Rapporto povertà 2006

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esclusi ?

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Nota: Un grazie di cuore all’Equipe della Caritas Diocesana ed in particolare a tutti gli operatori, i volontari, le servizio civiliste, le stagiste ed i tirocinanti che quotidianamente raccontano il volto e la passione di una Chiesa impegnata ad ascoltare ed accogliere i bisogni dei poveri. Senza il loro servizio umile, appassionato, competente e troppo spesso non valorizzato, questo rapporto non sarebbe stato possibile. 2

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Caritas diocesana di Pisa maggio 2006

Esclusi? Secondo rapporto diocesano sulle povertĂ incontrate

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Introduzione ...................................................................................... 5 S.E. Mons. Alessandro Plotti Arcivescovo di Pisa

Esclusi? .............................................................................................. 7 Don Emanuele Morelli Direttore della Caritas Diocesana di Pisa

PARTE I: I dati dei Centri di Ascolto..................................................... 9 Dott. Federico Russo

PARTE II: Quali risorse possibili?....................................................... 29 Avv. Laura Zampano

Appendice: i Centri d’Ascolto ........................................................... 37 Equipe formazione Caritas Diocesana di Pisa

Appendice Statistica .......................................................................... 39 Note .................................................................................................. 45 esclusi ?

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introduzione

II Rapporto 2006 sulle povertà incontrate dalla Caritas Diocesana di Pisa

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a Caritas diocesana presenta il 2° Rapporto sulle povertà nel nostro territorio. Sono dati significativi che occorre conoscere e valutare per poter intervenire con mezzi sempre più adeguati. Forse molti operatori pastorali non sono al corrente di quanto lavoro svolga la Caritas diocesana nei suoi molti servizi. Questa constatazione mi fa dire che dobbiamo moltiplicare gli sforzi per declinare l’essere e l’agire Caritas anche a livello parrocchiale, in metodo, azioni e percorsi educativi, che permettano di operare con progettualità e soprattutto con attenzione del cuore in risposta alle diverse necessità. È certamente importante che la Caritas diocesana continui a monitorare le povertà, le dinamiche di esclusione, i diversi e drammatici disagi sociali; ma tutto questo deve avere una ricaduta nella sensibilizzazione delle nostre parrocchie. Non si può delegare la Caritas diocesana di un servizio formativo che è tipico e irrinunciabile per le singole comunità ecclesiali. esclusi ?

Questo Rapporto deve quindi diventare uno stimolo affinché ogni Parrocchia faccia seriamente un esame delle povertà esistenti sul suo territorio con un approccio peculiare, che non si esaurisce nell’assistenza, ma che diventa proposta di percorsi educativi a partire “dai fatti”, per concretizzare gesti di servizio che esprimano l’amore privilegiato per i poveri di tutta la comunità ecclesiale. La Caritas parrocchiale non è un gruppo di persone generose che assistono i poveri con servizi funzionali, ma deve essere sempre più “coscienza ecclesiale” per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene comune. Mi auguro che la lettura e lo studio di questo Rapporto sia occasione per tutti, parroci e animatori pastorali, per mettere al centro della nostra pastorale, la carità, come espressione genuina della fede e della speranza. Le Caritas parrocchiali devono elaborare, in continuità con la Caritas diocesana, “opere-segno” che aiutino tutti i parrocchiani a porre una maggiore atten5


introduzione

zione solidale con le povertà, evidenziando anche, se necessario, la debolezza di analisi e politiche di intervento sociale delle Istituzioni civili. Solo una rete di integrazione, di collaborazione e di complementarietà potrà manifestare l’amore che la Chiesa vuole testimoniare per i più deboli. Si tratta, in ultima analisi, di verificare il modo di fare Caritas, cioè del connet-

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tere strettamente le funzioni dell’ascoltare, dell’osservare e del discernere per animare alla carità l’intera comunità, in una visione integrata, che coinvolga anche catechesi e liturgia. Mi auguro che questo documento abbia una larga diffusione. +Alessandro Plotti Arcivescovo

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Esclusi ?

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sclusi? È la domanda che que st’anno dà il titolo al rapporto elaborato dall’Osservatorio Diocesano sulle povertà, a partire dai dati del Centro d’Ascolto della nostra Caritas diocesana. Ci siamo domandati: esclusi da cosa, da chi e perché? Proviamo a rispondere. Esclusi da cosa? Esclusi, lasciati fuori, buttati via, fatti scendere, messi da parte, marginalizzati, dimenticati, invisibili, resi ultimi… è la condizione nella quale si trovano tutte le persone che incontriamo quotidianamente e che ci raccontano le loro diverse storie di esclusione. Ci raccontano che sono stati esclusi dalla possibilità di fruire di opportunità che stanno diventando sempre di più per pochi; da un mercato del lavoro dove flessibilità è purtroppo sinonimo di precarietà; dal fatto che vivono una povertà culturale radicale; dall’assenza di politiche di inclusione più coraggiose; dalla debolezza di politiche di integrazione; dalla non conoscenza dei propri diritti; da logiche sclerotizzate di assi-

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stenzialismo deresponsabilizzante; dal fatto di produrre un reddito che ha perso il reale potere di acquisto; dallo sfilacciarsi di reti di protezione sociale… In sostanza sono esclusi dalla possibilità di vivere in pienezza. Esclusi da chi? I soggetti che generano esclusione sono diversi. Sono le istituzioni della società civile quando organizzano la solidarietà a partire da una soglia che si sposta sempre di più verso l’alto, lasciando “sotto” un numero sempre maggiore di uomini e di donne. Sono ancora le istituzioni della società civile quando destinano al “sociale” una quantità sempre minore di risorse, umane ed economiche, di modo che le politiche di welfare diventino, purtroppo, solo residuali. Ma è anche la comunità ecclesiale quando considera l’esercizio della carità un accessorio e non un “opus proprium” che prima ancora che definirne il suo agire, ne definisce l’essere e l’identità profonda. Quando una comunità ecclesiale accetta come inevitabile che i poveri stiano sulla sua soglia e 7


non crea percorsi perché possano abitare pienamente le relazioni dei discepoli di Gesù tradisce la propria natura e la propria missione. Quando le comunità parrocchiali si limitano a fare elemosina e non osano i percorsi dell’ascolto, del discernimento, dell’accompagnamento, della promozione umana smettono di essere “vangelo” per i poveri. Ma crediamo che il problema peggiore dipenda dal fatto che le persone che si pensano “normali” (io e te…) abbiano perso la coscienza che i primi ad essere confrontati ed interrogati dal crescere della povertà non sono i soggetti collettivi ma prima di tutto proprio le persone singole. I poveri e la loro povertà sono una provocazione al cambiamento che deve interessare prima di tutto la nostra coscienza personale. Esclusi perché? Eppure, alla fine, abbiamo la certezza che non ci sia un vero e proprio soggetto fisico che esclude. Non c’è una persona con la quale prendersela, non c’è un “capro espiatorio”. Abbiamo l’impressione che il problema sia molto più grave e più profondo. È questione di stile di vita. Siamo dentro un sistema culturale che esclude, dove individualismo ed indifferenza sono i tratti che connotano in maniera indele-

bile la nostra convivenza, che ama definirsi civile. L’esclusivo interesse personale, la ricerca del proprio benessere a scapito di quello dell’altro, l’incapacità di coniugare il vocabolario dei beni comuni, di pensare al plurale… sono il vero motivo che porta la nostra società ad essere non una società che include ma che esclude. Che cosa fare? Allora che cosa fare? Occorre cambiare la vita. Non è poco ma è alla nostra portata. È necessario ed urgente ripensare le politiche, rivedere l’agire delle comunità ecclesiali e pensare nuovamente i nostri stili di vita personali a partire dalla scelta di ritrovare il senso della nostra vita nelle prassi del servizio, della condivisione, della compassione, della costruzione di legami forti, dell’accoglienza del diverso… È necessario “ripartire dagli ultimi”, nelle politiche, nella pastorale, nei comportamenti quotidiani perché la nostra convivenza sociale possa ancora definirsi con l’aggettivo “civile” senza doversi vergognare. “Includere” diventa perciò il dovere per tutti coloro che vogliono costruire comportamenti quotidiani, politiche e prassi pastorali capaci di consegnare al futuro la nostra società.

don Emanuele Morelli Direttore della Caritas diocesana di Pisa

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PARTE I I DATI DEI CENTRI DI ASCOLTO Premessa Prima di esaminare i dati dei centri di ascolto vogliamo riflettere su una domanda di metodo: che cosa ci possono dire questi dati sulla povertà a Pisa? Questo è l’interrogativo cruciale che gli osservatori della Caritas non possono più fuggire. Se il significato di questi dati non andasse al di là di un semplice bilancio contabile degli utenti che si sono rivolti ai nostri sportelli la presentazione dei nostri rapporti sarebbe interessante solo ad uso interno: al contrario, molte Caritas diocesane hanno cominciato a divulgare i propri dati nella convinzione che questi potessero essere un buon punto di partenza per far riflettere la chiesa locale e la società civile. E’ il momento di giustificare questa “pretesa”, spiegando in modo esplicito come vogliamo utilizzare i dati dei centri di ascolto per dire qualcosa di sensato sulla nostra società. In queste righe cercheremo di descrivere i metodi adottati in alcuni rapporti Caritas, e proveremo a mettere in luce i loro limiti e le condizioni necessarie perché possano portare a conclusioni plausibili. Crediamo che esistano almeno tre strade percorribili per raggiungere questo obiettivo: l’osservazione dei trend storici, il metodo della domanda sociale visibile e l’individuazione di profili tipici. La prima via può essere tentata per cogliere alcune esclusi ?

