CaoStabile N.7 [12.03.2012]

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Numero 7, 12 Marzo 2012. Licenza Creative Commons CC-BY-NC-SA.

Editoriale In questo numero: L’avventura di CaoStabile continua. . .ed eccoci con un nuovo numero. Questa volta faremo un viaggio spaziale e ti porteremo alla scoperta di Mercurio, il pianeta più piccolo del nostro sistema solare. Dopo aver costruito un rudimentale spettroscopio la scorsa volta, ti spiegheremo cosa sono le “righe spettrali” che puoi vedere e quasi toccare con mano! Apriremo un porta sui numeri complessi e ti spiegheremo il famosissimo “dilemma del prigioniero”, di cui probabilmente avrai sentito parlare, anche solo in qualche serie televisiva! Ti ricordiamo che da qualche mese abbiamo creato una newsletter, iscriviti e sarai sempre informato sulle nuove uscite, la creazione di nuovi contenuti e su tutto quel che succede attorno al progetto CaoStabile! Buona lettura e vieni a trovarci presto sulla nostra pagina Facebook, il nostro Blog e tieniti informato con la nuova newsletter! Lasciaci un commento, un tuo parere o quel che ti passa per la testa...sapere che ci stai leggendo e che apprezzi il nostro sforzo è la ricompensa più grande!

Alla scoperta di Mercurio Numeri complessi Le righe spettrali Il dilemma del prigioniero Chiedi alla Ga’: Le equazioni di secondo grado Pausa caffè: I nove punti Triangoli e fiammiferi La pallina pesante Recensioni: “21”

Il Team CaoStabile

A LLA SCOPERTA DI M ERCURIO Tra gli otto pianeti che orbitano intorno al Sole, Mercurio è sicuramente uno dei meno conosciuti, ma anche uno dei più peculiari. Innanzitutto è il pianeta più piccolo del Sistema Solare, è quello che gira più vicino alla nostra stella e la sua orbita

è la più eccentrica e inclinata. Nel corso dei secoli, la vicinanza al Sole ha reso la sua osservazione molto difficile ed è per questo che si sanno poche cose. Mercurio si può osservare a occhio nudo all’alba o al tramonto, quando però il cie1


polosissimo che ha comportato lo studio dei suoi vagabondaggi’. Anche Galileo Galilei puntò il telescopio verso il pianeta, cercando in particolare di individuarne le fasi, che aveva visto per Venere. In questo caso non ci riuscì: fu Giovanni Battista Zupi nel 1639 a vederle, dimostrando che Mercurio orbita intorno al Sole. Negli stessi anni Pierre Gassendi osservò un transito di Mercurio innanzi al Sole, secondo l’orbita predetta da Giovanni Keplero, sulla base dei numerosi dati che aveva raccolto Tycho Brahe dal suo castello sull’isola di Hven. Nel XX secolo, gli americani Gordon Pettengill e Rolf Dyce capirono, grazie a osservazioni radar fatte con il radiotelescopio di Arecibo, che Mercurio compie una rotazione intorno al proprio asse in circa 59 giorni. Fino a quel momento la comunità scientifica era convinta che il pianeta si trovasse in rotazione sincrona come la Luna (vedi CaoStabile n. 2), cioè che invece di 59 giorni fossero 88.

lo è ancora relativamente luminoso e lui è piuttosto piccolo e lontano (la distanza minima alla Terra è di circa 80000000 km). Per il resto del tempo si nasconde nella luce solare.

Un’immagine di Mercurio.

Storicamente, le prime osservazioni furono compiute intorno al terzo millennio a. C. dai Sumeri, che lo chiamarono ‘il pianeta saltellante’. Più avanti, gli Egizi assegnarono a Mercurio due nomi, come stella del mattino e come stella della sera, dal momento che non avevano capito che si trattava di un unico oggetto celeste. L’apparizione del mattino corrispondeva a Seth, un dio nefasto che veniva scacciato dal Sole nascente; quella della sera a Horo, un dio benigno, associato alla figura del faraone e dello stato. Anche gli antichi Greci avevano assegnato, almeno all’inizio, due nomi al pianeta: Apollo e Hermes. Alla fine i Romani lo chiamarono Mercurio, trascrizione latina di Hermes, il messaggero alato degli dei.

Rotazione e rivoluzione di Mercurio.

