Sauro Cavallini | Bronzo in Movimento

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Gli auguri dell’amico Giacomo Manzù

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Gli auguri dell’amico Pericle Fazzini

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CAVALLINI SCULTURE

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INDICE

9 Presentazione di Umberto Baldini

Testimonianze di Amedee Turner Carlo Bo Carlo Ludovico Ragghianti Giacomo Manzù Giovanni Spadolini Harold Hacton Mario Bucci Mario Luzi Pericle Fazzini Pier Francesco Listri Pier Carlo Santini Rolando Bellini Sandro Pertini Tommaso Paloscia Umberto Baldini

Opere in BRONZO 12 13 14 15 17 19 20 21 22 23 24 25 26 27 29 31 Opere a TEMPERA 34 35 36 37 39 Opere MONUMENTALI 43 45 47 49 53 55 59 60 61 63 65 Note BIOGRAFICHE 71

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Presentazione di Umberto Baldini

Figura seduta Passo a due Ballerina Ballerina Passo a due Passo di danza Felicità L’atleta Monumento ideale Monumento a Cristoforo Colombo Gatto del Fiorino Bassotto Gatta Gufo Cavallo morente L’Ultima Cena

Crocifisso Gabbiano Crocifisso Airone blu al tramonto Studio per danza

Volo di gabbiani Crocifissione Fontana della Maternità Monumento alla Pace Monumento ai caduti Inno alla vita La nave umana (Monumento a Cristoforo Colombo) Icaro Passo a due Fraternità L’Ultima Cena

Note biografiche 7


PRESENTAZIONE

Il mio incontro “ufficiale” con Cavallini fu al “Fiorino” nel 1965, quando vi vinse il primo premio per la scultura, con uno straordinario Gatto. Un gatto-uomo, ritto sulle zampe posteriori, con una lunga coda che si divideva in due posizioni spaziali di moto, il corpo eretto e sottile, le due zampe anteriori in una sospesa apparente stasi che tuttavia tratteneva in sé tutta la carica vitale di una molla pronta allo scatto, il collo allungato e il muso intento e mobilissimo. E più che la trasposizione in chiave moderna dell’antico mito dell’animale da adorare impressionava il senso elevato dell’immersione nello spazio di tutto l’essere (anima e corpo), una immersione forzata e definita oltre la terza dimensione da un modellato che diveniva, da ogni parte lo si guardasse, linea fluida disegnata, variata e variante. Un anno dopo, fu l’alluvione del 4 novembre del 1966 a darmi l’occasione per un secondo incontro: non più, questa volta, con la sua arte, ma con lui, con la sua umanità e la sua esperienza. Un’umanità e un’esperienza che egli mise a disposizione nel soccorso, nel recupero e nel salvataggio delle opere colpite dal fango, deturpate e scempiate dalla nafta, nel cortile e nelle sale terrene di quel tempio della scultura che è il Bargello. Ricordo, nell’emozione di quei giorni, nell’urgere del lavoro riparatore, la sua grossa figura chinarsi con dolcezza su una superficie delicata di un marmo antico, riparare e osservare, riparare e godere. Sembrava che quelle sculture imbrattate, insozzate, uscissero dalle sue mani nell’abile e amorosa rinettatura, come dalle mani del loro creatore, per la prima volta finite. C’era, nel gesto, il senso atavico della creazione: il medesimo senso e il medesimo gesto che ho rivisto quando l’ho sorpreso a delineare e a carezzare le sue sculture o a toccare e accarezzare il volto del suo bambino. Senso e gesti d’autentico amore. Un amore costante, che si legge sin dalle sue prime lontane esercitazioni sulle materie le più varie e che da prima sembrò contenere, con l’emozione con cui si traduceva quasi un cauto rispetto nel toccare appena, nell’incidere appena, come preso da un timore reverenziale che pareva lo rendesse preoccupato di modificare la già sancita e naturale bellezza di una forma e di una materia. Direi che da questo rispetto, da questo timore reverenziale dell’essere e della verità è nato e si è via via sviluppato il suo più maturo e vivido amore creativo. 8

