Il ruolo della comunicazione col paziente in ambito sanitario

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Il ruolo della ​ comunicazione​ al paziente in ambito sanitario

Autore e Responsabile Scientifico Marchetti Franco © ARETRE​

QUADERNI DELLO STUDIO DENTISTICO BALESTRO ‐ 2015 A cura di Dott. Balestro Giuseppe e Dr.ssa Balestro Francesca

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Il ruolo della comunicazione al paziente in ambito sanitario

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Teorie e modelli della comunicazione I codici e le strategie comunicative Le competenze comunicative nella medicina centrata sul paziente La conduzione efficace del colloquio

Il corso ha lo scopo di fornire agli operatori che operano nell’ambito della salute ‐ dai medici di medicina generale agli specialisti, dai farmacisti ai tecnici ospedalieri e agli infermieri professionali ‐ gli strumenti teorici e pratici per acquisire competenze comunicative utili a instaurare e a consolidare la relazione con il paziente adulto e con quello in età pediatrica, migliorando così gli obiettivi del loro intervento. Dopo un’introduzione sulle teorie alla base della moderna scienza della comunicazione, che prende in esame i modelli di razionalizzazione del messaggio, il corso si focalizza sulla molteplicità dei linguaggi e presenta alcune tra le principali strategie psicologico‐comportamentali impiegate efficacemente in ambito sanitario, quali la programmazione neurolinguistica, la diagnosi duale o l’analisi transazionale. Infine indicazioni e suggerimenti pratici guideranno l’operatore sanitario nella conduzione del dialogo con le diverse tipologie di paziente e in tutte le situazioni particolari che richiedono un’interazione empatica ed efficace.

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Sommario

Teorie e modelli della comunicazione La relazione con il paziente Elementi di teoria della comunicazione Il modello di Johari Il modello matematico di Shannon e Weaver Il modello di Lasswell e Braddock Il principio di distorsione del messaggio La scuola di Palo Alto Gli assiomi della comunicazione Primo assioma: non si può non comunicare ​ Secondo assioma: il contenuto e la relazione Terzo assioma: la punteggiatura della sequenza di eventi Quarto assioma: comunicazione numerica e analogica Quinto assioma: interazione simmetrica e complementare ​ Analisi della conversazione e del discorso I codici e le strategie comunicative Il sistema comunicativo e la molteplicità dei codici La comunicazione non verbale Comportamento prossemico Comportamento aptico Comportamento cinesico Comportamento paralinguistico Strategie comunicative nella relazione con il paziente La programmazione neurolinguistica Il modello di Dilts Le tipologie psicologiche di paziente La strategia del ricalco Le mappe mentali La congruità del linguaggio La diagnosi duale L’analisi transazionale Gli stati dell’Io Le transazioni Gli indicatori tipo Myers‐Briggs Le competenze comunicative nella medicina centrata sul paziente Il modello biopsicosociale della medicina Il ruolo della comunicazione nella soddisfazione e nella compliance del paziente L’agenda del paziente e la codifica del segnale emotivo Strategie di comunicazione Tecnica delle domande Tecniche di verifica Tecniche di riflessione La comunicazione empatica Le barriere alla comunicazione La conduzione efficace del colloquio La relazione con il paziente e il colloquio integrato La vulnerabilità individuale e il modello di adattamento Profili psicologici e tipologie di paziente Il paziente ansioso o depresso Il paziente ostile Il paziente fobico Il paziente oncologico Il paziente pediatrico Bibliografia

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Teorie e modelli della comunicazione La relazione con il paziente Il costante progresso scientifico e tecnologico osservato in medicina negli ultimi vent’anni ha determinato un cambiamento non solo nelle modalità di cura, sempre più affidabili dal punto di vista tecnico, ma anche nell’erogazione dei servizi sanitari, sempre più rispondenti ai criteri della evidence based medicine e dunque ai principi di economicità, standardizzazione procedurale e parcellizzazione delle competenze. Di pari passo è andato modificandosi il rapporto dei pazienti con l’intero apparato sanitario e con le diverse professioni coinvolte, è aumentata la sensibilizzazione collettiva nei confronti del diritto alla salute e si è modificata la relazione tra professionisti sanitari e paziente, oggi più paritaria e partecipativa. Questo diverso rapporto è influenzato anche da una maggiore diffusione delle informazioni biomediche mediante i mezzi di comunicazione. La possibilità dei pazienti di accedere facilmente alle tematiche dedicate alla salute viene percepita dagli operatori come un processo in grado di modificare modalità di relazione consolidate. Il progresso ha dunque modificato non solo le aspettative dei pazienti ma anche il modo di agire e di concepire la professione, reso talvolta difficoltoso dalla domanda crescente di “specializzazione” e da un rapporto spesso frammentato con il paziente. A ciò si aggiunge l’intensificazione dei ritmi di lavoro e la mole crescente di adempimenti amministrativi, entrambi fattori che mettono a rischio la relazione con il paziente, in un momento storico e culturale nel quale la fiducia nell’operatore sanitario non è data a priori come lo era in passato. Alla luce di questi importanti cambiamenti si è affermata la necessità di considerare la salute della persona a partire dalla complessità sociale, psicologica, economica e culturale dei fattori che ne sono alla base, secondo un ​ modello di medicina centrato sul paziente​ . Da qui l’importanza che hanno assunto la comunicazione e l’acquisizione delle competenze comunicative degli operatori sanitari, fattori indispensabili per stabilire con il paziente un rapporto di fiducia. Nell’ambito medico‐sanitario si è osservato un interesse crescente nei confronti della scienze comportamentali e psicologiche applicate alla comunicazione. Tale interesse è documentato dall’elevato numero di pubblicazioni e di ricerche dedicate agli stili comunicativi in ambito sanitario e alla loro influenza sugli atteggiamenti e sui comportamenti del paziente. Che le conoscenze teoriche e le capacità propriamente tecniche di chi opera a stretto contatto con il paziente siano prerequisiti necessari ma non sufficienti per una buona pratica è un dato ormai acquisito tra gli stessi operatori e il consenso sull’importanza della comunicazione per il raggiungimento di una buona relazione con paziente ‐ efficace dal punto di vista terapeutico ‐ è pressoché unanime. Una maggiore soddisfazione, il miglioramento dell’aderenza al trattamento e alle raccomandazioni terapeutiche e profilattiche, una riduzione dell’ansia e una diminuzione significativa delle percentuali di reclami formali o di denunce per cattiva pratica sono tra i principali benefici derivanti da una buona capacità relazionale con i pazienti.

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Elementi di teoria della comunicazione All’inizio del ventesimo secolo gli studiosi di linguistica hanno impresso un forte stimolo allo studio della comunicazione in chiave moderna definendo il linguaggio come “sistema”, nel quale la modificazione di una parte è in grado di modificarne la totalità. Lo studio teorico della disciplina si è nel tempo arricchito di contenuti attinti da altri ambiti, in particolare la psicologia e la sociologia, fino a costituire un sistema complesso di conoscenze organizzato secondo modelli teorici, nati in alcuni casi come evoluzione e in altri come contrapposizione a precedenti scuole di pensiero. I paragrafi successivi presentano una sintesi di quelli che a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo sono stati i passaggi fondamentali sui quali si è costruito lo scheletro dell’attuale teoria della comunicazione.

Il termine ​ comunicazione ha la sua radice etimologica nella voce latina communis, che significa “mettere in comune”, “rendere partecipi” di una conoscenza di cui si è portatori. Nell’ambito che compete i rapporti umani ci si riferisce più precisamente alla ​ comunicazione interpersonale​ , intesa come scambio interattivo (​ r elazione​ ) tra due o più interlocutori (​ comunicanti​ ) ‐ nel caso specifico, l’operatore sanitario e il paziente ‐ impegnati nel definire la natura della loro relazione. Esistono molteplici definizioni di “comunicazione interpersonale”, tra loro più o meno omogenee a seconda delle teorie alle quali fanno riferimento. Lo psicologo contemporaneo Luigi Anolli nel trattato “Psicologia della Comunicazione” la definisce come ​ “uno scambio interattivo tra due o più partecipanti, dotato di ​ intenzionalità e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione”​ . Il concetto di intenzionalità e di consapevolezza della relazione espresso da Anolli presuppone interlocutori attivi nelle scelte e nelle decisioni e di conseguenza distingue tra scambio comunicativo e scambio informativo. Tale concetto è tuttora oggetto di dibattito tra i pragmatici della comunicazione, secondo i quali ogni comportamento umano ‐ verbale o non verbale, volontario o involontario ‐ costituisce un atto comunicativo ed è pertanto indipendente dall’intenzionalità.

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Il modello di Johari La complessità del sistema comunicazione, vale a dire dell’insieme costituito da trasmissione e percezione dei ​ s egni (totalità degli elementi percepibili mediante i sensi che sono in grado di esprimere uno o più significati) non è di natura puramente linguistica ma comprende la componente psicoanalitica della personalità, come illustra il modello di Johari.

Figura 1 ​ Modello di Johari

Tale modello, il cui il nome deriva dalle iniziali dei due ricercatori che lo idearono negli anni cinquanta ‐ Joseph Luft e Harry Ingham ‐ si basa su uno schema a ​ due dimensioni​ : quella del soggetto (noi stessi) e quella degli altri. La combinazione degli atteggiamenti appartenenti alla sfera del noto (conscio) e dell’ignoto (inconscio) dà luogo a quattro situazioni, che rappresentano differenti prospettive e dinamiche della comunicazione: l’area pubblica, l’area cieca, l’area privata e l’area sconosciuta. ● Area pubblica ‐ Riguarda la sfera sociale della persona e comprende gli atteggiamenti e i comportamenti che il soggetto assume consapevolmente e che anche gli altri possono conoscere (per esempio il nome, l’età, le esperienze, eccetera). È un area comunicativa aperta, alla quale si accede più o meno direttamente. ● Area cieca ‐ Riguarda le caratteristiche comportamentali che l’individuo non conosce di se stesso (o che egli nasconde a se stesso) e che possono essere evidenti agli altri. Qui confluiscono le impressioni che gli altri si fanno della persona, l’idea che ognuno dà di se stesso, alla quale non si ha un accesso diretto se non richiedendo un feedback. ● Area privata ‐ Raccoglie le informazioni che l’individuo mantiene per se stesso e che riserva a un numero ristretto di persone, decidendo a chi e quanto comunicare. ● Area sconosciuta ‐ È l’espressione sintetica della sfera dell’inconscio e si trova all’opposto dell’area pubblica; è una zona in cui si colloca tutto ciò che l’individuo non sa di se stesso e che nemmeno gli altri conoscono o sono in grado di percepire.

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Il modello matematico di Shannon e Weaver Il primo tentativo di razionalizzazione del processo comunicativo si deve a due ingegneri della società telefonica statunitense Bell, CE Shannon e W Weaver, che nel 1949 proposero uno schema semplificato ‐ detto anche matematico o fisico ‐ che definiva la comunicazione come il ​ “trasferimento di informazioni da un emittente a un ricevente per mezzo di un messaggio”​ .

Figura 2 ‐ ​ Il processo di comunicazione secondo il modello di Shannon e Weaver

Tale modello aveva lo scopo principale di identificare le strategie ottimali che permettono al messaggio di arrivare integro dalla sorgente al destinatario. Nel modello di Shannon e Weaver il ​ messaggio rappresenta la struttura cognitiva (storia, spiegazione, segnalazione, richiesta, eccetera) che ha un significato per chi (​ emittente​ ) dà l’avvio alla comunicazione (​ codifica​ ). Tale significato è stabilito mediante ​ un ​ codice che rappresenta l’insieme degli ​ elementi semantici (segni) e sintattici (parole) che costituiscono il linguaggio comunicativo (per esempio una lingua, un segno matematico, un suono musicale, eccetera). La comprensione del messaggio da parte del destinatario (​ r icevente​ ) presuppone che quest’ultimo sia in grado di mettere in atto un processo di ​ d ecodifica mediante un codice condiviso da entrambi gli interlocutori. Il canale è tutto ciò che si trova tra l’emittente e il ricevente (per esempio la linea telefonica, la posta elettronica, la voce, eccetera).

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Il modello di Lasswell e Braddock Per la sua origine prettamente matematica il modello fisico di Shannon e Weaver, che oggi appare estremamente elementare, non prendeva in considerazione alcuni aspetti fondamentali della relazione umana: ● perché, in quale modo e con quale efficacia avviene la comunicazione interpersonale ● chi è colui che emette o riceve il messaggio, quali le sue motivazioni, le aspettative, l’immagine di sé ● com’è l’ambiente in cui la comunicazione avviene (partecipe, neutrale o avverso) ● quali sono i valori dell’ambiente e come questi influenzano i contenuti della comunicazione.

Tali carenze furono colmate dal sociologo Harold Lasswell, il quale formulò contemporaneamente a Shannon e Weaver un modello più articolato di analisi, che si allontanava dalla concezione di comunicazione quale semplice scambio di informazioni e cominciava a prendere in considerazione alcuni aspetti complementari. Il modello di Lasswell definiva almeno cinque campi di ricerca relativi alla comunicazione che rispondevano alla domanda: ​ “Chi, dice cosa, con quale canale, a chi, con quali effetti”​ . Circa dieci anni dopo, nel 1958, i settori di indagine furono ulteriormente integrati da R Braddock con altri due: ​ “In quali circostanze, a quale scopo”​ .

Tabella 1 ​ Campi di indagine su cui si fonda il modello di comunicazione di Lasswell

Chi Emittente Analisi del soggetto che comunica (chi è, che cultura ha, qual’è il suo obiettivo) Dice cosa Messaggio Analisi del contenuto (che cosa contiene, qual’è il codice utilizzato) Con quale canale Mezzo Analisi del mezzo (qual’è, è adeguato, in quale contesto è utilizzato) A chi Ricevente Analisi del pubblico (chi è, quale cultuta ha, che immagine ha dell’emittente) Con quali effetti Risultato Analisi dei risultati (cosa è stato percepito, quali sono le conseguenze)

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Figura 3 ​ Modello di Lasswell integrato da Braddock

Il principio di distorsione del messaggio L’analisi del processo comunicativo introdotta da Lasswell e Braddock pone una particolare attenzione sull’importanza del codice: essa evidenzia infatti che, data per scontata la condivisione di un ​ codice linguistico tra gli interlocutori, ciò che influenza la comunicazione è il grado di omogeneità del ​ codice culturale del ricevente rispetto all’emittente. Il vero messaggio non è quello codificato dall’emittente ma quello decodificato dal destinatario: non è importante sapere se il comportamento dell’emittente sia o non sia intenzionale (consapevole) poiché ​ è il ricevente a interpretare il messaggio e a decidere come interpretarlo​ . Tale considerazione conduce a un nuovo postulato della comunicazione ‐ noto come principio di distorsione di Warren Bennis ‐ secondo il quale l’elaborazione individuale del messaggio si basa su una mappa personale che ognuno elabora a seconda del proprio vissuto e che dunque è soggetta a una possibile distorsione nel passagggio dall’emittente (soggetto A) al ricevente (soggetto B).

