SegnoPer 01/2011

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Supplemento a Segno nel mondo n.02/2011. Poste Italiane S.p.A - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, CNS/AC Roma

Numero 1/2011

DOSSIER

Chi ama educa

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Una nuova rubrica per SegnoPer: Ac e mondo Non giochiamo troppo con i Social network



visto dall’Ac

Giovani, dono, territorio e gioia: quattro parole che l’Azione cattolica coniuga nell’ordinarietà, per celebrare l’unità d’Italia al di là di ogni retorica

di Marco Iasevoli

ttingendo a piene mani dal denso discorso di fine anno del presidente Giorgio Napolitano, dai tanti eventi che uniscono memoria e attualità, e, infine, da quel senso di profonda unione che l’esperienza associativa suggerisce e favorisce, possiamo provare a trovare – tra tante possibili – quattro parole attraverso le quali l’Ac può celebrare nei fatti, e non

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Fratellid’Italia retoricamente, l’unità d’Italia. La prima, neanche a dirlo, è giovani. Un’Ac che aiuta i giovani nella ricerca di un progetto di vita, nel sostenere un orizzonte di senso, che li radica in una comunità e allo stesso tempo li aiuta a divenire cittadini del mondo, ecco, un’Ac così rende un grande servizio al paese e alla sua unità oggi. Combatte la solitudine, che è la premessa esistenziale della fuga o del chiudersi in sé. Combatte il disorientamento, non fornendo “ricette del successo”, ma ancorando le scelte ordinarie ai valori fondamentali, educando alla coerenza, alla costanza, al merito, all’onestà, alla solidarietà, alla giustizia, insomma all’idea che si possano “bonificare” i contesti sfavorevoli a partire dalla testimonianza personale e comunitaria. Va da sé che in Ac la parola giovani non si coniuga al singolare, ma diventa il pretesto per esercitarci con sempre maggiore credibilità in quel dialogo tra le generazioni che pure riteniamo di poter offrire a tutti. Non solo: contro la retorica per cui ogni volta che si parla di giovani si chiamano in causa gli adulti “colpevoli”, l’Ac può essere


visto dall’Ac

esemplare anche nel riconoscere che gli adulti, prima ancora che essere destinatari di pressanti richieste, sono bisognosi e desiderosi – oggi più che mai – di sostegno e strumenti. Ed è attraverso questa strada di mutuo sostegno e corresponsabilità che diventa concreta l’attenzione comune, comunitaria e doverosa ai piccoli. La seconda parola è dono. Anche recentemente, durante la V Giornata della progettazione sociale, si è argomentata la necessità che nella “società dello scambio” ci siano baluardi di gratuità, servizio, generosità. Un’Ac totalmente gratuita e sgombra di interessi di ogni tipo – nell’educazione, nella cultura, nel servizio agli ultimi, nell’attenzione alla politica – rappresenta, insieme a tante altre realtà dell’associazionismo, uno scandalo, una provocazione, un invito audace a recuperare l’essenziale della vita sociale: la solidarietà e l’amicizia tra individui, territori e gruppi sociali. La terza parola è territorio. Lungi da interpretazioni campanilistiche e localistiche, l’Ac, se radicata davvero nelle città e nelle parrocchie, può rappresentare l’ancoraggio concreto ai luoghi

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visto dall’Ac

dove le persone veramente vivono, parlano, pensano, soffrono e gioiscono. La territorialità dell’esperienza associativa può aiutare tutto il paese a ricordare chi sono le persone reali, cosa c’è oltre le rappresentazioni mediatiche ed ideologiche. Rappresenta, insomma, quel richiamo all’ordinarietà che sembra sfuggire a tanti. La presenza nel territorio, in Ac, piuttosto che essere un elemento di separazione e chiusura, può diventare l’infrastruttura su cui individuare di nuovi comuni valori e comune sentire di tutti i cittadini. La quarta parola è gioia. È facile ritenere – di questi tempi – la gioia come un derivato sciocco dell’indifferenza ai gravi problemi del Paese e delle diverse generazioni. In realtà, la gioia dell’Ac nasce dalla consapevolezza delle cose ultime, del tenero abbraccio del Padre verso i suoi figli, abbraccio che si stringe più forte quando si vivono maggiori difficoltà. È la gioia della “presenza sempre” del Signore in mezzo a noi, che laicamente si traduce in una fiducia responsabile, nella capacità di vedere sempre una luce oltre il buio. Anche questo unisce. SegnoPer n.1/2011


Visto dall’Ac

1 Fratelli d’Italia

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di Marco Iasevoli

Sei connesso? di Fabiana Martini

Dossier Orientamenti Pastorali

Ac e mondo

22 Allargare gli orizzonti di Stefania Sbriscia

In dialogo

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Vita di Ac

Una speranza affidabile

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di Paolo Trionfini

Caro SegnoPer...

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Filodiretto con l’assistente

Chiamati sui sentieri della vita

Il meglio deve ancora venire

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di Maria Graziano

Educare è bello

di Salvatore Varraso

di Domenico Sigalini SegnoPer n. 1 - 2011 1° supplemento a Segno nel Mondo n.02/2011

Pubblicazione dell’Azione Cattolica Italiana Reg. al Trib. di Roma n. 46/ 970 del 0 /0 / 970 Direttore: Franco Miano Direttore Responsabile: Giovanni Borsa g.borsa@azionecattolica.it Coordinatore: Fabiana Martini f.martini@azionecattolica.it In redazione: Gianni Di Santo g.disanto@azionecattolica.it

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Progetto grafico e impaginazione: Giuliano D’Orsi

Per versamenti: ccp n.78 6 6 Per l e foto: Archivio foto AC, Agenzia Olycom, intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Riviste - Via Aurelia, 48 – 00 65 Roma SIR, Romano Siciliani Fax 06.66 0 07 Chi uso in redazione: 5 gennaio 0 (causale “Abbonamento a SegnoPer”) Editore: Fondazione Apostolicam Actuositatem Banca: Credito Artigiano - sede di Roma IBAN: IT88R0 5 0 000000000 967 Direzione e ammi nistrazi one: cod. Bic Swift Art I I TM intestato a: Via Aurelia, 48 – 00 65 Roma Fondazione Apostolicam Actuositatem SegnoPer è una pubbli cazione on line Via Aurelia, 48 - 00 65 Roma www.azionecattolica.it E.mail: abbonamenti.riviste@azionecattolica.it E.mail redazione: segnoper@azionecattolica.it Numero verde: 800.869 6 Tel. 06.66 (centr.) – Fax 06.66 60 Abbonamento a Segno nel Mondo: € 0

Pubblicazione associata all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)

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sommario

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Il mondo insieme a te

Con le mani in pasta

di Daniela e Maurizio Bellomaria

di Elena Poser

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Fede in cammino

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di Ugo Ughi

Con lo sguardo al futuro

Assistenti in Ac

Patto di solidarietà tra le generazioni

di Giuseppe Patta

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di Nino Chirico

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L’arte educativa un dono per gli altri

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Seminare ragioni di vita e di speranza

di Nicolò Tempesta

Dal contatto alla relazione

di Vincenzo Lumia

Agenda

Strumenti

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Progettiamo insieme il “bene comune”

I bambini e il dolore

Sotto la lente la vita pubblica del nostro paese

di Federica Cifelli

di Fabio Mazzocchio

Segnalazioni

di Nicola De Santis

di Carlotta Benedetti

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52

Sempre accanto

La valigia dei diritti

di Martino Nardelli

di Matteo Scirè

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dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

Sono ben 32 i punti di Educare alla vita buona del Vangelo in cui ricorre la parola speranza. Ciò apre orizzonti impensati e strumenti nuovi per rilanciare con coraggio il servizio educativo

di Paolo Trionfini

l magistero di Benedetto XVI ha particolarmente insistito sulla speranza, dedicandovi anche l’enciclica Spe salvi. L’affinamento progressivo di questa virtù teologale è proceduto di pari passo, quasi a voler stabilire un nesso, con la riflessione sull’“emergenza educativa”, che ha punteggiato gli interventi del Papa, a partire dalla Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione (21 gennaio 2008). In questo senso, gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il prossimo decennio hanno come fondamento il magistero di papa Benedetto, che – come è sottolineato in sede di presentazione – «costituisce il riferimento sicuro per il nostro cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostra proposta pastorale». L’ancoraggio permette così di collegare più solidamente la prospettiva educativa messa a fuoco alla speranza, che, nell’economia del documento, ha ben trentadue occorrenze. L’accostamento evoca le penetranti suggestioni di Charles Peguy, sviluppate ne Il portico del mistero della seconda virtù,

Una speranza affidabile

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Educare “tra” e “con” generazioni diverse: una sfida possibile

secondo il quale la “Speranza”, paragonata a una “sorella piccola”, precede le altre due virtù teologali: «È lei, questa piccola, che spinge avanti ogni cosa. Perché la Fede non vede se non ciò che è. E lei, lei vede ciò che sarà. La Carità non ama se non ciò che è. E lei, lei ama ciò che sarà». La declinazione nella forma futura, infatti, indica l’orizzonte dell’educazione, che è una scommessa aperta non su futuribili di comodo, ma sull’”oltre”. Come è specificato in termini pregnanti al n. 5 di Educare alla vita buona del Vangelo, l’«anima dell’educazione» si radica in una «speranza affidabile». Attraverso questo richiamo si sgombra il campo dalla logica “funzionalista” che è sottesa a una moltepliSegnoPer n.1/2011


dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

cità di progetti educativi di segno diverso, per concentrarsi sul genere specifico degli orientamenti pastorali, che si inscrivono nella scelta dell’evangelizzazione compiuta dalla Chiesa italiana dopo il Concilio Vaticano II, progressivamente dilatata nei documenti dei singoli decenni. Non a caso, in apertura di Educare alla vita buona del Vangelo, è ripreso un passaggio della Nota pastorale seguita al IV Convegno della Chiesa italiana, celebrato a Verona nel 2006, nel quale incisivamente si raffigura l’immagine di «un popolo in cammino nella storia, posto a servizio della speranza dell’umanità intera, con la multiforme vivacità di una comunità ecclesiale animata da una semSegnoPer n.1/2011

pre più robusta coscienza missionaria». Alla luce di questa centratura, che assurge a chiave di volta dell’articolazione degli orientamenti pastorali per il decennio, mi sembra che si possano individuare alcuni atteggiamenti fondativi, attraverso i quali il mondo adulto si può far carico della trasmissione di senso e valori alle giovani generazioni, nell’ottica di un’«autentica educazione». Non si tratta, dunque, di stilare un prontuario a uso del buon educatore, quanto piuttosto di cogliere le premesse irrinunciabili su cui si fonda la “vita buona”. Nel tratteggiare questa tensione, può essere, allora, utile una lettura trasversale del documento, facendo emergere le parole chiave che più frequentemente ritorna

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dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

no, prima ancora che soffermarsi sulle figure e sui luoghi educativi. Innanzitutto, come, del resto è messo in luce nel capitolo 3, l’educazione presuppone un «cammino di relazione», in un coinvolgimento profondo, che non può che sostenersi sulla fiducia. Solamente nell’amore, che in una logica di gratuità si fa dono, la relazione diventa eccentrica, permettendo alla persona di uscire da se stessa, in quanto pro-vocata. In secondo luogo, la dinamica educativa si sviluppa a partire da uno spazio di libertà, che – come viene fatto notare acutamente in un passaggio intenso, sviluppato, comunque, in altre ventotto sequenze – non «è un semplice punto di partenza, ma un processo continuo verso il fine ultimo dell’uomo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore». Il desiderio di libertà rappresenta, del resto, uno dei segni dei tempi più densi per l’incontro non sul senso comune, ma sull’”oltre” dei limiti e delle fragilità che attraversano l’umano. Conseguentemente il processo educativo, per contrastare la «paura del futuro» che blocca la relazione, deve tendere a non sfuggire la «sete di significato, di

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L’educatore, quindi, è chiamato a dare ragione della speranza che lo anima, attraverso una testimonianza che non è sospinta da un impulso volitivo, ma è incarnata nel vissuto quotidiano

verità e di amore», che abita l’universo delle generazioni più giovani. L’educatore, quindi, è chiamato a dare ragione della speranza che lo anima, attraverso una testimonianza che non è sospinta da un impulso volitivo, ma è incarnata nel vissuto quotidiano. L’educatore, per restare dentro alla metafora, non è chiamato, dunque, a vestire i panni posticci del maestro, ma a vivere gli abiti virtuosi del testimone. Su questo piano, la trasmissione del senso della vita non avviene per via autoritativa, ma si coniuga all’autorevolezza. Sotto questo cono di luce, la capacità educativa non può che crescere in una logica comunionale. Al di là delle accentuazioni che negli Orientamenti pastorali di volta in volta sono riferite all’esigenza di creare reti, di suscitare sinergie, di attivare collaborazioni tra le diverse agenzie chiamate in causa, il profilo dell’educatore è restituito in pienezza solamente al di fuori della tentazione individualistica, che corrode le basi sulle quali si dispiega ogni relazione. Infine, nel processo educativo, è coinSegnoPer n.1/2011


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volto profondamente il senso di responsabilità, richiamato nel testo indirettamente o esplicitamente ventisei volte, che procede, per così dire, sia come assunzione, sia come richiesta: l’educazione, cioè, presuppone la cura dell’altro, per farlo maturare. Nel suo signifi-

cato etimologico, il termine rimanda a una risposta, che è il senso ultimo della vocazione: a questo livello, si gioca, in definitiva, la passione educativa, che, proprio perché si apre sull’«altro», parte da una «speranza affidabile» e al contempo genera speranza.

