Pagine da inganno della perfezione corporea

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RPOREO EA O C A M E SCH CORPOR E IN G A E IMM

Il concetto di schema corporeo nasce all’interno della neurologia, per spiegare alcuni disturbi singolari e di difficile comprensione, almeno per la neurologia associazionistica e localizzatrice dell’800. Alla fine dell’Ottocento, infatti, alcuni autori propongono che a partire dalle varie sensazioni cenestesiche, o di altro genere, si costituisce lo schema unitario del nostro corpo: schema che può essere alterato in particolari condizioni patologiche come l’arto fantasma, la somatoagnosia, eccetera. Questo vissuto del proprio corpo riceverà nomi diversi, a secondo delle diverse concezioni che rimangono fondamentalmente neurologiche. Pick lo chiamerà autotopognosia; Head modello o schema posturale; Von Bogaert immagine di Sé; Lhermitte immagine corporea, fino alla fortunata formulazione di Schilder di schema corporeo.

Lo schema corporeo è una vera e propria “costruzione” che il soggetto fa di sé stesso, attraverso la rappresentazione che ha del proprio corpo. Esso dipende dalle sensazioni tattili, visive, cenestesiche, per arrivare alla componente sociale, ovvero al confronto fra la propria immagine corporea e le immagini corporee degli altri. In psicologia, afferma Lhermitte, «per immagine si intende la riviviscenza di una percezione, di un ricordo. Ora ciò che si intende per immagine corporea, appare chiaramente come percezione, vale a dire una immagine attuale legata alle varie afferenze sensoriali, cioè una immagine-ricordo. E ciò che si intende per immagine corporea comprende ad un tempo una percezione ed una rappresentazione» (Lhermitte M. J., 1942).

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Negli anni Venti, P. Schilder elaborò delle teorie sullo schema corporeo che ebbero grande successo, in quanto proponevano una visione interdisciplinare che superava la dicotomia cartesiana fra res extensa e res cogitans, ovvero il dualismo soma-psiche.


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ICA E S I F A Z N APPARE RPOREA O C E N I IMMAG Bisogna saper distinguere l’apparenza dalla sostanza: quando si muore di sete, è inutile cercare un calice d’oro. Orazio

Negli ultimi 30 anni le donne e via via anche gli uomini hanno sviluppato una crescente preoccupazione rispetto al proprio corpo. Sfortunatamente però questo esame meticoloso del corpo non ha portato le persone a vedersi in modo più chiaro, a “sentirsi corpo”, fino al punto che l’insoddisfazione corporea è la norma. La magrezza è diventata il simbolo universale della felicità personale a fronte di una crescente obesità nella popolazione. Sfortunatamente il contrasto tra biologia e cultura ha penalizzato le donne che, come mai in passato, sono insoddisfatte del loro corpo e lo combattono duramente attraverso la dieta e l’esercizio fisico. La ricerca indica che la dieta fatta per perdere peso e la paura dell’essere grassi sono comuni tra le ragazze di nove anni e crescono drammaticamente durante l’adolescenza. All’interno della nostra cultura le donne che sono esposte ad una maggiore pressione rispetto alla dieta sono a più alto rischio di sviluppare un disturbo del comportamento alimentare.

Un’indagine fatta da Psychology Today (Gennaio-Febbraio, 1997), ha documentato la diffusa insoddisfazione corporea presente tra le donne e gli uomini. Circa 4000 persone hanno risposto (l’86% del campione era costituito da donne). Più della metà delle donne si sono dichiarate insoddisfatte del loro aspetto (55%).

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I punti del corpo maggiormente discriminati sono stati l’addome (71%), il peso corporeo (66%), i fianchi (60%) e il tono muscolare (58%). Gli uomini invece si mostravano insoddisfatti del loro tono muscolare, addome, dei pettorali, del loro aspetto fisico in generale e del peso.