Figura 4 ​ Modello di distorsione del messaggio secondo il principio di Warren Bennis

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La scuola di Palo Alto Le riflessioni intorno al concetto di intenzionalità e di interpretazione del messaggio aprirono la strada al lavoro di un gruppo di studiosi del Mental Research Institute di Palo Alto in California con a capo lo psicologo Paul Watzlawick, che all’inizio degli anni sessanta rivoluzionò l’impianto teorico della scienza della comunicazione. Con l’opera intitolata “Pragmatica della comunicazione umana”, pubblicata in Italia nel 1971, Paul Watzlawick e colleghi posero le basi di un nuovo paradigma secondo il quale ​ tutti i comportamenti umani hanno valenza comunicativa poiché l’individuo partecipa a un sistema globale di interazione​ . Secondo i ricercatori della ​ scuola di Palo Alto i presupposti teorici della comunicazione umana si possono distinguere in 3 categorie principali​ : ● sintassi ‐ si occupa della trasmissione dell’informazione e pertanto dei rapporti formali dei segni, dell’ordinamento delle parole, del loro accordo e collegamento nella proposizione e nel periodo, senza riferimento al contenuto ● semantica ‐ studia i significati dei segni e dei simboli nella loro evoluzione storica e le relazioni con ciò che tali segni rappresentano ● pragmatica ‐ esamina la comunicazione interpersonale come un processo irreversibile, in continua evoluzione, in cui le persone coinvolte si influenzano reciprocamente.

Secondo la pragmatica ogni forma di comportamento rappresenta un messaggio: in ogni processo interattivo all’informazione emessa segue necessariamente una retroazione (​ feedback​ ), ovvero il ritorno verso l’emittente di un pacchetto di informazioni relativo allo stato del ricevente che ha ascoltato ed elaborato il messaggio. Si costruisce in tal modo un sistema che si autoregola e si adatta al cambiamento. In tale ottica i sistemi interpersonali possono essere considerati ​ circuiti di retroazione in quanto il comportamento di ognuno influenza ‐ ed è a sua volta influenzato ‐ dal comportamento dell’altro: il feedback offre all’interlocutore la possibilità di esprimere dubbi, domande, chiarimenti, consenso o dissenso (verbale e non verbale) e di utilizzare le informazioni di ritorno per modulare e migliorare la comunicazione.

Figura 5 ​ Il circuito retroattivo nella comunicazione interpersonale secondo la scuola di Palo Alto

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Gli assiomi della comunicazione Sulla base delle premesse esposte, Watzlawick e i colleghi della scuola di Palo Alto elaborarono un nuovo modello di comunicazione basato su 5 assiomi fondamentali in grado di regolare l’universo della comunicazione umana: 1. non si può non comunicare 2. ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione 3. la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione 4. gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico sia con quello analogico 5. la comunicazione si sviluppa secondo modelli di tipo simmetrico o complementare.

Primo assioma: non si può non comunicare ​

In base al primo assioma in un contesto interattivo non è possibile non trasmettere all’interlocutore impressioni, emozioni, sensazioni: ogni azione (o non azione) corrisponde a un comportamento e ogni comportamento a un atto comunicativo. Il comportamento non ha un suo opposto (non comportamento) in quanto l’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti il valore di messaggio e influenzano la relazione. Ne deriva che: “​ Chiunque si trovi in una situazione sociale è comunque la sorgente di un flusso informativo, indipendente dalla propria intenzionalità, dall’efficacia dell’atto comunicativo o dalla comprensione reciproca​ ”.

Secondo assioma: il contenuto e la relazione Il secondo assioma stabilisce un rapporto tra il contenuto della comunicazione e la relazione che sussiste tra gli interlocutori. Ogni messaggio contiene infatti sia una componente di informazione che riguarda contenuto del messaggio (cosa si dice) sia una componente che si riferisce alla ​ r elazione tra i comunicanti e sottintende diverse intenzioni (come lo si dice: comando, polemica, richiesta cortese, eccetera). Ogni comunicazione presenta pertanto un aspetto di ​ metacomunicazione (comunicazione nella comunicazione) che assegna il significato al messaggio, influendo sulla sua interpretazione: la stessa frase può esprimere un ordine, una minaccia, una raccomandazione, una preghiera a seconda della relazione che intercorre tra i comunicanti.

Figura 6 ​ Significati assunti dal contenuto del messaggio nella metacomunicazione

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Terzo assioma: la punteggiatura della sequenza di eventi In base al terzo assioma l’interpretazione del messaggio dipende dalla relazione tra i comunicanti: la comunicazione si basa infatti su un alternarsi ininterrotto di flussi comunicativi tra gli interlocutori e poiché le modificazioni della direzione del flusso (da A a B e viceversa, dove A e B sono i soggetti che partecipano alla comunicazione) rappresentano la ​ p unteggiatura della comunicazione​ , la lettura sarà determinata dal rapporto che lega gli interlocutori.

Figura 7 ​ Punteggiatura che determina la direzione del flusso comunicativo

Come già accennato, ogni messaggio determina nel ricevente una retroazione che a sua volta influenza l’andamento della comunicazione esprimendo tre tipologie di risposta: 1. conferma ‐ B accetta o approva ciò che ha detto A. Lo scambio è simmetrico, avviene su un piano di parità e si struttura positivamente 2. negazione ‐ B rifiuta o dichiara falso il messaggio di A. L’esistenza di A viene riconosciuta e la diversità nella relazione accettata 3. disconferma ‐ B nega l’esistenza di A, per esempio ignorando o cambiando discorso. Si attiva un conflitto per stabilire la supremazia della relazione.

In una catena di eventi (conversazione) ogni elemento della catena funziona contemporaneamente da stimolo e da feedback. La dinamica degli scambi comunicativi non è dunque casuale: essi sono legati tra loro da una sequenza ininterrotta e sono organizzati come se seguissero una punteggiatura dove ognuno è causa ed effetto. I modi di punteggiare una sequenza sono soggettivi e rappresentano un elemento di successo o di insuccesso nella comunicazione.

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Quarto assioma: comunicazione numerica e analogica Secondo il quarto assioma la comunicazione umana è sia digitale (verbale) sia analogica (non verbale). ● Comunicazione digitale o numerica​ . Comprende ogni tipo di comunicazione verbale. Ha una sintassi logica complessa ed efficace ma non esprime la natura delle relazioni che propone.

Numerici o digitalici sono quei messaggi che rimandano a un sistema simbolico codificato e formalizzato di segni, la cui relazione con il significato a loro attribuito è del tutto arbitrario (non c’è nulla di specificatamente simile a un leone nella parola leone) ● Comunicazione analogica​ . Riguarda ogni tipo di comunicazione ​ non verbale e comprende non solo il linguaggio del corpo ma anche i gesti le espressioni del viso, le inflessioni della voce, la sequenza, il ritmo e la cadenza stessa delle parole e ogni altra espressione non verbale di cui l’individuo sia capace. Sono analogici i segnali che contengono una rappresentazione o immagine del significato a cui si riferiscono (un disegno o l’abbraccio protettivo di una madre). La comunicazione analogica non si basa sull’apprendimento di un codice ma su una capacità espressiva congenita.

Quinto assioma: interazione simmetrica e complementare ​

In base al quinto assioma tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. In generale uno ​ s cambio simmetrico avviene tra interlocutori che si considerano sullo stesso piano, con funzioni comunicative e ruoli sociali analoghi; uno scambio complementare riguarda invece persone che hanno una relazione su piani diversi in termini di potere, ruolo comunicativo, autorità sociale, interessi, eccetera. Nello scambio complementare un soggetto assume una posizione primaria (​ one up​ ) e l’altro una posizione secondaria (​ one down​ ), senza che siano necessariamente attribuiti giudizi di valore (buono o cattivo, forte o debole) in quanto l’assunzione di una posizione o dell’altra è in genere determinata dal contesto culturale o sociale (per esempio, relazione madre‐figlio, medico‐paziente, insegnante‐allievo).

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Analisi della conversazione e del discorso Negli ultimi anni ha assunto un’importanza rilevante lo studio della struttura e dell’andamento delle conversazioni (​ approccio conversazionale​ ), nella quale i due filoni di ricerca principali sono l’analisi del discorso e l’analisi della conversazione. Lo scopo principale dell’approccio conversazionale è lo studio delle sequenze discorsive e dei modi organizzativi della conversazione che intervengono nella costruzione della relazione. Tra gli strumenti di analisi dell’interazione utilizzati ‐ i cosiddetti ​ Interaction Analysis System (IAS)​ ‐ il sistema più comunemente impiegato è quello sviluppato da Roter D e collaboratori (​ RIAS​ ), originariamente ideato per l’interazione medico‐paziente nella pratica clinica generalista e ormai utilizzato anche in ambito specialistico. Mediante l’impiego di audio e videoregistrazioni il RIAS codifica le diverse ​ utterance verbali e paraverbali (definite come i più piccoli segmenti distinguibili del discorso, variabili dalla singola parola all’intera frase) dell’operatore sanitario e del paziente in decine di categorie che identificano: ● i comportamenti socioemozionali (accordo, parafrasi, preoccupazione, rassicurazione e disaccordo) (​ s istema orientato al care​ ) ● i comportamenti relativi ai compiti (fornire indicazioni, chiedere chiarificazioni, porre domande medico/terapeutiche, porre domande relative a stile di vita, eccetera) (​ s istema orientato alla cura​ ).

Sia il paziente sia l’operatore sanitario sono valutati mediante cinque scale che hanno lo scopo di definire l’atteggiamento degli interlocutori (rabbia/irritazione, ansia/nervosismo, dominio/assertività, interesse/coinvolgimento, empatia/calore). Recentemente è stata introdotta una sesta scala (segni di stress) che tiene conto di situazioni particolari che richiedono competenze emotive specifiche (per esempio, il dialogo con il paziente oncologico). Per facilitare l’interpretazione dei dati, le categorie di comportamento sono raggruppate in cluster: ● strumentali (dare indicazioni, porre domande, dare informazioni, consigliare) ● affettivi (basati su 4 fattori socio‐emotivi: comportamento sociale, attenzione verbale, preoccupazione, dialogo negativo).

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I codici e le strategie comunicative Il sistema comunicativo e la molteplicità dei codici La comunicazione interpersonale oltre che alle parole affida un significato fondamentale alla componente non verbale e paraverbale della relazione, che comprende i movimenti del corpo, i gesti, le espressioni del viso, le inflessioni della voce, la sequenza, il ritmo e la cadenza delle parole e ogni altra espressione di cui l’organismo sia capace.

Figura 1 ​ Il sistema comunicativo umano

Viceversa gli elementi formali del linguaggio ‐ articolazione delle parole in una sequenza, loro significato e regole grammaticali da cui dipendono ‐ hanno un’importanza secondaria rispetto allo scopo comunicativo dell’interazione. Si stima che nel corso di un’interlocuzione tra una o più persone: ● il ​ 60%​ del messaggio sia veicolato da gesti, posture e movimenti (componente non verbale) ● il ​ 33%​ sia espresso dal tono e dal timbro della voce (componente paralinguistica) ● il ​ 7% ​ del messaggio sia costituito dalle parole (componente verbale)

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La comunicazione non verbale L’insieme della comunicazione non verbale è costituito da quattro sistemi comportamentali principali: prossemico, aptico, cinesico e paralinguistico.

Comportamento prossemico La prossemica ‐ disciplina che studia la correlazione tra lo spazio socioculturale e quello fisico ‐ definisce e misura ​ quattro zone di distanza interpersonali​ : la zona intima, la zona personale, la zona sociale e la zona pubblica.

Figura 2 ​ Zone di distanza interpersonale definite dalla teoria prossemica

> 4 m

Zona Pubblica È quella prevista nelle occasioni pubbliche e ufficiali quali conferenze, comizi o lezioni universitarie

1,5 m

Zona sociale È la distanza rispetto agli interlocutori casuali, che permette di osservare l’intera figura della persona e di controllarne i movimenti (distanza degli incontri formali o professionali)

50 cm

Zona personale Vi hanno accesso familiari, amici e colleghi di lavoro e si verifica nelle situazioni informali e rilassate, con volume della voce abbassato e possibilità di percezione dello sguardo, dei dettagli del volto, del respiro e dei movimenti dell’interlocutore

< 50 cm

Zona intima È riservata a pochi (familiari, partner). Un’invasione non autorizzata di questo spazio genera imbarazzo, disagio, fastidio, paura o reazione aggressiva

Il comportamento spaziale è fortemente connotato dall’appartenenza a culture diverse, un fattore che ha un’importanza primaria nella relazione tra operatore sanitario e paziente.

Comportamento aptico L’aptica è la disciplina che studia i messaggi comunicati mediante il contatto fisico formale (stretta di mano, bacio accademico, doppio bacio) o informale (abbraccio, pacca sulla spalla). È un territorio nel quale le diversità culturali ricoprono un ruolo sostanziale: la quantità e la qualità di contatto fisico generalmente consentito nei rapporti interpersonali fra gli individui appartenenti a una cultura sudeuropea è considerata invadente dai popoli nordeuropei.

Comportamento cinesico La cinesica è l’ambito che riguarda la comunicazione espressa dalla mimica facciale, dai movimenti degli occhi (sguardo) e del corpo (movimento delle mani, postura). Nella comunicazione interpersonale alcuni segnali, gesti o posture sono indicativi di particolari atteggiamenti emotivi: il guardare qualcuno negli occhi può essere interpretato come segnale di interesse o di intenzionalità a intraprendere una conversazione o una interazione; la mimica facciale può essere ambigua, cioè interpretabile in base al contesto sociale e culturale dell’interlocutore e alla sua storia personale; i gesti inconsci possono inviare informazioni che si sottraggono al controllo cosciente di chi li esegue.

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Comportamento paralinguistico La paralinguistica è la disciplina che studia i fenomeni collaterali all’enunciazione verbale: il tono della voce, la velocità dell’eloquio, le esitazioni, le pause silenziose, i sospiri che danno significato alla comunicazione e qualificano la frase come assertiva, interrogativa, dubitativa, esclamativa, eccetera. Il tono, il volume, il tempo e il timbro rappresentano le modalità secondo le quali ogni proposizione può essere pronunciata. Sono indicatori di enfasi e pongono l’accento sulla parte del messaggio che chi parla vuole evidenziare.