trasformazioni che avvengono sul territorio, la seconda è particolarmente adatta a individuare gli strati della popolazione che si trovano in una situazione di disagio, mentre la terza mira a definire e ricostruire in dettaglio alcune situazioni che appaiono rilevanti per numero o gravità. Ovviamente nessuna di queste operazioni può essere intrapresa senza considerare con attenzione la natura dei centri di ascolto e le percezioni degli operatori e dei volontari che hanno fisicamente incontrato le persone in cerca d’aiuto. Solitamente i dati più attesi nei rapporti sugli utenti dei centri di ascolto riguardano il numero degli utenti ascoltati le loro caratteristiche rispetto agli anni precedenti. Se l’attenzione per il numero delle presenze è giustificato dalla sua immediatezza, che bene si sposa con le esigenze della comunicazione giornalistica, l’interesse per l’aumento o la diminuzione di certe categorie di utenti è spesso utilizzato per fare delle inferenze su presunti cambiamenti avvenuti sul territorio. Questo modo di procedere è assai diffuso ma allo stesso tempo diventa molto rischioso se non si adottano alcune cautele. Facciamo un esempio pratico: se da un anno a quello successivo raddoppiassero le persone che manifestano un disagio abitativo se ne potrebbe trarre la conclusione che questo tipo di problema stia diventando più acuto. In fin dei conti un ragionamento simile è largamente applicato in altri contesti: ad esempio, negli Stati Uniti l’andamento crescente o decrescente della disoccupazione è sti9


mato a partire dal numero di persone che si presentano agli sportelli competenti per richiedere il relativo sussidio. Nell’estendere meccanicamente questa logica ai nostri centri si dimenticano due elementi fondamentali: innanzitutto, le persone in difficoltà non sono obbligate a rivolgersi alla Caritas per ottenere i servizi che desiderano: piuttosto, scelgono se farlo soltanto se ritengono che i centri di ascolto possano fornire delle risposte adeguate alle loro domande1 . Inoltre, i centri di ascolto sono spesso in evoluzione costante, e sia la loro organizzazione sia le risorse disponibili influenzano in modo determinante il numero e la tipologia degli utenti incontrati. Alla luce di questa osservazione possiamo tornare sull’esempio precedente: un aumento delle persone con problemi di abitazione potrebbe essere spiegato semplicemente con la aumentata capacità dei centri di ascolto di trovare una soluzione a questo problema. Prima di lanciarsi in considerazioni affrettate diventa fondamentale chiedersi se le variazioni riscontrate di anno in anno possano essere spiegate da fattori interni, che possono riguardare ad esempio il numero degli operatori coinvolti nell’ascolto, le risorse materiali a loro disposizione e più in generale tutte le risposte che essi sono in grado di fornire. In mancanza di spiegazione di questo genere le variazioni possono essere considerate dei segni, per quanto incompleti e incerti, di trasformazioni avvenute sul territorio. Le impressioni tratte dai dati dovrebbero essere con10

frontate con altre fonti informative ogni volta che questo è possibile: fortunatamente non sono rari i fenomeni sociali che lasciano tracce in più di una fonte statistica. Ad esempio, se i nostri dati suggerissero un aumento delle persone in difficoltà a pagare l’affitto potrebbe essere utile cercare di capire se gli sfratti sono o non sono in aumento. Un buon esempio di analisi della “domanda sociale visibile” è dato dal “Secondo Rapporto sulle Povertà”2 realizzato dall’osservatorio provinciale delle politiche sociali di Arezzo: nel secondo capitolo, scritto dal sociologo di Caritas Italiana Walter Nanni, le caratteristiche del gruppo di utenti che hanno usufruito dei servizi sociali e di quelli della Caritas vengono comparati con quelle della popolazione residente. L’assunto fondamentale è che gli utenti che si presentano ai Centri d’Ascolto stiano vivendo una situazione di disagio, e questo è senz’altro confermato dalla nostra esperienza: se tutti i tipi di persone si rivolgessero alla Caritas con la stessa facilità, la sottopopolazione degli “utenti Caritas” sarebbe uno specchio preciso della popolazione residente sul territorio. Per questo “Il confronto tra l’incidenza di una determinata variabile anagrafica o di status all’interno di una sottopopolazione specifica, e l’incidenza della medesima variabile presso la popolazione complessiva, è di fondamentale importanza per evidenziare fenomeni di segregazione e l’eventuale esposizione differenziale al rischio di determinati gruppi di persone, che sarebbero soggetti quindi a processi sovradimenarcidiocesi di pisa, giugno 2006


sionati di emarginazione sociale” 3. Andare alla ricerca dei profili tipici significa individuare dei gruppi di utenti che presentano caratteristiche simili e descriverli in modo approfondito. Se alcuni individui sono accomunati da molte varabili significative (ad esempio età, genere, cittadinanza) ed hanno problematiche simili possiamo dire di essere in presenza di un “profilo tipico”. Da un punto di vista analitico la ricerca di questi profili può cominciare con l’analisi delle varabili socio-anagrafiche: ad esempio nel “Dossier 2004 sulle povertà in Toscana”4 i profili tipici vengono individuati grazie ad una comparazione sistematica tra utenti italiani e stranieri, ulteriormente distinti per genere. Questa ricerca non è fine a se stessa, ma permette di conoscere i tratti qualitativi di alcune situazioni di disagio esistenti sul territorio che non possono essere resi dai dati ufficiali sulla povertà né da alcuna statistica: una volta individuati, alcuni profili tipici possono essere eventualmente approfonditi con altri strumenti di indagine, come ad esempio le storie di vita. Siamo comunque consapevoli che nonostante tutte le possibili cautele che si possono adottare nell’analisi dei dati, nulla può sostituire l’esperienza diretta degli operatori che hanno fisicamente incontrato i volti delle persone che chiedevano un aiuto. Mettere a confronto le sensazioni degli operatori con i dati statistici già parzialmente elaborati permette di raggiungere un duplice obiettivo: da una parte illumina i dati di maggior significato, spieganesclusi ?

do le situazioni concrete che si celano sotto i numeri e suggerendo ulteriori analisi. Dall’altra, a volte i numeri correggono le percezioni degli operatori che potrebbero essere portati a sovrastimare la numerosità delle situazioni che più li hanno colpiti, magari perché nuove o particolarmente gravi. Queste righe sono una sintesi del metodo che abbiamo seguito per elaborare i dati sugli utenti passati dai nostri centri di ascolto nel 2005: in parte sono anche un’agenda di ricerca che ci ripromettiamo di seguire e perfezionare in futuro. In Toscana, e non solo, gli osservatori diocesani sulle povertà stanno diventando uno strumento diffuso ed il numero crescente dei “rapporti” che in questi anni sono stati pubblicati testimonia l’attenzione delle Caritas a farsi laboratorio di riflessione. Siamo convinti che l’utilità degli osservatori per la Chiesa e per la società civile si gioca sulla loro capacità di produrre rapporti che superino una logica contabile ma sviluppino dei metodi per parlare del territorio. Solo rendendo espliciti questi metodi ed i loro assunti, per quanto siano rudimentali, sarà possibile alimentare un dibattito che farà crescere tutti. Aspetti metodologici e modalità di lavoro dei CdA In questo rapporto analizziamo i dati relativi agli utenti dei centri di ascolto (CdA) della Caritas di Pisa: dal 2003 le informazioni raccolte dagli operatori sono registrate sia su un archivio cartaceo sia su un database elettronico. Dopo 11


ogni colloquio gli operatori compilano usa scheda che è stata elaborata e condivisa a livello regionale, e successivamente trascrivono i dati in un apposito programma informatico5 utilizzato da quasi tutte le diocesi toscane. Il nostro “strumento di rilevazione” sono proprio i CdA, che per loro natura non raccolgono le informazioni per fini statistici: come è meglio spiegato nell’appendice dedicata, i centri di ascolto sono l’espressione della chiesa locale e hanno come prima funzione quella di accogliere, ascoltare e farsi carico delle persone in difficoltà. Può capitare che le ragioni dell’ascolto siano a volte poco compatibili con quelle dell’osservazione: richiedere informazioni delicate in alcuni casi rischia di pregiudicare il buon esito dell’ascolto, e per questo il database degli utenti presenta qualche informazione mancante. D’altra parte nel corso degli ultimi anni gli operatori e tutti coloro che prestano il loro servizio nei CdA hanno maturato una attenzione crescente alle ragioni dell’osservazione, e possiamo finalmente disporre di una base informativa di qualità soddisfacente. Come spiegato nell’appendice, cui rimandiamo, il sistema dei CdA della diocesi di Pisa ha subito una riorganizzazione nell’ottobre del 2005: a partire da quella data i CdA “Mediazione” e “Bassa soglia” si sono uniti e per la prima volta gli utenti di quest’ultimo hanno cominciato ad entrare nel database informatico. Questo cambiamento rende i dati del 2005 non completamente comparabili con quelli degli anni pre12

cedenti, da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo. Date le caratteristiche dell’utenza che si rivolgeva al CdA “Bassa Soglia” nell’ultimo trimestre del 2005 compaiono molte persone straniere che sembrano vivere in situazioni ancora più difficili degli altri utenti: questi, incidendo soltanto sul 2005, rendono complicata l’analisi delle serie storiche. Per questa ragione per alcune analisi diacroniche, specialmente prendendo in esame gli utenti stranieri, considereremo i dati dei soli primi tre trimestri del 20056 . Il numero degli utenti ascoltati Nell’arco dell’intero 2005 gli operatori dei centri di ascolto della Caritas di Pisa hanno incontrato 486 persone: nel 2003 e nel 2004 gli utenti che si erano rivolti ai CdA erano stati rispettivamente 264 e 293. Come abbiamo già notato i numeri dell’ultimo anno non sono direttamente confrontabili con quelli degli anni precedenti, dato che nel quarto trimestre 2005 il sistema dei centri di ascolto è stato profondamente riorganizzato. Per controllare se ci troviamo di fronte ad un aumento vero o soltanto all’effetto dei cambiamenti organizzativi, è possibile limitare la nostra analisi comparativa al periodo Gennaio-Settembre dei tre anni considerati: mentre nei primi tre trimestri del 2003 e del 2004 erano passate poco meno di 200 persone, nei primi nove mesi del 2005 gli operatori dei nostri centri hanno incontrato 299 persone, con un aumento del 50% rispetto ai due anni precedenti. L’aumento di richieste di aiuto si arcidiocesi di pisa, giugno 2006


