Le ossa della Stazione: il cimitero dei poveri a Termini

Page 1

«Hominem mortuum in urbe neve sepelito neve urito»

Il «cimitero dei poveri» a Termini

XII TABULAE

Le OSSA della STAZIONE DI

M ANOLA PALES

NESSUNA SCOPERTA ARCHEOLOGICA può indurre lo stupore, la curiosità e l interessamento della pubblica opinione come il ritrovamento di antiche e dimenticate sepolture; quali siano i motivi psicologici che presiedono a tali sentimenti non sta a noi dirlo. Certo è che tutte le notizie riguardanti il ritrovamento di tombe o di resti umani hanno sempre finito col trovare, ieri come oggi, una larga eco nei media, specialmente se tali scoperte avvengono all interno di una città come Roma, mai come in questo momento viva perché proiettata verso il Giubileo del 2000. Pur comprendendo le ragioni dell interesse e della curiosità, spesso veri e propri motori e stimolanti della ricerca e della conoscenza scientifica, non ci riesce di capire quelle dello stupore: «l umanità - diceva A. Comte1 - è fatta più di morti che di vivi» , e ciò valga in particolar modo per quelle città che come Roma vantano una continuità di vita millenaria. Nel gennaio del corrente anno ha destato un certo clamore il ritrovamento di una notevole quantità di ossa umane durante uno scavo effettuato nell ambito delle opere giubilari di risanamento ed adeguamento funzionale della Stazione Termini. La scoperta è avvenuta in un locale sotterraneo posto all angolo col viadotto Cappellini, circa 8 m al di sotto dell attuale piano di calpestio di Via Giolitti entro un cavo rettangolare di circa 20 m2, profondo 2, realizzato per l impianto di un montacarichi. Le ossa sono venute alla luce sin dalle prime battute dello scavo, ma la segnalazione del ritrovamento è avvenuta a lavori avanzati e non nell immediatezza della scoperta, per cui al nostro arrivo abbiamo trovato una situazione molto compromessa, che risulta dalla documentazione fotografica prodotta. Giunti sul posto per un primo sopralluogo, ci si è trovati di fronte a uno spettacolo impres-

E

OBERDAN MENGHI

sionante: le ossa, presenti in gran quantità, si potevano intravedere immediatamente sotto le strutture di fondazione e sottofondazione dei locali della Stazione, risultando addirittura inglobate nelle gettate in calcestruzzo dei pilastri e delle travature di collegamento degli stessi. Ciò costituisce la prova evidente che un primo ritrovamento di esse doveva essersi già verificato in occasione dei lavori di edificazione della Stazione, che alcune fotografie mostrano nel 19382 in stato molto avanzato sul lato di via Giolitti. La vicenda ha visto addirittura l intervento giudiziario della Magistratura che ha posto il cantiere sotto sequestro allo scopo di fare chiarezza sulla natura del ritrovamento e nominato degli esperti per procedere alle perizie ed ai necessari accertamenti del caso.

LUOGO DEL RITROVAMENTO


Nella pagina precedente: Il luogo del ritrovamento delle «ossa della Stazione» fra il Campus Viminalis ed il Campus Esquilinus nell area della più estesa fra le necropoli dell Urbe (stralcio da SCAGNETTI-GRANDE, 1979) In alto: Stazione Termini. Ossa umane rinvenute nel corso di lavori d escavazione per l impianto di un montacarichi. Vista generale del settore meno sconvolto dallo scavo. OM. A destra: Stazione Termini. Un teschio fa capolino dal terreno fra alcune ossa lunghe ed un frammento di bacino, immediatamente al di sotto di alcune strutture moderne di sottofondazione della Stazione. OM.


In alto: Stazione Termini. La sezione evidenzia la stratificazione delle ossa, gettate a più riprese. OM. Al centro: Ricostruzione morfologica del suolo di Roma primitiva, caratterizzato da un sistema collinare «digitato» costituito da alture tufacee profondamente incise da fossi (da QUILICI, 1987) In basso: Stazione Termini. Cranio sezionato da un pilastro in calcestruzzo della Stazione. Il cemento liquido vi è penetrato all interno formando un calco endocranico su cui si riconoscono le impronte dei solchi vascolari dei seni della dura madre. OM.

La scoperta ha trovato una discreta eco nei quotidiani3, che hanno fornito a riguardo notizie non sempre esatte, ammantando il ritrovamento tanto di una certa fantasia, quanto di un alone di sensazionalismo giornalistico. Si è vagheggiato, per uscir di metafora, che le ossa potessero risalire all «Olocausto, al periodo dello sterminio degli ebrei da parte degli aguzzini nazisti», mancando qualsiasi «traccia di indumenti o oggetti: elemento questo che fa tornare in mente macabri rituali, con i poveri cadaveri spogliati di tutto»4; oppure che potessero riferirsi ad una delle tante pestilenze «che decimarono la popolazione nel passato remoto»5, richiamando così alla memoria scenari e climi d altri tempi, efficacemente delineati nella letteratura manzoniana o camussiana. Una spiegazione di natura storico-topografica è stata altresì suggerita fin dai primi momenti dagli scriventi che

