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ANNO 89 - n° 1032 - € 3,00 Poste Italiane S.p.a. spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA

OTT 2015 n. 10

COSE BUONE


Kataboom

Contro le armi di distruzione di massa

P

erché nelle città inglesi di Londra e Birmingham gli studenti ottengono migliori risultati scolastici che in altre zone del Paese? Perché, secondo Trevor Phillips, Presidente della Commission for Racial Equality, in quelle città le scuole sono più “multietniche” che in altre parti del Regno Unito. Detta in un’altra maniera: negli istituti scolastici frequentati dai figli degli immigrati, lì dove le classi sono “etnicamente variegate”, scatta il meccanismo della sana competizione scolastica che fa alzare il livello di studio e di impegno degli studenti. Questo dato è confermato dagli esperti dell’università di Bristol i quali, attraverso una ricerca dettagliata hanno verificato che i punteggi scolastici all’interno delle scuole con forte presenza di bambini indiani, asiatici, mediorientali e africani, sono nettamente migliori di quelli ottenuti negli istituti dove la maggioranza degli studenti è di origine anglosassone ossia “bianca” di

carnagione! Dice sempre Phillips che le famiglie “britanniche doc” farebbero bene a iscrivere i loro figli a una scuola frequentata da alunni indiani perché potrebbero beneficiare “della vicinanza di studenti altamente motivati” appartenenti ad altre culture. Domando: se questo accade nella civile e avanzatissima Gran Bretagna, perché qualcosa

di simile non si può realizzare in certe regioni del nord Italia, soprattutto là dove la presenza di alunni “stranieri” – che poi sono quasi tutti italiani… – nelle scuole viene mal vista e giudicata da tanti una “disgrazia” o un problema? Immaginate una classe formata da soli bambini veneti o lombardi: che tristezza! Lo scambio nella diversità è ricchezza!

La scuola

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...tanto per cominciare

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el messaggio diffuso in occasione della Giornata Missionaria Mondiale 2015 che si celebra in questo mese di ottobre, papa Francesco si chiede. «Chi sono i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico?». La sua risposta «è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti». Se ai tempi di Gesù la schiera degli ultimi era composta da poveri, storpi, zoppi e ciechi (cfr Lc 14,13-14), nella nostra epoca, così ricca di tante conquiste e speranze – denuncia sempre il papa – «non mancano poteri e forze

di

SCARTI

qualità

che finiscono per produrre una cultura dello scarto». Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili, cioè i nascituri, i più poveri, i vecchi malati, i disabili gravi, che rischiano di essere scartati, espulsi da un ingranaggio che dev’essere efficiente a tutti i costi. In un mondo che esclude, mette da parte e scarta persone (rubrica Good news & Fine

People), cibo (vedi ultimo Speciale Expo a pagina 18) e risorse (Attualità a pagina 14), i cristiani sono chiamati a vivere la missione come un mettersi in cammino per andare incontro ai bisogni e alle speranze dei poveri. Solo il rispetto e la solidarietà potranno fare il miracolo di trasformare gli “scarti” in doni di vita a disposizione di tutti e non solo di pochi.

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Attualità

TTIP SE I SOLDI VALGONO PIÙ DELLE PERSONE Un accordo commerciale che può fare molto male

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a cura

di Sara

Milane se

Che cos’è il TTIP?

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TIP è l’acronimo inglese di Transatlantic Trade and Investment Partnership, che in italiano significa “accordo transatlantico per il commercio e gli investimenti”. L’obiettivo è facilitare gli scambi commerciali tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Troveremo, per esempio, merendine e patatine prodotte negli USA anche nei nostri supermercati, e costeranno come quelle italiane ed europee. Se verrà approvato, il TTIP creerà la più grande area di libero scambio al mondo, perché questi due soggetti coinvolgono da soli 820 milioni di cittadini (che vivono nei 50 stati degli USA e nelle 28 nazioni dell’Unione Europea).


per approfondire europarl.it

Bruxelles

Perché molti definiscono il TTIP un accordo “pericoloso”?
 Il TTIP proteggerà gli interessi delle imprese, perché crea un meccanismo (che si chiamerà ISDS, ossia Investor State Dispute Settlement) attraverso il quale le multinazionali potranno chiedere di abolire leggi che tutelano i consumatori, se ritengono che queste siano contrarie ai propri interessi. Se, per esempio, l’Italia impone un rigido controllo sanitario all’azienda statunitense che produce patatine e le vieta di usare patate “geneticamente modificate” in laboratorio, questa impresa potrebbe chiedere di abolire i control-