Dalle superfici scabre e martoriate dei “ferri”, tutte chiuse in se stesse, a quelle lucenti e morbide, scattanti dei “bronzi”, aperte, quasi in continua dilatazione o movimento via via che su di esse si appunta e si muove il nostro sguardo, c’è come un’attenzione e una disponibilità creativa che da centripeta diviene centrifuga, nel senso cioè che sempre più la forma, ricomposta e ritrovata nella sua verità di volume, si dispone nello spazio, non già ferma ma in continuo moto con esso e per esso, vera e propria materia vivente. E ora sono le forme di un animale, ora le straordinarie composizioni di uomini e donne, di cavalli, di gatti, di atleti, di costruzioni, di saggi dell’infinito, dell’amore. Titoli, questi, che sono prima di tutto testimonianze, denunce precise di un mondo quale Cavallini ricerca, scopre e ricrea per sé e per noi. C’è nelle sue sculture una carica di sintesi emozionale straordinaria: anche in quelle forme che sembrano sfiorare a volte persino la gracilità (ma li è l’essenza della forma, la resistenza alla consunzione) è una potenza e una contenutezza di valori che rinnovano il rapporto di sempre sull’uomo e sulla natura. Ed è una dimensione che torna ancora una volta a tutto favore dell’uomo poiché al di là delle dimensioni reali misurabili (più grandi del vero o minori del vero) essa trova il rapporto giusto così con ogni volume come con ogni escavazione operata su di esso, e entra in contatto completo con ogni nostra disposizione, in una penetrazione e un abbraccio che non è mai forzata ispezione o ricerca accentuata di un mondo che ci si sottopone alla lettura ma che è realtà di sempre, visibile conosciuto, essenza di noi e delle cose, specchio e loro realtà a un tempo. C’è una vibrazione continua, come per una continua crescita: al punto che sembra che su di esse intervenga anche il tempo, così come la luce e il nostro speculare, a rendere più vera e valida questa straordinaria avventura dell’esistere. Si vedano le fasi veramente elevate della Maternità: un tema d’amore che Cavallini ha sempre sentito come creazione in atto e che l’ha emozionato fino alla commozione più dolce per il gran dono che poi ne ha ricevuto. Nelle più antiche tra le sue creazioni le stupende figure di madri hanno nella loro ferrigna e scabra superficie uno stimolo 9


eccezionale all’isolamento per quel concentrare nella forma il grande evento: la donna prima vi appare sola, isolata dal contesto circostante, quasi trepida e preoccupata del suo mistero e poi, giunta a Fine di maternità, eccola nel più doloroso e umile atto di donazione totale, che è solitudine. Sono momenti indimenticabili della poetica di Cavallini, questi, legati, se si vuole, a un intimismo drammatico e sconsolato che si disperderà alla luce, ben presto sostituito da una riconquistata e rivissuta gioia della vita che nasce: e allora il tema d’amore si apre per tutti, non è più soltanto concentrazione e chiusura di emozioni e di dolore, ma è forma ridente e gioiosa che nasce e che si muove nello spazio, alla luce, al sole come alla notte, al bel cielo come alle intemperie, al correr dell’ora e delle stagioni, che vive con noi e alla pari di noi si consuma nell’atto che rimane una creazione che è vita anche quando è morte, come nel Cavallo morente, un altro dei temi che hanno affascinato l’artista per la sua ricerca e la sua affermazione di verità. Una creazione che finisce con segnare le sculture come dati e fatti di natura, ove la materia pare come assente per meglio far sentire la bellezza della loro forma, del loro involucro esterno, e perché meglio vi sia contenuta quell’infinita ma conoscibile verità interna che è lo spirito che è la verità di tutte le cose. Che divengono da allora non più solitarie esercitazioni da intimo colloquio

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ma partecipazioni continue e meditazioni comparate sulla cadenza vitale del mondo. Come è nella sua più recente fatica, l’Ultima Cena, nella quale le forme di continuo si rinnovano nel ritmo pulsante del loro esistere nel tempo infinito, segno di tutta la congerie emotiva dell’universo.

OPERE IN

BRONZO

Nascono allora i grandi temi dell’amore e della danza: motivi e stimoli per una continua ricerca di equilibri, di contrasti, di dinamica incessante, segnata dalle forme sempre più sciolte ma anche più aperte nello spazio in cerca di luce e di atmosfere in cui inserirsi come oggetto che nasce e cresce. Uomini e donne e animali come piante e come palpiti del mondo, come scorrere di sangue e di acqua di fonte, linfe vitali essi stessi. Di un punto di vista monumentale, ritmico, compositivo l’attività di Cavallini si fa sempre più solenne. All’analisi di un solo essere succede ora un insieme, un gruppo in una mortificazione continua di atti che sempre si rinnovano e non sono mai ripetuti a cifra. Si vedano certi rapporti tra figura umana e animali (gabbiani, voli di uccelli), tra più figure umane: e sono i temi della famosa Fontana o il tema dominante del Monumento all’amore, o i ritmi raccordati dei vari Ballerini e Acrobati. Dove niente di teatrale o di macchinoso interviene ma dove la continua ritmica rispondenza dei moti è moto dell’animo e dei sentimenti. Umberto BALDINI

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FIGURA SEDUTA cm 30x60

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PASSO A DUE cm 60x70

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BALLERINA cm 47x120

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BALLERINA cm 36x61

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PASSO A DUE cm 31x77 vista frontale e laterale

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PASSO DI DANZA cm 64x70

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FELICITÀ cm 42x64

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L’ATLETA cm 32x61

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MONUMENTO IDEALE cm 23x81

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MONUMENTO A CRISTOFORO COLOMBO (La Nave Umana) - cm 35x74

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GATTO DEL FIORINO cm 25x65

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BASSOTTO cm 23x162

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GATTA cm 43x60x43

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GUFO cm 22x65

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CAVALLO MORENTE cm 65x37

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L’ULTIMA CENA cm 100x66

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OPERE A

TEMPERA

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CROCIFISSO cm 150x160 tempera su cartone

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GABBIANO cm 120x80 tempera

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CROCIFISSO cm 120x120 tempera

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AIRONE BLU AL TRAMONTO cm 150x150 tempera su compensato

