ammiccamento

Page 1

EDUCATIONAL

L’ammiccamento dell’occhio Sapete che nell’arco della nostra vita gli ammiccamenti delle nostre palpebre corrispondono ad una quantità di tempo uguale a quella che trascorriamo mangiando? di Karen French e Jane Veys

Passiamo circa 5 anni con gli occhi chiusi per effettuare questo movimento automatico. Normalmente una persona lo fa 1520 volte al minuto, il che vuol dire più di sei milioni di ammiccamenti in un anno.

Figura 1. Durante l’ammiccamento vi è un ampio movimento verso il basso della palpebra superiore, ed un piccolo movimento mediano di quella inferiore (per gentile concessione di Johnson & Johnson Vision Care)

Perché ammicchiamo? L’ammiccamento è un rapido movimento delle palpebre che ha una durata di circa 300400 millisecondi. Il riflesso del battito avviene in risposta agli stimoli esterni per proteggere l’occhio dalle particelle estranee, dalla luce intensa e dalla possibilità di lesioni. L’ammiccamento spontaneo delle palpebre è quello regolare che avviene in assenza di stimoli esterni apparenti. La sua funzione principale è quella di inumidire la superficie oculare ridisponendo il film lacrimale, eliminare il pulviscolo dalla superficie dell’occhio ed aiutare il drenaggio delle lacrime.

132 P.O. Professional Optometry® Aprile 2008

L’ammiccamento ed il film lacrimale Le palpebre sono essenziali per la distribuzione ed il drenaggio delle lacrime. Il loro ammiccamento aiuta a distribuire il fluido lacrimale verso il basso e sul bulbo oculare. L’azione verso il basso della palpebra superiore elimina il pulviscolo dalla superficie anteriore dell’occhio spingendolo verso il menisco lacrimale inferiore. A sua volta, la retrazione della palpebra superiore attira dietro di sé il fluido lacrimale dal menisco lacrimale inferiore alla superficie anteriore dell’occhio, ripristinando il film lacrimale preoculare1. Le cellule caliciformi della congiuntiva tarsale producono muco che viene distribuito sull’epitelio corneale durante un ammiccamento per formare lo strato più profondo del film lacrimale. Un ammiccamento delle palpebre efficace massimizza tale diffusione e distribuzione della mucina sulla cornea. Il reciproco accostamento delle palpebre durante il battito favorisce la secrezione di lipidi dalle ghiandole di Meibomio2, che dall’angolo interno del bordo palpebrale si distribuiscono sul film lacrimale ad ogni ammiccamento. Questo meccanismo viene illustrato nella figura 1. L’ammiccamento è anche importante nel drenaggio lacrimale, che è un processo attivo mediato dalla contrazione del muscolo orbicolare3. Le lacrime si raccolgono nell’angolo cantale mediale aiutate dal movimento mediale della palpebra inferiore ad ogni ammiccamento. Vengono attirate nei puntini la-


EDUCATIONAL

crimali superiori ed inferiori, e quindi entrano nel sacco lacrimale attraverso i canalicoli. Dal sacco lacrimale convogliano poi nel condotto naso-lacrimale e poi nella cavità nasale. Fattori che influenzano l’ammiccamento Solitamente la frequenza dell’ammiccamento è per ogni individuo piuttosto costante ma può essere influenzata da fattori esterni4. La letteratura indica dai 10 ai 20 ammiccamenti al minuto5. L’attività mentale può incidere in modo significativo su questa frequenza. Una conversazione ed un richiamo verbale possono aumentarla fino a 20 battiti al minuto. Tuttavia, ci sono anche alcuni tipi di attività mentale in grado di ridurre tale frequenza. Una lettura generica può diminuirla da una media di 15 ammiccamenti al minuto a circa 8 ammiccamenti al minuto5. Funzioni visive più impegnative sono in grado di ridurre ulteriormente tale ritmo, così come lo sguardo indirizzato verso il basso5. Uno dei fattori maggiormente influenzanti è l’uso del computer. In condizioni normali, le persone hanno un calo medio dell’ammiccamento palpebrale di circa cinque volte durante l’uso del monitor7. Si ritiene che si inneschi un meccanismo che inibisce l’ammiccamento spontaneo, prolungando l’intervallo di tempo tra un ammiccamento ed il successivo sino a quando non sono state portate a termine le impegnative azioni intrinseche del compito visivo. L’ammiccamento può essere influenzato da stati emotivi, crescendo in caso di rabbia, ansia o eccitazione, così come di stanchezza. La relazione tra questo movimento e lo stato emotivo è legata all’attività della dopamina nel cervello: l’aumento dell’attività della dopamina si tradurrà in un aumento della frequenza dell’ammiccamento. Infatti molti ricercatori nel campo della psicologia utilizzano la frequenza dell’ammiccamento come un fattore non invasivo correlato alla funzione della dopamina10. I pazienti che soffrono di determinate psicosi, come ad esempio la schizofrenia, presentano una frequenza di ammiccamento accelerata, mentre nelle persone affette dal morbo di Parkinson, caratterizzato da bassi livelli di