è verificato prima che i CdA cambiassero modello organizzativo, quindi le ragioni vanno ricercate altrove. Non sembra plausibile che l’aumento degli utenti sia dovuto alle crescenti risorse finanziarie erogate sotto forma di buoni e contributi, perché il loro ammontare non viene stabilito a priori ma determinato di volta in volta a seconda delle esigenze. Inoltre, dato chi i centri di ascolto Caritas operano in città da molto tempo con modalità simili, non crediamo che questo incremento sia riconducibile ad un improvviso aumento della loro popolarità. Un’altra ipotesi suggerita da questi dati è che sul territorio pisano nel 2005 possano essere aumentate le situazioni di disagio a cui i CdA Caritas offrono risposta, situazioni che analizzeremo meglio nella parte finale di questo capitolo. Caratteristiche socio-anagrafiche Prima di analizzare i dati dell’archivio è necessario evidenziare l’anzianità delle schede di cui è composto, che rispecchia abbastanza fedelmente la data in cui gli utenti si sono rivolti per la prima volta al CdA della Caritas: tra le persone ascoltate nel 2005 ben il 79,4% si è presentato per la prima volta nel corso dell’anno, mentre l’11,9% era già venuto almeno una volta nell’anno precedente. Solo l’8,7% delle persone ascoltate può esse-

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re collocato nella componente storica di persone che frequentano i centri d’ascolto da almeno due anni7 . La forte presenza di nuovi arrivati fa intuire che il CdA sia utilizzato spesso come risorsa d’emergenza, mentre solo una frazione di persone viene “accompagnata” nel tempo: in merito a questa variabile non si riscontrano differenze significative tra italiani e stranieri. Come ha recentemente ricordato Walter Nanni8 , la letteratura sulla povertà ha evidenziato l’esistenza del fenomeno dei “professionisti dell’assistenza”, persone caratterizzate da scarsa volontà di promozione sociale che utilizzerebbero allo stesso tempo molti servizi assistenziali presenti sul territorio: in altre parole si tratterebbe di persone che si rivolgono con continuità agli sportelli disponibili per appropriarsi delle risorse necessarie al loro sostentamento senza impegnarsi in percorsi virtuosi di uscita dal bisogno. Allo stato attuale non siamo in grado di quantificare le dimensioni di questo fenomeno, perché la nostra banca dati copre soltanto tre anni: comunque, data la scarsa percentuale di coloro che hanno frequentato i nostri centri per tutto il periodo considerato, possiamo escludere che questo fenomeno interessi un numero rilevante di utenti. Dei 486 utenti passati nel corso dell’in-

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tero 2005 il 31,5% (153) erano italiani ed il 68,5% (333) straneri. Il rapporto tra uomini e donne è sostanzialmente equilibrato: tra gli italiani prevalgono di poco gli uomini sulle donne (89 contro 64) mentre un rapporto inverso si regi-

stra tra gli stranieri (171 donne e 162 uomini). La crescita del numero di utenti ha interessato tutte le categorie di utenti in modo simile9 . A livello pisano, così come a quello regionale, l’età media della popolazione incontrata dai

CdA si situa all’interno delle classi mediane (40 anni): questo dato è stato interpretato10 come il segno che i centri di ascolto Caritas siano complementari rispetto ai servizi pubblici, rivolgendosi ad una popolazione che solitamente non è coperta da politiche sociali specifiche, che in Italia sono prevalentemente ri-

volti a minori e anziani. Questa spiegazione potrà essere meglio discussa analizzando separatamente gli utenti italiani e quelli stranieri. A conferma dell’ipotesi precedente possiamo notare che tra gli italiani sono assenti i minorenni e molto rari gli ultrasessantacinquenni: la Caritas sembra

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supplire all’assenza di risposte per i cittadini poveri ma ancora in età lavorativa, che in Italia non godono di misure efficaci come il reddito minimo di inserimento o strumenti simili. L’età degli stranieri è considerata generalmente come il riflesso dell’esperienza migratoria, che è vissuta da persone nel pieno della loro capacità produttiva: infatti anche gli utenti di cittadinanza non ita-

liana sono concentrati principalmente nelle fasce di età centrali, ma mentre gli uomini sono mediamente più giovani, le donne hanno un’età più avanzata, simile a quella degli utenti “autoctoni”. La maggiore anzianità delle donne è molto influenzata dalle utenti che si rivolgevano al CdA Bassa Soglia e che hanno cominciato ad entrare nell’archivio da Ottobre11 .

Cittadini Stranieri Nel corso del 2005 gli operatori della Caritas di Pisa hanno ascoltato 333 utenti stranieri di circa cinquanta nazionalità. Come abbiamo sottolineato nel precedente rapporto rivolgersi ai CdA è “segno di problematiche complesse oppure di una carenza di relazioni tale da rendere difficile il soddisfacimento di normali esigenze: se un gruppo nazionale è allo stesso tempo poco presente sul territorio e molto rappresentato ai CdA ciò potrebbe far suonare un campanello di allarme”.

Infatti, una presenza numerosa di gruppi nazionali scarsamente rappresentati sul territorio può essere la spia di due fenomeni preoccupanti: un alto numero di irregolari o una situazione di scarsa integrazione. Lo scorso anno avevamo operato questa comparazione concludendo che il numero di utenti albanesi fosse basso rispetto alla presenza albanese sul territorio, mentre sottolineavamo un preoccupante numero di utenti rumeni, macedoni, polacchi ed ucraini. Ad oggi non sono pervenute in-

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formazioni più aggiornate sulla popolazione straniera residente, quindi la nostra analisi si terrà ad un livello necessariamente più “impressionistico”. La tabella 3 presenta la graduatoria delle nazionalità più rappresentate tra gli utenti del centro di ascolto: già nel 2004 i romeni avevano superato gli albanesi, ed anche nel 2005 si confermano il gruppo più nutrito. Nel periodo considerato il peso dei romeni è costantemente cresciuto, passando dal 12% del 2003 al 15% del 2004 fino ad arrivare al 20% nel periodo compreso tra Gennaio e Settembre 2005. Al contrario i cittadini albanesi sono costantemente diminuiti, passando dal primo posto del 2003 al terzo del 2005. La presenza dei Macedoni, che nel 2005 sono stati il secondo gruppo nazionale per numero di presenza, è invece assai stabile nel tempo. Tra le altre nazionalità dobbiamo notare la crescita di ucraini e bulgari e la sostanziale tenuta dei Polacchi: tutti insieme rappresentano il 21% degli utenti stranieri. Questi dati suggeriscono alcune riflessioni: gli albanesi, arrivati in Italia negli anni passati e certamente la comunità più numerosa del territorio

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pisano, hanno sempre meno bisogno di rivolgersi ai CdA della Caritas. La lunga permanenza unita ad un progetto migratorio di lunga durata12 ed al probabile consolidamento delle reti informali sembrano aver favorito la loro integrazione. Al contrario, i rumeni hanno cominciato ad arrivare in tempi più recenti e spesso vengono in Italia ripetutamente ma per brevi periodi13 : questo modello migratorio è certamente contraddistinto da più precarietà, che si riflette nell’aumento di presenze ai CdA della Caritas. I macedoni sono invece una presenza costante ed abbastanza consistente, e sembrerebbero prevalentemente provenienti dalle comunità rom locali. Per quanto riguarda Bulgaria ed Ucraina è opinione comune che siano le nazioni da cui provengono gran parte delle collaboratrici familiari che operano a Pisa: il loro aumento potrebbe segnalare il consolidarsi di questi flussi. I primi cinque gruppi nazionali che abbiamo appena citato meritano senz’altro un ulteriore approfondimento, che sarà realizzato nel prossimo paragrafo. Lo stato civile degli straneri è influenzato dal genere (figura 3): sebbene

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la maggioranza degli utenti incontrati nel 2005 sia coniugata, gli uomini sono celibi nel 41,5% dei casi, mentre le donne sono più frequentemente separate o vedove. La differenza è probabilmente causata dalla più elevata età media delle donne, che spesso vengono in Italia da sole separandosi temporaneamente dalla loro famiglia. I nostri dati ci permettono di osservare l’evoluzione della situazione occupazionale ed abitativa dei nostri utenti stranieri. In tutti gli anni considerati il numero di disoccupati è sempre stato molto più alto di quello dei lavoratori, a conferma che tra i nostri utenti sono decisamente sovra-rappre-

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sentate le situazioni di forte disagio: infatti, il tasso di disoccupazione tra la popolazione straniera residente in Toscana nel 2004 non superava l’8%14 . Nel corso dell’ultimo anno è aumentata lievemente la percentuale di disoccupati (che nel 2005 è salita al 74,3%) ed è diminuita, di conseguenza, quella degli occupati. L’aumento non sembra essere causato da cambiamenti avvenuti all’interno del centro di ascolto, perché non è aumentata la scarsa capacità di favorire inserimenti lavorativi: d’altra parte, l’aumento è troppo limitato per permetterci generalizzazioni fondate. La situazione abitativa non è cambiata di

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molto, e l’appartamento in affitto è ancora la soluzione più popolare (tabella 5): l’unico cambiamento rilevante è stato il raddoppio del peso delle sistemazioni in “appartamento di amici o familiari” avvenuto dal 2003 al 2004 e confermato nel 2005. Secondo gli operatori dei CdA questo tipo di alloggio nasconde in realtà il fenomeno degli “alberghi” per stranieri gestiti da stranieri stessi; sistemazioni poco decorose ma molto economiche dove si offre agli stranieri appena arrivati di condividere una camera con altre persone, naturalmente al nero. La tabella successiva mostra la ripartizione degli utenti stranieri per quanto riguarda il permesso di soggiorno: poco più del 50% degli utenti ascoltati era sprovvisto di regolare permesso. Non è possibile dire con certezza che si tratti di irregolari, perché quest’anno i possessori di “cedolino”15 sono conflui-