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L’ESTASI DEL COLORE testimonianze

Mario BUCCI

STUDIO PER DANZA cm 100x65 disegno su cartoncino

Storico d’arte

...Adesso è arrivato il colore. E che colore!! I suoi disegni sono sempre stati, tutta struttura, sostanza, articolazione di pieno vigore. Ma il colore è un fatto nuovo, non si tratta di colore applicato alla scultura, decorazione, orpello come si può trovare nell’opera di Marino Marini, di Leoncillo o Mastroianni. Si tratta, per Cavallini, di colore puro smaltato di stesura intatta sul foglio nelle tonalità meravigliose del rosso, dell’arancio, del giallo e dell’azzurro, che fa corpo e splende. A contenere queste strutture nei recentissimi disegni – una vera scoperta – c’è il segno bianco, la traccia che fa da ossatura, come armatura possente di forza architettonica. Si tratti di una figura danzante, di un abbraccio amoroso, di un gatto, uno dei suoi celebri gatti, lo spesso contorno bianco delle figure che fa da contenitore, funziona come la striscia di stagno che tiene le sezioni, le sagome colorate delle grandi vetrate gotiche, nelle antiche cattedrali. Un segno bianco o grigio che può ricordare certe tessiture, certe tele di un Rouault e che funziona quasi come i bordi sporgenti di metallo nelle oreficerie di Cloisonnè, barbariche e medioevali, a contenere lo smalto e le pietre preziose, isole di puro colore liquido entro il reticolo del disegno, che fa da contenimento, da argine. E tutto portato a misura gigante. Ne deriva, per Cavallini, la stessa sensazione di forza di struttura, di chiarezza, stilizzazione potente e insieme splendore, preziosità di materia, per queste macchie di forma figurata, dal profondo risultato. E la fusione, lo sposalizio tra la sagoma tridimensionale della scultura e la stesura liscia del colore, della pittura, è perfetto. Anche questa volta Cavallini ha ideato qualcosa di raro con l’attuale prova di disegno a colori, rappresentando una parte delle opere maggiori di questa scultura monumentale. Volontà e propositi smisurati, dicevamo, come questo evento di cultura, a sintetizzare ciò che è stato scritto di lui riguardo l’ispirazione della sua arte: un messaggio d’amore all’umanità. 38

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OPERE

MONUMENTALI

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VOLO DI GABBIANI metri 1,50 1955 - Firenze - Sede della Rai

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CROCIFISSIONE metri 3,80 1968 - Firenze - Basilica di San Miniato a Monte

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FONTANA DELLA MATERNITĂ€ 1970 - Firenze - Piazza Francesco Ferrucci gruppo monumentale composto da 5 sculture alte circa 2 metri

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MONUMENTO ALLA PACE metri 7x4 1983 - Firenze - Palazzo dei Congressi

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MONUMENTO ALLA PACE testimonianze

Carlo Ludovico RAGGHIANTI

giochi ginnici mediterranei e greci, nella celebrazione della forza e del valore della vita.

Da una lettera indirizzata all’On. Lelio Lagorio

Artista moderno e colto, Cavallini ha rappresentato questa unione ricordando le comparizioni e ritrazioni del movimento nelle esperienze cronofotografiche da Hambidge e Marey, per cui una stessa figura nella slancio si scandisce come una musica e moltiplica la potenza di ogni componente e dell’insieme.

Presidente della Regione Toscana

..... ho avuto l’occasione di visitare lo studio dello Scultore Cavallini, e quindi di vedere il gruppo, straordinario per espressione artistica e per dimensioni. Era molto che non mi accadeva di vedere un’opera tanto originale e significativa, ed io credo che la sua naturale destinazione dovrebbe essere una piazza di Firenze, che abbia una visualità conveniente per avere dalla grande scultura una suggestione capace di commuovere anche un gran pubblico.

A seguito dell’inaugurazione del Monumento alla Pace

Sandro PERTINI

Non sono molte in Europa le occasioni offerte agli artisti d’inserirsi in un contesto sociale, non sono molti gli artisti che si sentono di dare una tale partecipazione senza abdicare da convinzioni radicali, che vietano nel mondo moderno ogni scarto all’interiorità espressiva; per cui viene a risultare oggettivamente raro l’incontro tra esigenza o prospettiva pubblica e ispirazione artistica individuale.

Al Dr. Alessandro Bonsanti Sindaco di Firenze

Questa convergenza si è verificata nel caso di Cavallini che ha presentato al committente rappresentativo l’iniziativa di una concezione profondamente vissuta ed espressa in una forma tanto personale quanto capace di un’agevole comunicazione e condivisione. L’artista stà a Firenze perché sente come pochi l’antico nesso tra scultura e città; e infatti le sue opere sono in prevalenza pensate e realizzate per la convivenza in un ambiente, architettonico o naturale. Perciò anche questo gruppo bronzeo si stanzia con tanto naturale agio nel contorno costruito ed arboreo secolare di Villa Vittoria. Cavallini ha assunto nella sua coscienza il contenuto dominante della pace, e lo ha in felice intuizione concretato plasticamente nella forma più semplice e suggestiva: l’unanimità di un gruppo, come negli antichi

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Sostrato meditato e profondo, che condiziona l’aperto e immediato impulso di elevazione e di pena che il gruppo indice nello spettatore che ne segue e raziona la traiettoria appassionata.

