Carriera Criminale di Clelia C. - Primo capitolo

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Luigi Bernardi - Grazia Lobaccaro

CARRIERA CRIMINALE DI CLELIA C. UN’EPOPEA CAMORRISTICA



CARRIERA CRIMINALE DI CLELIA C. UN’EPOPEA CAMORRISTICA



LA PRIMA VOLTA AVEVO TREDICI ANNI - 1981 -



la prima volta avevo tredici anni…

una bambina… il cervello di una bambina in un corpo cresciuto troppo di fretta.

al funerale di vincenzo…

LO dovevate vederE, il funerale di vincenzo. duecento scugnizzi, centocinquanta motorini che rombavano insieme…

facevano venire i brividi.

sarebbe piaciuto anche a me un funerale cosi’.

sono arrivata a un passo dal procurarmelo.

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il motorino ce lo dovevi avere. senza motorino non eri nessuno.

se non ce l’avevi, lo dovevi rubare.

ai funerali era necessario.

io per fortuna non avevo bisogno di rubarlo.

a mergellina, ce ne stanno sempre tanti.

bello il tuo motorino, dove l’hai preso?

a mergellina, ce ne stanno sempre tanti. e il tuo vespino?

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ho imparato presto che dire bugie semplifica la vita.


prima la semplifica e poi la complica, ma questo e’ un altro discorso.

era aprile, verso la fine. il giorno prima in citta’ avevano rapito un pezzo grosso della politica. brigate rosse. storie troppo grandi per il nostro mondo piccolo. almeno cosi’ credevo…

vai al cimitero?

non mi piacciono i cimiteri. e poi manco lo conoscevo, quello.

il morto non lo conoscevo neppure io. sapevo solo che lo avevano ammazzato gli sbirri, e quindi era un eroe.

c’andiamo a fare un giro?

tenevo una mezza cotta per nicola. era la prima volta che mi riusciva di parlare con lui e sentivo le farfalle in pancia.

le farfalle si erano alzate tutte quante in volo…

andiamo a mare.

… ed erano venute a farsi un giro insieme a me, dentro di me.

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nicola era un mio compagno di classe. facevo la prima liceo.

era ripetente, e avrebbe rimediato un’altra bocciatura.

non lo vedevo quasi mai perche’ a scuola non ci veniva.

si sarebbe cercato un lavoro presso qualche famiglia, un clan di second’ordine.

chissa’ perche’ mi ero presa una cotta per uno cosi’? l’ho capito solo con gli anni che le farfalle si alzano quando pare a loro.

carne da macello, il destino di tanti ragazzi come lui…

lo vuoi un gelato?

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i ragazzi si dividevano fra quelli che ti offrivano un gelato e quelli che ti passavano una canna.

a me toccavano sempre quelli del gelato. ho cominciato a odiarli, i gelati.

a scuola non ci vieni piu’?

il tuo com’e’? il mio cosi’ cosi’…

buono. esco pazzo per i gelati.

E che ci vengo a fare? io mica c’ho la testa a studiare.

faccio qualche lavoretto. un piccolo giro di guadagni, per uno che sta con i nuovi…

e che testa c’hai?

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faceva l’esattore. aveva cominciato a rovinarsi prima di quanto pensassi.

e senno’ come campo?

non so, con gli incassi? scippi ne fai?

mi tocca una parte da fame.

me lo insegni a fare uno scippo?

pensavo che l’avrei sorpreso di piu’…

adesso c’ho da fare. ci vediamo qua domani, alle undici.

alle undici c’ho la scuola…

allora alle cinque. piglia il vespino. tu guidi e io mi metto dietro.

volevo conquistarmi la sua fiducia, liberare ancora il volo delle farfalle...

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mio padre era avvocato. lavorava per la camorra, anche se e’ sciocco dirlo cosi’. non si lavora per la camorra, si lavora per un clan, per uno e uno soltanto.

c’era una guerra, la piu’ feroce di sempre. mio padre lavorava per chi la stava vincendo. il capo era uno che voleva cambiare le regole, uno che aveva capito tutto, pero’ marciva lo stesso in galera.

si lavora per quel clan, si vince e si perde insieme a lui. le guerre si fanno per i soldi. il bottino era grosso: i quattrini che lo stato stanziava per le zone distrutte dal terremoto neanche un anno prima.

mio padre aveva elaborato la strategia per dirottare legalmente quei soldi. ci sapeva fare, lui.

c’e’ qualcuno?

ha chiamato l’avvocato, signorina clelia, ha detto che rientra tardi. vi preparo qualcosa per cena?

si’, annare’, ho una fame da lupo!