indicavano una possibile relazione con l antica area necropolare romana situata sul colle Esquilino. Le ossa, ben stratificate, ci sono immediatamente apparse pertinenti ad un contesto archeologico romano per la presenza in giacitura di frammenti d intonaco antico e materiali ceramici d età repubblicana (ceramica d impasto e a vernice nera). L assenza di resti organici in decomposizione e di reperti di epoca medievale e moderna, unita alla mancanza di elementi riferibili all epoca contemporanea, indicava chiaramente il carattere indisturbato ed altamente affidabile del deposito archeologico. Fra le ossa, rimescolate e scomposte, abbiamo riconosciuto crani di individui adulti, giovani ed anche di bambini , in una promiscuità che, non lo nascondiamo, ci ha provocato un certo effetto. Il terreno appariva ricco di ceneri e frammenti di carbone, soprattutto nello strato argilloso intermedio (strato 3) che separava i due strati più ricchi di ossa (strati 2, 4). Queste ultime, perfettamente riconoscibili, erano tutte esclusivamente umane e risultavano, seppur concrezionate, in ottimo stato di conservazione per la relativa decalcificazione; non si è registrata alcuna traccia di apprestamenti che potessero indicare un recinto o una struttura che contenesse i resti. Come è noto il colle Esquilino costituisce, nel paragone che viene sovente istituito dagli studiosi fra la mano e l orografia di Roma, il vero e proprio «palmo» di una parte del sistema collinare «digitato» dell Urbe (soltanto il Palatino ed il Campidoglio rimangono isolati ed esclusi dal paragone). Dall ampio pianoro nord-orientale dell entroterra (il «palmo», appunto), chiuso verso la città da un poderoso rilevato artificiale di terra avente funzioni difensive (agger), si dipartivano dall Esquilino, a mo di «dita», le oblunghe alture del Viminale,


del Cispio, del Fagutale (S. Pietro in Vincoli), del colle Oppio e delle Carinae sul versante sud-occidentale, entro le cui vallecole, incise da profondi fossi, scorreva parte di quelle acque che contribuiva all impaludamento della valle del Foro Romano; un paesaggio, in sostanza, non dissimile da quello che è ancor oggi possibile osservare nelle regioni a nord e sud di Roma (presso Ardea, Valmontone, Gallicano e ancor meglio Veio, Sutri, Civita Castellana), ove le alture tufacee che ne costituiscono l elemento caratterizzante risultano profondamente intagliate dall erosione dei corsi d acqua. Lo stesso pianoro esquilino doveva presentarsi, stando anche alla testimonianza delle fonti letterarie 6, interrotto da avvallamenti più o meno profondi che le moderne vicissitudini edilizie hanno pressoché colmato modificando la conformazione originale dei luoghi al punto tale che risulta difficile oggi immaginarne l aspetto avuto in età antica. Nel IX secolo a.C., cessato l utilizzo della necropoli del Foro (presso il Tempio di Antonino e Faustina) a seguito del progressivo espandersi della città, gli abitanti di Roma primitiva cominciarono a seppellire i loro morti sull Esquilino, probabilmente per il fatto che la zona, esterna al contesto urbano, costituiva un passaggio obbligato verso i centri di Gabii (Osteria dell Osa sulla Prenestina), Praeneste (Palestrina) e Tibur (Tivoli), legatissimi alla vita di Roma fin dalle epoche più antiche. Iniziava così una pratica che sarebbe durata per centinaia di anni, proseguendo fino alla tarda età repubblicana. La scoperta del sepolcreto, il più esteso fra quelli rinvenuti in Roma, avvenne, al pari di numerose altre importanti scoperte archeologiche, nel pieno fervore urbanistico-edilizio che investì la città negli anni immediatamente successivi alla proclamazione di Roma Capitale7. In tale occasione gli sterri e le livellazioni occorse per realizzare la rete viaria del Nuovo Quartiere Esquilino (per la quale si rese necessaria l escavazione di ampie trincee fino

agli strati vergini del sottosuolo) portarono infatti alla luce tra il 1873 ed il 1887 numerose sepolture protostoriche, che apparvero addensate principalmente lungo la dorsale del tracciato di Via Giovanni Lanza e nell area dell attuale Piazza Vittorio Emanuele. Esse furono immediatamente messe in relazione con l antica necropoli, la cui ubicazione era già stata intuita dai primi eruditi ottocenteschi8 sulla base delle fonti letterarie antiche. I limiti topografici della necropoli rimangono ancor oggi non chiari: le indagini non furono portate avanti in maniera sistematica e finalizzata alla ricerca dei confini del sepolcreto, ma avvennero casualmente, spesso in maniera caotica e disordinata. Le date d inizio e termine dei lavori di escavazione, ad esempio, non sono conosciute e lo stesso

In alto: Carta topografica di Roma con i rinvenimenti della fine dell età del Bronzo e della prima età del Ferro. In puntinato le aree abitate (pagi), nel rettangolo rosso la zona della necropoli esquilina. Equidistanza 5 m (da QUILICI, 1976) In basso: Stazione Termini. Questi due crani schiacciati dal peso della terra soprastante, le ossa lunghe scomposte ed una porzione di colonna vertebrale possono evocare fortemente e meglio di qualsiasi commento le impressioni suscitate dall inaspettato ritrovamento negli scopritori. OM.


A sinistra: Esquilino, zona della necropoli. Nel cerchio rosso il gruppo delle tombe protostoriche scoperte su Via dello Statuto; nel verde la zona dei puticoli (fosse comuni) presso la Porta Esquilina (Forma Urbis Romae, stralcio della tav. 23) Pagina accanto, in alto: Sezione schematica redatta da Lanciani illustrante i vari livelli archeologici documentati nel corso delle escavazioni per il Nuovo Quartiere Esquilino presso la zona di S. Eusebio (da BCAR 1875, tav. XX) Pagina accanto, in basso: Disegno ricostruttivo di una tomba a fossa della necropoli esquilina, metà VIII secolo a.C. Tra gli oggetti di corredo sono riconoscibili due tazze ad ansa bifora, un vaso con decorazione geometrica, un pettorale bronzeo, una fibula (da Antiquarium Comunale)