L’italiano Giuseppe ‘Bepi’ Colombo ebbe il merito di comprendere che si trattava di una risonanza stabile 3:2. Questo vuol dire che Mercurio nel tempo che impiega a orbitare intorno al Sole 2 volte ha contemporaneamente girato intorno a se stesso 3 volte. In altre parole, un giorno mercuriano, definito come il periodo di tempo necessario affinché il Sole torni nella stessa posizione rispetto a un dato punto della superficie del pianeta, dura 176

Dimensioni a confronto per i pianeti terrestri. Da sinistra: Mercurio, Venere, Terra, Marte.

La storia più recente racconta di come i grande nomi della meccanica celeste si siano interessati a Mercurio, ma non sempre con successo. Niccolò Copernico diceva: ‘Il pianeta ci ha tormentato con i suoi tanti enigmi e con il lavoro scru2


giorni terrestri, 2 anni mercuriani! In che tipo di mondo vivremmo se vivessimo su Mercurio? Innanzitutto, il Sole ci apparirebbe quasi 3 volte più grande che non dalla Terra, il cielo sarebbe sempre nero, a causa della mancanza di atmosfera e non conosceremmo le stagioni, dato che l’asse di rotazione è praticamente perpendicolare al piano orbitale (vedi CaoStabile n. 6). L’estrema vicinanza al Sole, la mancanza di atmosfera e l’inclinazione trascurabile dell’asse di rotazione causano inoltre la più grande escursione termica di tutto il Sistema Solare. La temperatura massima è di circa 420◦ , quella minima di -170◦ . Infatti, se ci fosse atmosfera, essa attenuerebbe le differenze di temperatura tra le varie regioni del pianeta, mentre l’inclinazione dell’asse di rotazione eviterebbe che i raggi solari cadessero sempre a picco sull’equatore e che i poli rimanessero sempre all’ombra.

Il più grande bacino di impatto del Sistema Solare: Caloris Planitia.

L’altro tratto distintivo di questo pianeta sono le grandi pianure, frutto di attività vulcanica. Gli studiosi ritengono che tra 3.5 e 4 miliardi di anni fa i terreni più antichi furono invasi da enormi quantità di lava fuoriuscente da fratture della superficie.

E per quanto riguarda la superficie? Mercurio è costellato di crateri di impatto di diverso diametro, dovuti alla collisione di asteroidi in tempi remoti, quindi non di origine vulcanica. Questo fenomeno è tipico di tutti i pianeti e i satelliti rocciosi ed è ampiamente studiato da geologi e astronomi perché da un cratere si possono ricavare informazioni importanti sia sulla cronologia del pianeta sia sulle popolazioni di asteroidi. Le grandi pianure di Mercurio: antiche regioni invase da lava proveniente dall’interno del pianeta.

Il bacino più grande di Mercurio, e dell’intero Sistema Solare, si chiama Caloris Planitia, ha un diametro di circa 1550 km ed è uno dei punti più caldi del pianeta. Si crede che fu formato dall’impatto di un asteroide lungo almeno 100 km, impatto che causò catene montuose concentriche, alte qualche km, circostanti il cratere. Posteriormente all’impatto, il cratere si riempì di lava proveniente dall’interno di Mercurio.

E l’acqua? C’è acqua su Mercurio? Recentemente gli scienziati credono di sì. Questa tesi è avvalorata da due fattori già introdotti prima: l’asse di rotazione quasi perpendicolare al piano orbitale e l’atmosfera molto tenue del pianeta. Supponendo che qualche cometa abbia trasportato acqua sul pianeta o che del vapore acqueo sia uscito dall’interno del pianeta, i crateri ai poli, perennemente in ombra 3


e quindi molto freddi, rappresenterebbero depositi stabili di ghiaccio.

della collaborazione dell’agenzia spaziale europea ESA e di quella giapponese JAXA. MESSENGER, lanciata il 3 Agosto 2004, è stata inserita in orbita intorno a Mercurio il 18 Marzo 2011. In questo momento si stanno già analizzando i suoi dati osservativi allo scopo di misurare il campo gravitazionale e magnetico del pianeta, ricavare una topografia dettagliata e determinare la composizione della superficie e dell’atmosfera, che comprende anche l’eventuale presenza di acqua. La missione BepiColombo verrà lanciata invece nel 2014 e consiste di due sonde: quella europea chiamata Mercury Magnetospheric Orbiter (MMO) e quella giapponese detta Mercury Planetary Orbiter (MPO). Esse raggiungeranno il pianeta insieme verso la fine del 2020, ma verranno inserite su due orbite diverse, dal momento che hanno obiettivi distinti.