Il compito educativo dell’Azione cattolica Ragazzi La persona di Gesù, con la sua parola e i suoi gesti di salvezza, è la speranza del mondo. Lo è per ogni uomo e ogni donna e lo è per ogni bambino e ragazzo che si affaccia alla vita. Per questo l’Azione Cattolica assume la sfida di annunciare e testimoniare anche ai più piccoli la speranza salvifica che viene dalla Pasqua di Gesù Cristo, condividendo l’impegno di tutta la comunità cristiana. Giovani L’incontro con Gesù è l’esperienza fondamentale di ogni credente, da cui ha inizio una vita cristiana autentica. Questa proposta formativa ha per fine ultimo che ciascuno, e quindi anche ogni giovane e giovanissimo, possa incontrare Gesù o, meglio, si lasci incontrare dal Risorto. Adulti L’Azione Cattolica che abbiamo a cuore e in cui crediamo è un’esperienza associativa immersa nella storia quotidiana delle donne e degli uomini, partecipe, con la Chiesa, delle “gioie, speranze, tristezze e angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (cf Gaudium et Spes, ) e impegnata nell’annuncio e nella testimonianza di Gesù Cristo Risorto, Speranza del mondo. (da Sentieri di speranza. Linee guida per gli itinerari formativi)

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dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

Chi ama si pone con serietà di fronte alle trasformazioni in atto, affrontando i nodi della cultura contemporanea e cercando di trasformarli in opportunità educative

di Maria Graziano

onsiderando le trasformazioni avvenute nella società, alcuni aspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono in modo particolare sul processo educativo: l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsi della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza e affettività...» (n.9 Op. Educare alla vita buona del Vangelo ). Negli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 20102020 siamo invitati a comprendere e ad affrontare questi nodi, trasformandoli in opportunità educative. Parola d’ordine: “Non spegnere la speranza!”, che per noi adulti non significa essere ingenui o ciechi di fronte alla durezza della vita, ma è avere la certezza che la sua Parola s’incarna qui ed ora, che “siamo nel mondo ma non del mondo” e, dunque, il meglio deve ancora venire... ma lo costruiamo sull’oggi. La sfida che si presenta all’educatore di oggi, dunque, consiste nell’accogliere e

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Il meglio deve ancora venire riconoscere i modelli ricevuti e contemporaneamente affrontare la sfida di delineare nuove forme. Come può fare? Proviamo a elencare in maniera asistematica alcune acquisizioni del nostro vivere associativo di sempre, aggiornate alla luce delle nostre recenti iniziative e pubblicazioni sul tema. In che modo un educatore è interpellato dalle trasformazioni concernenti i nuclei familiari, come, ad esempio, la variazione dei ritmi di vita dei genitori, spesso occupati entrambi nel lavoro? Come accoglie la trasformazione delle funzioni e dei ruoli maschili e femminili, che sta modificando le forme di comunicazione e di cura all’interno delle famiglie? Come valorizza il positivo estendersi di una concezione democratica delle relazioni, che chiede di trovare un nuovo equilibrio tra la trasmissione dei significati e delle regole e il rispetto della soggettività delle nuove generazioni? Come si confronta con il crescente pluralismo culturale, che pone costantemente a confronto concezioni diverse della vita? Come affronta la frammentazione sociale e la diminuSegnoPer n.1/2011


dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

zione del senso di coesione, che sembrano portare con sé un indebolimento della condivisione sui valori comuni, che dovrebbero sostenere ogni azione educativa? «Chi ama educa, perché è l’amore di Dio che non smette mai di sostenere la vita e di alimentare e plasmare il cuore di ogni uomo» (F. Miano, Chi ama SegnoPer n.1/2011

educa, Ave 2010). Un educatore “che ama” si pone con serietà di fronte alla comprensione delle trasformazioni in atto e contemporaneamente esercita con passione e autenticità il proprio compito educativo, congiungendo l’intelligenza dei cambiamenti con l’esercizio attivo dell’attenzione, della cura, della promozione.


dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

Con le tre ultime pubblicazioni edite dall’Ave dedicate al tema dell’educazione, l’Ac è in prima fila nel rispondere all’impegno richiesto da tutta la Chiesa italiana

Egli affina le proprie capacità, evitando non solo le strade della fuga e della rinuncia, ma anche quella della semplice replica di ciò che si è vissuto; trova un rinnovato equilibrio fra aspetti decisivi, come la trasmissione dei significati del vivere e la promozione della loro appropriazione da parte delle persone; attua una relazione autorevole, aperta, dialogante; rispetta le attitudini e le aspirazioni delle nuove generazioni. È consapevole che l’esercizio concreto della responsabilità educativa da parte della famiglia e degli altri soggetti educanti (scuola, comunità

ecclesiale, realtà del territorio, massmedia...) non è soltanto questione di buona volontà e buone intenzioni; non è un fatto singolo che riguarda i singoli, ma è un’azione che chiede il concorso coordinato di molti, che concorre al bene di ogni persona ed insieme al bene di tutti... della serie «come non si cresce da soli, difficilmente si può educare da soli» (in Educare, impegno di tutti a cura di Pierpaolo Triani, Ave 2010). Combatte l’indebolimento della fiducia SegnoPer n.1/2011


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tempi elettivi, percorsi formativi, che permettano agli adulti di continuare a coltivare la propria vita (in Educare, impegno di tutti a cura di Pierpaolo Triani, Ave 2010). Un educatore attento riconosce il vuoto interiore che produce frustrazione e attivismo invece che azione educativa; dice i “sì”, ma sa dire anche i “no”. È consapevole che ogni “sì” comporta tanti “no”e che l’incapacità di dire dei “no” rende fragile il “sì”... Se ha trovato la “perla preziosa” della sua esistenza, sperimenta che può rinunciare a tutto il resto e che l’energia nel compiere tali scelte dipende da quanto egli investe, dunque, su un’intensa vita di fede; solo così può declinare l’impegno educativo, permettendo ai figli di sperimentare nella quotidianità – fatta di riti, gesti, parole, segni, scoperte, giudizi, regole, scelte, eventi... – la forza e la bellezza del Vangelo, mostrando, concretamente, come la sequela di Gesù permetta di vivere la propria umanità senza sterili mortificazioni, ma con libertà e profondità, scoprendosi figli e fratelli, salvati, amati, perdonati. Così il desiderio di aiutare le persone a vivere con profondità, nell’apertura al bene, al vero, al bello si coniuga nell’educatore con il desiderio che ogni uomo possa incontrare l’annuncio del Vangelo nella propria vita e possa coscientemente scegliere di vivere alla presenza del Signore e nella logica del dono di sé.

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reciproca nel lavoro educativo, a volte evidente nel rapporto scuola-famiglia, e opera per accrescere forme di collaborazione, per ricostruire nuove “alleanze educative” (dal Discorso del Sommo Pontefice Benedetto XVI alla 59° Assemblea Generale della Cei, 28 maggio 2009, in Educare alla vita buona del Vangelo, Op cap. quarto), per sostenere il tessuto relazionale delle famiglie, la propria e l’altrui. L’azione educativa gli richiede scelte valoriali vissute in prima persona, della serie “nulla passa se non ti trapassa...”, altrimenti i ragazzi la percepiscono come “subita” e ridotta a una regolamentazione. L’educatore appassionato chiede sostegno, perché sa che la routine dei giorni, i problemi, le fatiche, le ferite, i conflitti... lo sottopongono alla possibilità concreta della demotivazione e dell’esaurimento delle energie: spazi e tempi di vita diversi rispetto alle generazioni precedenti non possono non incidere sulla gestione dei processi educativi. Gli educatori seri chiedono luoghi in cui condividere le proprie domande e le preoccupazioni, in cui ricaricare le proprie energie, in cui acquisire sia categorie che aiutino a leggere più analiticamente la propria esistenza ed esperienza, sia indicazioni che permettano modificare in meglio la propria azione. Il sostegno all’impegno educativo sembra inseparabile da un sostegno più diffuso, fatto di relazioni, amicizie, spazi e


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La tecnologia digitale ha cambiato la nostra vita: come sopravvivere senza abdicare al ruolo educativo? Questa è la sfida forse più grossa che il nostro tempo ci pone

di Fabiana Martini

witter e Facebook al posto di caffelatte e biscotti durante la colazione del mattino: se quest’immagine, usata da un’agenzia di sondaggi statunitense per descrivere le abitudini degli americani nel 2008, vi sembra eccessiva, probabilmente avete da un pezzo superato la mezza età. Perché in realtà, se provassimo a fare un’analisi dei suoni che si registrano nelle nostre case subito dopo il risveglio, ma anche un attimo prima di chiudere gli occhi per il riposo notturno, ci accorgeremmo di come le nuove tecnologie hanno cambiato, per certi versi stravolto, la nostra vita, e in che modo hanno impostato quella dei nostri figli, i così detti nativi digitali. Quelli che vivono perennemente connessi e la cui principale preoccupazione, quando devono cambiare luogo, è sapere se ci sarà campo. Quelli che manovrano i dispositivi tecnici con mirabile abilità e opportunismo (nel senso che non vogliono sapere come funzionano i vari mezzi, ma basta che funzionino), hanno percorsi mentali nuovi, esigono risposte immediate, svolgono molte attività

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Sei connesso? simultaneamente, a scuola si annoiano, rischiano la crisi di astinenza e a volte dalla rete non riescono proprio a staccarsi. A questi giovani, che frequentano le nostre case, le nostre parrocchie e i nostri gruppi, la comunità cristiana guarda con particolare interesse e un pizzico di preoccupazione. Nel 2009 Benedetto XVI ha dedicato il Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali proprio alle nuove tecnologie digitali, a cui riconosce una straordinaria potenzialità, quando vengono usate per favorire la comprensione e la solidarietà umane. Anche i nostri vescovi negli Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo rilevano il ruolo sempre più considerevole nei processi educativi e non esitano ad affermare che «le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico». Il Papa torna nuovamente sull’argomento pure quest’anno, sempre nel Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, intitolato Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale, dove afferma che «le nuove SegnoPer n.1/2011


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tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte a una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione». Da sistematica e organica – sostiene il professore emerito SegnoPer n.1/2011

di Teoria dell’Informazione Giuseppe O. Longo – la cultura diviene pletorica e parcellizzata, si alimenta dell’enorme capacità delle banche di dati e dell’illimitata velocità degli elaboratori: non più apprendere, ma documentarsi, non più studiare ma consultare, non più organizzare il sapere intorno a concetti e idee di fondo, ma accumulare dati relativi a parole chiave, passando con disinvoltura da una tessera all’altra dello ster

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dossier ORIENTAMENTI PASTORALI

minato mosaico del web. Quanto all’inedita opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione, già due anni fa papa Benedetto aveva sottolineato l’enorme potenziale rappresentato da questi mezzi nel favorire la connessione, la comunicazione e la comprensione tra individui e comunità, mentre la Conferenza episcopale italiana ribadisce che «la tecnologia digitale, superando la distanza spaziale, moltiplica a dismisura la rete dei contatti e la possibilità di informarsi, di partecipare e di condividere, anche se – aggiungono – rischia di far perdere il senso di prossimità e di rendere più superficiali i rapporti». Insomma, i rischi indubbiamente ci sono, ed il principale è costituito dal fatto che la connessione in rete ci sradica dalla realtà circostante e ci porta a vivere una vita virtuale. Il problema, però, sostiene il gesuita padre Antonio Spadaro, redattore de La Civiltà Cattolica, non è negli strumenti in quanto tali, che non vanno demonizzati, né nell’ambiente virtuale in quanto tale, ma piuttosto nel modo errato di viverlo, di “abitarlo”, perché s’intende il virtuale come