genere d incertezza ammanta un po tutte le notizie che abbiamo dei ritrovamenti. L individuazione delle tombe ed il recupero dei corredi furono fatti inizialmente con una certa cura da parte degli ispettori incaricati dalla Commissione Archeologica Comunale, i quali attesero fin dal 1877 alla catalogazione ed all inventario dei reperti9; successivamente buona parte dei corredi non inventariati che si andavano man mano ammassando nei magazzini della Commissione fu trafugata ed in parte rimescolata e confusa durante il trasporto presso l Orto Botanico (nel futuro Antiquarium Comunale del Celio, inaugurato nel 1894), sicché oggi non sappiamo, almeno per le tombe rinvenute prima del 1882, la provenienza esatta di essi. Soltanto dopo una sequela di critiche e polemiche imbastite soprattutto da esponenti di

spicco della cultura europea, si procedette con maggior rigore e tutti i corredi furono inventariati prima di essere immagazzinati. Purtroppo i cartellini utilizzati per l inventario e deposti fra gli oggetti risultano oggi, tranne quattro o cinque casi, tutti illeggibili ed a nulla servono i rapporti di scavo degli ispettori, peraltro mai troppo precisi, cui essi erano collegati. Oggi è pertanto impossibile procedere ad una esatta ricostruzione di tutti i corredi: si calcola che soltanto una settantina di essi, faticosamente ricuperati fra i disiecta membra dell Antiquarium, possano considerarsi integri e sicuri. È certo, ad ogni modo, che solamente una parte della necropoli risultò esplorata. La redazione di una planimetria generale del sepolcreto, in quegli anni più volte rimandata10, fu infine eseguita dall architetto Sneider, ma il lavoro andò perduto,


sicché oggi non abbiamo nessun do-cumentazione sull esatta dislo-cazione delle tombe11, se si ec-cettua quanto confluito nella preziosissima Forma Urbis Romae (tavv. 23-24) del Lanciani. Certamente l archeologia ha perso, con la débâcle del sepolcreto esquilino, l occasione irripetibile di gettare luce su uno spaccato larghissimo della vita di Roma protostorica, arcaica e mediorepubblicana. Assenti nei terreni adiacenti Palazzo Brancaccio su Via Merulana (sud, sud-ovest), le tombe cominciarono ad apparire verso nord, nord-est, per farsi numerosissime presso Via dello Statuto (S. Martino ai Monti)12 e, come detto in precedenza, Via Giovanni Lanza. Molto numerose si rinvennero anche nella zona della valletta di Piazza Vittorio Emanuele, vicino alle Chiese di S. Eusebio e quella non più esistente di S. Giuliano, tra Via Napoleone III, Carlo Alberto e Via dello Statuto, mentre scarse risultarono nella valle di Via Labicana. Altre sepolture relative ad un periodo più tardo del sepolcreto si trovarono in occasione di alcuni saggi eseguiti negli anni 20 da Antonio Maria Colini13 nelle vicinanze di Piazza Vittorio Emanuele e di Via dello Statuto. Nel lungo arco di utilizzo della necropoli il costume funerario ed il tessuto sociale della città hanno visto radicali cambiamenti che è possibile seguire, almeno in parte, attraverso l esame dei corredi e della tipologia dei sepolcri. Pur non essendo questa la sede adatta alla trattazione dell argomento, ci limitiamo a segnalare come l affermarsi di una potente aristocrazia all interno di una società ben stratificata si rifletta nella ricchezza dei corredi di VIII secolo a.C., ove sono presenti oggetti d importazione o d imitazione etrusca e magnogreca accumulati quali beni di prestigio; si segnala, inoltre, l alto livello qualitativo dei materiali delle tombe di VII secolo a.C. (periodo «orientalizzante»), che pur non raggiungendo l entità delle cosiddette tombe «principesche» dei centri etruschi e laziali, ci consente egualmente di ritenere Roma nel novero dei centri urbani più importanti, al pari delle grandi città etrusche coeve14; e ancora l assenza del corredo nelle tombe di VI e V secolo a.C., ampiamente rilevata nel sepolcreto seppur con eccezioni di lusso, sottintende probabilmente una disposizione di legge osservata in tutto il Lazio arcaico, abbandonata soltanto alla metà del IV secolo15. E poi, nel periodo mediorepubblicano, la ripresa di sepolture monumentali ipogee o semipogee rappresentate da tombe gentilizie molto note ed importanti per la pittura

storica romana, quali la Tomba dei Fabii/Fanni ed il cosiddetto sepolcro Arieti. Gli studi hanno quindi accertato l ampia estensione cronologica del sepolcreto, la cui occupazione si snoda entro l arco di quasi un millennio (dalla fine del IX - inizi dell VIII alla seconda metà del I secolo a.C.), sino a quando la zona malsana nota come Campus Esquilinus, ovvero il cosiddetto «cimitero dei poveri»16, fu bonificata da Caio Cilnio Mecenate, il potente consigliere ed amico dell imperatore Augusto, per


A sinistra: Necropoli esquilina. Corredo di una tomba femminile costituito da una collana in pasta vitrea e ambra, fibula a sanguisuga, anellini e fuseruola. VIII secolo a.C. (da Antiquarium Comunale) In basso a sinistra: Olla con coppelle presso il bordo, dalla tomba 128 (da Antiquarium Comunale) In basso a destra: Pisside con decorazione incisa dalla tomba 128 (da Antiquarium Comunale) Nella pagina accanto, in alto: Necropoli esquilina, tomba 193. Quest urna in peperino conteneva un costoso cinerario in marmo greco (fine VI secolo a.C.), che è forse il tentativo di aggirare una presunta disposizione di legge limitante l introduzione del corredo nelle tombe (da Antiquarium Comunale) Al centro: Necropoli esquilina, tomba 128. Corredo vascolare con ceramica d impasto e buccheri, seconda metà VII secolo a.C. (da Antiquarium Comunale)