La Mariner 10.

La maggior parte delle nostre conoscenze su Mercurio si deve a Mariner 10, la prima sonda lanciata verso Mercurio il 3 Novembre 1973. Se solo pensiamo alle altissime temperature che caratterizzano il pianeta e l’ambiente circostante, possiamo renderci conto di quanto questa missione e la strumentazione a bordo abbiano rappresentato una grande dimostrazione di cosa l’uomo sia in grado di fare. Oltretutto, Mariner 10 fu anche la prima a sfruttare l’effetto fionda, di cui parleremo più avanti; ottenere dati di più pianeti (Venere e Mercurio); raccogliere le prime immagini di Venere, rilevando la struttura a spirale nella sua coltre di nubi e utilizzare i pannelli solari come vela solare. Mariner 10 non venne inserita in orbita intorno a Mercurio, ma lo sorvolò tre volte. Questi tre passaggi furono ottenuti grazie a un’idea di Giuseppe Colombo, invitato alla presentazione della missione come esperto di Mercurio. In questo modo, si riuscì a mappare il 45 % della superficie e rilevare l’esistenza di un debole campo magnetico. I dati raccolti, inoltre, confermarono la risonanza 3:2 tra periodo di rotazione e di rivoluzione. Solo dopo 30 anni, altre due missioni sono state progettate per esplorare Mercurio: MESSENGER (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging) della NASA e BepiColombo, frutto

Giuseppe ‘Bepi’ Colombo.

BepiColombo completerà le osservazioni fornite da MESSENGER e, in più, testerà la teoria della relatività generale di Einstein e offrirà nuovi dati riguardo alla rotazione del pianeta. Alla fine otterremo una caratterizzazione esaustiva di Mercurio, che aiuterà anche nella comprensione dell’evoluzione del nostro Sistema Solare e nell’interpretazione dei pianeti extrasolari che si stanno scoprendo. Elisa Maria Alessi 4


N UMERI COMPLESSI dell’equazione sono date dalla formula √ −b ± ∆ x1,2 = , 2a

In questo breve articolo voglio parlarti un po’ dei numeri complessi. Dopo questa brillante premessa non mi aspetto di certo il tuo entusiasmo, ma come ben sai, prima di una discesa c’è una salita da affrontare. Lo stesso principio si applica alla matematica, prima di poter apprezzare i risultati che ti presenterò nel prossimo articolo (e che proverò ad anticiparti alla fine di questo), dovrai conoscere dei nuovi “amici”, i numeri complessi. Prima di cominciare, lasciami spendere un paio di parole “filosofiche”. . . . Spesso parlando di matematica sentiamo parlare di concetti astratti, costruzioni mentali, invenzioni, etc., come se gli oggetti matematici fossero semplicemente un frutto della nostra immaginazione e della nostra capacità di astrazione, insomma nulla a che vedere con il mondo “reale”. Tuttavia in fisica, per comprendere i meccanismi che regolano i fenomeni naturali, ci dobbiamo necessariamente confrontare con questi concetti “astratti”, che di colpo assumono un significato “reale” e che ci permettono di comprendere alcuni dei meccanismi che regolano il mondo attorno a noi, dal comportamento degli atomi a quello delle galassie più lontane! La domanda sorge quindi spontanea, è corretto dire che il nostro intelletto inventi dei concetti astratti, o piuttosto sarebbe meglio parlare della scoperta di qualcosa che esisteva da sempre? A te, caro lettore, l’ardua sentenza. . . . Torniamo ora ai numeri complessi. Come ben sai, per poter risolvere un’equazione di secondo grado