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ti nella categoria dei senza permesso. E’ plausibile ritenere che gli stranieri senza permesso siano particolarmente propensi a rivolgersi alla Caritas, che rimane una delle poche risorse a loro disposizione. In sintesi possiamo dire che i dati del 2005 sono molto simili a quelli dell’anno precedente, che avevano fatto registrare un consistente aumento degli irregolari tra i nostri utenti: il più basso numero di irregolari registrato nel 2003 potrebbe essere effetto della recente sanatoria prevista dall’attuale legge sull’immigrazione, che d’altra parte non sembra aver evitato il ricrearsi di un consistente bacino di irregolari. I cittadini stranieri che si rivolgono alla Caritas sono immigrati abbastanza di recente, ma non è assolutamente corretto dire che siano appena arrivati in Italia: in media sono giunti per la prima volta in questo paese da 4,2 anni. La figura 4

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mostra che sebbene il 45% degli utenti stranieri sia in Italia da 2 o meno anni, ben il 32% sono arrivati da 3 a 6 anni fa; infine, esiste un certo gruppo di utenti che continua ad aver bisogno del sostegno della Caritas a piÚ di 7 anni dal proprio arrivo. La sensazione dei nostri operatori è che gli stranieri irregolari si rivolgano a CdA appena arrivati per usufruire di servizi necessari alla sopravvi-

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venza, mentre quelli con permesso di soggiorno vengano spesso con piÚ calma per ottenere varie consulenze, specialmente sulle disposizioni di legge che li toccano piÚ da vicino. In effetti la figura 5 mostra che gli utenti che sono arrivati da poco in Italia sono in larga maggioranza irregolari (67,6%), mentre il numero dei senza permesso di soggiorno cala drasticamente all’aumenta-

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re del periodo di residenza in Italia. Al contrario di quanto da molti ritenuto, nei nostri centri di ascolto sono molto rari i casi di stranieri irregolari di lungo periodo16 ; significa che sono poco numerosi anche sul territorio o che semplicemente non si rivolgono alla Caritas? Anche se la risposta non può essere certa propendiamo per la prima ipotesi: infatti per uno straniero senza permesso di soggiorno gli sportelli della Caritas sono uno dei luoghi dove ottenere risposte ad alcuni bisogni. Piuttosto, questi dati sembrano essere il prodotto delle disfunzioni del nostro quadro legislativo, per cui è molto più facile ottenere un permesso di soggiorno risiedendo illegalmente in Italia per un certo periodo piuttosto che rispettando alla lettera le disposizioni vigenti17 . Le nazionalità più rappresentate La distribuzione dei nostri utenti per cittadinanza ha mostrato che i gruppi nazionali più numerosi sono stati i rumeni, i macedoni, gli albanesi, gli ucraini ed i bulgari. Secondo gli operatori dei centri di ascolto è frequente che gli utenti della stessa nazionalità presentino dati anagrafici, percorsi migratori e problematiche abbastanza simili: sarebbe quindi utile analizzare le loro situazioni in modo distinto, per delinearne meglio i profili più ricorrenti. Nella percezione degli operatori gli utenti bulgari e ucraini sembrerebbero essere in gran parte donne appena arrivate in Italia con la speranza di svolgere il lavoro di “badanti” e colf; i macedoni sarebbero pre20

valentemente rom, un certo numero dei quali coinvolti nel progetto della società della salute “Le città sottili”; i romeni dovrebbero essere membri di giovani famiglie arrivati in Italia con la speranza di lavorare nell’edilizia; infine, gli albanesi sarebbero in gran parte costituiti da persone già da tempo residenti in Italia alle prese con i problemi della vita quotidiana. Innanzitutto procederemo a verificare se le percezioni degli operatori rispondono a realtà, ed eventualmente analizzeremo separatamente le problematiche dei vari gruppi. Secondo quanto specificato all’inizio del capitolo condurremo questa analisi sui dati di tutto il 2005. Il primo dato rilevante è il deciso cambiamento della graduatoria delle nazionalità una volta considerato l’ultimo trimestre del 2005. L’inserimento delle persone che si rivolgevano allo sportello Bassa Soglia (vedi appendice) ha portato a questo esito: la Romania mantiene il primo posto con 107 presenze, mentre l’Ucraina sale al secondo posto con 66, seguita da Macedonia con 56, Bulgaria con 28 e Albania con 25. Il quadro delineato dalla figure 6 e 7 dà alcune conferme importanti alle percezioni dei nostri operatori: tra gli utenti bulgari e ucraini c’è una grande prevalenza di donne, mentre negli altri gruppi nazionali il rapporto tra i generi è assai meno sbilanciato. Nel caso della Macedonia uomini e donne sono in numero quasi identico ma anche tra gli utenti romeni e albanesi c’è uno squilibrio meno pronunciato. Per quanto riguarda la situazione dei perarcidiocesi di pisa, giugno 2006


messi di soggiorno gli utenti albanesi sono quasi sempre in regola (8 su 10 hanno il permesso di soggiorno), mentre gli utenti bulgari e romeni, ma anche ucraini, sono prevalentemente sprovvisti di permesso. Per caratterizzare meglio la situazione in cui si trovano gli utenti di queste nazionalità può essere utile controllare da quanto tempo siano in Italia: secondo le ipotesi degli

esclusi ?

operatori, macedoni ed albanesi dovrebbero essere residenti in Italia da un certo numero di anni, mentre gli altri dovrebbero essere arrivati da poco. La tabella 7 ci dĂ delle informazioni interessanti: in media, gli utenti macedoni sono presenti in Italia da quasi 9 anni, gli albanesi da 4, gli ucraini da 3,3, i romeni da 2,6 ed i bulgari da poco piĂš di un anno. Bisogna ricordare che le pri-

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me ondate migratorie dall’Albania che hanno interessato il nostro territorio sono cominciate nella seconda metà degli anni novanta: evidentemente i primi migranti non si rivolgono più ai centri della Caritas. Inoltre, gli utenti albanesi che si sono rivolti ai nostri centri avevano problematiche differenti, non riconducibili ad un unico modello18 : questo sembra frutto della diversificazione delle varie situazioni personali, una conseguenza della loro crescente integrazione nella società italiana. Per quanto riguarda i macedoni, il loro lungo periodo di permanenza in Italia è il frutto di due gruppi di utenti distinti, uno arrivato in Italia da più di 5 anni ed uno di approdo più recente19 . In ogni caso la loro situazione sembra particolarmente disagiata soprattutto a causa della disoccupazione, che interessa circa l’80% di loro. Non è quindi sorprendente che il tratto caratteristico delle loro problematiche sia la povertà20 : al contrario, sono poco rilevanti le problematiche abitative. Una possibile spiegazione potrebbe essere ricercata nel programma “Le città sottili” promosso dalla Società della Salute della zona pisana 22

e volto a superare le condizioni di disagio abitativo e sanitario della popolazione Rom residente sul territorio: nel quadro di questo programma sono state trovate delle sistemazioni abitative (ma non ancora lavorative) per molte famiglie. Questo potrebbe aver portato ad un grande numero di richieste di aiuto economico, magari per far fronte al costo delle nuove utenze domestiche. Anche il quadro delle problematiche che affliggono gli utenti romeni e bulgari è coerente con la ricostruzione degli operatori: gli utenti bulgari, appena arrivati in Italia (circa un anno), hanno bisogno di tutto e specialmente di lavoro (70%) e abitazione (80%). Al contrario di quanto accade ai cittadini di altra nazionalità, loro non possono contare su una rete di relazioni informali molto sviluppata perché la comunità bulgara a Pisa è di dimensioni piuttosto esigue. I tratti salienti degli utenti romeni vanno ricercati nella alta percentuale di persone giovani (media 31 anni) sprovviste di permesso di soggiorno (81,9%) che vivono in nuclei familiari (43%) e con figli minori conviventi (55%): queste ultime due caratteristiche sono degne di arcidiocesi di pisa, giugno 2006


nota considerando il periodo relativamente breve da cui questi utenti sono in Italia (2,6 anni). Il profilo degli utenti ucraini è abbastanza coerente con quello delineato degli operatori: la maggior parte di loro è costituita da donne (83,3%), senza permesso di soggiorno(69,2%), che vivono in nucleo non familiare (62,8%) pur essendo spesso coniugate (48,8%), in media dichiarano di essere arrivate in Italia 3 anni fa, ma è molto probabile che in questi tre anni abbiano alternato periodi in patria e periodi nel nostro paese. Nell’intenzione di sviluppare nuovi strumenti di analisi basati sulle informazioni sistematicamente raccolte dai CdA abbiamo deciso di elaborare una scala delle “condizioni di integrazione” dei nostri utenti stranieri. Questa misura aggrega in un unico numero alcune informazioni presenti nei nostri archivi su quelli che sono normalmente considerati i prerequisiti per vivere stabilmente in una nuova società e cominciare un percorso di integrazione21 . La complessità e l’ampiezza del dibattito sul concetto di “integrazione” non ci permettono di discuterne il significato in questa sede, e certo non abbiamo la pretesa di poter misurare con una scala assai rudimentale una variabile sociologica così personale e sfuggente. Tuttavia non c’è dubbio che alcune condizioni, come trovarsi in posizione di regolarità giuridica, avere un lavoro ed un’abitazione sicura e vivere in un nucleo familiare, abbiano a che vedere con l’integrazione, essendone a volte pre-requisiti ed a volte miesclusi ?