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anch’io volevo scopare. lo chiedevano le farfalle. mi facevano venire fame, mi scombinavano. si sarebbero quietate solo quando avessi aperto il mio corpo a qualcuno.

annarella faceva tutto a casa. era come una madre. per mio padre pure come una moglie…

anche l’orata e’ squisita.

sono buonissimi!

… scopavano, ma non volevano che si sapesse.

non era ancora successo.

i ragazzi che frequentavo erano figli di papa’. cercavano carne docile…

… e io avevo un fisico che li metteva in soggezione.

dicevano che ero sputata a mia madre… lei l’avevo vista solo in fotografia. era morta per farmi nascere.

parevo un uomo. spalle larghe, fianchi stretti, caviglie grosse…

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rileggevo pagine del mio libro preferito. avrei dato chissa’ cosa per essere come la clelia del romanzo, incontrare anch’io il mio fabrizio del dongo…

avevo un’anima romantica, il corpo sgraziato, una cotta per uno che era soltanto carne da macello…

ma da quella carne mi sarei fatta possedere.

e avrei cominciato a sentirmi una donna anch’io.

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la mattina dopo era successa una cosa strana. mio padre mi aveva lasciato un biglietto sul tavolo della colazione.

mi ero presa paura.

la paura era passata e avevo fatto un buon tema di italiano.

forse aveva saputo di nicola e dei miei progetti per il pomeriggio‌

non ho mai saputo che voto mi ero meritata, secondo me era un tema da nove.

appena uscita da scuola, la paura era ritornata.

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mi stava aspettando. aveva la faccia stanca, l’espressone desolata.

ciao, tesoro.

ti devo parlare. come stai, papa’?

la mia paura cresceva.

e io ho sempre voluto sapere tutto.

non ti ho nascosto mai niente di quello che faccio…

domani lascerai napoli. andrai negli stati uniti. tornerai quando le acque si saranno calmate.

ho pensato molto, ma non ci sono alternative.

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quello che sto per fare, cambiera’ la nostra vita.


temevo chissa’ che. avevo accettato le parole di mio padre come una liberazione. era durata poco. cosa stava succedendo? perche’ mi riguardava?

sai della guerra e sai con chi sto. al massimo fra un paio di giorni, sara’ chiaro a tutti che ho cambiato parte…

non capisco, papa’…

ma se dicevi che il professore ce l’avrebbe fatta…

dicevi che era difficile ma si poteva…

il professore ha buone idee. ma non sempre le buone idee sono quelle giuste. non si puo’ costruire poggiandosi su un terreno fragile, melmoso …

lavorerai per gli altri?

i soldi del terremoto sono tanti e fanno gola a troppi. adesso sono arrivate anche le brigate rosse. scommetto che pure qui c’e’ lo zampino suo…

e’ un investimento per il futuro. loro resteranno, il professore no.

quel giorno sarei diventata donna. e avrei anche imparato a scippare. proprio quel giorno scoprivo di essere soltanto un nervo scoperto.

e hai paura delle ritorsioni?

io sono tranquillo, hanno tutti bisogno di me, non mi ammazzeranno. tu invece sei il mio nervo scoperto…

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mi aveva iscritto a un college per stranieri. una cosa esclusiva. avrei studiato molto, conosciuto ragazzi come me. sarei stata bene, insomma…

a dire la verita’ la cosa mi piaceva. andare all’estero era quello che avevo pensato di fare, finito il liceo.

rimanere a napoli ad aspettare che qualcuno mi rapisse o mi ammazzasse, neanche a parlarne.

se fossi stata forte alla partenza per l’america, un giorno sarei potuta tornare fortissima.

mi sarebbero mancati mio padre e annarella. del resto mi importava poco.

io esco, annare’, preparami qualcosa di freddo per cena, rientro tardi.

il mio appuntamento con le farfalle aveva sempre piu’ l’aria di un appuntamento con il destino.

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fortissima come donna e fortissima come persona.


ma che dici? la camicia te la devi togliere perche’ quando scippi a uno, la puo’ afferrare e farci cadere.

avevo ancora molto da imparare, certe cose non c’erano nei libri che leggevo…

prima cosa, levati la camicia. decisamente nicola non era pronto di cervello…

quello pensavo di farlo dopo, magari non davanti a tutti…

gli scippi e’ sempre meglio farli con addosso roba molto stretta o liscia, come una maglietta o un giubbotto di pelle.