e, come ti avranno ripetuto sino alla noia (giustamente), nel campo dei numeri reali non sono ammesse le radici quadrate di numeri negativi! Un attimo di riflessione e ti accorgerai che il problema è molto simile ad uno di quelli che hai già dovuto affrontare in matematica durante i tuoi studi. Alle scuole elementari la maestra ti diceva che 2−3 non era un’operazione ammissibile, vivevi nel mondo dei numeri naturali, anche se sapevi già perfettamente che se prestavi 3 pennarelli ad un amico e te ne restituiva solamente 2, l’amico era in debito di un pennarello! Più tardi sei entrato nel mondo degli interi relativi (quelli con il segno tanto per capirsi) e il problema son diventate le divisioni, 3 : 4 non è un numero intero, ma ecco che arrivano in aiuto i numeri razionali. Tutto bene, almeno per un po’, peccato che un giorno provi a calcolare il rapporto tra la lunghezza della circonferenza e il suo diametro ed ecco che compare uno strano personaggio π = 3.1415926535897932384 . . . , un numero irrazionale, niente da fare, dobbiamo continuare il viaggio ed entrare nel mondo dei numeri reali, dove an√ che π e 2 assumono un senso. . . o meglio una rappresentazione, un senso lo avevano da sempre! Il “nuovo” problema è rappresentato dalla radice quadrata dei numeri negativi e, come puoi immaginare, la via d’uscita è proprio costituita dai numeri complessi. Consideriamo un esempio concerto, p √ √ √ −2 = (−1)(2) = −1 2 ,

ax2 + bx + c = 0 , dobbiamo necessariamente richiedere che il discriminante sia maggiore o uguale a zero, ∆ = b2 − 4ac ≥ 0 .

pensaci un attimo e scoprirai che in sostanza l’unico nuovo “personaggio” è

Il motivo è presto detto, le soluzioni 5


quel

√ −1, definiamo quindi √ i = −1 ,

questo nuovo personaggio è comunemente detto unità immaginaria. Le relazioni principali sono date dalle equazioni i2 = −1 ,

i−1 = −i .

A questo punto dobbiamo trovare un modo per estendere i numeri reali, introducendo un nuovo insieme di numeri, i numeri complessi, che devono contenere anche tutti i numero reali. La scelta è quasi obbligata, definiamo

Piano complesso.

Per quel che riguarda la somma di due numeri complessi, naturalmente non è cambiato praticamente nulla, la somma di due vettori è il vettore che ottieni con la famosa “regola del parallelogramma”. La novità è rappresentata dalla moltiplicazione, infatti la moltiplicazione di un numero complesso per l’unità immaginaria, altro non è che la rotazione di 90◦ in senso antiorario, prendi carta e penna e verificalo tu stesso!

z = x + yi , dove x ed y sono due numeri reali detti parte reale e parte immaginaria, rispettivamente. Dati due numeri complessi z1 = x1 +y1 i e z2 = x2 + y2 i operazioni di somma, prodotto e divisione, che puoi facilmente ricavare, sono

A prima vista il mondo dei numeri complessi non sembra troppo diverso da quello reale a te ormai tanto familiare, ma le differenze ci sono, e si vedono. Anzitutto i numeri complessi non possono essere ordinati in un modo compatibile con le operazioni aritmetiche, quindi non ha senso chiedersi se 1 è maggiore di i. Il motivo è dovuto proprio all’introduzione dell’unità immaginaria, in un campo ordinato tutti i quadrati devono essere positivi o nulli, ma i2 = −1.

z1 + z2 = (x1 + x2 ) + (y1 + y2 )i , z1 z2 = (x1 x2 − y1 y2 ) + (x1 y2 + x2 y1 )i , x1 x2 + y1 y2 x2 y1 − x1 y2 z1 /z2 = + i. x22 + y22 x22 + y22 Come vedi, cambiano un po’ le regole del gioco, ma in fondo non c’è nulla di complicato. Per meglio comprendere il significato delle varie operazioni, può essere utile considerare anche la rappresentazione grafica dei numeri complessi. Consideriamo un piano cartesiano in cui l’asse delle ascisse rappresenti i numeri reali, quelli in cui la componente immaginaria è nulla, e l’asse delle ordinate i numeri puramente complessi, la cui componente reale è nulla. Un numero complesso allora può essere rappresentato come un vettore le cui componenti sono rispettivamente la parte reale (ascisse) e la parte immaginaria (ordinate),