Strategie comunicative nella relazione con il paziente L’acquisizione delle competenze comunicative non è naturale e intuitiva e richiede una formazione personale che si sviluppi mediante la pratica e la costante applicazione di strategie comunicative. Gli ultimi decenni hanno visto il proliferare di diverse teorie sulla comunicazione efficace che hanno tratto i loro contenuti da studi psicologici, sociali e comportamentali e a partire dalle quali sono stati elaborati nuovi modelli e tecniche relazionali. Alcune strategie in particolare sono state efficacemente applicate nei diversi ambiti sanitari, per esempio la programmazione neurolinguistica, la diagnosi duale e l’analisi transazionale.

Tabella 1 ‐ ​ Alcuni modelli e strategie di comunicazione utilizzati nella relazione con il paziente Programmazione NeuroLinguistica Diagnosi duale Analisi transazionale

La programmazione neurolinguistica La programmazione neurolinguistica (PNL) è un insieme di tecniche e di procedure che sono state elaborate negli anni settanta dallo psicologo e linguista John Grinder e dal fisico‐matematico Richard Bandler, entrambi docenti dell’Università di Santa Cruz in California. Il razionale su cui si basa la PNL è che il comportamento umano possiede una propria struttura ed è retto da regole che, una volta conosciute, possono essere utilizzate per migliorare la relazione umana. Rientra nelle competenze della PNL lo studio delle modalità comunicative (verbali e non verbali). Secondo la PNL ogni comportamento è costituito da tre elementi: ● il comportamento esterno, ovvero quello che la persona fa o dice ● la computazione interna, ovvero quello che la persona pensa e il modo in cui agisce ● lo stato interiore, ovvero come la persona si sente.

Il presupposto della PNL è che il sistema neurologico percepisca ed elabori gli stimoli interni ed esterni (sentimenti, pensieri, comportamenti), inserendoli in una serie di programmi (di decisione, di scelta, di motivazione, eccetera) ed esprimendoli con diversi tipi di linguaggio (verbale, non verbale e paraverbale).

Tabella 2 ‐ ​ Significati e presupposti della programmazione neurolinguistica ● ​ Programmazione A partire dalle esperienze vissute ogni individuo crea un proprio programma di funzionamento complesso, costituito dalle proprie abitudini e dal proprio modo di fare e di essere, che con il tempo tende a diventare inconscio ● ​ Neurolinguistica Tale programma è codificato nel sistema nervoso centrale a livello neuronale e si esprime attraverso il linguaggio verbale e non verbale

Secondo la PNL la base su cui si fonda una comunicazione efficace nell’ambito della comunicazione interpersonale è l’instaurarsi di una relazione tra due o più soggetti. La disciplina analizza il linguaggio non verbale utilizzato nella relazione (​ s egnale minimo percettibile​ ), che rappresenta l’espressione di come ognuno percepisce e rappresenta mentalmente la realtà. Secondo la PNL la realtà viene prima conosciuta attraverso i sensi e poi immagazzinata, rappresentata e recuperata nella mente grazie al sistema sensoriale utilizzando tre modalità: ​ visiva, uditiva e cinestesica (quest’ultima è ulteriormente distinta in gustativa, tattile, emotiva e psicomotoria).

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Il modello di Dilts Negli anni ottanta Robert Dilts ‐ collega di Richard Bandler e John Grinder e attualmente uno dei maggiori conoscitori della disciplina ‐ presentò una teoria secondo la quale l’osservazione dei movimenti oculari dell’interlocutore durante uno scambio comunicativo permette di comprenderne la “sintassi mentale”.

Secondo il ​ modello di Dilts la comunicazione verbale dell’emittente induce nel destinatario una serie di movimenti degli occhi che rispecchiano l’atteggiamento con cui egli reagisce al messaggio (come pensa e come ascolta). Ogni movimento oculare sarebbe correlato a un canale sensoriale, utilizzato in quel momento per rapportarsi all’ambiente.

Figura 3 ‐ ​ Modello di Dilts

In base a tale modello: ● la persona che guarda in ​ alto a sinistra sta utilizzando un accesso visivo e costruendo immagini mentali, mentre quella che guarda in ​ alto a destra​ sta ricordando delle immagini ● lo sguardo ​ d i lato a sinistra è indicativo di un accesso uditivo e di costruzione di suoni mentali, mentre quello ​ d i lato a destra​ definisce il soggetto che sta ricordando dei suoni ● la persona che guarda ​ in basso a sinistra sta dialogando con se stessa (per esempio, raccoglie le idee), mentre quella che guarda ​ in basso a destra​ sta rivivendo emozioni e sensazioni.

Secondo la PNL altre manifestazioni quali il respiro, la voce, la gestualità e le caratteristiche del volto servono quali indicatori dei canali sensoriali attivati.

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Le tipologie psicologiche di paziente La PNL individua tre tipologie psicologiche di interlocutore distinte in base alla sensibilità nei confronti dei diversi segnali non verbali, che possono essere presenti in diversa percentuale e influenzare in vario modo la comunicazione. Nel contesto medico essi corrispondono ad altrettante categorie di paziente: ● tipo visivo (V)​ è più colpito dall’immagine ● tipo uditivo (U) è particolarmente sensibile alla comunicazione sonora (parole, inflessioni, intonazioni) ● tipo cinestesico (K) preferisce il linguaggio dei gesti, dei movimenti, delle distanze (sorriso, postura, posizione delle mani).

La comunicazione è tanto più efficace quanto più sono tra loro compatibili le caratteristiche degli interlocutori. La capacità dell’operatore sanitario risiede nell’identificare i diversi tipi psicologici e nell’adeguarsi al loro profilo, in maniera tale da ottenere una buona sintonia relazionale.

Tabella 3 ‐ ​ Profilo psicologico del paziente visivo secondo le teorie della PNL

Caratteristiche comportamentali ● Codifica visivamente l’esperienza pur usando altri sistemi di rappresentazione per avere un quadro più completo del mondo esterno ● Parla e pensa velocemente ● In genere ha poca pazienza ● Elabora velocemente le informazioni ● Non ama essere interrotto ● Fa un uso elevato della gestualità (quando rievoca una conversazione è come se ne vedesse l’immagine) ● Ha spesso fretta Strategie comunicative per l’operatore sanitario ● Convalidare i pensieri visivi del paziente con il ricalco verbale ● Non fare uso di toni esagerati ● Evitare richieste tipo: “ Come si sente….” ● Richiedere di descrivere la situazione presente come se ne mostrasse l’immagine ● Utilizzare frasi come: ○ “Secondo il mio punto di vista la riabilitazione sta funzionando” ○ “Da queste immagini può farsi un’idea di quale sarà il risultato dell’intervento chirurgico” ○ “Vedo che si sta preoccupando del ritardo del medico”

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Tabella 4 ‐ ​ Profilo psicologico del paziente uditivo secondo le teorie della PNL

Caratteristiche comportamentali ● Codifica l’esperienza in maniera uditiva ● Ama un ambiente confortevole, privo di rumori di sottofondo ● È aperto alle relazioni umane e le coltiva attraverso la comunicazione verbale ● Basa le sue decisioni su una logica verbalizzata ● Conversa mediante un dialogo interno ● Pensa in termini di linguaggio ● Tende a dominare la conversazione e a parlare molto Strategie comunicative per l’operatore sanitario ● Dire al paziente cosa deve essere fatto utilizzando il ritmo narrativo, variando inflessione, timbro, tono e cadenza ● Utilizzare metafore, con parole chiare e precise e in maniera narrativa ● Ricorrere a domande del tipo: “Cosa devo fare per….” ● Non interrompere il dialogo del paziente, lasciarlo parlare e limitarsi ad ascoltare ● Privilegiare frasi come: ○ “In quello che dice sento una certa ansia……” ○ “Mi sta dicendo che preferirebbe rimandare l’intervento chirurgico….” ○ “Le sue parole non lasciano dubbi sul fatto che necessiti di una fisioterapia”

Tabella 5 ‐ ​ Profilo psicologico del paziente cinestesico secondo le teorie della PNL

Caratteristiche comportamentali ● Codifica l’esperienza affidandosi alle sensazioni ● È sensibile ai sentimenti degli altri ● Misura la realtà in base al proprio stato d’animo ● Ha una particolare predisposizione al contatto ● Deve “sentire” l’oggetto dell’attenzione ● Percepisce le intenzioni e le motivazioni degli altri ● Ha molta pazienza ● Prima di parlare controlla il messaggio in partenza e in arrivo attraverso le proprie sensazioni ● Fa ciò che sente sia meglio, anche in disaccordo con gli altri Strategie comunicative per l’operatore sanitario ● Evitare l’umorismo ● Fare uso di metafore ● Coinvolgere emotivamente il paziente ● Privilegiare frasi come: ○ “Ho la sensazione che lei abbia paura di soffrire durante la medicazione” ○ “Sono certo che lei intuisce l’importanza dell’uso quotidiano del filo interdentale” ○ “Mi sento di dirle che può stare tranquilla: la febbre passerà tra qualche giorno”

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La strategia del ricalco

Una delle tecniche relazionali utilizzate dalla PNL è il ​ mirroring o ricalco​ , che consiste nel rispecchiare il comportamento non verbale dell’interlocutore dopo averne osservato i segnali minimi percettibili (postura, respirazione, movimenti oculari, eccetera), creando in tal modo le condizioni affinché si instauri la relazione e sia recepito il contenuto verbale della comunicazione. ​ Esempi di ricalco sono la sintonizzazione sulla stessa tonalità della voce, la risposta a uno sguardo oppure l’adeguamento alla stessa terminologia.

Tabella 6 ‐ ​ Principali tipologie di ricalco utilizzate dalla PNL ● ​ Posturale ​ Adeguamento all’atteggiamento corporeo ● ​ Verbale​ Adeguamento a volume e tono della voce, ritmo, pause e intonazione ● ​ Ritmico​ Adeguamento al ritmo e all’intensità del respiro ● Tensionale‐emotivo​ Adeguamento alle emozioni ● ​ Rappresentazionale​ Adeguamento al modello visivo, uditivo o cinestesico ● ​ Superiore​ Adeguamento alle aspettative e credenze ● ​ Profondo​ Adeguamento al ruolo

Le mappe mentali I messaggi emessi durante un processo comunicativo sono costituiti da due componenti, sempre presenti se pur in diversa proporzione a seconda delle circostanze in cui tale processo avviene: ● componente logico‐razionale​ (messaggio cognitivo o strumentale) ● componente emotiva​ (messaggio che fa appello alle emozioni).

L’invio di un messaggio logico‐razionale presuppone la trasmissione di tonalità emotive il cui valore dipende dal filtro con il quale queste vengono recepite. I fattori che compongono il filtro rappresentano uno stato interno soggettivo (​ mappa mentale​ ). Ogni persona elabora cioè una propria rappresentazione dei criteri di valutazione in base al proprio vissuto e ai pregiudizi emotivi acquisiti fin dall’infanzia. Tale rappresentazione consente a ciascuno di orientarsi nella vita e di valutare circostanze ed eventi secondo le proprie convinzioni individuali. Queste ultime sono generalizzazioni della realtà e possono agire da barriera o filtro nei confronti di tutto ciò che è nuovo. Anche la rilevanza delle informazioni è dunque valutata sulla base della mappa mentale soggettiva e dei filtri percettivi che ognuno possiede. Da processi di pensiero automatici e inconsci ha origine pertanto una serie di convinzioni che ognuno organizza secondo una gerarchia di valori.

La congruità del linguaggio

Per la PNL, il linguaggio della comunicazione presenta sempre una componente di ​ r elazione (paraverbale e non verbale) e una di ​ contenuto (verbale). ​ Affinché una comunicazione sia efficace è fondamentale che il messaggio verbale e quello non verbale siano coerenti. Tale coerenza è ancora più importante della qualità dell’emozione che viene espressa (positiva, di simpatia o accettazione, o negativa, di rabbia, rifiuto, antipatia). Quando sussiste una discordanza tra contenuto e relazione, il messaggio non verbale tende a prevalere su quello esplicito verbale. Una discordanza persistente tra le manifestazioni verbali e non verbali produce ambiguità, sensazione di disagio, rabbia o addirittura angoscia. Solo quando vi è accordo fra relazione e contenuto si raggiunge una posizione reciproca di parità e si ottiene una comunicazione efficace.

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La diagnosi duale Il modello della diagnosi duale di ET Lisansky si ispira alle metodologie diagnostiche utilizzate in campo medico per l’inquadramento delle patologie croniche, soprattutto in discipline quali la psicologia e la psichiatria. ​ T ale modello dentifica nella sfera fisica e in quella mentale le due aree che devono essere prese in considerazione per mettere in atto una relazione soddisfacente con il paziente. La diagnosi duale trova un efficace campo di applicazione nell’ambito della relazione operatore sanitario‐paziente, all’interno della quale possono essere identificati tre settori di esplorazione: ● area della diagnosi (S) consiste nello scambio verbale che riguarda sia la storia clinica (sintomatologia) sia quella psicologica, che prende in considerazione lo stato emotivo del paziente.

Quest’ultimo aspetto è spesso sottovalutato, se non addirittura omesso, dall’operatore sanitario, soprattutto quando il colloquio avviene in un ambiente poco confortevole ed è frettoloso ● area della relazione intra o interpersonale (area IR) include tutte le informazioni relative alla sfera emotiva e psicologica del paziente e comprende le sue sensazioni, i sentimenti, le opinioni, i convincimenti e le paure. L’esplorazione di quest’area richiede specifiche competenze tecniche da parte dell’operatore sanitario ● area di neutralità (N) è la zona che si colloca tra quella relativa ai sintomi fisici (S) e quella riguardante i contenuti psicologici (IR).

Essa include informazioni che rientrano nei limiti di accettabilità per il paziente e che sono generalmente trattati senza timore (per esempio il sonno, il riposo, le attività ricreative). Quest’area può essere utilizzata nella relazione tra l’operatore e il paziente quale ponte di passaggio dall’ambito propriamente medico a quello psicologico o viceversa. La diagnosi duale è un processo dinamico, il cui andamento dipende dalle reazioni del paziente: mediante l’osservazione delle espressioni verbali e non verbali l’operatore sanitario può muoversi attraverso le due aree (medica e psicologica) passando attraverso quella neutrale.

Ciò assicura uno scambio libero e aperto con il paziente, evitando di metterlo in una situazione difensiva. È bene tenere presente l’implicazione etica di questo modello: il paziente potrebbe infatti addentrarsi in tematiche strettamente private non rilevanti per gli aspetti diagnostici, prognostici e preventivi dell’assistenza sanitaria. In tale caso l’area di neutralità può essere utilizzata per spostare l’attenzione da temi altamente emotivi e strettamente privati ad argomenti neutri o di natura medica.

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Figura 4 ​ Aree di focalizzazione del colloquio in base al modello della diagnosi duale

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L’analisi transazionale L’analisi transazionale (AT) è una disciplina delle scienze psicologiche che riguarda lo sviluppo della persona e dei suoi comportamenti. Essa aiuta gli individui a conoscere, capire e modificare gli atteggiamenti che sono causa di disequilibrio e di disagio emotivo e può essere facilmente utilizzata per comprendere le dinamiche dell’interazione che si stabilisce tra l’operatore sanitario e il paziente.