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se fosse qualcosa di separato, di staccato dal reale. In realtà il termine virtuale, anche nel significato proprio della parola, significa potenziale: la rete potenzia il reale. Per fare un esempio: se ho degli amici, che ho conosciuto nella vita reale e che vivono altrove, posso mantenere con loro contatti vitali grazie alla rete, la quale dunque permette di potenziare la capacità di relazione delle persone. Bisogna giocare molto sull’educazione a vivere il virtuale non come un’evasione dal reale, ma come un potenziamento positivo della realtà. Senza dimenticare che la Rete, prima di essere qualcosa da giudicare, è un fatto, una realtà, che risponde a bisogni, come quello di relazione e comunicazione, che l’uomo vive da sempre. Pertanto, come affermano i vescovi, «l’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa», perché solo un’approfondita conoscenza di questi mezzi può favorire un loro adeguato utilizzo. Anche su queste colonne non mancherà un contributo in questa direzione. SegnoPer n.1/2011


di Fabiana Martini

iviamo in un tempo in cui comunicare è diventata la parola d’ordine, la chiave che apre ogni porta, il presupposto di ogni riconoscimento; eppure, nonostante la nostra vita sia intasata dalle mail e il bip degli sms sia diventato la colonna sonora delle nostre giornate, spesso abbiamo l’impressione che più che comunicare, condividere, mettere in circolo, ci si limiti a trasmettere informazioni, dati, mentre è quanto mai urgente ricominciare a pensare e a confrontarsi, innescare percorsi di partecipazione. Però ci mancano i luoghi e soprattutto il tempo, talvolta anche l’occasione. E così finiamo, come direbbe Edoardo Bennato, per scandire gli stessi slogan tutti insieme, slogan al posto delle idee. Poiché crediamo che sia importante, sempre parafrasando il cantautore napoletano, ritrovare il tempo per pensare e per capire, per fermarsi e interrogarsi sul senso della nostra esistenza e su come trasmetterlo ai più giovani, attraverso SegnoPer vorremmo offrire questo spazio e quest’opportunità; il tempo, invece, lo dovrete trovare voi. L’invito è a confrontarsi sugli spunti che

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Caro SegnoPer...

In dialogo

Un invito a dialogare sui temi proposti dalla rivista che interpellano il nostro servizio educativo. Per non limitarci a organizzare, ma riuscire a ritrovare il tempo per pensare

vengono offerti e che interpellano il nostro servizio di educatori: cosa mi ha colpito di più? Cosa mi ha suscitato? Cosa non mi trova d’accordo? Quale esperienza significativa potrei raccontare? Quale fallimento o dolore vorrei condividere? Tanto per fare degli esempi concreti: leggendo il numero che ho tra le mani, in particolare (ma non solo) i contributi del dossier, cos’ho da dire? La speranza è davvero ciò che alimenta e orienta il mio accompagnare le persone che mi sono state affidate? Vivo le profonde trasformazioni che hanno investito e stanno continuando ad investire la nostra società solo come un problema, un ostacolo, oppure anche e in primo luogo come domande e bisogni che mi interpellano? Il mio rapporto con la rete è di mero pregiudizio oppure cerco di trarre il meglio da questa nuova risorsa? E chi più ne ha più ne metta. Scrivete, scrivete, scrivete. Per posta (Caro SegnoPer, via Aurelia 481, 00165 Roma), per fax (06 6620207) o per e-mail (segnoper@azionecattolica.it). Non vediamo l’ora di fare quattro chiacchiere con voi. A presto!

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filodiretto con l’assistente

L’educazione è una mano vicendevole che ci diamo e che il prete assistente offre a ragazzi, giovani e adulti per comunicare la tenerezza e la potenza della mano di Gesù

di Domenico Sigalini

ducare è sempre un’avventura meravigliosa, perché è un rapporto umano in cui le persone si affidano l’una all’altra per camminare assieme nella vita, mettendo ciascuno a disposizione dell’altro le proprie ragioni di vita e i propri sogni, la propria esperienza e la propria ricerca di nuove mete, l’intuizione del nuovo e la saggezza dell’antico. Ogni dialogo educativo inizia così: tu sei importante e significativo per me e io desidero essere significativo per te. Questo mondo è tuo. È tuo il cielo, la terra, la vita, la gioia e la fatica: assieme la vogliamo vivere e donare a tutti. Inizia così quel cammino necessario di costruzione della propria vera identità. Noi non siamo definiti da noi stessi, ma da un tu e da un noi, ci suggerisce papa Benedetto

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Educare è bello quando parla dell’educazione. È bello uscire dai nostri loculi in cui siamo ingabbiati dal nostro egoismo, da tutte le nostre autocentrature che ci rendono infelici e prenderci per mano. È la mano callosa del papà che dà sicurezza alla manina del figlio; è la mano dell’amico con cui si possono costruire avventure e scoperte; è la mano dell’adulto che stringe un patto col giovane per crescere verso nuovi mondi e irradiarli di nuova luce e di nuove attese. Nel Vangelo possiamo spesso vedere Gesù che prende per mano, che accompagna, che fa rivivere, che rende luce e vista, che sana malattie, che dà coraggio. L’educazione è una mano vicendevole che ci diamo e che il prete assistente offre a ragazzi, giovani e adulti per comunicare la tenerezza e la potenza della mano di Gesù, ricevendone in cambio la dolcezza e il soffio dello Spirito che in ogni persona già abita e si irradia, illumina e apre, dà forza e consolazione. Tra queste mani che si stringono passa un’umana accoglienza, ma anche il dono determinante della fede. Il presbitero, mentre educa e viene educato, si fa SegnoPer n.1/2011


filodiretto con l’assistente Le “mani” accoglienti dei volontari durante il recente incontro dell’Ac con il Papa

responsabile della comunicazione della fede, della grazia di Dio attraverso i sacramenti, del suo perdono, della comunione intima e profonda del corpo spezzato e del sangue versato. Soprattutto tra quelle mani inscrive la mano di Gesù, la sua potente umanità che rivela e incarna la paternità di Dio. Così che Gesù apre ogni persona a un umanesimo integrale (cfr n. 5). Questa mano di Gesù, che il prete assistente intreccia con le mani di tutti, non è solo un esempio da contemplare o un amico da imiSegnoPer n.1/2011

tare, ma la consistenza stessa della vita piena dell’uomo, la sua radice, il suo fine. L’Azione cattolica non per niente offre un progetto formativo che ha come scopo di conformarci a Cristo. Gesù è l’educatore insuperabile, che si porta dentro il segreto della vita, della libertà. Lui è la pienezza dell’umanità, è l’uomo riuscito, lui ha preso sul serio tutto il nostro vario mondo delle relazioni e le sa stabilire con ciascuno di noi, le rinnova e le santifica, le purifica e le educa. «Il

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filodiretto con l’assistente

nostro guardare a Cristo e il nostro renderci disponibili e docili allo Spirito nella Chiesa sta al cuore della nostra intera esperienza umana tanto quanto dell’esercizio di ogni tipo di responsabilità educativa. Non c’è per noi un modo diverso di guardare alla persona umana fuori del modello che per noi rappresenta Cristo e della luce con cui la sua presenza permette di comprenderla; e questo perché la consistenza umana nella sua dimensione creaturale è già nella sua costituzione originaria incentrata su Cristo. Cristo non è solo o soprattutto un modello, ma la radice dell’essere umano e la sua realizzazione. Noi credenti dovremmo diventare sempre più i convinti conoscitori, sostenitori e propugnatori di questo umanesimo integrale e trascendente che trova in Cristo l’origine e il compimento (cfr intervento di mons. Crociata al consiglio nazionale dell’Azione cattolica). Questa forza è necessaria per andare controcorrente, per avere chiaro che in Ac non si può vivere di adattamenti al ribasso, di accondiscendenza a tutte le mode, di verità votate a maggioranza, di

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prudenze paurose. Occorre avere chiara identità da raggiungere e un buon cammino per perseguire gli scopi. È necessaria per ascoltare molto e per proporre ciò che è essenziale a tutte le età e in tutte le molteplici condizioni di fede. La strada ci viene indicata dalla Parola letta e meditata, proclamata e attuata. È percorsa in una semplice regola persoSegnoPer n.1/2011


nale, che l’assistente insegna a praticare, è sostenuta dall’esperienza del perdono per le tante fragilità. La confessione regolare è di grande aiuto per affrontare e non farci tarpare le ali de nessuna fragilità. La vita di associazione non ci permette di vivere di rendita, esige di continuare a camminare spiritualmente, avendo per SegnoPer n.5/2010

filodiretto con l’assistente

La vita di associazione non ci permette di vivere di rendita, esige di continuare a camminare spiritualmente, avendo per obiettivo la santità, e per questo affianca sempre all’educatore il prete assistente

obiettivo la santità, e per questo affianca sempre all’educatore il prete assistente. Ogni membro dell’Azione cattolica allora viene educato anche ad amare e vivere la Chiesa. Se la Chiesa vive in una emergenza educativa, l’Ac deve offrire educatori preparati e generosi; se la Chiesa fa la scelta della missione, l’Ac deve essere costituita da annunciatori coraggiosi; se la Chiesa è immersa in prove estreme di fedeltà, l’Ac dev’essere fatta da testimoni fino al dono della vita; se la Chiesa è tentata di adattamento, l’Ac dev’essere un nido di rivoluzionari di Dio; se la Chiesa è assediata da relativismo e messa all’angolo del pensiero e della cultura, l’Ac deve allargare alla fede tutto lo spazio dell’intelligenza e del pensiero, della cultura colta e di quella popolare; se la Chiesa chiama a vette di santità, l’Ac le deve percorrere senza paura, abbandonata alla misericordia di Dio.


Ac e mondo

L’apertura internazionale in Ac non è mai mancata: per rilanciarla è in arrivo un sussidio che presenta il nuovo progetto Da Gerusalemme... fino agli estremi confini della terra

di Stefania Sbriscia

o scorso settembre in Ancona durante i lavori del convegno nazionale dei presidenti e assistenti diocesani è stato presentato il progetto Da Gerusalemme... fino agli estremi confini della terra. Tramite la scelta progettuale l’Ac rilancia con convinzione ed entusiasmo una caratteristica, quella dell’apertura internazionale, che da sempre contraddistingue l’esperienza associativa. Il progetto nasce dunque da una storia che ci precede e ci spinge avanti, da un presente stimolante (circa una trentina di associazioni diocesane vivono esperienze di amicizia con altre Chiese sorelle) e da un sogno che ci muove in questo cammino assembleare. «Avere il respiro del mondo. A questo conduce la relazione con Gesù. Allargare gli orizzonti, lasciare che il mondo entri nella nostra vita di ogni giorno, è la costante tensione che deve attraversare la nostra vita personale, familiare, associativa. Aiutarci insieme a vincere il rischio del ripiegamento su se stessi o sul proprio piccolo mondo. Lo stile alternativo di cui i cristiani devono essere capaci è uno stile di apertura illimitata del

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Allargare gli orizzonti cuore e della mente contro le spinte insistenti a rimanere blindati nelle paure, aggrappati alla difesa dei propri interessi, appiattiti sulla superficialità di sentimenti ed emozioni a buon mercato, garantiti nel fondamentalismo delle certezze, il Signore ci chiede di far entrare il mondo, la vita del mondo, il desiderio del cuore dell’uomo e di ogni uomo nella nostra vita, per imparare ad amare come lui ci ama, senza riserve» (Franco Miano). L’Ac si lascia interpellare dalle sfide poste dal contesto internazionale ed attiva percorsi in coerenza con lo stile di prossimità e fedeltà. Sulle orme degli apostoli ogni aderente si sente invitato ad oltrepassare i “confini” del proprio ambiente geografico e culturale per assaporare l’universalità della fraternità e dell’amicizia. Sono tre sostanzialmente le sfide che l’Ac intende accogliere e altrettanti gli ambiti di impegno con cui tenterà di offrire risposte e proposte. La prima sfida è quella educativa. Aprirsi a chi è diverso da noi per cultura, lingua, nazionalità significa innanzitutto voler creare relazioni improntate al diaSegnoPer n.1/2011


logo, al rispetto e all’accoglienza, costruendo occasioni di incontro e non di “scontro di civiltà”, a cominciare dal nostro paese e dall’Europa, casa comune. Ciò presuppone innanzitutto il superamento della pigrizia e della chiusura per assumere l’atteggiamento del viandante o del pellegrino. La seconda sfida è culturale e interpella la nostra mentalità di cristiani al tempo della globalizzazione. Il contesto locale sempre più caratterizzato dalla multietnicità e il mondo “villaggio globale” interrogano il nostro modo di pensare e di agire e ci spingono a considerarne i risvolti e le conseguenze, i rischi e le potenzialità, gli interessi e le ingiustizie. E questa è la terza sfida che ci aspetta. L’attenzione alla dimensione internazionale dovrà cioè sempre di più entrare nell’ordinarietà della vita associativa, evitando il rischio di apparire un impegno per pochi coraggiosi o temerari. La SegnoPer n.1/2011