Le novità in questo nuovo mondo non si fermano qui, ma per apprezzarle dovrai aspettare la prossima puntata, per ora ti lascio con qualche anticipazione, che riprenderemo nel dettaglio la prossima volta. Ti ho già parlato dei sistemi dinamici nei precedenti numeri di CaoStabile. Questa volta consideriamo una mappa molto semplice, f (x) = x2 + c , 6


semplice domanda, come è fatto l’insieme dei punti per cui la successione delle iterate è convergente?, abbiamo dovuto aspettare l’avvento dei computer. I primi grafici risalgono al 1978 e sono stati fatti da Brooks e Matelski, ma è Benoît Mandelbrot nel 1980 a visualizzare per primo l’insieme che oggi porta i suo nome e a capire che si trattava di un insieme frattale.

dove x è una variabile reale e c una costante, anch’essa reale. Il comportamento delle iterate di questa mappa, f n (x), al variare del parametro c, è estremamente semplice. Se |c| > 0, tutte le iterate successive si allontaneranno sempre di più dal dato iniziale, la successione si dice divergente e in formule abbiamo limn→∞ = ±∞, a seconda del segno della costante c. Se invece c = 0, allora abbiamo solamente 4 casi: 1) se |x| > 1, f n (x) → ∞ ; 2) se x = 1, f n (x) = 1 ; 3) se x = −1, f n (x) = (−1)n ; 4) se |x| < 1, f n (x) = 0 . Proviamo ora a considerare questa stessa mappa, ma nel mondo dei numeri complessi, riesci ad immaginare il comportamento della mappa al variare dei parametri? La dinamica di questa semplice funzione, nel campo complesso, è sorprendentemente complessa. Per rispondere alla

L’insieme di Mandelbrot.

Per saperne di più sul mondo dei frattali e sul loro legame con la natura che ci circonda dovrai aspettare la prossima puntata! Marco Sansottera

L E RIGHE SPETTRALI Qualche numero fa (CaoStabile N.5) abbiamo imparato a costruire un semplice spettroscopio ed abbiamo scoperto che lo spettro solare é diverso dallo spettro di una lampadina. Il primo appare infatti continuo, mentre il secondo presenta solo alcune righe generalmente ben distinte. In realtà anche lo spettro solare non é continuo come può apparire nel nostro spettroscopio, ma a sua volta composto da righe determinante dagli elementi presenti nel sole. Le applicazioni pratiche di questa scoperta funzionano in realtà al contrario: osservando lo spettro di emissione si determina quali sono le sostanze che costituiscono una stella o gli atomi presenti in una miscela di gas.

Queste osservazioni, inoltre, sono state alla base della rivoluzione avvenuta nei primi decennio del secolo scorso nella fisica, a partire dalla “scoperta” della struttura atomica fino alla meccanica quantistica. Prima di tentare di interpretare le nostre osservazioni spettroscopiche dobbiamo però spendere qualche parola sulla luce. La luce viaggia con velocità c nel vuoto (c é una costante fondamentale della fisica e vale approssimativamente 2, 98·108 m/s), mentre in un mezzo (come il vetro o l’ acqua) la velocità si riduce a v = c/n (n é l’indice di rifrazione del materiale ed é 7


sempre maggiore di 1).

Nel 1600 Newton considerava la luce composta da minuscole particelle: questa ipotesi permette di spiegare in modo semplice i fenomeni di riflessione e rifrazione in termini di semplici leggi meccaniche. Se teoria corpuscolare della luce é in grado di spiegare questi fenomeni che possiamo osservare in ogni momento della giornata, altri comportamenti più “esotici”, come l’interferenza e la diffrazione (potete vederne degli esempi in figura) possono essere spiegati solamente se si tratta la luce come un’onda (la cosiddetta teoria ondulatoria).

Questi sono i “dischi di Airy”, ossia delle figure di diffrazione ottenute facendo passare un raggio di luce attraverso un piccolissimo foro circolare.

Secondo la fisica moderna, la luce ha una natura “duale”, ossia é allo stesso tempo un’onda ed una particella (per quanto questo sembri un modo di non dare una risposta, molti esperimenti sono a sostegno di questa ipotesi). Poichè la luce si comporta come un’onda, é caratterizzata da una frequenza ν e da una lunghezza d’onda λ (la lunghezza d’onda é la distanza spaziale tra due massimi, ossia due “creste”, di un’onda).

Esempio di onda.

La forma di un’onda: la distanza tra due massimi é detta lunghezza d’onda.