… anche se lui sembrava pensare a tutto fuorche’ a me.

semmai passo a riprenderla, dopo.

ero pronta…

la lasci qua? ma e’ buona ancora…

… eccitata.

col cazzo che la ritrovi. dai, sali e dimmi dove devo andare…

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stavo bene con la sua mano addosso…

pensavo che qualcosa doveva succedere… pensavo a quella mano e pensavo alla partenza del giorno dopo…

ero una cacciatrice. La preda l’avevo dietro di me, per catturarla dovevo conquistarne un’altra: la vittima dello scippo.

il dio dei desideri aveva esaudito la mia preghiera.

quello! accelera!

era un gioco di sensazioni che moltiplicava i desideri…

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l’adrenalina mi toglieva il fiato. anche le farfalle si erano quietate…

ho vissuto tutta la sequenza in apnea…

era stato inebriante, del tutto esaltante.

vaffanculo, stronzo!

di colpo le farfalle avevano ripreso il volo…

presto avrei appagato anche loro…

ormai era questione di minuti…

guida piano, adesso. vai verso il porto.

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pero’ un premio me lo merito lo stesso…

sei stata brava.

ho fatto solo quello che mi dicevi di fare…

dividiamo. chissa’ che ci sta qua dentro. e’ pesante.

di cosa c’era nella borsa non me ne poteva fregare di meno…

non capiva proprio niente…

io volevo lui. prima lui e poi l’america. una vita da conquistare.

gira a destra.

la’. l’ultimo capannone a sinistra.

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che posto assurdo…

erano i depositi di una ditta del nord. e’ fallita e noi lo usiamo come base. dopo quella porta.

non era il posto migliore dove farlo la prima volta.

ti puoi fermare. qua nessuno ci disturba.

la porta a sinistra e siamo arrivati.

avevo evitato di chiedergli a chi si riferisse con quel “noi”…

erano le parole che volevo sentire.

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la tensione mi aveva indurito i muscoli. ero stata brava. condurre la moto e’ peggio che strappare il bottino.

ci guardiamo dopo…

mo’ vediamo che ci sta qua dentro…

fosse stato per me, avrei continuato. nicola pero’ era carne da macello, aveva altre urgenze.

era stato brusco e senza sentimento. avevo letto molti romanzi, mi ero creata troppe aspettative. ma non ero piu’ una bambina, avevo davanti tutto il tempo per rifarmi…

adesso guardiamo dentro la borsa.

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e’ cosi’ pesante che deve contenere qualcosa di grosso.

mi sbagliavo.

brigate rosse…

in quella borsa poteva esserci qualsiasi cosa, non mi interessava.

cazzo, ci sta pure una pistola! e scatole piene di colpi…

avevamo scippato un brigatista rosso. come battesimo non potevo volere di meglio…

e’ la rivendicazione del rapimento dell’altro giorno. il politico…

e questo che e’? pesa troppo…

sembra un giubbotto…

lo voglio provare. ci stai a spararmi?

un giubbotto antiproiettile! che forza!

i pensieri che arrivano all’improvviso sono quelli che ti fottono. l’ho gia’ detto che avevo il cervello da bambina…

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sei troppo femmina, non si chiudera’ mai.

niente da fare… dallo a me, e poi mi spari tu. intanto carico la pistola.

l’ho preso come un complimento, il primo che mi aveva fatto. sarebbe stato anche l’ultimo.

le tette grosse mi avevano salvato la vita.

il tipo l’aveva oliata da poco.

e’ perfetta! mo’ dammi il giubbotto.

alla mia carne da macello stava bene quel giubbotto, lo faceva sembrare un uomo…

lo vedi, pare fatto apposta per me.

ti aiuto ad agganciarlo…

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al cuore. attenta a non alzare il tiro.

cosi’ dovrebbe andare bene…

mi tremava la mano, ma neanche tanto. era eccitante puntare un’arma, anche solo per gioco…

mettiti vicino al vespino e piglia bene la mira.

il gioco era finito, l’eccitazione no…

cazzo…

ah!

mescolata alle altre di quel giorno, si era trasformata nella coscienza che per me niente sarebbe piu’ stato come prima. era il 29 aprile 1981, il giorno che non avrei mai potuto dimenticare. il giorno in cui ero diventata donna e assassina.

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anni dopo ho saputo che la camorra aveva venduto alle brigate rosse uno stock di giubbotti antiproiettili‌

che era morto ci voleva poco a capirlo‌

taroccati, come tutte le cose che vende la camorra.

i clan sono cosi’, fottono tutti, lo stato e la rivoluzione.

povero nicola, lui ci credeva. ma che fosse solo carne da macello lo avevo capito da subito.

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la prima volta avevo tredici anni‌

il mio primo omicidio.

il secondo, se si considera che per nascere ho ammazzato mia madre‌

ma quello non conta, non ho mai voluto che contasse.

al funerale di nicola non ero andata.

non so neppure se l’hanno fatto.

io stavo gia’ in america. ci sono rimasta cinque anni.

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