Ac e mondo

«E oltre che iscritti all’Azione Cattolica, siate esperti di Cattolicità Attiva: capaci, cioè, di accoglienze ecumeniche, provocatori di solidarietà planetarie, missionari “fino agli estremi confini”, profeti di giustizia e di pace». Don Tonino Bello

continuità dei percorsi e delle esperienze è condizione di fondo per la realizzazione del progetto: il legame che si crea con la realtà ecclesiale che andiamo ad incontrare può anche nascere da una situazione di emergenza, ma va poi coltivato e custodito secondo quello stile di ferialità e fedeltà che caratterizza l’associazione. Uno strumento utile in arrivo

Durante il cammino assembleare giungerà alle associazioni diocesane un sussidio che presenta il progetto in questione e soprattutto offre ai responsabili associativi utili contributi di idee e di esperienze per iniziare a camminare sui percorsi di un’Ac che ama il mondo. Associazioni parrocchiali e diocesane di ragazzi, giovani e adulti capaci di superare le distanze geografiche e culturali e disposti a conoscere, accogliere e condividere i doni che ciascuna persona, ciascun paese, ciascuna Chiesa sorella ha ricevuto da Dio che è Padre di tutti. Nella reciprocità delle differenze condivise il legame associativo cresce e ritrova la sua peculiarità.


vita di Ac

A Ostuni in Puglia un modulo formativo per responsabili associativi sul tema L’Ac diocesana e le sue strutture. L’identità associativa va sempre rafforzata

di Salvatore Varraso

l Laboratorio nazionale della formazione, in collaborazione con la delegazione regionale della Puglia, ha organizzato un modulo formativo per responsabili associativi su L’Ac diocesana e le sue strutture, nello splendido scenario di un week end mediterraneo di fine estate, presso il centro di spiritualità Madonna della Nova a Ostuni (Br). È provocatorio discutere su questo tema in una regione dove l’associazione è ancora fortemente radicata nel territorio, integrata a pieno titolo nel tessuto ecclesiale, meno in quello socio-politico? Certamente lo è, ma non nel senso effettivo del termine, bensì nel senso di una pro-vocazione, cioè di una “chiamata per”. Ogni socio e responsabile di Ac si deve sentire pro-vocato, chiamato al servizio a favore degli altri lungo i sentieri di questo mondo con il Vangelo nella bisaccia, le scarpe della volontà e l’intelligenza del cuore e delle mani. È bello e dà gioia ritrovarsi numerosi nei sentieri della Chiesa e delle città di Puglia. Mai però è scontato o superfluo riflettere sull’identità laicale associativa,

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Chiamati sui sentieri della vita soprattutto con coloro con cui si condivide o si inizia la fatica del cammino: chi siamo, da dove veniamo, quali sono le ragioni della nostra speranza, quale la meta finale. Una “foresta di persone” innaffiata dallo Spirito che sente il bisogno di ascoltare e ringraziare Colui che se ne prende cura, per comprendere come trovare forza e nutrimento per crescere e “diventare saldi nella fede”. In questo contesto Vittorio Rapetti (già consigliere nazionale) ha voluto condividere alcune riflessioni, frutto della sua lunga, fedele e feconda storia associativa, su Identità e competenze del responsabile di Ac. Riconosciamo che occorre vivere l’Azione cattolica come dono, fare un profondo discernimento sia dell’articolo 3 dello Statuto che del significato della responsabilità. Restano basilari la vocazione alla santità, la comprensione di sé e del proprio tempo, il nesso inscindibile tra maturità umana e ricerca spirituale, l’esercizio delle virtù e la cura di sé. Parafrasando le parole di una famosa canzone ed il comune gergo calcistico, il responsabile associativo ha una “vita da mediano”. Un ruolo negletSegnoPer n.1/2011


vita di Ac

to, perché faticoso, ma essenziale perché il mediano è colui che conosce la struttura della squadra, gli obiettivi, tesse relazioni e sceglie priorità. Non è un goleador, ma ha il senso forte della democrazia e per questo ama il suo ruolo. Titti Amore (consigliere nazionale e presidente diocesano di Napoli), con competenza e passione ci ha aiutato a riscoprire la struttura dell’Associazione, presupposto necessario per la progettazione parrocchiale e diocesana, prima che regionale e nazionale. Ognuno di noi si è rivisto nei suoi tratti di vita associativa. Lo stile laboratoriale ha favorito la SegnoPer n.1/2011

conoscenza concreta e condivisa dei nostri vissuti personali e dei progetti associativi. Infine Daniele Moretto, della Comunità di Bose, commentando i capitoli 12 e 13 della Lettera di San Paolo ai Corinzi, ha chiaramente indicato la carità cristiana come timbro ineludibile della voce del Vangelo a cui, come ogni cristiano, la nostra associazione è chiamata ad “accordarsi”. La celebrazione Eucaristica conclusiva con mons. Rocco Talucci, arcivescovo di Brindisi-Ostuni, don Nicolò Tempesta (assistente nazionale Msac) e don Nicola Laricchia (assistente regionale) è stata testimonianza del legame tra Associazione e Chiesa locale. Abbiamo vissuto un momento di discernimento e di gioia, esperienza di vita e pratica di quella fraternità che ci interroga sempre più in un mondo glocalizzato e che ci chiama a testimoniare come «alla nostra esistenza il Vangelo non offre solo il cielo, ma anche la terra... come dimora in cui vivere il mistero del Regno in modo appassionato ed entusiasmante» (D. Negro, arcivescovo di Otranto, Con Maria in ascolto della Parola).

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vita di Ac

A Terni dall’11 al 13 febbraio i fidanzati e gli animatori dei percorsi di formazione al matrimonio s’incontreranno per riflettere sul senso e il significato del loro stare insieme

di Daniela e Maurizio Bellomaria

n un quadro generale di rinnovato impegno educativo, in una società dei “contatti” e delle “relazioni liquide”, che fa fatica a costruire legami e relazioni significative e durature, crediamo che l’educazione all’affettività occupi un posto di particolare rilievo. Proprio questa convinzione ha portato l’Area Famiglia e vita dell’Azione cattolica italiana, insieme alla diocesi di Terni, Narni e Amelia, a proporre, in occasione delle festività di san Valentino, uno spazio di riflessione e di progettazione, per giovani fidanzati, indispensabile alla crescita umana e cristiana del loro amore. Il seminario di quest’anno, dal titolo Il mondo insieme a te, si prefigge di aiutare i giovani innamorati a riflettere sul senso, sul significato del loro stare insieme e sul rischio derivante da una possibile concezione privatistica e intimistica del loro rapporto. Ogni isolamento infatti, prima o poi, porta sempre all’asfissia e alla morte. Nessuna coppia può mai considerarsi “un’isola” autosufficiente in tutto e per

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Il mondo insieme a te tutto. In analogia al cuore e ai polIl matrimonio, infatti, moni, essa può oltre a essere una esprimere al risposta alla meglio la sua vitalchiamata ità solo attraverso vocazionale del un sano equilibrio Signore, è in se un tra momenti di evento sociale che calda intimità e di chiama la coppia a apertura al testimoniare la sua mondo. responsabilità e il suo Occorre dunque impegno nella aiutare le giovani comunità cristiana e generazioni, spesso nella società civile generose ma anche disorientate e deluse, a non cadere nell’apparente e seducente trappola del privatismo, ma a impegnarsi insieme nel raggiungimento del Bene comune; ricordare loro che non ci si sposa mai solo per se stessi. Il matrimonio, infatti, oltre a essere una risposta alla chiamata vocazionale del Signore, è in se un evento sociale che chiama la coppia a testimoniare la sua responsabilità e il suo impegno nella comunità cristiana e nella società civile. SegnoPer n.1/2011


di Nino Chirico

uando i giovani denunciano un vuoto e sollecitano risposte sanno bene di non poter chiedere un futuro di certezze, magari garantite dallo Stato, ma di aver piuttosto diritto a un futuro di possibilità reali, di opportunità cui accedere nell’eguaglianza dei punti di partenza». Così il nostro Presidente della Repubblica si è rivolto a tutti gli italiani durante il consueto discorso di fine anno. Un discorso dedicato in particolar modo ai giovani, «perché – dice ancora Giorgio Napolitano – i problemi che essi sentono e si pongono per il futuro sono gli stessi che si pongono per il futuro dell’Italia». Nelle parole del Presidente traspare tutta la preoccupazione per la situazione in cui versa oggi il nostro paese e nella quale è sempre più difficile resistere alle intemperie di un mondo economico andato in crisi ormai da qualche anno. La preoccupazione, di conseguenza, è per un mercato del lavoro fragile, che non consente, soprattutto ai giovani, di vivere serenamente il tempo delle scelte, quel tempo nel quale ognuno cerca di tradurre in quotidianità concreta un

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Patto di solidarietà tra le generazioni

vita di Ac

L’associazione come luogo d’incontro tra generazioni, chiamate a stringere un patto di solidarietà per tracciare le linee di uno sviluppo sostenibile

futuro a lungo desiderato e inseguito. È evidente che il nostro sistema paese non ha attuato a oggi strategie coraggiose di indirizzo, tali da proporre soluzioni efficaci, tali da dare risposte convincenti non solo a chi cerca di costruire chance nuove, ma neanche a chi, con tanta fatica, cerca almeno di mantenere l’esistente. In balìa di questa confusione noi giovani rischiamo di essere solo una terra di mezzo o, peggio, una generazione che ha ormai “perso il treno”. Ma non è – e non deve essere – così! Oggi più che mai siamo chiamati a essere testimoni di speranza, a vivere con coraggio il tempo che ci è stato donato, assumendo scelte profetiche per noi e per gli altri. L’esperienza associativa diventa allora un dono prezioso: i nostri gruppi giovani sono certamente luoghi di discernimento vocazionale, ma proprio per questo devono anche essere occasione di vicinanza, sostegno concreto alle scelte che ne derivano. Il rischio più grande che si corre è proprio quello di trovarsi soli, soli nelle situazioni difficili, soli soprattutto di fronte alle scelte. Vivere, quindi, relazio

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vita di Ac

ni autentiche di comunione è un antidoto potente contro questa solitudine. La vita ordinaria del gruppo deve certamente essere palestra di vita, deve sprigionare quel potenziale che per sua natura contiene. Spesso diamo per scontati tanti (troppi?) doni che in Ac scopriamo e che facciamo crescere; sono risorse importanti, per noi e per il territorio che abitiamo. Quanti nostri incontri sono esercizio di comprensione dei problemi e di individuazione di risposte mirate (traduzione laica del discernimento comunitario)? Saper ascoltare, dialogare, accogliere e avanzare proposte, organizzarsi per realizzarle, non sono forse un allenarsi alla progettualità, ad essere innovativi, a mettere in moto quella creatività propria dei giovani? Quanta consapevolezza c’è di questo? Certamente essere giovani di Ac consente di acquisire un metodo, anzi, con un termine contemporaneo, un know-how prezioso: “lavorare” in gruppo diventa anche esperienza che forma a un mondo del lavoro per il quale questa è spesso una esigenza imprescindibile, soprattutto quando è necessario aggregarsi intorno ad un’idea, a un progetto che diventa occasione di svi-

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luppo sociale ed economico. C’è un’altra caratteristica specifica di tutta la nostra associazione che, anche in riferimento al tema del lavoro, soprattutto ai giorni nostri, assume un valore specifico ed è l’intergenerazionalità: la sfida del futuro si può affrontare in ordine sparso – come pare stia avvenendo oggi –, SegnoPer n.1/2011


vita di Ac

ma la si vince solo se le diverse generazioni stringono un patto forte di solidarietà per tracciare percorsi di sviluppo sostenibile. In questo l’Ac tutta, dal centro nazionale fino al singolo gruppo parrocchiale, deve incentivare l’incontro tra giovani e adulti, tra lavoratori e studenti; occorre uno scambio continuo tra chi si SegnoPer n.1/2011

trova in fasi della vita differenti, tra chi ha già acquisito competenze specifiche e chi sta scegliendo quali acquisire, tra chi racconta l’esistente e chi immagina il nuovo. Infine, ovviamente, il problema non è solo quello della quantità di lavoro necessaria, ma anche e soprattutto quello della qualità del lavoro da garantire: un lavoro giusto, che rispetti la dignità di chi lo compie e che sia eticamente corretto. Anche questa è un’attenzione educativa che la nostra associazione deve mantenere costante nei percorsi formativi proposti, declinando in maniera specifica il legame tra fede e vita. L’Azione cattolica non inizia certo oggi ad affrontare le sfide che il mondo contemporaneo porta con sé: per sua natura l’Ac, con la Chiesa tutta, sta sempre accanto a ciò è “genuinamente umano”. Proprio per questo sembra opportuno anche per la nostra associazione accogliere con rinnovato impegno l’invito che il Presidente Napolitano, nella parte conclusiva del suo intervento, ha rivolto a tutto il paese: «investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità».