Ringrazio la Civica Amministrazione, gli uomini e le donne di Firenze per il caloroso invito a prendere parte alla solenne inaugurazione del Monumento alla Pace. Nell’impossibilità di essere presente di persona, desidero sin d’ora esprimere la mia totale adesione ad un atto di profondo significato simbolico, attraverso il quale Firenze tutta ha voluto ribadire una vocazione ad una scelta che discendono dall’antica e luminosa tradizione civile della città e che traggono rinnovato vigore dalla responsabile e lungimirante considerazione dei rischi gravissimi oggi incombenti sull’essere umano. Con questa opera mirabile di Sauro Cavallini, Firenze si arricchisce di un nuovo gioiello che, al pari degli antichi, dovrà – ora ed in futuro – testimoniare dell’intimo e mai rescisso vincolo che lega l’arte alla storia e alla coscienza del popolo. L’appello che Firenze vuole oggi con questo atto elevare, forte e vibrante, verso l’intera umanità è il mio stesso appello; ed è quello che in ogni parte del mondo, al di là delle ideologie delle razze e delle fedi, tutti gli uomini di buona volontà siano affratellati nel perseguimento della pace.

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MONUMENTO ALLA PACE testimonianze

Pier Francesco LISTRI

Harold ACTON

E direi che con questo Monumento, insieme intimo e pubblico, Cavallini tocca una pienezza e un equilibrio espressivo, nervoso e sinfonico, che ha la miracolosa grazia delle cose perfette. La teoria delle nove grandi figure intrecciate orizzontalmente nello spazio, ma ascensionali: in parte piantate fermamente sulla terra, in parte, verso il centro, in tensione sospesa verso l’alto, sono forme che subito all’occhio diventano immagini e alludono, per lieve e intima associazione, un tripudio di atleti (tema una volta caro a Cavallini) ma anche una laica danza androgina, che scioglie il vasto lirismo in gioia di vivere. Ma a un più insistito sguardo, riempie il cielo (rubato e serbato libero insieme) quella trina di aria e di lucido bronzo in cui potenza e snellezza sono scandite dalla consueta forma sferica (il segno di Cavallini, inconfondibile) delle teste delle mani e dei piedi. Immobile danza, abbraccio teso e potente, musicale intreccio, leggero e terrestre insieme, che ha scatto felice di canto. Lo so. Sono queste soltanto modeste metafore verbali per mimare e nulla più il grande Monumento di Cavallini, che egli dedica “alla pace e all’amore”. Ma è raro vedere, nella scultura civile, un pezzo di così compiuta sintesi poetica e di tanta vincitrice evidenza monumentale.

Nel suo Monumento alla Pace e all’Amore, Cavallini infonde la sua intensa vitalità in un gruppo di figure in estasi gioiosa; le braccia elevate al cielo e le gambe che si elevano dalla terra in una foresta ritmica di membra umane senza posa.

Mario LUZI

Ritrovo nel Monumento alla Pace di Cavallini la straripante esuberanza ritmica, che sembra faccia proliferare e torcersi svettando le forme. Quella fervida orgia plastica si placa e si ricompone, come deve, nella sospensione contemplativa del moto, ed è un singolare effetto, anzi il classico effetto della “idea” e della sintesi, inseparabili dall’arte.

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MONUMENTO AI CADUTI cm 79x90x220 1983 - Diano Marina

Ho contato nove figure e nell’elevazione sembrano moltiplicarsi, immischiarsi in un inno alla Pace e all’Amore. È la danza della nona sinfonia di Beethoven e questo inno è quasi udibile all’osservatore. Sono di bronzo? Niente di metallico appare nei celebranti della Pace, atleti pieni di sangue e di linfa vitale. Certo le parole non riescono a manifestare una simile emozione. Bisogna guardare e vedere questa scultura e il plauso al suo creatore è istintivo. L’originalità dell’opera, appare evidente.

Giovanni SPADOLINI

La pace – diceva Benedetto Croce – è un grande ideale morale. Difendere la pace è compito oggi degli uomini politici, di coloro che reggono le sorti della coscienza pubblica, facendo ogni sforzo per allontanare il rischio di un conflitto che sarebbe forse l’ultimo dei conflitti, ma lavorare per la pace è compito degli educatori anche civili, compito di quegli uomini di buona volontà i quali nel loro campo specifico possono portare un contributo alla formazione di questi ideali. Ecco perché, a parte i meriti artistici dell’opera che si presenta, il Monumento alla Pace dello scultore Cavallini ha il valore di simbolo, di invito alla riflessione, in vista di una forma di convivenza che ancora non siamo riusciti a realizzare ma che deve costituire il supremo obiettivo degli anni che ci attendono.

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INNO ALLA VITA testimonianze

L’opera di Cavallini è un omaggio a tutti i costruttori dell’Europa Moderna che lottano per affermare gli stessi Diritti Umani, Sociali ed Economici in qualunque angolo delle barriere che dividono il nostro continente.