sure indirette. Lo scopo di questa scala è quello di sperimentare e mettere a disposizione degli osservatori Caritas uno strumento sommario ma sintetico per comparare le condizioni di diverse categorie di utenti stranieri: in questo capitolo sperimenteremo questa scala applicandola agli utenti delle cinque nazionalità più rappresentate nei CdA. A conferma delle impressioni dei nostri operatori gli utenti albanesi sono quelli che si contraddistinguono per le migliori condizioni potenziali, raggiungendo un punteggio di 2,4 sulla nostra scala di integrazione. La stessa misura dà risultati piuttosto bassi per gli utenti macedoni soprattutto, ma non solo, a causa della diffusissima disoccupazione: questi risultati sono abbastanza sorprendenti ed allarmanti se consideriamo il lungo tempo da cui molti di essi sono in Italia. Utenti romeni (1,3), ucraini (1,2) e bulgari (1) si situano prevedibilmente al termine di questa classifica; la breve permanenza in Italia sicuramente gioca un ruolo in tutto questo, ma ci sono ulteriori fattori da tenere in considerazione. Ad esempio, il basso punteggio attribuito agli utenti ucraini potrebbe essere attribuibile ad un modello migratorio che non contempla l’obiettivo di stabilizzarsi in Italia22 . Cittadini italiani Come abbiamo già avuto occasione di scrivere, nel corso dell’intero 2005 sono passati dai nostri centri 153 utenti italiani, 64 donne e 89 uomini. Oltre al già citato aumento del numero di utenti ita23


liani, dobbiamo notare che per il primo anno gli uomini superano decisamente le donne: nel 2003 e nel 2004 c’era sostanziale equilibrio di genere. In via di ipotesi questa novità era stata spiegata con i ben noti cambiamenti organizzativi del centro di ascolto: si poteva infatti pensare che l’inserimento degli utenti del l’ex CdA “Bassa soglia” avesse fatto incrementare il numero di uomini,

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che più spesso delle donne usufruiscono delle mense. Al contrario, l’aumento di uomini è avvenuto ben prima di questa riorganizzazione, e le sue cause devono essere ricercate altrove23 . In uno dei paragrafi iniziali, esplorando le caratteristiche socio-anagrafiche dei nostri utenti, abbiamo notato che la maggior parte degli italiani che si sono rivolti ai centri di ascolto si concentrano in età

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lavorativa. Qui è possibile svolgere un’analisi più sofisticata, comparando la distribuzione per classi di età dei nostri utenti italiani con quella del totale della popolazione residente nel comune di Pisa24 . Questo servizio ci consente di sottoporre a test un’ipotesi molto accreditata tra gli addetti ai lavori, secondo la quale i centri di ascolto Caritas rappresentano uno dei pochi aiuti disponibili per i cittadini poveri in età lavorativa. La figura 9 dà un importante sostegno a questa ipotesi: i cittadini italiani con un’età compresa tra i 35 e i 64 anni sono sovrarappresentati tra gli utenti dei CdA, cioè sono più propensi degli altri a rivolgersi alla Caritas. Al contrario, gli ultra sessantacinquenni sono poco rappresentati trai nostri utenti, nonostante siano molto numerosi tra la popolazione pisana: evidentemente, raggiunta l’età necessaria per usufruire della pensione, diminuisce il bisogno di rivolgersi alla Caritas per ottenere beni di prima necessità e per far fronte alle spese quotidiane. Il genere influenza molto lo staesclusi ?

to civile dei nostri utenti italiani: sia tra le donne sia tra gli uomini sono assai presenti i separati e divorziati, ma mentre le donne sono molto frequentemente coniugate (31,5%), gli uomini sono principalmente celibi (46,3%). Questa differenza si ripete regolarmente25 negli anni: in generale le donne sembrano particolarmente fragili alle situazioni di rottura del matrimonio, e questo potrebbe essere causato dal fatto che gli eventuali figli sono affidati di preferenza alla madre. D’altra parte, il grande numero di uomini soli o separati fa pensare alla categoria degli emarginati gravi, che tradizionalmente affollano i nostri centri di ascolto. I dati ISTAT (2005) riportano l’incidenza dei divorziati sulla popolazione residente nel comune di Pisa, e può essere utile metterla a confronto con i dati dei nostri utenti: come era prevedibile i divorziati sono più presenti tra i nostri utenti (9,4%) che tra la popolazione maggiorenne (2,7%), a conferma dei processi di impoverimento che possono verificarsi dopo la rottu25


ra del vincolo familiare. La letteratura sull’argomento mostra che la povertà tende a replicarsi a livello intergenerazionale: in altre parole i figli di una famiglia povera hanno molte probabilità di rimanere poveri anche da adulti. Senza dubbio, dietro molti dei nostri utenti si nascondono delle intere famiglie in difficoltà, spesso con dei bambini: il 26,1% del totale degli utenti italiani incontrati nel 2005 ha dichiarato di avere dei figli minori conviventi. La maggioranza di queste famiglie vive in un appartamento in affitto o in casa popola-

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re, ed ha problemi di povertà (89%) e di famiglia (44,4%). La situazione lavorativa dei nostri utenti (figura 11) rimane assolutamente negativa e, al contrario di quello che sta avvenendo a livello regionale26 , non accenna a migliorare: sia gli uomini (76,7%) sia le donne (61,5%) sono in larga maggioranza disoccupati. Allargando lo sguardo sugli anni precedenti si nota che nel 2005 la condizione professionale dei nostri utenti uomini è decisamente peggiorata: infatti, nel 2003 e nel 2004 gli uomini senza lavoro erano “solo” il 60% del totale. La ta-

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bella 7 presenta la condizione abitativa degli utenti italiani che sono passati dai nostri sportelli nel 2005 e la compara con quelle registrate negli anni precedenti. La grande maggioranza dei nostri utenti continua a risiedere in un appartamento in affitto o in una casa popolare. La variazione più significativa proposta da questi dati è la diminuzione delle persone che risiedono in casa popolare ed il contestuale aumento dei senza alloggio: in effetti questo cambiamento è spiegabile con l’aumento degli uomini italiani, che come abbiamo sottolineato precedentemente vivono spesso in condizioni di emarginazione assoluta. Problematiche e profili tipici Anche nel rapporto di quest’anno chiamiamo “problematica” ogni bisogno delle persone incontrate ai nostri sportelli così come lo ha individuato l’operatore che ha condotto il colloquio. La problematica non si riduce così alla richiesta espressa dall’utente nel corso del colloquio, ma cerca di estendersi idealmente alla complessità della persona. Questa scelta rende soggettiva la “misurazione”, in quanto fattori come la sensibilità dell’operatore e la qualità dell’ascolto diventano cruciali, tali da mettere in discussione l’affidabilità della misura (cioè la sua capacità di essere coerente nel tempo). Scegliamo questo stile non perché sia perfetto, ma in quanto superiore alle alternative possibili, come ad esempio ridursi a ridurre la “problematica” alla richiesta delesclusi ?

l’utente. Un esempio potrà dare conto delle nostre ragioni; se un uomo si presenta al centro d’ascolto chiedendo dei soldi per comprare delle medicine una delle possibili soluzioni è annotare la mancanza di reddito come sua “problematica”. Un ascolto approfondito potrebbe però rivelare che quell’uomo in realtà ha perso il lavoro, e ciò è successo come conseguenza della sua dipendenza da alcol. In un caso come questo i nostri centri segnano una molteplicità di problematiche: alcolismo, disoccupazione e mancanza di reddito. Come abbiamo già sottolineato lo scorso anno, le persone che si rivolgono ai nostri sportelli sono prevalentemente multiproblematiche: la maggior parte delle volte i nostri operatori si trovano di fronte a storie di vita dove più problematiche si intrecciano e si complicano a vicenda, rendendo vana la ricerca di un intervento “risolutivo”. In media, i nostri utenti hanno problemi che investono 2,6 aree tra quelle indicate nella tabella 8. Fra le diverse problematiche rilevate dai nostri operatori emerge la centralità dei problemi di reddito, che interessano circa il 70% degli utenti straneri ed oltre l’80% di quelli italiani. L’altro problema comune a italiani e straneri è senz’altro la mancanza di occupazione o la sua scarsa qualità, che viene rilevato come problema per circa il 50% degli stranieri e per più del 40% degli italiani. La gravità della situazione di molti dei nostri utenti è sottolineata dall’alta percentuale di persone che lamentano problematiche abitative: più che la 27


nazionalità, è il genere a fare la differenza perché ne sono interessati quasi il 40% degli uomini e meno del 30% di donne. Le donne italiane sono senza dubbio la categoria di utenti più toccata dalle problematiche familiari (47,4%) e dalle altre problematiche personali (29,8%), mentre gli uomini italiani sono gli unici ad avere con una certa frequenza problemi di dipendenza (1,5%). L’analisi approfondita dei profili tipici di povertà incontrata dai CdA va oltre lo scopo di questo rapporto, ma sarà probabilmente oggetto di una ricerca che coinvolgerà non solo la Caritas ma anche altri enti come Università e Provincia. Per il momento concludiamo que-

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sto capitolo con l’identificazione delle situazioni che i nostri operatori hanno incontrato molto spesso e che riteniamo essere meritevoli di attenzione: si tratta delle donne italiane con problemi di famiglia, degli uomini italiani con problemi di abitazione e degli stranieri con problemi di immigrazione. Tra gli italiani le donne si caratterizzano anche per un alto numero di problematiche più “complesse” rispetto a quelle degli uomini, come salute e problemi personali27 ; anche per questo ci auspichiamo di approfondire la loro condizione, e quella degli altri “profili tipici”, attraverso strumenti qualitativi come interviste ed analisi delle storie di vita.

