Arippendino

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arippendino

Tutto parte dall'osservazione di un oggetto di uso assai comune, un aiutante insostituibile che, per lo più, rimane relegato nei nostri armadi, o comunque nascosto da quei capi che tanto amiamo ed ammiriamo. Semplice spalla nel gioco delle parti, le sue qualità potrebbero farne un comprimario, ma rimangono neglette e misconosciute.

La semplice forma triangolare si unisce ad un gancio che, per sua stessa natura, sembra porre la domanda : “ DOVE MI DEVO METTERE ? “


Nell'edizione 2011 della Biennale di Venezia, il Padiglione Italia diede origine ad una “ sezione diffusa “ ovvero una serie di mostre locali, nelle principali città italiane. In quella ambientata a Trieste, nel restaurato Magazzino 26 del Porto Vecchio, spiccava ed incuriosiva una struttura geodetica autoportante, dove gli appendini si snaturavano, dando vita a stelle, tanto esigue quanto presenti.

L'idea di un suo uso alternativo però, si sviluppa dalla sua versione più povera, in filo di ferro, eseguito da mani inconsapevoli, alla ricerca non di un'espressione dell'essere, ma di un mero tozzo di pane quotidiano. Nella collana “ arippendino “ l'oggetto diventa sostenitore e sostenuto, allo stesso tempo offerente di tesori e di se stesso, in una danza che, per una voluta similitudine, prende nella parte pendente, la forma di un pesce preso all'amo, ad un gancio indagadore alla cui domanda dovremo rispondere....

“ DOVE MI METTO ? “




c.gussini_collana “arippendino�


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