I retti giudizi esigono un rapporto affettivo verso l’umanità che è Amore, una volontà di promuovere il bene che è la vita stessa e la preoccupazione per la vita stessa per le scelte fra bene e male o fra vari livelli di bene e di male, che possono ferire o rafforzare l’umana Libertà.

Questi Diritti dell’Uomo verranno giudicati a Strasburgo. Querelanti, difensori, notai e giudici passeranno davanti all’opera di Cavallini, opera di Amore, Vita e Libertà per le generazioni future.

Ci sono sempre nelle figure di Cavallini sottili sfumature fra luce e ombra: questo è motivo di ispirazione di un’opera d’arte, che riflette l’altissimo livello della civiltà europea del ventesimo secolo.

Le figure di Cavallini rappresentano l’incontro umano, l’impegno, il compromesso, la liberazione, l’attenzione, l’osservazione, la marcia avanti e la ritirata.

Tutti gli Europei devono essere grati al Movimento Italiano per la Vita e al Governo Italiano per questo dono, simbolo della sensibilità europea per i diritti di tutta l’Umanità.

Amedee TURNER

Ma fra le figure passa la luce dell’ispirazione umana che deve guidare al giudizio, la discussione e la difesa del Tribunale. 54

INNO ALLA VITA metri 4x3 1991 - Strasburgo, Francia - Tribunale Europeo dei Diritti dell’Uomo

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INNO ALLA VITA testimonianze

La significativa inquadratura del monumento “Inno alla vita” di Strasburgo, riprodotta sulla copertina del volume “Variations - The Council of Europe Art Collection La Collection d’œuvres d’art du Conseil de l’Europe”.

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LA NAVE UMANA testimonianze

LA NAVE UMANA metri 2,50x8 1992 - Genova - Monumento a Cristoforo Colombo

Pier Carlo SANTINI

I monumenti costituiscono sempre, per gli scultori che debbono idearli ed eseguirli, degli impegni cospicui non fosse altro che per le dimensioni inusuali, per la necessità di situarli in uno spazio sovente precostituito, e perché infine c’è un tema in un modo o nell’altro da rispettare. Cavallini non è nuovo peraltro a imprese di tal genere e anche in occasione di questo Monumento a Cristoforo Colombo si è mosso a suo pieno agio, costruendo un intreccio di corpi variamente connessi secondo uno schema aperto che si rivolge ad una successione ritmica di pieni e di vuoti passanti. Gli equilibri tra gli elementi verticali e quelli trasversali si attuano con piena naturalità e senza ombra di meccanica simmetria. Alla fine però è l’andamento ascensionale che predomina con un senso di vittoriosa e gioconda liberazione. Evitato ogni pericolo celebrativo e illustrativo, Cavallini ha evocato la storica “scoperta” per via genericamente simbolica, bastandogli di suggerire l’ardimento e l’impeto dei protagonisti che accompagnarono Colombo. Essersi mantenuto fedele al proprio linguaggio, non solo è stato merito dell’autore, ma ha costituito un incentivo non secondario per non cadere nella retorica encomiastica, di cui dicevo. Nel luogo in cui è collocato, il monumento introduce un tema di grande spicco figurativo e ambientale.

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ICARO metri 2,20x2,50 1992 - Firenze - Villa Favard, Sede della FacoltĂ di Economia e Commercio

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PASSO A DUE metri 2x3,50 1992 - Montecarlo, Principato di Monaco

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FRATERNITĂ€ metri 3x2 2000 - Montecarlo, Principato di Monaco

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L’ULTIMA CENA metri 16x6,50x4 2000 - Gruppo scultoreo monumentale

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L’ULTIMA CENA metri 16x6,50x4 2000 - Gruppo scultoreo monumentale

L’architetto si raccomandò che la misura dell’opera non superasse i metri 1,50 o non sarebbe passata dalla porta, né avrebbe avuto la possibilità di essere sistemata sull’altare. Promisi, ma la Crocifissione risultò di metri 3,80 e fu collocata a Firenze fuori dalla Basilica delle Porte Sante al piazzale Michelangelo. Come si può capire per quanto mi riguarda, le dimensioni di un’opera non dipendono da volontà secondarie, ma ogni lavoro nasce in una sua dimensione, nella libera ispirazione di un proprio volume. Di rilevante, si consideri solo il risultato. Così quando Mister Stanley Schwarz, presidente della “Movado” di New York mi chiese di realizzare in grande la mia Ultima Cena, che sarebbe stata ceduta, infine, al Museo di Arte Contemporanea della grande metropoli, invitandomi a non superare gli otto metri di base per le solite ragioni di spazio. Promisi, ma il lavoro risultò esattamente il doppio di quello stabilito.