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PARTE II QUALI POSSIBILI RISORSE? “L’obiettivo dello sviluppo è creare un ambiente che consenta alle persone di godere di vite lunghe, sane e creative” Mahbub ul Haq 28 Dopo aver analizzato a fondo tutti i dati relativi alle persone che si sono rivolte ai nostri Centri di Ascolto nel corso del 2005, riteniamo sia doveroso dare un rapido sguardo alla rete di risorse che il nostro ordinamento ed il nostro territorio offrono a quanti si trovano a dover fronteggiare situazioni di esclusione o di emarginazione sociale. Ci soffermeremo in particolare su quegli strumenti che più direttamente possono servire a dare una risposta alle problematiche che si sono presentate con una maggiore frequenza tra gli utenti. POVERTA’ Come abbiamo visto quella della povertà (in particolare come ‘incapacità di far fronte alle normali esigenze di vita’) si palesa come una condizione che accomuna la stragrande maggioranza degli utenti che si sono rivolti ai nostri centri, senza sostanziali distinzioni di nazionalità o genere. E’ intuitivo come tentare di far fronte a tale problematica sia di fondamentale importanza, dal momento che la condizione di povertà si riflette sulla globalità della condizione della persona, relegandola in una situazione di emarginaesclusi ?

zione e vulnerabilità difficile da superare. Qui di seguito presentiamo una panoramica piuttosto generale sulle risorse disponibili per chi si trova ad affrontare una situazione di indigenza: naturalmente, l’ampiezza dell’argomento non ci permette di offrire un elenco esaustivo, ma crediamo che le informazioni raccolte offrano un quadro della situazione abbastanza preciso. - Contributi Economici Innanzitutto tra gli strumenti disponibili per far fronte ai problemi legati alle difficoltà economiche esistono tutta una serie di prestazioni a sostegno del reddito che sono erogate dall’INPS per disoccupazione, nucleo familiare, maternità, invalidità ed età29 . In particolare: a) In caso di disoccupazione - Indennità di disoccupazione ordinaria E’ un’indennità che spetta ai lavoratori assicurati contro la disoccupazione che siano stati licenziati e di cui possono usufruirne cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari regolarmente soggiornanti (ma non se in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale). Per ottenerla bisogna essere assicurati all’Inps da almeno due anni ed avere almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro. Consiste in una percentuale della retribuzione percepita precedentemente e viene corrisposta per 180 giorni (al disoccupato che 29


ha superato i 50 anni può essere corrisposta fino a 9 mesi). La domanda va presentata all’INPS entro 68 giorni dal licenziamento. Prima di presentare la richiesta è necessario essere iscritti nelle liste dei disoccupati presso il Centro per l’Impiego (per gli stranieri extracomunitari è richiesto, per tale iscrizione, il permesso di soggiorno in corso di validità, da presentare in originale). - Indennità di disoccupazione con requisiti ridotti Spetta ai lavoratori licenziati che non possano far valere 52 contributi settimanali negli ultimi due anni , ma che comunque abbiano lavorato almeno 78 giornate nell’anno precedente, siano assicurati da almeno 2 anni e poter far valere almeno un contributo settimanale nel biennio precedente la domanda. Di regola questa indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle effettivamente lavorate nell’anno precedente e per un massimo di 156 giornate. Anche in questo caso possono usufruire dell’indennità cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari regolarmente soggiornanti, ma non se in possesso di un permesso di soggiorno solo stagionale. L’importo è sempre una percentuale della retribuzione precedente, ma minore rispetto all’indennità ordinaria. La domanda di indennità di disoccupazione con requisiti ridotti può essere presentata entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui è cessato il rapporto di lavoro. 30

b) Per chi vive in nucleo familiare: - Assegno per il nucleo familiare E’ una prestazione istituita per aiutare i nuclei familiari siano composti da più persone e i cui redditi siano al di sotto di determinati limiti stabiliti di anno in anno dalla legge. Spetta a tutti i lavoratori dipendenti, ai disoccupati, ai lavoratori in mobilità, ai cassaintegrati, ai soci di cooperative, ai lavoratori parasubordinati ed ai pensionati. Spetta anche ai lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti (non se in possesso solo di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale), ma solo per i familiari residenti in Italia. Può essere corrisposto ai lavoratori extracomunitari regolarizzati solo dopo il 09.09.2002 (a colf e badanti anche per periodo precedenti). - Assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori Questo contributo, concesso dai comuni ed erogato dall’Inps, è diretto a fornire sostegno economico ai nuclei familiari numerosi (con tre o più figli minori) che abbiano un reddito inferiore ad una soglia stabilita annualmente. I destinatari sono i nuclei familiari composti da cittadini italiani o comunitari, residenti nel comune. Non è riconosciuto ai cittadini extracomunitari (neanche se in possesso di carta di soggiorno). c) A sostegno della maternità: - Assegni di maternità Gli assegni di maternità sono sostegni economici erogati alle madri che non arcidiocesi di pisa, giugno 2006


hanno maturato i contributi sufficienti per aver diritto ai trattamenti previdenziali di maternità. E’ previsto per ogni bambino nato, adottato o preso in affidamento. L’assegno di maternità è erogato alle cittadine italiane, a quelle comunitarie e a quelle extracomunitarie solo se in possesso di carta di soggiorno. Sono previsti due diversi assegni di maternità, non cumulabili tra loro: · un assegno, erogato dallo Stato, rivolto alle madri lavoratrici che non hanno diritto ad altri trattamenti di maternità: lavoratrici o ex-lavoratrici che hanno almeno 3 mesi di contributi nel periodo compreso tra i nove e i diciotto mesi prima del parto, e madri che hanno lavorato per almeno 3 mesi negli ultimi 9 mesi; · un assegno, erogato dai Comuni, rivolto alle madri che non hanno diritto né alle altre indennità di maternità né all’assegno statale. Se, per qualche motivo, la madre non è presente nella famiglia (abbandono del figlio, separazione, ecc.), l’assegno spetta al padre. d) Per chi ha una invalidità - Assegno ordinario di invalidità Può essere richiesto all’Inps da coloro che hanno una capacità lavorativa ridotta di almeno 2/3 a causa di una infermità fisica o mentale accertata da medici INPS. Può essere erogato a cittadini extracomunitari solo se in possesso della carta di soggiorno. Per poter ottenere l’assegno, è necessario aver versato almeno cinque anni di contributi, dei esclusi ?

quali almeno 3 anni nell’ultimo quinquennio precedente la domanda. L’anzianità contributiva non è necessaria se l’invalidità è stata conseguita per cause di servizio o se non si ha diritto a prestazioni derivati da assicurazioni contro infortuni per lo stesso evento. E’di importo variabile secondo il reddito, è temporaneo, è compatibile con altre attività lavorative ed ha durata triennale. Se l’invalidità permane, può essere rinnovato su richiesta. Dopo due rinnovi consecutivi, l’assegno diventa permanente. e) Per chi ha più di 65 anni di età - Assegno Sociale Un cittadino italiano (o comunitario o extracomunitario con carta di soggiorno) che ha raggiunto i 65 anni di età e risiede abitualmente in Italia può fare domanda di assegno sociale quando non percepisce alcun reddito o ne percepisce uno inferiore all’importo dell’assegno sociale. - Esenzione Ticket E’ possibile ottenere l’esenzione dal pagamento del ticket in presenza di determinati requisiti, legati in particolare all’età, al reddito o all’invalidità. Inoltre alle donne in stato di gravidanza è riconosciuto il diritto all’esenzione dal pagamento degli esami e delle visite previste. Sono escluse da tutti i tipi di esenzione quelle prestazioni che non sono soggette al pagamento del ticket bensì all’intero costo della prestazione. Una serie di strumenti a disposizione di chi si trova a dover fronteggiare situazioni 31


di scarsità di risorse economiche sono messe a disposizione anche a livello locale, in particolare: - Mense cittadine Oggi esistono sul territorio di Pisa 2 mense diurne (San Francesco e Cottolengo) e una serale (presso la parrocchia di S. Stefano ), aperta nei mesi invernali. Per accedere alle mense è necessario ritirare un buono che viene consegnato al Centro d’Ascolto Caritas di via Consoli del Mare. Complessivamente le mense sono in grado di fornire all’incirca novanta pasti al giorno. - Pacchi spesa Per situazioni particolari, che vengono vagliate caso per caso, il Centro di Ascolto Caritas provvede a fornire buoni (con cadenza solitamente quindicinale o mensile) che consentono di ritirare, presso le parrocchie di San Giusto o di Sant’Ermete, un ‘pacco spesa’, contenente generi alimentari (il cui contenuto può variare a seconda della composizione del nucleo familiare o delle richieste, sempre tenendo conto delle disponibilità contingenti. Anche molte altre parrocchie della Diocesi di Pisa distribuiscono pacchi spesa a persone in situazioni di bisogno. - Ambulatorio Villani, I cittadini stranieri e senza fissa dimora che non possono usufruire del servizio sanitario nazionale possono rivolgersi all’Ambulatorio Villani (via Garibaldi 198, Pisa). L’Ambulatorio è gestito dal32

l’Associazione San Vincenzo de Paoli ed offre servizi di medicina di base e preventiva, visite specialistiche, diagnostica Inevitabilmente i problemi di povertà si intrecciano con difficoltà abitative. Per far fronte a problematiche di questo tipo ci sono innanzitutto strutture che offrono accoglienza gratuitamente come: - Dormitorio (via Banti, S. Ermete ) E’ una struttura di prima accoglienza a cui possono accedere uomini e donne, italiani o stranieri, anche irregolari; per accedervi è necessario avere un documento di identità valido (anche straniero). Salvo eccezioni, è possibile pernottare al dormitorio per un massimo di 10 giorni consecutivi., che devono essere intervallati da almeno 3 giorni fuori per poter avere nuovamente accesso alla struttura. Per l’accesso occorre rivolgersi allo sportello della struttura. - Centro di accoglienza (via Garibaldi 190) Offre accoglienza riservata agli uomini italiani o stranieri (ma in tal caso devono essere in possesso di regolare permesso di soggiorno). E’ possibile risiedere al Centro di Accoglienza per un massimo di 6 mesi consecutivi, salvo deroghe che vengono decise caso per caso. Per l’accesso occorre rivolgersi allo sportello della struttura. - Casa di accoglienza per donne immigrate (via Possenti) E’ una struttura di accoglienza per donne, anche con figli, gestita dall’Associaarcidiocesi di pisa, giugno 2006


zione ‘Donne in movimento’ e destinata a donne straniere in condizioni di disagio socio-abitativo. Consiste in un appartamento per l’accoglienza a tempo determinato di 4 persone. Viene inoltre fornita consulenza legale e amministrativa, informazione, orientamento e accompagnamento ai servizi utili alla risoluzione delle problematiche. Per accedere alla casa è sufficiente una richiesta presso lo sportello della struttura. Sono inoltre disponibili altri tipi di strumenti volti a facilitare la realizzazione del diritto all’abitazione: - accesso all’edilizia popolare e ai contributi dei canoni di locazione Vengono periodicamente indetti dal comune bandi di concorso per l’assegnazione degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica e per l’ottenimento di contributi di integrazione dei canoni di locazione (l’ultimo bando per l’assegnazione degli alloggi della ERP è scaduto il 27.03.2006). I bandi richiedono la residenza nel comune e determinati requisiti massimi di reddito per nucleo familiare. - Accesso alla casa per cittadini immigrati L’associazione Batik offre agli stranieri extracomunitari in possesso di un regolare permesso di soggiorno un sostegno ed accompagnamento per l’accesso al mercato della casa, in particolare nell’individuazione e nel controllo degli immobili da acquistare o affittare, nella gestione dei rapporti con gli agenti immobiliari. esclusi ?