Gli stati dell’Io Secondo l’AT possono essere attribuiti alla persona tre stati del’Io​ , corrispondenti a un’attitudine psichica specifica: genitore (G), adulto (A), bambino (B). L’identificazione degli stati “dell’Io” attivi tra due persone che comunicano permette di risalire al dialogo interno della persona e alle emozioni correlate agli eventi. ● Lo stato G rappresenta la memoria delle esperienze passate, degli insegnamenti, dei gesti importanti, dei consigli di individui significativi. La persona pensa e si comporta in maniera simile ai genitori reali o ad altri adulti di riferimento. Tale stato si distingue ulteriormente in: ○ affettivo​ (atteggiamenti amorevoli e protettivi) ○ normativo‐critico​ (atteggiamenti direttivi, punitivi o svalutanti). ● Lo stato A rappresenta la personalità che elabora informazioni e dati per produrre risposte logiche e razionali. La persona è nello stato A quando pensa, prova emozioni e si comporta in modo da rispondere alla situazione in atto, utilizzando le proprie risorse di soggetto adulto in modo adeguato al contesto ● Lo stato B rappresenta la sede dell’intuizione, della spontaneità, della creatività e dell’emotività tipiche del bambino. Si può ulteriormente distinguere in: ○ libero​ , se si esprime spontaneamente senza preoccuparsi delle reazioni degli altri ○ adattato​ , quando è controllato e compiacente e quando agisce come se fosse sotto l’influenza di un genitore che gli impartisce degli ordini ○ ribelle​ , quando si oppone alle norme, rispondendo in modo conflittuale.

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Le transazioni Il termine AT deriva da “transazione” (scambio): un dialogo tra due o più soggetti è costituito da una serie di ​ transazioni verbali o non‐verbali (​ d ialogo esterno​ ) la cui lettura permette di ipotizzare il ​ d ialogo interno di un individuo, ovvero il suo vissuto emotivo. In ogni momento dell’interlocuzione sociale l’individuo può esprimere uno dei tre stati dell’Io e passare da uno all’altro.

Le transazioni sono dette ​ s emplici​ quando avvengono tra lo stesso stato dell’Io.

Figura 5 ​ Esempi di transazioni semplici tra operatori sanitari e paziente

G ⇆ G Medico di base G “È importante che lei segua scrupolosamente le indicazioni” Paziente G “Sarà facile per lei, non certo per me che viaggio spesso per lavoro”

A ⇆ A Fisioterapista A “Trova che sia difficile eseguire questo esercizio a casa?”

Paziente A “È difficile da ricordare, ma scriverò i passaggi principali”

B ⇆ B Odontoiatra B “Proviamo un’altra volta a usare il filo interdentale per la pulizia?”

Paziente B “L’uso del filo è un po’ ridicolo”

In questo caso le linee comunicative (identificate nella figura con le frecce direzionali) sono orizzontali e parallele. Quando l’interazione avviene tra stati dell’Io differenti (per esempio A verso G oppure G verso B) si parla di ​ transazioni complementari​ , anch’esse caratterizzate da flussi paralleli. Nel corso della comunicazione le persone coinvolte possono passare da uno stato dell’Io all’altro senza causare necessariamente fratture nella comunicazione. Tuttavia è importante capire quando la transazione da complementare diventa ​ incrociata per evitare la vaghezza o la distorsione di significato. Le persone coinvolte in questo tipo di interazione rischiano infatti di perdere il contatto con l’altro interlocutore.

Quando per l’operatore sanitario è importante trovare i fattori o le condizioni alla base di un disturbo o di un comportamento del paziente l’interazione comunicativa più efficace è in genere quella tra stati ​ “A verso A”​ . Tale transazione creerà un contesto aperto e a responsabilità biunivoca. Sebbene la transazione complementare di tipo ​ “stato G verso B” possa essere efficace in alcune situazioni (per esempio in caso di emergenza, con i pazienti ansiosi o all’inizio della relazione), essa deve essere quanto prima indirizzata a una transazione semplice tra stati A.

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Gli indicatori tipo Myers‐Briggs Il test Myers‐Briggs (MBTI) è uno strumento per la valutazione della personalità e delle motivazioni dell’individuo ad agire. Si basa sul principio psicoanalitico junghiano secondo il quale le persone hanno modi differenti di percepire la realtà esterna, di relazionare con se stesse e di giudicare il mondo. L’MBTI si basa su 4 coppie di indici separati che definiscono le diverse personalità, senza che ciò comporti un giudizio positivo o negativo sulla persona: ● estroversione verso introversione (mondo esterno vs mondo interno)​ . Evidenzia il grado di introversione o estroversione dell’individuo. Gli estroversi sono aperti verso il mondo esterno e inquadrano la percezione sulle persone e sulle cose; gli introversi tendono a essere attenti ai dettagli, ma spesso hanno problemi di comunicazione ● valutazione sensoriale verso intuizione inconscia (percezione del mondo)​ . Chi percepisce la realtà attraverso i sensi processa e interpreta le informazioni in base a ciò che può vedere, toccare o udire; in genere è consapevole dei sentimenti altrui e preferisce modalità di azione standard e consolidate ● sentimento verso razionalità (giudizio sul mondo)​ . Chi giudica il mondo sulla base dei propri sentimenti tende a essere più apprezzato rispetto alle personalità “razionali”, che sono relativamente meno emotive e meno interessate ai sentimenti altrui ● percezione verso giudizio ​ (rapporto con il mondo)​ . Chi si rapporta con l’ambiente esterno affidandosi alla percezione ha in genere una mente più aperta e più adattabile ai cambiamenti; viceversa il giudizio presuppone una tendenza alla pianificazione, assunzione di responsabilità e disappunto per le interruzioni.

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Le competenze comunicative nella medicina centrata sul paziente Il modello biopsicosociale della medicina Nell’ambito sanitario è stato per anni prevalente un modello di medicina di tipo biologico, nel quale le cause del malessere erano attribuite a cambiamenti dello stato di salute misurabili mediante variabili biomediche, anatomiche e neurofisiologiche (​ modello biomedico o disease‐centered​ ) . ​ Nel modello centrato sulla malattia il professionista sanitario è l’esperto che interpreta i sintomi, valuta le indagini diagnostiche e stabilisce le procedure terapeutiche, mantenendo uno stretto controllo degli scambi comunicativi (​ comunicazione doctor‐centered​ )​ . Questi ultimi si basano per lo più su domande chiuse rivolte al paziente, con un’azione di conferma delle ipotesi e di esclusione dal processo diagnostico e clinico delle informazioni non attinenti ai parametri biologici.

A partire dalla fine del ventesimo secolo è apparso in tutta la sua evidenza che la prospettiva centrata sull’aspetto biologico della patologia è insufficiente a spiegare la complessità della condizione umana e della malattia. Di pari passo è andato affermadosi il ruolo delle variabili psicologiche e sociali nel determinare lo sviluppo, il decorso e l’esito delle malattie. Al modello biomedico si è pertanto sostituito quello ​ b iopsicosociale o centrato sul paziente (​ p atient‐centered​ ), che dal punto di vista teorico si fonda sulla concezione del paziente quale insieme di parti (apparati, organi, tessuti, cellule) e parte di sistemi sovrastanti (duale, familiare, sociale, eccetera). In base a tale assunto l’individuo rientra in una gerarchia di sistemi naturali ‐ biologici, psicologici e sociali ‐ che sono mutuamente influenzabili.

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Figura 1 ‐ ​ Gerarchia dei sistemi naturali

Il modello biopsicosociale assume quale paradigma fondamentale la distinzione tra due diverse condizioni: ● disease ‐ corrisponde alla patologia, intesa come deviazione dalla normalità delle variabili biologiche e somatiche misurabili ● illness ‐ ​ rappresenta uno stato soggettivo di malessere, che non sempre corrisponde a una malattia organica e ha alla base componenti psicosociali complesse. È la percezione da parte del malato del significato e del senso di ciò che gli sta accadendo e dei vissuti soggettivi ed emotivi che questo comporta.

Nella medicina centrata sul paziente ​ disease e ​ illness assumono pari dignità: le persone percepiscono una sensazione di “malattia” e si comportano coerentemente a quanto si “sentono malate”. Mentre nella relazione doctor‐centred l’operatore sanitario, e in particolare il medico, è l’esperto accreditato che dirige il colloquio e decide cosa sia più o meno rilevante, nella comunicazione patient‐centered è attribuita una grande importanza al vissuto di malattia e la relazione è definita come ​ compartecipazione​ . Le maggiori differenze tra i due modelli si riscontrano sul piano relazionale: il colloquio non è più caratterizzato da un flusso comunicativo monodirezionale ma da uno scambio in entrambe le direzioni. In tale scambio l’operatore sanitario presta attenzione non solo ai sintomi ma anche alle opinioni e alle aspettative del paziente, alle sue ansie e preoccupazioni, al riconoscimento dei segnali verbali e non verbali indicativi di disagio emotivo e alla facilitazione dell’espressione. Il disagio emotivo non trattato e non riconosciuto interagisce con il decorso e l’esito delle malattie somatiche, portando a un maggior utilizzo delle strutture e a richieste mediche non appropriate.

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Il ruolo della comunicazione nella soddisfazione paziente

e nella compliance del

Numerosi studi dimostrano che una comunicazione efficace ha un impatto favorevole sulla soddisfazione del paziente, influenzando sia gli esiti relativi al paziente (in termini di ansia, soddisfazione, qualità di vita, compliance), sia gli atteggiamenti e i comportamenti dell’operatore all’interno della relazione. Secondo una prospettiva centrata sugli ​ aspetti affettivi dell’interazione la soddisfazione è legata alla percezione di tre aspetti del comportamento dell’interlocutore: ● essere empatico ed emotivamente non distante ● dimostrare di comprendere i timori del paziente ● essere dotato di buone competenze comunicative.

Tra i comportamenti affettivi, quelli più importanti nel determinare la soddisfazione del paziente sono: il rispetto della privacy durante la visita medica, l’attenzione alle domande poste, la discussione dei programmi di trattamento, l’attenzione dell’operatore all’ascolto di dubbi e timori del paziente e la disponibilità di tempo dedicata alla relazione.

Secondo una prospettiva centrata sugli ​ aspetti cognitivi dell’interazione l’efficacia della comunicazione e la soddisfazione del paziente dipendono dal grado di comprensione e memorizzazione del messaggio: i messaggi troppo difficili da comprendere perché espressi con un lingaggio tecnico o quelli che non prendono in considerazione l’opinione pregressa del paziente non sono né compresi né memorizzati. Dai risultati di alcuni studi emerge che l’aspetto più importante della comunicazione non è tanto la tipologia di comportamento comunicativo (affettivo piuttosto che cognitivo) quanto l’impiego equilibrato di tali comportamenti, che non dovrebbe essere casuale ma attentamente calibrato sulle caratteristiche della persona (per esempio, il suo stile cognitivo) e della situazione (per esempio, le diverse fasi dell’interlocuzione). Per quanto riguarda la compliance, in linea generale gli studi basati sull’analisi degli incontri videoregistrati evidenziano che durante la visita medica i pazienti che ricevono un maggior numero di informazioni oltre a essere più soddisfatti aderiscono maggiormente al programma terapeutico. La compliance del paziente non è infatti un processo lineare di obbedienza quanto piuttosto un articolato processo di negoziazione che dipende sia da variabili dipendenti dal paziente (caratteristiche demografiche, supporto sociale, atteggiamento di difesa nei confronti della malattia, difficoltà di comprensione o di memoria) sia dal tipo di interazione che si instaura tra gli interlocutori. La tendenza dell’operatore sanitario a controllare e a dirigere il colloquio, a interrompere il paziente e a porre domande chiuse senza curarsi della sua percezione e delle sue preferenze determina spesso fraintendimenti che possono influenzare la compliance. Viceversa, i comportamenti che tendono a rafforzare nei pazienti la fiducia in se stessi e la motivazione e una visione positiva dello stato di salute sono in grado di migliorare indirettamente l’aderenza al trattamento. Il paziente si sente infatti compreso, sostenuto e libero di esprimere le sue preoccupazioni ed emozioni e diminuiscono le probabilità che egli non collabori, non sia aderente alle terapie o cambi medico e/o ricorra alla medicina alternativa.

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L’agenda del paziente e la codifica del segnale emotivo Nell’incontro con l’operatore sanitario il paziente porta con sé un’agenda personale, che comprende la modalità con la quale egli vive la condizione di malato e il tipo di bisogni che egli presenta.

Figura 2 ‐ ​ L’agenda del paziente e l’agenda del medico

Tali bisogni si riferiscono a quattro categorie specifiche che consentono di delineare gli obiettivi del colloquio: ● sentimenti ed emozioni ​ rispetto alla malattia (paura, rabbia, speranza, sensi di colpa, eccetera) ● idee e convinzioni​ , in base ai quali le interpretazioni personali si articolano tra loro a generare una costruzione complessa relativamente al proprio stato di salute ● aspettative, richieste di aiuto (più o meno esplicite), ​ d esideri rispetto al colloquio e all’operatore sanitario ● contesto familiare, sociale e lavorativo​ .

Quest’ultimo aspetto dell’agenda può influenzare i tre precedenti ma potrebbe essere difficile da individuare. Per essere accettato dal paziente e creare una relazione efficace l’operatore deve prestare attenzione a tutti gli ambiti dell’agenda, riconoscendolo come “​ persona malata​ ” e non come “​ portatore di malattia​ ”. Il paziente esprime indizi verbali o non verbali, che segnalano emozioni spiacevoli o preoccupazioni e che, in presenza di un operatore attento, rappresentano buoni fattori prognostici (per esempio, ricorso a metafore, parole ambigue o poco chiare, vaghe o aspecifiche, espressioni di incertezza e di speranza, frasi che enfatizzano stati emozionali spiacevoli riguardanti sonno, appetito, energia fisica, capacità di concentrazione, eccetera).

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Strategie di comunicazione Nel modello della medicina centrata sul paziente è fondamentale che l’operatore sanitario sviluppi le tecniche e le competenze comunicative necessarie a raccogliere e utilizzare i segnali emessi dal paziente.

Tali competenze possono essere acquisite mediante alcune tecniche specifiche: ● tecnica delle domande (questioning skill) ‐ consente di sollecitare il racconto del paziente, verificare il suo punto di vista, identificare i sintomi, raccogliere informazioni e descrivere il problema nel dettaglio ● tecniche di verifica e controllo (checking skill) ‐ riguardano il flusso della comunicazione e consentono di valutare se il paziente ha compreso i contenuti espressi dall’interlocutore o, viceversa, se l’interlocutore ha compreso quelli del paziente ● tecniche di riflessione (reflection skill) ‐ riguardano la dimensione dei sentimenti espressi dal paziente e comunicano quanto l’interlocutore li abbia compresi ● tecniche di ascolto attivo (active listening skill) ‐ riguardano il rapporto di attenzione empatica che l’operatore mantiene costantemente con il paziente durante l’interlocuzione.