CAVALLINI

Osservando la Crocifissione di Marc Chagall, a vetrata, nella grande chiesa di Fraumunster, a Zurigo, ho immaginato il Dio unico e ciò che rappresenta fuori dal credo delle molteplici religioni, ignorando anzi le dottrine specifiche, superando dunque Bibbia e Talmud. Ho considerato il ceppo comune e fra le tante espressioni che ponevano l’immagine d’Iddio di fronte all’umanità, ho ricordato la scena che nel campo della scultura era stata solo un bassorilievo: l’Ultima Cena. Cercando la ragione di questo vuoto scultoreo nella notevole opera di atteggiamento religioso, mentre lo era da sempre pittoricamente, ho pensato che la banalità materiale del tavolo che tagliava e si appesantiva sulle figure, ne fosse stata la ragione negativa, mentre in pittura il fatto colore faceva diventare questa causa di secondaria importanza. Così il problema primario era quello di disegnare un tavolo-sedia simbolico che esaltasse la costruzione di questo insieme. 66

Oltretutto, la stanza dove storicamente si suppone che si fossero riuniti Gesù e gli Apostoli, è di modeste dimensioni ed è probabile che i partecipanti fossero seduti su dei cuscini o altro, ma soprattutto in circolo, ripeto, causa lo spazio e in maniera che tutti potessero guardarsi e parlare senza sforzo, più vicini possibile. Ecco la lettura artistica ispirata dalla grande inquietudine dei popoli: l’Ultima Cena, immagine storica del Dio dell’Amore. Il fatto personale di avere formato realisticamente mani e piedi, con eccezione fuori dal mio disegno, è stato dettato per far sentire profondo lo scopo di quella riunione, il dialogo, sensibilizzando la figura. Ecco i tredici personaggi di fronte alla mensa della vita: l’Ultima Cena, rappresentando filosoficamente l’umanità tutta sotto l’immagine del Divino, un dire fraternità e pace all’intero creato. È utile ch’io ricordi quando l’architetto Giovanni Michelucci mi volle portare nella chiesa che aveva progettato a San Marino, perché potessi realizzarvi il Crocefisso.

La concezione umanistica nei riguardi di questa opera, non delude il mio concetto di fraternità universale. Ho risolto l’aspetto delle figure in un religioso dialogo, quasi un’invocazione agli uomini tutti. Come la realtà del Cristo consapevole del proprio destino raggiunge la risoluzione scultorea delle Sue sofferenze. La storia di questo incontro riporta solo la collocazione di due personaggi: Giuda alla destra di Gesù, Giovanni a sinistra sotto la mano protettrice. Per la necessità di spazio e di rottura nel ritmo delle altre figure, Giuda è stato realizzato in posizione esplodente, quasi un richiamo alla sua natura ribelle.

Particolare della statua del Cristo alta metri 5.

Si trattava inoltre di eseguire, dopo undici anni dalla nascita del bozzetto, un’opera nuova, con un pensiero di moderata invenzione, una parentesi di creatività aderente alla particolarità del tema. Ho così risolto il verbo dell’Amore: una riunione di popoli della terra sotto il Dio unico.

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L’ULTIMA CENA testimonianze

Umberto BALDINI

Carlo BO

Rolando BELLINI

Tommaso PALOSCIA

…è l’ordinare dei gesti e delle movenze, dei corpi e degli spiriti che conduce Cavallini alla sua più recente fatica: una eccezionale e nuovissima Ultima Cena.

…infine c’è nel contrasto fra il Maestro e gli allievi un altro segno da mettere nel conto: la Parola, il Verbo e la frantumazione povera, spesso angosciata, del nostro discorso.

Così come in un anelito di amore e di dolore aveva rinnovato il tema antico del Crocifisso, ora Cavallini compone una Cena mai vista.

Contrasto che verrà risolto nell’ultimo sacrificio che aspetta il Cristo e poi tutti noi, tutti gli uomini richiamati dall’arte partecipante dello scultore.

Debbo confessare: mi piacerebbe rivederla, quest’Ultima Cena di Cavallini, eretta in una Chiesa, o monumento a cielo aperto, in uno scenario emblematico, confacente ed anzi esaltante la sua essenza, tutto il messaggio ideale; vederla eretta magari in un luogo aperto che sia crocevia di genti, giacché essa travalica qualsivoglia limite di parte o di specifica dottrina, per dare piuttosto spazio ad un’idea di Dio ad un tempo umano, umano ed universale.

... si faccia posto al Cristo che in piedi vi si leva altissimo, solenne guida nella schiera di quegli eletti. Mi riferisco all’Ultima Cena, che il talento ampiamente riconosciuto di Cavallini ha creato e inventando un’immensa ascensione collettiva guidata nello spazio. Ritengo che sia il suo capolavoro in assoluto. Impressionante nella vastità della struttura l’immagine complessa colta a mezz’aria in un fantastico gioco di levitazione, coinvolge, insieme con le figure, tante allusioni, tanti riferimenti divini e umani, e trascina in quel vortice improprio suggestivamente insediato fra il vero e il virtuale lo stesso osservatore, il quale avverte di essere parte semicosciente dell’artificio realizzato dalla fantasia dell’artista. Ci si trova di fronte a una scultura la cui composizione figurale, ciclopica, si sviluppa nei primi contatti raggiunti con quello spazio reso magico dal gioco singolare di elementi “architettonici” che offrono meravigliose soluzioni prospettiche.