- microcredito E’ stata stipulata tra Caritas di Pisa, Banca Popolare Etica, Società della Salute della Zona Pisana, ASL 5, ARCI Toscana e ARCI Pisa una convenzione che ha avviato un progetto di microcredito rivolto a persone in situazione di difficoltà socio-economica e destinato alla realizzazione di interventi diretti al miglioramento della situazione abitativa. E’ possibile infatti avere accesso ad un finanziamento fino ad un massimo di • 4.000,00 da restituire al massimo in 36 mesi e senza interessi. Lo scopo del programma non è solo quello di consentire l’accesso al credito a soggetti a cui tale possibilità sarebbe negata dai normali istituti di credito, ma anche di accompagnare quanti vengono ammessi al progetto, per consentire non solo un positivo rientro delle somme erogate, ma soprattutto un miglioramento delle situazioni complessive di vita dei soggetti interessati. OCCUPAZIONE Una percentuale molto elevata degli utenti incontrati in questo ultimo anno è composta da disoccupati. Purtroppo le risorse a disposizione per far fronte a tale problematica non sono molte, e si riducono a zero per quanto riguarda gli extracomunitari irregolari: in nessun caso, come vedremo più avanti parlando dei permessi di soggiorno, la legge consente loro di lavorare in Italia. - Centro per l’impiego ( via Nenni 24 Pisa) Italiani e stranieri muniti di permesso 33


di soggiorno per lavoro posso rivolgersi ai centri per l’impiego per candidarsi alle posizioni lavorative offerte da privati e imprese che operano nella zona. Il personale del centro per l’impiego opera un colloquio di preselezione; la preselezione non ha luogo per le offerte di lavoro per cui è prevista l’autocandidatura. Gli altri centri per l’impiego della provincia sono situati a Pontedera, Santa Croce e Volterra. - Ufficio Lavori Caritas Gli operatori dell’ufficio lavori accompagnano gli utenti aiutandoli ad orientarsi nella ricerca di un lavoro. In particolare fornendo indicazioni sul funzionamento dei centri per l’impiego, sulle offerte di lavoro disponibili sul territorio, sulle agenzie di lavoro interinale esistenti a Pisa, ecc. IMMIGRAZIONE Come abbiamo visto, tra i profili tipici di persone incontrate dai Centri di Ascolto nel corso del 2005 vi è quello dello straniero con problemi di immigrazione, in particolare legati alla irregolarità giuridica, propria o di un prossimo congiunto. Il tema dell’immigrazione e della presenza di stranieri irregolari sul territorio italiano è sicuramente tra i più sentiti e dibattuti nell’attuale panorama socio-politico e non è certo questa la sede per procedere ad un esame approfondito, ma d’altronde riteniamo necessario fornire almeno alcuni cenni che possano servire ad una prima e sommaria 34

cognizione della questione. Il soggiorno regolare in Italia è consentito solo allo straniero che sia in possesso di passaporto (o documento equivalente), di un visto di ingresso, che sia entrato regolarmente attraverso uno dei valichi di frontiera e che abbia un permesso di soggiorno o una carta di soggiorno (sono questi i due documenti che provano il regolare soggiorno in Italia) rilasciati dalla competente autorità italiana o di uno Stato dell’Unione Europea. Il permesso di soggiorno può essere richiesto e rilasciato per vari motivi: turismo, cure mediche, ricongiungimento familiare, coesione familiare, lavoro dipendente, lavoro stagionale, lavoro artistico, lavoro autonomo, rifugiati politici, affari, missione, studio, religione o culto, protezione sociale, residenza elettiva. Solo alcuni di questi permessi di soggiorno consentono allo straniero di lavorare regolarmente in Italia. La normativa italiana prevede la determinazione annuale di ‘quote d’ingresso’ che fissano il numero massimo di stranieri extracomunitari e neocomunitari che possono entrare ogni anno in Italia per motivi di lavoro subordinato, stagionale o autonomo. Queste quote vengono stabilite attraverso l’emanazione di un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: il cosiddetto “Decreto Flussi”. I visti di ingresso e i pds per lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote. Gli stranieri extracomunitari che vogliono venire a lavorare in Italia devoarcidiocesi di pisa, giugno 2006


no dunque rientrare all’interno delle quote fissate30 . La carta di soggiorno viene invece rilasciata allo straniero che abbia 6 anni di permanenza regolare in Italia, sia titolare di un permesso di soggiorno che permette un numero indeterminato di rinnovi ed abbia un reddito che rientri nel limite fissato dalla legge. Consente di risiedere e lavorare regolarmente in Italia. Le donne in stato di gravidanza o con un bambino con meno di sei mesi e che non sono in regola con le normative relative alla permanenza in Italia, possono richiedere un permesso di soggiorno per salute, che regolarizzi la loro posizione per il periodo della gravidanza e fino ai sei mesi del figlio. SITUAZIONE DEGLI IRREGOLARI Come abbiamo visto, però, il 58% degli stranieri che si sono rivolti nel corso del 2005 ai Centri di Ascolto Caritas non erano in possesso di un permesso di soggiorno. La condizione di irregolarità, come è facile prevedere, riduce al minimo le risorse che il nostro welfare garantisce a tali soggetti, che si riducono alla garanzia dell’assistenza sanitaria e all’accesso all’istruzione. - Assistenza Sanitaria: Il cittadino straniero extracomunitario non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno perché sprovvisto di un permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto da oltre 60 giorni, ha diritto comunque alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o esclusi ?

essenziali, anche se continuative, per malattia ed infortunio, nelle strutture pubbliche o convenzionate. Per ricevere le cure mediche è necessario richiedere presso qualsiasi Asl un tesserino, chiamato STP (Straniero Temporaneamente Presente), valido in tutta Italia per 6 mesi, ma rinnovabile. Il medico che esegue la visita farà richiesta di questo codice, tramite una ricetta in cui dichiara che lo straniero ha bisogno di cure urgenti o essenziali. Lo straniero dovrà poi recarsi presso i distretti della USL dove gli verrà chiesto di compilare la ‘Dichiarazione di Indigenza’, nella quale afferma di non possedere risorse economiche sufficienti. Non è necessario esibire un documento di identità ma è sufficiente una dichiarazione delle proprie generalità. E’ anche possibile chiedere che il tesserino sia rilasciato senza l’indicazione del nome e del cognome. L’accesso alle strutture sanitarie non comporta alcun tipo di segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza. Tutte le donne incinte, anche sprovviste di permesso di soggiorno, possono rivolgersi ai consultori familiari, che sono tenuti ad assistere gratuitamente loro, nonché i loro figli fino alla maggiore età. Alla cittadina straniera in stato di gravidanza è inoltre riconosciuto pienamente il diritto all’assistenza sanitaria: ha diritto all’esenzione dal pagamento del ticket per tutti gli accertamenti di diagnostica strumentale e di laboratorio e per tutte le prestazioni specialistiche ai fini della tutela della maternità. 35


- Istruzione I minori con cittadinanza non italiana hanno diritto all’istruzione nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione di soggiorno. Se privi di documentazione anagrafica o in possesso di documentazione irregolare o incompleta, i minori sono iscritti con riserva e questo non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. Per l’iscrizione degli alunni stranieri alla scuola dell’obbligo si applicano anche le disposizioni in materia di vaccini obbligatori.

una casa di accoglienza per donne maltrattate, rivolto a donne e minori che subiscono o hanno subito maltrattamenti o abusi.

PROBLEMI di FAMIGLIA Un tipo di problematica molto diffusa tra le donne, soprattutto italiane, che si sono rivolte ai nostri Centri di Ascolto è quella legata alla famiglia. In particolare i nostri operatori hanno rilevato che tra gli utenti di sesso femminile sono molto aumentate le vittime di maltrattamenti in famiglia. Pensate per donne con problemi familiari, sul territorio pisano sono presenti:

* * *

- Associazione ‘Casa della Donna’ (via Galli Tassi 8) gestisce in collaborazione con il settore Politiche Sociali del Comune di Pisa

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- ‘Demetra’ (Calci, località Il Colle, via di Villa 60) E’ una struttura, gestita dalla cooperativa ‘Il Simbolo’, in cui vengono accolte donne con figli minori che si trovano in una situazione di povertà o di esclusione sociale. Le donne vengono accompagnate dagli operatori in percorsi volti al raggiungimento dell’autonomia. L’accesso alla struttura si realizza tramite i servizi sociali.