134 P.O. Professional Optometry® Aprile 2008

dopamina, tale frequenza risulta ridotta11. Molti autori collegano il ritmo dell’ammiccamento alle condizioni della superficie oculare. Poiché una delle sue funzioni è quella di ripristinare un film lacrimale stabile, è una conseguenza logica ritenere che l’assottigliamento e la rottura del film lacrimale possano agire come innesco dell’ammiccamento successivo. In effetti è stato dimostrato che vi è una relazione significativa tra il tempo di rottura del film lacrimale e la frequenza del battito delle palpebre12. Un ambiente irritante in grado di influire sul film lacrimale aumenterà tale frequenza per esempio: l’aria condizionata, il riscaldamento centrale, bassi livelli di umidità, fumo di sigaretta o vento. I neonati hanno un ritmo di ammiccamento spontaneo molto basso, che è stato associato alla presenza di un strato lipidico denso che aumenta la stabilità del film lacrimale13. Anche l’anestesia topica della superficie corneale riduce la frequenza dell’ammiccamento palpebrale, suggerendo che la sensibilità corneale alla rottura del film lacrimale o ad un’altra variazione della superficie è un fattore in grado di influenzare la regolazione del battito. Ammiccamento e lenti a contatto Contrariamente all’opinione clinica generale, buona parte della letteratura ritiene che l’uso di una lente a contatto abbia poca influenza sulla frequenza dell’ammiccamento 6,8. Poiché la lente a contatto forma una superficie artificiale sulla cornea, si riduce la sensazione dell’imminente rottura del film lacrimale sulla superficie anteriore della lente. Quindi la stabilità del film lacrimale sulla superficie della lente a contatto influenza in modo minore la frequenza dell’ammiccamento rispetto a quella del film lacrimale sulla superficie corneale15. ‘ La frequenza dell’ammiccamento durante l’uso delle lenti a contatto viene influenzato principalmente dai livelli di comfort. Inizialmente può aumentare a causa della sensazione di corpo estraneo da parte dei bordi palpebrali. Anche una lente non idonea può aumentare il riflesso dell’ammiccamento. Il modulo del materiale di una lente a contatto è legato alla sua rigidità e quindi alla


EDUCATIONAL

sua resistenza meccanica al cambiamento di forma durante l’ammiccamento. Una lente avente un alto modulo di rigidità difficilmente sarà in grado di seguire la curvatura corneale durante l’ammiccamento. Questo può portare all’aumento della sensazione del bordo della lente sul margine palpebrale superiore ad ogni movimento di chiusura palpebrale Il coefficiente di attrito del materiale di una lente a contatto è la misura di quanto tale materiale sia in grado di resistere alla frizione. In particolare ci si riferisce al livello di frizione provocato dal movimento della palpebra sulla superficie della lente ad ogni suo ammiccamento, soprattutto se il film lacrimale pre-lente è insufficiente. Il basso coefficiente di attrito di una lente, cioè un alto potere lubrificante, può tradursi in una minore irritazione della palpebra

Figura 2a. Rappresentazione schematica del ‘lid wiper’.