Nella pagina accanto, in basso: Pittura con scena storica dalla tomba dei Fabii (III secolo a.C.), generalmente riferita ad un episodio delle guerre contro i Sanniti (da Antiquarium Comunale)


far posto ai volumi della sua estesa e lussuosa villa suburbana. Un noto passo di una satira del poeta augusteo Orazio17 chiarisce la natura dell intervento mecenaziano e ci fa comprendere quale spettacolo dovesse presentarsi fino a quel momento agli occhi di chi spaziasse con la vista fuori dall aggere. Nell istituire un confronto fra il nuovo stato di cose e la situazione precedente la bonifica del sepolcreto, Orazio dice infatti: «Ora si può abitare sull Esquilino reso salubre (Nunc licet Esquiliis habitare salubribus) e passeggiare al sole sull aggere, da dove poco fa tristi si guardava un campo informe biancheggiare di ossa», il campo o cimitero comune dell infima plebe (hoc miserae plebis stabat commune sepulcrum). Il testo oraziano specifica anche l ampiezza (300 X 1000 piedi romani = circa 27.000 m2) che doveva misurare questa zona, limitata con cippi e destinata alla sepoltura di quanti non potevano sostenere l onere di un funerale tradizionale. Dobbiamo considerare la testimonianza oraziana frutto dell amplificazione poetica dell autore, oppure realmente lo spettacolo di un «campo biancheggiante di ossa» doveva presentarsi agli occhi di chi osservasse dalla sommità dell agger il Campus Viminalis ed il Campus Esquilinus? Si sarebbe tentati di negare veridicità al testo oraziano, fra l altro confermato da indicazioni di Festo18, Varrone19 ed di altri autori antichi20, se, appunto nell area non si fossero fatte non soltanto le scoperte ottocentesche che abbiamo sin

qui ricordato, quanto piuttosto il ritrovamento di una serie particolare di fosse comuni appartenenti alla fase medio e tardorepubblicana della necropoli, dai primi scopritori identificate con i puticoli, termine di cui Varrone21 chiarisce l etimologia, fornendoci contestualmente anche una preziosa indicazione topografica che ci consente di ubicarli presso la Porta Esquilina («Arco di Gallieno»). Il Lanciani22 identificò i puticoli con i numerosi recinti a pianta rettangolare (m 4.00 x 5.00, profondi m 10), senza accessi, aventi pareti in comune in opus quadratum, i quali furono copiosamente rinvenuti nella zona degli isolati XIX e XXII del Nuovo Quartiere Esquilino tra la Via Napoleone III e Carlo Alberto. Essi erano destinati allo smaltimento dei cadaveri dei poveri, dei mendicanti, di quanti svolgevano attività considerate infime e deprecabili (mimi, attori, cantanti), degli schiavi. In essi i corpi, ma anche le ceneri23, venivano gettati a marcire (in latino putescere, da cui forse il termine) quasi senza onore di sepoltura assieme a carogne animali ed a rifiuti di ogni genere. È ancora il Lanciani a fornirci una descrizione, carica di entusiasmo e non sappiamo quanto degna di fede, del singolare ritrovamento; nel corso dell apertura e delle escavazioni per il sistema fognario di Via Napoleone III furono ritrovate ben settantacinque di queste fosse comuni che egli descrive con dovizia di particolari ed una certa ripugnanza: «[...] In molti casi il contenuto di ogni sepolcro era ridotto ad una informe massa di nera, viscida, pestilenziale ed untuosa sostanza; in pochi casi le ossa si potevano e fino ad un certo punto, distinguere ed identificare. Il lettore mi crederà a stento se dico che uomini e bestie, corpi e carogne ed ogni specie d innominabili rifiuti della città erano ammucchiati in queste buche24». Sembrano decisive, quindi, per la soluzione del problema costituito dalle «ossa della Stazione» la vicinanza topografica dei puticoli con il luogo del ritrovamento e le altre testimonianze del Lanciani. Ma su un altra destinazione d uso che l Esquilino ebbe in età medio e tardorepubblicana vogliamo richiamare l attenzione, destinazione che, da un certo punto di vista,


s inserisce sulla linea di utilizzo necropolare e funeratizio dell area. Sappiamo dell esistenza di una ampia zona situata tra la Porta Esquilina e la Viminale, all esterno dell agger, destinata al getto delle immondizie ed anche dei cadaveri25, in relazione al carattere da sempre esterno al contesto urbano del comprensorio26. All inizio del I secolo a.C., infatti, il pretore urbano L. Sentius27 emanò un editto recante severe prescrizioni sull introduzione di immondizie e l esecuzione di ustrina (roghi, pire funerarie) all interno della città; il testo di tale editto, di cui è rimasta parte incisa sulla fronte di alcuni cippi28 ritrovati presso la Stazione Termini fra gli anni 80 del secolo scorso ed i 40 dell attuale, suonava così: «L. Senzio, figlio di Caio, pretore, curò la delimitazione dei luoghi per decisione del Senato. Ciò è ben fatto. Nessuno voglia fare ustrini entro questo confine vicino alla città, né introdurre sterco e cadaveri». In particolare su uno di essi29, proprio quello più vicino al luogo di ritrovamento delle «ossa della Stazione», era riportata una ulteriore prescrizione: «Porta lontano lo sterco, e non sarai perseguito». Il fenomeno aveva evidentemente assunto proporzioni ragguardevoli se, ad un