Una Cena che è la summa delle emozioni, dei moti dell’anima come del corpo, che è lotta e dolore, amore e vigore e che è soprattutto anche Resurrezione e Giudizio allo stesso tempo. Emblema e sintesi di tutta la cristianità, della vita di Cristo e degli uomini che in essa e per essa si confrontano quotidianamente e quotidianamente vivono nell’alterna vicenda delle cose. Laddove anche il gesto e il moto di una mano e di un piede (ed ecco il significato del ritorno a questa analitica individuazione formale) acquistano il senso e il volere di tutta l’esistenza. E i corpi si tendono, si dibattono, si liberano di ogni costrizione e si individualizzano, giudici e attori a mettere insieme la pagina più drammatica e gloriosa dell’umanità.

Proprio in quell’aria sospesa fra la terra e il cielo Cavallini ha con la forza della grande arte raccontato la nostra storia, messa in luce da quella del Cristo.

L’Ultima Cena realizzata dal Cavallini, è di fatto un’architettura, nuda, contraria a qualsiasi cattedrale eretta nel deserto poiché riproponente appunto la povertà essenziale e commovente e tutta umana di tante genti. In essa dunque sembra evocata una “pietas” romana. È una scultura avente una tettonica, un carattere che in larga parte la fa architettura (e ciò potrebbe essere pure ragione d’un interessante superamento di steccati o confini fino ad ieri invalicabili), ma architettura fatta di forme che, comunque, tornano a sottolineare la loro radice nell’uomo, davvero “misura di tutte la cose”.

Una umanità che Cavallini ha dunque speculato e sta speculando sempre più con attenzione alla cosa e al mondo vigile e continuo. Come è dimostrato dalla analisi compiuta nei suoi limpidissimi disegni, vera misura della sua realtà. Essi divengono e sono infatti contenitori eccezionali di forme la cui materia è talmente pura da non comparire neppure con il più piccolo segno della fisicità...

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NOTE BIOGRAFICHE

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NOTE BIOGRAFICHE

Cavallini è nato a La Spezia il 4 marzo del 1927, da genitori e avi liguri, il suo casato nasce nel savonese. Dopo molti anni trascorsi nella Marina Militare, il padre è assunto nelle Ferrovie dello Stato e trasferito a Firenze. Sauro viene adottato dal capoluogo toscano a pieno titolo in quanto all’arte ispirato. È avviato agli studi superiori, ma già dalle scuole elementari trova nel disegno la sua autentica ispirazione. È appassionato di letteratura e gli si offre la possibilità di collaborare alla terza pagina di numerosi quotidiani mediante una nota Agenzia di Stampa. “Cavallo morente” - metri 6x3 Firenze, Villa Palmieri

È seguito con amicizia dagli scrittori Piero Bargellini e Nicola Lisi. Le prove di plastica a cui si dedica saltuariamente, cominciano a diventare sempre più frequenti.

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NOTE BIOGRAFICHE

Nel 1957, da autodidatta, espone alcune opere in collettiva a Firenze. È in via Orsanmichele che inaugura il primo studio. Si esercita con la pietra ed una di queste opere, “Ritratto dello statista Konrad Adenauer” viene sistemata in Germania nel Palazzo del Governo a Bonn, e pubblicata nel volume Adenauer Bildins und Deutung (Edizioni Komm mit Verlag). Nel 1960 con l’aiuto del padre si trasferisce a Fiesole dove si fa costruire casa e studio. Nel 1964 inizia la sua collaborazione con le fonderie e realizza il Gatto che l’anno dopo esporrà a Palazzo Strozzi. Nel 1965 gli muore il genitore. Lo stesso anno vince il Premio Nazionale del “Fiorino” in Palazzo Strozzi. Questo importante riconoscimento lo presenta ufficialmente. Prende vita il “Volo di Gabbiani” posizionato dall’architetto Italo Gamberini davanti alla nuova sede della RAI TV di Firenze.

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Nel 1966 Firenze è costretta a fermarsi a causa dell’alluvione. Cavallini interrompe l’attività per dedicarsi completamente al restauro delle opere in marmo macchiate o rotte, prima nel museo del Bargello, poi nella Basilica di Santa Croce. Nel 1967 perde la madre. Rendendosi conto che il distacco dalla madre non è ancora superato, va a trascorrere un periodo in Svizzera, a Zurigo, ospite di amici, dove inaugura una esposizione presso la galleria d’arte Burdeke . Nel 1970 si sposa e nasce il figlio Teo. Innumerevoli sono i bozzetti realizzati ma anche i monumenti iniziano ad arredare il suo giardino. Come il gruppo “Fontana della Maternità”. I vari riconoscimenti attribuiti dalla cultura fiorentina lo chiamano all’insegnamento presso il Liceo Artistico dell’Accademia. Un’esperienza “congeniale” ma che presto abbandonerà per dedicarsi completamente alla scultura. 75


NOTE BIOGRAFICHE

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Nel 1973, gli nasce la figlia Aine. Espone una serie di opere di varie dimensioni in bronzo nel Chiostro Romanico del Duomo di Prato.

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1/2/3 - Sculture dedicate al tema “Monumento alla Danza” posizionate nel terreno antistante la casa-studio dello scultore.