Figura 2b. Tipico staining visibile nel LWE (per gentile concessione di Don Korb).

136 P.O. Professional Optometry® Aprile 2008

superiore durante l’ammiccamento e in una sensazione di superficie liscia, uniforme. Lo sfregamento del bordo palpebrale superiore durante il suo movimento sulla superficie di una lente avente una scarsa bagnabilità, in particolare nel caso di lenti con molti depositi, aumenterà probabilmente la frequenza dell’ammiccamento16. Considerato che le palpebre si chiudono all’incirca per 10.000 volte al giorno o più, l’effetto del materiale di cui è costituita la lente a contatto ed il comfort che ne consegue rivestono un ruolo importante17. Un’alta percentuale di portatori di lenti a contatto che riferiscono sintomi di secchezza oculare, anche in assenza di altri segni clinici quali staining corneale e ridotto tempo di rottura del film lacrimale, presenta una epiteliopatia del lid wiper (LWE)18. Il “lid wiper” è quella regione della congiuntiva marginale della palpebra superiore che entra in contatto con la superficie oculare e distribuisce le lacrime durante il l’ammiccamento (Figura 2). Se il film lacrimale fornisce una lubrificazione inadeguata tra il lid wiper e la superficie oculare aumenterà l’attrito con quest’ultima durante l’ammiccamento. Questo può provocare traumi all’epitelio del lid wiper e un’alterazione osservabile clinicamente tramite la colorazione effettuata con una combinazione di fluoresceina e rosa bengala. L’osservazione migliore si avrà utilizzando due gocce di fluoresceina a distanza di cinque minuti l’una dall’altra; in questo modo sarà possibile valutare l’estensione e la gravità dello staining. Chiusura palpebrale incompleta È stato dimostrato che il 10-20% delle persone effettua una chiusura palpebrale incompleta nelle attività visive. La percentuale di chiusura incompleta può variare molto da individuo a individuo e dipende anche da fattori esterni quali le condizioni ambientali, l’affaticamento, la vigilanza mentale e la difficoltà nel leggere. McMonnies16 ritiene che la chiusura palpebrale incompleta possa rappresentare un tentativo di inibire l’ammiccamento spontaneo nel momento in cui ci concentriamo su un compito visivamente impegnativo. Pertan-


EDUCATIONAL

to, una maggiore percentuale di chiusura incompleta può essere direttamente correlata ad un’attività impegnativa dal punto di vista visivo o intellettivo. La conseguenza della chiusura incompleta è un film lacrimale più sottile a livello della zona corneale inferiore, che è più predisposta all’instabilità. Gli intervalli più lunghi tra un battito e l’altro prima del ripristino del film lacrimale in questa area portano ad una maggiore evaporazione del film ed alla conseguente disidratazione della zona corneale inferiore. La chiusura incompleta diminuisce anche l’integrità dello strato mucinico e lipidico delle lacrime che contribuisce ad una più rapida rottura del film lacrimale nella zona inferiore della cornea. McMonnies ritiene che la percentuale di chiusura incompleta possa aumentare in pazienti sottoposti a chirurgia refrattiva laser, probabilmente come risultato del trauma dei nervi corneali durante la fotoablazione. Anche l’uso delle lenti a contatto può influenzare la corretta chiusura delle palpebre. La mancanza del giusto comfort, associata ad una lente con una scarsa adattabilità e bagnabilità, può provocare un’incompleta chiusura palpebrale durante l’ammiccamento.

Fattori in grado di aumentare la frequenza di ammiccamento • Conversazione • Ansia • Stanchezza • Condizioni ambientali irritanti (aria condizionata, riscaldamento centrale, fumo) • Scarsa stabilità del film lacrimale Fattori in grado di diminuire la frequenza di ammiccamento • Lettura • Aumento della difficoltà nelle funzioni visive • Uso del computer • Anestesia corneale

Tabella 1. Condizioni in grado di influenzare la frequenza di ammiccamento.