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vita di Ac

Chi educa i giovani oggi non può prescindere dai social network. Facendo attenzione a mettere sempre al centro il rapporto personale diretto, insostituibile per crescere nella fraternità

di Nicola De Santis

acebook ergo sum: direbbe il filosofo dei tempi moderni se avesse l’occasione di incontrare anche solo per un pomeriggio un gruppo di adolescenti del 2011. L’uso dei social network diventa sempre più diffuso tra le giovani generazioni. Gli spazi vissuti non si limitano solo al muretto del quartiere: negli ultimi anni nascono nuove piazze in cui i giovani e soprattutto i giovanissimi incontrano gli amici, condividono pensieri, comunicano le esperienze di ogni giorno. In principio fu la chat di Messenger che permetteva di creare dei blog (spaces); successivamente i social network si sono moltiplicati differenziandosi, a seconda delle funzioni, per target di utenti. Questi spazi si configurano quindi come dei luoghi di incontro virtuali che espandono la possibilità di comunicare, pubblicare immagini, condividere link, musica o video. Secondo il 43° rapporto annuale del Censis il 90,3% dei giovani tra i 14 e i 29 anni usa Facebook. Un numero sempre maggiore di adolescenti è convinto che i social network siano utili sia per mantenere il contatto con

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Dal contatto alla relazione gli amici di sempre come con quelli lontani, sia per fare nuove conoscenze. Un educatore che voglia camminare al fianco dei giovanissimi (ma anche dei giovani!) non può prescindere da questa dimensione comunicativa e relazionale: questo non vuol dire che ci si debba per forza iscrivere tutti a Facebook o a Netlog (il social network più diffuso tra gli adolescenti), ma bisogna provare ad osservare e interpretare uno stile comunicativo che è ormai entrato nelle abitudini delle giovani generazioni. Una prima attenzione potrebbe essere quella di accompagnare i giovanissimi a un uso consapevole della rete: secondo un’indagine del Safer internet day 2010, la Giornata europea della sicurezza in rete, emerge che i giovani come i genitori non hanno sufficiente consapevolezza dei pericoli che si incontrano su internet. Le piazze virtuali, infatti, danno spesso occasione a malintenzionati di aprire fronti pericolosi di contatto; bisognerebbe quindi evitare di condividere dati o riferimenti particolarmente sensibili come l’indirizzo, il numero di telefono, la scuola frequentaSegnoPer n.1/2011


SegnoPer n.1/2011

L’ultima attenzione è invece quella più importante; l’uso troppo frequente dei social network fa sì che moltissimi adolescenti passino diverse ore del pomeriggio davanti al pc. Questa abitudine potrebbe confondere la rete virtuale con i rapporti tra amici. È importante che sia costante l’attenzione nel mettere al centro la relazione personale diretta, unica e insostituibile per crescere nella fraternità. Un’amicizia virtuale non potrà mai sostituire una chiacchierata con un amico, una partita di calcio nel campetto della parrocchia, un gelato con i compagni di classe. Un rapporto “a tempo” (perché quando sei stanco di un contatto basta spegnere il pc) come quello costruito online è sicuramente più facile da gestire perché non è impegnativo, ma è meno umano e reale. La sfida per l’educatore che vuole svolgere il suo servizio anche nei luoghi virtuali è allora quella di accompagnare i giovani e soprattutto i giovanissimi nel delicato passaggio che va dal contatto alla relazione; un percorso che valorizza gli spazi virtuali come strumento per ‘fare rete’ tra persone distanti ma non rinuncia in alcun modo alle relazioni che crescono, piuttosto che nelle piazze virtuali, in quelle delle nostre città.

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ta... La stessa indagine ci dice che quasi due terzi dei teenager europei sono stati contattati online da sconosciuti, una percentuale che sale al 73% in Italia. È bene quindi accompagnare i ragazzi ad una scelta delle informazioni personali da condividere e metterli in guardia dalla relazione con i cosiddetti falsi profili, ovvero persone che dichiarano un’età, sesso, identità diversi dalla realtà: è importante che si abbia sempre la sicurezza di sapere con chi ci si sta relazionando. Se è vero che la rete presenta alcuni pericoli per gli adolescenti, non si può negare che sia una grande opportunità di comunicazione che l’educatore può anche sfruttare per annodare sempre meglio la rete associativa. Sono sempre più frequenti i gruppi su Facebook che collegano giovanissimi o giovani; sono uno strumento utile soprattutto per chi, per motivi di studio o lavoro, si trova distante dal proprio gruppo parrocchiale. La rete può diventare quindi l’occasione per ricordare gli appuntamenti, condividere il materiale o scambiarsi le impressioni sull’esperienza associativa. Quando poi l’educatore è particolarmente esperto nell’uso di questi strumenti, può anche sfruttare i social network per condividere dei link di interesse per il gruppo: dalle notizie di attualità alle meditazioni bibliche, non c’è un canale che non sia valido per mettere in circolazione idee, proposte formative, input di riflessione.

L’uso troppo frequente dei social network fa sì che moltissimi adolescenti passino diverse ore del pomeriggio davanti al pc. Questa abitudine potrebbe confondere la rete virtuale con i rapporti tra amici


vita di Ac

Anche nelle proposte formative per i più piccoli non deve mancare la contemplazione della croce di Gesù e il confronto con le domande suscitate dalla sofferenza e dalla morte

di Carlotta Benedetti

li Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il prossimo decennio parlano anche della fragilità umana, del dolore, della sofferenza, segno non indifferente che questo aspetto tocca sempre da vicino la vita di ciascuno di noi. Si legge infatti: «L’esperienza della fragilità umana si manifesta in tanti modi e in tutte le età, ed è essa stessa, in certo modo, una “scuola” da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno. Per queste ragioni il tema della fragilità entra a pieno titolo nella dinamica del rapporto educativo, nella formazione e nella ricerca del senso, nelle relazioni di aiuto e di accompagnamento. Pur nella particolarità di tali situazioni, che non si lasciano rinchiudere in schemi e programmi, non possono mancare nelle proposte formative la contemplazione della croce di Gesù, il confronto con le domande suscitate dalla sofferenza e dal dolore, l’esperienza dell’accompagnamento delle persone nei passaggi più difficili, la testimonianza della prossimità, così da costruire un vero e proprio cammino di educazione alla speranza» (Evbv 54b).

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I bambini e il dolore Anche i bambini e i ragazzi quindi sono chiamati alle volte a vivere la fragilità e la sofferenza, ad affrontare il dolore, che spesso gli adulti cercano di allontanare dal loro mondo. Molto diffuso è infatti l’atteggiamento del “silenzio” di fronte ad argomenti difficili da affrontare: la morte, il dolore, la malattia, la prova. Al contrario, un rapporto educativo sano, reale e leale, capace davvero di mettere i ragazzi al centro, passa anche attraverso questi argomenti: non per banalizzarli “tanto non capiterà di certo a noi”, ma per aiutare i bambini e i ragazzi a essere consapevoli del fatto che la fragilità è parte integrante dell’essere uomini e non può essere cancellata con un colpo di spugna. Il dolore innocente – è vero – resta un mistero, di fronte al quale ciascuno di noi si è chiesto “perché”; eppure di fronte al mistero non può venire meno la speranza e l’impegno alla luce delle parole di Gesù: «Qualunque cosa avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli...». Si tratta di avere, come educatori, uno sguardo su tutta la compSegnoPer n.1/2011


vita di Ac Nennolina, la piccola acierrina romana morta a soli sei anni e mezzo

lessità della vita dell’infanzia, anche nei suoi momenti negativi, e un’attenzione forte alle problematiche della famiglia. Come testimone straordinaria della capacità dei piccoli di affrontare il SegnoPer n.1/2011

dolore ci viene subito in mente, come esempio per grandi e piccoli, Antonietta Meo, Nennolina, la piccola acierrina romana morta a soli sei anni e mezzo, ma capace, tra grandi sofferenze, di affidarsi al Signore: il sapersi identificare, da parte della piccola Nennolina, con la sofferenza di Gesù e il vivere in simbiosi con la croce di Cristo hanno costituito per lei una marcia in più. Sull’esempio di Nennolina sono due le strade per la nostra associazione e per la Chiesa tutta: da un lato educare i ragazzi e noi stessi a vivere la sofferenza; dall’altro sviluppare il rispetto del bambino sofferente, rimettendo sempre al centro la persona.


vita di Ac

Di fronte allo sconfinato mondo di internet, al quale anche i più piccoli hanno accesso, occorre crescere in competenza per mantenere alta l’attenzione ai rischi che la rete spesso nasconde

di Martino Nardelli

a diffusione ormai capillare di alcune specifiche tecnologie e strumenti di comunicazione certamente pone delle questioni di difficile soluzione, su cui spesso vengono interrogati esperti, psicologi, sociologi, filosofi. La questione, però, viaggia ad una velocità tale che il pensiero e la “scienza” difficilmente riescono a tenerne il passo. Una delle questioni dirimenti è lo sconfinato mondo di internet, che è diventato a tutti gli effetti uno strumento di comunicazione di massa, se si considerano i numeri di “connessioni” che la rete ha raggiunto. Internet rappresenta un territorio sconfinato di conoscenza, di connessioni del sapere, di riavvicinamento di dimensioni come “spazio” e “tempo” che nella rete perdono di significato o ne assumono di nuovi. I nostri bambini, già da molto piccoli, hanno a disposizione un pc, sanno come accenderlo, conoscono alcuni comandi essenziali e crescendo imparano ad usarlo in modo raffinato e abile, superando spesso i loro mentori (genitori o insegnanti). Inutile dire quanti e quali rischi uno strumento così vasto possa rappresenta-

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Sempre accanto re per un bambino che autonomamente ne gestisca l’uso. Solo fino a qualche anno fa il dibattito era tutto incentrato sulla tv, strumento di massa “storico”, sui suoi contenuti, sui rischi di un suo utilizzo non monitorato da parte di bambini e ragazzi. Oggi verrebbe da dire che la tv ha un’offerta così “limitata” di fronte alla sconfinate possibilità della rete che sembra quasi non rappresentare più un vero rischio. Sarebbe opportuno, però, orientare il dibattito su altri piani che sappiano disegnare in modo chiaro le risorse che questi strumenti e le innovazioni tecnologiche nascondono. Troppo spesso l’atteggiamento d’attacco deriva da una scarsa conoscenza diretta dei mezzi (media), causa anche di un controllo scarso o messo in atto male. Una delle sfide delle nuove tecnologie è proprio la conoscenza. In genere si considera, in un rapporto educativo, la persona adulta “esperta” di alcune questioni (relazioni, emozioni, regole, divieti), che a suo modo e secondo la sua personale esperienza trasmette alla generazione più giovane. Nel campo delle nuove SegnoPer n.1/2011


vita di Ac

tecnologie, spesso, manca questo assunto, poiché la generazione più adulta, spesso, è meno esperta della più giovane, quindi rischia di commettere errori, che nel campo educativo rischiano di svalutare la relazione stessa. Un importante punto di partenza potrebbe essere rappresentato dalla condivisione di conoscenza tra generazioni, momento di confronto e al tempo stesso di “controllo” (senza eccessi e paranoie!), così importante per una crescita SegnoPer n.1/2011

sana ed equilibrata. Al tempo delle nuove tecnologie (sempre più nuove e sofisticate) si dovrebbero declinare espressioni come “nuova educazione” che accolga in sé i migliori assunti che vengono dal passato, dalla propria esperienza, dalla buone prassi, ma che sappia accogliere i “nuovi mondi” di cui si deve fare esperienza, in cui la relazione educativa può essere ribaltata, al fine di condividerne la conoscenza.