certo punto, si rese necessario tentare di porvi un freno deciso con l intervento ufficiale del magistrato! I cippi relegano l effettuazione di ustrini e lo scarico di rifiuti e carogne oltre un limite ben preciso, che è possibile ricostruire con una certa esattezza, nel rispetto delle esigenze igienico-sanitario-religiose di una città ormai evidentemente troppo vicina ai luoghi fino ad allora utilizzati per lo scopo. L editto finiva col rinnovare, fra l altro, anche un antichissima disposizione presente già nella legislazione delle XII Tavole30, quella cioè che non dovessero seppellirsi o cremarsi cadaveri all interno della città. Inoltre, il divieto espresso nell edictum perpetuum31, che doveva esser molto più articolato, attesta indirettamente l uso, almeno fino a quel momento, di tali pratiche anche all interno del confine stabilito (terminatio): «la legge esiste - per dirla con Kant 32 - soltanto laddove vi è uno spirito ad essa contrario». È difficile affermare, anche se non è possibile escluderlo del tutto, che l area delimitata dall editto pretorio si trovasse all interno della necropoli esquilina, e che ne costituisse un settore specifico; è probabile, comunque, che l editto stabilisse per lo scarico delle carogne animali e delle ossa umane aree differenziate. Dobbiamo pertanto immaginare lungo tutta la dorsale dell aggere, all esterno di esso e della terminatio di Senzio (ma anche nella zona interna, fra l aggere ed i cippi) un ampia zona destinata al getto di immondizie e cadaveri, i cui confini non sono determinabili ma che sicuramente interessava il Campus Esquilinus e forse il Campus Viminalis. Entro quest area si collocherebbero i puticoli descritti dal Lanciani ed ora anche le «ossa della Stazione», che dei puticoli potrebbero costituire (o quantomeno costituiscono a tutt oggi) l estremo limite settentrionale3. Oggi come ieri cala sul sepolcreto, per la risonanza data dai quotidiani all avvenuta scoperta, quell atmosfera un pò misteriosa e macabra, di gusto squisitamente romantico che era parsa agli entusiasti scavatori ottocenteschi, primo fra tutti Rodolfo Lanciani34; di quest atmosfera un po cupa, da molti avvertita in occasione della scoperta, abbiamo anche noi respirato nel corso degli interventi apprestati e condotti per evidenziare i reperti ossei prima di fotografarli e nella campionatura degli stessi35. Per un arco di tempo lunghissimo, durato quasi un millennio, i Romani andarono a gettare immondizie ed a seppellire i loro morti all esterno della città, oltre l aggere attribuito dalla tradizione a Servio Tullio, in quello che certamente era il più grande letamaio della città, senza che nessuno, se si eccettua


Senzio, si preoccupasse di modificare questo costume o di arginare il fenomeno. Intorno al 35 a.C. Mecenate bonificherà, si ritiene interrandola36, una parte del sepolcreto, dando inizio ad un programma di recupero e risanamento dei luoghi che vedrà la costruzione della sua villa, di altri edifici pubblici quali il Macellum e la Porticus Liviae e il rifacimento della Porta Esquilina, quasi a voler rappresentare, lungo la via che ne costituiva l accesso principale (Argiletum - Clivus Suburanus - Porta Esquilina), una sorta di anticipazione topografica (prolexis) del Foro di Augusto, simbolo architettonico (ma non solo) del rinnovamento politico e di quel risanamento civile e morale così fortemente voluti dal primo imperatore di Roma. L Esquilino, inserito da Augusto nella V Regione amministrativa, vedrà dopo la creazione dei giardini intitolati a Mecenate (Horti Mecenatis) l edificazione di numerose ville nel III-IV secolo e l impianto contestuale, favorito dalla ricchezza d acqua del sito per la presenza di numerosi acquedotti37, di altri giardini (Horti Tauriani, Calyclani, Pallantiani, Liciniani, Epaphroditiani, Lamiani et Maiani, Torquatiani), al punto tale da farne quasi un secondo Pincio, un vero e proprio collis hortulorum. Sul colle continueranno ancora le sepolture, limitate ed attestate lungo il percorso dei principali assi viari del comprensorio38, tutti originantisi dal percorso Argiletum-Clivus Suburanus: la Via Tiburtina-Collatina verso est, la Via Labicana-Prenestina in direzione sud-est e la Via Merulana verso sud. Le Mura, edificate da Aureliano sul finire del III secolo d.C. sotto la minaccia delle invasioni barbariche, taglieranno l unità dei giardini costituendo per centinaia di anni un limite ben preciso entro il quale la vita si contrarrà nei «secoli bui» dell età medievale, lasciando vaste zone all incuria ed all abbandono. In seguito, con la realizzazione delle numerose ville signorili alla fine del XVI e per tutto il XVII secolo (Altieri, Montalto-Peretti-Negroni-Massimi, Sacripante, Astalli,

Giustiniani, Palombara) le Mura tornarono ad essere il confine naturale dei parchi di quelle ville che restituivano all Esquilino, per così dire, il suo carattere residenziale di ameno giardino destinato al ristoro ed all otium. Il resto è storia recente e nota. L indiscriminata urbanizzazione susseguente la proclamazione di Roma Capitale (1870) quasi tutto ha travolto e cancellato; le ville sono state atterrate, le proprietà signorili, vendute e smembrate, hanno ceduto il passo alla speculazione edilizia 39 . Decine di milioni di metri cubi di sterri e livellazioni per i nuovi quartieri popolari, resi necessari dall aumento della popolazione residente, per la viabilità, per le fognature, per la Stazione hanno qua e la lasciato soltanto esigue isole di stratificazione e depositi archeologici inalterati, consentendo però ancora, e qui lo stupore è giustificato, inaspettati ed interessanti ritrovamenti come quello che ci ha dato qui spunto per tornare a parlare brevemente della necropoli esquilina.