Il capo dei negoziatori statunitensi, Dan Mullaney, e quello europeo Ignacio Garcia Bercero, a Bruxelles

li e fare causa al nostro Paese. Non solo: il TTIP dice anche che se lo stato viene giudicato colpevole, può essere obbligato a cambiare le proprie leggi e anche a pagare una multa salata all’impresa che lo ha citato. Un altro meccanismo pericoloso è il Regulatory Cooperation Council. In teoria, si tratta di un organo che controlla l’arrivo sul mercato dei nuovi prodotti, ma anche le condizioni di lavoro in cui questi

vengono realizzati. In realtà, questo organo non sarà costretto a rispettare le norme internazionali per la tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, ma prenderà le sue decisioni in maniera autonoma. Non abbiamo la sicurezza, quindi, che verranno prese le decisioni più giuste per tutti, perché in queste condizioni è molto facile che gli interessi economici prevalgano sui diritti. PM OTTOBRE 2015

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Speciale EXPO 5

o n o u b Cibo

a cura di Pablo Sartori

“O

ggi, nel mondo, circa 800 milioni di persone soffrono di fame cronica e più di due miliardi di persone sono malnutrite. Eppure ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di cibo viene sprecato, mentre le risorse della terra, le foreste e i mari sono sfruttati in modo insostenibile”. Comincia così il documento chiamato “Carta di Milano”, un manifesto realizzato in occasione dell’EXPO 2015 che coinvolge donne, uomini e bambini, cittadini del pianeta, nella lotta alla denutrizione, la malnutrizione e lo spreco. A conclusione dell’Esposizione di Milano alla fine di questo mese, anche i piccoli del mondo scendono in campo con un documento in cui si impegnano a “vincere i quattro problemi più grandi sul cibo”, cioè:

1. mangiare poco o pochissimo 2. mangiare male 3. sprecare il cibo 4. i l fatto che nel mondo c’è chi ne ha troppo e chi non ne ha abbastanza Ecco la sintesi realizzata dal PM della cosiddetta “Carta di Milano dei bambini” che in seguito pubblichiamo

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i t t u t per

ambini b i e d e e in b m a È il motto delle brta di Milano dei bambini firmatari della Ca

carta.milano.it

dei bambini Le cose che proprio non ci piacciono

I nostri desideri

• tantissime persone hanno sempre fame, tante mangiano male e per questo sono deboli, altre invece sono molto grasse e per questo si ammalano • non tutti possono avere l’energia che serve per cucinare bene e senza inquinare, sarebbe bello poter cucinare in modi diversi e poter scegliere come • le foreste vengono distrutte e questo fa male alla natura e quindi anche a noi • esistono ancora modi di cucinare che producono gas che fanno male alla salute di chi li respira

Noi, bambine e bambini, che firmiamo la Carta di Milano dei bambini, vogliamo che: • t utti abbiano da mangiare cose buone che se sono buone ti fanno anche stare bene • i doni della natura, come le piante, gli animali e l’acqua, vengano divisi in modo giusto, in tutto il mondo, per tutte le persone •o gni persona usi il cibo e i doni della natura rispettando il nostro pianeta e tutti i suoi abitanti •n on ci siano ricchi con troppo cibo né prepotenti che comprano la terra che serve ad altri popoli per nutrirsi


Good News & Fine People

Ă€ T I C I L FEegli altri

A L R E P

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La gioia di Doris, la compassione di Claude. Ecco i doni della missione 28

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a cura di Renato Kizito Sesana

L’

altra mattina, a Kibera (Nairobi, Kenya), che dicono essere la più grande baraccopoli d’Africa, mi sono imbattuto in Doris. Doris è una donna sulla trentina, non sposata, due figli, un lavoro alle dipendenze di una signora più anziana che vende vestiti usati sul ciglio della strada. È sempre tra le prime ad impegnarsi in tutte le iniziative della parrocchia. Oggi porta il figlio più piccolo sulla schiena, e un enorme cesto di vestiti in equilibrio sulla testa. Mi saluta festo-

samente, mi chiede come stanno i piccoli del centro di accoglienza, se la ride a tutto volume ascoltando le loro ultime avventure. In breve, si forma intorno a noi un gruppo di conoscenti. Doris è così: dove c’è lei si crea comunità e allegria. Il suo sguardo positivo sulla vita è contagioso; le piccole difficoltà quotidiane sono viste in una prospettiva più ampia, dove tutto è avvolto dall’abbraccio di Dio che ci vuole bene. E quando il capannello si disperde, tutti hanno un sorriso sul volto. Merito di Doris e della sua fede semplice, che genera felicità, in lei e in chi l’avvicina.

Le croci di CLAUDE Claude è il figlio di una coppia di rifugiati rwandesi. Ha imparato dal papà a fare raffinate sculture in legno. La sua specialità sono i crocifissi realizzati con due piccoli rami, così da ottenere un crocifisso con le braccia aperte in un unico pezzo. Mi dice: «Quando faccio questo lavoro, mi sento triste pensando alla sofferenza di Gesù. Le sue sono anche le sofferenze della mia gente, del male che ci siamo reciprocamente procurato. Ma sento anche il suo perdono: le sue

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