Tecnica delle domande La tecnica delle domande ha lo scopo di favorire il passaggio di informazioni dal paziente all’operatore sanitario. Tale passaggio è condizionato da numerose variabili quali il tipo di problema, l’obiettivo dello scambio comunicativo, la relazione tra gli interlocutori, il contesto (setting) e la formazione dell’operatore sanitario all’uso delle tecniche di comunicazione.

Le domande possono essere ​ aperte​ o ​ chiuse​ , ​ d i chiarimento​ o ​ d i verifica​ .

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Tabella 2 ‐ ​ Principali tipologie di domande Domande aperte (non direttive) ● “Cosa posso fare per lei? ● “E poi cosa è successo?” ● “Mi può dire qualcosa di più di…?”

Domande aperte (direttive) ● “Come si sente dopo il trattamento?” ● “Quando è iniziato il disturbo?” ● “In quali condizioni peggiora il dolore?

Domande chiuse ● “È allergico a qualche farmaco?” ● “Il disturbo si presenta prima o dopo i pasti?” ● “Sente dolore alla gamba quando cammina?”

Domande di chiarimento ● “Cosa intende esattamente per ‘difficile’?” ● “Può descrivere meglio questa sensazione?” ● “Riesce a ricordare in quali circostanze il fastidio è più difficile da sopportare?”

Domande di verifica ● “Allora vediamo: mi diceva che il suo mal di testa peggiora durante la giornata e che la disturba anche di notte. È corretto?” ● “Mi sembra di intuire che i farmaci che le ho prescritto le provocano disturbi gastrici. È così?”

Le ​ d omande aperte possono essere utilizzate per sondare l’agenda del paziente, per indagare aree specifiche o per chiarire i dettagli. Esse permettono di raccogliere informazioni sul mondo personale (timori, aspettative), sul contesto sociale e familiare, sulle soluzioni immaginate o messe in atto, sulle aspettative che il paziente ha nei confronti della struttura sanitaria. L’operatore può decidere di porle quando il paziente non offre spontaneamente le informazioni necessarie. L’ordine delle domande e la loro scelta dipendono dal flusso comunicativo e dal contenuto delle informazioni offerte dal paziente. Tra le domande aperte quelle di ​ s timolo spingono il paziente a iniziare il racconto e gli permettono di ricostruire gli eventi relativi al problema (​ “Allora, cosa mi vuole raccontare?”​ ).

Lo stesso scopo può essere raggiunto con le ​ d omande narrative​ , che concedono uno spazio alla narazione e hanno la funzione di ampliare la descrizione e di tracciare nuove ipotesi di trattamento (“Mi racconti cosa succede quando…”). L’operatore deve sapere selezionare dal racconto ciò che esula dal contesto e ciò che è pertinente, arginando la comunicazione eccessiva o inadeguata con tecniche specifiche: per esempio utilizzando commenti di ​ valorizzazione (​ “La interrompo perché mi sembra interessante quello che sta dicendo….”​ ) o di ​ d ifferenziazione (​ “È importante tenere separati i due aspetti…..”​ ) oppure servendosi della metacomunicazione (​ “Non riesco a cogliere tutto quello che mi sta dicendo, concentriamoci su…”​ ). Le domande aperte ​ evocative servono a incrementare la fiducia del paziente nel cambiamento di comportamenti (​ “Quali ostacoli prevede nell’affrontare questa dieta?”​ ). Anche la ripetizione delle ultime parole dell’ultima frase del paziente invita l’interlocutore a proseguire la narrazione. È bene ricordare che le risposte sono soggettive: chi ha già fatto un’autodiagnosi tenderà a rispondere in base a idee preconcette; chi direttamente o indirettamente attribuisce all’operatore un ruolo “magico” si aspetta che egli conosca già la risposta; c’è chi ha paura di non essere abbastanza chiaro e di condurre a false conclusioni; alcuni temono che il loro racconto possa sembrare ridicolo; altri infine credono di non avere diritto di pensare a una diagnosi. Da qui l’importanza delle domande aperte che trasmettono al paziente la percezione di un interesse da parte dell’interlocutore e rafforzano la relazione (​ “Come è cominciato tutto questo?”,”Come si è sentito?”, “Mi dica qualcosa della sua famiglia”, “Che cosa la porta qui da me?”​ , eccetera).

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Le ​ d omande chiuse richiedono una risposta breve (affermativa o negativa) o una scelta tra due alternative (​ “Preferisce le compresse o la formulazione solubile?”​ ). Possono essere utilizzate dopo la narrazione del paziente per ottenere dettagli omessi e consentono di valutare ipotesi specifiche. Dovrebbero essere poste durante l’esame obiettivo e in situazioni di emergenza poiché limitano la partecipazione del paziente e inibiscono il flusso informativo durante la narrazione. La comunicazione non verbale gioca un ruolo importante nella formulazione delle domande chiuse. È necessario fare attenzione a non cadere nella trappola comunicativa delle ​ d omande chiuse multiple (più domande chiuse in successione) o di quelle concatenate (più domande chiuse riguardanti un solo argomento) poiché il paziente potrebbe avere difficoltà a concentrarsi su tutte le informazioni che gli vengono richieste. ● Le ​ d omande di chiarimento possono essere utilizzate quando il paziente usa parole con un significato vago, confuso o ambiguo, oppure quando si vuole conoscere il significato, che il paziente attribuisce all’espressione utilizzata. ● Le ​ d omande di verifica sono utilizzate per controllare l’accuratezza delle informazioni fornite e in caso di racconto confuso o incerto. La verifica rassicura il paziente, che percepisce l’interesse dell’interlocutore nei suoi confronti, e permette all’operatore di correggere eventuali errori di comprensione.

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Tecniche di verifica Consistono nell’impiego di parafrasi o di riassunti e ricapitolazioni: le prime ripropongono con parole diverse rispetto a quelle utilizzate dal paziente l’informazione che quest’ultimo ha riferito; i secondi ripropongono sinteticamente i molteplici dati espressi dal paziente all’operatore sanitario o viceversa. Il riassunto fa sì che il paziente si senta ascoltato e compreso. Il professionista sanitario deve fare attenzione a non inserire proprie interpretazioni e fare in modo che: ● siano messi in risalto i punti salienti del dialogo ● si rilevino eventuali incoerenze ● si costruisca un collegamento tra un argomento e l’altro ● si selezionino gli argomenti prioritari.

Un altro obiettivo è quello di offrire al paziente l’opportunità di correggere informazioni errate o di aggiungerne altre. Possono essere utilizzate diverse tipologie di riassunto, da quello selettivo a quello di collegamento o di chiusura.

Tabella 3 ‐ ​ Tipologie di riassunto nel corso del colloquio con il paziente Riassunto selettivo Conferisce un ordine ai dati che emergono e permette al paziente di: ● correggere eventuali distorsioni o incomprensioni da parte dell’interlocutore ● aggiungere qualcosa di rilevante che nel riassunto manca ● riflettere sulle informazioni date all’operatore sanitario costruendo una memoria condivisa ● avviare un processo di chiarificazione del problema collegando parti del racconto.

Serve all’operatore per indicare al paziente quali argomenti sono di sua competenza e quali tra questi vanno trattati nell’ambito della visita Riassunto di collegamento È utilizzato tra una visita e quella successiva e hal’obiettivo di fare il punto della situazione partendo da una memoria condivisa Riassunto di chiusura Serve al termine dell’incontro per definire i messaggi chiave e per condividere le decisioni prese, oppure nell’ambito dell’incontro quando si conclude un argomento per passare a uno nuovo

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Tecniche di riflessione Queste tecniche sono importanti per costruire la relazione e per consolidare un’alleanza basata sull’accettazione e sulla legittimizzazione dei sentimenti espressi dal paziente durante il colloquio.

L’intervento di riflessione restituisce al paziente il suo sentimento e gli permette di prenderne coscienza, per poi affrontare il problema e stabilire nuovi obiettivi. Si possono identificare diverse tipologie di commento di riflessione, per esempio quelli di ​ legittimazione​ , che comunicano al paziente che le sue emozioni sono giustificabili o comprensibili (​ “Tutti sarebbero spaventati di fronte a tanti cambiamenti dello stile di vita”​ ) o quelli di ​ r ispetto​ , che mettono a fuoco le sue risorse e le capacità e lo incoraggiano ad affrontare situazioni difficili.

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Tabella 4 ‐ ​ Tipologia di commenti utilizzati nelle tecniche di riflessione Commento di facilitazione “Interessante, continui….”​ “Sì, prego, mi dica….”

Incoraggiano il paziente a parlare raccontando maggiori dettagli della storia clinica e fanno emergere fin dall’inizio le preoccupazioni o le richieste del paziente Commento riflessivo Paziente: “Da quando soffro di mal di testa non riesco più a lavorare come prima….”

Medico: “Non riesce a lavorare come prima…”

Ripete parte di ciò che il paziente ha detto, ponendo l’accento su una frase o su una parola. In questo modo il paziente è motivato a continuare il discorso in quella direzione. Potrebbe anche rappresentare la risposta dell’interlocutore a un segnale non verbale Commento empatico “Deve essere difficile per lei affrontare tutti questi disturbi ….”; ​ “Sembra che il pensiero di continuare la terapia la metta in difficoltà….”​ ; “La capisco, deve essere faticoso...”

Identifica le emozioni del paziente e l’evento associato, formulandoli come ipotesi e comunicando comprensione e accettazione della situazione emotiva. Sentendosi accettato il paziente può affrontare le sue emozioni apertamente e quindi in modo efficace. Dovrebbe essere utilizzata con cautela e solo quando l’interlocutore è sicuro del tipo di emozione che sta alla base del disagio segnalato o se crede di conoscere la situazione che provoca tale disagio Commento di legittimazione “Capisco che questa lunga attesa l’abbia irritata”; “Comprendo la sua preoccupazione. Non è l’unico a pensarla così” Dovrebbe essere utilizzato solo quando l’interlocutore è molto sicuro del tipo di emozione segnalata e richiede molta cautela. L’operatore sanitario comunica al paziente che le sue emozioni sono giustificabili o comprensibili dal suo punto di vista. Richiede che si specifichi la situazione o l’emozione da legittimare e che si spieghi perché il comportamento, quanto detto o l’emozione espressa sono ritenute giustificabili Commento di rispetto “Nonostante le difficoltà, è stato costante con la terapia….” ‐ “Non si è dato per vinto anche quando soffriva così tanto” Mette a fuoco le risorse del paziente, incoraggiandolo ad affrontare situazioni difficili Commento di transizione “Adesso vorrei farle qualche domanda relativa al sonno ….” ‐ “Ora che mi ha parlato del mal di testa, vorrei chiederle qualcosa sul suo umore….” ‐ “Passerei adesso a valutare un altro aspetto importante, quello legato alla digestione….”

Avverte il paziente che sta per cambiare l’area di indagine. Funziona da filo logico del dialogo e aumenta la collaborazione del paziente Commento di sintesi “Allora, lei mi ha detto che soffre di cefalea da circa due settimane e che questo le causa problemi al lavoro. Ha provato a cambiare alimentazione e a fare una vita più sana ma le cose non sono cambiate” Serve per ricapitolare i problemi del paziente, dandogli la possibilità di confermare, correggere o aggiungere ulteriori informazioni. Inoltre consente all’operatore sanitario di riportare all’argomento principale della conversazione il paziente che si dilunga e di memorizzare le informazioni ricevute.

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La comunicazione empatica Con il termine empatia si fa riferimento alla capacità della persona di identificarsi con l’altro, di comprenderne lo stato d’animo e di osservare la realtà dal suo punto di vista. L’atteggiamento empatico valuta le emozioni e l’evento associato formulandoli come ipotesi e comunica al paziente che l’interlocutore ha colto, compreso e accettato la sua situazione emotiva. Sentendosi capito il paziente può affrontare le sue emozioni apertamente e quindi in modo più efficace. Per stabilire una comunicazione empatica l’operatore sanitario deve sospendere ogni forma di giudizio, mantenendo la consapevolezza dei confini tra la propria identità e quella del soggetto che gli sta di fronte. Le espressioni empatiche sono utili in particolare all’atto di un intervento dell’operatore che preveda un cambiamento di comportamento, l’assunzione di una terapia o la prescrizione di esami diagnostici che creano difficoltà sul piano della comprensione e dell’accettazione (​ “È vero che è difficile da accettare, ma in questo modo il suo problema di salute rischia di peggiorare”​ ). L’ascolto attivo, che consiste nel rispecchiamento della comunicazione emotiva dell’altro, verbale o non verbale, è il principale strumento dell’interazione empatica.

Tabella 5 ‐ ​ Alcune regole della comunicazione empatica

● ​ Non avere fretta di arrivare alle conclusioni ● ​ Cambiare il proprio punto di vista: ciò che si percepisce dipende dalle convinzioni personali ● ​ Comprendere le ragioni dell’altro: la comprensione necessita dell’osservazione degli eventi da una prospettiva diversa ● ​ Prestare attenzione al linguaggio emotivo: le emozioni sono importanti strumenti conoscitivi ● ​ Andare al di là delle proprie convinzioni: un buon ascolto presuppone l’esplorazione di tutte le possibilità alternative alle proprie certezze ● ​ Accettare i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale: i dissensi possono rappresentare un’occasione per la gestione dei conflitti

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Le barriere alla comunicazione Come è già stato ampiamente illustrato, la disponibilità all’ascolto e il grado di comprensione, la chiarezza e la precisione del linguaggio sono caratteristiche che aumentano la soddisfazione e la compliance del paziente e riducono il rischio di reclamo. Alcuni studi dimostrano che le richieste di risarcimento ai medici motivate dall’insoddisfazione nei confronti delle cure provengono da persone che associano il modesto risultato terapeutico a una cattiva comunicazione da parte del medico o dei suoi collaboratori. La maggior parte dei reclami nei confronti del personale sanitario riguarda le competenze comunicative più che l’adeguatezza tecnica o professionale dell’operatore. Ciò che viene maggiormente percepito è la mancanza di un modello di relazione soddisfacente: i pazienti lamentano un ascolto limitato, spesso disattento, e una comunicazione poco chiara, densa di termini difficili da comprendere o con parti del contenuto sottintese.