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vita di Ac

In vista del congresso di aprile il Msac ribadisce le tre attenzioni più urgenti da mettere in agenda: la centralità della scuola, la testimonianza come stile di presenza, l’impegno nel territorio

di Elena Poser

artecipazione costante e sempre attenta al dibattito studentesco, cura delle relazioni e testimonianza cristiana fra i banchi di scuola, orientamenti culturali e impegno sociale. Tre attenzioni. Tre necessità. Usando un “parolone” che potrebbe sembrare allarmante (e forse lo è, il dubbio è lecito): tre urgenze. Forse (e più semplicemente) sono tre caratteristiche fondamentali del Msac (non le sole, però), che ci ricordano continuamente la nostra specificità, la nostra missione. Ogni tanto occorre riportarle alla mente: per riconfermarle, per farle proprie, per assumerle come impegno, perché ogni periodo ha esigenze e necessità diverse. E quale momento migliore se non l’inizio dell’anno nuovo, per sottolinearle ancora una volta? Procediamo dunque per ordine. Il dibattito studentesco. Ci ricorda chi siamo: un movimento che si rivolge agli studenti, che mette al centro la scuola, ne scopre le possibilità, scovandone le potenzialità, abitandone gli spazi, ma anche mettendone in risalto i punti di forza e quelli di debolezza. Ci rimboc-

Con le mani in pasta

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chiamo le maniche con la speranza che il nostro impegno nelle scuole riesca a diventare sempre più concreto. Infatti, oltre ad affrontare i temi della rappresentanza e della partecipazione (vitali e importantissimi per il Msac), l’impeSegnoPer n.1/2011


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l’etica, sulla cooperazione internazionale alla pace. Questi temi sono in grado di ridare slancio ai nostri sogni per le città. La missione che spetta a tutti noi msacchini è coltivare come circolo un impegno sociale, per il territorio, per la cittadinanza, cercando di sollecitare e risvegliare nei compagni di scuola la vocazione al servizio e allargando gli orizzonti oltre il nostro banco, oltre le finestre delle nostre scuole... allargando cioè gli spazi di gratuità. Siamo chiamati a essere sale e a mettere sale anche sulle nostre giornate, provocandoci ad un impegno più grande. Dopotutto i msacchini sono abituati ad avere sempre le mani in pasta! Questi “nodi” della vita msacchina sono solo un assaggio della proposta del Msac e sono solo alcuni fra i tanti spunti di riflessione presentati nella bozza del documento congressuale nazionale che è stato inviato a tutti i circoli Msac perché possa essere letto, riflettuto e soprattutto modificato. Ogni circolo è infatti invitato a proporre correzioni, tagli, aggiunte, e la speranza è che la proposizione dei pareri sia per le diocesi un momento di riflessione condiviso, in cui tutti sentano la responsabilità di contribuire alla vita del movimento nazionale. Quella inviata, infatti, non è che una prima bozza di quello che diventerà, con il XIV congresso nazionale del Msac (Roma, 8-10 Aprile), il documento congressuale del triennio 2011-2014.

vita di Ac

gno che intendiamo assumerci è quello di riuscire a maturare, come circolo, ma anche singolarmente, una conoscenza approfondita della legislazione scolastica con l’auspicio di riuscire a portare un contributo davvero competente al dibattito sulle riforme che riguardano la scuola... la nostra scuola! Dopotutto è la nostra professione: siamo studenti, ce lo ricorda anche la nostra carta di identità. Testimoni fra i banchi di scuola. È innanzitutto una responsabilità. Una grande responsabilità che si traduce in uno stile di relazione che ci esercita nella difficile arte di mettere da parte noi stessi, per mettere avanti le necessità dell’altro. Allargare l’orizzonte dello sguardo ai problemi dell’altro: è questo il compito del cristiano. Non si vive la fede da soli e non si incontra il Signore se non nell’altro. Per questa ragione servono studenti in grado di farsi compagni di strada, che siano coerenti: è questo il modo, lo “stile”, che ci consente di essere degni testimoni del Vangelo a scuola. A scuola non sono le relazioni che instauriamo con gli altri che ci consentono di superare l’anno, ma è attraverso di esse che possiamo vivere davvero, in pienezza, la dimensione di comunità che è rappresentata dalla scuola stessa. Orientamenti culturali e impegno sociale. Da sempre il movimento coltiva con passione progetti di convivenza civile, di consumo critico, di riflessione sui diritti umani, sull’immigrazione, sul-

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vita di Ac

In vista dell’appuntamento di aprile il Mlac ha preparato un documento congressuale aperto, che parli a tutta l’Ac e contribuisca ad accrescere la sensibilità verso il mondo del lavoro

di Giuseppe Patta

Con lo sguardo al futuro

l documento congressuale è stato l’occasione per fare sintesi di questi ultimi trienni, guardando al futuro del Movimento. È stato pensato e scritto ripercorrendo le tante esperienze svolte e quelle in cantiere e ripercorrendo eventi ed emozioni fatti di persone, di volti, di bisogni e necessità, ma anche dell’immensa ricchezza di cui ognuno di noi è portatore. Tutto questo, però, con lo sguardo rivolto verso il futuro, essendo ora importante che ogni singolo momento diventi elemento portante per il Movimento che verrà. Da questa “sfida” è nata la necessità di un documento aperto, perché calato nella realtà sociale (e quindi suscettibile di integrazioni meglio rispondenti alle dinamiche in atto), e, ancora, che fosse destinato non solo agli “addetti ai lavori”, ma anche a quanti, pur non aderenti al Mlac, ritengano oggi necessario, più che mai, che l’Ac si spenda per e nel mondo del lavoro. Di qui anche la stessa struttura del documento che, volutamente breve e schematico, si compone di quattro parti.

Alla prima, dedicata al contesto di riferimento (e, inevitabilmente, alla drammatica attualità di una crisi economica che è ormai anche crisi sociale, di pensiero e di fiducia), seguono immediatamente le prospettive: per l’uomo, perché «occorre riscoprire e far riscoprire la valenza vocazionale del lavoro, che si coniuga in un tutto armonico all’idea di uno sviluppo economico e sociale capace di mettere al centro la persona, le sue prospettive e le sue esigenze, le capacità ed aspirazioni» per lo stesso movimento Lavoratori, affinché persegua l’innovativa finalità di promuovere una pastorale di evangelizzazione rivolta ai lavoratori credenti e non: non soltanto, quindi, agli iscritti in Ac, ma a tutti «coloro che vogliono scoprire la bellezza della carità di cui Gesù Cristo è portatore». A seguire, quindi, le proposte: veri punti programmatici che contemplano, anzitutto, la necessità dell’incontro e ascolto con i giovani e meno giovani che vivono situazioni di precarietà, di mancanza del lavoro o cattiva occupazione, ma anche, parallelamente, del dialogo

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vita di Ac

con i datori di lavoro e le istituzioni. Proposte che vedono un Movimento che lavora all’interno dell’Ac e in stretta comunione di intenti con i settori Giovani e Adulti, affinché sia più forte la sensibilità per il mondo del lavoro e la consapevolezza delle enormi potenzialità di un’associazione come la nostra, così radicata nel territorio e così aperta al confronto tra i più disparati ceti sociali e culturali, con quello spirito SegnoPer n.1/2011

missionario che da sempre caratterizza ogni singola associazione parrocchiale e diocesana. Perché l’emergenza educativa coinvolge e chiama in prima linea l’Ac, che da sempre è impegnata più di ogni altra realtà ecclesiale in tale contesto, e, con altrettanta forza, richiede al movimento Lavoratori un contributo di idee ed intenti sia all’Azione cattolica che a tutta la Chiesa italiana.

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vita di Ac

Spegne venti candeline il Mieac, uno strumento nato per promuovere il servizio educativo non solo all’interno dell’associazione ma anche e in primo luogo nella Chiesa e nella società

di Vincenzo Lumia

ent’anni fa nasceva il Movimento di Impegno educativo di Azione cattolica, quale segno e strumento dell’Ac per esprimere «un supplemento di attenzione al problema educativo e una disponibilità a un servizio rispondente ai profondi bisogni educativi del nostro tempo» (cfr. Documento normativo Mieac). L’elemento, pertanto, che ha caratterizzato il Mieac sin dalla sua costituzione e che ne sottolinea la specificità nel più ampio contesto associativo appare evidente quando l’Azione cattolica considera la formazione non soltanto per i suoi aderenti, ma come una finalità pastorale, missionaria: l’Ac per un servizio educativo nella Chiesa e nella società. Il Mieac, quindi, trova la sua prima ragion d’essere proprio in tale dimensione missionaria dell’intera associazione; esso non è per se stesso: è per la comunità, nel territorio, e opera per la centralità dell’opera educativa, mosso dalla convinzione che una nuova e adeguata azione evangelizzatrice, capace di proporre ragioni di Vita e di Speranza, debba innanzitutto consistere in un costante

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Seminare ragioni di vita e di speranza impegno educativo nella comunità ecclesiale e di essa nella società. Il Vangelo della carità esige il servizio educativo, perché l’educazione autentica è un’eminente forma di amore, di relazione, di comunicazione e dà futuro all’amore in quanto aiuta chi è nuovo alla vita a vivere in pienezza, con progettualità e consapevolezza, la propria esistenza, da protagonista, secondo la vocazione ricevuta. Chi ama veramente educa e l’educazione è garanzia di vero amore perché genera capacità di orientamento e di scelta, spirito critico, senso di responsabilità, coerenza tra fini e mezzi, ricerca del bene comune, alta tensione morale, forte passione per l’uomo e i suoi destini, volontà di competenza e di servizio. Ma se educare è un atto d’amore, come dare “sostanza” a questo convincimento perché non resti una affermazione retorica o vuoto sentimento? Da questo interrogativo si snoda il filo rosso che ha caratterizzato nel tempo e contraddistingue ancor oggi i percorsi del Movimento. Innanzitutto la consapevolezza della necessità di recuperare un’etica della SegnoPer n.1/2011


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La nostra deve tornare a essere la stagione della semina, della bonifica del terreno... troppe male piante lo infestano: corruzione, malaffare, amoralità, immoralità, gestione arrogante del potere, prevaricazione sui meno garantiti. Tutte spine che vanno estirpate dalle radici, con determinazione, senza compromessi e ambiguità, affinché il seme buono possa tornare a germogliare, fiorire rigogliosamente e dare frutti duraturi. All’educazione e a ogni educatore il compito di seminare ragioni di vita e di speranza, di senso, di impegno responsabile e progettuale... senza cedimenti e scoraggiamenti, sapendo andare contro corrente per smascherare tutto ciò che crea omologazione e conformismo. Alla pseudocultura degli slogan, dei luoghi comuni, dell’immagine va contrapposta la cultura della consapevolezza e dell’auto-progettualità: conoscere, discernere, operare sono le buone pratiche che adulti e giovani “insieme” debbono saper compiere attraverso i comportamenti quotidiani e le scelte esistenziali, sociali, politiche. È questa la strada che il Mieac intende continuare a percorrere, dando un feriale contributo volto a favorire, moltiplicare le occasioni e i “luoghi” della consapevolezza, della compagnia, della competenza perché da “adulti educatori” ci si adoperi con amore, libertà e spirito di servizio evangelici per il rinnovamento della società.

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responsabilità educativa degli adulti nei confronti delle nuove generazioni. Principi, proclami e propositi si riscontrano ad iosa, ma onestà vuole che tutti riconosciamo la difficoltà da parte dei nostri ragazzi di riscontrare nei comportamenti, negli atteggiamenti, negli stili di vita di noi adulti (genitori, insegnanti, amministratori, politici, catechisti...) i valori e gli insegnamenti che a essi generosamente somministriamo. Inoltre, la necessità di un improrogabile e reale investimento in campo educativo. Risorse, politiche, strutture, servizi, qualitativamente e quantitativamente verificabili, sono la cartina di tornasole di una sincera volontà di dare priorità e investire nel campo educativo. L’educazione non può essere considerata nell’ottica dell’emergenza: interventi episodici e settoriali che si attivano a fronte di gravi problemi che “improvvisamente” scoppiano nella società; né un fatto individualistico di alcuni “volontari”, né un appalto da assegnare a particolari agenzie, sovraccaricandole di competenze e incombenze. Educazione dice progetto globale, investimento, capacità di futuro dell’intera collettività. La sfida è quella di dimostrare nei fatti che comunità aperte, accoglienti, solidali non solo sono possibili, ma vanno edificate attraverso un quotidiano esercizio di cittadinanza attiva e di partecipazione democratica, avendo a fondamento la centralità della persona e la difesa degli ultimi e dei deboli.