138 P.O. Professional Optometry® Aprile 2008

Esercizi per una corretta chiusura palpebrale La cheratopatia da esposizione e i sintomi di secchezza oculare che spesso accompagnano un ammiccamento ridotto o incompleto possono essere trattati incoraggiando l’abitudine ad una chiusura palpebrale completa ed efficiente. McMonnies18 propone alcuni esercizi: ai soggetti viene chiesto di effettuare 24 ammiccamenti completi in un intervallo di tempo non superiore a 30 secondi, consigliando loro di svolgere tale esercizio ogni mezz’ora per almeno 1 settimana. L’accento viene posto sulle chiusure complete, effettuate con un movimento naturale, rilassato e leggero, senza coinvolgere i muscoli delle sopracciglia o delle guance. Il battito dovrebbe essere rapido, della durata di circa un terzo di secondo. Ovviamente la formazione è un elemento chiave per incoraggiare le persone a fare gli esercizi. È importante che la persona sia consapevole del significato che riveste il suo problema di chiusura incompleta e dei vantaggi che può acquisire effettuando gli esercizi indicati. Può essere di aiuto mostrare delle fotografie come quelle riportate nella Figura 3. McMonnies ha sviluppato un opuscolo che i suoi pazienti possono portare a casa, la Blink Instruction Guide, che contiene spiegazioni ed illustrazioni dei motivi per i quali è importante avere una chiusura palpebrale corretta, insieme alle istruzioni per svolgere gli esercizi. Altre strategie volte a trattare i segni ed i sintomi di secchezza oculare includono l’uso di sostituti lacrimali e/o delle gocce lubrificanti per lenti a contatto. McMonnies consiglia di effettuare gli esercizi subito dopo aver instillato le gocce: questo permetterà al margine della palpebra superiore di avere l’effetto di un massaggio sulla superficie oculare per mezzo delle gocce lubrificanti, aumentandone il beneficio e facilitando la guarigione della cheratopatia da esposizione. Nel trattamento della secchezza oculare e della chiusura incompleta per i portatori di lenti a contatto è importante non ignorare l’ovvia possibilità di migliorare il materiale di cui sono fatte le lenti. Alcune possibili soluzioni possono comprendere il passaggio ad una più frequente sostituzione delle lenti atta a garantire livelli minimi di depositi superficia-


EDUCATIONAL

li, l’uso di un materiale che aumenti la bagnabilità e la lubrificazione e l’adozione di una procedura di pulizia efficiente.

Fattori in grado di aumentare la percentuale di chiusura incompleta delle palpebre • Condizioni ambientali irritanti (aria condizionata, riscaldamento centrale, fumo) • Affaticamento • Vigilanza mentale • Uso del computer • Aumento della difficoltà nelle funzioni visive • Chirurgia refrattiva • Lenti a contatto

Tabella 2. Condizioni in grado di influenzare una chiusura palpebrale incompleta durante il meccanismo di ammiccamento.

Sommario Non dovremmo sottovalutare la necessità di avere un chiusura completa e regolare durante l’ammiccamento al fine di conservare la buona salute ed il comfort dell’occhio. Negli studi medici sono fin troppo comuni le lamentele relative a sensazioni di fastidio oculare associato alla secchezza, sia tra i portatori che tra i non portatori di lenti a contatto. Il meccanismo di ammiccamento riveste un ruolo importante nell’idratazione dell’occhio ed ogni riduzione ad esso associata, sia in termini di completezza che di frequenza, è facile che si traduca in un aumento di possibili sintomi. Le persone a più alto rischio di problemi

Figura 3. La colorazione con fluorescina evidenzia la cheratopatia da esposizione che può derivare da una chiusura palpebrale incompleta durante il meccanismo di ammiccamento (per gentile concessione di Trusit Dave).

