Brand Care magazine 003

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questo tipo di immagine porta inevitabilmente  suscita nell’osservatore. L’angolo in alto a destra è occupato da una grande chiazza bianca: dai contorni e dalle gocce isolate si capisce che si tratta di sangue, seppure di colore bianco; dentro la macchia troviamo la lunga bodycopy, il marchio dell’associazione (con il simbolo in rosso, unico elemento colorato dell’affissione), una subheadline (il titolo della campagna, l’invito a sostenere Medici Senza Frontiere), un numero di conto corrente e l’url del website di MSF. Al centro, spostata sulla destra dell’affissione c’è l’headline (“Non possiamo alzare bandiera bianca. Ci serve anche quella”). Nell’angolo in alto a sinistra troviamo il nome dell’agenzia che ha curato la campagna, sul lato sinistro in verticale i credits relativi all’immagine fotografica: la tipografia, basata sul carattere Helvetica nelle sue diverse varianti (di forma e di grossezza), non prevede colore ma solo il bianco e nero. La composizione del manifesto è pulita, spartana: l’organizzazione spaziale è orientata sull’asse orizzontale  (la  bandiera-fasciatura, l’avambraccio sinistro e la linea dello sguardo del bambino, l’headline, il nome dell’agenzia) e sull’asse verticale (il bastone della bandiera, il braccio sinistro e il busto del bambino, lo spigolo della parete, i credits, il telaio della finestra): in questo caso oltre alla “spinta” sull’asse verticale abbiamo una progressiva “inclinazione” verso sinistra, dal bastone al telaio della finestra, una tensione che guida lo sguardo verso l’angolo in alto a sinistra, la parte più luminosa, abbagliante, dell’immagine. I valori cromatici rivelano un’assonanza tra il bianco puro di questa

zona, quello della grande macchia che ospita la bodycopy e il bianco del testo dell’headline; dal contrasto tra queste ultime e i toni medi (in scala di grigio) dell’immagine fotografica emerge, al contrario, una dissonanza; da rilevare infine la funzione spot del marchio MSF (lo “squillo” del rosso) nell’attrarre lo sguardo dell’osservatore sulla parte più importante (per  MSF) del manifesto: l’invito a sostenere Medici Senza Frontiere attraverso il contributo finanziario (numero di conto corrente) e a entrare in contatto con l’organizzazione (l’url del website). Il livello plastico dell’affissione non concede nulla alla decorazione, allo stile: i mezzi espressivi impiegati sono veramente “minimi”. L’equilibrio generale del manifesto sembra derivare dalla sottrazione: la tipografia è di servizio, non “strilla”, si limita a rispettare le regole della composizione (allineamento dei paragrafi, gerarchia della titolazione); la fotografia, dominata dai toni medi, attenua la carica drammatica del soggetto. Gli elementi che generano significato a un livello più profondo sono legati al colore bianco; in bianco la bandiera-provocazione, l’headline e soprattutto la macchia di sangue che contiene la bodycopy: sangue bianco, un ossimoro che smorza la “passione” del segno, che ne iberna lo stato in una sorta di “sospensione emotiva”. La possibilità che questa macchia si attualizzi in sangue rosso che scorre (dalle ferite del bambino?) o si fermi definitivamente in uno stato di “cicatrizzazione”, sembra dipendere dalla coscienza del destinatario del messaggio: “dentro” la chiazza stessa (segnalata dal rosso del marchio MSF) viene offerta la possibilità (“Sostieni Medici Senza 44

Frontiere”) di fare qualcosa per impedire che si attualizzi il dolore, reale e simbolico allo stesso tempo, che vediamo lì, nello sguardo e nel corpo ferito del bambino ritratto dalla fotografia. La promessa della vittoria (sulla malattia, sulla violenza, sulla morte) sembra riverberare (in una simbologia quasi religiosa) dalla luce bianca abbagliante che penetra dalla finestra nell’angolo in alto a sinistra. Si tratta dell’unica, sobria, concessione poetica presente nel manifesto: ma si tratta di un momento, un breve indugio emotivo; basta abbassare un po’ lo sguardo, spostare l’attenzione sulla barella perché il simbolico lasci spazio alla realtà; come ci ricordano i numeri dell’intervento umanitario (riportati nella bodycopy) e del conto corrente, la battaglia che MSF combatte tutti i giorni si vince con gli ambulatori, le cure, l’attenzione e le risorse finanziare. MSF non ci chiede (solo) di emozionarci: ci chiede di prendere coscienza dell’esistenza di tante persone che vivono nella sofferenza, e di fare qualcosa di concreto per aiutarle. Il falso e l’autentico Il manifesto della campagna Noi non ci arrendiamo presenta una strategia  comunicativa  all’apparenza molto semplice e ormai consolidata nelle routine pubblicitarie: si prende un simbolo il cui significato appartiene all’immaginario collettivo e attraverso una provocazione se ne ribalta il significato socialmente condiviso per generare nuovi percorsi di senso. Si è già detto che il perno strutturale della campagna di MSF è il segno “bandiera bianca”: simbolo internazionale della


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