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Parigi 1975. Manifesto della mostra tenuta da Cavallini presso il “Salon d’Automne” - Grand Palais.

Nel 1975 prosegue incessante la sua produzione. Partecipa ad una mostra collettiva al Grand Palais a Parigi. Vi porterà un bronzo di grandi dimensioni. Nello stesso periodo realizza il “David” e il “Cavallo Morente” acquistato dall’industriale Giuseppe Benelli e sistemato nel giardino della storica Villa Palmieri. Nel 1978 riceve dal Sindaco di Genova Furio Cerofolini, il riconoscimento “La Fronda d’Oro”, per coloro che, vivendo altrove, onorano la regione Liguria quale terra di origine. È anche l’anno che realizza il “Monumento alla Pace”. 76

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NOTE BIOGRAFICHE

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Nel 1982 nasce il bozzetto di un’opera unica in scultura a “tutto tondo”, nella storia delle arti: “L’Ultima Cena”. Cavallini realizzerà quest’opera in grande dopo molti anni. Fu lo storico Ragghianti a spronarlo nell’impegno. Contemporaneamente espone due opere al Centro Studi Ragghianti a Lucca durante una collettiva sulla scultura italiana. Nel 1983 il Comune di Diano Marina in Liguria, gli commissiona il “Monumento ai Caduti” per la piazza principale. L’inaugurazione rappresenta una partecipazione notevole della cittadinanza e delle autorità portando all’artista la cittadinanza onoraria. Nello stesso anno la Regione Toscana decide di sponsorizzare la trasformazione in bronzo del “Monumento alla Pace” realizzato nel 1982 e pubblicato in catalogo. 78

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Un inaspettato riconoscimento gli viene dagli Stati Uniti dove il Presidente dell’industria automobilistica FORD, Henry Ford II lo invita presso la sua Fondazione a Detroit. La tentazione di rimanere in America e le opportunità offerte erano allettanti ma decide presto di rientrare in Italia, soprattutto per motivi familiari. Nel 1987, l’Ambasciata Italiana di Londra lo sceglie come artista rappresentativo della scultura nazionale e viene inaugurata nella capitale inglese una mostra di bronzi e disegni presso la Locus Gallery. Nel medesimo anno inizia la realizzazione in grande dell’Ultima Cena. Il Comune di Lastra a Signa (Firenze) gli mette a disposizione un capannone industriale dove per tre anni vi lavorerà fino al compimento dell’opera: 16 metri di lunghezza per 6,50 di altezza.

L’anno successivo il Ministro all’Economia Amintore Fanfani gli propone di realizzare una medaglia rappresentativa da utilizzarsi in specifiche occasioni. L’evento ha molto successo e dovrà realizzarne una seconda per l’Università di Firenze. Nel 1991 gli viene richiesto il “Monumento alla Vita”. Verrà posizionato, in qualità di dono dello Stato Italiano al Consiglio d’Europa di Strasburgo. Viene ricevuto da Papa Wojtyla a cui dona l’opera minore del monumento.

1 - Detroit, USA, 1983. Cavallini ospite di Henry Ford II, presidente della Ford. 2 - Università di Roma, 1988. Cavallini, in compagnia delle signore Matilde Cuomo e Maria Pia Fanfani, presenzia alla cerimonia per l’assegnazione della medaglia realizzata per l’occasione. 3 - Città del Vaticano, 1991. Cavallini dona a Papa Wojtyla il bozzetto del monumento “Inno alla vita” associazione di cui il Santo Padre è presidente.

Le Poste francesi realizzano un documento filatelico con l’effige dell’opera stessa. Il 1992 è l’anniversario della scoperta dell’America. Il comune di Genova per l’Expo ’92 gli sistema il “Monumento a Colombo” nel capoluogo ligure. 79


NOTE BIOGRAFICHE

Sempre nel 1992 il Principe Ranieri III di Monaco gli acquista il “Monumento alla Danza”, reso pubblico nei giardini monegaschi. L’Università degli Studi di Firenze decide un concorso che Cavallini vince, e l’opera “Icaro” viene sistemata davanti a Villa Favard, sede della Facoltà di Economia e Commercio.

In questi ultimi anni lo scultore si è impegnato nella produzione grafica a colori. Sono opere di vasta dimensione rappresentanti la quasi totalità dei propri lavori. L’artista ha ultimato l’autobiografia a testimoniare una intensa vita lavorativa. Vive attivamente nella sua casa studio di Fiesole.

Montecarlo, 2000. I Principi di Monaco si congratulano con Cavallini in occasione dell’inaugurazione del “Monumento alla Fraternità”.

Nella pagina seguente: “Passo a due”.

Nel 1996 nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze il Rotary Club gli assegna il Premio Columbus per le Arti. Nel 2000 la comunità italiana del Principato di Monaco gli commissiona un monumento da donare al Principe Ranieri III per il compimento del cinquantesimo anno di reggenza. La scultura “Fraternità” è collocata davanti alla nuova stazione e inaugurata dai Principi. In qualità di rappresentante dello Stato Italiano, è presente l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. 80

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www.saurocavallini.it 82

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Finito di stampare nel mese di settembre 2006 Puntografico - Brescia 84


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