140 P.O. Professional Optometry® Aprile 2008

sono quelle che si dedicano ad attività che comportano una riduzione della percentuale di ammiccamenti, come la lettura e l’uso di computer. Quando la chiusura incompleta inizia a causare problemi, gli esercizi per un corretto meccanismo di ammiccamento possono rappresentare una possibilità di sollievo dal senso di fastidio oculare. L’azione combinata dei sostituti lacrimali e di tali esercizi ne potenzierà l’effetto terapeutico. Ringraziamenti Si ringrazia il Dr. Kathy Osborn per la sua competente revisione. Bibliografia 1. Lawrenson J. Ocular therapeutics - part 3; The ocular adnexa. Optician 2004; 227(5940): 28-33 2. Ruskell GL. Anatomy and physiology of the cornea and related structures. In: Phillips AJ, Stone J, eds. Contact Lenses. 3rd Ed., London: Butterworths; 1989 44 3. Lemp MA, Weiler HH. How do tears exit? Invest Ophthalmol Vis Sci 1983; 24(5): 619-22 4. Hart WM. The eyelids. In: Hart WM ed. Adler’s physiology of the eye. 9th Ed., St Louis: Mosby Year Book; 1992 9-10 5. Doughty MJ. Consideration of three types of spontaneous eye blink activity in normal humans: during reading and video display terminal use, in primary gaze, and while in conversation. Optom Vis Sci 2001; 78(10) 712-725 6. York M, Ong J. Robbins JC. Variation in blink rate associated with contact lens wear and task difficulty. Am J Optom Arch Am Acad Optom 1971; 48(6): 461-467 7. Patel S, Henderson R, Bradley L, Galloway B, Hunter L. Effect of visual display unit use on blink rate and tear stability. Optom Vis Sci 1991; 68(11): 888-892 8. Poniter JS. Eye blink activity with hydrophilic contact lenses. Acta Ophthalmol (Copenh) 1988; 66(5): 498504 9. Barbato G, De Padova V, Paolillo AR, Arpaia L, Russo E, Ficca G. Increased spontaneous eye blink rate following prolonged wakefulness. Physiol Behav 2007; 90(1): 151-154 10. MacLean WE, Lewis MH, Bryson- Brockmann WA, Ellis DN, Arendt RE, Baumeister AA. Blink rate and stereotyped behaviour: evidence for dopamine involvement? Biol Psychiatry1985; 20(12): 1321-1325 11. Mohr C, Sandor PS, Landis T, Fathi M, Brugger P. Blinking and schizotypal thinking. J Psychopharmacol2005; 19(5): 513-520 12. Prause JU, Norn M. Relationship between blink frequency and break-up time? Acta Ophthalmol (Copenh) 1987; 65(1): 19-22 13. Lawrenson JG, Birhah R, Murphy PJ. Tear-film lipid layer morphology and corneal sensation in the


EDUCATIONAL

development of blinking in neonates and infants. J Anat 2005; 206(3): 265-270 14. Naase T, Doughty MJ, Button NF. An assessment of the pattern of spontaneous eye blink activity under the influence of topical anaesthesia. Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol 2005; 243(4): 306-312 15. Collins M, Seeto R, Campbell L, Ross M. Blinking and corneal sensitivity. Acta Ophthalmol (Copenh) 1989; 67(5): 525-531 16. McMonnies CW. Incomplete blinking: exposure keratopathy, lid wiper epitheliopathy, dry eye, refractive surgery and dry contact lenses. Contact lens anterior eye2007; 30(1): 37-51 17. Osborn K, Veys J. A new silicone hydrogel lens for contact lens-related dryness, Part 1 – Material properties. Optician2005; 229(6004): 39-41 18. Korb DR et al. Lid wiper epitheliopathy (LWE) and dry-eye symptoms in contact lens wearers. CLAO J2002; 28: 211-216

Le autrici: Karen French PhD BSc (Hons) MCOptom è un optometrista del Cambridgeshire. Con un dottorato sulle proprietà dei materiali di cui sono costituite le lenti a contatto, ha scritto diversi articoli di formazione continua riguardo questo settore ed insegna alla City University. Jave Veys MSc MCOptom FBCLA FAAO è Education Director del Vision Care Institute™, Johnson & Johnson Vision Care, Europa, Medio Oriente ed Africa. È autrice di una serie online di formazione continua e autrice di un libro di testo sull’Uso delle Lenti a Contatto. Prima pubblicazione su Clinical Advice del 21 settembre 2007

Aprile 2008 P.O. Professional Optometry® 141


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.