Il nostro obiettivo nel proporre questa veloce panoramica era quello mostrare, sebbene in modo sommario e certamente incompleto, un quadro generale delle possibilità offerte a quanti si trovano a dover fronteggiare una situazione di esclusione sociale, originata dalle ragioni più disparate. Queste risorse sono sufficienti? Tenendo conto delle storie di quanti abbiamo incontrato e dei dati presentati in questo rapporto probabilmente dovremmo rispondere che non lo sono. Ma forse possiamo considerarle un punto di partenza.

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Appendice: i centri di ascolto

sul rapporto carità/giustizia e sulle sue mediazioni.

L’identità del Centro d’Ascolto Caritas Il Centro di Ascolto Caritas (CdA) è uno strumento pastorale, un luogo dove si realizza un servizio mediante il quale tutta la comunità cristiana esprime e vive la dimensione dell’ascolto e della testimonianza della carità. Nasce come frutto di un progetto pastorale di tutta la comunità per dare visibilità della propria testimonianza nella società; In concreto il CdA si offre come un punto di riferimento per le persone in difficoltà in cui i loro bisogni trovano ascolto e considerazione. Potremmo paragonare il CdA un’antenna, un punto di osservazione privilegiato per la conoscenza delle situazioni di emarginazione presenti sul territorio che a loro volta vengono restituite alla comunità perché tutti si sentano chiamati a farsene carico.

Gli obiettivi Il CdA opera passando dall’assistenza alla promozione della persona che diventa in questo modo protagonista del proprio cambiamento. La persona che vive uno stato di disagio viene accompagnata in un processo di liberazione progressivo dalle cause che hanno provocato la domanda di aiuto, coinvolgendo l’intera comunità. Questo stile favorisce la diffusione di una cultura di solidarietà affinché la comunità cristiana viva un intreccio dinamico tra annuncio, celebrazione e testimonianza della carità. Guardando al di là dell’ambito ecclesiale il CdA si impegna a stimolare la società civile affinché maturi atteggiamenti di corresponsabilità.

Le motivazioni Cuore del CdA è la dimensione dell’ascolto. Il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. Come l’amore di Dio comincia nell’ascolto della Sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. Al CdA accogliere ed ascoltare una persona significa permetterle di esprimere tutta l’umana ricchezza della sua unicità. L’ascolto è il primo e fondamentale strumento per giungere alla condivisione, una condivisione che ci interroga esclusi ?

Le funzioni Il Centro d’Ascolto: · accoglie, ascolta, orienta e si fa carico delle persone in difficoltà; · individua i bisogni espressi e latenti sul territorio; · lancia messaggi alla comunità cristiana ed alla società civile affinché conoscano e si prendano cura delle situazioni di povertà. I Centri di Ascolto presenti nella città di Pisa e la loro trasformazione Nel corso del 2005 la Caritas diocesana ha riorganizzato il suo sistema di centri di ascolto. Fino alla fine di Settembre 2005 erano operativi questi sportelli: 37


Nome

Tipo

Utenti

CdA Bassa soglia

Diocesano

Alta marginalità, risponde a bisogni primari di sopravvivenza

CdA Mediazione

Sportello Percorsi

Diocesano

Diocesano

CdA s.Michel Scalzi Parrocchiale

Inserim. dati nel database

NO

Bisognosi di sostegno e accompagnamento

SI

Cittadini stranieri con problemi di immigrazione

SI

Generale, area Nord-Est della città

Da Ottobre 2005 non esistono più i CdA “Bassa Soglia” e “Mediazione” che sono stati unificati nel nuovo “CdA Caritas Diocesana” che si pone come uno sportello unico di accesso per tutti gli utenti che intendono rivolgersi alla Caritas. Questa trasformazione ha portato due vantaggi principali: a tutti gli utenti vie-

Parziale

ne offerta la possibilità di un colloquio approfondito volto ad individuare i bisogni della persona, cosa che precedentemente avveniva nel solo CdA “Mediazione”. Inoltre, tutti i dati sono inseriti nel database e quindi analizzabili. Lo schema degli sportelli attivi da Ottobre 2005 è quindi il seguente:

Nome

Tipo

Utenti

CdA Caritas Dioc.

Diocesano

Generale

SI

Sportello Percorsi

Diocesano

Cittadini stranieri con problemi di immigrazione

SI

CdA s.Michel Scalzi Parrocchiale

38

Inserim. dati nel database

Generale, area Nord-Est della città

Parziale

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Appendice statistica

esclusi ?

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esclusi ?

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esclusi ?

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NOTE : 1 Inoltre, anche la presenza di altri soggetti che erogano gli stessi servizi dei centri di ascolto può influenzare la tipologia di utenti: per rimanere al nostro esempio, se aprisse uno sportello capace di trovare un’abitazione a tutti coloro che la richiedono il numero delle persone con problemi abitativi che si rivolgono alla Caritas scenderebbe sensibilmente. 2 “Secondo rapporto sulle povertà”, Provincia di Arezzo e Caritas di Arezzo, 2006. 3 Op.cit. pag 37. 4 “Dossier regionale 2004 sulle povertà in Toscana” Caritas della Toscana, Conferenza Episcopale Toscana, 2005. 5 Il programma, basato sulla piattaforma Lotus Domino-Notes, è sviluppato e gestito da un volontario della diocesi di Pescia, Marco Frazzoli, a cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. 6 In alcune analisi compareremo i dati dei primi tre trimestri del 2005 con i dati degli interi 2003 e 2004: ovviamente abbiamo limitato questo metodo a variabili che non presentano un andamento stagionale. 7 La riorganizzazione logistica dei centri di ascolto avvenuta a Settembre ha portato senz’altro a sottostimare un po’ il dato degli utenti storici, perché gli utenti dello sportello Bassa Soglia non erano inserti nell’archivio, e risultano tutti nuovi arrivati anche nel caso fossero vecchie conoscenze. Senza considerare l’ultimo trimestre le percentuali degli utenti presentatisi nel 2005, nel esclusi ?

2004 e in data precedente sono rispettivamente del 70,6%, del 17,4% e del 12,1%. 8 Nel secondo capitolo del “Secondo rapporto provinciale sulle povertà” di Arezzo, Provincia di Arezzo, Caritas di Arezzo, Associazione Sichem. 9 Se escludessimo dal computo i dati del quarto trimestre 2005 la ripartizione degli utenti tra italiani e stranieri non si presenterebbe diversa da quella del 2003 e del 2004: gli italiani rimangono grossomodo la metà degli stranieri. Considerando anche l’ultimo trimestre dl 2005 la percentuale degli stranieri sale un po’ perché questi rappresentavano l’utenza tipica del CdA Bassa Soglia. 10 “Dossier regionale 2004 sulle povertà in Toscana” Caritas della Toscana, Conferenza Episcopale Toscana. 11 Vedi appendice sui centri di ascolto. 12 “Gli immigrati in Provincia di Pisa” a cura di Michela Casarosa per la Provincia di Pisa, Pacini Editore. 13Un buon articolo sull’argomento si può leggere all’indirizzo internet http:/ /www.eumap.org/journal/features/ 2004/migration/pt1/commuting 14 Dati Istat, citati in Dossier Immigrazione 2005. 15 Il “cedolino” è la ricevuta che viene consegnata dalla Questura a chi fa domanda di primo rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno. Negli anni precedenti i possessori di tale titolo sono stati compresi tra il 2 ed il 4% degli utenti stranieri. 16 Sarebbe interessante sapere in che misura questi irregolari “di lungo periodo” 45


siano sempre stati clandestini o siano rifluiti nell’irregolarità dopo aver goduto di un regolare permesso di soggiorno. Questa lettura non rientra negli obiettivi del presente rapporto, ma sarà oggetto di analisi nei rapporti dei prossimi anni. 17 Sull’inadeguatezza dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro per gli stranieri si veda l’introduzione del Capitolo del “Dossier Statistico 2004” curato da Caritas e fondazione Migrantes. Sul comportamento realmente seguito dagli immigrati e dai loro datori di lavoro può essere utile la lettura dell’articolo “La grande gara del permesso di soggiorno” di Pier Luigi Parcu, pubblicato nel 2006 sul sito www.lavoce.info 18 I problemi più diffusi tra gli utenti albanesi sono stati la povertà, i problemi di immigrazione e salute. 19 Nella tabella più dettagliata che è allegata nell’appendice statistica è possibile vedere che il valore della “standard deviation” associato alla media degli anni di permanenza in Italia dei macedoni è alta, segno che la media stessa è il risultato di singoli valori piuttosto diversi tra loro. 20 Comune al 90% degli utenti macedoni che si sono rivolti ai nostri CdA. 21 L’indice tiene in considerazione la condizione abitativa, lavorativa, la presenza della famiglia e la condizione di regolarità o irregolarità giuridica.

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22

Sarebbe interessante incrociare la scala di integrazione con il tempo permanenza sul territorio; aspettiamo di perfezionare la nostra scala prima svolgere questo tipo di analisi in modo sistematico. 23 Anche escludendo il periodo interessato dai cambiamenti, cioè il quarto trimestre 2005, gli uomini risultano sempre più numerosi delle donne (62 contro 46). 24 Per la precisione consideriamo il totale dei residenti nel comune di Pisa con età superiore a 13 anni: questa è infatti la popolazione che può rivolgersi ai centri di ascolto. 25 Vedi “Vuoti a perdere?”, primo rapporto sulle povertà incontrate della Caritas di Pisa (2005). 26 Vedi “Dossier 2004 sulle povertà in Toscana”. 27 Che possono nascondere violenze, maltrattamenti, problemi psicologici ed altro. 28 Economista pakistano, tra gli ideatori e i maggiori sostenitori del Rapporto sullo Sviluppo Umano dell’UNDP. 29 Per informazioni più dettagliate sui requisiti e le condizioni di concessione di tali contributi è necessario rivolgersi agli uffici INPS. 30 Esistono delle categorie di lavoratori che possono fare ingresso in Italia al di fuori delle “quote”. Si tratta di persone che svolgono lavori particolari e/o altamente specializzati.

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esclusi ?

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