentazioni in questo campo di Annette Messager, Heide Fasnacht, Guillermo Kuitca,etc Realizzazione delle mappe emozionali ed installazione delle stesse negli spazi pubblici/privati del Rione.

G(io)GRAFIE: MAIL ART: l’esame dell’arte della mappatura, con la sua rappresentazione della vita in movimento, può essere collegato al tema del moto, dell’emozione che descrive e racconta una geografia intima. Ulteriore attività di arricchimento della presente proposta riguarda l’utilizzo in chiave artistica delle storie personali dei partecipanti prodotte a seguite di esperienze di attraversamento e percezione di luoghi e territori, per il tramite del viaggio. Ma lo strumento di locomozione, il “medium di viaggio” che si andrà ad adottare è del tutto particolare: la Mail Art (una pratica artistica d'avanguardia che consiste nell'inviare per posta a uno o a più destinatari cartoline, buste, e simili, rielaborate artisticamente; mail art è, contemporaneamente, il messaggio spedito e il mezzo attraverso cui è spedito). In questo modo una “parte del noi” (rappresentata dalla mappa emotiva soggettiva) viaggerà “realmente e materialmente” nello spazio fisico ed instaurerà nuove e significative relazioni emotive e immaginative tra il territorio-reale di Auletta e quelli sognati e fantasticati dai “mittenti” nei loro “viaggi postali”. Sulla scorta delle esperienze di “arte postale” realizzate da Alighiero Boetti tra gli anni ’60 e ’70 - per l’attività sulla mail-art sono previste le seguenti due fasi: 1.

le mappe emozionali precedentemente realizzate, verranno ridotte nel formato cartolina.

19


2.

a seconda delle particolari indicazioni di ogni partecipante ai laboratori, le mappe emotive, verranno spedite in diversi luoghi del mondo, ma ad indirizzi non esistenti; le cartoline che torneranno al mittente verranno conservate ed utilizzate per successivi percorsi di mostra ed esposizione: abbiamo ridotto a formato cartolina le nostre mappe emotive e le abbiamo inviate in giro per il mondo, ed ora esse ritornano a noi cariche delle esperienze di cui si sono intrise in quanto oggetti artistici in movimento nello spazio reale ed in contatto con persone e luoghi differenti del pianeta.

Gli oggetti artistici realizzati, così come la documentazione fotografica e audiovisiva delle diverse fasi del processo di creazione/produzione, verranno a costituire, negli appositi “spazi temporanei”, uno specifico percorso espositivo che assumerà la forma di installazioni ambientali ed interattive a fruizione sia degli stessi partecipanti che dei visitatori “di passaggio”. ARTSCAPE: un termine che cerca di sintetizzare l’idea di un intervento sul paesaggio mediato da un approccio di matrice artistica. Sulla scorta delle esperienze di rilevazione dello spazio e della sua ridefinizione per il tramite dell’azione e dell’esperienza artistica condotte da alcuni artisti contemporanei come Richard Long, Peter Greenaway, Dan Graham, le attività laboratoriali proposte saranno orientate e finalizzate alla realizzazione di installazioni permanenti (che si integrino in maniera armonica e non invasiva con lo spazio storico-urbano esistente) e temporanee. Per l’attività denominata ARTSCAPE sono previste le seguenti due fasi: 1. Raccolta di materiali naturali sul territorio 2. Assemblaggio e realizzazione di installazioni permanenti o temporanee

20


Epilogo Un bene assolve alla sua funzione culturale solo quando la comunità che lo deve tutelare e promuovere è a conoscenza della sua esistenza e ne comprende le valenze storiche ed identitarie; quello stesso bene diviene strumento di sviluppo quando è calato in un contesto, una rete, in grado di andare a sollecitare il bisogno di conoscenza, il desiderio di vivere nuove esperienze, che è proprio delle nuove forme di turismo. Le economie avanzate non possono più negare la fondamentale importanza che la dimensione culturale ha assunto: il capitale sociale di un intero Paese o di una singola città si misura oggi a partire dalle scelte che i cittadini compoiono proprio sul versante dell’aggiornamento e ampliamento delle proprie conoscenze, anche e soprattutto attraverso la fruizione di una molteplicità di attività culturali. In un momento storico così complesso e problematico com’è quello che attraversa oggi l’Italia, una possibile via di “ripresa” sembra essere proprio quella tracciata dall’inestimabile patrimonio culturale e paesaggistico in nostro possesso che ci rende, senza possibilità di smentita alcuna, uno dei più bei posti del mondo da visitare ma soprattutto in cui poter vivere. La cultura è l’unica straordinaria risorsa di questo nostro Paese e lo è da migliaia di anni, lo sappiamo, lo abbiamo sempre saputo, ma soprattutto a partire dalla metà del Novecento lo abbiamo deliberatamente voluto dimenticare. Il solo modello competitivo di sviluppo da noi adottabile per il futuro prossimo venturo ed in grado di offrire al contempo crescita economica, sostenibilità ambientale, benessere individuale e coesione sociale è quello fondato sulla cultura e sugli infiniti “beni” che la compongono: diversamente e realisticamente, molto altro a nostra disposizione non c’è. Senza cultura non c’è futuro, senza cultura non c’è Auletta.

21


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.