La frequenza e la lunghezza d’onda sono legate tra loro da una formula fondamentale : v = λν. Questo significa che al crescere della frequenza la lunghezza

Quando un’onda (figura in alto) si incontra con una seconda onda si genera interferenza: le due onde si sommano in alcuni punti e si cancellano in altri.

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variabile rispetto alla formula di Balmer:

d’onda diminuisce. La frequenza é la proprietà che determina il colore della luce: i colori vicini al rosso hanno frequenza più bassa dei colori vicini al blu. La frequenza di un’onda luminosa ne determina inoltre l’energia: il blu é più energetico del rosso, in accordo con una famosa equazione che afferma E = hν

1 = RH λ

1 1 − 2 2 m n

In questo caso m = 2, 3, . . . e n = m + 1, m + 2, . . . La versione di Rydberg permette di descrivere righe spettrali, molte delle quali fuori dal visibile, che Balmer non riusciva a descrivere.

Così come c, anche h é una costante fondamentale della fisica: si chiama costante di Plank (dal nome del suo “scopritore”, Max Plank) e vale circa 6, 626 · 10−34 kg m2 /s.

Queste formule empiriche erano note da anni, senza che destassero alcun sospetto sul profondo contenuto rispetto alla struttura dell’atomo. Solo negli anni tra il 1913 ed il 1915 Niels Borh, un giovane fisico danese, ne trovò una “corretta” interpretazione.

Torniamo finalmente alla spettroscopia. L’osservazione delle righe emesse da un atomo risale all’XIX secolo: la precisione con cui già all’epoca era possibile determinare le righe spettrali é impressionante. Il sodio (Na) presenta una coppia (doppietto) di righe corrispondenti al colore giallo, a 589,6 e 589,0 nanometri ( 1 nm = 10−9 m ) e già allora queste due righe erano chiaramente distinguibili! Nonostante questa precisione nessuno riuscì ad interpretare l’impressionante regolarità degli spettri atomici fino al 1885, quando Johann Balmer, un professore svizzero, trovò una formula empirica che descrive lo spettro di emissione dell’idrogeno nel visibile: 1 1 1 = RH − n = 3, 4, . . . λ 4 n2

La luce viene emessa dagli elettroni più esterni (detti ottici) che ruotano attorno all’atomo, quindi il fatto che le frequenze luminose emesse sono descritte dalla formula di Rydberg deve darci delle informazioni sul comportamento di questi elettroni. Poichè la frequenza della luce é direttamente legata alla sua energia, l’energia della luce emessa deve seguire una regola legata al comportamento 1/n2 . Gli elettroni devono cioè ruotare attorno all’atomo in orbite di energia fissa

In questa formula λ rappresenta la lunghezza d’onda della luce emessa, e RH = 10 967 758, 1 m−1 é una quantità detta costante di Rydberg. La scoperta di questa regola permise di prevedere la presenza di altre righe spettrali, in particolare quelle nel vicino infrarosso (ossia le frequenze elettromagnetiche corrispondenti alla radiazione infrarossa con frequenza prossima al visibile). La formula di Balmer é stata successivamente generalizzata dallo spettroscopista svedese Johannes Rydberg. La versione di quest’ultimo ammette un nuova

E1 ∝

1 , n21

E2 ∝

1 , n22

...

In questo modo quando un elettrone “salta” da un’orbita all’altra la sua variazione di energia é esattamente

∆E ∝

1 1 − 2 2 n2 n1

in accordo con la regola di Rydberg! 9


emissione degli atomi é stato uno dei punti fondamentali a favore della nascente teoria quantistica: l’energia si presenta sotto forma “pacchetti” discreti di energia detti quanti. Se oggi siamo in grado di costruire giganteschi macchinari dedicati allo studio delle minuscole particelle subatomiche, di studiare la nascita dell’universo, o anche solo di accendere i nostri potentissimi computer ed essere connessi via web a tutto il mondo con il nostro cellulare, lo dobbiamo a pionieri e geni fantasiosi come Balmer, Rydberg e Bohr.

Gli elettroni si dispongono intorno all’atomo su livelli di energia “discreti”. L’emissione di luce corrisponde al salto di un elettrone da un livello ad energia maggiore ad uno ad energia minore.