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strumenti

L’Istituto per lo studio dei problemi sociali e politici “Vittorio Bachelet” è uno spazio partecipativo per discernere i segni di un mondo sociale in continuo mutamento

di Fabio Mazzocchio

Sottolalente lavitapubblica delnostropaese

Istituto dell’Azione cattolica per lo studio dei problemi sociali e politici “Vittorio Bachelet” è una Fondazione istituita alla fine degli anni ‘80 in ricordo del presidente Bachelet, ucciso dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980. Si tratta di uno strumento volto a dare un contributo alla formazione sociale dei laici attraverso la riflessione sui fondamenti etici e culturali dell’azione politica, sulle questioni economico-sociali, sui nodi giuridici e sulle regole della vita democratica. L’Istituto propone un approfondimento, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, della vita pubblica del nostro paese, per mezzo dell’elaborazione di studi, la promozione di ricerche, le pubblicazioni di volumi, l’organizzazione di convegni e seminari. Si impegna, inoltre, a mantenere viva l’eredità di pensiero e l’esemplarità della testimonianza cristiana di Vittorio Bachelet. Egli fin dagli anni giovanili coltivò con passione e spirito di partecipazione un significativo interesse per la città dell’uomo. Concepì la sua vocazione laicale come

un radicale impegno per la vita della Chiesa e per la declinazione dei valori cristiani nella realtà temporale. Vittorio fu davvero uomo di speranza. Appartenne sia a quella generazione di giovani uomini che, passando per gli anni bui della dittatura fascista, seppero dare con creatività e intelligenza un contributo significativo alla ricostruzione del paese, sia all’importante stagione che porterà al Concilio Vaticano II. Da giovane si impegnò nella Fuci, di cui diresse il periodico; fu poi studioso rigoroso e docente universitario riconosciuto (fondamentali i suoi studi sulla pubblica amministrazione e sui principi di attuazione della Carta costituzionale; grande interprete del Vaticano II negli anni alla presidenza nazionale dell’Ac (1964-1973); saggio vice presidente del Consiglio superiore della magistratura (1976-1980). Ricordato, da quanti l’hanno conosciuto, come persona dal carattere mite, che non faceva però mai mancare la fermezza nelle scelte, l’operosità nella vita, lo sguardo sereno sul mondo. L’Istituto nel corso degli anni, alla luce

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strumenti Montecitorio,la Camera dei deputati

di questa testimonianza credente, ha dato vita a numerose iniziative. Tra le più recenti, l’“Osservatorio sulle riforme”: un gruppo di ricerca che analizza e studia con sistematicità il dibattito sulle proposte più significative di riforma dell’ordinamento statale e dei settori chiave della vita pubblica (giustizia, università, informazione, forma di stato e di governo, etc.). Indagini che vengono periodicamente pubblicate e diffuse attraverso dossier (reperibili alla pagina internet www2.azionecattolica.it/bachelet). Tra le attività – oltre all’annuale Convegno di febbraio e ai seminari periodici – si segnala la pubblicazione, avvenuta nel 2005, dei due poderosi volumi che racSegnoPer n.1/2011

colgono gli scritti ecclesiali e civili di Bachelet (editi dall’Ave) e il libro-dvd Vittorio Bachelet. Testimone della speranza. Confrontandosi, da un lato, con il mondo della riflessione accademica e, dall’altro, con il dibattito pubblico, l’Istituto prova dunque a essere un luogo di riflessione e formazione sociale. Il servizio al bene comune, in un contesto come il nostro segnato da fragilità economiche, politiche e etiche, diviene esercizio di responsabilità per la storia dell’uomo di oggi. Uno spazio partecipativo a servizio dell’Associazione per discernere i segni di un mondo sociale in continuo mutamento.

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fede in cammino

Lasciarsi aiutare da chi ha già compiuto nella vita di fede passi significativi per procedere nel cammino della santità e così crescere umanamente e spiritualmente

di Ugo Ughi

ducare alla vita buona del Vangelo è il titolo degli Orientamenti pastorali per il decennio. È così indicata alle comunità cristiane la direzione da prendere per il loro servizio educativo: aiutare le persone, aiutarsi reciprocamente, impegnarsi personalmente, creare il clima adatto, per vivere e sviluppare una vita bella, gioiosa, significativa, così come viene proposta da Gesù, dal suo esempio e dal suo insegnamento. Punto di partenza è l’incontro con il Signore, come accadde ad Andrea e all’altro discepolo, dopo che furono indirizzati a Gesù dalla gioiosa e chiara testimonianza di Giovanni Battista. Punto di arrivo è la pienezza della vita umana, la perfetta felicità, il completo successo, che si compirà nel momento in cui il Signore Gesù assegnerà definitivamente a ciascuno il posto preparato nella casa del Padre suo. Nel mezzo sta il cammino della vita: un percorso non facile, spesso accidentato, eppure possibile e bello, purché non si abbia la pretesa di compierlo in solitario. Soltanto insieme, come ricorda lo

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Nondasoli slogan dell’Ac per questo triennio, si procede nell’itinerario della santità, cioè della perfetta realizzazione di sé secondo il progetto di Dio. L’andare insieme non corrisponde a camminare intruppati, senza personalità e a libertà limitata; al contrario, è l’unico modo per procedere sotto la spinta dell’amore e con sufficiente sicurezza. L’Ac, mentre propone itinerari formativi comuni ed esperienze vive e coinvolgenti di gruppo, chiede ad ognuno di imparare a prendere in mano la propria vita, ad amarla, a educarla, a farla crescere verso la piena maturità di Cristo, «finché Cristo non sia formato in ciascuno di noi». In questo processo di ricerca e di impegno personale può svolgere un ruolo di particolare importanza l’accompagnamento spirituale, che il Progetto formativo descrive come rapporto interpersonale con chi, fratello o sorella nella fede, ha la capacità e la maturità di mettersi accanto per aiutare nel discernimento del disegno di Dio sulla propria vita. «La tradizione cristiana ha dato a questo SegnoPer n.1/2011


fede in cammino

dialogo il nome di direzione spirituale; noi preferiamo il termine di accompagnamento spirituale, per sottolineare la libertà e la fiducia di un rapporto in cui si sceglie di lasciarsi aiutare da una persona che ha già compiuto nella vita di fede passi significativi» (Progetto formativo). Al prete assistente è riconosciuta una particolare qualifica per svolgere questo servizio, con il conforto e l’incoraggiamento degli Orientamenti pastorali del decennio trascorso, che invitano i preSegnoPer n.1/2011

sbiteri a farsene carico: «Nelle comunità si avverte un accresciuto bisogno di iniziatori e accompagnatori nella vita spirituale: i presbiteri devono valorizzare sempre più la loro missione di padri nella fede e di guide nella vita secondo lo Spirito» (n. 53). I primi a essere invitati a usufruire di tale presenza e aiuto sono i responsabili associativi ed educativi, solerti compagni di viaggio dell’associazione e dei gruppi. A loro si richiede non già di essere persone arrivate, ma persone che giorno per giorno cercano di crescere umanamente e spiritualmente. In questo loro percorso di maturazione, mentre svolgono il compito di accompagnatori, hanno essi stessi bisogno di farsi accompagnare. È bene che ciascuno si interroghi sulla propria disponibilità a cercare, ad accogliere e a seguire una buona guida spirituale. Agli assistenti, che si spera abbiano un loro padre spirituale, viene chiesto di rendersi sempre più disponibili a stare accanto alle persone nella ricerca e nell’impegno a vivere con libertà e con gioia secondo lo Spirito.

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assistenti in Ac

La fatica oggi è prima di tutto degli adulti, i quali si ritrovano spesso in un vuoto di valori, in un disagio esistenziale, che li rende incapaci di essere punti di riferimento e di educare

di Nicolò Tempesta

l numero 12 degli Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo segna quasi una tappa obbligata e ci ricorda che educare in un mondo che cambia significa principalmente legare «l’educazione ai rapporti tra le generazioni, anzitutto all’interno della famiglia, quindi nelle relazioni sociali. Molte difficoltà sperimentate oggi nell’ambito educativo sono riconducibili al fatto che le diverse generazioni vivono spesso in mondi separati ed estranei [...] All’impoverimento e alla frammentazione delle relazioni si aggiunge il modo con cui avviene la trasmissione da una generazione all’altra. I giovani si trovano spesso a confronto con figure adulte demotivate...» (n.12). È come andare in montagna e, necessariamente, passare proprio da quella cresta rocciosa e ripida che ci permette il coraggio dei passi e la ricchezza del cammino. Nell’attuale contesto sociale non possiamo non dire che educare è difficile, ma ci viene anche naturale pensare all’educazione come a una partita da giocarsi tra adulti. Per questo più che di

L’arte educativaun donoperglialtri

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Gli adulti diAc con il Papa a Loreto nel 2004

emergenza educativa, forse è più giusto parlare di emergenza educatori, in primis la famiglia! L’emergenza oggi è prima di tutto dei “grandi”, i quali si ritrovano spesso in un vuoto di valori, in un disagio esistenziale, che li rende incapaci di essere punti di riferimento e di educare. Perciò la principale sfida educativa, oggi, è quella di formare i formatori. Ciò esige come primo passo una presa di coscienza della propria linea d’ombra da varcare così come direbbe Jovanotti: «La linea d’ombra/ la nebbia che io vedo a SegnoPer n.1/2011


assistenti in Ac

me davanti per la prima volta nella vita mia mi trovo/a saper quello che lascio e non saper immaginar quello che trovo//mi offrono un incarico di responsabilità/ portare questa nave verso una rotta che nessuno sa// è la mia età a mezz’aria in questa condizione di stabilità precaria...». Prima o poi ciascuno di noi si trova di fronte alla “linea d’ombra”. Scopriamo che la nostra vita la costruiamo con le nostre scelte, assumendoci le nostre responsabilità, spendendoci nella realizzazione dei nostri sogni. A questo punto SegnoPer n.1/2011

della vita come educatori ci rendiamo conto che siamo sospesi tra il timore e il fascino. Prediligere il dialogo intergenerazionale, di cui l’Azione cattolica ci offre un esempio concreto nei percorsi formativi nelle nostre parrocchie, significa innanzitutto saper educare-per, fare dell’educazione un dono. Negli adulti spesso si nota da una parte la paura di essere coloro che guidano, che “coprono le spalle”, e dall’altra parte il fascino di poter iniziare a essere protagonisti della propria vita, d’impegnarsi per costruire un mondo migliore, di cercare il bene per tutti e rendere l’età adulta un dono: ecco come varcare la propria linea d’ombra. Mi viene in mente la nota composizione di Khalil Gibran intitolata I figli, tratta dalla raccolta Il Profeta e dedicata all’esperienza dell’essere genitore. Probabilmente il poeta si è ispirato al Salmo 127 che paragona i figli alle frecce nella faretra. «Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la farètra». Penso che quanto egli scrive possa avere una qualche applicazione anche al nostro caso:

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assistenti in Ac I vostri figli non sono figli vostri... Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché vivano con voi non vi appartengono. Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri. Poteteoffrirerifugioailorocorpimanonalleloroanime: esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno. Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi: la vita procede e non s’attarda sul passato. Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti...

Educare per noi significa imparare (o reimparare) a narrare la bella notizia del Vangelo che ha un volto, un nome, una storia, il volto il nome e la storia di Gesù di Nazareth; vuole dire rendere l’arte educativa un dono per gli altri. «In epoche remote visse il Grande Profeta. Egli vagò nel mondo lasciando una traccia di sé negli sguardi di chiunque lo ascoltò. Anche oggi lo si può incontrare: le persone che lo conobbero hanno annunciato il suo sguardo ad altre persone come fosse la prima volta: nei loro occhi ci sono gli occhi del profeta».