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SICOPAT P I D I N CEN

OLOGIA

3.1 Disturbo di Dismorfismo Corporeo (BDD, Body Dysmorphic Disorder) L’interesse sociale nei confronti del Disturbo di Dismorfismo Corporeo (BDD) è cresciuto solo recentemente nonostante sia stato documentato per la prima volta nel 1886 dal ricercatore italiano Morselli sotto la denominazione “Dismorfofobia”. Una delle fonti di descrizione più complete è senza dubbio il “Manuale per la diagnosi dei disturbi mentali” (DSM-IV TR), secondo il quale esistono almeno tre criteri necessari ad effettuare una diagnosi di BDD: ✓ Criterio A: la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico, il quale può essere immaginario, oppure, se è presente una piccola anomalia fisica, la preoccupazione del soggetto è di gran lunga eccessiva.

✓ Criterio B: la preoccupazione deve causare disagio significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, oppure in altre importanti aree di funzionamento dell’individuo. ✓ Criterio C: la preoccupazione non è meglio attribuibile ad un altro disturbo mentale (per es. l’insoddisfazione per la forma e le misure corporee nei Disturbi del Comportamento Alimentare).

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La caratteristica essenziale del Disturbo di Dismorfismo Corporeo è la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico. Il difetto può essere immaginario, oppure, se è presente una piccola anomalia fisica, la preoccupazione del soggetto è di gran lunga eccessiva.


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AZIONE C I N U M CO

Le relazioni umane sono costituite da varie forme di comunicazione. Dalla capacità degli interlocutori di scambiarsi adeguatamente le informazioni dipende il rapporto interpersonale, l’efficacia della comunicazione e la probabilità che venga raggiunto l’obiettivo comune.

Ogni messaggio non è mai neutro, porta sempre un contenuto che è caratteristico della personalità che lo ha emesso. Allo stesso modo, chi lo riceve lo integrerà con la propria personalità e struttura una risposta. Affinché la comunicazione sia andata a buon fine, bisogna essere sicuri che questi messaggi siano stati recepiti dal nostro interlocutore così come sono stati pensati da colui che li ha emessi, senza fraintendimenti di sorta, onde evitare conflittualità tra comunicazione verbale (CV) e comunicazione non verbale (CNV). È importante altresì accertarsi che il nostro interlocutore abbia capito e di conseguenza formulato una risposta in sintonia col messaggio ricevuto e decifrato (meccanismo del feedback). Per essere sicuri di tutto ciò, bisogna monitorare costantemente la propria ed altrui CV e CNV.

Il termine comunicare è storicamente collegato alla parola comune, che deriva dal verbo latino communicare (“condividere”, “rendere comune”); la radice latina del verbo pone in risalto la “profondità” del comunicare qualcosa, diversamente dalla superficialità di informare qualcuno su qualcosa.

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Per Anolli la comunicazione è “...uno scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento”.


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LIT¤ PERSONA

Il più antico precursore dello studio della personalità fu Ippocrate che definì quattro tipi personalità, in base all’umore di base presente nel suo corpo: il collerico, il sanguigno, il melanconico, il flemmatico.

Cicerone definì la “personalitate” come l’aspetto e la dignità di un essere umano, oppure, in un’altra definizione, quella parte che si recita nella vita, e non a caso “per-sona” rappresentava la maschera indossata dagli attori, attraverso (per) la quale usciva la voce amplificata (sona) dell’attore.

Alla soglia del XX secolo si affermò la convinzione che la personalità del soggetto si rispecchia nel modo in cui la realtà gli appare e nelle idee che esprime. Questo modello, che in Kurt Lewin e Kurt Koffa ebbe i suoi migliori esponenti, venne definito “fenomenologico”.

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Lo psicologo anglo-tedesco Hans Eysenck (1916-1997), studioso della struttura della personalità, nella sua opera “The structure of Human Personality” afferma che: « La personalità è la più o meno stabile e durevole organizzazione del , del , dell’ e del di una persona: organizzazione che determina il suo adattamento totale all’ambiente.»


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