L’interpretazione di Bohr dello spettro di

Michele Brambilla

I L DILEMMA DEL PRIGIONIERO Giunta al mio quarto articolo riguardante la Teoria dei Giochi, penso sia doveroso dedicare le righe seguenti a quello che è il più famoso degli esempi trattati dalla materia, il cosidetto Dilemma del prigioniero. Sono sicura che molti di voi già lo conosceranno o ne avranno per lo meno sentito parlare, ma per coloro che del tutto lo ignorano, penso che questo gioco sia uno strumento efficace per descrivere pregi e limiti della Teoria dei Giochi. La storia è la seguente: due persone sono sospettate di aver commesso insieme un crimine piuttosto grave, ma sono state colte nel compiere un crimine di minore importanza. Ovviamente possono essere incarcerate per questo secondo reato, ma riuscendo ad ottenere una confessione sarà possibile punirle per entrambi. Questi due criminali vengono detenuti in celle separate e, ovviamente, non è loro concesso di comunicare. Ad entrambi viene offerta la possibilità di collaborare con la giustizia, confessando la responsabilità di entrambi per anche il primo reato, con le conseguenze seguenti:

uno sconto di pena per aver collaborato e quindi condannati a 10 anni di prigione; • se uno dei due confessa e l’altro no, colui che ha confessato sarà libero come ricompensa per aver collaborato con la giustizia ed essere stato fondamentale nella soluzione del caso, mentre colui che non ha confessato verrà condannato al massimo della pena, quindi a 15 anni di prigione; • se nessuno dei due confessa, il giudice potrà solamente accusarli del reato minore condannando entrambi ad una pena detentiva di 5 anni ciascuno. Rappresentiamo il gioco appena descritto attraverso la seguente bimatrice

C NC

C NC (10, 10) (0, 15) (15, 0) (5, 5)

dove C sta per confessare e NC per non confessare e dove il primo prigioniero sceglie la riga e il secondo la colonna.

• se entrambi confessano, verranno accusati di entrambi i reati ma con 10


no: se avessero entrambi deciso di non confessare, se la sarebbero cavata con solo 5 anni di prigione, dimezzando la propria pena. Perchè questo non accade? Perchè i due giocatori non sono stati in grado di parlarsi e, anche se avessero avuto questa opportunità, il loro eventuale accordo non sarebbe stato vincolante. Supponiamo infatti che i due si mettano d’accordo nel decidere di non confessare: il primo prigioniero sarebbe ora tentato di venir meno all’accordo e confessare per azzerare la propria pena e lo stesso accadrebbe per il secondo. Ancora una volta il risultato finale sarebbe la confessione di entrambi e la pena di 10 anni per i due prigionieri: questo è l’Equilibrio di Nash del gioco e mostra come la Teoria dei Giochi ben rappresenti il fatto che cercare di ottenere il proprio bene individuale non solo non permette il raggiungimento del bene collettivo, ma peggiora anche la propria situazione personale. È conveniente non pagare il biglietto dell’autobus? Sì, fino a quando tutti smettono di pagare e gli autobus non vanno più.

Supponiamo di essere il primo prigioniero e di dover stabilire cosa sia meglio fare per poter passare meno anni possibile in prigione. I pensieri nella nostra testa saranno più o meno i seguenti: “Nel caso in cui il mio complice decidesse di confessare, per me sarebbe meglio fare lo stesso, perchè in questo caso passerei solamente 10 anni in prigione invece di 15; se invece il mio compagno decidesse di non confessare, ancora una volta per me sarebbe meglio confessare, perchè potrei essere libero invece di dover scontare 5 anni di pena. È quindi evidente che, razionalmente, per me è più conveniente decidere di confessare”. Per il secondo prigioniero, che si trova in una situazione del tutto simmetrica alla nostra, vale lo stesso identico ragionamento e anche lui deciderà di confessare, essendo questa in ogni caso la soluzione più conveniente. Il risultato del gioco è quindi dato dalla confessione di entrambi i prigionieri e dalla loro conseguente condanna a 10 anni di pena detentiva. Ma è veramente la soluzione migliore per i due criminali? Ovviamente la risposta è

Michela Chessa

C HIEDI R UBRICA

ALLA

G A’

DI AIUTO AGLI STUDENTI

- L E EQUAZIONI DI SECONDO GRADO -

Si possono presentare solo sette casi (sei piú un “caso zero”), che elenco qui di seguito: CASO ZERO: equazione monomia. Parametri: b=c=0. Esempio: 3x2 = 0. Soluzioni: due coincidenti uguali a zero. Procedimento: dividendo per a si ottiene x2 = 0 da cui si deduce che x1 = x2 = 0.