Alcune indagini evidenziano che in particolare i medici tendono a impiegare in maniera ridotta le capacità comunicative ritenendo prioritarie altre funzioni quali la definizione della diagnosi e l’impostazione di un trattamento. Le analisi di conversazione documentano l’impiego rilevante di domande chiuse e mostrano che circa il 70% dei segnali proposti dai pazienti (indizi di preoccupazione e di dubbi che avrebbero voluto discutere con il proprio medico) non sono riconosciuti. Alcuni studi in particolare rilevano che durante la visita viene prestata poca attenzione allo stile di comunicazione da parte del medico, spesso influenzato dal suo locus of control (luogo di controllo), vale a dire la sua modalità di controllo degli eventi. Da ricerche svolte sui colloqui clinici si evince che i medici tendono in genere a ignorare i sentimenti espressi dal paziente oppure riportano il dialogo sulla malattia biologica utilizzando tagli buschi e una comunicazione di tipo tecnico. I tagli bruschi potrebbero essere determinati sia dalle difficoltà di accogliere e confrontarsi con l’illness del paziente sia dai contenuti emotivi dell’agenda dell’operatore sanitario. La Tabella 6 riassume alcuni degli atteggiamenti che dovrebbero essere evitati nel corso dell’interlocuzione con il paziente; la Tabella 7 presenta alcune barriere comunicative (ambientali, culturali, sociali, eccetera) che ‐ aumentando o diminuendo la distanza ottimale tra i due interlocutori ‐ creano una distorsione dei messaggi e compromettono l’efficacia dell’incontro.

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Tabella 6 ‐ ​ Alcuni comuni atteggiamenti da evitare nel colloquio con il paziente Minimizzare e banalizzare le preoccupazioni “Cosa vuole che sia una colonscopia” “Tante preoccupazioni per un banale disturbo” Porre solo domande chiuse o domande multiple “Si sente meglio?”

“Ha ancora avuto problemi intestinali?”

“Ha mangiato troppo, ha preso freddo oppure è allergico a qualche alimento?”

Esprimere giudizi “Non dovrebbe essere così preoccupato” Colpevolizzare o manifestare ostilità “Se si fosse fatto operare come le avevo consigliato non sarebbe in queste condizioni” “Lei è soltanto ipocondriaco” Rassicurare prematuramente o superficialmente “Stia tranquillo, vedrà che non è niente” Mancare di sensibilità nei confronti delle emozioni del paziente “Non ha motivo di lamentarsi così” Usare un linguaggio tecnico “Si tratta di una neoplasia linfonodo positiva” Essere autoritario “Sono io il medico e so cosa è meglio” Prestare attenzione al primo problema espresso senza verificare l’eventuale presenza di altri “Dice di soffrire di bruciori di stomaco. Le darei un antiacido” Cambiare discorso quando il paziente dice qualcosa di imbarazzante invece di usare un commento riflessivo Paziente: “Ieri in famiglia ho avuto una sensazione molto spiacevole” Medico: “Bene? E il suo mal di stomaco come procede?”

Dare consigli a problematiche psicosociali su sollecitazione del paziente Paziente: “Dottore, lei cosa farebbe al mio posto?”

Medico: “Perché non chiede la separazione?”

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Tabella 7 ‐ ​ Alcune barriere comunicative nell’interazione con il paziente e tecniche per ridurle Barriere culturali​ ​ (educazione, genere, età, linguaggio, religione) Utilizzare un linguaggio comprensibile e aumentare il feedback Barriere sociali​ ​ (stato sociale, professione, eccetera) Non assumere atteggiamenti di superiorità Barriere ambientali​ ​ (ambiente rumoroso, mancanza di riservatezza, eccetera) Rimuovere gli ostacoli e migliorare l’ambiente Stato emotivo del paziente​ ​ (preoccupazione, rabbia, ansia, depressione, eccetera) Riconoscere e sapere controllare le emozioni del paziente Stato emotivo dell’operatore sanitario​ ​ (impazienza, distrazione, colpa, irritazione, eccetera) Riconoscere e sapere controllare le proprie emozioni Comportamento dell’operatore sanitario​ ​ (fretta, distacco, prevenzione, eccetera) Evitare comportamenti negativi Stile del colloquio​ ​ (centrata sul medico, eccessivamente tecnica) Utilizzare domande aperte, di verifica e di facilitazione e assumere un comportamento empatico Caratteristiche del messaggio​ ​ (mancanza di chiarezza) Formulare un messaggio logico, chiaro e conciso

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La conduzione efficace del colloquio La relazione con il paziente e il colloquio integrato Nella medicina centrata sul paziente l’interlocuzione con l’operatore sanitario, e in particolare il colloquio medico, si basa su un modello a tre funzioni​ : ● costruzione della relazione ‐ l’operatore sanitario accoglie il paziente, ascolta attivamente, definisce i contenuti e risponde ai temi emotivi ● raccolta dei dati ‐ l’operatore sanitario prende in considerazione tutti i fattori, non interrompe il paziente, sollecita le spiegazioni e sviluppa una comprensione condivisa ● negoziazione di una piano di cura ‐ l’operatore sanitario fornisce informazioni, rassicura in maniera appropriata, crea legami, negozia un cambiamento di comportamento e un piano di trattamento.

Tutte le fasi del processo comunicativo necessitano di capacità relazionali e di competenze comunicative specifiche, che siano in grado di coinvolgere il paziente e integrino il suo punto di vista. È possibile che, nonostante l’impostazione corretta del colloquio e le buoni intenzioni del paziente, la storia clinica resti poco chiara o sia densa di omissioni. Le ragioni alla base dell’inaccuratezza ‐ esclusi i casi dovuti alla scarsa cultura, alle barriere semantiche o a disturbi organici di origine mentale o neurologica ‐ sono spesso di natura psicologica: il paziente potrebbe mettere in atto una sorta di rimozione conscia o inconscia del problema per evitare l’ansia o i sensi di colpa. Alcuni pazienti sono dispersivi oppure eccessivamente loquaci e non focalizzano il loro racconto sul disturbo e sulla natura dei sintomi; altri sono eccessivamente silenziosi: pensano che il loro ruolo sia quello di rispondere a domande precise e non di parlare liberamente oppure provano ostilità, cercano di reprimere emozioni più intense (vergogna, senso di colpa) o hanno paura di esprimerle. La maggior parte dei pazienti riesce a superare il problema e a riprendere spontaneamente la narrazione. Se ciò non dovesse succedere, il medico può interrompere il silenzio ritornando all’ultimo argomento discusso (​ “Mi stava dicendo del suo lavoro”​ ).

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Tabella 1 ‐ ​ Struttura del colloquio integrato1 1. Accoglienza del paziente

L’operatore sanitario: ● accoglie e saluta il paziente, si presenta e qualifica il proprio ruolo professionale (infermiere, medico, fisioterapista, odontoiatra, logopedista, eccetera) ● fa in modo che il paziente si senta a proprio agio ● assicura la riservatezza e rimuove le barriere alla comunicazione

2. Indagine sulle preoccupazioni e definizione dell’agenda

L’operatore sanitario: ● indica il tempo disponibile ● chiede il motivo della visita ● invita il paziente a descrivere tutti i temi che egli vuole discutere (sintomi specifici, richieste, aspettative, eccetera) ● controlla la completezza dell’agenda e stabilisce con il paziente le priorità

3. Inizio del colloquio con tecniche che aiutano il paziente a esprimersi L’operatore sanitario: ● inizia il colloquio con domande aperte ● osserva le componenti non verbali per ottenere dati aggiuntivi

4. Impiego di tecniche di focalizzazione che permettono di ricostruire la storia dei sintomi, il contesto personale e quello emotivo L’operatore sanitario: ● indaga la storia dei sintomi utilizzando la tecnica delle domande aperte direttive ● indaga il contesto personale ed emotivo del paziente ● risponde a sentimenti ed emozioni mediante la comunicazione empatica ● espande la storia personale ed emozionale del paziente

5. Transizione alla seconda parte del colloquio

L’operatore sanitario: ● fa un breve riassunto ● valuta l’accuratezza delle informazioni ● indica al paziente che lo stile e i contenuti del colloquio stanno per cambiare ● prosegue con la seconda parte del colloquio

6. Descrizione dettagliata della storia presente e di problemi correlati (localizzazione, qualità, esordio, contesto, gravità, fattori associati, eccetera)

7. Malattie pregresse 8. Storia sociale 9. Storia familiare ●

L’operatore sanitario completa le informazioni finora ottenute su stile di vita, situazione lavorativa e familiare, stress e rete di supporto

10. Esame obiettivo 11. Conclusione

L’operatore sanitario: ● effettua una rassegna sistematica dei vari punti emersi ● chiede se il paziente desidera porre domande e/o aggiungere qualcosa ● informa e negozia con il paziente il piano terapeutico (accertamenti, terapie, ulteriori appuntamenti, eccetera)

1

​ Modificata da: Smith RC. La Storia del Paziente. Un Approccio Integrato all’Intervista Medica. 1997 Il Pensiero Scientifico Editore, Roma

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La vulnerabilità individuale e il modello di adattamento Ogni persona ha una propria soglia di vulnerabilità psicofisica rispetto a eventi e circostanze stressanti della vita: la malattia o lo scompenso emotivo di fronte ai problemi sociali e a eventi anche gravi è individuale e dipende dalle risorse personali o sociali di ciascuno, che vanno dal supporto materiale e psicologico familiare, alla disponibilità economica, all’accesso a informazioni e servizi, alle proprie capacità e convinzioni e alle caratteristiche della personalità (autostima, tenacia, stabilità emotiva, ottimismo, eccetera). La reazione di adattamento individuale dipende dal ​ locus of control (luogo di controllo), una variabile psicologica che indica il grado di percezione della persona rispetto al controllo degli eventi, valutati come dipendenti o indipendenti dalla propria volontà.

Il ​ luogo di controllo ‐ e nel contesto specifico quello relativo alla salute (​ health locus of control​ ) ‐ può essere: ● interno ‐ il paziente adotta comportamenti che favoriscono il benessere fisico, si attiva quando si sente male, si informa sulla sua malattia, entra nel merito delle decisioni mediche e intende collaborare attivamente alla cura ● esterno ‐ il paziente vive gli eventi come imprevedibili, dipende continuamente dagli altri (medici e familiari) anziché cercare autonomamente la soluzione ai problemi di salute e sviluppa un senso di impotenza rispetto agli eventi, attribuendo gli esiti negativi sempre e comunque al destino o agli altri.

Secondo il ​ Process model of stress and coping proposto da Richard Lazarus e Susan Folkman nel 1984 l’adattamento è un processo dinamico e complesso: la gravosità dei compiti varia in base ai ​ fattori di rischio (malattia e variabili psicosociali correlate) e a quelli di ​ mediazione (significati personali di malattia, tipo di emozioni associate, risorse sanitarie e sociali di cui il paziente dispone), che interagiscono nel determinare l’adattamento finale. La valutazione che il paziente dà dell’evento malattia (valutazione iniziale) è il concetto centrale del modello in quanto determina la scelta delle strategie (valutazione successiva), con esiti più o meno soddisfacenti.

Il ​ Process model of stress and coping facilita l’operatore nell’indagine conoscitiva, che valuta come i sintomi, la malattia o le sue conseguenze interferiscano con la vita del paziente, quali siano i problemi più difficili da affrontare, come li stia affrontando e quali siano le emozioni associate.

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Figura 1 ‐ ​ Process model of stress and coping: fattori di rischio e di mediazione2

FATTORI DI RISCHIO

Malattia Diagnosi, grado di handicap, terapia, etc.

↓

Variabili psico‐sociali Problemi psico‐sociali dovuti alla malattia, problemi sociali, eventi di vita

↓

⇅​ ___________________________________________________________​ ⇅ FATTORI DI MEDIAZIONE

Valutazione iniziale Significato personale di malattia Conseguenze per il paziente Emozioni del paziente

↓

Significato personale di malattia Evento non rilevante

Danno, tristezza, rabbia, vergogna, colpa

Minaccia, paura, ansia

Sfida, combattività

↓

Valutazione successiva Possibilità d’azione Costi correlati all’azione Aspettative del paziente

↓

Strategie di coping Cognitive, comportamentali

↔

Risorse sanitarie ​

Riduzione, minimizzazione, superamento, tolleranza, dei problemi posti dalla malattia

↔​ ​

Risorse personali

Risorse sociali

⇅​ ___________________________________________________________​ ⇅ ADATTAMENTO Salute fisica, salute mentale, funzionamento sociale

↓

Rivalutazione Sensazione relativa allo stato di salute, rivalutazione dell’evento stressante, valutazione dell’intero processo

2

Modificato da Lazarus RS and Folkman S. Stress, appraisal and coping. 1984 New York Springer

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Profili psicologici e tipologie di paziente In psicologia il termine comportamento abbraccia tutte le manifestazioni umane ‐ dalle espressioni verbali e non verbali a quelle gestuali, dalle manifestazioni affettive (piacere, dolore, paura, sicurezza, gioia, eccetera) alle relazioni con le persone e con gli oggetti. I comportamenti manifestano pertanto motivazioni, competenze intellettuali, caratteristiche emotive, capacità di stabilire i rapporti. Anche i comportamenti fisiologici ‐ per esempio, respirare, sudare, impallidire, eccetera ‐ sono influenzati dai fattori psicologici e risentono delle situazioni contingenti: in contesti differenti le persone si sentono e si comportano in modi diversi se non addirittura opposti. Ogni comportamento richiede pertanto un’attenta analisi: sintomi quali aggressività, paura, depressione, tendenza a isolarsi, invadenza o vanteria sono infatti solo manifestazioni osservabili di stati d’animo interiori. Un paziente che parla poco può essere timido, ma anche riservato oppure timoroso di fare brutta figura oppure tanto pieno di sé da non comunicare con gli altri. Il sintomo “parlare poco” ‐ manifestazione osservabile ‐ correlato ad altre indicazioni diventa allora utile a comprendere le caratteristiche psicologiche della persona. Altri fattori – per esempio età, differenze intellettuali, educazione, etnia e genere ‐ contribuiscono a delineare diverse tipologie di paziente, ognuna delle quali richiede un approccio comunicativo differenziato. In particolare i casi “difficili” (per esempio i pazienti ansiosi o depressi, quelli aggressivi o fobici) o alcuni ambiti specifici, per esempio quello oncologico o pediatrico, necessitano di capacità relazionali superiori a quelle normalmente richieste.