In alto, Cippo del pretore L. Senzio (inizio I secolo a.C.) recante prescrizioni di legge circa l introduzione d immondizie, carogne e l effettuazione di ustrini nella città. Disegno di MP&OM, 1999. Nella pagina a fianco, Posizionamento dei cippi di Senzio e del luogo di ritrovamento delle «ossa della Stazione». In nero il percorso dell agger, desunto dalla FUR. Elaborazione di MP&OM, 1999, fotogrammetrico scala 1:5000. 1. Porta Viminalis. 2. Cippo di Via Magenta (CIL VI, 31614), trovato nel 1882. 3. Cippo di Via Marsala, trovato nel 1942. 4. Cippo di Via Cappellini/Principe Amedeo (CIL VI, 31615), trovato nel 1884. 5. «Ossa della Stazione».


NOTE La citazione è da Corso di filosofia positiva, a cura di A. Vadelda, Paravia, Torino 1957. 1

2 Abbiamo avuto occasione di visionare un album fotografico custodito dalle FS illustrante, fra l altro, i lavori per l edificio H-G della Stazione da cui risulta che nel 1938 erano stati già portati a compimento gli scavi per le fondazioni dell edificio e che queste erano state in gran parte realizzate. 3 4 5

9 G. PINZA, Monumenti primitivi... cit., p. 43-48; IDEM, Monumenti paleoetnologici... cit., p. 18-19.

Basti sfogliare, a tal proposito, le comunicazioni fornite man mano sul «Bullettino della Commissione Archeologica» dagli Autori delle occasionali scoperte. 10

11 Alcuni stralci furono precedentemente pubblicati sul BCAR e in altre riviste (MAL).

«IL MESSAGGERO» del 21.01.99.

L orografia accidentata del pianoro esquilino si evince da un passo liviano: inter convalles tectaque hortorum et sepulcra et cavas undique vias (XXVI, 10, 5-6) 6

M. S. DE ROSSI, in BCAR 1885, pp. 39 ss.; cfr. BCAR 1886, p.

13

A. M. COLINI, I risultati dell esplorazione... cit., I, pp. 114-119.

14

A titolo di esempio l aryballos corinzio dalla tomba 125.

113.

«IL MESSAGGERO» del 20-21.01.99; «il TEMPO» del 19.01.99. «IL MESSAGGERO» del 20.01.99.

12

Il fenomeno dell assenza dei corredi, osservato pressoché in tutte le necropoli del Lazio arcaico (ad es. Castel di Decima, Lavinium, Ficana, Torrino, La Rustica, Satricum), è spiegato sulla base di una disposizione sumptuaria da G. COLONNA, Un aspetto oscuro del Lazio arcaico. Le tombe del VI - V secolo a.C., in «La Parola del Passato», Napoli 1977, pp. 131 ss. Il modello ispiratore di tale disposizione viene da alcuni autori ritenuto la coeva costituzione ateniese (leggi soloniane contro il lusso), da altri (Bartoloni) quella spartana. 15

Le principali notizie sul ritrovamento di tombe e suppellettili varie furono in quegli anni comunicate agli studiosi soprattutto nel «Bullettino» della Commissione Archeologica Comunale, ente costituito da uomini di cultura ed archeologi appositamente creato il 24.05.1872 dalla Giunta Municipale e preposto alla tutela delle Antichità, di cui divenne segretario il cav. R. Lanciani, ingegnere e professore di Topografia Antica all Università «La Sapienza». I principali contributi sono: R. LANCIANI, Delle scoperte principali avvenute nella prima zona del Nuovo Quartiere Esquilino, in BCAR II, 1874, pp. 33-88, tavv. V-VI; IDEM, Le antichissime sepolture esquiline, in BCAR III, 1875, pp. 41-56, tavv. VI-VIII; IDEM, Decreto edilizio intorno al sepolcreto esquilino, in BCAR III, 1875. pp. 190-230, tavv. XIX-XX; IDEM, Ancient Rome in the Light of Recent Discoveries, New York, 1895; IDEM, Forma Urbis Romae (FUR), tavv. 23-24. E. DRESSEL, La suppellettile dell antichissima necro-poli esquilina: parte seconda. Le stoviglie letterate, in AnnInst LII, 1880, pp. 265-342. tavv. d agg. O, P, Q, R. L. MARIANI, I resti di Roma primitiva, in BCAR XXIX, 1896, pp. 5-60. M. S. DE ROSSI, in BCAR 1886, pp. 39 ss. G. PINZA, Monumenti primitivi di Roma e del Lazio antico, in MALinc XV, 1905, p. 43; IDEM, Monumenti paleoetnologici raccolti nei Musei comunali, in BCAR XL, 1912, p. 15-102, tavv. III-VI; IDEM, Le vicende della zona Esquilina fino ai tempi di Augusto, in BCAR, XLII, 1914, p. 117176, tavv. V-VI; A. M. COLINI, Antiquarium: descrizione delle collezioni dell Antiquarium ampliato e riordinato, Roma 1929; IDEM, I risultati dell esplorazione della necropoli esquilina, in Atti del II CongrNazStudRom, Roma 1931, I, pp. 114-119. Numerosi studi più recenti si sono poi aggiunti a quelli qui citati nel tentativo di porre ordine e recuperare faticosamente preziosi dati scientifici dai disiecta membra della necropoli; citiamo, fra quelli di nostra conoscenza: H. MÜLLER-KARPE, Zur Stadtwerdung Roms, Heidelberg 1962. M. TALONI, La necropoli del-l Esquilino, in «Roma Mediorepubblicana», Catalogo della Mostra, Roma, Assessorato Antichità, Belle Arti e Problemi della Cultura, 1973, pp. 188 ss., catt. nn. 281-323. G. COLONNA, Preistoria e protostoria di Roma e del Lazio, in «Popoli e Civiltà dell Italia Antica», II, Roma 1974, pp. 275 ss. (con amplia bibliografia critica). E. LA ROCCA, in «Dialoghi d Archeologia» VIII, 1974-1975, pp. 86 ss. A. SOMMELLA MURA, Il sepolcreto dell Esquilino, in «Civiltà del Lazio primitivo», Catalogo della Mostra, Roma, Multigrafica editrice, 1976, pp. 125 ss., tavv. XVIII-XXIII. M. ALBERTONE, La necropoli esquilina arcaica e repubblicana, in «Roma Capitale 1870-1911. L archeologia in Roma Capitale fra sterro e scavo», Catalogo della Mostra, Venezia, Marsilio, 1983, pp. 140155. G. BARTOLONI, Esibizione di ricchezza a Roma nel VI e V secolo a.C.: doni votivi e corredi funerari, in «Scienze dell Antichità» 1, 1987 [1988], pp. 143159.