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Questa antica leggenda persiana, riferitaci dallo scrittore argentino Jorge Luis Borges, può aiutarci a entrare nell’affascinante mondo dell’educazione come annuncio di Gesù di Nazareth. In effetti per noi adulti educare può significare oggi imparare a raccontare ciò che di bello mi è accaduto. Per questo l’adulto che educa è innanzitutto un testimone. Una via da cui non si può prescindere per il dialogo intergenerazionale è certamente la testimonianza. Ci sembra di riascoltare il “manifesto della testimonianza” di Evangelii Nuntiandi di Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri... o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità» (n.41). Mi piace pensare in questo momento al verbo evangelizzare come sinonimo del verbo educare e ritornare all’esperienza entusiasmante di ciascuno di noi nelle proprie comunità parrocSegnoPer n.1/2011


chiali: vere e proprie palestre di dialogo tra grandi e piccoli, giovani e adulti, vecchi e bambini. Abbiamo parlato poco di una parrocchia missionaria, ma l’abbiamo vissuta naturalmente senza non troppi problemi: «Occorre incrementare la dimensione dell’accoglienza, caratteristica di sempre delle nostre parrocchie: tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita. L’accoglienza, cordiale e gratuita, è la condizione prima di ogni evangelizzazione. Su di essa deve innestarsi l’annuncio, fatto di parola amichevole e, in tempi e modi opportuni, di esplicita presentazione di Cristo, Salvatore del mondo. Per l’evangelizzazione è essenziale la comunicazione della fede da credente a credente, da persona a persona» (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 6). Ricorro al repertorio vivace dei racconti chassidici con questa storia riguardante un maestro rabbinico per riuscire appena a saper coniugare il verbo educare con dialogare, specialmente quando il dialogo è intergenerazionale e ci ricorda l’amore per i nostri gruppi giovanili. La storia si riferisce al testo di DeuteronoSegnoPer n.1/2011

assistenti in Ac

Prenda anche a noi un dolore simile a quello del Rabbi di Ger quando non riusciamo a essere educatori per gli altri e non soltanto con gli altri

mio 6,4-7: «Ascolta, Israele: Il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai». Ecco, dunque, il racconto: «Quando Abraham Mordechai, l’ultimo figlio del Rabbi di Ger, morì, un chassid cercò di confortarlo con le parole di Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore” (Giob 1,21). Il Rabbi di Ger rispose: “Il mio dolore non dipende dal fatto che mio figlio è passato alla vita eterna, dal momento che questa era la volontà di Dio. Il mio dolore nasce dal sapere che d’ora in poi mi mancherà la possibilità di adempiere la parola: Questi comandamenti che io ti do, li ripeterai ai tuoi figli”». Prenda anche a noi un dolore simile a quello del Rabbi di Ger quando non riusciamo a essere educatori per gli altri e non soltanto con gli altri.

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agenda

di Federica Cifelli

Progettiamo insiemeil “benecomune”

etta uno sguardo lungo sul futuro del Movimento e non solo il convegno dei presidenti Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) che apre gli appuntamenti di febbraio, sabato 5 e domenica 6 alla Domus Mariae. Il tema: Progettiamo insieme il futuro. Negli stessi giorni si conclude anche l’incontro dell’equipe nazionale del Movimento studenti di Ac, da giovedì 3 a domenica 6, mentre venerdì 4 la sede nazionale dell’associazione ospita la riunione del Collegio assistenti e l’incontro della Presidenza. Fissata per venerdì 11, invece, l’assemblea della Fondazione Pio XI, promossa nel 2007 da Forum internazionale di Ac, Azione cattolica italiana e alcune diocesi e congregazioni per far conoscere santi, beati e testimoni che incoraggino a vivere l’Ac come scuola di santità. Contribuire alla formazione dei laici nel campo sociale e politico, percorrendo il doppio binario della dottrina sociale della Chiesa e della cultura politica: questo invece l’obiettivo dell’Istituto Bachelet, uno strumento che l’Azione cattolica si è data nel 1988 per mante-

nere viva l’eredità di pensiero di Vittorio Bachelet, il presidente della “scelta religiosa”. Proprio nell’anniversario della sua morte, avvenuta per mano delle Brigate Rosse il 12 febbraio del 1980, l’Istituto organizza ogni anno un convegno di studio. L’appuntamento per l’edizione numero 31 è venerdì 11 e sabato 12 febbraio. Subito dopo, lunedì 14, prenderà il via la Settimana sociale, dedicata al tema La missione per il nostro tempo. Un’occasione in cui tutta l’associazione è chiamata a porre l’attenzione sul bene comune come stile evangelico, cercando occasioni di dialogo con la comunità ecclesiale e con il mondo civile. Soprattutto quest’anno che l’Italia celebra i 150 anni dell’unità. Si svolge da venerdì 11 a domenica 13 anche l’incontro per fidanzati Disegni di affettività, organizzato a Terni dall’area Famiglia e vita, mentre sabato 12 e domenica 13 si riunisce a Roma il Laboratorio di progettazione associativa del settore Adulti. Il giorno dopo, lunedì 14, alla Domus Mariae, prende il via il convegno degli assistenti, che si concluderà giovedì 17; venerdì 18,

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agenda L’home page del portale diAc

ancora, riunione dell’Ufficio centrale Acr, fino a domenica 20, mentre sabato 19 sono in programma due appuntamenti del settore Giovani: l’incontro della Commissione affettività e quello della Commissione testo, fino a domenica 20. Sempre la Domus Mariae ospita anche l’incontro mondiale della Jeci, il coordinamento delle associazioni di studenti cattolici nel mondo, da giovedì 24 a domenica 27 febbraio; quindi, per il Msac, nuovo appuntamento da giovedì 3 a domenica 6 marzo per la riunione dell’equipe nazionale. Per il Meic invece sabato 13 e domenica 14 sono i giorni SegnoPer n.1/2011

del Consiglio nazionale, a Roma, alla Domus Mariae. Non mancano, nell’agenda di queste settimane, anche gli incontri istituzionali dell’associazione. A cominciare dalle riunioni della Presidenza, fissate per il 4, l’11, il 18 e il 25 marzo in sede nazionale, dove venerdì 11 alle 10.30 si svolge anche la riunione del Collegio assistenti. Per il Consiglio nazionale invece l’appuntamento è alla Domus Mariae, in Aula Barelli, sabato 19 e domenica 20 marzo. Quindi, venerdì 25 e sabato 26 marzo, ancora un appuntamento per l’Ufficio centrale dell’Acr, che tornerà a riunirsi anche venerdì 8 e sabato 9 aprile. Prendono il via venerdì 8, infine, anche i due Congressi nazionali del Movimento studenti e del Movimento lavoratori, entrambi alla XIV edizione.

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segnalazioni

di Matteo Scirè

La bellezza del somaro

Lavaligiadeidiritti da vedere Adulti in crisi di identità ne La bellezza del somaro da scartare Due kit multimediali pronti per l’uso: quello della Caritas Italiana e Cem-Mondialità e di Amnesty Kids da leggere La versione aggiornata del capolavoro di Tullio De Mauro e due consigli su una Cultura glocale che ci ingloba sempre più

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VEDERE

oveva essere un fine settimana spensierato quello di Marcello (Sergio Castellitto) e Marina (Laura Morante), da trascorrere insieme agli amici nella casa di campagna in Toscana quando Rosa, la figlia diciassettenne, presenta ai suoi la persona di cui si è invaghita: Armando (Enzo Jannacci), un uomo di cinquant’anni più anziano. La scoperta mette alla prova le convinzioni progressiste dei genitori e costringe i protagonisti del film a fare i conti con le loro fragilità esistenziali. Ne viene fuori un racconto divertente, in cui gli adulti si dimostrano incapaci di svolgere i ruoli che ricoprono in modo credibile e autentico. Come, ad esempio, il tentativo dei due protagonisti di sostituire al rapporto genitoriale con la loro figlia un rapporto d’amicizia. Ed è proprio su questo scarto che Sergio Castellitto, alla sua terza esperienza come regista, e Margaret Mazzantini, autrice del soggetto e della sceneggiatura, dipingono un affresco in chiave comica della condizione dell’adulto che spinge il pubblico a sorridere e riflettere.

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Zero Poverty ero poverty. Agisci ora. Così si chiama il kit multimediale realizzato da Caritas Italiana in collaborazione con Cem-Mondialità. Un pacchetto di strumenti predisposto in occasione dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale (2010) e dell’Anno europeo per il volontariato (2011). Il kit, che si configura come strumento di animazione sui temi della povertà, della cittadinanza attiva e del volontariato, si compone di una guida didattica, di un quaderno e di un dvd. La guida fornisce agli educatori e ai formatori suggerimenti e percorsi per rapportarsi con i ragazzi e i giovani nati nell’era digitale, i “digital natives”. Il quaderno propone quattro itinerari tematici sulle seguenti problematiche: povertà ed esclusione sociale, volontariato e lotta alla povertà, povertà ed Europa, cittadinanza attiva e lotta alla povertà. Quattro piste di lavoro per aiutare i ragazzi a riconoscere il diritto a una vita dignitosa e a combattere la povertà. Il dvd contiene schede su narrazioni, giochi e animazioni, teatro, film, musica, parole delle fedi, documenti del magistero ecclesiale. Trecento opzioni multimediali da utilizzare in relazione alle diverse esigenze formative ed educative.

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segnalazioni

MULTIMEDIA

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www.amnestykids.it mnesty Kids è un progetto di educazione ai diritti umani rivolto agli studenti del secondo ciclo della scuola primaria e a quelli della scuola secondaria di primo grado. A ogni classe che aderisce al progetto Amnesty consegna un kit didattico composto da un quaderno operativo denominato La valigia dei diritti, schede metodologiche e di approfondimento dei temi trattati, un calendario dei diritti umani e tanto altro materiale. La metodologia è quella del gioco e del laboratorio per far sperimentare praticamente i temi dell’identità e delle differenze, della responsabilità, del conflitto e del dialogo, della discriminazione e del rispetto della persona. In questo modo bambini e ragazzi acquisiscono competenze e abilità sociali per leggere la realtà e agire in modo consapevole e responsabile secondo i principi della pace, della giustizia e della solidarietà.

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La cultura degli italiani cinque anni di distanza dall’uscita della prima edizione Tullio De Mauro ci ripropone una versione aggiornata de La cultura degli italiani, con un capitolo in più che verifica le argomentazioni sostenute dal famoso linguista. Il libro, edito dalla casa editrice Laterza e curato da Francesco Erbani, racconta lo stato di salute culturale del nostro paese. Per De Mauro la classe intellettuale in Italia, prestigiosa e autorevole, ha sempre occupato posizioni di nicchia e autoreferenziale, mentre la classe dirigente ha sempre dimostrato poca attenzione alle politiche dell’istruzione, della formazione e della promozione culturale. È così che la televisione ha ricoperto il ruolo di principale agente della formazione di un’identità popolare, non solo linguistica. Da tutto questo dipendono il grado di alfabetizzazione degli italiani e il livello delle loro competenze e abilità che definiscono il modo di pensare e di essere della persona. Un tema di grande interesse su cui è importante riflettere per scoprire i limiti e le potenzialità di una popolazione occidentale alle prese con le sfide quotidiane della società della conoscenza.

segnalazioni

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Futuro Glocale 8 settembre del 2000 i rappresentanti dei 191 stati membri dell’Onu si riunivano a New York per firmare la Dichiarazione del Millennio, con la quale si impegnavano a sradicare la povertà estrema e la fame, a garantire l’educazione primaria universale, a promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne, a ridurre la mortalità infantile, a migliorare la salute materna, a combattere l’Hiv/Aids e altre malattie, a garantire la sostenibilità ambientale, a sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo. Erano questi gli obiettivi da raggiungere entro il 2015 e per i quali ogni paese si assumeva la propria parte di responsabilità. Finalmente prendeva piede una coscienza glocale, in cui i problemi del pianeta riguardano tutti e non soltanto coloro che li vivevano sulla propria pelle. Si gettavano in tal modo le basi per una governance socio-economica condivisa. È proprio questo il tema affrontato nel libro di Vincenzo Pira, edito dalla casa editrice “la Meridiana”. L’autore spiega in modo molto chiaro ed esaustivo l’importanza della cooperazione e il ruolo da protagonisti degli attori locali. Quest’ultimi sono i principali agenti per la costruzioni di reti di sviluppo e solidarietà capaci di ottenere risultati positivi e duraturi, in grado di sopportare la forza d’urto delle decisioni prese dall’alta finanza o dalla politica internazional

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La strada è lunga, ma non esiste che un solo mezzo per sapere dove può condurre, proseguire il cammino. (don Tonino Bello)


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