Il paziente ansioso o depresso L’ansia e la depressione sono associate a esisti sfavorevoli della malattia, a una cattiva qualità di vita e a richieste spesso inappropriate di interventi medici, accertamenti o terapie. L’ansia e la depressione non riconosciute possono amplificare e cronicizzare i sintomi somatici di una patologia gà presente oppure determinare una somatizzazione dei sintomi in assenza di patologie organiche. Potrebbero essere sintomi clinicamente significativi, di lunga durata, di elevata intensità e indipendenti dagli stimoli esterni. Nella maggior parte dei casi tuttavia l’ansia e la depressione rappresentano una risposta adattativa e transitoria a situazioni stressanti o a eventi di perdita, quali per esempio la rottura di una relazione stabile, il licenziamento, una grave malattia o la morte di un familiare. Il mancato adattamento a eventi negativi significativi causa una esposizione prolungata alle catecolamine e induce uno stato di attivazione continua, che a lungo andare potrebbe sfociare in vere e proprie malattie. Il paziente potrebbe non manifestare esplicitamente un’emozione spiacevole ma suggerire il proprio stato d’animo con frasi o messaggi non verbali di intensità variabile (espressioni verbali non attinenti al tema, precisazioni spontanee, espressioni di disagio, ridondanze e ritorno a temi non verbali, eccetera), che segnalano la sua agenda nascosta. Nel corso del colloquio è importante allora che l’interlocutore ponga una particolare attenzione agli eventi della vita recenti e ai fattori psicosociali di rischio (cambiamenti nella vita personale e sociale della persona, verificabili in quanto esterni), che potrebbero essere alla base dell’ansia e della depresssione, indagando il loro impatto emotivo e identificando le ripercussioni a livello sociale (​ “Quindi adesso è senza lavoro?” “Cosa è cambiato per lei con la malattia di suo marito?” “Cos’altro è successo in quel periodo?”​ ). Dopo avere riconosciuto le emozioni del paziente, l’approccio è quello di utilizzare le diverse tecniche comunicative a disposizione: domande aperte, di chiarificazione e/o commenti riflessivi e facilitanti (​ “Che cosa intende con ‘toccato il fondo’?”, “La vedo turbata”, “Mi sta dicendo che è senza lavoro?”​ ).

La Tabella 2 presenta una tipologia esemplificativa di colloquio con il paziente ansioso.

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Tabella 2 ‐ ​ Esempi di tecniche comunicative per la gestione del paziente ansioso

Paziente​ ​ : ​ “Faccio fatica a respirare, tanto che a volte mi sento soffocare” Operatore​ ​ : ​ “Immagino che per lei sia una sensazione angosciante” ​ (commento empatico)

Paziente​ ​ : ​ “Una sensazione orribile, ma il medico mi dice che è soltanto ansia, che dovrei stare tranquillo” Operatore​ ​ : ​ “Stare tranquillo”​ (Commento riflessivo)

Paziente​ ​ : ​ “In effetti se sto tranquilo dopo un po’ passa” Operatore​ ​ : ​ “Adesso come si sente?”

Paziente​ ​ : ​ “Certamente sono un po’ agitato per la colonscopia che devo fare” Operatore​ ​ : ​ “Che cosa la agita esattamente?” (Indagine della situazione legata all’emozione mediante una domanda aperta)

Paziente​ ​ : ​ “Ho paura di avere un tumore, mia madre è morta di cancro all’intestino” Operatore​ ​ : ​ “Certo, questo pensiero per lei deve essere proprio pesante.” (Commento di legittimazione) ​ “Per questo ha deciso di fare la colonscopia?”

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Il paziente ostile Non è facile definire il soggetto ostile: può essere il paziente non collaborativo e diffidente, che passa da un medico all’altro con richieste non realistiche, lamentandosi dei risultati anche quando questi non sono necessariamente negativi; oppure il soggetto verbalmente aggressivo nei confronti del personale sanitario o che ha alle spalle una storia di azioni legali nei confronti della classe medica; oppure è il paziente facilmente irritabile e poco incline ad accettare le situazioni negative che possono verificarsi all’interno delle strutture sanitarie (ritardi o assenze del personale, inadempienze, informazioni carenti, eccetera).

Atteggiamenti di rabbia, irritazione e aggressività sono in genere meccanismi di difesa che il paziente mette in atto per nascondere altre tematiche e che rendono difficile la relazione, spingendo gli interlocutori non adeguatamente preparati ad assumere posizioni difensive. Un ambiente non favorevole alla relazione riduce la capacità di entrambe le parti di concentrarsi sul messaggio comunicativo e di percepirne le motivazioni, i valori e le emozioni in gioco. I professionisti sanitari tendono ad attribuire al paziente la responsabilità di un’interazione difficile, viceversa i pazienti denunciano un atteggiamento improprio da parte del personale sanitario. In realtà a essere difficile è spesso solo l’interazione. La prima strategia che l’operatore dovrebbe adottare con il paziente problematico, una volta riconosciuti i segnali di disagio, è quella di creare un clima di distensione o quantomeno di attenuazione dello stato difensivo. In genere il comportamento difensivo o distensivo nella relazione dipende da quali ​ categorie di comportamento vengono maggiormente utilizzate: per esempio, un atteggiamento di giudizio trasmesso con le parole, il tono della voce o la mimica facciale aggrava l’atteggiamento difensivo e può addirittura indurre aggressività; viceversa ​ una valutazione descrittiva della situazione, condotta su un piano paritario e orientata al problema, spontanea ed empatica invece che distaccata, aiuta a creare un clima distensivo e facilita la comunicazione. Per anticipare comportamenti inappropriati è importante essere consapevoli delle proprie emozioni e del loro significato, conoscere cioé il proprio modo di reagire, poiché sentimenti quali rabbia e fastidio emergono spesso rapidamente e sono difficilmente controllabili. Quando il paziente non ha la volontà o la capacità di cambiare atteggiamento è cruciale per l’operatore sanitario accettare la propria impotenza e condividere le difficoltà con i colleghi.

Tabella 3 ‐ ​ Categorie comportamentali nella comunicazione difensiva o distensiva

Comunicazione ​ d ifensiva

Comunicazione ​ d istensiva

Valutazione

Descrizione

Controllo

Orientamento al problema

Strategia

Spontaneità

Neutralità

Empatia

Superiorità

Uguaglianza

Certezza

Fatalità

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Il paziente fobico I comportamenti fobici possono essere attribuiti a un processo di condizionamento ‐ spesso facilmente ricostruibile su base anamnestica ‐ o essere l’esito di esperienze personali negative o traumatiche passate, assimilabili a vere e proprie patologie quali claustrofobia, agorafobia, ansia sociale. Un colloquio focalizzato sulla storia di eventuali traumi potrebbe chiarire la situazione e rassicurare il paziente, rendendolo più collaborativo.

L’approccio ottimale al paziente fobico consiste nell’accogliere il suo punto di vista e nell’utilizzare il suo linguaggio, per poi dirigere l’esperienza dalla tensione e dall’iperfocalizzazione sugli stimoli minacciosi al rilassamento e alla distrazione. Percependo i vantaggi del controllo sull’ansia oltre che la comprensione e la disponibilità personale sanitario ad accogliere i suoi bisogni il paziente si mostrerà non solo più collaborativo ma anche più motivato a mantenere nel tempo la relazione terapeutica. Le modalità comunicative devono essere tali da trasmettere sicurezza professionale (sapersi in mani esperte allevia l’ansia e aumenta la fiducia) e comprensione umana (non sentirsi giudicati contribuisce a rendere stabile il rapporto). L’operatore sanitario dovrebbe mantenere un clima rassicurante, modulando il tono della voce e la mimica facciale, con un’impostazione sonora calda e rassicurante delle parole, riconoscendo la sua tensione e interagendo in forma interrogativa (​ “Signor Rossi, oggi sembra proprio teso. Perché non si rilassa?​ ). Questo atteggiamento mette il paziente in condizione di spiegare i motivi della sua tensione (​ “Non riesco perché ho paura di sentire dolore”​ ) e permette di suggerire strategie di rilassamento (​ “Chiuda gli occhi e faccia dei bei respiri profondi”​ ). È bene evitare affermazioni quali ​ “Non sentirà niente”​ . Può essere invece utile accogliere l’esperienza del paziente (​ “In questo momento sta sentendo dolore, vero?” oppure “Tra pochi secondi sentirà male, ma passerà subito”​ ). È importante prestare attenzione alle distorsioni, ai processi di negazione o all’interpretazione errata degli eventi da parte del paziente, aiutandolo a passare dalla generalizzazione alla specificità. Può essere utile a tale scopo la tecnica della facilitazione mediante riflessione, che consiste nel ripetere sottoforma di domanda l’ultima parola o l’ultima frase del paziente.

Per esempio, quando egli dice ​ “Gli interventi chirurgici mi terrorizzano” l’operatore può rimarcare ​ “La terrorizzano”​ . In questo modo il paziente può rielaborare la sua affermazione soffermandosi sulla paura specifica.

Tabella 4 ‐ ​ Esempio di colloquio focalizzato sulla storia di traumi Una orribile esperienza ● ​ Mentre si sta preparando per una devitalizzazione a un dente molare, un paziente di 59 anni dice al medico odontoiatra: ​ “L’ultima volta che ho avuto quell’apparecchio in bocca mi mancava il respiro.

Un’esperienza orribile” ● L’affermazione ​ “Mi mancava il respiro” richiede un chiarimento: si trattava di un problema respiratorio legato a quella singola esperienza oppure è successo qualcosa nel passato che ora viene generalizzato? È possibile che il paziente abbia vissuto un’esperienza di soffocamento? Un colloquio terapeutico focalizzato sulla storia di eventuali traumi potrebbe chiarire la situazione e rassicurare il paziente, rendendolo più collaborativo

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Il paziente oncologico La relazione con il paziente oncologico richiede capacità comunicative specifiche, che permettano di affrontare in maniera corretta le reazioni emotive del paziente e dei familiari alle cattive notizie, di gestire lo stress creato da aspettative di cura non realistiche e di infondere speranza anche quando la situazione è particolarmente grave. In ambito oncologico è necessario tenere presente fattori specifici che potrebbero interferire con una comunicazione obiettiva: il ruolo del medico, l’ambito nel quale egli opera, la malattia, la terapia e il contesto familiare del paziente.

I programmi di informazione, che consistono in interventi appositamente studiati per aumentare la conoscenza della malattia, diminuiscono il senso di smarrimento e favoriscono comportamenti adeguati e una partecipazione più attiva alle cure. Essi hanno effetti positivi sull’impatto emozionale causato dalla diagnosi, sui livelli di ansia e depressione, sui rapporti con il personale sanitario e sull’aderenza del paziente alle indicazioni terapeutiche. L’integrazione di diverse figure professionali ‐ oncologo, chirurgo, infermiere, dietologo, assistente sociale ‐ fornisce al paziente un’informazione globale e lo rassicura comunicandogli la sensazione di un’azione dedicata e concorde. Viceversa l’informazione meccanica e impersonale da parte degli specialisti, che non permette al malato di esprimere dubbi o preoccupazioni, alimenta in lui uno stato d’ansia che rende difficile la comprensione delle informazioni fornite e facilita la distorsione della realtà, spesso in senso peggiorativo.

Alcune indagini mostrano che la maggior parte dei malati di cancro desidera conoscere esattamente la dagnosi e la prognosi, gli effetti collaterali della propria malattia e le possibilità di cura più rilevanti, chiedendo un coinvolgimento diretto nelle scelte terapeutiche.

Sebbene vi sia un accordo prevalente sulla necessità di una comunicazione chiara e diretta, molti medici tendono a nascondere verità spiacevoli anche per evitare di manfestare le proprie emozioni e sentimenti, soprattutto quando il paziente vive già una situazione di stress. La comunicazione è inoltre condizionata dal personale coinvolto nell’assistenza al malato e dall’ambiente (struttura ospedaliera, day hospital, ambulatorio, eccetera), spesso orientato più alla rapidità e alla produttività che all’elaborazione delle emozioni. Al fine di controllare l’impatto emotivo sul paziente garantendo il trasferimento delle informazioni e favorendo la collaborazione del paziente nel processo decisionale può essere ​ utile l’applicazione di strategie comunicative specifiche per l’ambito oncologico, per esempio quelle proposte dal protocollo SPIKES, che suddivide il colloquio in 6 passaggi.

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Tabella 5 ‐ ​ Protocollo SPIKES a 6 passaggi per il colloquio con il paziente oncologico3 Preparare il colloquio

↓

Valutare la percezione e le aspettative del paziente

↓

Ottenere il permesso del paziente

↓ Fornire le informazioni

↓ Partecipare empaticamente alle emozioni del paziente ↓

● ●

●

●

●

●

Pianificare la strategia terapeutica

Preparare il colloquio ‐ Una pianificazione del dialogo può aiutare il medico a prevedere sia la reazione emotiva del paziente sia i propri sentimenti di frustrazione e responsabilità Valutare la percezione e le aspettative del paziente ‐ Prima di entrare nel merito dei dati clinici il medico dovrebbe utiliizzare domande aperte che lo aiutino a comprendere la percezione della realtà da parte del paziente. ​ “Che cosa le è stato detto della sua situazione medica finora?” “Qual è la sua idea sulle ragioni per cui è stata fatta la risonanza?”​ . In base alla risposta il medico potrà correggere eventuali aspettative non realistiche o informazioni non corrette, adeguando il dialogo a quanto il paziente è veramente in grado di comprendere Ottenere il permesso del paziente ‐ Alcuni malati oncologici non desiderano ricevere informazioni complete e dettagliate su diagnosi e prognosi della malattia. Il medico può richiedere quali siano le modalità di comunicazione preferite: ​ “Vuole che le dia tutte le informazioni su questo esame o preferisce conoscere il risultato e dedicare più tempo a discutere il piano di trattamento?”

Fornire le informazioni ‐ Avvertire il paziente dell’arrivo di una brutta notizia, evitando affermazioni eccessivamente pessimistiche, aiuta a ridurre lo shock e facilita il processo informativo.

“Sfortunatamente ho una cattiva notizia per lei..” “Mi dispiace doverle dire che….”

Partecipare empaticamente alle emozioni del paziente ‐ ​ È la fase più difficile del colloquio e consiste nell’osservare la reazione emotiva del paziente, facendogli percepire la propria partecipazione emotiva e ponendo domande aperte per capire quali siano i suoi sentimenti reali.

Medico: ​ “Mi dispiace ma la chemioterapia non ha funzionato” (pausa). ​ Sfortunatamente il tumore è cresciuto” Paziente: ​ “Me l’aspettavo!” (pianto). Medico: (si avvicina al paziente e offre un fazzoletto) ​ “So che era quello che non avrebbe voluto sentire. Avrei voluto darle notizie migliori”​ .

Pianificare la strategia terapeutica ‐ I pazienti che hanno un piano preciso per il futuro hanno meno probabilità di essere ansiosi e insicuri. La decisione condivisa sul piano terapeutico aiuta a ridurre il senso di responsabilità del medico e previene la tendenza dei pazienti a svrastimare l’efficacia del trattamento o a non comprenderne lo scopo.