67.

8 Ad esempio nella pianta delineata dall architetto Canina tra il 1832 ed il 1850 (Antich. di R. v. II, tav. VIIIa) la necropoli è indicata esattamente nella zona ove saranno rinvenute le tombe appena vent anni più tardi. Testimonianza del ritrovamento di ossa umane presso la chiesa di S. Eusebio viene fornita dal Ficoroni (Osserv. a Moufalc., p. 20), anche se all epoca tali indizi furono messi in relazione, probabilmente senza fondamento, con un cimitero cristiano della zona (cfr. NSc 1877, p. 94).

25 A. DEGRASSI, in «Doxa» II, 1949, p. 84 = «Scritti vari di antichità», I, p. 355. Il termine cadaver va riferito sia a carogne animali che ad esseri umani. Si veda THESAURUS LINGUAE LATINAE, vol. III, p. 12, s.v. cadaver. Ad esempio SERV. Aen. VIII, 264: cadaver est corpus nondum sepultum, dictum cadaver quod careat honorae sepulturae; XI, 143: haec corpora, sive proici iubebantur a cadendo sive quod sepultura carebant, cadavera dicta. Anche nel testo della lex Lucerina (CIL IX, 782) il termine cadaver sembra indicare esseri umani,

7

STRABO V, 3, 9; anche HOR. citato alla nota seguente. Le scoperte archeologiche provano che l area era destinata non solo al seppellimento dei poveri, il che è forse vero solo alla fine dell età repubblicana oppure in un settore specifico del campus posto più a settentrione, a ridosso dell agger e verso il campus Viminalis. I cosiddetti «sepolcri singolari» (tra cui molto famosi sono la tomba dei Fabii/Fannii, attribuita ad un discendente del console Q. Fabius Maximus Rullianus, e la cd. Sepolcro Arieti) e le fonti letterarie (CIC. Phil. IX, 7, 17: tomba di S. Sulpicius Rufus istituita loco publice) provano appunto come la zona fosse anche occupata in età mediorepubblicana da tombe di personaggi di un certo rilievo politico. 16

17

HOR., Sat. I, VIII, 10-16: hoc miserae plebis stabat commune sepulcrum, Pantolabo scurrae Nomentanoque nepoti: mille pedes in fronte, trecentos cippus in agrum hic dabat: heredes monumentum ne sequeretur. Nunc licet Esquiliis habitare salubribus atque in aggere aprico spatiari, quo modo tristes albis informem spectabant ossibus agrum.

Anche uno scoliaste di Orazio conferma l intervento di Mecenate: esquilina regio sepulcris servorum et miserorum erat dedicata: Maecenas autem, considerans aeris salubritatem hortos eo loco constituit (SCHOL. CRUQ. V, 7) 18

FEST., s.v. putic.

19

Vedi nota 21.

PORFIR., ad Horat. Epod. V: in regione aggeris pauperum corpora vel comburi vel proici solebant. Cfr. SCHOL. CRUQ. V, 7 citato alla nota 17. 20

21 VARRO, De lingua latina, V, 25: extra oppida a puteis puticoli, quod ibi in puteis obruebantur homines, nisi potius, ut Aelius scribit, puticulae, quod putescebant ibi cadavera proiecta, qui locus publicus ultra Exquilias. 22 Delle principali scoperte... cit., in BCAR 1874, pp. 33-88: 42-53; Le antichissime sepolture esquiline, in BCAR 1875, pp. 41-56; Decreto edilizio... cit., in BCAR 1875 III, pp. 190-230, tav. XIX-XX; vedi anche FUR, tav. 23 («PUTICOLI»). 23

Delle principali scoperte... cit., in BCAR 1874, p. 48.

24

R. LANCIANI, Ancient Rome in the Light of the Recent Discoveries, p.


per il riferimento alla pratica delle offerte rituali presso il sepolcro (ius parentandi): in hoc luco stercus nequis fundito, neve cadaver proicito, neve parentado.

stratigrafiche condotte sulla sezione delle trincee scavate per l apertura di Via Napoleone III.

Interessante, a tal proposito, è l etimologia del nome Esquilino: il termine esquiliae/nus (da «ex-colere») significa, in contrapposizione ad inquilinus, «ciò che posto fuori dell abitato».

Ricordiamo che ben sette acquedotti giungevano nella zona esquilina detta «ad Spem Veterem», quattro dei quali (l Anio Vetus, 272 a.C.; la Marcia, 144 a.C.; la Tepula, 125 a.C. e soprattutto la Iulia, 33 a.C.) alimentavano direttamente la V Regione augustea consentendo (Cataloghi Regionari) la realizzazione di ben 75 balnea (terme gestite da privati) e 74 lacus (fontane), dato che non ha eguali nelle altre circoscrizioni amministrative.