In questo numero intendo proporre una guida per le equazioni di secondo grado: in genere la maggior parte degli studenti impara a risolverle, ma si porta dietro negli anni tante incertezze riguardanti i casi “particolari”. Stiamo quindi considerando un’equazione del tipo

CASO UNO : equazione spuria. Parametri: c=0. Esempio: 3x2 + 5x = 0. Soluzioni: sempre due soluzioni di cui una

ax2 + bx + c = 0 che in ogni caso si puó risolvere utilizzando le formule √ −b ± ∆ 2 ∆ = b − 4ac x1,2 = . 2a 11


CASO QUATTRO: equazione completa con ∆ > 0. Esempio: 3x2 + 5x + 1 = 0 Soluzioni: due distinte. Procedimento: con le formule ∆ e x1,2 citate prima.

uguale a zero. Procedimento: si raccoglie x e si pone uguale a zero ciascuno dei due fattori ottenuti nella scomposizione. CASO DUE: equazione pura risolubile. Parametri: b=0; a e c discordi. Esempio: 3x2 − 5 = 0. Soluzioni: due soluzioni opposte. Procedimento: se |a| e |c| sono quadrati perfetti si puó utilizzare la scomposizione della “somma per differenza”, altrimenti si isola p x2 a primo membro e le soluzioni sono ± −c/a.

CASO CINQUE : equazione completa con ∆ = 0. Esempio: x2 + 2x + 1 = 0. Soluzioni: due coincidenti. Procedimento: con le formule ∆ e x1,2 citate prima o riconoscendo il quadrato del binomio.

CASO TRE: equazione pura impossibile. Parametri: b=0; a e c concordi. Esempio: 3x2 + 5 = 0. Soluzioni: nessun numero reale.

CASO SEI: equazione completa con ∆ < 0. Esempio: x2 + x + 1 = 0. Soluzioni: nessun numero reale. Procedimento: solo la formula ∆. Gabriella Pina

PAUSA R UBRICA

CAFFÈ DI

E NIGMI

E

G IOCHI M ATEMATICI

- I NOVE PUNTI -

Questo gioco è un classico, riesci a coprire questi 9 punti con 4 segmenti, senza mai staccare la penna dal foglio?

Marco Sansottera

12


- T RIANGOLI E FIAMMIFERI -

Prendi sei fiammiferi, riesci a formare quattro triangoli equilateri? Naturalmente senza romperli! Marco Sansottera

- L A PALLINA PESANTE -

mente diverso. Avendo a disposizione una bilancia a due piatti, qual è il numero minimo di pesate che dobbiamo effettuare per individuare la pallina diversa?

Ci sono quattro palline, perfettamente uguali, ma una di esse ha un peso legger-

Marco Sansottera

R ECENSIONI S CELTI

DA NOI

- “21” -

sta della storia si chiama Jeff, non ha intrapreso questa avventura per ottenere i soldi per proseguire gli studi, i ragazzi frequentavano anche istituti diversi dal MIT e soprattutto nessun professore era coinvolto... ma la visione resta comunque piacevole e intrigante. Nel film vengono sottolineate le capacità matematiche dei protagonisti, ma in realtà il conteggio delle carte richiede grandi abilità di concentrazione (provate voi a tenere il conto in un casinò!!) e memoria, ma nessuna particolare conoscenza matematica. A quanto pare, però, il vero Black Jack MIT team aveva iniziato non con lo scopo di guadagnare soldi, ma per poter studiare il gioco dal punto di vista matematico.

In questo numero ho deciso di proporre un film, invece di un libro: il titolo è “21” ed è la versione cinematografica di una storia vera. Nel film un brillante studente del MIT di Boston viene coinvolto da un suo professore in un gruppo di ragazzi abili nel contare le carte giocando a Black Jack. Il protagonista, Ben, inizialmente accetta per poter guadagnare i soldi necessari per permettersi di intraprendere gli studi di medicina ad Harvard, ma poi si lascia prendere la mano e attira l’attenzione di coloro che sorvegliano il casinó. La vicenda reale presenta, naturalmente, numerose differenze con la trama del film: ad esempio nella realtá il protagoni-

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