3

​ Modificata da: Baile AF et al. SPIKES­A six step Protocol for Delivering Bad News: Application to the patient with Cancer. The Oncologist 2000; 5: 302­311

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Il paziente pediatrico Le manifestazioni di ansia e di fobia rappresentano per la loro elevata frequenza uno dei principali problemi della gestione del paziente pediatrico. La reazione ansiosa deriva spesso da un processo di modellamento comportamentale, di solito mutuato dagli atteggiamenti o comportamenti dei genitori (in particolare dalla madre) oppure dall’acquisizione di informazioni negative da parte di coetanei fobici.

Stabilire una relazione di fiducia con il bambino è un requisito importante per guadagnare la sua collaborazione alle terapie. Per fare ciò il medico deve avere la capacità di ribaltare i ruoli e comprendere l’esperienza dalla prospettiva del bambino, con un atteggiamento positivo incondizionato.

Un approccio comunicativo efficace con il bambino è quello dell’​ ascolto attivo che consiste nel rispecchiamento della comunicazione emozionale ‐ verbale o non verbale ‐ dell’interlocutore.

A differenza dell’adulto, il bambino tende a esprimere le sue emozioni sia verbalmente sia con il suo comportamento emotivo, che il personale sanitario non adeguatamente preparato tende spesso a negare. I sentimenti espressi sono invece un fatto da accettare e con cui confrontarsi; solo così il bambino avrà la sensazione di essere capito. L’accettazione delle emozioni permette al bambino di capire che i suoi sentimenti rientrano nella normalità.

Bambino: ​ “Ho paura” Operatore sanitario: ​ “Capisco. Qualche volta le cose nuove spaventano. Non c’è niente di male nell’essere spaventato. Anch’io a volte ho paura di cose che non capisco o che non conosco”​ .

L’operatore ha compreso il bambino e ne rispetta le emozioni, con un comportamento sinceramente empatico: a questo punto sussistono le condizioni per spiegare e mostrare che cosa sarà fatto in seguito.

L’ascolto attivo è il primo passo per la relazione empatica ma è anche necessario motivare il bambino a comportarsi in modi che permettano di somministrare il trattamento. Attraverso il tono e la modulazione della voce accompagnati da un’espressione facciale che esprima empatia e comprensione si potrà richiedere al bambino un comportamento adeguato (​ “Vedo che sei arrabbiato, ma ricorda il nostro patto: le mani devono rimanere ferme sulle gambe”​ ).

Con una comunicazione di questo tipo si mette in atto una strategia di ​ assertività esplicita​ , che consiste nell’invio di messaggi in prima persona, utili a indicare al bambino esattamente ciò che è richiesto.

Tali messaggi possono: ● descrivere ciò che si sta osservando: ​ “Vedo un giovane uomo con le sue mani ferme sul grembo” ● condividere con il bambino il sentimento che l’operatore sta provando: ​ “Non riesco a lavorare serenamente quando c’è così tanto rumore” ● descrivere il problema che si sta verificando: ​ “Non riesco a vedere i denti quando la bocca è chiusa”​ .

I messaggi in prima persona sono messaggi forti perché non possono essere contraddetti poiché riguardano un’esperienza e non un giudizio. Sono efficaci perché ripongono nel bambino la responsabilità di modificare il proprio atteggiamento.

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Questionario

1. Con il termine comunicazione interpersonale si intende: a. uno scambio tra due o più interlocutori che presuppone intenzionalità b. uno scambio tra più interlocutori che presuppone la condivisione di interessi comuni c. uno scambio tra due o più interlocutori che avviene in un'unica direzione d. uno scambio interattivo tra due o più interlocutori impegnati nel definire la natura della loro relazione

2. Il modello di Johari è uno schema: a. linguistico b. fisico c. matematico d. bidimensionale

3. Nel modello di Johari l'area pubblica riguarda: a. la sfera sociale della persona b. la sfera emotiva a cui tutti hanno accesso c. la sfera comportamentale soggettiva d. la sfera dell'inconscio alla quale tutti hanno accesso

4. Nel modello di Shannon e Weaver l'insieme degli elementi semantici e sintattici del linguaggio comunicativo è rappresentato dal: a. ambiente b. messaggio c. codice d. canale 5. I campi di ricerca identificati dal modello di Lasswell rispondono alla domanda: a. chi, dice cosa, con quale canale, a chi, in quali circostanze? b. chi, dice cosa, a chi, con quali effetti, in quali circostanze? c. chi, dice cosa, con quale canale, a chi, con quali effetti? d. chi, dice cosa, con quale canale, a chi, a quale scopo?

6. La scuola di Palo Alto distingue i contenuti teorici della comunicazione umana nelle seguenti categorie: a. sintassi e semantica b. sintassi, semantica e pragmatica c. sintassi, semantica, cinestesica e pragmatica d. semantica e pragmatica

7. Il modello comunicativo elaborato dalla Scuola di Palo Alto si fonda su: a. 4 assiomi fondamentali b. 3 assiomi fondamentali c. 5 assiomi fondamentali d. 6 assiomi fondamentali

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8. Il secondo assioma della Scuola di Palo Alto riguarda: a. la comunicazione digitale e analogica b. il contenuto e la relazione c. la punteggiatura della sequenza di eventi d. l'interazione simmetrica e complementare

9. In base al quarto assioma della Scuola di Palo Alto la comunicazione è: a. simmetrica e complementare b. simmetrica e digitale c. positiva e negativa d. digitale e analogica

10. Nella comunicazione interpersonale si stima che la componente verbale costituisca: a. il 60% del messaggio b. il 33% del messaggio c. il 70% del messaggio d. il 7% del messaggio

11. La comunicazione non verbale si distingue nelle seguenti componenti: a. prossemica, aptica, cinesica b. prossemica, aptica, cinesica, paralinguistica c. prossemica e aptica d. aptica, cinesica, paralinguistica

12. Nella prossemica si distinguono: a. 4 zone di distanza interpersonale b. 6 zone di distanza interpersonale c. 5 zone di distanza interpersonale d. 3 zone di distanza interpersonale

13. L'aptica è la disciplina che studia i messaggi comunicati mediante: a. il contatto fisico b. lo sguardo c. la postura d. la distanza interpersonale

14. La cinesica è l'ambito che studia la comunicazione espressa da: a. distanza interpersonale b. mimica facciale, sguardo e movimenti del corpo c. intercalari paraverbali d. contatto fisico

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15. Nella programmazione neurolinguistica i movimenti degli occhi sono esemplificati nel: a. modello di Lasswell e Braddock b. Modello di Grinder e Bandler c. Modello di Shannon e Weaver d. modello di Dilts

16. Secondo la programmazione neurolinguistica i profili dei pazienti rientrano in: a. quattro categorie principali b. tre categorie principali c. cinque categorie principali d. due categorie principali

17. Secondo la programmazione neurolinguistica il paziente visivo: a. parla e pensa lentamente, ha molta pazienza, elabora velocemente le informazioni b. È aperto alle relazioni umane, conversa mediante un dialogo interno, elabora velocemente le informazioni c. parla e pensa velocemente, ha poca pazienza, elabora velocemente le informazioni d. parla e pensa velocemente, predilige un ambiente confortevole, elabora velocemente le informazioni

18. Una delle principali tecniche relazionali utilizzate nella programmazione neurolinguistica è: a. la comunicazione empatica b. il dialogo esterno c. il ricalco d. il dialogo interiore

19. La sintonizzazione dell'emittente sulla stessa tonalità e velocità di eloquio dell'interlocutore rappresenta: a. una tecnica della doppia diagnosi b. un esempio di ricalco nell'analisi transazionale c. un esempio di ricalco nella programmazione neurolinguistica d. un atteggiamento di tipo uditivo nella programmazione neurolinguistica

20. Nella programmazione neurolinguistica perché una comunicazione sia efficace è fondamentale che: a. il linguaggio verbale e quello non verbale siano coerenti b. gli interlocutori utilizzino lo stesso codice c. lo stato emotivo e quello logico‐razionale siano coerenti d. il linguaggio paraverbale e quello non verbale siano coerenti

21. La teoria della diagnosi duale distingue: a. due aree di esplorazione diagnostica b. tre aree di esplorazione diagnostica c. due aree di esplorazione diagnostica e due aree neutrali d. tre aree di esplorazione diagnostica e un'area neutrale

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22. Secondo l'analisi transazionale possono essere attribuiti alla persona: a. due stati dell'Io b. quattro stati dell'Io c. molteplici stati dell'Io d. tre stati dell'Io

23. Nell'analisi transazionale le transazioni sono dette semplici quando: a. avvengono tra due stati dell'Io genitore b. avvengono tra gli stessi stati dell'Io c. avvengono tra due stati dell'Io bambino d. avvengono tra due stati dell'Io adulto

24. Nel modello biopsicosociale di medicina il professionista sanitario: a. è l'esperto che interpreta i sintomi, valuta le indagini diagnostiche e stabilisce le procedure terapeutiche b. presta attenzione non solo ai sintomi ma anche alle opinioni e alle aspettative del paziente c. partecipa alla relazione con il paziente su un piano di autorevolezza d. è l'unico esperto in grado di stabilire la differenza tra illness e disease

25. Il modello biomedico della medicina è: a. centrato sia sul medico sia sul paziente b. centrato sul paziente c. centrato sulle componenti psicosociali del paziente d. centrato sulla malattia

26. Qual è il significato del termine illness nel modello biopsicosociale di medicina? a. Patologia organica associata a uno stato soggettivo di malessere b. Stato soggettivo di malessere che corrisponde alla malattia organica c. Stato soggettivo di malessere che ha alla base componenti psicosociali complesse d. Patologia, intesa come deviazione dalla normalità delle variabili biologiche e somatiche misurabili

27. Secondo una prospettiva centrata sugli aspetti affettivi della relazione, la soddisfazione del paziente nella relazione dipende dai seguenti comportamenti dell'operatore sanitario: a. essere empatico ed emotivamente vicino, comprendere i timori del paziente, essere dotato di buone competenze comunicative b. essere dotato di buone competenze comunicative e dimostrare di comprendere i sintomi del paziente c. essere empatico ed emotivamente vicino pur utilizzando un linguaggio tecnico d. comprendere i timori del paziente pur non essendo chiaro nell'esposizione

28. Gli studi dimostrano che durante la visita medica i pazienti che ricevono un maggior numero di informazioni: a. sono più soddisfatti e aderiscono maggiormente al programma terapeutico b. sono meno soddisfatti e aderiscono meno al programma terapeutico c. sono maggiormente soddisfatti della relazione ma aderiscono meno al programma terapeutico d. aderiscono maggiormente al programma terapeutico pur essendo meno soddisfatti della relazione

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29. In quali categorie possono essere suddivisi i bisogni del paziente all'interno della sua agenda personale? a. sentimenti ed emozioni; aspettative e desideri; idee e convinzioni dell'operatore sanitario; contesto familiare, sociale e lavorativo b. sentimenti ed emozioni; idee e convinzioni; aspettative, richieste d'aiuto e desideri; contesto familiare, sociale e lavorativo c. sentimenti ed emozioni del'operatore sanitario; sue idee e convinzioni; aspettative e contesto medico‐sanitario d. sentimenti ed emozioni; idee e convinzioni; aspettative, richieste d'aiuto e desideri; contesto medico‐sanitario

30. Quali tra le seguenti strategie di comunicazione NON rientra tra quelle suggerite nel modello di medicina centrata sul paziente? a. Tecnica delle domande b. Tecnica di ascolto passivo c. Tecnica di verifica e controllo d. Tecnica di riflessione

31. Nell'ambito delle strategie comunicative utilizzate nel modello centrato sul paziente la tecnica delle domande: a. riguarda il rapporto di attenzione empatica che l'operatore mantiene costantemente con il paziente durante l'interlocuzione b. consente di sollecitare il racconto del paziente, verificare il suo punto di vista, raccogliere informazioni e descrivere il problema nel dettaglio c. riguarda la dimensione dei sentimenti espressi dal paziente e comunica quanto l'interlocutore li abbia compresi d. riguarda il flusso della comunicazione e consente di valutare se il paziente ha compreso i contenuti espressi dall'interlocutore

32. Nell'ambito delle strategie comunicative utilizzate nel modello centrato sul paziente le tecniche di ascolto attivo: a. riguardano il rapporto di attenzione empatica che l'operatore mantiene costantemente con il paziente durante l'interlocuzione b. riguardano la dimensione dei sentimenti espressi dal paziente e comunicano quanto l'interlocutore li abbia compresi c. consentono di sollecitare il racconto del paziente, verificare il suo punto di vista, raccogliere informazioni e descrivere il problema nel dettaglio d. riguardano il flusso della comunicazione e consentono di valutare se il paziente ha compreso i contenuti espressi dall'interlocutore

33. Quali tipologie di domande sono suggerite nella comunicazione efficace con il paziente? a. Aperte (evocative o narrative), chiuse (concatenate), di chiarimento e di verifica b. Aperte (di stimolo, evocative o narrative) e chiuse (multiple e concatenate) c. Aperte (di stimolo, evocative o narrative), chiuse (semplici), di chiarimento e di verifica d. Aperte (di stimolo, evocative o narrative), di chiarimento e di verifica

34. A quale tipologia appartiene il seguente commento: "Sembra che il pensiero di continuare la terapia la metta in difficoltà" a. Commento di facilitazione b. Commento empatico c. Commento di rispetto d. Commento di legittimazione

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35. A quale tipologia appartiene il seguente commento: "Interessante, continui la prego" a. Commento riflessivo b. Commento di sintesi c. Commento di facilitazione d. Commento di transizione

36. Nella medicina centrata sul paziente l'interlocuzione con l'operatore sanitario si basa su un modello: a. a due funzioni b. a quattro funzioni c. a cinque funzioni d. a tre funzioni

37. La reazione di adattamento individuale alla malattia dipende dall'health locus of control, che può essere: a. affettivo o cognitivo b. sensoriale o inconscio c. estroverso o introverso d. interno o esterno

38. Nel processo di adattamento secondo il Process model of stress and coping corrispondono ai fattori di rischio: a. i significati personali di malattia, il tipo di emozioni associate e le risorse sanitarie e sociali b. la malattia e le variabili psicosociali correlate c. i significati personali di malattia e le variabili psicosociali correlate d. la malattia e il tipo di emozioni associate

39. Nella relazione con il paziente ostile quali tra le seguenti categorie di comportamento favoriscono una comunicazione distensiva? a. Valutazione, controllo, strategia, neutralità, superiorità e certezza b. Descrizione, controllo, spontaneità, neutralità, uguaglianza e certezza c. Descrizione, orientamento al problema, spontaneità, empatia, uguaglianza, fatalità d. Valutazione, orientamento al problema, strategia, empatia superiorità e fatalità

40. Quale strumento può essere utilizzato per migliorare la comunicazione con il paziente oncologico? a. Il protocollo a 6 passaggi SPIKES b. Il modello di colloquio integrato a 6 passaggi c. Il protocollo a 11 passaggi SPIKES d. Il modello di colloquio integrato a 11 passaggi

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