26

27 Su L. Sentius, pretore fra il 93 e l 89 a.C. si veda R. SYME, «Historia» XIII, 1964, p. 159 s. Il personaggio potrebbe essere identificato con un omonimo triumvir monetalis del periodo sillano (cfr. CIL I2, app. num. 243). 28 L. Sentius C. f. pr(aetor) | de sen(atus) sent(entia) loca | terminanda coer(avit). B(onum) f(actum). Neiquis intra | terminus propius | urbem ustrinam | fecisse velit neive stercus, cadaver | iniecisse velit. | Stercus longe | aufer, | ne malum habeas. I Si tratta in totale di tre cippi, ritrovati con la fronte iscritta rivolta verso la città: il primo (ora al Lapidario Capitolino) fu trovato in Via Magenta, presso il Castro Pretorio (BCAR 1881-82, pp. 459 sg.; CIL VI, 31614); il secondo (ora ai Musei Capitolini) «all incrocio fra le Via Cappellini e la Via Principe Amedeo, presso S. Eusebio» (NSc 1884, p. 2367; cfr. FUR, tav. 24: «Scavi 25.VI.1884»; CIL VI, 31615); il terzo (attualmente al Museo Nazionale Romano) in Via Marsala nel 1943 (C. CAPRINO, in NSc 1943, p. 26). Un quarto documento epigrafico (CIL VI, 31577) trovato presso la Porta Esquilina, ribadisce lo stesso divieto di introdurre sterco, cadaveri e di fare ustrini, e verrebbe spontaneo metterlo in relazione con i tre cippi di Senzio, se il divieto non si riferisse con probabilità nello specifico ad un area presumibilmente sacra, da localizzarsi entro il pagus Montanus, secondo alcuni autori (F. COARELLI, Il Foro Boario, 1988, pp. 283-4) ritenuta quella del santuario di Venus Libitina (lucus Libitinae), dea dei funerali e dei sepolcri. 29 Si tratta del cippo trovato «presso S. Eusebio», ora ai Musei Capitolini (CIL VI, 31615); l iscrizione con l ulteriore prescrizione è dipinta in minio, molto consunta ma egualmente leggibile.

«Hominem mortuum in urbe neve sepelito neve urito» (ap. CIC., De Legibus II, 55-69). 30

Fra le prerogative del pretore, magistrato dotato di imperium, c era quella di poter emanare disposizioni aventi vigore di legge che rimanevano tali durante tutto il periodo di conferimento della carica. L edictum era per questo detto perpetuum. Generalmente il testo è in prima persona, come nel caso dell edictum praetorium de campo Esquilino. 31

32 La citazione è da I. KANT, Critica della Ragion pratica, Bari 1955 (ora riveduta da V. Mathieu in Biblioteca Universale Laterza, 1982). 33 È estremamente probabile che nel corso degli scavi per la realizzazione della nuova Stazione Termini, iniziati nel 1938, si siano fatti altri ritrovamenti del genere più a nord e che di essi non sia rimasta traccia nelle cronache dell epoca, di ben altro preoccupate per la minaccia incombente della Guerra o quella, poco meno preoccupante, della sospensione o del rallentamento dei lavori per motivi di ricerca archeologica. 34 Si vedano gli articoli di R. Lanciani e F. Gori su «L Opinione» dei giorni 15.2, 8.3, 20.3.1874. Ci sembra significativo a tal proposito riportare ancora alcune parole del Lanciani: «Fra le tante scoperte cui ha dato luogo la costruzione del Quartiere Esquilino, niuna per nostro avviso è più atta a colpire l immaginazione del rinvenimento di questa necropoli, oscura certo e disadorna, ma ben più ispiratrice di grandi pensieri e più larga di storico lume che molti fra gli splendidi mausolei ond è sparso densamente il suburbano di Roma» (Delle principali scoperte... cit., in BCAR 1874, p. 52). 35 Anche se non abbiamo sentito la stessa ripugnanza avvertita da Lanciani durante lo scavo dei puticoli, abbiamo comunque provato un sentimento di disagio, quasi un fastidio misto ad un senso di ancestrale timore (lo stesso timore che spingeva gli antichi ad omaggiare i morti per non averne noie e fastidi?) nel domandarci se fosse giusto che la sorte di quegli umili resti, ora finalmente in pace dopo gli stenti della vita, dovesse passare fra le nostre mani e non meritasse, invece, quella inviolabilità che la legge romana stabiliva senza distinzione per tutti i sepolcri. 36

È l opinione autorevole del Lanciani, scaturita dalle osservazioni

37

38 A tale proposito si veda R. LANCIANI, in BCAR 1875 III, pp. 190 ss; anche FUR, tav. 24 («plura monumenta sepulchralia»). Le testimonianze del Fabretti (Inscr. 376, XXVIII) sono molto significative, e da esse dipende in gran parte la redazione della FUR (cfr. M. PALES - O. MENGHI, Sondaggi a scopo di ricerca archeologica nell ex caserma Sani, ex Magazzino militare, ex Centrale del Latte e in Via Ricasoli, 1996-1997, pp. 5-6, 21. 39 Sull argomento «Roma Capitale» testi ormai classici sono: I. INSOLERA, Roma moderna. Un secolo di storia urbanistica 1870-1970, Torino 1983, pp. 3-62; IDEM, Roma. Immagini e realtà dal X al XX secolo, Bari 1988; A. CARACCIOLO, Roma Capitale, Roma 1974; interessanti riferimenti ed osservazioni sono fatte da L. QUILICI, La tutela archeologica nei piani regolatori e nella legislazione, in «Roma Capitale 1870-1911. L archeologia in Roma Capitale fra sterro e scavo», Catalogo della Mostra, Venezia 1983, pp. 4874; D. MANACORDA e R. TAMASSIA, Il piccone del regime, Roma 1985, pp. 111124.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.